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Marco Bava è un economista, consulente finanziario e spesso attivo nel panorama italiano come esperto di economia e finanza. È noto per le sue opinioni critiche su temi come la gestione della finanza pubblica italiana, le banche e la situazione economica generale del Paese. Inoltre, in passato è stato coinvolto in varie iniziative politiche e civiche, dove ha cercato di sensibilizzare l'opinione pubblica su questioni legate alla trasparenza economica e alla gestione del debito pubblico.

 

Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,5-19
“In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». 
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».”

 

La gangster
che si fece
suora

pierangelo sapegno
Le due vite di Angela Corradi sono finite adesso. Quella della donna gangster con la svastica tatuata sulla schiena e della suora laica che ha dedicato la sua vita ai disperati e agli sconfitti. La notizia l'ha data su Facebook Tino Stefanini, uno degli ultimi superstiti della famigerata mala della Comasina: «Resterai per sempre nei nostri cuori». Ma di Angela Corradi, morta a 73 anni, resta qualcosa di più anche per tutti noi, il mistero della vita e dei suoi peccati, la sottile linea di demarcazione che può dividere il bene dal male sulle strade del dolore. Tutto quello che non possiamo vedere e facciamo fatica a capire. Una volta le chiesero come aveva fatto a scoprire Dio. «Perché ho sentito la sua voce», aveva risposto. «Mi disse "Io ci sono". Mi disse solo questo». Era una sera che Angela Corradi aveva un mitra in mano e una pistola infilata nei calzoni e stava uscendo dalla sua casa di via Osculati ad Affori per andare a uccidere qualcuno. Ma qualche anno dopo, aveva il velo e degli occhiali a goccia che nascondevano uno sguardo che levigava il tempo e anche le sue ferite, perché non si vive la sua vita senza perdere pezzi e portarne le cicatrici. Allora le chiesero come faceva a essere così sicura che fosse la voce di Dio. «Lo so e basta», disse con tono di nuovo duro. Il fatto è che pure quando sposò Dio e si fece terziaria francescana non perse mai la forza del suo carattere. Era scritta nei suoi occhi, quella forza. Era la pupa del gangster, la «pupa della banda Vallanzasca», come titolavano i giornali, la compagna inseparabile di Vito Pesce, il braccio destro del bel René, che la chiamava «la sorellina» e di lei diceva che non era solo bella e coraggiosa: «Angelina è stata la donna che in quanto a palle dava dei punti e tanti maschietti cazzuti. Una forza della natura. Fondamentalmente, era una femmina da sballo. Bella, intelligente, simpatica, capace di essere dolcissima. Ma quando c'era da dimostrare il suo carattere, persino il suo uomo faceva bene a non contraddirla».
Era un giorno di luglio del 1978 quando venne folgorata da Cristo, mentre doveva andare a vendicare «uno sgarro fatto ai miei compagni in carcere». Lo raccontò cinque anni dopo esatti, al meeting di Cl a Rimini: «Io posso solo tentare di farvi vedere una scena. Sono in casa, sono armata fino ai denti e quando varcherò quella porta so che l'unica cosa che devo fare è uccidere qualcuno. E sono molto determinata a farlo. È in quel momento che mi si è presentato il Signore. Non Lui, io mento se dico Lui. Ma la sua voce. E l'ho sentita benissimo. Ha solo detto "ci sono". Non ha detto altro. E io mi sono terrorizzata. Non avevo mai avuto paura di niente. Ma quella volta sì». Prima di cambiare la sua vita, Angela era stata tutto quello che poteva essere una nata come lei nella nebbia dell'anonimato ai margini della metropoli. Era stata commessa, e poi modella prima di approdare nella banda di Vallanzasca per un «atto di ribellione». Si era tatuata sulla schiena una svastica e su un dito la «N» di nazista con una croce sovrapposta. Diventò una protagonista di quegli anni di violenza e finì anche in carcere, cinque anni a San Vittore. Era una donna bellissima, hanno sempre ripetuto quelli che l'avevano conosciuta. I suoi lavoravano nel circo. Il padre faceva il giro della morte in motocicletta. Poi un gravissimo incidente l'aveva paralizzato e da allora anche la madre, Bruna, acrobata, lasciò il tendone. I suoi cercarono di avviarla agli studi, ma non ci fu verso. Angela voleva scappare, andare via da quella prigione di case grigie e uguali, dalle pene della sua famiglia. A sedici anni fuggì di casa e dopo poco tempo si legò ai ragazzi della mala che in quegli anni stavano scalando le gerarchie di Milano a mitra spianati, lasciando una scia di morte dietro di loro. Diventò la compagna di Vito pesce, uno degli uomini più spietati della banda Vallanzasca. I giornali, raccontando i corpi senza vita sparsi sulle strade, tutte quelle esplosioni di violenza e le sparatorie, li chiamavano «i killer drogati. La più feroce gang del Dopoguerra». In quegli anni morì suo padre, mentre lei veniva arrestata. Di San Vittore ricordò la vita vuota e arida dietro a quelle sbarre.
La conversione avvenne all'improvviso, quando era già una suora laica, la sua auto, una A112, venne crivellata di colpi in piena notte e lei rimase quasi in fin vita con ferite sul volto. «Gesù, Gesù aiutami...», ripeteva ai medici del Niguarda. Sua madre Bruna raccontò che «era uscita per andare a portare aiuto ai bisognosi». In realtà, quell'episodio rimase un mistero senza risposta.
Un po' come il suo viso, conservato negli archivi della cronaca nera e nelle foto che la immortalarono col velo. Non aveva più i capelli tinti di biondo e lo sguardo sprezzante. Ma gli occhi sono lo specchio dell'anima. E non sono cambiati. Erano troppo duri, quand'era ragazzina, ma anche adesso erano gli occhi di una che aveva sempre dovuto combattere nella sua vita, farsi largo tra le infinite e irrisolte violenze delle periferie, fra quegli edifici nudi che nascondevano tutti le stesse miserie e le stesse rabbie, in quelle ripetizioni di facciate sempre uguali e in quel piatto e uniforme plurale di una sconfitta comune, dove ogni finestra apparteneva solo alle nebbie della disperazione, un disegno senza altri colori che non fossero quelli dei sogni di chi vuole scappare. Alla fine però Angela Corradi è tornata qui e ci è rimasta fino alla sua morte, a 73 anni, per dedicarsi alle anime perse dei drogati, dei detenuti, dei più deboli, di tutti quelli rimasti senza speranze nella battaglia della vita. È ritornata da dov'era partita, nella terra di mezzo, nei luoghi di tutti quelli che continuano a perdere.

 

 

 

 

 

 

TO.03.02.23

 

Ill.mo Signor Presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera

Ill.mo Capo dello Stato Sergio Mattarella

Ill.mo Presidente del Senato

Ill.mo Presidente della Camera

Ill.ma Presidente del Consiglio

 

In questi giorni e’ in approvazione l’atto della Camera: n.1515 , Senato n.674. - "Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti" (approvato dal Senato) (1515) .

L’articolo 11 (Svolgimento delle assemblee delle società per azioni quotate) modificato al Senato, consente, ove sia contemplato nello statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società. In tale ipotesi, non è consentita la presentazione di proposte di deliberazione in assemblea e il diritto di porre domande è esercitato unicamente prima dell’assemblea. Per effetto delle modifiche apportate al Senato, la predetta facoltà statutaria si applica anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione; inoltre, sempre per effetto delle predette modifiche, sono prorogate al 31 dicembre 2024 le misure previste per lo svolgimento delle assemblee societarie disposte con riferimento all’emergenza Covid-19 dal decreto-legge n. 18 del 2020, in particolare per quanto attiene l’uso di mezzi telematici. L’articolo 11 introduce un nuovo articolo 135-undecies.1 nel TUF – Testo Unico Finanziario (D. Lgs. n. 58 del 1998) il quale consente, ove sia contemplato nello statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il rappresentante pagato e designato dalla società. Le disposizioni in commento rendono permanente, nelle sue linee essenziali, e a condizione che lo statuto preveda tale possibilità, quanto previsto dall’articolo 106, commi 4 e 5 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che ha introdotto specifiche disposizioni sullo svolgimento delle assemblee societarie ordinarie e straordinarie, allo scopo di contemperare il diritto degli azionisti alla partecipazione e al voto in assemblea con le misure di sicurezza imposte in relazione all’epidemia da COVID-19. Il Governo, nella Relazione illustrativa, fa presente che la possibilità di continuare a svolgere l’assemblea esclusivamente tramite il rappresentante designato tiene conto dell’evoluzione, da tempo in corso, del modello decisionale dei soci, che si articola, sostanzialmente, in tre momenti: la presentazione da parte del consiglio di amministrazione delle proposte di delibera dell’assemblea; la messa a disposizione del pubblico delle relazioni e della documentazione pertinente; l’espressione del voto del socio sulle proposte del consiglio di amministrazione. In questo contesto, viene fatta una affermazione falsa e priva di ogni fondamento giuridico: che  l’assemblea ha perso la sua funzione informativa, di dibattito e di confronto essenziale al fine della definizione della decisione di voto da esprimere. Per cui non e’ vero che la partecipazione all’assemblea si riduca, in particolar modo, per gli investitori istituzionali e i gestori di attività, nell’esercizio del diritto di voto in una direzione definita ben prima dell’evento assembleare, all’esito delle procedure adottate in attuazione della funzione di stewardship e tenendo conto delle occasioni di incontro diretto, chiuse ai risparmiatori,  con il management della società in applicazione delle politiche di engagement.

Per cui in questo contesto, si verrebbe ad applicare una norma di esclusione dal diritto di partecipazione alle assemblee degli azionisti da parte di chi viene tutelato, anche attraverso il diritto  alla partecipazione alle assemblee dall’art.47 della Costituzione oltre che dall’art.3 della stessa per una oggettiva differenza di diritti fra cittadini azionisti privati investitori che non possso piu’ partecipare alle assemblee e ed azionisti istituzionali che invece godono di incontri diretti privati e riservati con il management della società in applicazione delle politiche di engagement.

Il che crea una palese ed illegittima asimmetria informativa legalizzata in Italia rispetto al contesto internazionale in cui questo divieto di partecipazione non sussiste. Anzi gli orientamenti europei vanno da anni nella direzione opposta che la 6 commissione presieduta dal sen.Gravaglia volutamente dimostra di voler ignorare.

Viene da chiedersi perche’ la maggioranza ed il Pd abbiano approvato questo restringimento dei diritti costituzionali ?

Tutto cio’ mentre Elon Musk ha subito una delle più grandi perdite legali nella storia degli Stati Uniti questa settimana, quando l'amministratore delegato di Tesla è stato privato del suo pacchetto retributivo di 56 miliardi di dollari in una causa intentata da Richard Tornetta che ha fatto causa a Musk nel 2018, quando il residente della Pennsylvania possedeva solo nove azioni di Tesla. Il caso è arrivato al processo alla fine del 2022 e martedì un giudice si è schierato con Tornetta, annullando l'enorme accordo retributivo perché ingiusto nei suoi confronti e nei confronti di tutti i suoi colleghi azionisti di Tesla.

La giurisprudenza societaria del Delaware è piena di casi che portano i nomi di singoli investitori con partecipazioni minuscole che hanno finito per plasmare il diritto societario americano.

Molti studi legali che rappresentano gli azionisti hanno una scuderia di investitori con cui possono lavorare per intentare cause, afferma Eric Talley, che insegna diritto societario alla Columbia Law School. Potrebbe trattarsi di fondi pensione con un'ampia gamma di partecipazioni azionarie, ma spesso si tratta anche di individui come Tornetta.

Il querelante firma i documenti per intentare la causa e poi generalmente si toglie di mezzo, dice Talley. Gli investitori non pagano lo studio legale, che accetta il caso su base contingente, come hanno fatto gli avvocati nel caso Musk.

Tornetta beneficia della vittoria della causa nello stesso modo in cui ne beneficiano gli altri azionisti di Tesla: risparmiando all'azienda i miliardi di dollari che un consiglio di amministrazione asservito pagava a Musk.

Gli esperti hanno detto che persone come Tornetta sono fondamentali per controllare i consigli di amministrazione. I legislatori e i giudici desiderano da tempo che siano le grandi società di investimento a condurre queste controversie aziendali, poiché sono meglio attrezzate per tenere d'occhio le tattiche dei loro avvocati. Ma gli esperti hanno detto che i gestori di fondi non vogliono mettere a repentaglio i rapporti con Wall Street.

Quindi è toccato a Tornetta affrontare Musk.

"Il suo nome è ora impresso negli annali del diritto societario", ha detto Talley. "I miei studenti leggeranno Tornetta contro Musk per i prossimi 10 anni". Questa e’ democrazia e trasparenza vera non quella votata da maggioranza e Pd.

Infatti da 1 anno avevo chiesto di essere udito dal Senato che mi ignorato nella totale indifferenza della 6 commissione . Mentre lo sono stati sia il recordman professionale dei rappresentanti pagati degli azionisti , l’avv.Trevisan , sia altri ispiratori e sostenitori della modifica normativa proposta. Per cui mi e’ stata preclusa ogni osservazione non in linea con la proposta della 6 commissione del Senato che ha esaminato ed emendato il provvedimento e questo viola i principi di indipendenza e trasparenza delle camera e senato: dov’e’ interesse pubblico a vietare le assemblee agli azionisti per ragioni pandemiche nel 2024 ?

La prova più consistente che tale articolo non ha alcuna ragione palese per essere presentato e’ che sono state di fatto rese permanenti le misure introdotte in via temporanea per l’emergenza Covid-19 In sintesi, il menzionato articolo 106, commi 4 e 5 - la cui efficacia è stata prorogata nel tempo e, da ultimo, fino al 31 luglio 2023 dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 - prevede che le società quotate possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante designato, previsto dall'articolo 135-undecies TUF, anche ove lo statuto preveda diversamente; inoltre, la medesima disposizione consente alle società di prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale potevano essere conferite deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF. L'articolo 135-undecies del TUF dispone che, salvo diversa previsione statutaria, le società con azioni quotate in mercati regolamentati designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono conferire, entro la fine del secondo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l'assemblea, anche in convocazione successiva alla prima, una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno. La delega ha effetto per le sole proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto, è sempre revocabile (così come le istruzioni di voto) ed è conferita, senza spese per il socio, mediante la sottoscrizione di un modulo il cui contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento. Il conferimento della delega non comporta spese per il socio. Le azioni per le quali è stata conferita la delega, anche parziale, sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea mentre con specifico riferimento alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto, le azioni non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle delibere. Il soggetto designato e pagato come rappresentante è tenuto a comunicare eventuali interessi che, per conto proprio o di terzi, abbia rispetto alle proposte di delibera all’ordine del giorno. Mantiene altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al medesimo dovere di riservatezza. In forza della delega contenuta nei commi 2 e 5 dell'articolo 135-undecies del TUF la Consob ha disciplinato con regolamento alcuni elementi attuativi della disciplina appena descritta. In particolare, l'articolo 134 del regolamento Consob n. 11971/1999 ("regolamento emittenti") stabilisce le informazioni minime da indicare nel modulo e consente al rappresentante che non si trovi in alcuna delle condizioni di conflitto di interessi previste nell'articolo 135-decies del TUF, ove espressamente autorizzato dal delegante, di esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso si verifichino circostanze di rilievo, ignote all'atto del rilascio della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da ARTICOLO 11 42 far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte all'assemblea. Più in dettaglio, per effetto del comma 4 dell'articolo 106, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno, anche ove lo statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì prevedere, nell’avviso di convocazione, che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione della specifica condizione del rappresentante designato dalla società, esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Le disposizioni in materia di assemblea introdotte dalle norme in esame non sono state approvate dal M5S il cui presidente , avv.Conte, aveva introdotto tali norme esclusivamente per il periodo Covid. Per cui l’articolo 11 in esame, come anticipato, introduce un nuovo articolo 135- undecies.1 nel Testo Unico Finanziario, ai sensi del quale (comma 1) lo statuto di una società quotata può prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società, ai sensi del già illustrato supra articolo 135-undecies. A tale rappresentante possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell'articolo 135-novies, in deroga all'articolo 135-undecies, comma 4. La relativa vigilanza è esercitata, secondo le competenze, dalla Consob (articolo 62, comma 3 TUF e regolamenti attuativi) o dall’Autorità europea dei mercati finanziari – ESMA.

L’ESMA non e’ stata mai sentita dal sen.Gravaglia su questo articolo mentre la Consob ha espresso parere contrario che sempre lo stesso ha ignorato. Ma i soprusi non finiscono qui : il comma 3 del nuovo articolo 135-undecies.1 chiarisce che, nel caso previsto dalle norme in esame. il diritto di porre domande (di cui all’articolo 127-ter del TUF) è esercitato unicamente prima dell’assemblea. La società fornisce almeno tre giorni prima dell’assemblea le risposte alle domande pervenute. In sintesi, ai sensi dell’articolo 127-ter, coloro ai quali spetta il diritto di voto possono porre domande sulle materie all'ordine del giorno anche prima dell'assemblea. Alle domande pervenute prima dell'assemblea è data risposta al più tardi durante la stessa. La società può fornire una risposta unitaria alle domande aventi lo stesso contenuto. L’avviso di convocazione indica il termine entro il quale le domande poste prima dell'assemblea devono pervenire alla società. Non è dovuta una risposta, neppure in assemblea, alle domande poste prima della stessa, quando le informazioni richieste s

 

iano già disponibili in formato "domanda e risposta" nella sezione del sito Internet della società ovvero quando la risposta sia stata pubblicatma 7, del TUF relativo allo svolgimento delle assemblee di società ed enti. Per effetto delle norme introdotte, al di là delle disposizioni contenute nell’articolo in esame che vengono rese permanenti (v. supra), sono prorogate al 31 dicembre 2024 tutte le altre misure in materia di svolgimento delle assemblee societarie – dunque non solo quelle relative alle società quotate – previste nel corso dell’emergenza Covid-19. Questo che e’ un capolavoro di capziosità di un emendamento della sen.Cristina Tajani PD , ricercatrice e docente universitaria, di indifferenziazione parlamentare negli obiettivi : dal momento che le misure previste dall’art.11 in oggetto prevedono per essere applicabili il loro recepimento statutario, lo stesso viene ottenuto nel 2024 per ragioni di Covid,  con il rappresentante pagato , che ovviamente non porrà alcuna opposizione neppure verbale.

Illustri Presidenti se questa non e’ una negazione degli art.47 e 3 della Costituzione,  contro la democrazia e trasparenza societaria , cos’e ?

Al termine di questa mia riflessione vorrei capire se in questo nostro paese esiste ancora uno spazio di rispettosa discussione democratica o di tutela giuridica nei confronti di una decisione arbitraria di una classe dirigente qui’ palesemente opaca.

Confido in una vs risposta costruttiva di rispetto della libertà progressista di un paese evoluto ma stabile e garante nei diritti delle minoranze . Anche perché quello che ho anticipato con Edoardo Agnelli sul futuro della Fiat dal 1998 in poi si e’ tristemente avverato, e solo oggi, forse,  e’ diventato di coscienza comune ,  anche se a me e’ costato pesanti ritorsioni personali da parte degli organi di polizia e giustizia torinese e della Facolta’ di Economia Commercio di Torino . Ed ad Edoardo Agnelli la morte. Non e’ impedendomi di partecipare alle assemblee che Fiat & C ritorneranno in Italia, perché nel frattempo non esistono più a causa anche di chi a Torino e Roma gli ha concesso di fare tutto quello che di insensato hanno fatto dal 1998 in poi anche contro se stessi oltre che i suoi lavoratori ed azionisti, calpestando brutalmente chi osava denunciarlo pubblicamente nel tentativo, silenziato, di fermare la distruzione di un orgoglio e una risorsa nazionale. Giugiaro racconta che quando la Volkswagen gli chiese di fare la Golf gli presento’ la Fiat 128 come esempio inarrivabile. Oggi Tavares si presenta in Italia come il nuovo Napoleone , legittimato da Yaky e scortato dalla DIGOS per difenderlo da Marco BAVA che vorrebbe solo documentargli che l’industria automobilistica italiana ha una storia che gli errori di 3 persone non debbono poter cancellare. Anche se la storia finora ha premiato chi ha consentito il restringimento dei diritti in questo paese la frana del futuro travolgerà tutti.

Basta chiederlo a Montezemolo che tutto questo lo sa e lo ha vissuto direttamente.

 

UNA ATTUALIZZAZIONE DEL:

DISCORSO DEL 30.05.1924
Giacomo Matteotti
Matteotti: «Onorevoli colleghi, se voi volete contrapporci altre elezioni, ebbene io domando la testimonianza di un uomo che siede al banco del Governo, se nessuno possa dichiarare che ci sia stato un solo avversario che non abbia potuto parlare in contraddittorio con me nel 1919».
Voci: «Non è vero! Non è vero! » .
Finzi, sottosegretario di Stato per l'interno: «Michele Bianchi! Proprio lei ha impedito di parlare a Michele Bianchi! » .
Matteotti: «Lei dice il falso! (Interruzioni, rumori) Il fatto è semplicemente questo, che l'onorevole Michele Bianchi con altri teneva un comizio a Badia Polesine. Alla fine del comizio che essi tennero, sono arrivato io e ho domandato la parola in contraddittorio. Essi rifiutarono e se ne andarono e io rimasi a parlare. (Rumori, interruzioni)».
Finzi: «Non è così! » .
Matteotti: «Porterò i giornali vostri che lo attestano».
Finzi: «Lo domandi all'onorevole Merlin che è più vicino a lei! L'onorevole Merlin cristianamente deporrà».
Matteotti: «L'on. Merlin ha avuto numerosi contraddittori con me, e nessuno fu impedito e stroncato. Ma lasciamo stare il passato. Non dovevate voi essere i rinnovatori del costume italiano? Non dovevate voi essere coloro che avrebbero portato un nuovo costume morale nelle elezioni? (Rumori) e, signori che mi interrompete, anche qui nell'assemblea? (Rumori a destra)».
Teruzzi: «È ora di finirla con queste falsità».
Matteotti: «L'inizio della campagna elettorale del 1924 avvenne dunque a Genova, con una conferenza privata e per inviti da parte dell'onorevole Gonzales. Orbene, prima ancora che si iniziasse la conferenza, i fascisti invasero la sala e a furia di bastonate impedirono all'oratore di aprire nemmeno la bocca. (Rumori, interruzioni, apostrofi)».
Una voce "Non è vero, non fu impedito niente (Rumori)".
Matteotti: «Allora rettifico! Se l'onorevole Gonzales dovette passare 8 giorni a letto, vuol dire che si è ferito da solo, non fu bastonato. (Rumori, interruzioni) L'onorevole Gonzales, che è uno studioso di San Francesco, si è forse autoflagellato! (Si ride. Interruzioni) A Napoli doveva parlare... (Rumori vivissimi, scambio di apostrofi fra alcuni deputati che siedono all'estrema sinistra)».
Presidente: «Onorevoli colleghi, io deploro quello che accade. Prendano posto e non turbino la discussione! Onorevole Matteotti, prosegua, sia breve, e concluda».
Matteotti: «L'Assemblea deve tenere conto che io debbo parlare per improvvisazione, e che mi limito...».
Voci: «Si vede che improvvisa! E dice che porta dei fatti! » .
Gonzales: «I fatti non sono improvvisati! » .
Matteotti: «Mi limito, dico, alla nuda e cruda esposizione di alcuni fatti. Ma se per tale forma di esposizione domando il compatimento dell'Assemblea... (Rumori) non comprendo come i fatti senza aggettivi e senza ingiurie possano sollevare urla e rumori. Dicevo dunque che ai candidati non fu lasciata nessuna libertà di esporre liberamente il loro pensiero in contraddittorio con quello del Governo fascista e accennavo al fatto dell'onorevole Gonzales, accennavo al fatto dell'onorevole Bentini a Napoli, alla conferenza che doveva tenere il capo dell'opposizione costituzionale, l'onorevole Amendola, e che fu impedita... (Oh, oh! – Rumori)».
Voci da destra: «Ma che costituzionale! Sovversivo come voi! Siete d'accordo tutti! » .
Matteotti: «Vuol dire dunque che il termine "sovversivo" ha molta elasticità! » .
Greco: «Chiedo di parlare sulle affermazioni dell'onorevole Matteotti».
Matteotti: «L'onorevole Amendola fu impedito di tenere la sua conferenza, per la mobilitazione, documentata, da parte di comandanti di corpi armati, i quali intervennero in città.. .».
Presutti: «Dica bande armate, non corpi armati! » .
Matteotti: «Bande armate, le quali impedirono la pubblica e libera conferenza. (Rumori) Del resto, noi ci siamo trovati in queste condizioni: su 100 dei nostri candidati, circa 60 non potevano circolare liberamente nella loro circoscrizione!» .
Voci di destra: «Per paura! Per paura! (Rumori – Commenti)».
Farinacci: «Vi abbiamo invitati telegraficamente! » .
Matteotti: «Non credevamo che le elezioni dovessero svolgersi proprio come un saggio di resistenza inerme alle violenze fisiche dell'avversario, che è al Governo e dispone di tutte le forze armate! (Rumori) Che non fosse paura, poi, lo dimostra il fatto che, per un contraddittorio, noi chiedemmo che ad esso solo gli avversari fossero presenti, e nessuno dei nostri; perché, altrimenti, voi sapete come è vostro costume dire che "qualcuno di noi ha provocato" e come "in seguito a provocazioni" i fascisti "dovettero" legittimamente ritorcere l'offesa, picchiando su tutta la linea! (Interruzioni)».
Voci da destra: «L'avete studiato bene! » .
Pedrazzi: «Come siete pratici di queste cose, voi! » .
Presidente: «Onorevole Pedrazzi! » .
Matteotti: «Comunque, ripeto, i candidati erano nella impossibilità di circolare nelle loro circoscrizioni! » .
Voci a destra: «Avevano paura! » .
Turati Filippo: «Paura! Sì, paura! Come nella Sila, quando c'erano i briganti, avevano paura (Vivi rumori a destra, approvazioni a sinistra)».
Una voce: «Lei ha tenuto il contraddittorio con me ed è stato rispettato».
Turati Filippo: «Ho avuto la vostra protezione a mia vergogna! (Applausi a sinistra, rumori a destra)».
Presidente: «Concluda, onorevole Matteotti. Non provochi incidenti! » .
Matteotti: «Io protesto! Se ella crede che non gli altri mi impediscano di parlare, ma che sia io a provocare incidenti, mi seggo e non parlo! » (Approvazioni a sinistra – Rumori prolungati)
Presidente: «Ha finito? Allora ha facoltà di parlare l'onorevole Rossi...».
Matteotti: «Ma che maniera è questa! Lei deve tutelare il mio diritto di parlare! lo non ho offeso nessuno! Riferisco soltanto dei fatti. Ho diritto di essere rispettato! (Rumori prolungati, Conversazioni)».
Casertano, presidente della Giunta delle elezioni: «Chiedo di parlare».
Presidente: «Ha facoltà di parlare l'onorevole presidente della Giunta delle elezioni. C'è una proposta di rinvio degli atti alla Giunta».
Matteotti: «Onorevole Presidente! . ..».
Presidente: «Onorevole Matteotti, se ella vuoi parlare, ha facoltà di continuare, ma prudentemente».
Matteotti: «Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente! » .
Presidente: «Parli, parli».
Matteotti: «I candidati non avevano libera circolazione... (Rumori. Interruzioni)».
Presidente: «Facciano silenzio! Lascino parlare! » .
Matteotti: «Non solo non potevano circolare, ma molti di essi non potevano neppure risiedere nelle loro stesse abitazioni, nelle loro stesse città. Alcuno, che rimase al suo posto, ne vide poco dopo le conseguenze. Molti non accettarono la candidatura, perché sapevano che accettare la candidatura voleva dire non aver più lavoro l'indomani o dover abbandonare il proprio paese ed emigrare all'estero (Commenti)».
Una voce "Erano disoccupati! ".
Matteotti: «No, lavorano tutti, e solo non lavorano, quando voi li boicottate».
Voci da destra: «E quando li boicottate voi? » .
Farinacci: «Lasciatelo parlare! Fate il loro giuoco! » .
Matteotti: «Uno dei candidati, l'onorevole Piccinini, al quale mando a nome del mio gruppo un saluto... (Rumori)».
Voci: «E Berta? Berta!».
Matteotti: «Conobbe cosa voleva dire obbedire alla consegna del proprio partito. Fu assassinato nella sua casa, per avere accettata la candidatura nonostante prevedesse quale sarebbe – stato per essere il destino suo all'indomani. (Rumori) Ma i candidati – voi avete ragione di urlarmi, onorevoli colleghi – i candidati devono sopportare la sorte della battaglia e devono prendere tutto quello che è nella lotta che oggi imperversa. lo accenno soltanto, non per domandare nulla, ma perché anche questo è un fatto concorrente a dimostrare come si sono svolte le elezioni. (Approvazioni all'estrema sinistra) Un'altra delle garanzie più importanti per lo svolgimento di una libera elezione era quella della presenza e del controllo dei rappresentanti di ciascuna lista, in ciascun seggio. Voi sapete che, nella massima parte dei casi, sia per disposizione di legge, sia per interferenze di autorità, i seggi – anche in seguito a tutti gli scioglimenti di Consigli comunali imposti dal Governo e dal partito dominante – risultarono composti quasi totalmente di aderenti al partito dominante. Quindi l'unica garanzia possibile, l'ultima garanzia esistente per le minoranze, era quella della presenza del rappresentante di lista al seggio. Orbene, essa venne a mancare. Infatti, nel 90 per cento, e credo in qualche regione fino al 100 per cento dei casi, tutto il seggio era fascista e il rappresentante della lista di minoranza non poté presenziare le operazioni. Dove andò, meno in poche grandi città e in qualche rara provincia, esso subì le violenze che erano minacciate a chiunque avesse osato controllare dentro il seggio la maniera come si votava, la maniera come erano letti e constatati i risultati. Per constatare il fatto, non occorre nuovo reclamo e documento. Basta che la Giunta delle elezioni esamini i verbali di tutte le circoscrizioni, e controlli i registri. Quasi dappertutto le operazioni si sono svolte fuori della presenza di alcun rappresentante di lista. Veniva così a mancare l'unico controllo, l'unica garanzia, sopra la quale si può dire se le elezioni si sono svolte nelle dovute forme e colla dovuta legalità. Noi possiamo riconoscere che, in alcuni luoghi, in alcune poche città e in qualche provincia, il giorno delle elezioni vi è stata una certa libertà. Ma questa concessione limitata della libertà nello spazio e nel tempo – e l'onorevole Farinacci, che è molto aperto, me lo potrebbe ammettere – fu data ad uno scopo evidente: dimostrare, nei centri più controllati dall'opinione pubblica e in quei luoghi nei quali una più densa popolazione avrebbe reagito alla violenza con una evidente astensione controllabile da parte di tutti, che una certa libertà c'è stata. Ma, strana coincidenza, proprio in quei luoghi dove fu concessa a scopo dimostrativo quella libertà, le minoranze raccolsero una tale abbondanza di suffragi, da superare la maggioranza – con questa conseguenza però, che la violenza, che non si era avuta prima delle elezioni, si ebbe dopo le elezioni. E noi ricordiamo quello che è avvenuto specialmente nel Milanese e nel Genovesato ed in parecchi altri luoghi, dove le elezioni diedero risultati soddisfacenti in confronto alla lista fascista. Si ebbero distruzioni di giornali, devastazioni di locali, bastonature alle persone. Distruzioni che hanno portato milioni di danni».
Una voce a destra: «Ricordatevi delle devastazioni dei comunisti! » .
Matteotti: «Onorevoli colleghi, ad un comunista potrebbe essere lecito, secondo voi, di distruggere la ricchezza nazionale, ma non ai nazionalisti, né ai fascisti come vi vantate voi! Si sono avuti, dicevo, danni per parecchi milioni, tanto che persino un alto personaggio, che ha residenza in Roma, ha dovuto accorgersene, mandando la sua adeguata protesta e il soccorso economico. In che modo si votava? La votazione avvenne in tre maniere: l'Italia è una, ma ha ancora diversi costumi. Nella valle del Po, in Toscana e in altre regioni che furono citate all'ordine del giorno dal presidente del Consiglio per l'atto di fedeltà che diedero al Governo fascista, e nelle quali i contadini erano stati prima organizzati dal partito socialista, o dal partito popolare, gli elettori votavano sotto controllo del partito fascista con la "regola del tre". Ciò fu dichiarato e apertamente insegnato persino da un prefetto, dal prefetto di Bologna: i fascisti consegnavano agli elettori un bollettino contenente tre numeri o tre nomi, secondo i luoghi (Interruzioni), variamente alternati in maniera che tutte le combinazioni, cioè tutti gli elettori di ciascuna sezione, uno per uno, potessero essere controllati e riconosciuti personalmente nel loro voto. In moltissime provincie, a cominciare dalla mia, dalla provincia di Rovigo, questo metodo risultò eccellente».
Finzi: «Evidentemente lei non c'era! Questo metodo non fu usato! » .
Matteotti: «Onorevole Finzi, sono lieto che, con la sua negazione, ella venga implicitamente a deplorare il metodo che è stato usato».
Finzi: «Lo provi».
Matteotti: «In queste regioni tutti gli elettori».
Ciarlantini: «Lei ha un trattato, perché non lo pubblica? » .
Matteotti: «Lo pubblicherò, quando mi si assicurerà che le tipografie del Regno sono indipendenti e sicure (Vivissimi rumori al centro e a destra); perché, come tutti sanno, anche durante le elezioni, i nostri opuscoli furono sequestrati, i giornali invasi, le tipografie devastate o diffidate di pubblicare le nostre cose. Nella massima parte dei casi però non vi fu bisogno delle sanzioni, perché i poveri contadini sapevano inutile ogni resistenza e dovevano subire la legge del più forte, la legge del padrone, votando, per tranquillità della famiglia, la terna assegnata a ciascuno dal dirigente locale del Sindacato fascista o dal fascio (Vivi rumori interruzioni)».
Suardo: «L'onorevole Matteotti non insulta me rappresentante: insulta il popolo italiano ed io, per la mia dignità, esco dall'Aula. (Rumori – Commenti) La mia città in ginocchio ha inneggiato al Duce Mussolini, sfido l'onorevole Matteotti a provare le sue affermazioni. Per la mia dignità di soldato, abbandono quest'Aula. (Applausi, commenti)».
Teruzzi: «L'onorevole Suardo è medaglia d'oro! Si vergogni, on. Matteotti». (Rumori all'estrema sinistra).
Presidente: «Facciano silenzio! Onorevole Matteotti, concluda! » .
Matteotti: «lo posso documentare e far nomi. In altri luoghi invece furono incettati i certificati elettorali, metodo che in realtà era stato usato in qualche piccola circoscrizione anche nell'Italia prefascista, ma che dall'Italia fascista ha avuto l'onore di essere esteso a larghissime zone del meridionale; incetta di certificati, per la quale, essendosi determinata una larga astensione degli elettori che non si ritenevano liberi di esprimere il loro pensiero, i certificati furono raccolti e affidati a gruppi di individui, i quali si recavano alle sezioni elettorali per votare con diverso nome, fino al punto che certuni votarono dieci o venti volte e che giovani di venti anni si presentarono ai seggi e votarono a nome di qualcheduno che aveva compiuto i 60 anni. (Commenti) Si trovarono solo in qualche seggio pochi, ma autorevoli magistrati, che, avendo rilevato il fatto, riuscirono ad impedirlo».
Torre Edoardo: «Basta, la finisca! (Rumori, commenti). Che cosa stiamo a fare qui? Dobbiamo tollerare che ci insulti? (Rumori – Alcuni deputati scendono nell'emiciclo). Per voi ci vuole il domicilio coatto e non il Parlamento! (Commenti – Rumori)».
Voci: «Vada in Russia! »
Presidente: «Facciano silenzio! E lei, onorevole Matteotti, concluda! » .
Matteotti: «Coloro che ebbero la ventura di votare e di raggiungere le cabine, ebbero, dentro le cabine, in moltissimi Comuni, specialmente della campagna, la visita di coloro che erano incaricati di controllare i loro voti. Se la Giunta delle elezioni volesse aprire i plichi e verificare i cumuli di schede che sono state votate, potrebbe trovare che molti voti di preferenza sono stati scritti sulle schede tutti dalla stessa mano, così come altri voti di lista furono cancellati, o addirittura letti al contrario. Non voglio dilungarmi a descrivere i molti altri sistemi impiegati per impedire la libera espressione della volontà popolare. Il fatto è che solo una piccola minoranza di cittadini ha potuto esprimere liberamente il suo voto: il più delle volte, quasi esclusivamente coloro che non potevano essere sospettati di essere socialisti. I nostri furono impediti dalla violenza; mentre riuscirono più facilmente a votare per noi persone nuove e indipendenti, le quali, non essendo credute socialiste, si sono sottratte al controllo e hanno esercitato il loro diritto liberamente. A queste nuove forze che manifestano la reazione della nuova Italia contro l'oppressione del nuovo regime, noi mandiamo il nostro ringraziamento. (Applausi all'estrema sinistra. Rumori dalle altre parti della Camera). Per tutte queste ragioni, e per le altre che di fronte alle vostre rumorose sollecitazioni rinunzio a svolgere, ma che voi ben conoscete perché ciascuno di voi ne è stato testimonio per lo meno (Rumori)... per queste ragioni noi domandiamo l'annullamento in blocco della elezione di maggioranza. Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l'autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l'intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. (Interruzioni a destra) Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l'opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni».
Terminato così il suo intervento, Matteotti dice ai suoi compagni di partito: «Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me». —

 

 

 

LO SFASCIO DI JAKY-MARCHIONNE:

 

https://www.la7.it/100minuti/rivedila7/100-minuti-autostop-30-04-2024-539867

 

Cara Giovanna Boursier

Ho visto il suo ottimo servizio ben documentato e non di parte .

La storia della targa della Ferrari Testarossa  grigia cabrio di GA che stava nel garage di Frescot entrando sulla destra e' che io come azionista Ifi l'avevo trovata nelle immobilizzazioni, chiesi a GA che ci stava a fare e lui la fece reimatricolare a suo nome con quella targa. Non la usava perche' mi disse che la trovava scomoda e preferiva le Fiat. L'uso' Giovanni Alberto Agnelli che ebbe un'incidente sulla Torino-Milano. Così mi disse Edoardo a cui il padre non la fece mai guidare. Edoardo aveva le Ferrari  in uso direttamente da Enzo Ferrari.

Chi sta chiudendo la Marelli e'  KKR che vorrebbe comprare la rete Tim pagandola 6 volte il suo valore come Enimont quando fu venduta da Gardini ad Eni.

A Carlo De Benedetti avevo proposto di acquisire la Fiat prima che arrivasse Marchionne, mi ha riso al TELEFONO.

Bianca Carretto forse dimentica che prima della Peugeot la Fiat fu offerta da Jaky a Renault a cui l'ho fatta saltare grazie a Nissan. Infatti poi i rapporti fra Nissan e Renault sono cambiati.

Poi Peugeot ha pagato la Fiat 2,9 miliardi rispetto ai 5 richiesti perché non c'era nessuno che volesse comprare FIAT.

Non e' vero che Marchionne ha saputo gestire la Fiat. Non capiva nulla di auto. Infatti non ha investito su LANCIA , come invece sta facendo Tavares. Maserati in 5 anni non poteva fare concorrenza a Porsche  che investe da 50 anni ! 

Marchionne non ha mai saputo scegliere un 'auto nelle presentazioni, chiedeva di farlo a chi lo avrebbe dovuto assistere !

La chimera del progetto fabbrica italiana ve la siete dimenticata tutti ?

Come le condanne per atteggiamento antisindacale a cui è stato condannato piu' volte Marchionne ?

Come De Benedetti non ne capisce nulla di computer visto che aveva il padre del Surface con Quaderno e ne' lui ne' Passera lo hanno capito.

Infatti il progetto della 500 elettrica e' sbagliato e voluto da Marchionne e realizzato da Jaky  investendo tanti soldi .

Proposte d'investimento agli Agnelli e De Benedetti vengono fatte da sempre da chi guadagna le commissioni, per cui quello che fa Jaky lo facevano anche Gabetti ed altri a NY con IFINT.

Inoltre i rapporti diretti internazionali sono tantissimo. Io in un we a Garavicchio a casa di Carlo Caracciolo mi sono trovato in piscina ed a tavola con il marito di Margherita, Giovanni Alberto, Edoardo e Carlo Caracciolo che mi ha chiesto come poteva difendersi da Carlo De Bebedetti. Io gli suggerii di entrare in Cofide e lui lo fece. 3 mesi dopo GA, dandomi il 5,  mi soprannominò in pubblico Mark Spitz,  per comunicarmi che sapeva tutto .

Il patrimonio di Gianni Agnelli io lo stimo in 100 miliardi , con dei parametri approvati da Grande Stevens, per cui a MARGHERITA hanno dato l'1%.

Il patrimonio di G.A lo gestivano Gabetti e Bormida.

Margherita e' come sua madre , prende tempo per allargarsi . Edoardo no infatti e' stato ucciso perche' non voleva rinunciare ai suoi diritto ereditari sulla Dicembre, a cui il Pm di Mondovi, Bausone non credeva , quando glielo dissi 2 giorni dopo l'omicidio di Edoardo.

L'ex Bertone finirà come Termoli.

IL RESTO glielo allego come anticipazione di un libro che forse uscira'.

La proposta del Marocco e' stata fatta ai fornitori gia' a Torino all'Hotel Ambasciatori nelle stesse ore in cui a 200 metri all'Hotel Concorde c'era il ministro Pichetto, a cui l'ho detto senza ricevere alcuna risposta, come per la mia proposta del progetto dell'H2 per autotrazione che rilancerebbe l'intera economia nazionale, produzione auto compresa che allego.

Tenete conto che dietro ogni persona c'e' un uomo nero, quello di Jaky per me e' a voi noto :Griva.

Resto a Sua disposizione per ogni chiarimento e documentazione,

Buon lavoro.

Marco BAVA

 

"L'Avvocato voleva adottare John Il controllo della Dicembre non cambia"
Jennifer Clark
"

Il libro
Così su La Stampa
Un rapporto difficile, quello dei tre fratelli Elkann con la madre Margherita, un problema «nato ben prima che lo scontro arrivasse nelle aule dei tribunali». Jennifer Clark, giornalista, già caporedattrice per l'Italia di Dow Jones dopo le esperienze a Bloomberg e Reuters, ha seguito per anni le vicende degli Agnelli. Recentemente ha pubblicato per Solferino "L'ultima dinastia" sulla loro saga famigliare.
Clark, in una intervista ad Avvenire John Elkann parla per la prima volta di "un clima di violenza fisica e psicologica" subìto da lui e dagli altri due fratelli Elkann da parte della madre. Da dove nasce, secondo lei, quella tensione?
«Per scrivere il libro ho parlato a lungo con gli esponenti della famiglia, a partire da John. Il problema dei figli Elkann con la madre viene da lontano perché, in un certo senso, è la conseguenza dei problemi di Margherita ed Edoardo con i genitori, in particolare con il padre, l'Avvocato».
Lei scrive che Gianni Agnelli era un padre poco affettuoso. Che rapporto c'è tra questo e lo scontro di Margherita con i tre figli Elkann?
«Lo squilibrio diviene palese quando Margherita divorzia da Alain Elkann e si risposa con Serge de Phalen. Due mondi quasi opposti: dallo scrittore parigino bohemien al nobile russo che sogna il ritorno della grande Russia dei Romanov. Margherita si converte alla religione ortodossa. Inizia a dipingere icone. E vorrebbe che diventassero ortodossi anche John, Lapo e Ginevra. Li costringe a dire le preghiere e a partecipare ai campi estivi dei nostalgici zaristi in Francia che ogni mattina li fanno assistere all'alza bandiera con lo stendardo imperiale dell'aquila a due teste. I figli del secondo matrimonio sono russi a tutti gli effetti e vivono a loro agio in quel mondo. I figli Elkann no. A questo punto intervengono i nonni».
In che modo?
«Chiamando sempre più spesso i tre nipoti a trascorrere lunghi periodi con loro. Per sottrarli a quel mondo estraneo. Per questo John dice oggi che è stata decisiva per lui e i fratelli la protezione dei nonni. Ma questo ha finito per rendere i rapporti tra Margherita e i suoi genitori ancora più difficili».
Il nonno aveva dato ai nipoti l'affetto che era mancato alla figlia come se l'affettività avesse saltato una generazione?
«Esattamente. Il rapporto tra i nipoti e il nonno è diventato sempre più stretto al punto che un giorno l'Avvocato accarezzò l'idea di adottare John. Come si sa poi non se ne fece nulla».
Se i rapporti erano tanto tesi perché allora, alla morte dell'Avvocato, Margherita accettò di rinunciare alle quote della Dicembre in cambio di denaro?
«Lei ha sempre sostenuto di averlo fatto nel tentativo di riportare la pace in famiglia. È anche vero che conosceva l'atto notarile con cui l'Avvocato, fin dal 1999, consegnava a John la gestione della Dicembre e quindi deve avere pensato che, persa la partita per il potere, tanto valeva giocarsi quella del denaro. Del resto, quell'atto del '99 era stato firmato da tutti i familiari, anche da lei».

NON E' VERO : EDOARDO NON LO HA MAI FIRMATO. PER QUESTO LO HANNO UCCISO. Mb
Lei ha poi tentato, e lo sta facendo ancora oggi, di rimettere in discussione quella scelta…
«Certo e questo è uno dei nodi delle cause legali. Ma la scelta di non partecipare alla Dicembre ha finito per isolare ancora di più Margherita. Si diceva che avesse confidato a Lupo Rattazzi le sue perplessità su futuro della Fiat: "Rischia di fare la fine della Parmalat". Erano gli anni in cui il fallimento della Parmalat aveva fatto molto rumore. Come se lei avesse scelto di scendere dalla nave nel momento di massima difficoltà dell'azienda. Già nel 2004, al matrimonio di John e Lavinia, la presenza di Margherita era stata incerta fino all'ultimo».
Da allora in poi la frattura si è andata allargando. Le battaglie in tribunale contro la madre Marella e ora contro i figli Elkann hanno aggravato la situazione. Quali conseguenze potranno avere secondo lei?
«Dal punto di vista della governance della Dicembre, la società che controlla la Giovanni Agnelli e, per il tramite di questa, Exor non credo che ci potranno essere conseguenze. L'atto notarile del 1999 non lascia scampo. Diverso è il discorso se passiamo dalla governance alle quote. È in teoria possibile che, se venisse accolta la tesi dei legali di Margherita, si riconosca il diritto della figlia di Gianni Agnelli ad avere la sua quota di legittima e dunque un pacchetto di azioni della Dicembre. Ma non credo proprio che questo impedirebbe a John di governare come fa oggi».

Si perché perderebbe il controllo in quanto il 75% passerebbe a Margherita ed il 25% Jaky 20% . Mb

 

 

 

 

 

TAVARES E  JAKY NEL 23

 

Un compenso da 36,5 milioni è adeguato per il ceo di una società capace di generare 18,6 miliardi di profitti e di versare ai soci quasi 8 miliardi? Per i proxy advisor […] no. In vista dell’assemblea del 16 aprile, […] Glass Lewis e Iss hanno raccomandato agli azionisti di Stellantis di votare contro gli stipendi percepiti […] dai manager del gruppo.



A loro giudizio, la paga del ceo Carlos Tavares è «eccessiva»: vale 518 volte il salario medio dei dipendenti di Stellantis che, intanto, sta attuando massicci piani di esuberi […].



[…] Iss ha criticato anche il benefit da 430 mila euro accordato al presidente John Elkann che ha potuto utilizzare l’aereo aziendale per scopi personali. I suggerimenti dei proxy sono di norma accolti dai fondi internazionali. Se al loro si aggiungesse il «no» del governo francese, socio di Stellantis al 9,9%, la relazione sui compensi potrebbe incorrere in una sfiducia. Dal valore consultivo, è vero; ma fortemente simbolico.

 

 

IL 10.12.23 PROGRAMMA TELEVISIVO SU L'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI SU  PIAZZA LIBERTA', il programma di informazione condotto da Armando Manocchia,  su BYOBLU CANALE 262 DT CANALE

https://www.byoblu.com/2023/12/10/piazza-liberta-di-armando-manocchia-puntata-87/

https://youtu.be/_DJONMxixO8?si=rKoapPc2-8JtHha8

https://youtu.be/B05tTBK-w0E?si=O5XxvZFIr61tYU7w

https://www.youtube.com/watch?v=t0OrCSg1IZc

https://www.youtube.com/watch?v=Mhi-IY_dfr4

 

https://www.youtube.com/watch?v=ej0LPowV9YI

 

OSSERVAZIONI

  1. IL GRANDE AMICO DI EDOARDO CON CUI FECE VIAGGI ERA LUCA GAETANI
  2. EA NON FECE MAI NESSUNA CESSIONE DEI SUOI DIRITTI EREDITARI
  3. NE' EBBE ALCUN DISSIDIO CON GIOVANNI ALBERTO AGNELLI, DA CUI SOGGIORNAVA ANDANDO E TORNANDO DA GARAVICCHIO.
  4. INFATTI QUANDO CI FU L'EPISODIO DEL KENIA FU GIOVANNI ALBERTO AGNELLI AD ANDARLO A TROVARE.
  5. I LEGAMI CON LA SORELLA MARGHERITA NON EERANO STRETTI COME QUELLI CON I CUGINI LUPO RATTAZZI ED EDUARDO TEODORANI FABBRI. INFATTI NON ESISTONO LETTERE FRA EDOARDO E MARGHERITA .
  6. DEL CAMBIO DELLA SUCCESSIONE DA GIOVANNI ALBERTO A JAKY EA LO HA SAPUTO DALLA MADRE CHE NE HA CONVITO GIANNI PER NON PERDERE I PRIVILEGI DELLA PRESIDENZA FIAT,
  7. L'INTERVISTA AL MANIFESTO FU PROPOSTA DA UN GIORNALISTA DI REPUBBLICA PERCHE' LUI L'AVREBBE VOLUTA FARE MA NON GLIELO PERMETTEVANO.
  8. NON CI SONO PROVE CHE EA FOSSE DEPRESSO,
  9. LA PATENTE DI EA LA TENEVA LA SCORTA E NON ERA SUL CRUSCOTTO MA NEL CASSETTO DELLA CROMA EX DELL'AVVOCATO CON MOTORE VOLVO E CAMBIO AUTOMATICO, NON BLINDATA.
  10. LE INDAGINI SULL'OMICIDIO DI EA SONO TUTT'ORA APERTE PRESSO LA PROCURA DI CUNEO.

 

 

GRIVA QUANDO ENTRA IN SCENA ?

L’IMPERO DI FAMIGLIA: ECCO PERCHÉ ADESSO RISCHIA DI CROLLARE TUTTO

Estratto dell’articolo di Ettore Boffano per “il Fatto quotidiano”

È l’attacco al cuore di un mito: quello degli Agnelli. E a pagarne le conseguenze più dure potrebbe essere lui, l’erede che non porta più quel cognome, John Elkann.
A rischio di veder messo in ballo il ruolo che suo nonno gli aveva assegnato: la guida dei tesori di famiglia. Tutto passa per la Svizzera, dove Marella Caracciolo, vedova dell’avvocato, ha sempre dichiarato di avere la residenza sin dagli anni 70.
E con la cui legge successoria ha poi regolato i conti con la figlia: per escludere Margherita dalla propria eredità e, soprattutto, permettere al nipote di diventare il nuovo capo della dinastia.
[…] quella residenza […] ora piomba nell’inchiesta per frode fiscale della Procura di Torino. E i pm hanno poteri di accertamento rapidi e quasi immediati […]. Vediamo, punto per punto, che cosa c’è e che cosa indica quel documento e come potrebbe segnare i clamorosi sviluppi delle indagini.



1) La residenza svizzera. È decisiva: per stabilire se sono validi sia l’accordo e il patto firmati da Marella con la figlia a Ginevra nel 2004, sulla successione dell’avvocato e sulla sua, sia il testamento e le due aggiunte con i quali ha indicato come eredi i nipoti John, Lapo e Ginevra.
E infine per accertare la possibile evasione fiscale sul suo patrimonio. Trevisan spiega che la vedova dell’avvocato, dal 2003 sino alla morte nel 2019, non ha mai vissuto in Svizzera i 180 giorni all’anno necessari per poter mantenere quel diritto. “Ha trascorso ogni anno, in media, oltre 189 giorni in Italia, 94 in Marocco e solo circa 68 in Svizzera”. Se tutto saltasse, Margherita tornerebbe in campo nel controllo dell’impero Agnelli.



2) Gli “espedienti” sulla residenza. Il legale indica anche le presunte mosse per mascherare la permanenza di Marella in Italia. […] “Occorreva non far risultare intestate a Marella Caracciolo le utenze degli immobili in Italia e i relativi rapporti di lavoro... Un appunto del commercialista Gianluca Ferrero suggeriva che non fossero a lei riconducibili né dipendenti né animali, facendo risultare che i domestici fossero alle dipendenze di Elkann […]”.



3) Il personale delle ville. La ricostruzione di Trevisan […] sembrerebbe confermare i “consigli” di Ferrero. I magistrati […] stanno […] ascoltando le testimonianze di chi gestiva le residenze di famiglia. Il legale di Margherita ha contato oltre 30 dipendenti […]. I contratti erano intestati formalmente a Elkann, ma loro erano sempre al servizio della nonna.

4) I testamenti, veri o falsi. Nell’esposto, Trevisan affida alla Procura […] il compito di esaminare l’autenticità del testamento di Marella Caracciolo e delle due “aggiunte”, redatti dal notaio svizzero Urs von Grunigen. […] il legale aveva già sostenuto che, secondo due diverse perizie grafiche, almeno nella seconda “aggiunta” la firma della signora “appare apocrifa, con elevata probabilità”. Giovedì pomeriggio, la Guardia di Finanza si è presentata alla Fondazione Agnelli, proprio per acquisire vecchi documenti firmati da Marella e confrontare le firme.



5) Le fiduciarie di famiglia. Le Fiamme Gialle hanno anche prelevato migliaia e migliaia di pagine e documenti legati a quattro diverse fiduciarie, tutte citate nell’esposto di Trevisan. Due di esse, la Simon Fiduciaria e la Gabriel Fiduciaria facevano riferimento, un tempo, all’avvocato Franzo Grande Stevens e oggi sono state assorbite nella Nomen Fiduciaria della famiglia Giubergia e nella banca privata Pictet di Ginevra.
Che cosa può nascondersi in quegli “scrigni” votati alla riservatezza? Due cose, entrambe importanti. La prima […] riguarda il fatto se in esse sia potuto transitare denaro proveniente da 16 società offshore delle Isole Vergini britanniche, tutte intestate o a Marella Agnelli o a “membri della famiglia”, come la “Budeena Consulting Inc.” che, da sola, aveva in cassa 900 milioni dollari.
La seconda riguarda la possibilità che gli inquirenti possano trovare le tracce degli scambi azionari, tra la nonna e i nipoti, della “Dicembre”, la società semplice creata dall’avvocato nel 1984 per custodire il tesoro di famiglia e che oggi consente a John Elkann di gestire, a cascata, i 25,5 miliardi di patrimonio della holding Exor.


2. INCHIESTA ELKANN: LA GDF A CACCIA DI SOCIETÀ OFFSHORE

Estratto dell’articolo di Marco Grasso per “il Fatto quotidiano”

IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME
IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME

Margherita Agnelli […] dà la caccia ai capitali offshore di famiglia, che le sarebbero stati occultati nell’accordo sull’eredità. La Procura di Torino cerca i redditi, potenzialmente enormi, che sarebbero stati occultati al Fisco, attraverso fiduciarie collegate a paradisi fiscali.

Questi due interessi potrebbero convergere se cadesse il baluardo che finora ha protetto la successione della dinastia più potente d’Italia: la presunta residenza elvetica di Marella Caracciolo, moglie di Gianni e madre di Margherita. Se saltasse questo cardine, le autorità italiane potrebbero contestare reati tributari e sanzioni fiscali agli Elkann, e questa storia, come una valanga, potrebbe travolgere anche i contenziosi civili sull ’eredità, aperti in Svizzera e in Italia.

Sono tre gli indagati nell’in chiesta condotta dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Giulia Marchetti: Gianluca Ferrero, commercialista della famiglia Agnelli e presidente della Juventus; Robert von Groueningen, amministratore dell’eredità di Marella Agnelli (morta nel 2019); John Elkann, nipote di Marella, presidente di Stellantis ed editore del gruppo Gedi.

L’ipotesi è di concorso in frode fiscale e in particolare di dichiarazione infedele al Fisco per gli anni 2018-2019. In base all’intesa sulla successione di Gianni Agnelli nel 2004 […] Margherita accetta l’estromissione dalle società di famiglia in cambio di 1,2 miliardi; ottiene l’usufrutto su vari beni immobiliari e si impegna a versare alla madre Marella un vitalizio mensile da 500 mila euro. Di questi soldi non c’è traccia nei 730, da cui mancano in altre parole 8 milioni di euro (3,8 milioni di tasse).

Il perché gli investigatori si concentrino su quel biennio è presto detto: per chi indaga Marella Caracciolo, malata di Parkinson, era curata in Italia. La Procura ritiene che passasse gran parte del tempo a Villa Frescot, a Torino, oltre 183 giorni l’anno, la soglia dopo la quale il Fisco ritiene probabile che una residenza estera sia fasulla. Per questo ieri il Nucleo di polizia economico finanziaria di Torino […] ha sentito sei testimoni vicini alla famiglia: personale che di fatto lavorava al servizio di Marella, ma che era stato assunto dopo la morte del nonno da John Elkann o da società a lui riconducibili, un artificio che avrebbe rafforzato la tesi della residenza estera della nonna.

Questo è l’anello che mette nei guai l’erede della casata. Per i pm il commercialista Ferrero avrebbe disposto le dichiarazioni dei redditi infedeli, mentre l’esecutore testamentario svizzero le avrebbe controfirmate.

Ci sono inoltre le indagini commissionate da Margherita Agnelli all’investigatore privato Andrea Galli, confluite in un esposto in mano alla Procura. Lo 007 ha ricostruito le spese nella farmacia di Lauenen, villaggio nel cantone di Berna in cui sulla carta viveva Marella Caracciolo: dalle fatture fra il 2015 e il 2018 emergerebbe che le spese mediche coprivano il solo mese di agosto. […]

GLI INQUIRENTI cercano di ricostruire il flusso di redditi, la riconducibilità dei patrimoni e documenti originali in grado di verificare la validità delle firme sui testamenti. Se dovesse essere rimessa in discussione la residenza di Marella, si aprirebbe un nuovo scenario: il Fisco potrebbe battere cassa e contestare mancati introiti milionari per Irpef, Iva, successione e Ivafe (tassa sui beni esteri). Gli Elkann sono pronti a difendersi dalle accuse, e hanno sempre contestato la ricostruzione di Margherita.

 

 

DOPO 25 ANNI MARGHERITA HA PENSATO AI FRATELLI DI YAKY, LAPO E GINEVRA , COME GLI AVEVA DETTO EDOARDO:

Margherita Agnelli vuole costringere per via giudiziaria i suoi tre figli Elkann a restituire i beni delle eredità di Gianni Agnelli (morto nel 2003) e Marella Caracciolo (2019).

Un’ordinanza della Cassazione pubblicata a gennaio mette in fila, sintetizzando i «Fatti in causa», le pretese della madre di John Elkann nella sua offensiva legale. Il punto d’arrivo è molto in alto nel sistema di potere dei figli: l’assetto della Dicembre, la cassaforte (60% John e 20% ciascuno Lapo e Ginevra Elkann) azionista di riferimento dell’impero Exor, Stellantis, Ferrari, Juventus, Cnh ecc. (35 miliardi).


[…] La Corte suprema nella sua ordinanza si occupa di una questione tecnica laterale, annullando parzialmente […] la decisione del tribunale di Torino di sospendere i lavori in attesa dei giudici svizzeri. […] la Cassazione […] sintetizza in modo neutrale le richieste di Margherita e cioè, innanzitutto, «che sia dichiarata l’invalidità o l’inefficacia del testamento della madre».



E dunque «che sia aperta la successione legittima, sia accertata in capo all’attrice (Margherita ndr) la sua qualità di unica erede legittima della madre, sia accertata la quota della quale la madre poteva disporre e […] sia accertata la lesione della quota di riserva a essa spettante». A questo punto ci deve essere «la conseguente reintegra della quota mediante riduzione delle donazioni, anche dirette e dissimulate, e condanna dei convenuti (gli Elkann, ndr) alle restituzioni».

Il tema delle donazioni è fondamentale perché potrebbero essere i «mattoni» con cui si è costruita la governance a trazione John nella Dicembre. Margherita «in ogni caso ha chiesto la dichiarazione della sua qualità di erede del padre (...) e la condanna dei convenuti a restituire i beni dell’eredità del padre».



La manovra legale è dunque tesa ad azzerare tutto, proiettando Margherita nel ruolo di unica erede legittima della madre. E nell’eventuale riconteggio dell’eredità materna entrerebbero le donazioni anche «indirette e dissimulate».



JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON LAVINIA BORROMEO
JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON LAVINIA BORROMEO

Nella costruzione dell’attuale assetto della Dicembre con John al comando sono state decisive alcune transazioni con la nonna Marella dopo la morte (2003) di Gianni Agnelli. Secondo i figli de Pahlen, […] per il calcolo della quota legittima, nel perimetro ereditario della nonna Marella dovrebbe entrare anche il «75% della Dicembre, per il caso in cui si accertasse la simulazione degli atti di compravendita, il cui valore è stimato in euro 3 miliardi». Sostengono anzi che la nonna abbia «effettuato donazioni delle partecipazioni della Dicembre al nipote John per (...) circa 3 miliardi».



John Elkann e la madre Margherita entrano nella cassaforte come soci nel 1996, con Gianni Agnelli al comando. Nel ’99 l’Avvocato modifica lo statuto e detta il futuro: «se manco o sono impedito — è il senso — tutti i poteri vanno a John» che, alla morte del nonno, sale al 58%.
L’anno dopo (2004) Margherita vende per 105 milioni il 33% alla madre ed esce dalla Dicembre sulla base del patto successorio. Subito dopo la nonna cede tutto ai nipoti, tenendo l’usufrutto: John si consolida al 60%, una leadership che nel suo entourage giudicano «inattaccabile», a Lapo e Ginevra il resto. È l’assetto attuale di cui però s’è avuta notizia ufficiale nel 2021, dopo 17 anni di carte, transazioni e patti tenuti nascosti. Un bug temporale a dir poco anomalo per una delle più influenti società in Europa, inspiegabilmente tollerato per anni dalla Camera di Commercio di Torino. Anche su questo fa leva la strategia di Margherita per «scalare» il sancta sanctorum degli Elkann.

 

«La costruzione di una residenza estera fittizia» in Svizzera di Marella Caracciolo «ha avuto una duplice e concorrente finalità: da un lato, sotto il profilo fiscale, evitare l’assoggettamento a tassazione in Italia di ingenti cespiti patrimoniali e redditi derivanti da tali disponibilità; dall’altro, sotto il profilo ereditario, sottrarre la successione» della vedova dell’Avvocato «all’ordinamento italiano»: lo scrivono i magistrati di Torino nel decreto di sequestro che ha portato al blitz di ieri (7 marzo) della guardia di finanza, nell’ambito dell’inchiesta sull’eredità Agnelli e sulle presunte «dichiarazioni fraudolente» dei redditi di Marella Caracciolo. Per questo, è scattata anche una nuova ipotesi di reato: «truffa aggravata ai danni dello Stato e di ente pubblico (Agenzia delle entrate)».

Eredità Agnelli, i 734 milioni di euro lasciati da Marella e l'appunto sulla residenza svizzera: «Una vita di spostamenti»
CRONACA
Eredità Agnelli, i pm e gli appunti della segretaria di Marella Agnelli: «Sono la prova che non viveva in Svizzera»
Tra i beni in questione - secondo il Procuratore aggiunto Marco Gianoglio e i pubblici ministeri Mario Bendoni e Giulia Marchetti - ci sarebbero 734.190.717 euro, «derivanti dall’eredità di Marella Caracciolo».

Per la truffa aggravata sono indagati i tre fratelli Elkann, John, Ginevra e Lapo, lo storico commercialista della famiglia Gianluca Ferrero e Urs Robert von Gruenigen, il notaio svizzero che curò la successione testamentaria.
Gli investigatori - emerge dal decreto - hanno messo le mani anche su un documento di quattro pagine «riepilogante in forma schematica i giorni di effettiva presenza in Italia di Marella Caracciolo»: morale, nel 2015 la moglie di Gianni Agnelli dimorò «in Svizzera meno di due mesi», contro i 298 giorni passati in Italia. Nel 2018 il conto è di 227 giorni in Italia e 138 all’estero. Significativa anche la denominazione dell’ultima pagina del documento: «Una vita di spostamenti».

 

Un secondo "round" si è combattuto ieri davanti al tribunale del riesame di Torino tra la Procura subalpina e lo staff di avvocati che difendono i fratelli Elkann, indagati per truffa ai danni dello Stato per non aver pagato la tassa di successione su una porzione di eredità della nonna, pari a 734 milioni di euro.



I penalisti hanno impugnato il decreto con cui i pm il 6 marzo hanno disposto un nuovo sequestro dei documenti […] già acquisiti dai finanzieri durante le perquisizioni del 7 febbraio. E gli inquirenti hanno risposto depositando ai giudici materiale investigativo finora inedito, tra cui delle intercettazioni e soprattutto i tredici verbali del personale al "servizio" di Marella Caracciolo.



La tesi accusatoria - secondo cui John Elkann avrebbe fatto figurare che domestici e infermiere lavoravano per lui, «al fine di non compromettere la possibilità che la defunta nonna fosse effettivamente residente in Svizzera» - «appare largamente confermato dalle dichiarazioni» degli ex dipendenti sentiti come testimoni in Procura. In sostanza, quasi tutti hanno confermato che prestavano assistenza alla signora Agnelli quando lei risiedeva nelle dimore torinesi, ossia per la maggior parte dell'anno.

Nel locale caldaie dell'abitazione del pupillo di Gianni Agnelli, […] i militari del nucleo economico finanziario di Torino hanno trovato una ventina di faldoni con i documenti di «domestici, cuochi, autisti, governante, guardarobiera, maggiordomi». Per realizzare quella che i pm ritengono esser una «strategia evasiva», ossia non pagare le tasse sull'eredità in Italia, John avrebbe assunto formalmente il personale delle residenze di Villa Frescot, Villa To e Villar Perosa che «assisteva di fatto Marella Caracciolo».


A sommarie informazioni è stata sentita anche Carla Cantamessa, che si occupava della gestione amministrativa delle abitazioni riconducibili alla famiglia Angelli-Elkann. […] «al momento della perquisizione (del 7 febbraio, ndr) contattava immediatamente Gianluca Ferrero (il commercialista di famiglia indagato, ndr), avvisandolo dell'arrivo della Finanza e mostrando timore e preoccupazione per documenti che avrebbe dovuto "nascondere"».



In quel momento, però, i finanzieri stavano bussando anche alla porta del commercialista, che quindi ha subito riagganciato il telefono. Tra il materiale che le è stato sequestrato ci sono anche documenti sui «giardinieri dismessi dal 2020», ossia successivamente alla morte di Marella. La "prova del nove" è che quasi tutti i dipendenti assunti da John sono stati licenziati dopo che sua nonna, il 23 febbraio 2019, è deceduta.


Secondo i legali degli Elkann non esistono gli estremi del reato di truffa ai danni dello Stato nel caso di mancato pagamento della tassa di successione. Avvalendosi anche di un parere del professore Andrea Perini, docente di diritto penale tributario, hanno specificato […] che al massimo si tratta di un illecito amministrativo. Per i pm, invece, gli «artifizi e i raggiri» previsti dal reato di truffa si sono concretizzati proprio nel trucco della residenza in Svizzera di Marella, con il quale i tre nipoti avrebbero «indotto in errore» l'Agenzia delle entrate […], e così facendo avrebbero tratto «l'ingiusto profitto» di risparmiare tra i 42 e i 63 milioni di euro di tasse.



Tra l'altro, la «strategia evasiva» è esplicitata nel cosiddetto «vademecum della truffa» redatto da Ferrero, in cui si consiglia a chiare lettere «di non sovraccaricare la posizione italiana di Marella Caracciolo», facendo assumere i suoi dipendenti al nipote maggiore. L'altro punto su cui insistono le difese è il «ne bis in idem», il principio in base al quale non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto.

Ma la truffa ai danni dello Stato era già stata ipotizzata dalla Procura torinese prima che venisse eseguito il secondo sequestro, ora impugnato dagli Elkann e da Ferrero. I giudici, dopo quasi quattro ore di udienza, si sono riservati di decidere entro sabato prossimo. […]

EREDITÀ AGNELLI, 'I QUADRI SONO CUSTODITI AL LINGOTTO'

Francesca Brunati e Igor Greganti per l’ANSA

Sarebbero tutte rintracciate e rintracciabili, e donate dalla nonna ai nipoti Elkann, le 13 opere d'arte, parte del tesoro lasciato da Gianni Agnelli, e che un tempo arredavano Villa Frescot e Villar Perosa a Torino e una residenza di famiglia a Roma, e ora reclamate dalla figlia Margherita, unica erede dei beni immobili dopo la morte della madre e moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di Castagneto, la quale ne aveva l'usufrutto.



E' quanto risulta in sintesi da una relazione depositata alla Procura di Milano dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf nell'inchiesta che ha portato il gip Lidia Castellucci ad archiviare la posizione di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore accusati di ricettazione e a disporre, su suggerimento di Margherita nella sua opposizione alla richiesta di archiviazione, ulteriori accertamenti.

L'informativa delle Fiamme Gialle è stata redatta in base alle testimonianze, riportate nell'atto, di Paola Montalto e Tiziana Russi, persone di fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate degli inventari dei beni ereditati. Le due donne, sentite come una terza persona al servizio della moglie dell'Avvocato, hanno ricostruito che quelle tele di artisti del calibro di Monet, Picasso, Balla e De Chirico erano alle pareti dell'appartamento romano a Palazzo Albertini-Carandini, di cui Margherita ha la nuda proprietà, e che furono poi donate ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra dalla nonna.

Dichiarazioni, queste, a cui è stato trovato riscontro: come è emerso successivamente alle tre deposizioni, quasi tutte le opere d'arte sono state trovate al Lingotto durante una ispezione della Guardia di Finanza, delegata dalla Procura torinese nell'indagine principale sull'eredità. Una invece sarebbe in una casa a St. Moritz e una sua copia nella pinacoteca di via Nizza.

Dalle consultazioni di una serie di banche dati "competenti", in particolare quelle del ministero della Cultura e la piattaforma S.u.e. (Sistema uffici esportazione) è stato appurato che non ci sono state movimentazioni illecite né esistono particolari vincoli sui quadri e che il Monet, che si sospettava fosse falso, è stato sottoposto a una perizia che ne ha acclarato l'autenticità.



Visto gli esiti delle nuove indagini, i pm milanesi coordineranno con i colleghi di Torino, ai quali, non si esclude potrebbero trasmettere gli atti per competenza. Sul caso fonti vicine a Margherita chiariscono che "i quadri oggetto di denuncia nel procedimento di Milano (che prosegue) non possono essere stati donati, in quanto Marella non ne aveva la proprietà.



Peraltro, non risulta ad oggi formalizzato alcun documento di donazione. Comunque, qualora le indiscrezioni fossero confermate, vi sarebbero atti invalidi e verrebbe richiesta l'immediata restituzione delle opere che sono e restano di proprietà di Margherita Agnelli". Una questione, quella della proprietà, che potrà sciogliere solo la magistratura.


FAIDA EREDITÀ AGNELLI: IL GIALLO DEI 13 QUADRI E DEGLI ORIGINALI SPARITI

Estratto dell’articolo di Ettore Boffano e Manuele Bonaccorsi per “il Fatto quotidiano”



Diventa un giallo milionario […] la verità sulle opere della Collezione Agnelli finite nell'inchiesta penale sull'eredità della vedova dell’avvocato, Marella Caracciolo.



Secondo un’annotazione della Guardia di Finanza di Milano, consegnata al procuratore aggiunto milanese Luca Fusco, 13 di quei quadri non sarebbero infatti scomparsi dalle dimore italiane della dinastia (come ha denunciato la figlia di Gianni Agnelli, Margherita), ma sarebbero state donate dalla nonna Marella ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann e ora sarebbero “rintracciati e rintracciabili” in un caveau della Fiat Security al Lingotto e in Svizzera.

Molto diverso, invece, ciò che emergerebbe dalle indagini che stanno svolgendo la Procura e la Gdf di Torino, dopo un esposto di Margherita contro i tre figli. Un fascicolo, al quale nei prossimi giorni sarà allegato quello di Milano, che ha portato i pm torinesi a indagare i tre Elkann per i “raggiri e gli artifizi” messi in opera per costruire una “inesistente residenza svizzera” della nonna.



Nei sequestri effettuati lo scorso 8 febbraio, i finanzieri avevano visitato anche un caveau nella palazzina storica Fiat del Lingotto, dove erano conservati arredi di valore un tempo presenti nelle residenze dell’avvocato di Villar Perosa, di Villa Frescot a Torino e nell’appartamento di Palazzo Albertini davanti al Quirinale.



Il Fatto Quotidiano e Report […] hanno ricostruito però che gli inquirenti torinesi hanno rinvenuto al Lingotto solo due originali, La Chambre di Balthus e il Pho Xai di Gérome, e invece tre copie di modesto valore di altri tre capolavori: il Glacons effect blanc di Monet, La scala degli addii di Balla e il Mistero e malinconia di una strada di De Chirico.
Ma dove sono gli originali? Secondo gli Elkann, […] sarebbero sempre stati a Sankt Moritz, nella villa Chesa Alkyon dell’avvocato. Per il momento, la Procura torinese sta approfondendo soprattutto le vicende legate alla residenza svizzera di Marella e agli eventuali resti fiscali. Ma è probabile che in un secondo tempo, […] i pm ordinino una perizia per accertare l’esatta datazione delle copie.



Se emergesse, infatti, che esse sono state realizzate dopo il 24 gennaio 2003, giorno della morte di Gianni Agnelli, allora le indagini potrebbero estendersi a verificare quando e come gli originali hanno lasciato l’italia per la Svizzera e sostituiti con le copie. Se fosse mai dimostrato che i tre quadri si trovavano in Italia, allora potrebbe trattarsi di un reato. E anche piuttosto grave: esportazione illecita di opere d’arte, punito dal Codice dei beni culturali con una pena dai 2 a 8 anni di reclusione.
Tutto potrebbe essere prescritto: ciò che invece non si prescriverà mai è il diritto da parte dello Stato di rivendicare il rientro delle opere in Italia, con un sequestro. A sostegno delle tesi degli Elkann, secondo la Gdf di Milano, ci sarebbero anche le testimonianze di due segretarie di Marella, Paola Montaldo e Tiziana Russi, e di un altro domestico che avrebbero confermato come la nonna avesse donato quei quadri ai nipoti.

Qualcosa che contraddice l’elenco delle opere acquisito dal procuratore aggiunto Fusco nel 2009, in un’altra inchiesta sull’eredità Agnelli, e di cui Report e il Fatto Quotidiano sono entrati in possesso. Una lista ritenuta veritiera da due personaggi chiave: colui che l’ha redatta, Stuart Thorton, storico maggiordomo inglese di Agnelli, ed Emmanuele Gamna, ex avvocato di Margherita che trattò la suddivisione delle opere tra madre e figlia nel 2004.



Il documento riporta quotazione (assai al ribasso) e collocazione delle opere. Il De Chirico si trovava a Roma: valore 7 milioni. Il Balla anch’esso era nella Capitale: 2 milioni. C’era infine il Monet che risultava essere a Villa Frescot: 8 milioni. L’originale non si sa dove si trovi.



I quadri di Roma […] erano lì almeno fino al 2018, quando un trasportatore, il torinese Giorgio Ghilardini, li prelevò: la bolla del trasporto è stata sequestrata dai pm torinesi. Infine, il professor Lorenzo Canova, direttore scientifico della fondazione De Chirico, ricorda che il suo maestro, l’insigne storico dell’arte Mauro Calvesi, aveva visto l’originale di Mistero e melanconia di una strada nell’appartamento romano dell’avvocato.

“Me lo presterebbe per una mostra”, chiese il critico ad Agnelli. “Preferirei di no, i quadri a volte voglio scambiarli, questo non voglio sia notificato al ministero”, avrebbe risposto il “signor Fiat”.

[…] Margherita Agnelli ritiene […]che le opere le siano state sottratte dall’eredità della madre Marella e, comunque, chiederà la nullità della presunta donazione ai figli. Ma il punto non è questo. Quelle opere, a chiunque spettino, devono rimanere in Italia. Così almeno dice la legge […]
 

 

 

 

 

LA FRAGILITA' UMANA DIMOSTRA LA FORZA  E L'ESISTENZA DI DIO: le stesse variazioni climatiche e meteriologiche  imprevedibili dimostrano l'esistenza di DIO.

Che lo Spirito Santo porti buon senso e serenita' a tutti gli uomini di buona volonta' !

CRISTO RESUSCITA PER TUTTI GLI UOMINI DI VOLONTA' NON PER QUELLI DELLO SPRECO PER NUOVI STADI O SPONSORIZZAZIONI DI 35 MILIONI DI EURO PAGATI DALLE PAUSE NEGATE AGLI OPERAI ! La storia del ricco epulone non ha insegnato nulla perché chi e morto non può tornare per avvisare i parenti !  Mb 05.04.12; 29.03.13;

 

 

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Marco Bava ABELE: pennarello di DIO, abele, perseverante autodidatta con coraggio e fantasia , decisionista responsabile.

Sono quello che voi pensate io sia (20.11.13) per questo mi ostacolate.(08.11.16)

La giustizia non esiste se mi mettessero sotto sulle strisce pedonali, mi condannerebbero a pagare i danni all'auto.

(12.02.16)

TO.05.03.09

IL DISEGNO DI DIO A VOLTE SI RIVELA SOLO IN ALCUNI PUNTI. STA' ALLA FEDE CONGIUNGERLI

PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI SIA SANTIFICATO IL TUO NOME VENGA IL TUO REGNO, SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ COME IN CIELO COSI IN TERRA , DAMMI OGGI  IL PANE E LA ACQUA QUOTIDIANI E LA POSSIBILITA' DI NON COMMETTERE ERRORI NEL CERCARE DI REALIZZARE NEL MIGLIOR MONDO POSSIBILE IL TUO VOLERE, LA PACE NEL MONDO, IL BENESSERE SOCIALE E LA COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI. TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E FIGLI.

TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E DEI TUOI FIGLI .

SIGNORE IO NON CONOSCO I TUOI OBIETTIVI PER ME , FIDUCIOSO MI AFFIDO A TE.

Difendo il BENE contro il MALE che nell'uomo rappresenta la variabile "d" demonio per cui una decisione razionale puo' diventare irrazionale per questa ragione (12.02.16)

Non prendo la vita di punta faccio la volonta' di DIO ! (09.12.18)

La vita e' fatta da cose che si devono fare, non si possono non fare, anche se non si vorrebbero fare.(20.01.16)

Il mondo sta diventando una camera a gas a causa dei popoli che la riempiono per irresponsabilità politica (16.02.16)

I cervelli possono viaggiare su un unico livello o contemporaneamente su plurilivelli e' soggettivo. (19.02.17)

L'auto del futuro non sara' molto diversa da quella del presente . Ci sono auto che permarranno nel futuro con l'ennesima versione come : la PORSCHE 911, la PANDA, la GOLF perche' soddisfano esigenze del mercato che permangono . Per cui le auto cambieranno sotto la carrozzeria con motori ad idrogeno , e materiali innovativi. Sara' un auto migliore in termini di sicurezza, inquinamento , confort ma la forma non cambierà molto. INFATTI la Modulo di Pininfarina la Scarabeo o la Sibilo di Bertone possono essere confrontate con i prototipi del prossimo salone.(18.06.17)

La siccità e le alluvioni dimostrano l'esistenza di Dio nei confronti di uomini che invece che utilizzare risorse per cercare  inutilmente nuovi pianeti dove Dio non ha certo replicato l'esperienza negativa dell'uomo, dovrebbero curare l'unico pianeta che hanno a disposizione ed in cui rischiano di estinguersi . (31.10.!7)

L'Italia e' una Repubblica fondata sul calcio di cui la Juve e' il maggiore esponente con tutta la sua violenta prevaricazione (05.11.17)

La prepotenza della FIAT non ha limiti . (05.11.17)

I mussulmani ci comanderanno senza darci spiegazioni ne' liberta'.(09.11.17)

In Italia mancano i controlli sostanziali . (09.11.17)

Gli alimenti per animali sono senza controllo, probabilmente dannosi,  vengono utilizzati dai proprietari per comodita', come se l'animale fosse un oggetto a cui dedicare il tempo che si vuole, quando si vuole senza alcun rispetto ai loro veri bisogni  alimentari. (20.11.17)

Ho conosciuto l'avv.Guido Rossi e credo che la stampa degli editori suoi clienti lo abbia mitizzato ingiustificatamente . (20.11.17)

L'elicottero di Jaky e' targato I-TAIF. (20.11.17)

La Coop ha le agevolazioni di una cooperativa senza esserlo di fatto in quanto quando come socio ho partecipato alle assemblee per criticare il basso tasso d'interesse dato ai soci sono stato o picchiato o imbavagliato. (20.11.17)

Sono 40 anni che :

1 ) vedo bilanci diversi da quelli che vedo insegnati a scuola, fusioni e scissioni diverse da quelle che vengono richieste in un esame e mi vengono a dire che l'esame di stato da dottore commercilaista e' una cosa seria ?

2) faccio esposti e solo quello sul falso in bilancio della Fiat presentato da Borghezio al Parlamento e' andato avanti ?

 (21.11.17)

La Fornero ha firmato una riforma preparata da altri (MONTI-Europa sono i mandanti) (21.11.17)

Si puo' cambiare il modo di produrre non le fasi di produzione. (21.11,17)

La FIAT-FERRARI-EXOR si sono spostate in Olanda perche' i suoi amministratori abbiano i loro compensi direttamente all'estero . In particolare Marchionne ha la residenza fiscale in Sw (21.11.17)

La prova che e' il femore che si rompe prima della caduta e' che con altre cadute non si sono rotte ossa, (21.11.17)

Carlo DE BENEDETTI un grande finanziere che ha fallito come industriale in quanto nel 1993 aveva il SURFACE con il nome QUADERNO , con Passera non l'ha saputo produrre , ne' vendere ne' capire , ma siluro' i suoi creatori CARENA-FIGINI. (21.11.17)

Quando si dira' basta anche alle bufale finanziarie ? (21.11.17)

Per i consiglieri indipendenti l'indipendenza e' un premio per tutti gli altri e' un costo (11.12.17)

La maturita' del mercato finanziario e' inversamente proporzionale alla sottoscrizione dei bitcoin (18/12/17)

Chi risponde civilmente e penalmente se un'auto o un robot impazziscono ? (18/12/17)

Non e' la FIAT filogovernativa, ma sono i governi che sono filofiat consententogli di non pagare la exit-tax .(08.02.18) inoltre la FIAT secondo me ha fatto più danni all'ITALIA che benefici distruggendo la concorrenza della LANCIA , della Ferrari, che non ha mai capito , e della BUGATTI (13.02.18).

Infatti quando si comincia con il raddoppio del capitale senza capitale si finisce nella scissione

Tesi si laurea sull'assoluzione del sen.Giovanni Agnelli nel 1912 dal reato di agiotaggio : come Giovanni Agnelli da segretario della Fiat ne e' diventato il padrone :

https://1drv.ms/b/s!AlFGwCmLP76phBPq4SNNgwMGrRS4

 

Prima di educare i figli occorre educare i genitori (13.03.18)

Che senso ha credere in un profeta come Maometto che e'un profeta quando e' esistito  Gesu' che e' il figlio di DIO come provato  per ragioni storiche da almeno 4 testi che sono gli evangelisti ? Infatti i mussulmani  declassano Gesu' da figlio di DIO  a profeta perché riconoscono implicitamente l'assurdità' di credere in un profeta rispetto al figlio di DIO. E tutti gli usi mussulmani  rappresentano una palese involuzione sociale basata sulla prevaricazione per esempio sulle donne (19.03/18)

Il valore aggiunto per i consulenti finanziari e' solo per loro (23.03.18)

I medici lavorerebbero gratis ? quante operazioni non sono state fatte a chi non aveva i soldi per pagarle ? (26.03.18 )

lo sfregio delle auto di stato ibride con il motore acceso, deve finire con il loro passaggio alla polizia  con i loro autisti (19.03.18)

Se non si tassa il lavoro dei robot e' per la mancata autonomia in termini di liberta' di scelta e movimento e responsabilita' penale personale . Per cui le auto a guida autonoma diventano auto-killer. (26.04.18)

Quanto poco conti l'istruzione per l'Italia e' dimostrato dalla scelta DEI MINISTRI GELMINI FEDELI sono esempi drammatici anche se valorizzati dalla FONDAZIONE AGNELLI. (26.04.18) (27.08.18).

Credo che la lotta alla corruzione rappresenti sempre di piu' un fattore di coesione internazionale perche' anche i poteri forti si sono stufati di pagare tangenti (27/04/2018)

Non riusciamo neppure piu' a produrre la frutta ad alto valore aggiunto come i mirtilli....(27/04/2018)

Abbiamo un capitalismo sempre piu' egoista fatto da managers che pensano solo ad arraffare soldi pensando che il successo sia solo merito loro invece che di Dio e degli operai (27.04.18)

Le imprese dell'acqua e delle telecomunicazioni scaricano le loro inefficienze sull'utente (29.05.18)

Nel 2004 Umberto Agnelli, come presidente della FIAT,  chiese a Boschetti come amministratore delegato della FIAT AUTO di affidarmi lo sviluppo della nuova Stilo a cui chiesi di affiancare lo sviluppo anche del marchio ABARTH , 500 , A112, 127 . Chiesi a Montezemolo , come presidente Ferrari se mi lasciava utilizzare il prototipo di Giugiaro della Kubang che avrebbe dovuto  essere costruito con ALFA ROMEO per realizzare la nuova Stilo . Mi disse di si perche' non aveva i soldi per svilupparlo. Ma Morchio, amministratore delegato della FIAT, disse che non era accettabile che uno della Telecom si occupasse di auto in Fiat perche' non ce ne era bisogno. Peccato che la FIAT aveva fatto il 128 che si incendiava perche' gli ingegneri FIAT non avevano previsto una fascetta che stringesse il tubo della benzina all'ugello del carburatore. Infatti pochi mesi dopo MORCHIO  venne licenziato da Gabetti ed al suo posto arrivo' Marchionne a cui rifeci la proposta. Mi disse di aspettare una risposta entro 1 mese. Sono passati 14 anni ma nessuna risposta mi e' mai stata data da Marchionne, nel frattempo la Fiat-Lancia sono morte definitivamente il 01.06.18, e la Nissan Qashai venne presentata nel 2006 e rilancia la Nissan. Infatti dal 2004 ad oggi RENAULT-NISSAN sono diventati i primi produttori al mondo. FIAT-FCA NO ! Grazie a Marchionnne nonostante abbia copiato il suo piano industriale dal mio libro . Le auto Fiat dell'era CANTARELLA bruciavano le teste per raffredamento insufficente. Quella dell'era Marchionne hanno bruciato la Fiat. Il risultato del lavoro di MARCHIONNE e' la trasformazione del prodotto auto in prodotto finanziario, per cui le auto sono diventate tutte uguali e standardizzate. Ho trovato e trovo , NEI MIEI CONFRONTI, molta PREPOTENZA cattiveria ed incompetenza in FIAT. (19.12.18)

(   vedi :  https://1drv.ms/w/s!AlFGwCmLP76pg3LqWzaM8pmCWS9j ).

La differenza fra ROMITI MARCHIONNE e' che se uno la pensava diversamente da loro Romiti lo ascoltava, Marchionne lo cacciava anche se gli avesse detto che aumentando la pressione dei pneumatici si sarebbero ridotti i consumi.

FATTI NON PAROLE E FUMO BORSISTICO ! ALFA ROMEO 166 un successo nonostante i pochi mezzi utilizzati ma una richiesta mia precisa e condivisa da FIAT : GUIDA DIRETTA.  Che Marchionne non ha apprezzato come un attila che ha distrutto la storia automoblistica italiana su mandato di GIANLUIGI GABETTI (04.06.18).

Piero ANGELA : un disinformatore scientifico moderno in buona fede  su auto elettrica. auto killer ed inceneritore  (29.07.18)

Puoi anche prendere il potere ma se non lo sai gestire lo perdi come se non lo avessi mai avuto (01.08.18)

Ho provato la BMW i8 ed ho capito che la Ferrari e le sue concorrenti sono obsolete ! (20.08.18)

LA Philip Morris ha molti clienti e soci morti tra cui Marchionne che il 9 maggio scorso, aveva comprato un pacchetto di azioni per una spesa di 180mila dollari. Briciole, per uno dei manager più ricchi dell’industria automotive (ha un patrimonio stimato tra i 6-700 milioni di franchi svizzeri, cifra che lo fa rientrare tra i 300 elvetici più benestanti).E’ stato, però, anche l’ultimo “filing” depositato dal manager alla Sec, sul cui sito da sabato pomeriggio è impossible accedere al profilo del manager italo-canadese e a tutte le sue operazioni finanziarie rilevanti. Ed era anche un socio: 67mila azioni detenute per un investimento di 5,67 milioni di dollari (alla chiusura di Wall Street di venerdì 20 luglio 2018 ). E PROSSIMAMENTE  un'uomo Philip Morris uccidera' anche la FERRARI .   (20.08.18) (25.08.18)

verbali assemblee italiane azionisti EXOR :

https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76pg3Y3JmiDAW4z2DWx

verbali assemblee italiane azionisti FIAT :

https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76phApzYBZTNpkGlRkq

 

Prodi e' il peccato originale dell'economia italiana dal 1987 (regalo' l'ALFA ROMEO alla FIAT) ad oggi (25.08.18)

L'indipendenza della Magistratura e' un concetto teorico contraddetto dalle correnti anche politiche espresse nelle lottizzazioni delle associazioni magistrati che potrebbe influenzarne i comportamenti. (27.08.18)

Ho sempre vissuto solo con oppositori irresponsabili privi di osservazioni costruttive ed oggettive. (28.08.18)

Buono e cattivo fuori dalla scuola hanno un significato diverso e molto piu' grave perche' un uomo cattivo o buono possono fare il bene o il male con consaprvolezza che i bambini non hanno (20.10.18) 

Ma la TAV serve ai cittadini che la dovrebbero usare o a chi la costruisce con i nostri soldi ? PERCHE' ?

Un ruolo presidenziale divergente da quello di governo potrebbe porre le premesse per una Repubblica Presidenziale (11.11.2018)

La storia occorre vederla nella sua interezza la marcia dei 40.000 della Fiat come e' finita ? Con 40.000 licenziamenti e la Fiat in Olanda ! (19.11.18)

I SITAV dopo la marcia a Torino faranno quella su ROMA con costi doppi rispetto a quella francese sullo stesso percorso ? (09.12.18)

La storia politica di Fassino e' fatta dall'invito al voto positivo per la raduzione dei diritti dei lavoratori di Mirafiori. Si e' visto il risultato della lungimiranza di Fassino , (18.12.18)

Perche' sono investimenti usare risorse per spostare le pietre e rimetterle a posto per giustificare i salari e non lo sono il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni ? perche' gli 80 euro a chi lavora di Renzi vanno bene ed i 780 euro di Di Maio a chi non lavora ed e' in pensione non vanno bene ? (27.12.18)

Le auto si dividono in auto mozzarella che scadono ed auto vino che invecchiando aumentano di valore (28.12.18)

Fumare non e' un diritto ma un atto contro la propria salute ed i doveri verso la propria famiglia che dovrebbe avere come conseguenza la revoca dell'assistenza sanitaria nazionale ad personam (29.12.18)

Questo mondo e troppo cattivo per interessare altri esseri viventi (10.01.19)

Le ONG non hanno altro da fare che il taxi del mare in associazione per deliquere degli scafisti ? (11.02.19)

La giunta FASSINO era inutile, quella APPENDINO e' dannosa (12.07.19)

Quello che l'Appendino chiama freno a mano tirato e' la DEMOCRAZIA .(18.07.19)

La spesa pubblica finanzia le tangenti e quella sullo spazio le spese militari  (19.07.19)

AMAZON e FACEBOOK di fatto svolgono un controllo dei siti e forse delle persone per il Governo Americano ?

(09.08.19)

LA GRANDE MORIA DI STARTUP e causato dal mancato abbinamento con realta' solide (10.08.!9)

Il computer nella progettazione automobilistica ha tolto la personalizzazione ed innovazione. (17.08.19)

L' uomo deve gestire i computer non viceversa, per aumentare le sue potenzialita' non annullarle  (18.08.19)

LA FIAT a Torino ha fatto il babypaking a Mirafiori UNO DEI POSTI PIU' INQUINATI DI TORINO ! Non so se Jaky lo sappia , ma il suo isolamento non gli permette certo di saperlo ! (13.09.19)

Non potro' mai essere un buon politico perche' cerco di essere un passo avanti mentre il politico deve stare un passo indietro rispetto al presente. (04.10.19)

L'arretratezza produttiva dell'industria automobilistica e' dimostrata dal fatto che da anni non hanno mai risolto la reversibilità dei comandi di guida a dx.sx, che costa molto (09.10.19)

IL CSM tutela i Magistrati dalla legge o dai cittadini visti i casi di Edoardo AGNELLI  e Davide Rossi ? (10.10.19).

Le notizie false servono per fare sorgere il dubbio su quelle vere discreditandole (12.10.19)

L'illusione startup brucia liquidita' per progetti che hanno poco mercato. sottraendoli all'occupazione ed illude gli investitori di trovare delle scorciatoie al alto valore aggiunto (15.10.19)

Gli esseri umani soffrono spesso e volentieri della sindrome del camionista: ti senti piu' importante perche' sei in alto , ma prima o poi dovrai scendere e cedere il posto ad altri perche' nessun posto rimane libero (18.10.19)

Non e' logico che l'industria automobilistica invece di investire nelle propulsione ad emissione 0 lo faccia sulle auto a guida autonoma che brucia posti di lavoro. (22.10.19)

L'intelligenza artificiale non esiste perche' non e' creativa ma applicativa quindi rischia di essere uno strumento in mano ai dittatori, attraverso la massificazione pilotata delle idee, che da la sensazione di poter pensare ad una macchina al nostro posto per il bene nostro e per farci diventare deficienti come molti percorsi dei navigatori  (24.11.19)

Quando ci fanno domande per sapere la nostra opinione di consumatori ma sono interessati solo ai commenti positivi , fanno poco per migliorare (25.11.19)

La prova che la qualità della vita sta peggiorando e' che una volta la cessione del 5^ si faceva per evitare i pignoramenti , oggi lo si fa per vivere (27.11.19)

Per combattere l'evasione fiscale basta aumentare l'assistenza nella pre-compilazione e nel pagamento (29.11.19)

La famiglia e' come una barca che quando sbaglia rotta porta a sbattere tutti quanti (25.12.19)

Le tasse sull'inquinamento verranno scaricate sui consumatori , ma a chi governa e sa non importa (25.12.19)

Il calcio e l'oppio dei popoli (25.12.19)

La religione nasce come richiesta di aiuto da parte dei popoli , viene trasformata in un tentativo di strumento di controllo dei popoli (03.01.20)

L'auto a guida autonoma e' un diversivo per vendere auto vecchie ed inquinanoroti , ed il mercato l'ha capito (03.01.20)ttadini

Il vero potere della burocrazia e' quello di creare dei problemi ai cittadini anche se il cittadino paga i dipendente pubblico per risolvere dei problemi non per crearli.  Se per denunciare questi problemi vai fuori dal coro deve essere annientato. Per cui burocrazia=tangente (03.01.20)

Gli immigrati tengono fortemente alla loro etnina a cui non rinunciano , piu' saranno forti le etnie piu' queste  divideranno l'Italia sovrastando gli italiani imponendoci il modello africano . La mafia nigeriana e' solo un esempio. (05.01.20)

La sinistra e la lotta alla fame nel mondo sono chimere prima di tutto per chi ci deve credere come ragione di vita (07.01.20)

Credo di avere la risposta alla domanda cosa avrebbe fatto Eva se Adamo avesse detto di no a mangiare la mela ?  Si sarebbe arrabbiata. Anche oggi se non fai quello che vogliono le donne si mettono contro cercando di danneggiarti. (07.01.20)

Le sardine rappresenta l'evoluzione del buonismo Democristiano  e la sintesi fra Prodi e Renzi,  fuori fa ogni logica e senza una proposta concreta  (08.01.20)

Un cavallo di razza corre spontaneamente e nessuno puo' fermarlo. (09.01.20)

PD e M5S 2 stampelle non fanno neppure una gamba sana (22.01.20)

non riconoscere i propri errori significa sbagliare per sempre (12.04.20)

la vera ricchezza dei ricchi sono i figli dei poveri, una lotteria che pagano tutta la loro vita i figli ai genitori che credono di non avere nulla da perdere  ! (03.11.21)

GLI YESMEN SERVONO PER CONSENTIRE IL MANTENIMENTO E LO SVILUPPO E L'OCCULTAMENTO DEGLI INTERESSI OCCULTI DEL CAPITALISMO DISTRUTTIVO. (22.04.22)

DALL'INTOLLERANZA NASCE LA GUERRA (30.06.22)

L'ITALIA E' TERRA DI CONQUISTA PER LE BANDE INTERNE DEI PARTITI. (09.10.22)

La dimostrazione che non esista più il nazismo e' dimostrato dalla reazione europea contro Puntin che non ci fu subito contro Hitler (12.10.22)

Cara Meloni nulla giustifica una alleanza con la Mafia di Berlusconi (26.10.22)

I politici che non rappresentano nessuno a cosa servono ? (27.10.22)

Di chi sono Ambrosetti e Mckinsey ? Chi e' stato formato da loro ed ora e' al potere in ITALIA ?
Lo spunto e' la vicenda Macron . Quanti Macron ci sono in Italia ? E chi li controlla ? Mckinsey e' una P2 mondiale ?
Mb

Piero Angela ha valutato che lo sbarco sulla LUNA ancora oggi non e' gestibile in sicurezza ? (30.12.22)

Le leggi razziali = al Green Pass  (30.03.23)

Dopo 60 anni il danno del Vaiont dimostra il pericolo delle scelte scientifiche come il nucleare, giustificato solo dalle tangenti (10.10.23)

 

 

 

LA mia CONTROINFORMAZIONE ECONOMICA  e' CONTRO I GIOCHI DI POTERE,  perche' DIO ESISTE,  ANCHE SOLO per assurdo.

IL MONDO HA BISOGNO DI DIO MA NON LO SA, E' TALMENTE CATTIVO CHE IL BENE NON PUO' CHE ESISTERE FUORI DA QUESTO MONDO E DA QUESTA VITA !

PER QUESTO IL MIO MESTIERE E' CAMBIARE IL MONDO !

LA VIOLENZA DELLA DISOCCUPAZIONE CREA LA VIOLENZA DELLA RECESSIONE, con LICIO GELLI che potrebbe stare dietro a Berlusconi. 

IL GOVERNO DEGLI ANZIANI, com'e' LICIO GELLI,  IMPEDISCE IL CAMBIAMENTO perche' vetusto obsoleto e compromesso !

E' UN GIOCO AL MASSACRO dell'arroganza !

SE NON CI FOSSERO I SOLDATI NON CI SAREBBE LA GUERRA !

TU SEI UN SOLDATO ?

COMUNICAMI cio' pensi !

email

 

 

Riflessioni ....

Sopravvaluta sempre il tuo avversario , per poterlo vincere  .Mb  15.05.13

Torino 08.04.13

Il mio paese l'Italia non crede nella mia teoria economica del valore che definisce

1) ogni prodotto come composto da energia e lavoro:

Il costo dell'energia può tendere a 0 attraverso il fotovoltaico sui tetti. Per dare avvio la volano economico del fotovoltaico basta detassare per almeno 20 anni l'investimento, la produzione ed il consumo di energia fotovoltaica sui tetti.

2) liberalizzazione dei taxi collettivi al costo di 1 euro per corsa in modo tale da dare un lavoro a tutti quelli che hanno un 'auto da mantenere e non lo possono piu fare per mancanza di un lavoro; ed inoltre dare un servizio a tutti i cittadini.

3) tre sono gli obiettivi principali della politica : istruzione, sanita', cultura.

4) per la sanità occorre un centro acquisti nazionale  ed abolizione giorni pre-ricovero.

vedi PRESA DIRETTA 24.03.13

chi e' interessato mi scriva .

Suo. MARCO BAVA

 

I rapporti umani, sono tutti unici e temporanei:

  1. LA VITA E' : PREGHIERA, LAVORO E RISPARMIO.(02.02.10)
  2. Se non hai via di uscita, fermati..e dormici su. 
  3. E' PIU'  DIFFICILE  SAPER PERDERE CHE VINCERE ....
  4. Ciascun uomo vale in funzione delle proprie idee... e degli stimoli che trova dentro di se...
  5. Vorrei ricordare gli uomini piu' per quello che hanno fatto che per quello che avrebbero potuto fare !
  6. LA VERA UMILTA' NON SI DICHIARA  MA SI DIMOSTRA, AD ESEMPIO CONTINUANDO A STUDIARE....ANCHE SE PURTROPPO L'UNIVERSITÀ' E' FINE A SE STESSA.
  7. PIU' I MEZZI SONO POVERI X RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO, PIU' E' CAPACE CHI LO RAGGIUNGE.
  8. L'UNICO LIMITE AL PEGGIO E' LA MORTE.
  9. MEGLIO NON ILLUDERE CHE DELUDERE.
  10. L'ITALIA , PER COLPA DI BERLUSCONI STA DIVENTANDO IL PAESE DEI BALOCCHI.
  11. IL PIL CRESCE SE SI RIFA' 3 VOLTE LO STESSO TAPPETINO D'ASFALTO, MA DI FATTO SIAMO TUTTI PIU' POVERI ALMENO 2 VOLTE.
  12. LA COSTITUZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO E QUELLA ITALIANA GARANTISCONO GIA' LA LIBERTA',  QUANDO TI DICONO L'OVVIETÀ'  CHE SEI LIBERO DI SCEGLIERE  E' PERCHE' TI VOGLIONO IMPORRE LE LORO IDEE. (RIFLESSIONE DEL 10.05.09 ALLA LETTERA DEL CARDINALE POLETTO FATTA LEGGERE NELLE CHIESE)
  13. la vita eterna non puo' che esistere in quanto quella terrena non e' che un continuo superamento di prove finalizzate alla morte per la vita eterna.
  14. SOLO ALLA FINE SI SA DOVE PORTA VERAMENTE UNA STRADA.
  15. QUANDO NON SI HANNO ARGOMENTI CONCRETI SI PASSA AI LUOGHI COMUNI.
  16. L'UOMO LA NOTTE CERCA DIO PER AVERE LA SERENITA' NOTTURNA (22.11.09)
  17. IL PRESENTE E' FIGLIO DEL PASSATO E GENERA IL FUTURO.(24.12.09)
  18. L'ESERCIZIO DEL POTERE E' PER DEFINIZIONE ANDARE CONTRO NATURA (07.01.10)
  19. L’AUTO ELETTRICA FA SOLO PERDERE TEMPO E DENARO PER ARRIVARE ALL’AUTO AD IDROGENO (12.02.10)
  20. BERLUSCONI FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI (17.03.10)
  21. GESU' COME FU' TRADITO DA GIUDA , OGGI LO E' DAI TUTTI I PEDOFILI (12.04.10)
  22. IL DISASTRO DELLA PIATTAFORMA PETROLIFERA USA COSA AVREBBE PROVOCATO SE FOSSE STATA UNA CENTRALE ATOMICA ? (10.05.10)
  23. Quante testate nucleari da smantellare dovranno essere saranno utilizzate per l'uranio delle future centrali nucleari italiane ?
  24. I POTERI FORTI DELLE LAUREE HONORIS CAUSA SONO FORTI  PER CHI LI RICONOSCE COME TALI. SE NON LI SI RICONOSCE COME FORTI SAREBBERO INESISTENTI.(15.05.10)

  25. L'ostensione della Sacra Sindone non puo' essere ne' temporanea in quanto la presenza di Gesu' non lo e' , ne' riservata per i ricchi in quanto "e' piu' facile che in cammello passi per la cruna di un ago ..."

  26. sapere x capire (15.10.11)

  27. la patrimoniale e' una 3^ tassazione (redditi, iva, patrimoniale) (16.10.11)

  28. SE LE FORZE DELL'ORDINE INTERVENISSERO DI PIU'PER CAUSE APPARENTEMENTE BANALI CI SAREBBE MENO CONTENZIOSO: CHIAMATO IL 117  PER UN PROBLEMA BANALE MI HA RISPOSTO : GLI FACCIA CAUSA ! (02.04.17)

  29. GRAN PARTE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI SONO TRA LE MENTI PIU' FRAGILI ED ARROGANTI , NON ACCETTANO IL CONFRONTO E SI SENTONO SPIAZZATI DIVENTANO ISTERICI ( DOPO INCONTRO CON MARIO DEAGLIO E PIETRO TERNA) (28.02.17)

  30. Spesso chi compera auto FIAT lo fa solo per gratificarsi con un'auto nuova, e basta (04.11.16)

  31. Gli immigrati per protesta nei centri di assistenza li bruciano e noi dobbiamo ricostruirglieli  affinché  li redistruggono? (18.10.20)

  32. Abbiamo più rispetto per le cose che per le persone .29.08.21

  33. Le ragioni  per cui Caino ha ucciso Abele permangono nei conflitti umani come le guerre(24.11.2022)

  34. Quelli che vogliono l'intelligenza artificiale sanno che e' quella delle risposte autmatiche telefoniche? (24.11.22)

L'obiettivo di questo sito e una critica costruttiva  PER migliorare IL Mondo .

  1. PACE NEL MONDO
  2. BENESSERE SOCIALE
  3. COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI.
  4. LA DEMOCRAZIA AZIENDALE

 

L'ASSURDITÀ' DI QUESTO MONDO , E' LA PROVA CHE LA NOSTRA VITA E' TEMPORANEA , OLTRE ALLA TESTIMONIANZA DI GESU'. 15.06.09

 

DIO CON I PESI CI DA ANCHE LA FORZA PER SOPPORTALI, ANCHE SE QUALCUNO VORREBBE FARMI FARE LA FINE DI GIOVANNI IL BATTISTA (24.06.09)

 

IL BAVAGLIO della Fiat nei miei confronti:

 

IN DATA ODIERNA HO RICEVUTO: Nell'interesse di Fiat spa e delle Societa' del gruppo, vengo informato che l'avv.Anfora sta monitorando con attenzione questo sito. Secondo lo stesso sono contenuti in esso cotenuti offensivi e diffamatori verso Fiat ed i suoi amministratori. Fatte salve iniziative autonome anche davanti all'Autorita' giudiziaria, vengo diffidato dal proseguire in tale attivita' illegale"
Ho aderito alla richiesta dell'avv.Anfora, veicolata dal mio hosting, ricordando ad entrambi le mie tutele costituzionali ex art.21 della Costituzione, per tutelare le quali mi riservo iniziative esclusive dinnanzi alla Autorita' giudiziaria COMPETENTE.
Marco BAVA 10.06.09

 

TEMI SUL TAVOLO IN QUESTO MOMENTO:

 

IL TRIBUNALE DI  TORINO E LA CONSOB NON MI GARANTISCONO LA TUTELA DEL'ART.47 DELLA COSTITUZIONE

Oggi si e' tenuta l'assemblea degli azionisti Seat tante bugie dagli amministratori, i revisori ed il collegio sindacale, tanto per la Consob ed il Tribunale di Torino i miei diritti come azionista di minoranza non sono da salvaguardare e la digos mi puo' impedire il voto come e quando vuole, basta leggere la sentenza SENT.FIAT Mb

 

08.03.16

 

TEMI STORICI :

 

VIDEO DELLA TRASMISSIONE TV
Storie italiane
Puntata del 19/11/2019

SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI

https://www.raiplay.it/video/2019/11/storie-italiane-504278c4-8e8c-4b79-becc-87d5c7a67be6.html

 

10° Convegno
 
La grafopatologia in ambito giudiziario
L’applicazione della grafologia in criminologia, nelle malattie neurologiche e psichiatriche nel contesto giudiziario
 
Roma, 7 Dicembre 2019
 
Auditorium Facoltà Teologica “S. Bonaventura”
Via del Serafico 1 - Roma

 
alle ore 17,50
 
Vincenzo Tarantino
Gino Saladini
 
Elio Carlos Tarantino Mendoza Garofani
Grafologo giudiziario, esperto in fotografia forenseGiornalista, Criminologo
 
Il “suicidio” di Edoardo Agnelli: aspetti medico-legali criminologici e grafopatologici.

 

Edoardo Agnelli è stato ucciso?" - Guarda il video

I VIDEO DELLE PRESENTAZIONI GIA' FATTE LI TROVI SOTTO

LA PARTE DEDICATA AD EDOARDO AGNELLI SU QUESTO SITO

 PERCHE' TORINO HA PAURA DI CONOSCERE LA VERITA' SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI ?

Il prof.Mario DE AGLIO alcuni anni fa scrisse un articolo citando il "suicidio" di EDOARDO AGNELLI.  Gli feci presente che dai documenti ufficiali in mio possesso il suicidio sarebbe stato incredibile offrendogli di esaminare tali documenti. Quando le feci lui disconobbe in un modo nervoso ed ingiustificato : era l'intero fascicolo delle indagini.

A Torino molti hanno avuto la stessa reazione senza aver visto ciò che ha visto Mario DE AGLIO ma gli altri non parlano del "suicidio" di Edoardo AGNELLI ma semplicemente della suo morte.

Mb

02.04.17

 

 

grazie a Dio , non certo a Jaky,  continua la ricerca della verità sull'omicidio di Edoardo Agnelli , iniziata con i libri di Puppo e Bernardini, il servizio de LA 7, e gli articoli di Visto,  ora il Corriere e Rai 2 , infine OGGI  , continuano un percorso che con l'aiuto di Dio portera' prima di quanti molti pensino alla verita'. Mb -01.10.10

 

LIBRI SULL’OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI

www.detsortelam.dk

www.facebook.com/people/Magnus-Erik-Scherman/716268208

 

ANTONIO PARISI -I MISTERI DEGLI AGNELLI - EDIT-ALIBERTI-

 

CRONACA | giovedì 10 novembre 2011, 18:00

Continua la saga della famiglia ne "I misteri di Casa Agnelli".

Il giornalista Antonio Parisi, esce con l'ultimo pamphlet sulla famiglia più importante d'Italia, proponendo una serie di curiosità ed informazioni inedite

 Per dieci anni è stato lasciato credere che su Edoardo Agnelli, precipitato da un cavalcavia di ottanta metri, a Fossano, sull'Autostrada Torino - Savona, fosse stata svolta una regolare autopsia.

Anonime “fonti investigative” tentarono in più occasioni di screditare il giornalista Antonio Parisi che raccontava un’altra versione. Eppure non era vero, perché nessuna autopsia fu mai fatta.

Ora  Parisi, nostro collaboratore, tenta di ricostruire ciò che accadde quel giorno in un’inchiesta tagliente e inquietante, pubblicando nel libro “I Misteri di Casa Agnelli”, per la prima volta documenti ufficiali, verbali e rapporti, ma anche raccogliendo testimonianze preziose e che Panorama di questa settimana presenta.

Perché la verità è che sulla morte, ma anche sulla vita, dell’uomo destinato a ereditare il più grande capitale industriale italiano, si intrecciano ancora tanti misteri. Non gli unici però che riguardano la famiglia Agnelli.

Passando dalla fondazione della Fiat, all’acquisizione del quotidiano “La Stampa”, dalla scomparsa precoce dei rampolli al suicidio in una clinica psichiatrica di Giorgio Agnelli (fratello minore dell’Avvocato), dallo scandalo di Lapo Elkann, fino alla lite giudiziaria tra gli eredi, Antonio Parisi sviscera i retroscena di una dinastia che, nel bene o nel male, ha dominato la scena del Novecento italiano assai più di politici e governanti.

Il volume edito per "I Tipi", di Aliberti Editore, presenta sia nel testo che nelle vastissime note, una miniera di gustose e di introvabili notizie sulla dinastia industriale più importante d’Italia.

 

 

Mondo AGNELLI :

Cari amici,

Grazie mille per vostro aiuto con la stesura di mio libro. Sono contenta che questa storia di Fiat e Chrysler ha visto luce. Il libro e’ uscito la settimana scorsa, in inglese. Intanto e’ disponibile a Milano nella librerie Hoepli e EGEA; sto lavorando con la distribuzione per farlo andare in piu’ librerie possibile. E sto ancora cercando la casa editrice in Italia. Intanto vi invio dei link, spero per la gioia in particolare dei torinesi (dov’e’ stato girato il video in You Tube. )

http://www.youtube.com/watch?v=QLnbFthE5l0

Thanks again,

Jennifer

Un libro che riporta palesi falsita' sulla morte di Edoardo Agnelli come quella su una foto inesistente con Edoardo su un ponte fatta da non si sa chi recapitata da ignoto ad ignoti. Se fosse esistita sarebbe stata nel fascicolo dell'inchiesta. Intanto anche grazie a queste falsita' il prezzo del libro passa da 15 a 19 euro! www.marcobava.it

 

17.12.23

Il Sole 24 Ore:
 

La Giovanni Agnelli Bv ha deciso di rivedere anche il sistema di governance. Le nuove disposizioni, […] identificano tre interlocutori chiave tra gli azionisti: il Gruppo Giovanni Agnelli, il Gruppo Agnelli e il Gruppo Nasi. Si tratta di tre blocchi che raggruppano a loro volta gli undici rami famigliari storici. Il primo quello della Giovanni Agnelli coincide con la Dicembre e dunque pesa per il 40%. Segue il gruppo Agnelli con il 30% e il gruppo Nasi a cui fa capo il 20%. I componenti del cda della GA BV sono espressione proprio di questi tre “macro” gruppi famigliari della dinastia torinese.
Ognuno di loro esprime due rappresentanti nel board della Giovanni Agnelli Bv e uno nel board di Exor. Oggi il Gruppo Giovanni Agnelli ha indicato nel board della società olandese Andrea Agnelli e Alexander Von Fürstenberg. E questo nonostante Andrea Agnelli, che nel frattempo vive stabilmente ad Amsterdam, di fatto faccia parte di un altro blocco, quello del Gruppo Agnelli.
Per quest’ultimo i due membri del board sono Benedetto della Chiesa e Filippo Scognamiglio. Infine, per il gruppo Nasi Luca Ferrero Ventimiglia e Niccolò Camerana. I consiglieri del Cda della Bv sono nominati ogni 3 anni e decadono automaticamente al compimento di 75 anni. Ogni gruppo inoltre esprime un proprio rappresentante nel Cda di Exor che oggi sono Ginevra Elkann (Gruppo Giovanni Agnelli), Tiberto Ruy Brandolini D’Adda (Gruppo Agnelli) e Alessandro Nasi (Gruppo Nasi). Accanto al cda dell Bv resta in vita il Consiglio di famiglia, organo non deliberativo ma consultivo e formato da 32 membri.


Questa la nuova struttura societaria della
Giovanni Agnelli Bv per quote di possesso.

Dicembre (John Elkann , Lapo e Ginevra): 39,7%

Ramo Maria Sole Agnelli: 11,2%

Ramo Agnelli (Andrea Agnelli e Anna Agnelli): 8,9%

Ramo Giovanni Nasi: 8,7%

Ramo Laura Nasi-Camerana: 6%

Ramo Cristiana Agnelli: 5,05%

Ramo Susanna Agnelli: 4,7%

Ramo Clara Nasi-Ferrero di Ventimiglia: 3,4%

Ramo Emanuele Nasi: 2,5%

Ramo Clara Agnelli: 0,28%

Azioni proprie: 8,2%

 

Dovranno andare avanti le indagini della Procura di Milano con al centro il tesoro di Giovanni Agnelli, 13 opere d'arte che arredavano Villa
Frescot e Villar Perosa a Torino e una residenza di famiglia a Roma, sparite anni fa e ora reclamate dalla figlia Margherita unica erede dopo
la morte della madre e moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di Castagneto, la quale aveva l'usufrutto dei beni.
Mentre riprenderà a Torino la battaglià giudiziaria sull' eredità lasciata dall'Avvocato, il gip milanese Lidia Castellucci, accogliendo in parte
i suggerimenti messi nero su bianco da Margherita nell'opposizione alla richiesta di archiviazione dell'inchiesta, ha indicato al pm Cristian
Barilli e al procuratore aggiunto Eugenio Fusco di raccogliere le testimonianze di Paola Montalto e Tiziana Russi, entrambe persone di
fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate degli inventari dei beni ereditati, e di consultare tutte le banche dati «competenti»
comprese quelle del Ministero della Cultura e la piattaforma S.U.E.
(Sistema Uffici Esportazione).
Secondo il giudice, che invece ha archiviato la posizione di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore indagati per ricettazione in base
alla deposizione di un investigatore privato a cui non sono stati trovati riscontri (secondo lo 007 avrebbero custodito in un caveau a Chiasso il
patrimonio artistico), gli ulteriori accertamenti potrebbero essere utili per identificare chi avrebbe fatto sparire la collezione composta da
quadri di Monet, Picasso, Balla, De Chirico, Balthus, Gérome, Sargent, Indiana e Mathieu.
Collezione di cui Margherita ha denunciato a più riprese la scomparsa, gettando ombre anche sui tre figli del primo matrimonio: John, Lapo e
Ginevra Elkann, e in particolare sul primogenito.
I quali «della sorte o delle ubicazioni di tali opere», hanno saputo «riferire alcunché».
E poiché ora lo scopo è recuperarle dopo che, per via dei vari traslochi, si sono volatilizzate, «appare utile procedere all'escussione» delle due
donne che «si sono occupate degli inventari degli immobili» e che, quindi, «potrebbero essere a conoscenza di informazioni rilevanti» in
merito agli spostamenti dei quadri e alla «eventuale presenza di inventari cartacei da esse redatti».
E poi per «verificare le movimentazioni di tali opere, appare opportuno» compiere accertamenti sulle banche dati comprese quelle del
ministero.
Infine, per effetto di un provvedimento della Cassazione, torna ad essere discusso in Tribunale a Torino il procedimento penale, promosso da
Margherita nei confronti dei figli John, Lapo e Ginevra Elkann per una questione legata all'; eredità di suo padre.
Il processo era stato sospeso in attesa dell'esito di due cause in Svizzera, ma ieri la Suprema Corte ha respinto il ricorso degli Elkann, come
hanno fatto sapere fonti legali vicine alla loro madre, e ha stabilito essere «pienamente sussistente la giurisdizione italiana», annullando l'ordinanza torinese.
«Nella verifica che tali giudici saranno chiamati ad effettuare - sottolineano gli avvocati - si dovrà tener conto anche della residenza abituale
di Marella Caracciolo», che a loro dire era in Italia, «e della opponibilità dell'accordo transattivo del 2004 nella successione Agnelli, con
possibili rilevanti ripercussioni sugli assetti proprietari della Dicembre», la società che fa capo agli eredi.

 

 

Fiat Nuova 500 Cabrio
Briosa e chic en plein air

Piacevole da guidare, la Fiat Nuova 500 Cabrio è una citycar elettrica dallo stile elegante e ricercato. Comoda solo davanti, ha una discreta autonomia e molti aiuti alla guida. Ma dietro si vede poco o nulla.

Quando lo dicevo io a Marchionne lui mi sfotteva dicendo che ci avrebbe fatto un buco. Ecco come ha distrutto l'industria automobilistica italiana grazie al potentissimo Fassino, grazie ai suoi elettori da 40 anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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borse o sui mercati finanziari. Le nozioni e le opinioni qui
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www.taxjustice.net ; www.fanpage.it

www.ecobiocontrol.bio

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http://smarthyworld.com/renault.html

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http://it.wikipedia.org/wiki/PSA_ES_e_Renault_L7X

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www.foia.it x la trasparenza

http://www.lingottoierieoggi.com la storia del lingotto

www.ipetitions.com PETIZIONI

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http://www.comune.torino.it/ambiente/bm~doc/report-siti-procedimenti-di-bonifica_informambiente.pdf AREE EX SITI INDUSTRIALI TORINESI DA BONIFICARE

 

 

 

 

 

ULTIMO AGGIORNAMENTO 09/01/2025 01.22.56

 

 

 

 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,47-54

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: "Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno", perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l'avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca

 

 

PUTIN ENTRA DEFINITIVAMENTE ALL'INFERNO E    Alexei Navalny IN PARADISO 

In linea con l'omicidio di Gesu' Israele continua ad uccidere e dal patto con DIO e' passata a quello con satana.

PROPOSTA AI PARTITI DI COSTITUIRE IL FRONTE ANTIFASCISTA GIACOMO MATTEOTTI PER LA TRIOLOGIA DELLA PACE:

  1. PACE NEL MONDO
  2. BENESSERE SOCIALE
  3. COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI

 

 

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LA VERITA' SULLA FIAT E LA FAMIGLIA AGNELLI,  PERCHÉ QUELLA CHE FINORA E' STATA PRESENTATA NON E' LA VERITA':

  1. GABETTI, GRANDE STEVENS, DONNA MARELLA, MARCHIONNE E JAKY HANNO SFASCIATO TUTTO.

  2. L'AVVOCATO ED UMBERTO NON HANNO CAPITO I DANNI CHE POTEVANO CAUSARE ED HANNO CAUSATO GABETTI GRANDE STEVENS E DONNA MARELLA.

  3. GABETTI CON MARCHIONNE e DONNA MARELLA CON JAKY hanno danneggiato  la FIAT.

  4. GIANNI AGNELLI FREQUENTAVA BOBBIO , YAKY ELON MUSK.

  5. CARO YAKY GESU' AVEVA AUTOREVOLEZZA NON AUTORITA' ed il fatto che citi piu' spesso Marchionne che tuo nonno dimostra quanto poco avevate in comune.

 

LE LETTERE DI EDOARDO AGNELLI

- messa commemorazione 15.11.25 Chiesa S.MARIA GORETTI TORINO V COSSA ang V.ACTIS

BOSSI PRODI DE BENEDETI GIANNI AGNELLI SCALFARI 1 SCALFARI 2 PANELLA GIANNI AGNELLI 2

ORIGINALI CUSTODITI DALLA BIBLIOTECA DI SETTIMO TORINESE  LETTERA SETT.T

SE VUOI AVERE UNA COPIA  DELLE LETTERE DI EDOARDO AGNELLI  :

 https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76pgSdXDIwzmDgGSLkE

 

COMODATO EA COMODATO D'USO DI VILLA SOLE DOVE VIVEVA EDOARDO AGNELLI

DOCUMENTi SULLA DICEMBRE SOCIETA' SEMPLICE CHE CONTROLLA JUVE, FERRARI, STELLANTIS

 

DICEMBRE 2021

DICEMBRE 1984

 

RINVIO GIUDIZIO TRIBUNALE ROMA DI ANDREA AGNELLI 2024

RINVIO AA 24

 

 

il mio libro sui Piani INDUSTRIALI  FIAT.  OLIVETTI, PININFARINA, BUZZI...

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LA MIA TESI DI LAUREA IN GIURISPRUDENZA SUL PROCESSO AL SENATORE AGNELLI  PER AGIOTAGGIO

CON SENTENZA NEL 1912

TESI SEN AGNELLI

VEDETE  COME LAVORA UIBM   CHE MI HA BLOCCATO OGNI ATTIVITA' MENTRE CON EUIPO RIESCO A LA LAVORARE NORMALMENTE  

CACAO&MIELE\7228-REG-1547819845775-rapp di ricerca.pdf

 

Presentazione del libro “JUVENTUS SEGRETA”, autore Gigi MONCALVO

Martedì 5 marzo, alle ore 18, nella Sala Musica del Circolo dei Lettori di Torino

VIDEO:

https://youtu.be/jfPFSm35_W0

ALTRI VIDEO SULL'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI :

 

https://www.byoblu.com/2023/12/10/piazza-liberta-di-armando-manocchia-puntata-87/

https://youtu.be/_DJONMxixO8?si=rKoapPc2-8JtHha8

https://youtu.be/B05tTBK-w0E?si=O5XxvZFIr61tYU7w

https://www.youtube.com/watch?v=t0OrCSg1IZc

https://www.youtube.com/watch?v=Mhi-IY_dfr4

 

 

 

TO.10.07.24

 

Intervento fatto al Collegio Carlo Alberto di Torino sulla censura assembleare dell’art.11 del Decreto Capitali

  • E’ sempre positiva una analisi storica democratica.
  • Qui in p.za Arbarello a TORINO c'era la Facolta' di Economia ed ho imparato l’ economia industriale  dal prof Goss Pietro.
  • Che dai 25 anni ho potuto applicare concretamente direttamente con Gianni Agnelli.
  • L’invidia dei docenti di Economia di TORINO per questa mia esperienza  formativa , mi e’ costata 16 anni di blocco per la laurea in Economia a Torino , ottenuta poi in 16 mesi a Novara, a cui e’ seguita una 2^ laurea in giurisprudenza a Torino per riabilitarmi con il prof.Dezzani di Economia e Commercio a Torino. Altri 20 anni mi blocca Economia e Commercio di Torino per l'esame da dottore Commercialista  che poi supero a Roma.
  • A 30 anni proposi a Gianni Agnelli  superFIAT, LA FUSIONE IFI FIAT , che mi chiese di portare a Cuccia, e che Gabetti e Galateri , con cui collaboravo, ed a cui chiesi un aiuto, mi bloccarono.
  • Umberto Agnelli attraverso Boschetti mi propose di rifare la Stilo, ma Morchio si oppose .
  • Muoiono Edoardo Agnelli  Gianni Agnelli  e Umberto Agnelli ,  Gabetti ,attraverso donna Marella e Yaky sceglie Marchionne  che privo di conoscenze automobilistiche, ha lasciato a  Yaky la sola scelta di VENDERE la Fiat che sta progressivamente riducendo la produzione negli stabilimenti italiani.
  • A cui Cirio Urso e Pichetto rispondono rifiutando l’esame del mio PROGETTO H2 PER AUTOTRAZIONE. Lo trovate sul mio sito www.marcobava.it. Mentre DENORA ne REALIZZA uno suo IN LOMBARDIA programmando il più importante stabilimento europeo di elettrolizzatori per produrre H2 , affiancata da  SNAM dopo che se ne parlato nell’assemblea aperta di Snam 1 mese fa, in cui viene convita del futuro della produzione dell’H2 con elettrolizzatori che fara’ appunto con Denora in Lombardia. Ed io prevedo che seguira’ la produzione  delle auto ad H2 in Lombadia invece che in Piemonte , che forse saranno finanziate da Unicredito e S.PAOLO. Queste sono visioni strategiche.
  • Tutto cio’ mentre a Torino ed in Italia il presidente del S.PAOLO ispirando l’art.11 fascista del Decreto capitali, censura, in Italia, unica nel mondo, la democrazia nelle assemblee, pero’ non applicata da Snam che forse non e’ un importante cliente di S.PAOLO.
  • Prof Goss Pietro E’ COSCIENTE dei danni che questa sua censura democratica sta provocando e provocherà rispetto alla storia del paese che avete illustrato ?
  • Perche’ lo sta facendo viste le conseguenze di impoverimento regionale e nazionale ?
  • Qual’e’ il fine ?  il POTERE FINE A SE STESSO come mi risposte anni fa Grande Stevens ?
  • La stessa decadenza si manifesta anche attraverso le assemblee Juventus in cui, anche se non sono state mai chiuse ,  sono stato aggredito 2 volte dallo staff. Tutto cio’ non puo’ che portare alla vendita della Juve come e’ successo per Fiat portando sempre piu’ il Piemonte verso la deriva democratica ed economica.
  • Senza democrazia in economia non ci può essere sviluppo. Siete d’accordo ?                                      

Per confermare quale fosse il grado di conoscenza che avevo con GA che mi ha insegnato dare il 5 posso aggiungere che :

  1. soffriva di insonnia per cui leggeva ed alle 12 aveva sonnolenza
  2. amava la boxe
  3. quando aveva una influenza si curava con la penicellina

Sul prof.GP posso invece ricordare:

  1. che ho concordato l'appoggio alla sua prima nomina a presidente di Intesa S.PAOLO con il prof.Bazoli in cambio di una sua presidenza onoraria con partecipazione alle decisioni strategiche;
  2. che gli ho proposto una fusione di Unicredito in Intesa S.Paolo
  3. IL GIUDIZIO SPREZZANTE DEL PROF.GROSS PIETRO:

  GP2

                                                                                                    Mb

 

 

 

08.01.25
  1. COSÌ LA GRANDE SPECULAZIONE DEI FONDI SPECIALIZZATI SULL’ENERGIA HA RADDOPPIATO I PREZZI DEL METANO

    Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”

    Ieri il prezzo del gas in Europa, misurato alla cosiddetta Title Transfer Facility (Ttf) di Amsterdam, è sceso rapidamente: meno 4,89% in un giorno a 47,2 euro a megawattora, la quotazione più bassa dell’ultima decina di giorni. Ma quel valore fissato all’Intercontinental Exchange (l’Ice) in Olanda resta il doppio rispetto a undici mesi fa e quasi un quarto sopra ai livelli di metà dicembre.



    L’interruzione del flusso di metano dalla Russia attraverso l’Ucraina è la ragione apparente; i movimenti degli hedge fund e altri fondi d’investimento sul quel mercato invece è quella reale.
    Un’analisi del Ttf mostra che, almeno negli ultimi dodici mesi, il prezzo del gas ha seguito le mosse di una specifica categoria di partecipanti all’Ice: un gruppo di 380 fra hedge fund e altri fondi d’investimento. Sembrano essere stati loro a determinare le quotazioni con le loro scelte, non di rado puramente speculative. Il prezzo del gas alla Ttf è infatti salito nell’ultimo anno con il crescere dei volumi delle posizioni rialziste assunte dai fondi attraverso i futures, cioè attraverso contratti derivati a scadenza fra un mese o su altri periodi per lo più brevi.
    I dati dell’Ice dicono che in gennaio e febbraio scorsi le posizioni nette sulla Ttf dei fondi erano ribassiste in misura crescente. E il prezzo del gas infatti è sceso, da 29 a circa 23 euro a megawattora. Da marzo alla fine di giugno però i volumi su posizioni rialziste nette — cioè sul saldo fra «long» e «short» — sono saliti sempre di più, fino a scommesse al rialzo dei prezzi per volumi di forniture da 149 milioni di megawattora. Con quelle, il prezzo del gas alla Tff è salito in parallelo a 34 euro a megawattora.



    Di solito un investitore speculativo compra un contratto a scadenza con consegna del prodotto - per esempio - fra un mese o fra tre mesi a un prezzo superiore a quello del momento, se pensa che quel prezzo salirà. Che troverà dunque qualcuno disposto a comprare a quel prezzo. Ma il fatto stesso di rastrellare futures con prezzi più alti ne alimenta la domanda, altera la percezione del prezzo «giusto» e finisce per trascinare al rialzo le quotazioni.
    È ciò che accaduto da giugno in poi. Da quel momento, i fondi all’Ice di Amsterdam hanno continuato ad ammassare posizioni rialziste. A fine novembre erano raddoppiate, come volumi, rispetto ai livelli di cinque mesi prima. E il prezzo del gas Ttf aveva seguito fedelmente le loro mosse, salendo fino quasi a 50 euro a megawattora. […]



    Certo ad alimentare quelle posizioni rialziste dei fondi sono stati due fattori: prima l’attesa dell’interruzione a fine anno dei flussi dalla Russia, pari al 5% delle forniture via gasdotto all’Europa; poi le previsioni meteo di un inverno freddo. Così i prezzi sono saliti anche se in realtà l’offerta di gas è sempre rimasta abbondante.



    Il paradosso è che gran parte dei prezzi su volumi immensi di gas fisico in Europa sono trainati dalle quotazioni della Ttf, cioè dalle scelte di pochi hedge fund su piccoli volumi virtuali espressi in contratti futures. Così il mercato reale funziona malamente. Ma quello finanziario all’Ice funziona così bene, per gli hedge fund, che il loro numero quali investitori sulla Ttf è raddoppiato negli ultimi due anni da 186 a 380.



    2 - ALLARME GAS, NEGLI USA SALE DEL 10%

    Estratto dell’articolo di Fausta Chiesa per il “Corriere della Sera”
    […] nel frattempo si apre un altro fronte: negli Stati Uniti, diventati il primo fornitore di gas naturale liquefatto dell’Europa assieme al Qatar, il prezzo del gas ieri è balzato fino a un massimo del + 10,7% in un solo giorno. Sul mercato Henry hub ha toccato i 3,71 dollari per million British thermal units, tre mesi fa scambiava sotto 2,5 dollari.



    Un rialzo stabile delle quotazioni americane causerebbe rincari anche nella Ue, che già paga il Gnl più del metano via gasdotto. Ieri il presidente Joe Biden, il cui mandato scade tra due settimane, ha vietato nuove trivellazioni offshore di petrolio e gas nella maggior parte delle acque costiere, uno sforzo dell’ultima ora per bloccare un’eventuale azione dell’amministrazione Trump volta a espandere le esplorazioni.
    Ma è stato soprattutto il freddo intenso a far schizzare il prezzo negli Usa. Freddo a cui si guarda anche in Europa per la tenuta del livello degli stoccaggi. Per far scendere le quotazioni, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha proposto di mettere un tetto al prezzo.



    «La stampa internazionale finora non ha dato seguito alla proposta italiana — commenta Simona Benedettini, economista dell’energia — e per vedere quali sono le opinioni dei partner Ue il primo Consiglio europeo dell’energia sarà il 17 marzo. Ma introdurre un tetto sarebbe rischioso in un momento in cui dobbiamo sostituire il gas russo e c’è una ripresa della domanda asiatica, soprattutto da parte della Cina. Il tetto renderebbe il mercato europeo meno attrattivo».

    Sul consenso nella Ue, poi, ci sarebbe da mettere in conto una prevedibile opposizione dei Paesi Bassi, grandi produttori ed esportatori di metano, e probabilmente anche della Francia, che esporta energia elettrica da fonte nucleare facendola pagare più delle tariffe che applica internamente. L’Italia l’anno scorso ha importato 52 Terawattora di energia su poco più di 300 Thw di consumi annuali nazionali (dati Terna).



    Ma anche se il gas non dovesse salire più e si stabilizzasse attorno a 48-50 euro al megawattora si tratterebbe comunque di livelli più alti di un anno fa e con aumenti del 20% nelle ultime tre settimane. Rincaro che — riporta un’analisi del centro studi di Unimpresa — rischia di costare caro alle piccole e medie imprese italiane. Il consumo delle Pmi è di circa 10 miliardi di metri cubi annui su 61 miliardi complessivi in Italia. L’aumento di 15 euro comporterebbe un aggravio di 1,575 miliardi. […
  2. Nel palazzo milanese dove è registrata la filiale del gruppo Usa: "Mai sentita nominare"
    Clienti in Italia e fatture in Irlanda "La sede? Qui nessuno ne sa niente"
    francesco moscatelli
    gianluca paolucci
    milano
    Nessuna insegna. Nessun logo. Nessuna cassetta postale. «Starlink Italy Srl? Mai sentita. Sicuri che abbia sede qui?». Il portiere di "Abruzzi 94" - grattacielo formato mignon affacciato all'angolo fra la circonvallazione e piazzale Loreto nel quale hanno sede gruppi multinazionali, brand come Shiseido e Wella - di Elon Musk e della sua azienda di comunicazioni satellitari non ha mai sentito parlare. «Se ci fossero dei dipendenti lo saprei, qui conosco tutti», aggiunge consultando un librone zeppo di sigle e nomi di società. Starlink non compare né nell'elenco delle aziende di cui accettare la posta, né in quello delle aziende la cui corrispondenza è invece da respingere. Probabilmente ex inquilini. «Niente, nessuno ne sa niente» conferma il custode dopo aver fatto un paio di telefonate. «Forse si tratta di una società che qui ha solo il domicilio. Però non è nemmeno delle più grosse, perché quelle anche solo per sentito dire me le ricordo».
    Eppure, la filiale italiana del colosso Musk, quella che starebbe trattando un contratto da 1,5 miliardi per cinque anni con il governo, ha sede proprio in questo palazzo milanese.
    Starlink Italia ha anche un account X. Attivato nel 2020, è stato abbandonato pochi mesi dopo. Salvo riattivarsi nell'estate del 2021 per un singolo post che recita così: «P am. P@Laogauzill.pv m p. L'ho p in mn.M l po. m. Nel». Poi più nulla.
    Per trovare l'unica esile traccia italiana di Starlink, bisogna contattare gli uffici della Bdo Italia Spa, un network di società di consulenza e revisione contabile dove lavorano fiscalisti e legali. Un colosso che opera in 167 Paesi con oltre 1.650 uffici e che in Italia ha oltre 1.200 dipendenti e 80 partner. A Milano ha sede proprio al decimo piano di "Abruzzi 94". «Eccola qui, Starlink Italy Srl» confermano dalla segreteria di Bdo dopo aver a loro volta controllato un lungo elenco. Parlare con il commercialista associato che se ne occupa, però, risulta alquanto complicato. «Il partner ci ha detto di riferirvi che senza il permesso di Starlink non può rilasciare alcuna dichiarazione in merito alla loro attività» si congedano con gentilezza dalla segreteria. Eppure, la società è viva e vegeta. Guidata da due manager di SpaceX (Richard J. Lee e Lauren Ashley), lo scorso 2 gennaio ha depositato in Camera di commercio, con singolare tempismo, l'ultimo bilancio. È quello del 2023, è stato approvato in ritardo e non è ancora disponibile. Ma cercare qui i numeri veri del servizio Starlink con i circa 40 mila clienti italiani è inutile. I servizi vengono infatti fatturati in Irlanda, dalla Starlink Internet Services ltd. Con uno schema classico dei colossi hi-tech che scelgono di registrare ricavi in Irlanda per abbattere il proprio carico fiscale, nel 2023 questa società ha avuto ricavi per 358 milioni di euro, letteralmente esplosi dai 122 milioni dell'anno prima. L'utile netto - dopo le tasse - è stato di 6,2 milioni. Quanta parte dei ricavi venga realizzata nei vari paesi europei dove Starlink opera e con che tipologie di clienti è però complicato da stabilire. «Un'analisi dei ricavi per categorie di attività e mercati geografici non è fornita in quanto, secondo gli amministratori, potrebbe essere seriamente pregiudizievole per gli interessi della società», è scritto nel bilancio.—
  3. Stop ai consulenti, saranno gli utenti a segnalare post falsi. Zuckerberg : "Ritorno alle origini"
    Facebook cancella il fact-checking: basta censura
    Facebook eliminerà il programma fact-checking per il controllo delle informazioni condivise sulla piattaforma. Lo ha annunciato Mark Zuckerberg in un video pubblicato sui social della galassia Meta. Una svolta che pone fine all'era dei social network controllati da figure esterne, i cacciatori di bufale. Il controllo delle informazioni sarà affidato agli utenti stessi che potranno aggiungere note ai post quando riterranno che le informazioni contenute siano false o fuorvianti.
    Di fatto il social si affida alla competenza dei suoi stessi iscritti, esattamente come avviene su X.com, il social di Elon Musk. «Per noi è un ritorno alle origini, ai nostri valori sulla libertà di espressione», ha detto Zuckerberg in video, accusando l'attuale sistema di fact-checking di essere scivolato troppo spesso nella censura. Avviato nel 2016, affidato a una serie di società chiamate a controllare e verificare le informazioni condivise (90 organizzazioni in 60 lingue), il programma fact-checking nasceva per cercare di arginare il fenomeno della disinformazione online. Il controllo si è poi allargato ai contenuti in grado di offendere minoranze, orientamenti sessuali e religiosi.
    Per Zuckerberg le maglie di questo controllo sono diventate troppo strette. Impedendo la libera circolazione di idee. Forse la causa sono stati i controllori stessi e i loro pregiudizi, che avrebbero penalizzato i contenuti politici degli utenti di estrazione repubblicana, o in generale di destra, a volte più inclini alla condivisione di post più aggressivi. Ma quella è una fetta importante di utenti delle piattaforme. E Meta non vuole più penalizzarla. «Voglio solo assicurarmi che le persone possano condividere i loro pensieri e le loro convinzioni sulle nostre piattaforme, senza censura», ha ragionato Zuckerberg. Consapevole che la scelta è comunque dettata da una situazione politica radicalmente cambiata. Donald Trump, l'uso disinvolto dei social di Musk (che ha elogiato la svolta), sono effetto di un clima diverso. Sono testimoni non solo della fine di un approccio politicamente corretto alla comunicazione online. Ma forse anche alla fine di aziende chiamate a sposare cause sociali per vendere prodotti. E anche alla fine dell'illusione che la grande piazza globale possa essere indirizzata da un pool di esperti e dalle loro idee su cosa sia vero e cosa no. a. roc.
  4. l bando che sembra su misura per la compagnia usa
    La Lombardia apre al web spaziale
    Sperimentazione di satelliti per portare internet nelle aree periferiche a bassa connettività. La Regione Lombardia pubblicherà il bando di gara entro uno o due giorni sulla piattaforma telematica Sintel. E non il 7 gennaio come previsto in precedenza, vista la decisione del rinvio per verificare l'adeguamento al Dlgs correttivo al codice degli appalti.
    Governo e giunta regionale hanno dato mandato ad Aria, azienda della Regione per l'innovazione e gli acquisti, diselezionare i fornitori interessati a cui affidare la tecnologia complementare alla fibra. C'è attesa di una partecipazione da parte di Starlink di Elon Musk.
    Ma nella schiera di operatori noti ci sono anche le società Viasat, le australiane NBN Sky Muster e Telstra, la canadese TeleSat, la lussemburghese SES SA, OneWeb dell'inglese Eutelsat, Project Kuiper di Amazon, l'inglese EchoStar Mobile e l'araba Thuraya. Se dal progetto pilota arrivasse un feedback positivo, peraltro, potrebbero seguire altre regioni, probabilmente una del Centro Italia e una del Sud, sebbene la connessione satellitare non sostituisca né riesca a competere con quella in fibra.
    Nel dettaglio della sperimentazione delle «reti space-based per la fornitura di capacità di backhauling satellitare in sinergia con quelle terrestri nelle aree a difficile connettività» in Lombardia, è previsto un finanziamento di 5 milioni di euro, per la quota del Dipartimento per l'innovazione, e di 1,5 milioni dalla Regione Lombardia. Per il capogruppo del Pd regionale, Pierfrancesco Majorino, questo bando «sembra disegnato per Elon Musk. Vogliamo vederci chiaro. La connessione nelle zone non coperte è fondamentale, ma dovrebbe essere garantita dal pubblico». g.tur. —
  5. L'inarrestabile ascesa di Starlink Obiettivo, il monopolio dei satelliti
    Arcangelo Rociola
    Roma
    Alle 20:43 di lunedì 6 gennaio, mentre in Italia si ragionava sull'opportunità o meno di considerare Starlink un'azienda affidabile per la comunicazione di dati governativi, un razzo di SpaceX partiva da Cape Canaveral per portare in orbita 24 nuovi satelliti della sua controllata. Si è trattato del lancio numero 221 per la società di Elon Musk. Lancio che ha portato il numero di satelliti Starlink mandati in orbita a 7.656. Di questi 6.906 funzionanti, il resto si è perso o è andato distrutto. Numeri che confermano il primato dell'azienda nel mercato dei satelliti a bassa orbita (Costellazioni Leo, acronimo inglese per Low Earth Orbit). Starlink è la costellazione satellitare per la trasmissione dati più estesa e capillare al mondo. Ed è il dato da cui partire prima di porsi domande e ragionare.
    l1Perché internet via satellite è diventata così importante?
    Internet via satellite è fondamentale in situazioni critiche: catastrofi ambientali, emergenze, guerre. In caso di guerra cinetica, uno stato potrebbe attaccare le infrastrutture di comunicazione (come in Ucraina). Ma un satellite è più difficile da distruggere o hackerare.
    l2Quali sono i numeri di Starlink e SpaceX?
    Starlink è un'azienda controllata da SpaceX (fondata nel 2002 in Texas, ha 13 mila dipendenti). Ha circa 3 milioni di abbonati. 40 mila in Italia. Non ci sono dati ufficiali sui conti della società, che non è quotata, ma secondo Bloomberg contribuisce per circa 3 miliardi ai 10 miliardi di ricavi di SpaceX.
    l3Quali servizi offre a governi e eserciti?
    SpaceX una divisione destinata alle applicazioni governative e militari. Si chiama Starshield. Un centinaio di satelliti in grado di raccogliere dati terrestri, offrire soluzioni di comunicazione crittografata per scopi militari e governativi. Attualmente è ampiamente in uso dal Dipartimento della Difesa americana. L'Italia, nel caso in cui decidesse di affidarsi a SpaceX, sarebbe la prima nazione europea a farlo.
    l4Quali i servizi per cittadini e imprese? Conviene?
    Internet via satellite porta la rete veloce in aree difficilmente raggiungibili dalle normali connessioni via cavo. Aree di montagna, zone remote, alto mare. In Italia si è ipotizzato che Starlink possa aiutare a raggiungere gli obiettivi di copertura delle aree grigie, quelle senza banda larga, per centrare gli obiettivi del Pnrr. Ma privati e imprese che possono avere una normale rete veloce via cavo non hanno un motivo reale di scegliere quella che viene da una costellazione Leo.
    l5Cosa intendiamo per costellazioni Leo?
    Sono costellazioni a orbita bassa, gruppi di satelliti che orbitano sulla Terra, generalmente tra i 160 e i 2.000 chilometri.
    l6Quanti ce ne sono al momento intorno alla Terra?
    Il numero di satelliti a orbita bassa lanciati da progetti pubblici e privati è circa 10.000.
    l7Quali sono le alternative a Starlink?
    Esistono diversi progetti alternativi. Ma minori. Amazon sta sviluppando una costellazione di satelliti simile a Starlink. Il piano prevede 3.236 satelliti. In Europa il progetto più grande è il progetto franco-inglese OneWeb, che al momento ha una rete di 620 satelliti. Altri progetti sono Telesat Lightspeed, canadese, che ha una rete di 198 satelliti. AST SpaceMobile, texana, ne ha al momento 243.
    l8Cosa sta facendo l'Unione europea?
    Per creare un'alternativa europea a Starlink, l'Ue ha finanziato a dicembre un piano da 10 miliardi il lancio di 300 satelliti. Dovrebbero essere pronti entro il 2030. Il progetto si chiama Iris2. Nello stesso arco di tempo, i satelliti Starlink dovrebbero diventare 30.000.
    l9Scegliere Starlink è incompatibile con i piani dell'Ue?
    No. Un eventuale accordo tra Starlink e altri paesi, come l'Italia, è compatibile con Iris2, progetto al quale l'Italia partecipa. Un portavoce dell'Ue ieri ha spiegato che l'Italia, come paese sovrano, ha pieno potere decisionale.
    l10Perché è diventata una questione di interesse geopolitico?
    Starlink ha contribuiti a dare agli Stati Uniti un vantaggio competitivo senza pari nelle Costellazioni Leo. E il potere tecnologico che ne deriva è una sfida strategica di primaria importanza. Tutti i grandi paesi si stanno muovendo in questo senso, perché possedere l'infrastruttura satellitare è diventato sinonimo di autonomia e sovranità tecnologica. Soprattutto in caso di necessità. O di cambiamenti improvvisi degli assetti geopolitici. Ma al momento tutti, anche l'Europa, devono rincorrere. E una partnership (temporanea) con SpaceX o concorrenti può essere un modo per tutelare gli interessi nazionali nel breve periodo.
    l11Cosa si rischia ad affidarsi a un'azienda privata invece di creare una propria infrastruttura?
    Il timore più diffuso è che Musk, o chi per lui, possa decidere di ‘spegnere' internet, come è avvenuto in Ucraina quando ha impedito l'uso dei suoi satelliti per consentire a Kiev di colpire obiettivi in territorio russo. Una gestione privata, seppur motivata dal timore di violare trattati internazionali o contratti, potrebbe esporre a rischi. Nel caso di Musk, a questi timori sono più gravi. Nelle ultime settimane è intervenuto in modo aggressivo in questioni di politica interna di nazioni alleate come la Gran Bretagna o la Germania. Sollevando timori sulla sua capacità di gestire i suoi impulsi del momento. —
  6. Strage alla stazione di Bologna "Fu Bellini a portare la bomba"
    filippo fiorini
    bologna
    Era un «aviere» neofascista e non un «corriere» palestinese. Era lui l'uomo coi baffi ritratto in un Super8 amatoriale quel giorno alla stazione. Era lì per mettere la bomba. Forse, l'aveva addirittura portata. Intera o una parte, da assemblare in loco insieme agli altri complici già condannati. Per questo, l'ergastolo ricevuto in primo grado da Paolo Bellini come autore della strage di Bologna è giusto.
    Lo aveva deciso l'8 luglio scorso la Corte d'Appello della città che ha subito il più grave attentato del Dopoguerra, il 2 agosto dell'80. Ieri sono arrivate le motivazione dei giudici. Hanno rigettato tutte le istanze della difesa, così come anche per gli altri due imputati di questo ramo processuale. Hanno confermato, per l'ennesima volta, la matrice neofascista, il finanziamento della P2 di Licio Gelli, le coperture date prima e durante l'azione, divenute depistaggi in seguito, da parte di spie che, tradito il giuramento alla Repubblica, tramavano col resto della banda per l'avvento di uno Stato autoritario.
    La vicenda è lunga, tortuosa, in parte irrisolta. Sappiamo che 85 persone sono morte in un attimo e altre 200 sono rimaste ferite per mano di Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini e Bellini stesso. Reggiano, terrorista, pluriomicida, pregiudicato, Bellini e i suoi avvocati le hanno provate tutte per scansare le accuse. Hanno evocato la Costituzione e scovato cavilli.
    In una guerra di perizie, hanno tentato di resuscitare la falsa pista palestinese, per cui un ordigno trasportato da terroristi mediorientali era esploso per errore. In un'intercettazione tra un fascista veneto e il figlio, dicevano di ascoltare la frase «è stato lo sbaglio di un corriere», invece che «i nostri ambienti erano in contatto con il padre di sto' aviere e dicono che portava una bomba». Bellini ha il brevetto di volo e in tribunale è stato dimostrato che i due parlavano di lui.
    Poi, l'alibi «appositamente preordinato» per cui il 2 agosto era altrove in compagnia della nipote bambina. È durato 40 anni, finché sua moglie non ha smesso di coprirlo e lo ha identificato nel video che un turista tedesco girò per caso, attimi prima dello scoppio. Ciò che è certo «senza ombra di dubbio», scrivono ora i magistrati bolognesi, è che Bellini in stazione c'era, e che era lì per partecipare «in piena consapevolezza» a una strage ordinata e pagata dai piduisti. Il problema è che anche in questo recente documento processuale compare un'espressione che, nella ricostruzione delle responsabilità, finora non è mai mancata: «Restano altre persone da identificare». Sono sempre meno, ma chi sono?

 

 

07.01.25
  1. Lascia la coordinatrice dei servizi segreti. A pesare i rapporti col fedelissimo di Meloni Tra i motivi delle liti la volontà di introdurre la figura del Consigliere per la Sicurezza
    La gestione del caso Sala e gli attriti con Mantovano dietro l'addio di Belloni
    Elisabetta Belloni
    ilario lombardo

    roma
    Le dimissioni della coordinatrice dei servizi segreti nei giorni di una delicata trattativa internazionale, condotta dall'intelligence e da tutto il governo, per arrivare alla liberazione della giornalista Cecilia Sala, detenuta senza ragioni dall'Iran, è un cratere istituzionale che in pochi minuti si riempie di indiscrezioni, sospetti, ombre sulla verità ufficiale. Perché Elisabetta Belloni lascia quattro mesi in anticipo il Dis, il Dipartimento che sotto la presidenza del Consiglio ha la responsabilità sulle due principali agenzie dei servizi, Aisi (interni) e Aise (Esteri)? La risposta formale, dopo le rivelazioni de La Repubblica, la dà l'ambasciatrice passata, durante il governo di Mario Draghi e confermata da Giorgia Meloni, dalla carriera diplomatica alla testa dell'intelligence: «Ho maturato questa decisione da tempo ma non ho altri incarichi. Lascerò il posto di direttore del Dis il 15 gennaio».
    I fatti sono questi. Il 23 dicembre Belloni comunica alla premier e al sottosegretario della presidenza del Consiglio che è anche autorità delegata, l'intenzione di lasciare l'incarico cinque mesi prima la scadenza naturale del mandato. Ancora la notizia dell'arresto di Cecilia Sala, avvenuto a Teheran il 19 dicembre, viene tenuta segreta dal governo italiano: verrà resa pubblica solo il 26 dicembre. Una settimana prima dell'incontro tra Belloni, Meloni e Mantovano, c'è il fermo di Mohammad Abedini, su cui pende un mandato di cattura americano e una richiesta di estradizione. Meloni chiede a Belloni di aspettare fino a metà gennaio. Ieri esce la notizia dell'addio, Belloni conferma e da Palazzo Chigi tutto tace. Neanche un ringraziamento formale. Il gelo. Fin qui i fatti. Tutto quello che segue è la ricostruzione di cosa avrebbe portato alla decisione di lasciare in anticipo il Dis, basata su diverse fonti, alcune vicine all'ambasciatrice, altre apparentemente ostili. Di certo, Belloni si era fatta diversi nemici un po' ovunque: a Palazzo Chigi, alla Farnesina, nelle agenzie dell'intelligence. E non è difficile, ora che non è più sotto l'ombrello protettivo della presidente del Consiglio, sentir parlare con disappunto o con veleno di lei.
    Si racconta di un rapporto sempre più complicato con Mantovano. Che si è compromesso definitivamente sulla gestione delle trattative per la liberazione di Sala, già nelle prime ore, quando resta il sospetto che la Farnesina o i servizi abbiano agito in ritardo per mettere al riparo la giornalista dopo l'arresto di Abedini in Italia. Belloni non fa mistero con alcuni collaboratori che si sarebbe mossa diversamente. Contraria all'idea di indispettire gli alleati americani, avrebbe cercato contropartite con l'Iran – nell'area geografica di influenza e sul fronte economico - invece di insistere subito con lo scambio di Abedini. Ma a quel punto, dentro di sé, ha già maturato il desiderio di andarsene. Si sente costantemente scavalcata da Mantovano, che contatta il direttore dell'Aise Giovanni Caravelli senza passare da lei. Anche Meloni la marginalizza nella scelta di nominare vice dell'Aise il generale Francesco Paolo Figliuolo, poco esperto di servizi, al posto di Nicola Boeri, uomo di fiducia di Belloni. Il giorno della nomina di Figliuolo è lo stesso dell'arresto di Sala: 19 dicembre. Sono scelte che arrivano al termine di mesi tesi, con Palazzo Chigi che ha nutrito sospetti di scarsa riservatezza da parte dei servizi e di alcuni agenti di polizia.
    Dopo una carriera sempre in ascesa da segretario generale della Farnesina, Belloni è stata candidata un po' a tutto, diverse volte al ministero degli Esteri ed è stata a un passo dal diventare la prima donna presidente della Repubblica nel 2022. Per un profilo del genere non è facile restare nelle seconde file della trincea politica e istituzionale. Mantovano è l'autorità che ha la diretta responsabilità sugli 007, lei ha invece un incarico più amministrativo che operativo, ruolo che invece spetta ai capi dell'agenzia di sicurezza interna Bruno Valensise ed esterna Caravelli. Belloni ha in testa un modello americano che vorrebbe importare in Italia: il Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca. Quello che ha fatto in questi anni Jake Sullivan per Joe Biden: gestire il coordinamento tra il presidente, l'intelligence, la Difesa e il Dipartimento di Stato (cioè gli Esteri). È un'idea che non piace a Mantavano, né al capo della Farnesina, Antonio Tajani. E così, progressivamente, Belloni viene tagliata fuori dal sottosegretario. I malumori dell'ambasciatrice cominciano a emergere con forza tra fine novembre e inizi dicembre. In quei giorni si è concluso da poco il G20 di Rio de Janeiro, che l'ha vista al centro della missione in qualità di sherpa della presidenza italiana del G7. Il ruolo era in scadenza il 31 dicembre e Meloni glielo aveva affidato dopo aver licenziato l'ambasciatore Luca Ferrari, spedito a Tel Aviv.
    La destinazione che Belloni avrebbe voluto per sé diventa oggetto di insinuazioni e retroscena che non trovano dirette conferme dall'interessata. Nella cerchia vicina a Meloni raccontano che avrebbe puntato insistentemente a prendere il posto di Raffaele Fitto - promosso vicepresidente della Commissione europea - al superministero degli Affari europei e del Pnrr, e che anche in questo caso Mantovano e Tajani avrebbero sollevato forti perplessità. Altra delusione, questa, che l'avrebbe allontanata dalla premier. E ancora: la presidenza dell'Eni. Una poltrona sfumata dopo l'altra, Belloni sembra essere finita lontana dal cuore del potere meloniano. In queste ore si è parlato di un nuovo incarico in Europa, alla Commissione, accanto a Ursula von der Leyen. Qualcuno però sussurra di guardare ai vertici di realtà private, grandi società o banche
  2. È la garanzia informale che la premier avrebbe ottenuto da Trump nella visita a Mar-a-Lago Sulla trattativa con Teheran il sottosegretario Mantovano al Copasir si è detto "fiducioso"
    Se l'iraniano verrà liberato nessuna ritorsione dagli Usa
    FRANCESCO MALFETANO
    ROMA
    L'eventuale rilascio di Mohammad Abedini Najafabadi non causerà un incidente diplomatico tra Roma e Washington. È la garanzia, assolutamente informale, che il presidente eletto Donald Trump avrebbe offerto a Giorgia Meloni sabato notte, nel corso della visita lampo della premier a Mar-a-Lago rivelata dalla Stampa. Un via libera sostanziale che, con modalità e tempi ancora tutti da definire, aprirebbe la strada allo sblocco delle trattative con Teheran per la liberazione di Cecilia Sala, detenuta nel carcere di Evin. Un potenziale punto di svolta che però nasconde ancora numerosi interrogativi. Non solo perché è oggi ignoto cosa il tycoon repubblicano possa aspettarsi in cambio da Meloni o dall'Italia (ieri intanto è arrivata secca la smentita di palazzo Chigi sulla chiusura di un appalto da 1,5 miliardi di euro con SpaceX, il colosso di Elon Musk). E neanche perché ora sarà necessario intavolare nuove e delicatissime interlocuzioni tra gli emissari nostrani e il regime degli Ayatollah. In questa fase il benestare trumpiano sul destino dell'ingegnere 38enne detenuto nel carcere di Opera, su cui pende un mandato di cattura internazionale spiccato proprio dagli Stati Uniti, deve restare per forza di cose coperto.
    «Formalmente, e soprattutto legalmente, Trump non è autorizzato a parlare con i suoi omologhi dei dossier» che lo attenderanno nello Studio Ovale solo dopo il giuramento del prossimo 20 gennaio. Come spiega una fonte di rilievo ai vertici dell'esecutivo, questo è un protocollo su cui gli americani sono molto rigidi e che, se rotto, innescherebbe una lunga serie di malintesi e rimostranze con gli apparati statunitensi. Il sottotesto è quindi che «l'igiene istituzionale» impone che la questione venga affrontata da Meloni nel fine settimana, quando a villa Doria Pamphilj incontrerà per l'ultima volta il presidente uscente Joe Biden, in arrivo in Italia per incontrare Papa Francesco. Nello stesso filone della trattativa e delle sue eventuali contropartite regionali può essere inquadrato anche il vertice internazionale promosso da Antonio Tajani per giovedì. A Roma, il ministro degli Esteri incontrerà gli omologhi di Usa, Francia, Germania e Regno Unito (oltre all'Alta rappresentante della politica estera Ue Kaja Kallas) per discutere di Siria, Iran e, in generale, della situazione regionale in Medioriente.
    Tornando a Trump e Meloni, non sarebbe un caso che ieri il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano si sia limitato a definire «conviviale» il viaggio della premier in Florida. Al Copasir, dov'era stato convocato a gran voce dalle opposizioni per riferire sulla gestione del caso della giornalista 29enne da parte del governo, il braccio destro della premier ha appunto spiegato come sul tavolo del golf club di proprietà di Trump non possa aver trovato spazio la vicenda della giovane italiana. Formalità istituzionale ed equilibrio diplomatico vanno di pari passo. A dimostrarlo anche i «no comment» dietro cui si trincera Mantovano parlando con i giornalisti in piazza San Macuto, a cui destina solo dei ripetuti auguri di buon anno. Silenzi replicati dal sottosegretario anche quando gli si chiede delle dimissioni della presidente del Dis Elisabetta Belloni, che in molti riconducono alle incomprensioni maturate proprio nei suoi confronti.
    In ogni caso le quasi due ore e trenta di riunione hanno consentito a Mantovano di leggere una relazione in cui ha ripercorso tutte le tappe della vicenda Sala, dall'arresto della giornalista di Foglio eChora Media il 19 dicembre fino alle più recenti informazioni disponibili sul suo stato di salute. Senza entrare sull'ipotetico ruolo recitato da Trump e registrando il "segnale" iraniano che ieri ha per la prima volta provato a tenere separati i due casi, il sottosegretario ha anche analizzato l'intreccio dell'arresto di Sala e quello di Abedini. Un po' come fatto da Meloni nel giorno del faccia a faccia con la madre della giornalista, Mantovano ha garantito al Comitato che non si sta lasciando nulla di intentato, riportando tutte le strade percorse per liberare al più presto la 29enne e – in attesa del suo rientro – alleggerire le condizioni della sua detenzione. —
  3. L'agonia di Naima torturata in Libia e quelle vite negate dopo i respingimenti
    Don Mattia Ferrari
    «Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome». Queste parole di Primo Levi tornano alla mente guardando il video dell'ennesima donna torturata nei lager libici, diffuso il 6 gennaio. In questo caso la donna però un nome ce l'ha, grazie a Refugees in Libya, il movimento sociale dei migranti che conduce la resistenza della solidarietà e della fraternità.
    La donna si chiama Naima Jamal, ha 20 anni ed è originaria di Oromia, una regione dell'Etiopia in cui la popolazione è colpita dal duplice flagello della guerra e della siccità dovuta alla crisi ecologica. Naima ha dovuto lasciare l'Oromia e, non potendo accedere a canali di migrazione legali e sicuri, ha dovuto percorrere, come tanti altri, la strada del deserto. Poco dopo il suo arrivo in Libia nel maggio 2024 è stata rapita dai trafficanti. Da allora la sua famiglia è stata sottoposta a varie richieste di riscatto, che non aveva la possibilità di pagare. Fino a quando, ieri, i trafficanti hanno mandato ai suoi familiari un video in cui Naima viene brutalmente torturata e chiedono 6.000 dollari di riscatto. Hanno inviato anche una foto, in cui si possono vedere più di 50 altre vittime, con i corpi incatenati e gli sguardi abbassati.
    Queste notizie non sono le uniche arrivate in questi giorni. Mentre si dice che gli arrivi in Europa sono diminuiti, non bisogna dimenticare due elementi. Il primo è l'alto numero dei naufragi, almeno tre intorno al Capodanno, con circa 50 vittime, tra cui bambini, perché non ci sono operazioni strutturali di soccorso e si ostacolano le navi delle ong. L'altro elemento sono le violenze terribili che avvengono ai danni delle persone migranti bloccate in Libia e in Tunisia.
    Il 3 gennaio un gruppo di 8 ragazzi provenienti dal Gambia ci ha contattato dal deserto. Cinque giorni prima avevano cercato di raggiungere l'Europa via mare, ma erano stati catturati dalla Garde Nationale sulla base degli accordi fatti con l'Unione Europea e l'Italia. In seguito alla cattura in mare, sono stati riportati indietro, sbarcati sulle coste tunisine e contestualmente deportati nel deserto. Risultano dispersi.
    Il 4 gennaio le milizie libiche hanno deportato nei deserti di Dirkou, al confine con il Niger, oltre 600 persone migranti provenienti da Paesi dell'Africa subsahariana.
    Tutto questo è il risultato delle nostre politiche di respingimento, che consistono nel finanziare le autorità libiche e tunisine perché blocchino le persone migranti, le catturino in mare e le riportino indietro, costi quel che costi. Si parla di lotta ai trafficanti, ma ci vuole chiarezza su questo. Gli accordi Italia-Libia del 2017 sono stati fatti, come ha dimostrato Nello Scavo, coinvolgendo ai tavoli uno dei più efferati boss della mafia libica, Bija. Quegli accordi sono stati puntualmente rinnovati e grazie ad essi il potere della mafia libica è cresciuto: molti dei suoi boss occupano ora posizioni apicali negli apparati libici. Il caso più eclatante è quello di Emad Trabelsi, attuale ministro dell'Interno del governo di Tripoli. In più di un rapporto internazionale dell'Onu, del Dipartimento di Stato Usa e di Amnesty International proprio Trabelsi viene indicato come «uno dei peggiori violatori di diritti umani e del diritto umanitario internazionale». Nonostante sia considerato da tutti i massimi esperti come uno dei capi dei trafficanti, in questi anni Trabelsi è stato ricevuto più volte dalle autorità italiane come interlocutore nel contenimento dei migranti.
    In tutto questo, si leva il grido delle persone migranti, attraverso Refugees in Libya. Nei giorni scorsi il loro portavoce, David Yambio, ha fatto una lunga dichiarazione, in cui ha affermato: «L'Europa finanzia le milizie, fa costruire i centri di detenzione e chiama questi accordi "controllo delle frontiere". Condanna nei discorsi la violenza ma distribuisce denaro a coloro che la eseguono. La Libia è la creazione dell'Europa, il suo oscuro segreto, l'inferno che ha costruito per tenersi le mani pulite». David e le altre persone che sono con lui hanno subito quelli che l'Onu definisce «orrori indicibili». Eppure nelle loro parole c'è anche la speranza. Una speranza che nasce dalla solidarietà, dall'amore. «La giustizia deve essere un'azione che spezza le catene e costruisce ponti. Deve essere riparativa, affrontando le ferite della storia, e trasformativa, rimodellando i sistemi che perpetuano queste ingiustizie. Per noi la giustizia non è un ideale astratto, è l'atto quotidiano di alzarsi in piedi, di parlare apertamente, di rifiutarsi di scomparire. È la solidarietà che troviamo l'uno nell'altro, la luce che condividiamo anche nei luoghi più bui. È la consapevolezza che, nonostante abbiano cercato di cancellarci, siamo ancora qui e non rimarremo in silenzio. Fino ad allora, ci sosterremo a vicenda, come abbiamo sempre fatto. Perché anche negli angoli più oscuri di questo mondo, troviamo la luce nella forza l'uno dell'altro».
    Questa luce è proprio quello di cui noi abbiamo bisogno, in una società individualista e affascinata dall'autoritarismo a tal punto che la solidarietà sembra diventata sovversiva. La strada per sconfiggere i trafficanti è molto chiara: fermare gli accordi per i respingimenti, prendersi per mano con le persone migranti stesse e con la società civile tunisina e libica che resiste alle mafie. Nella notte della storia, la luce di questa resistenza della solidarietà e della fraternità è l'unica che può salvarci.
  4. I torinesi Regina e Galliano traditi a Bressanone dalla paletta sul cruscotto Sono pensionati: lui aveva prestato servizio nella Stradale, lei alla Polfer
    Porsche, Rolex e soldi Arrestati in Alto Adige due ex agenti di polizia
    gianni giacomino
    Avevano deciso di trascorrere le festività natalizie in Alto Adige, ma le vacanze non sono andate come previsto. Anzi. Dal paradiso delle Dolomiti e dei mercatini di Natale due ex poliziotti torinesi sono finiti in carcere alle Vallette.
    Angelo Regina, 63 anni, fino a qualche anno fa in servizio alla polstrada è accusato di riciclaggio e detenzione abusiva di arma da sparo. Stefania Galliano, 60enne in forza alla Polfer fino a un anno fa, dovrà rispondere di ricettazione e detenzione illegale di munizionamento da guerra.
    Di essere finiti in guai seri i due ex agenti in pensione lo hanno capito quando hanno visto dei poliziotti veri che li aspettavano intorno alla loro Porsche Cayenne parcheggiata in divieto di sosta nel centro di Bressanone, il giorno di Capodanno. Sul cruscotto era appoggiata una paletta originale della Stradale, ma senza l'indicazione bilingue, prevista per tutte le dotazioni dei mezzi della polizia in Alto Adige. «Scusate ma siamo in servizio» – avrebbero tentato di giustificarsi i due con gli ex colleghi. Che, però, non gli hanno creduto. Poco più tardi gli investigatori della Mobile di Bolzano hanno perquisito Galliano e Regina che, in passato, aveva già avuto delle noie con la giustizia. Li hanno trovati in possesso di due distintivi veri, in uso ai due all'epoca in cui erano in servizio (in relazione a quello in della donna in passato era anche stata presentata una denuncia di smarrimento). Poi due tesserini di servizio falsi che ne attestavano ancora l'appartenenza alla polizia. E, nascosto nella Posche, un giubbotto ad alta visibilità originale, di quelli utilizzati durante i posti di blocco. Nella perquisizione della camera dell'albergo di San Genesio, affittato dai due per trascorrere il periodo delle festività, gli investigatori hanno sequestrato dei gioielli e 3mila euro in contanti. Tutto sequestrato, pure la Porsche Cayenne. La coppia è stata così denunciata per ricettazione e possesso di segni e distintivi contraffatti, e la donna anche per il peculato della placca di cui aveva denunciato lo smarrimento. Oltre al divieto di non presentarsi nel comune di Bressanone per i prossimi tre anni.
    Ma un'altra sorpresa è arrivata quando gli agenti di Bressanone, insieme ai colleghi della Polfer, hanno perquisito le abitazioni dei due, a Torino. Nell'appartamento di Regina sono stati ritrovati una pistola semiautomatica Beretta calibro 7,65 mai denunciata, con caricatore inserito e cinque colpi pronti per essere utilizzati. La riproduzione di una Beretta ma senza tappo rosso, un'uniforme originale della polizia e un falso esserino di riconoscimento. Poi 34mila euro in contanti, diversi orologi Rolex e di altri marchi di lusso, tre telefoni cellulari e un I-pad. In casa della Galliano sono invece stati rinvenuti tre proiettili calibro 9x19, diverse divise originali complete della polizia e ben dieci telefonini con diverse sim. E, infatti le indagini sono tutt'altro che concluse.
    Perché gli inquirenti, come ha spiegato il questore di Bolzano Paolo Sartori (che per i due ha già dispostola misura dell' avviso orale di pubblica sicurezza, in vista della successiva richiesta di applicazione della Sorveglianza Speciale), sospettano che i due ex poliziotti - che dovranno anche giustificare la provenienza di tutti i beni sequestrati - possano avere dei collegamenti con la criminalità organizzata. Come e in che modo resta ancora tutto da chiarire. Intanto, oggi o, al più tardi domani, si terrà l'udienza di convalida.

 

 

06.01.25
  1. L'ora
    X
    dell'Italia
    Il governo italiano accelera e si prepara a chiudere un maxi accordo da 1,5 miliardi di euro con SpaceX, la società spaziale fondata da Elon Musk. Nello specifico, come rivelato da Bloomberg News, Roma sta spingendo per sottoscrivere un contratto di cinque anni per utilizzare a scopi governativi e militari le tecnologie di Starlink, la costellazione di satelliti per telecomunicazioni che sta rivoluzionando l'industria di riferimento. Dopo uno stallo di due anni arrivano i primi risultati della visita a sorpresa della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella residenza del prossimo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump.
    Il progetto con SpaceX, secondo l'agenzia Bloomberg sarebbe già stato approvato dai servizi di intelligence italiani così come dal Ministero della Difesa e potrebbe essere il maggior in Europa. E, se sarà concluso, potrebbe rappresentare il preludio di altre intese fra i due lati dell'Atlantico dopo l'insediamento di Trump, previsto per il prossimo 20 gennaio, quando prenderà il posto dell'attuale presidente Joe Biden.
    La firma definitiva non c'è ancora, come evidenziano fonti vicine al dossier interpellate dall'agenzia di stampa statunitense, ma diversi capitoli sarebbero stati sbloccati nelle ultime ore. Dai telefoni dei funzionari governativi, passando per l'utilizzo di internet per gli uffici, arrivando ad altre soluzioni accessibili attraverso Starlink, come la crittografia di ultimo livello, l'intesa con l'azienda di Musk potrebbe cambiare il panorama delle telco della Repubblica. Il piano in discussione includerebbe anche servizi di comunicazione per l'esercito italiano nell'area del Mediterraneo, nonché l'implementazione dei cosiddetti servizi satellitari direct-to-cell in Italia per l'uso in emergenze come attacchi terroristici o calamità naturali, hanno affermato le fonti interpellate da Bloomberg. Non è la prima volta che si discute dell'interazione fra Roma e Starlink, dal momento che il possibile accordo è in fase di revisione dalla metà del 2023. Una intesa che, tuttavia, è stata osteggiata da alcuni funzionari italiani preoccupati di come i servizi potrebbero sminuire i vettori locali. In questo contesto, l'Italia è tra i Paesi già serviti da Starlink e già lo scorso anno vi erano state alcune schermaglie con gli operatori domestici. Come ricordato da Bloomberg, la società di Musk aveva affermato che Telecom Italia stava ostacolando il lancio dei suoi servizi internet ad alta potenza.
    Nello specifico, l'accordo di cui si sta discutendo è con SpaceX, che controlla in forma diretta Starlink. La prima è la società di Elon Musk capace di lanciare razzi, anche riutilizzabili come lo Starship, nello spazio. La seconda crea satelliti per le tlc. Starlink ha circa 6.700 satelliti in bassa orbita, la costellazione di satelliti più grande capace di portare internet veloce dallo spazio. Nel 2024 SpaceX ha aggiunto più di 20 nazioni, dal Ghana all'Argentina, al suo servizio Internet satellitare Starlink. Ora serve più di 4 milioni di persone in oltre 100 Paesi e territori. Di fatto ricopre il globo di servizi a banda larga. Una sfida agli operatori tradizionali e ad altre aziende e nazioni, come la Cina, che sembrano più indietro rispetto allo sviluppo di questa tecnologia. Ma soprattutto uno degli assi nella manica utilizzati dall'Ucraina per contrastare la brutale invasione da parte della Federazione Russa di quasi tre anni fa.
    Nei mesi scorsi ci sono stati diversi incontri tra Musk e Meloni. Alcuni di questi si sono tenuti a Palazzo Chigi, a suggello di un rapporto che si sta consolidando giorno dopo giorno. Ora il passo in avanti. Ma sono ancora valide le possibili alternative, che hanno degli oneri maggiori. A oggi il governo italiano stava esaminando l'opzione della Satellite Constellation Company IRIS² dell'Unione europea e la costruzione della propria costellazione satellitare. In ambo i casi, il costo complessivo dei progetti avrebbe superato quota 10 miliardi di dollari. Vale a dire molto di più rispetto a quanto si pagherebbe per la tecnologia statunitense. Che, oltre a essere già stata testata sul campo per anni, si sta rivelando come una delle possibilità più credibili per la diffusione di internet ad altissima velocità e con uno standard di sicurezza più elevato rispetto alla concorrenza. Del resto, nel suo campo, Starlink (e SpaceX) ha raggiunto un significativo livello di penetrazione del mercato.
    In attesa di un commento dalle parti in gioco, i buoni rapporti transatlantici e l'affidabilità di Starlink, insieme con il risparmio in previsione, potrebbero essere stati determinanti per la svolta definitiva che si sta prospettando. —
  2. entro la primavera sarà attivo il servizio wi-fi sui voli
    Intesa con United, per internet sugli aerei
    United Airlines accelera l'adozione del servizio Wi-Fi satellitare di Starlink sui propri aerei in volo. I test per la tecnologia di SpaceX di Elon Musk erano prevista per la primavera, ma ieri la compagnia ha annunciato che avverranno già dal mese di febbraio. Il primo volo commerciale operato da un velicolo regionale Embraer E-175 con questo equipaggiamento è in programma dalla primavera. United Airlines ha chiarito che l'accesso sarà gratuito solo per i membri MileagePlus, mentre in precedenza aveva assicurato Wi-Fi gratis a tutti i passeggeri.
    L'obiettivo di United Airlines è ambizioso: entro la fine dell'anno, l'azienda prevede tutta la sua flotta di aerei regionali con due classi di servizio dotata del servizio. Inoltre, c'è l'intenzinoe di far volare il primo aereo di linea principale, equipaggiato con questa innovazione, già entro la fine del 2025. Più a lungo termine, l'intera flotta, composta da oltre un migliaio di aeromobili, sarà equipaggiata con il Wi-Fi satellitare.
    SpaceX, d'altra parte, ha già intese con varie compagnie aeree per fornire servizi Internet in volo. Il fornitore di servizi Internet via satellite ha già firmato accordi con Hawaiian Airlines e il vettore regionale Jsx. —
  3. Le tasse contro le diseguaglianze sociali La modernità di Matteotti sul fisco
    Ernesto Maria Ruffini
    È da poco terminato l'anno in cui articoli e libri hanno commemorato il centenario dell'assassinio di Giacomo Matteotti, rapito e ucciso nel giugno 1924 da una squadraccia fascista. Gran parte di questi lavori ne ricostruiscono l'esistenza, l'impegno politico, la lungimiranza e, in particolare, la morte. E da pochi giorni è stata ricordata la data – il 3 gennaio – in cui Mussolini rivendicò il suo assassinio.
    La tragica fine, tuttavia, ha oscurato molto della sua attività precedente alla marcia su Roma. Conosciamo per lo più il Matteotti oppositore del fascismo, che paga con la vita la contrarietà alla nascente dittatura. Conosciamo meno, invece, dei suoi studi e dei suoi interessi.
    Pochi sanno, ad esempio, che una parte centrale della sua attività fu rivolta alla questione fiscale, intesa come uno strumento per costruire una società più giusta, ridurre gli squilibri, alleviare la miseria delle classi più povere e ridistribuire la ricchezza.
    A rivelare questo volto inedito di Giacomo Matteotti è Francesco Tundo, che nel suo La Riforma Tributaria. Il metodo Matteotti esplora uno dei lati meno noti dell'esponente socialista. Si scopre così che l'Italia uscita dalla Grande guerra rivelava sorprendenti analogie con quella odierna, a cominciare dalla pressione fiscale, già all'epoca fra le più alte d'Europa. In questo contesto, le principali critiche riguardavano gli «accertamenti rilassati sulla base di medie, contrattazioni e concordati» con cui il fisco procedeva verso i contribuenti (come denunciava Luigi Einaudi), lo sbilanciamento del prelievo sui lavoratori dipendenti, le rendite catastali non aggiornate da decenni, l'insuccesso nella tassazione degli (extra)profitti conseguiti dall'industria bellica durante il primo conflitto mondiale, lo svuotamento del ruolo del Parlamento operato dalla decretazione d'urgenza.
    Con le sue proposte Matteotti è assolutamente moderno rispetto ai suoi tempi. In primo luogo, è uno dei pochi – forse l'unico – ad avere piena consapevolezza che il debito pubblico è una minaccia che incombe sul futuro: «Stiamo percorrendo una strada molto pericolosa in Italia – afferma nel 1920 con straordinaria lungimiranza –. Viviamo tutti sui debiti e ci creiamo un baratro per domani». Al tempo stesso, è profondamente critico verso quei provvedimenti, come le imposte sui consumi, utilizzate per ripianare il deficit causato dalla guerra, ma che colpivano le fasce più povere della popolazione.
    Tuttavia Matteotti è anche colui che propone la progressività delle imposte (oggi scontata, all'epoca un'eresia); è favorevole all'introduzione di un'imposta personale progressiva (l'odierna Irpef) e di calcolarla su base familiare anziché individuale, come qualcuno sostiene ancora oggi, ritenendo possa fotografare meglio l'effettiva capacità contributiva; addirittura suggerisce di far partecipare i Comuni nel contrasto all'evasione, incentivandoli attraverso la destinazione di parte delle risorse recuperate, come sarebbe poi stato previsto più mezzo secolo dopo.
    Per Matteotti il fisco non è un aspetto a sé, ma è ciò su cui si fonda il patto alla base della comunità ed è dunque inserito in una più ampia visione politica fondata sull'uguaglianza dei contribuenti, un tema che all'epoca non era affatto scontato. Di conseguenza il sistema tributario è concepito come perno attorno al quale costruire una comunità, una specie di tessuto connettivo della società che necessita di una sistemazione razionale per poter realizzare la giustizia sociale. L'idea del fisco come leva per ridurre le differenze sociali è lungimirante per l'inizio del Novecento, tanto che avrebbe trovato degna collocazione – terminata la dittatura – nella nostra Carta, dove la progressività delle imposte è divenuto addirittura un principio costituzionale. Un principio che deve la sua presenza anche ai semi gettati da Matteotti, convinto che far pagare a tutti i cittadini una stessa cifra o richiedere proporzionalmente lo stesso sacrificio economico avrebbe contribuito a perpetuare le disuguaglianze di partenza. Come avrebbe detto don Lorenzo Milani qualche decennio dopo, «Non c'è ingiustizia più grande che fare parti uguali fra disuguali».
    Matteotti, però, è avanti anche rispetto alla sua stessa parte politica, che predica la rivoluzione con un'oratoria incendiaria, ma trascura le questioni concrete. E così, consapevole che per un politico sia fondamentale capire come funziona un bilancio, nel 1920 collabora al Manuale per gli amministratori degli enti locali, pensato per fornire gli strumenti di base alle giunte socialiste che si trovano a governare un numero crescente di città e paesi.
    Quando viene eletto deputato, questa visione pragmatica e scientifica confluisce nell'attività parlamentare, fatta di studi, ricerche e statistiche, che gli servono come base per i suoi interventi in Aula. Perché Matteotti non affrontava i temi politici prima di un attento e scrupoloso studio di ogni aspetto, senza lasciarsi trasportare da una facile e inutile retorica assai in auge all'epoca. Anche questa è una novità pressoché assoluta, che per la sua lungimiranza fa tornare alla mente le parole pronunciate pochi anni dopo da Alcide De Gasperi, quando era un semplice impiegato della Biblioteca Vaticana, strettamente sorvegliato dall'Ovra: «Dobbiamo prepararci a quello che verrà dopo il fascismo».
    È facile capire, insomma, come – al di là della stima di cui godeva – ben prima del fascismo Matteotti fosse una spina nel fianco per ogni esecutivo. Al tempo stesso, Matteotti rifugge il populismo fiscale che ancora oggi riscuote tanta fortuna: «È dannoso l'additare all'odio del popolo le tasse, le imposte – scrive nel 1907, ad appena 22 anni –; noi dobbiamo limitarci a dimostrare che le imposte sono mal distribuite, ma diffondere nel tempo stesso la persuasione che sono assolutamente necessarie».
    Insomma, sembra argomentare Matteotti, le tasse non sono belle né brutte, ma soltanto indispensabili, perché senza risorse non può esistere nessun progetto politico, non può essere scritto nessun programma di governo e non può essere raggiunto nessun obiettivo. E la scelta di come le risorse possano essere trovate e impiegate è una scelta puramente politica. Nel nostro Paese, invece, a distanza di un secolo, sembra ancora che le tasse vengano imposte da un'entità avvertita come estranea.
    Viene in mente una frase pronunciata in quegli anni da un altro brillante intelletto: «Il contribuente italiano paga bestemmiando lo Stato. Non ha coscienza di esercitare, pagando, una vera e propria funzione sovrana». La frase è di Piero Gobetti e risale proprio al 1924. Nel giro di un paio di anni, ironia del destino, anche a lui sarebbe toccata la stessa sorte di Matteotti: morire a causa di un'aggressione di camicie nere. —
  4. Francesco La Licata
    Bombe, depistaggi, ricatti e politica il lungo filo nero di Cosa Nostra
    Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese, detto "Lucchiseddu", sono dunque indicati - con tanto di imprimatur giudiziario - come due degli esecutori materiali dell'omicidio di Piersanti Mattarella,
    fratello dell'attuale Capo dello Stato, assassinato a Palermo il giorno dell'Epifania del 1980. Sono trascorsi 45 anni ma, alla fine, quello che era sulla bocca di tutti sembra aver ricevuto un qualche riscontro investigativo.
    Non sembri, questo, un traguardo trascurabile (i due stanno scontando più di un ergastolo per altri delitti) nell'attività che magistrati e inquirenti svolgono da anni nel tentativo di offrire una chiara matrice per un delitto oggettivamente identificabile come "politico" e quindi attribuibile alla mafia, ma anche ad "interessi alti" di gruppi di potere occulti. Sembra perciò, in questo senso, abbastanza stucchevole e fuorviante il dibattito che focalizza tutta l'attenzione sul fatto che Lucchese e Madonia sono mafiosi e quindi il "delitto è solo di matrice mafiosa".
    Non è così e la storia di Cosa nostra e di questi due personaggi ne rappresenta la prova più evidente. Cosa nostra e "fasci" hanno attraversato, soprattutto in Sicilia, lunghi periodi di sinergia e di scambio di favori, coinvolti nella loro principale missione che era quella di fermare l'avanzata della sinistra e impedire al Pci l'ingresso nei governi. Attività intrapresa già all'indomani della fine della guerra (subito dopo lo sbarco degli Alleati) con il terrorismo banditesco di Salvatore Giuliano (Portella della Ginestra, 1947), eterodiretto dai servizi di sicurezza, dalla mafia e dagli agrari che difendevano i loro privilegi.
    Certo, Nino Madonia non era ancora nato e neppure "Lucchiseddu", ma Cosa nostra c'era già e c'era per esempio Bernardo Brusca (padre di Giovanni il bombarolo di Capaci) che "mediava" tra la banda Giuliano e l'Alto commissariato per la lotta al banditismo. Ma i legami e gli abbracci inconfessabili durano nel tempo e si tramandano grazie alla grande forza ricattatrice che possono esercitare.
    Per questo chi ha vissuto in Sicilia gli anni del compromesso e del "quieto vivere" non può stupirsi nell'apprendere degli indizi (nuovi e vecchi) emersi nelle indagini sull'assassinio politico di Piersanti Mattarella. Chi ha superato una certa età ricorda come spesso coincidessero le attività criminali di mafiosi e militanti "neri". Gli Anni Settanta "siciliani" meritano di essere, in questo senso, ripensati.
    Nino Madonia è il figlio maschio grande di Francesco, detto "Cicciobomba" per la sua "passione" verso gli esplosivi e nei confronti della "polizia senza divisa", i Servizi. Era il 1970 e Cosa nostra aveva da poco aderito al progetto di golpe del comandante Junio Valerio Borghese salvo, poi, ripensarci quando l'ufficiale golpista chiese un elenco dei mafiosi partecipanti. Lì saltò l'accordo che era stato sottoscritto in una riunione in Svizzera cui avevano partecipato i capi di Cosa nostra, tra cui Luciano Liggio, mentore e protettore dei Madonia. Una promessa infranta, però, non può rinnegare una solida amicizia.
    Così negli Anni Settanta le strade di mafia e neri spesso si incrociano. Palermo, Trapani e Catania vantano i gruppi criminali egemoni e pure le punte di diamante del terrorismo nero. Due nomi su tutti: Pierluigi Concutelli e Francesco "Ciccio" Mangiameli, che navigano a vista nella galassia neofascista con l'occhio alla lotta armata. E, dunque, può accadere che, mentre forma Ordine Nuovo, Concutelli venga candidato alle elezioni dal Movimento Sociale di Almirante. E Mangiameli rompa col partito d'origine per dirigersi verso quella Terza Posizione che lo porterà a morire, ucciso in una faida tutta interna ai "fasci" di Fioravanti e Cavallini. Verrà ripescato in fondo al lago di Tor de' Cenci, a Roma, dopo essere stato a Palermo e forse messo al corrente del progetto per eliminare Piersanti Mattarella, politico inviso alla mafia, certo, per le sue prese di posizione che mettevano in crisi il sistema di corruzione tenuto in piedi dai grandi appalti regionali e nazionali, ma odiato anche per la sua politica di apertura verso la sinistra. Ecco perché spesso la sua figura viene accostata a quella di Aldo Moro.
    Era, quello, il periodo in cui i fascisti compivano a Palermo attentati molto mirati - famosi quelli ai tralicci dell'Enel e ai negozi di Luisa Spagnoli - e li rivendicavano a nome di formazioni della sinistra. Tenevano campi militari e organizzavano convegni a copertura di esercitazioni belliche (a Menfi, tra Agrigento e Trapani). A Campofelice di Fitalia (Palermo) fu tenuto un seminario sulla "cultura di destra" (lo scrittore francese Pierre Drieu La Rochelle), "arricchito" da una sana attività militaresca. Ma soprattutto era un periodo in cui "ballava" una quantità impressionante di esplosivi. Ma non la gestivano i "neri", i candelotti erano una specialità di "Cicciobomba". Ne fu prova ciò che accadde la notte dell'ultimo dell'anno 1970, quando cinque cariche esplosive colpirono in contemporanea altrettanti siti istituzionali (assessorati regionali e la sede del Comune di Palermo).
    Le bombe di Capodanno provocarono panico e clamore, fu chiaro che si "trattava di soldi", nel senso che la mafia chiedeva qualcosa che l'amministrazione pubblica negava. Ovvio che fosse una questione di appalti che aspettavano di essere sbloccati, come auspicava, per esempio, Vito Ciancimino. Poche ore dopo i "botti", l'allora capitano dei carabinieri Giuseppe Russo (che di azzardi si intendeva) si precipitò in via Castelforte a perquisire casa e magazzino di "Cicciobomba" trovando 400 candelotti di dinamite. Come faceva a sapere, Russo? Forse l'ufficiale e "Cicciobomba" si conoscevano da prima?
    Questo era il clima: Mangiameli gestiva un club di picchiatori (Il Trocadero), menava gli studenti di sinistra e non veniva mai arrestato mentre Concutelli, tra una riunione e l'altra dentro Ordine Nuovo, si assentava per frequentare la Camea, Loggia massonica imbottita di politici e mafiosi o per esercitarsi nella pineta di Bellolampo con mitragliette clandestine. C'è da meravigliarsi se il terrorista sia riuscito a ottenere, da ergastolano semilibero, il posto di guardiano al cimitero del Verano, prima di morire per una grave malattia?
    E meno male che simile considerazione non ha ricevuto Madonia quando ha chiesto un permesso premio, forse approfittando del "buonismo" di cui hanno goduto fior di boss in queste ultime settimane. —

 

 

05.01.25
  1. la storia
    La guerra di Piero contro la Sla e l'Inps "Mi negano il sussidio per un cavillo"
    Dopo una vita da ufficiale dell'Aeronautica in giro per il mondo, il signor Piero Scurpa si trova immobilizzato in un letto di una Rsa della Lombardia. L'unica parte del corpo che riesce a muovere sono le palpebre, oltre a un dito. La respirazione è indotta con un ventilatore meccanico. Ha 46 anni, due figli. Faceva il manutentore dei Tornado. Nel 2018 ha accusato i primi sintomi: «Una pesantezza anomala degli arti inferiori». La situazione è degenerata in pochi mesi. «Dopo una serie di esami, sono stato ricoverato all'ospedale Besta di Milano. Lì mi hanno diagnosticato la malattia del motoneurone, più nota come Sla, quella che ha decretato il mio passaggio al regno dei malati incurabili».
    La malattia avanza. Ferma i muscoli uno dopo l'altro, ma lascia il cervello intatto. Il signor Scurpa è perfettamente lucido, immobilizzato e lucido. Avrebbe diritto a un'indennità di accompagnamento da 500 euro al mese per poter rallentare questa corsa verso il nulla e alleviare le sue sofferenze. Ma l'Inps, che nel 2021 gliel'aveva concessa quando le sue condizioni erano meno gravi, adesso gliel'ha revocata con questa spiegazione: «Per concedere l'accompagnamento serve una data di fine ricovero». «Solo che nessuno conosce quella data», dice l'avvocato Gian Maria Mosca di Torino. «Questa è una storia vera da non poterci credere».
    Tutte le parole virgolettate che leggete in questo articolo sono il pensiero preciso dell'ufficiale in congedo Piero Scurpa. Le ha scritte di notte, con il puntatore oculare. Una lettera dopo l'altra, frase per frase. Il suo sembra l'incubo di un servitore dello Stato che vuole vivere, ma che adesso si trova lo Stato contro. «Non sono io contro lo Stato, non lo sarò mai. Casomai io sono contro una burocrazia troppo rigida nei formalismi, che ostacola accessi a misure che mi spettano sicuramente per la condizione in cui mi trovo. Mi hanno rincuorato le parole pronunciate dal nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno. Mi spingono a combattere per avere le cure».
    Di fronte alla domanda scritta direttamente dal signor Scurpa, sempre con il suo puntatore oculare, dall'Inps è arrivata la più paradossale delle risposte: «Attualmente l'istituto non dà la possibilità di ricevere l'accompagnamento, se non dopo la fine del ricovero. Si consiglia di iniziare una azione giudiziaria per capire se un giudice possa riconoscere questo diritto». E cioè: l'Inps gli ha consigliato di fare causa all'Inps. Ma da quando l'avvocato Mosca è stato incaricato di sostenere questa battaglia legale, non dorme più neanche lui. «Stiamo promuovendo la causa, certamente. C'è una sentenza della Cassazione molto chiara nello stabilire il diritto all'accompagnamento anche in caso di ricovero. Ma conosciamo i tempi della giustizia italiana e sappiamo che non corrispondono affatto a quelli della malattia».
    La malattia è veloce, la giustizia è lenta. Il signor Scurpa non può avere quel minimo sostegno – due ore al giorno – che sarebbe fondamentale. Anche la struttura in cui si trova ricoverato ha fornito un certificato per suffragare la sua domanda: «Si certifica che il signor Scurpa è affetto da sclerosi laterale amiotrofica, in ventilazione meccanica... Durante questo periodo di degenza abbiamo rilevato la necessità che venga supportato emotivamente durante la giornata e con anche una opportuna stimolazione individuale. L'attività individuale permetterebbe a Piero di essere più sereno e protetto dalle ansie di malattia in un ricovero per lui necessario».
    Niente. Risposta negativa. Lo Stato contro. Anche se a Piero Scurpa non piace pensarla così. «Io sono un ufficiale dell'Aeronautica Militare italiana in congedo, ho svolto numerose missioni anche all'estero. Mi occupavo della manutenzione del Tornado, il velivolo che ci era stato assegnato. Il mio compito, con la squadra, era di consegnarlo in condizioni perfette al pilota. Intanto ho cercato di essere un buon marito e un buon padre».
    Già, un padre. Ha due figli di 7 e 13 anni. «I motivi che mi spingono a lottare ancora contro questa malattia sono semplici: il primo è la mia indole combattiva, per cui troverei troppo facile mollare e lasciarmi andare. Il secondo motivo sono i miei figli. Mi hanno letto quello che ha scritto il più piccolo, nella consueta lettera di Babbo Natale: non voleva nessun regalo, perché ha detto di avere già tutto, ma ha chiesto se poteva guarire suo padre. Queste parole mi danno una forza enorme».
    E così, sono loro: il signor Piero Scurpa, la sua famiglia, i due figli, il cugino Massimiliano Subiaco - «Dobbiamo essere rapidi, perché questa malattia è rapidissima» – con l'avvocato Gian Maria Mosca, tutti davanti al grande Moloch della burocrazia italiana. Eppure, ecco come viene definito l'assegno di accompagnamento dalla stessa Inps: «È una prestazione economica, erogata a domanda, a favore dei soggetti mutilati o invalidi totali per i quali è stata accertata l'impossibilità di deambulare senza l'aiuto di un accompagnatore oppure l'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita». Chi più del signor Scurpa, purtroppo per lui, ne avrebbe diritto?
  2. PERCHE' NO A TORINO ?: firmato dalla regista giorgia furlan
    "Il delitto perfetto", arriva anche il docufilm Il 9 gennaio l'anteprima a Roma e Bologna
    Il docufilm di Giorgia Furlan Magma. Mattarella, il delitto perfetto è un'indagine su quello che viene descritto come il delitto più grave dopo quello di Aldo Moro. Piersanti Mattarella era un suo pupillo e un suo erede: in Sicilia, di cui era presidente, ne aveva ripreso la linea di un rinnovamento della vita politica e di convinte aperture verso il Pci. Il docufilm – prodotto da Mauro Parissone per 42° Parallelo, Antonio Campo dell'Orto e Ferruccio De Bortoli – verrà presentato a Roma con un'anteprima nazionale il 9 gennaio 2025 al cinema Moderno, e a Bologna con una proiezione speciale al cinema Modernissimo. Attorno al caso Mattarella vengono ricostruite le vicende che avevano visto la nascita di un governo regionale che aveva alzato il velo sul sistema siciliano delle connivenze e della convergenza di interessi tra mafia, poteri occulti e politica. —
  3. il caso
    "Ecco chi erano i killer di Mattarella" La nuova pista grazie alle foto d'archivio
    Riccardo Arena
    Palermo
    Del patto inconfessabile tra neri e mafiosi era convinto lo stesso Giovanni Falcone e la pista che indicava come esecutori materiali due terroristi neofascisti è stata a lungo seguita, anche in tempi recenti, pure quando - pure contro ogni ostacolo processuale - Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini erano stati ancora ritenuti al centro della complessa trama dell'omicidio di Piersanti Mattarella, fratello di Sergio. La stessa pistola che avrebbe ucciso il presidente di una Sicilia che voleva avere «le carte in regola» avrebbe poi assassinato il giudice Mario Amato, pochi mesi dopo, a giugno del 1980: mancavano però i riscontri, l'identità tra le ogive esplose nei due delitti non era certa. E lasciamo stare che i due "neri" sono stati assolti con una sentenza che è definitiva da un quarto di secolo, ostacolo processuale tecnicamente insormontabile.
    Ora però vengono fuori gli indagati e i due possibili esecutori materiali sarebbero nomi di peso nell'universo mafioso: uno è Nino Madonia, superkiller e appartenente a una famiglia di rango, figlio di Francesco, un componente della commissione condannato (con Riina e Provenzano) come mandante del delitto. Madonia da anni ormai è sospettato di avere sparato a Piersanti Mattarella anche per via della sua somiglianza - all'epoca - con Fioravanti. L'altro è Giuseppe Lucchese, "Lucchiseddu", superkiller di mafia. Scontano entrambi ergastoli, potrebbe non fare alcuna differenza, per loro, uno in più o in meno. E però quel delitto di 45 anni fa si porta dietro ancora mille misteri, sebbene si parli del fratello dell'attuale presidente della Repubblica, tra i primissimi a intervenire – inutilmente – in soccorso del prossimo congiunto. Il grumo di interessi mafiosi e di altro genere, politici e imprenditoriali innanzitutto, contro quell'anomalo democristiano allievo di Aldo Moro e insensibile ai richiami all'ordine e all'equilibrio costituito di pacifica convivenza e connivenza del tempo, non è mai emerso con nettezza. Se dovessero essere individuati i killer, ci sarebbe comunque un tassello di verità in più.
    Il processo che fu celebrato all'epoca, su input del procuratore aggiunto Giovanni Falcone e dei sostituti Giuseppe Pignatone e Guido Lo Forte, prendeva in considerazione - non a caso - i "delitti politici" (Mattarella, Reina, La Torre, Dalla Chiesa) nel loro complesso. Un'auto sospetta, fotografata per caso sul luogo del delitto, in via Libertà: ci sarebbe questo, alla base della nuova ipotesi investigativa che ha portato a una decisa accelerazione dell'inchiesta, già riaperta anni fa. Un riscontro possibile per circoscrivere il novero dei sospetti e anche per escludere definitivamente che quel giorno avesse agito Fioravanti e non Madonia. La somiglianza tra i due potrebbe avere tratto in inganno la vedova del presidente, Irma Chiazzese, che in aula si era detta sicura che a sparare fosse stato Fioravanti. Nei mesi scorsi una lettera anonima era stata recapitata ai familiari: lì si indicava il killer, con tanto di identikit e foto del possibile colpevole. Poi gli investigatori della Dia erano andati nelle redazioni di quotidiani, televisioni e agenzie di stampa, alla ricerca di foto e articoli. Avevano riprodotto tantissimo materiale, anche fogli di vecchi giornali dell'epoca e si sarebbero imbattuti nella foto di un'auto non rubata, riconducibile a soggetti legati a Cosa nostra.
    Il 6 gennaio 1980 un killer dagli occhi di ghiaccio, con estrema freddezza, sparò una prima volta quattro colpi con una calibro 38 Special e, dopo che la pistola si era inceppata, andò a cambiarla, facendosi passare una Smith&Wesson dal complice che lo aspettava su una 127 rubata. Camminando con andatura ballonzolante si riavvicinò alla Fiat 132 su cui c'erano il presidente siciliano, che la domenica rinunciava alla scorta per andare a messa, la moglie, che cercò di fargli scudo col corpo, rimanendo ferita, la madre di lei e i figli della coppia: Maria, recentemente scomparsa, e Bernardo, ex deputato regionale del Pd. Sergio Mattarella, che abitava di fronte (e ha ancora casa lì) venne immortalato mentre cercava di tirare fuori dalla 132 il fratello morente, in una storica foto di Letizia Battaglia, che passava di là per caso e scattò senza sapere chi fosse la vittima. Si moriva tanto, a Palermo, allora, si faceva fatica persino a capire che avevano sparato al presidente della Regione. —
  4. recensioni
    Il bazar

    delle
    lorenzo cresci
    «Comprare recensioni su TripAdvisor». Basta un clic. Il motore di ricerca si avvia e restituisce il paradiso, anzi, la «reputation». Perché di quella si vive, in fondo, soprattutto se fai ristorazione. Ci sono siti – che si presentano come agenzie – che mettono in vendita pacchetti di voti tra gli 11,90 e i 15,90 euro. La selezione è ampia: il commerciante può scegliere tra due Opzioni («I tuoi commenti» oppure «Commento su misura») e anche quante recensioni al giorno: una, due o tre. D'altro canto, garantisce l'agenzia «con sedi a Roma e New York», ormai «più dell'80% degli utenti Internet consulta le recensioni dei clienti e le loro stelle su un sito prima di andarci. I buoni commenti aiutano a indirizzare questi utenti alla tua piattaforma». Secondo un sondaggio di Fipe-Confcommercio il valore percentuale è del 65%, ma comunque resta molto alto.
    Questa è l'offerta low cost, perché le agenzie considerate di alto livello – GetAFollower, Media Mister o Buy Real Media – chiedono anche 57 euro a recensione su TripAdvisor. L'aspetto curioso è che non necessariamente si possono acquistare soltanto recensioni a 5 stelle. Sono in commercio anche quelle a 1 o 2 stelle, per cercare evidentemente di mitigare l'entusiasmo. Una delle ricerche più recenti della stessa TripAdvisor – il Review transparency report datato 2022 – sostiene che «oltre 1,3 milioni di recensioni al mondo sono risultate false», ovvero il 4,3% di quelle complessive, un dato in crescita rispetto agli anni precedenti, anche se condizionato dal periodo del Covid, quando soprattutto associazioni come Confesercenti denunciarono le false recensioni scritte dai No Green Pass. Ma c'è un elemento importante: i pareri manipolati perché a pagamento in realtà sono stati appena 24.500, e l'Italia è tra i primi Paesi al mondo, quinta, tra Turchia e Vietnam.
    È un grande bazar, insomma, quello delle recensioni, se non fosse che di mezzo c'è autenticamente la credibilità: del ristoratore e del cliente. Il ristoratore mettendoci la faccia, il cliente spesso l'anonimato. Un po' come nel caso avvenuto a Roma negli scorsi giorni: «Esperienza del tutto inaspettata, completamente deludente per il nostro gruppo», scrive il cliente. «Peccato che un ragazzo abbia avuto la brillantissima idea di lanciarsi dalla finestra, e gli altri abbiano giocato a tennis con i taglieri dei salumi», risponde il proprietario del ristorante.
    Chi non si è piegato a una pioggia di improvvise recensioni negative – dopo centinaia di giudizi positivi – è il ristoratore dell'Hostaria Ducale di Genova, Enrico Vinelli. Che ha fatto causa (vincendola) a Google. «Improvvisamente mi sono arrivati decine di giudizi negativi, ma non credibili – racconta Vinelli – Un sedicente cliente addirittura diceva di "aver mangiato qui la peggiore pizza di Roma". Erano tutte in inglese, fioccavano una dopo l'altra». A quel punto l'imprenditore si rivolge a Google chiedendo di verificare le recensioni, ma il colosso dice che non è così, in fondo quelle recensioni non hanno contenuti offensivi. Si arriva in procura e, dimostrata la falsità dei contenuti, Google viene costretta a rimuovere le recensioni lasciate da un cosiddetto "bot", e, si legge nell'ordinanza, «usando l'ordinaria diligenza, ne avrebbe potuto facilmente riconoscere la falsità, provvedendo quindi autonomamente alla loro eliminazione».
    Si è scagliato direttamente contro un cliente, invece, Simone Angeli, proprietario del ristorante "Chi Burdlaz" di Marina centro a Rimini (2.542 recensioni su Google, media di 4,3 stelle su 5), che ha querelato per diffamazione aggravata un cliente tedesco che aveva pubblicato online una recensione negativa, aggiungendo che non gli era stato rilasciato uno scontrino fiscale (accusa giudicata falsa, perché il pagamento elettronico del conto dimostrerebbe il contrario). I fatti sono del 2022, «la querela è rimasta» conferma il proprietario al telefono, anche se la pratica è ferma e non c'è stato uno sviluppo giudiziario. Altri casi? «Ogni tanto capita, rispondo solo se mi fanno realmente arrabbiare, altrimenti lascio perdere», conferma. Altri casi arrivano in ordine sparso da ogni parte d'Italia: il ristorante Rigoletto di Mantova è stato tempestato di giudizi negativi dopo aver partecipato alla trasmissione tv di Alessandro Borghese per l'atteggiamento della sua proprietaria, così come un ristoratore di Arezzo che nella stessa trasmissione aveva affermato di essere gay. E c'era un autista di autobus romagnolo (condannato) dietro decine di recensioni negative al ristorante Artrov di Rimini, reo di non somministrare spritz, mentre era un vicino di casa indispettito dalla musica che proveniva dal locale a scrivere «Very bad... pessimo» dell'agriturismo di Jesi "bocciato" nelle recensioni.
    C'è di tutto, insomma ma in generale il problema secondo i ristoratori è uno: «Chiunque può lasciare una recensione in forma anonima, mentre piattaforme come The Fork sono sulla carta più affidabili perché offrono un servizio di prenotazione. Il cliente, arrivato al ristorante, viene "segnato" presente e solo a quel punto potrà scrivere una recensione». Sulla carta sicuro, ma siccome non sempre è solo il cliente ad avere torto, c'è chi ha scoperto un inganno: può essere lo stesso ristoratore a prenotare – magari usando il nome di un conoscente o di un parente – quindi segnalare l'arrivo del presunto cliente con l'apposita app, pagare 2,50 euro di commissione e infine liberare il tavolo. E rilasciare un giudizio (positivo). In fondo, business is business: e 2,50 euro è meglio dei 57 euro proposti dalle agenzie di vendita recensioni. —
  5. Le carte degli Usa
    di
    La rete
    Abedini
    Roma
    Della storia di Mohammad Abedini, l'ingegnere iraniano arrestato a Malpensa su mandato degli Stati Uniti, restano alcuni aspetti da chiarire. Si è scritto ieri, su questo giornale, della sua carriera folgorante nell'industria militare, alla guida dell'azienda "Sdra", e del rapporto con i suoi principali clienti, i Pasdaran. Washington l'accusa di aver esportato illegalmente tecnologie americane in Iran, fornendo un supporto all'associazione terroristica delle Guardie della rivoluzione. Ma Abedini, per quanto intraprendente e potente sia diventato, non può aver fatto tutto da solo. Quella che segue è quindi la ricostruzione degli eventi fornita da un resoconto delle indagini condotte dall'unità di controspionaggio dell'Fbi di Boston, di cui La Stampa è in possesso. Da questo fascicolo emergono il metodo e la rete di relazioni che avrebbero permesso ad Abedini di penetrare nel mondo delle aziende statunitensi, esportare le loro tecnologie e alimentare l'industria dei droni iraniana.
    Nella storia di Abedini svolge un ruolo da protagonista un altro ingegnere iraniano, Mahdi Sadeghi. È laureato all'Università di Teheran e ha un dottorato alla Michigan University dove da ricercatore guida un progetto per lo sviluppo di Mav, droni poi rimpiazzati dai moderni Uav. Vive in Massachusetts e qui nel 2015 fonda insieme a due soci la "Tacit Motion", un'azienda che si dovrebbe occupare di sensori di movimento per il fitness. Nell'agosto dello stesso anno chiede e ottiene un prestito da 790 mila dollari dalla "Fondazione nazionale per le élite iraniane", un ente governativo di Teheran sospettato di svolgere un ruolo di scouting per i Pasdaran. L'accordo dietro questo prestito prevede - secondo l'Fbi - che Sadeghi crei una società gemella di "Tacit Motion" in Iran e che condivida la proprietà intellettuale dei prodotti che svilupperà negli Usa. I due soci di Sadeghi sanno di essere entrati nel territorio dell'illegalità. Il 3 dicembre 2015 avviene questo scambio di mail: «Avrei bisogno dei weekend liberi» - «Puoi avere tutti i weekend liberi che vuoi, se prometti di portarmi un po' di chai in prigione». E ancora, il 1 agosto 2016, Sadeghi interroga uno dei soci sulla società gemella iraniana. «Immagino - è la risposta - che dovrei sapere almeno che nome abbia quando verrò condannato in tribunale».
    Subito dopo aver ricreato l'azienda di sensori per il fitness a Teheran, nel 2016 viene messo in contatto con Abedini e la sua "Sdra", che già da anni progetta componenti di missili balistici per i Pasdaran. Abedini - per l'intelligence - capisce che la presenza di Sadeghi negli Usa può rivelarsi utile: ha bisogno di tecnologia americana per far crescere la Sdra. Prima, però, devono fidarsi l'uno dell'altro. Così, Sadeghi firma un contratto da 250 mila dollari per acquisire da Sdra firmware e prototipi di hardware. Poi, nel dicembre 2016, ordina del materiale elettronico da un'azienda statunitense e nella bolla di spedizione del pacco, che arriva in Massachusetts, si specifica che alcuni di quei prodotti verranno esportati e viene segnato come "riferimento cliente" la Sdra per due di quei prodotti. Il 2 gennaio 2017 vola quindi a Teheran, per tornare negli Usa il 10 gennaio, portando con sé – sospettano gli Usa – i due materiali per Abedini, violando i divieti di esportazione. Abedini ora sa che può contare su Sadeghi e tra il 2 e il 10 gennaio lo invita spesso nella sede della Sdra. In almeno tre occasioni, infatti, l'Fbi registra che Sadeghi consulta le sue mail dall'indirizzo IP della Sdra. E anche dopo la partenza di Sadeghi, i due restano in contatto.
    Nell'agosto 2017 Sadeghi parla a Abedini della sua idea: una collaborazione tra la sua Tacit Motion e l'azienda americana A.D.. Sa che è la preferita di Abedini, quella con cui l'amministratore della Sdra ha intrattenuto rapporti fin dall'inizio delle sue operazioni. Sadeghi dice di avere un contatto in quell'azienda: un suo ex compagno della Michigan University. È un'occasione perfetta.
    L'inasprimento delle sanzioni americane voluto da Donald Trump nel maggio 2018 porta a un'accelerazione. Abedini, pochi mesi più tardi, fonda una nuova società in Svizzera, la Illumove: una vetrina europea per poter ricevere materiale elettronico dagli Usa e - si sospetta - esportarlo in Iran. Ma l'obiettivo - secondo l'Fbi - è più ambizioso: infiltrarsi in una delle più importanti aziende tecnologiche americane. Sadeghi continua quindi a lavorare sul suo contatto in A.D. e nel marzo 2019 (un mese dopo essere stato di nuovo a Teheran nella sede della Sdra) ottiene il primo successo: riesce a farsi assumere in A.D. come ingegnere. Si è aperta una breccia. E i due la sfruttano. Sadeghi presenta Abedini come Ceo della Illumove, ne tesse le lodi, fino a ottenere nell'agosto 2021un contratto di collaborazione tra A.D. e Illumove. Abedini dovrà sviluppare uno strumento per valutare prodotti di A.D., che si chiamerà "Evaluation Board Project". A.D. inizia quindi a inviare materiale in Svizzera e i viaggi di Abedini da Losanna a Teheran aumentano. Tra i prodotti inviati ci sono sensori e semiconduttori che verranno utilizzati, poi, sul sistema di navigazione Sepehr prodotto dalla Sdra e venduto ai Pasdaran per i loro droni militari. Compreso quello che ucciderà nel gennaio 2024 tre militari americani in una base in Giordania. Quando l'Fbi recupera e analizza il chip di quel drone, estrapola dei dati dal microcontroller e scopre che è stato prodotto dalla Sdra. Anche il chip è, a vista, sostanzialmente identico a quello fornito dalla Sdra, come testimonia la foto di un chip prodotto dall'azienda di Abedini che l'Fbi trova nel suo archivio mail.
    Abedini intanto è lanciato e a nome di Illumove propone alla A.D. di sviluppare prodotti che ha già creato, come «NavStudio», un sistema di navigazione sviluppato dalla Sdra iraniana e che può essere applicato al sistema Sepehr per droni militari. Mette quindi al lavoro sul progetto i dipendenti della Sdra a Teheran, pagandoli in dollari americani. E i dipendenti si lamentano: «I pagamenti in dollari a chi lavora in Iran sono una cosa ingiusta!», si legge in una mail. «Dovrebbero considerarlo un lavoro della Sdra», replica il collega. Condivide con i dipendenti della Sdra, da marzo 2022 ad aprile 2024, innumerevoli schede tecniche e informazioni su prodotti della A.D., anche se "riservati" o etichettati dal governo Usa come «materiale antiterrorismo». Nell'indagine Fbi ci sono nomi, numeri, date, mail, documenti. E su queste prove dovrà decidere la Corte d'Appello di Milano se estradare Abedini negli Usa o se, come prova a dire Teheran, sono solo «false accuse». —
  6. STATO DI SALUTE
    liste d'attesa
    I fantasmi
    delle
    Così su La Stampa
    Paolo Russo
    roma
    Dietro le liste di attesa che si allungano ci sono anche gli assistiti habitué della "buca". Quelli che si rivolgono al Cup per prenotare e che poi, il giorno fatidico, al momento di dover effettuare una visita specialistica o un esame diagnostico non si presentano, senza nemmeno degnarsi di disdire prima l'appuntamento.
    Senza curarsi del fatto che così facendo ambulatori, centri diagnostici e laboratori di analisi non hanno più il tempo di chiamare chi era in lunga attesa per ottenere la stessa prestazione. Un gesto di "maleducazione sanitaria" che secondo i calcoli del ministero della Salute fa saltare ogni anno circa il 20% di visite e accertamenti vari programmati. Detta così sembra non poi così grave. Salvo scoprire che di prestazioni diagnostiche e specialistiche il nostro Ssn ne eroga qualcosa come 760 milioni l'anno e che quindi sono oltre 150 milioni le analisi, le tac, risonanze e gli appuntamenti dal medico saltati, che vanno ad allungare l'attesa di chi invece aspetta mesi se non anni, quando si parla di prestazioni diagnostiche come tac, risonanze o ecografie.
    Per non parlare anche del danno economico, perché dietro a quegli accertamenti per cui si è "dato buca" ci sono comunque costi per il personale e di ammortamento dei macchinari. Calcolando che per la specialistica e la diagnostica il costo stimato si aggira intorno ai 20 miliardi euro l'anno, si parla di uno spreco di circa 4 miliardi, che si sarebbero potuti utilizzare per risollevare un po' le sorti della nostra sanità pubblica in perenne debito di ossigeno.
    Considerando sempre due assistiti su dieci che non si presentano, ecco che, nel dettaglio, ad andare in fumo sono 114 milioni di prestazioni di laboratorio su 572 milioni erogati ogni anno. A questi si aggiungono circa 12 milioni di diagnostica, 6 di sedute per la riabilitazione, 7 milioni di attività terapeutiche varie e quasi 11 milioni di visite specialistiche.
    Usando ancora di più la lente di ingrandimento, parliamo di quasi un milione di Tac non fatte, 2,8 milioni di radiografie, due milioni di ecografie e 900 mila risonanze magnetiche che si potevano casomai effettuare a chi ne aveva realmente bisogno. Anche se non è detto che dietro il fenomeno di chi salta l'appuntamento ci sia sempre una sorta di consumismo sanitario. Quello che fa prescrivere visite e accertamenti senza una vera ragione, ai quali poi si rinuncia vari motivi, anche futili. In molti casi infatti c'è la cattiva abitudine di prenotare anche dopo aver già ottenuto un appuntamento, cogliendo caso mai l'offerta del Cup di uno a distanza di tempo più ravvicinata. Questo però senza degnarsi di disdire la visita o l'accertamento già fissato precedentemente.
    Della cattiva abitudine si è accorto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che nel decreto taglia liste di attesa del giugno scorso all'articolo 3, comma 5, prima prevede che il Cup due giorni prima contatti l'assistito chiedendogli conferma dell'appuntamento.
    Poi al successivo comma 7 stabilisce che a quel punto «l'assistito, anche se esente, che non si presenta nel giorno previsto senza giustificata disdetta, salvi i casi di forza maggiore e impossibilità sopravvenuta, è tenuto al pagamento all'erogatore pubblico o privato accreditato della quota ordinaria di partecipazione al costo, stabilita dalle norme vigenti alla data dell'appuntamento, per la prestazione prenotata e non usufruita». Tradotto: se non ti presenti all'appuntamento e non hai disdetto prima paghi il ticket. Che per quel 20% di assenti ingiustificati a visite e accertamenti vari fa 1,8 miliardi in un anno. Altri soldi che lo Stato potrebbe incassare ma che non incamera. Perché lo stesso decreto legge per applicare la tassa prevede, sempre all'articolo 3, comma 5, l'emanazione di specifiche linee di indirizzo che a distanza di sei mesi dall'approvazione del Dl non risultano ancora essere state predisposte e nemmeno sembrano in procinto di esserlo.
    Così come tra i provvedimenti attuativi del medesimo decreto manca quello che doveva dar vita al tassello forse più importante: la norma taglia coda, che consentirebbe agli assistiti di rivolgersi direttamente al privato pagando solo l'eventuale ticket, qualora nel pubblico i tempi di attesa superino quelli massimi previsti per legge. Che sono di 72 ore nei casi urgenti, 30 giorni per quelli differibili (che diventano 60 per gli accertamenti diagnostici), 120 giorni per le prestazioni programmabili. Il "decreto Schillaci" prometteva un passo avanti rispetto a oggi, perché al momento prima si anticipano i soldi e poi si chiede il rimborso con tanto di Pec e prova documentale di non aver ottenuto la prestazione nei tempi massimi stabiliti per legge. Un percorso a ostacoli che rende di fatto inesigibile questo diritto. Che tale resterà fino a quando non verrà alla luce un qualche provvedimento o circolare che spieghi come saltare la fila senza sborsare denaro in anticipo, sperando poi nella remota possibilità di vederselo restituire dalla propria Asl.

 

 

04.01.25
  1. L'atto di accusa dell'Fbi ad Abedini "Così lavorava per i pasdaran"
    Federico Capurso
    Roma
    Sono intrecciati, ormai, i destini di Cecilia Sala e di Mohammad Abedini, il cittadino iraniano arrestato il 16 dicembre scorso all'aeroporto di Malpensa su mandato degli Stati Uniti. Teheran pretende che non venga consegnato agli Usa. Washington invece ha già chiesto l'estradizione ed entro 21 giorni invierà alla Farnesina il fascicolo dell'inchiesta sulla base del quale la Corte d'appello di Milano deciderà del destino di Abedini. La Stampa è in possesso di un resoconto delle indagini portate avanti dal controspionaggio americano su cui si fonda l'accusa contro Abedini e contro Madhi Sadeghi. Entrambi sono imputati di aver cospirato per esportare tecnologia statunitense in Iran, aggirando le sanzioni, e di aver supportato le Guardie rivoluzionarie che gli Usa considerano un'associazione terroristica.
    Quella che segue è la ricostruzione della rapida ascesa di Abedini nel mondo dei pasdaran, ottenuta attraverso il lavoro dell'intelligence americana e le informazioni ricavate da fonti open source. Ne emerge un personaggio che supera la semplice definizione di «ingegnere dei droni». Come risulta chiaro, ad esempio, dal ruolo di consulente, dal 2019 al 2021, al servizio dell'Ente di ricerca per l'autosufficienza del jihad, un'organizzazione collegata alle Forze aerospaziali delle Guardie rivoluzionarie. In questo ramo delle milizie pasdaran vengono sviluppati sistemi missilistici, veicoli militari, equipaggiamento per cyber attacchi, radar, e ha tra i suoi "clienti" organizzazioni terroristiche come Hamas e Hezbollah.
    La carriera di Abedini inizia prestissimo. Ed è folgorante. Nel 2010, mentre sta svolgendo un dottorato in ingegneria meccanica all'università Sharif di Teheran, viene avvicinato dal dipartimento per le Relazioni industriali dell'ateneo, grazie al quale nel 2011, appena 24enne, fonda insieme a due soci l'azienda San'at Danesh Rahpooyan Aflak, nota come "Sdra". E ottiene il ruolo di amministratore delegato, oltre al 32% delle quote della società. Non sembra una start-up qualunque, almeno a giudicare dall'identità di uno dei due soci, Amid Fazeli, già amministratore dell'Agenzia spaziale iraniana. Dal 2011 al 2013 l'azienda di Abedini raccoglie soprattutto informazioni, struttura l'azienda, abbozza i primi progetti. È un periodo che coincide con gli anni centrali del dottorato di Abedini alla Sharif University. Per l'intelligence americana, già dal 2014 il giovane Ceo della Sdra è a conoscenza del divieto di esportare in Iran tecnologia statunitense. Manda infatti una mail a un'azienda in Massachussets - che chiameremo A.D. -, vuole farsi spedire dei sensori per la sua tesi di dottorato in robotica e meccatronica. Un dipendente di A.D. gli risponde, però, che non può fornirglieli a causa del divieto di esportazione dovuto alle sanzioni.
    Nonostante questo, secondo il business plan della Sdra ottenuto dall'intelligence, nel 2014 l'azienda di Abedini inizia comunque a stipulare contratti con i pasdaran tramite il Centro industriale di ricerca per la Marina e le Forze aerospaziali Shahed. Dalle carte dell'inchiesta risulta, poi, che i tecnici della Sdra abbiano lavorato con e per le Forze aerospaziali delle Guardie rivoluzionarie su progetti per la produzione di missili balistici.
    Abedini, però, compie il primo salto di qualità quando, grazie anche al doppio passaporto iraniano e svizzero, nel 2015 ottiene un posto da ricercatore all'École polytechnique fédérale di Losanna, in Svizzera. Dunque, è in Europa. E dal gennaio 2016 - si legge nel rapporto - è in grado di procurarsi materiale tecnologico americano. Si rivolge ancora all'azienda A.D., ma questa volta chiede di spedire tutto al nuovo indirizzo di Losanna. «Destinatario: Mohammad Abedini, Sdra», si legge sui pacchi che contengono componenti per sistemi di navigazione, utilizzabili su droni militari. L'obiettivo successivo è riuscire a portarli in Iran. Sempre nel gennaio 2016 Abedini invia quindi una mail alle autorità dell'aeroporto di Ginevra chiedendo se può trasportare «campioni» di prodotti di A.D. sul volo per Teheran. Per i servizi Usa «mente alle autorità svizzere» quando sostiene che siano «prodotti generici, non coperti da restrizioni», utilizzati per progetti universitari. Gran parte di quei materiali - si legge nel report - erano invece soggetti a restrizioni. Sarebbe un reato, ma il viaggio è un successo. Nei successivi due anni, Abedini inizia a ordinare materiale elettronico da molte aziende Usa, sempre con lo stesso metodo. Attraverso queste spedizioni ottiene - secondo l'intelligence - anche i microtelecomandi che utilizzerà per il futuro prodotto di punta della Sdra: il sistema di navigazione Sepehr per i droni "Uav" dei pasdaran.
    Nel 2018 Abedini deve però superare un nuovo ostacolo. L'8 maggio l'allora presidente Donald Trump annuncia l'uscita degli Usa dal Jpcoa, l'accordo sul nucleare iraniano che, in cambio di restrizioni sullo sviluppo della tecnologia nucleare, allentava le sanzioni alla Repubblica islamica. Poco dopo, gli Usa tornano a imporre un massiccio sistema di sanzioni sull'export verso l'Iran. Per Abedini è un problema serio. Non può continuare a farsi spedire materiale per scopi universitari dalle aziende americane. Il 9 agosto un professore universitario, suo amico, gli dice quindi che, «alla luce delle proposte di partnership e del ritorno delle sanzioni americane, deve spostare i suoi affari lontano dall'Iran. La Svizzera - lo consiglia - sembra una buona opzione». E Abedini si è già dimostrato intraprendente. Appena un mese dopo, il 10 settembre 2018, insieme a un nuovo socio svizzero, invia un business plan in cui risulta cofondatore di una nuova società, la "SadraLab", che - si legge nel business plan - si occuperà di fornire sistemi di navigazione alle aziende. Viene omesso, invece, qualunque riferimento alla Sdra e ai collegamenti con i pasdaran. A metà 2019 il nome SadraLab viene però bocciato dal "board" (l'intelligence pensa che si tratti del consiglio d'amministrazione della Sdra), perché se l'azienda deve essere una "vetrina pulita" attraverso cui far arrivare materiale tecnologico dagli Usa, non può avere un riferimento così smaccato alla Sdra iraniana. Nasce, così, "Illumove". In un documento interno dell'azienda (secondo i servizi è una bozza di accordo tra Abedini e il socio svizzero) si stabilisce che: «Illumove è stata fondata con la funzione di ramo d'azienda per le vendite e il branding della Sdra»; che Abedini è «l'azionista di maggioranza», perché le sanzioni all'Iran non permettono a Sdra di avere un ruolo diretto in un'azienda svizzera; che i guadagni di Illumove sarebbero stati «trasferiti alla Sdra tramite Abedini».
    Il documento indica poi - scrive l'intelligence - che lo scopo principale di Illumove è quello di aggirare le sanzioni all'Iran e spiega, in parte, il modo in cui pensa di farlo. Così, nasce quello che per gli Usa diventerà il cavallo di Troia attraverso cui Abedini e la Sdra si avvicineranno alle aziende tech americane, penetreranno al loro interno e riporteranno informazioni e tecnologie in Iran. Due anni dopo nasce il sistema di navigazione Sepehr e i pasdaran lo adorano. Nel 2021 l'87% di vendite del sistema di navigazione per droni della Sdra è rappresentato da contratti con le Guardie della rivoluzione. Nel 2022, con la guerra in Ucraina e la vendita di droni a Mosca - si legge nel resoconto - le vendite del Sepehr aumentano del 556% e i contratti con i pasdaran rappresentano, ormai, il 99,5% dei profitti della Sdra. Il trucco funziona. —

 

 

03.01.25
  1. Per la pg le garanzie sull'iraniano sono insufficienti. America in allarme: "Altissimo pericolo di fuga"
    Parere negativo sulla scarcerazione di Abedini Dall'America stoccata all'Italia: 7 ricercati già evasi
    monica serra
    milano
    Per la procura generale di Milano, le garanzie offerte dalla difesa di Mohammad Abedini Najafabadi sono «insufficienti». I domiciliari in un appartamento privo di controlli, messo a disposizione dal consolato iraniano ma a tre chilometri dalla sua sede milanese, e la revoca in caso di evasione del sostegno economico che Teheran gli assicura sono ritenute «circostanze non adeguate» a escludere il pericolo di fuga dell'uomo dei droni.
    Con queste motivazioni, la procuratrice generale Francesca Nanni ha dato parere negativo all'istanza di scarcerazione o, in alternativa, di domiciliari avanzata dal legale dell'ingegnere iraniano, su cui deciderà la Corte d'Appello in un'udienza che per legge non può essere fissata prima del 13 gennaio.
    Solo qualche ora prima, il ministero della Giustizia aveva trasmesso a Milano una nota datata 2 gennaio con cui il Department of Justice bacchetta l'Italia. E in cui, avendo «appreso dell'istanza di domiciliari», gli Usa ricordano l'«altissimo rischio di fuga» di Abedini, che può «compromettere il procedimento di estradizione» e «vanificare risorse giudiziarie e processuali dell'Italia e degli Stati Uniti». Come del resto – si sottolinea – è già capitato in almeno sette casi negli ultimi quattro anni. Il primo e più noto latitante dell'elenco è il figlio dell'oligarca russo Artem Uss, fuggito dai domiciliari nel marzo del 2023 prima della decisione sull'estradizione. Ma prima di lui – si ricorda nella nota – ci erano riusciti la spagnola Laura Virginia Fernandez Ibarra, scappata da Firenze, il nigeriano Efeturi Simeon, sospettato di truffe informatiche, l'americano Christopher Charles Gardner, fuggito da Genova, il greco Christos Panagiotakoupoulous scomparso in Veneto, la svizzera Daisy Teresa Rafoi Bleuler, accusata di riciclaggio e sparita da Milano, il tedesco Uwe Bangert, che nel 2019 ha ottenuto i domiciliari a Trento. Tutti casi che «rafforzano» il fatto che i domiciliari non «garantiscono efficacemente» la consegna del latitante.
    Nel file si fanno presenti le «ingenti risorse finanziarie» e i «legami con il regime iraniano» di Abedini su cui pesano accuse gravi. È sospettato di cospirazione per l'esportazione di componenti elettronici sofisticati e di fornire sostegno materiale alle Guardie della Rivoluzione islamica, inserite da Washington nella lista delle organizzazioni terroristiche e che hanno portato alla morte di tre militari statunitensi nel corso di un attacco con un drone a una base militare in Giordania. Come ha spiegato anche al legale dell'ingegnere, Alfredo De Francesco, che ieri ha ricevuto nel suo ufficio, nel parere negativo la pg Nanni non è entrata nel merito delle accuse «riservandosi un'approfondita e completa valutazione all'esito degli atti» che si attendono dagli Usa e riguardano il procedimento di estradizione per cui i tempi saranno più lunghi. Si è limitata a valutare che le garanzie offerte «per il momento» nella richiesta di domiciliari non bastano, anche se accompagnate da una affidavit del consolato. Anche perché l'appartamento messo a disposizione non è neppure frequentato da personale consolare.
    E a poco servirebbe imporre ad Abedini il divieto di espatrio e l'obbligo di firma come chiede la difesa. Nessun cenno compare, ovviamente, negli atti all'arresto di Cecilia Sala. I giudici non possono entrare nel caso diplomatico ma il governo potrebbe intervenire sul fronte giudiziario: la legge prevede, infatti, che in qualsiasi momento il ministro Nordio autonomamente possa decidere di scarcerare Abedini. —

 

 

02.01.25
  1. LA PROF.SSA MARIA GRAZIA SESTERO MI HA LASCIATO DIRE QUELLO CHE PENSAVO CONDIVIDENDO 30 ANNI FA LE MIE PROPOSTE DELLE PISTE CICLABILI :  L'ex deputata e presidente dell'Anpi aveva 82 anni. Da titolare della Viabilità trasformò il centro e le periferie che continuava a sognare "pedonali"
    Addio Sestero, l'assessora che ridisegnò Torino Tolse le auto da via Lagrange e piazza San Carlo
    ANDREA JOLY
    Ha trasformato via Lagrange, nonostante le polemiche. Ha ridisegnato piazza San Carlo, rendendola il "salotto di Torino" senza auto. Ma anche piazza Vittorio, con il parcheggio interrato lungo tutta la spina dorsale del centro, e via Carlo Alberto, «resa pedonale con i risparmi degli altri cantieri – racconta l'ex sindaco Sergio Chiamparino, che le ha affidato le deleghe alla Viabilità in Comune dal 2001 al 2011 – uno dei suoi tanti colpi da grande assessora». E ancora: la Metro 1, la Spina centrale, le prime ciclabili in centro come via Principe Amedeo e via dell'Arcivescovado: Maria Grazia Sestero ha ridisegnato tutta Torino nel suo viaggio al servizio della città, dall'esordio in Consiglio comunale nel 1978 a ieri, quando si è spenta all'età di 82 anni alle prime ore del nuovo anno.
    Torino, all'alba del nuovo anno, ha dovuto dire addio alla «madre delle pedonalizzazioni». Ma non solo: Maria Grazia Sestero, volto storico della politica torinese prima con il Pci e poi con Rifondazione Comunista, Movimento dei Comunisti Unitari e Democratici di Sinistra, è stata docente e preside del liceo Einstein. E anche presidente dell'Anpi provinciale, missione per la Memoria che ha portato avanti fino alle ultime ore della sua vita, come ricorda l'attuale presidente della sezione torinese Nino Boeti: «Nel nostro ultimo incontro a casa sua, durante la malattia, abbiamo parlato di politica, dell'attuale governo così lontano da noi e dai nostri ideali, dell'Anpi, del 25 Aprile prossimo e dell'Ottantesimo, con tutte le iniziative che stiamo portando avanti».
    L'impegno politico ha toccato tutti i fronti, dalla Città al Parlamento come deputata della Repubblica dal 1992 al 1994. Ma è nel suo ruolo da assessora alla Viabilità e ai Trasporti, tra il 2001 e il 2011, che ha cambiato volto a Torino. «Gli angoli della città che portano la sua firma sono troppi per citarli tutti - aggiunge Chiamparino - ma tra i tanti mi piace citarne uno in periferia, forse il fronte più nascosto di tutto il suo enorme lavoro per la città». Quale? «Il sottopasso in piazza Rivoli. Senza quell'incrocio sarebbe anche peggio di piazza Baldissera». Ridisegnare le periferie è stato il suo ultimo sogno per la città. Tanto che, nell'ultima intervista a La Stampa di luglio, suggeriva: «Le auto spariscano anche lontano dal centro». «In giunta era una protagonista anche quando le discussioni non trattavano le sue deleghe - conclude Chiamparino - e sapeva arricchire sempre il dibattito».
    Il primo a ricordarla, ieri mattina, è stato l'attuale sindaco Stefano Lo Russo: «Ci lascia una parte importante della nostra storia, sempre a disposizione della comunità. Ci mancheranno molto la sua intelligenza e la sua ironia». «Ne ricordo la competenza, la passione civile, l'attenzione e la cura per le persone, l'amore per l'insegnamento e per una scuola aperta all'innovazione» è il cordoglio dell'ex sindaco Piero Fassino. Nino Boeti, sull'impegno da assessora, aggiunge: «Ha reso Torino una città europea», mentre l'ex sindaca e parlamentare Chiara Appendino ha scritto: «Chiunque abbia lavorato per Torino ha avuto a che fare con lei e col suo impegno per la nostra città». In Parlamento l'hanno ricordata anche i dem Andrea Giorgis - «Un esempio di impegno e di passione politica e civile» - e Anna Rossomando: «Un riferimento autorevole e battagliero, laddove la dialettica più aspra comprendeva sempre l'ascolto dell'altro». E Marco Grimaldi, di Avs, studente dell'Einstein ai tempi di Sestero preside: «Occupavamo ed eri sempre pronta all'ascolto. Eri una grande donna, erede della storia partigiana».
    Da oggi Torino può salutarla presso la Casa Funeraria Memoria della cooperativa Astra in lungo Dora Colletta 113/12 (14,30-17,30). —

 

 

01.01.25
  1. LA LEGGE CALTAGIRONE-GROSS PIETRO : DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE DAI LORO INVESTIMENTI MILIARDARI IN ITALIA - I VARI BLACKSTONE, KKR, MACQUARIE, BLACKROCK, CHE ALL’INIZIO AVEVANO INVESTITO IN AZIENDE DI STATO, BANCHE, ASSICURAZIONI, RITENENDO IL GOVERNO DUCIONI STABILE E AFFIDABILE, DOPO APPENA DUE ANNI SI SONO ACCORTI DI AVER BUSCATO UNA SOLENNE FREGATURA - DAL DECRETO CAPITALI AD AUTOSTRADE, DALLA RETE UNICA ALLE BANCHE, E’ IN ATTO UN BRACCIO DI FERRO CON NOTEVOLI TENSIONI TRA I “POTERI FORTI” DELLA FINANZA MONDIALE E QUEL GRUPPO DI SCAPPATI DI CASA CHE FA IL BELLO E IL CATTIVO TEMPO A PALAZZO CHIGI, IGNORANDO I TAPINI DEL MANGANELLO, COSA ASPETTA LORO NELL’ANNO DI GRAZIA 2025...La bozza è pronta e non manca molto per completare il regolamento attuativo della legge capitali. In vigore da domani, è ormai quasi certo che la Consob riesca a concludere il lavoro per rendere operativa la norma già entro la fine di gennaio - o al massimo per la metà di febbraio - in modo che possa essere pienamente utilizzata per i rinnovi dei cda che si aprono nella primavera del 2025.

    Il secondo giro di consultazioni tra esperti, infatti, termina tra due settimane e poi non resta che finalizzare il regolamento. Ma intanto i principali dubbi espressi da giuristi e gestori di fondi d'investimento nell'applicazione della norma sono stati sciolti. Questo non vuol dire che il giudizio sulla riforma del mercato dei capitali, approvata l'anno scorso alle Camere, sia cambiato: resta una scelta del governo indigesta a molti, soprattutto agli investitori internazionali che la considerano «bizantina e poco comprensibile».

    Il governo, però, ha deciso di tirare dritto (per i critici la norma è stata scritta appositamente per favorire la prossima primavera la modifica degli equilibri all'interno del cda delle Generali). E ora il parere degli esperti è che, con i chiarimenti predisposti dalla Consob, almeno i nodi operativi sono risolti.



    Il principale riguarda la presentazione della lista del cda, una prassi che si era diffusa in passato ma che non era mai stata regolamentata. È giudizio diffuso che possa diventare più complessa la presentazione.



    A partire dall'obbligo che contenga un numero di candidati superiore di un terzo rispetto ai posti disponibili liste: quindi ci saranno elenchi meno "studiati a tavolino" e con qualche margine di effetto sorpresa.
    Per quanto riguarda le liste di minoranza, spetterà nel cda un numero di seggi proporzionale ai voti ottenuti e la Consob precisa che sarà stabilito «in misura proporzionale ai voti realizzati da ciascuna lista che abbia conseguito una percentuale di voti non inferiore al tre per cento, ma tenendo fermo il principio di default secondo il quale, a tutela della governabilità della società, la maggioranza degli amministratori da eleggere debba essere tratta dalla lista risultata prima».



    Un ultimo punto è quello della seconda votazione: dopo la prima tornata che indica la lista vincitrice, ci sarà un secondo voto per scegliere i componenti. In questo caso la Consob ha chiarito che potrà votare solo chi aveva espresso la propria preferenza per la lista di maggioranza, evitando quindi i timori di molti sull'ingovernabilità.
    […] Con queste premesse, la prima socità che andrà al rinnovo dei vertici con la nuova legge sarà proprio Generali. E secondo fonti finanziarie appare sempre più scontato che il cda non presenterà una propria lista, come invece fece la scorsa tornata: lo scontro si profila tra la lista di maggioranza che dovrebbe essere presentata da Mediobanca e quella di minoranza guidata da Caltagirone e dalla Delfin di Del Vecchio.



    Per la legge capitali resta però un'ultima incognita che arriva da Bruxelles. La Commissione Ue starebbe valutando se l'articolo 11, quello relativo alle assemblee a porte chiuse scritto nel 2020 per il Covid e inserito anche nella nuova norma, violi la Shareholders Right, che invece prevede l'ampliamento della partecipazione.

 

 

 

 

 

 

31.12.24
  1. L'anno nero
    del
    clima
    In un contesto di ignoranza selvaggia, malafede politica, e qualche volta istituzionale, menefreghismo irresponsabile e affidamento allo stellone o agli dei, i dati relativi agli eventi climatici estremi dell'anno appena passato non incutono il timore che dovrebbero e non inducono nessuno ad alcuna decisione di rilievo. Si va tutti sulla stessa barca dentro un vortice che ci inghiottirà tutti, senza prestare alcuna attenzione alla voce dei dati e degli scienziati, senza preoccuparci, se non di noi, almeno del benessere dei nostri figli e nipoti: avanti tutta, per carità senza cambiare niente, senza mettere in discussione un modello di sviluppo che sarà pure l'unico, ma che certamente è il primo responsabile di questo stato di cose. Sapiens perennemente sull'orlo di un futuro incerto. Ma partiamo dai fatti.
    Secondo il bilancio 2024 di Legambiente su città e clima, in Italia, siamo arrivati a 351 eventi meteorologici estremi. Una leggera crescita di appena il 485% rispetto al 2015: che volete che sia, non vorrete mica entrare in ecoansia ed agitarvi? La siccità, in particolare, che dobbiamo a tutti gli effetti considerare maltempo, si è prolungata con danni per oltre il 50% in più rispetto al 2023, le esondazioni sono aumentate del 24% e le inondazioni del 12; Emilia-Romagna la regione più colpita, Roma la città più presa di mira. Per non dire dei danni da vento, grandine e mareggiate. Con montagne in cui gli effetti del riscaldamento globale sono sempre più tangibili, con impatti sui ghiacciai, sempre più sottili e in arretramento, ecosistemi e biodiversità. Nel 2024, in Piemonte, lo zero termico in quota è arrivato a 5.206 metri, sfiorando il record di 9 anni fa, quando era salito fino a 5.296 metri.
    Tutto questo causato, in termini di numero di eventi, potenza e frequenza degli stessi, dalla crisi climatica globale che stiamo subendo impassibili da anni. Una crisi che riguarda il mondo intero e che, dunque, non ci fa ritenere al sicuro solo perché, magari, noi europei e italiani "inquiniamo" meno degli altri: se considerassimo, come dovremmo, la curva cumulata di anidride carbonica dal XVIII secolo scopriremmo che, dopo gli Stati Uniti, è l'Europa il continente più inquinante, prima dell'Asia. E che, per persona, un indiano emette 3 tonnellate di CO2 all'anno, contro le 7 nostre e dei cinesi e le 14 degli statunitensi: indovinate chi dovrebbe cambiare il proprio stile di vita. Secondo tutti i dati (Copernicus in particolare), il 2024 sarà l'anno più caldo da quando si effettuano registrazioni strumentali. Non solo: per la prima volta, viene superata la soglia di 1,5 °C sopra i livelli pre-industriali. Ricordate? Quella soglia di incremento che gli scienziati del clima raccomandavano di non superare assolutamente? Quella che negli accordi di Parigi del 2015 era posta come limite invalicabile? Ecco, quella è diventata un ricordo, in attesa di porci altri obiettivi che, non facendo assolutamente nulla, saranno poi comunque disattesi. Il mese di novembre 2024 è stato il secondo più caldo a livello globale, dopo il novembre 2023, con una temperatura media dell'aria superficiale di 14,1°C, +0,7°C, al di sopra della media di quel mese, del periodo compreso tra il 1991 e il 2020. Il novembre 2024 è stato di 1,6°C al di sopra del livello pre-industriale ed è stato il 16° mese, in un periodo di 17 mesi, in cui la temperatura superficiale media globale dell'aria ha superato di 1,5°C i livelli pre-industriali. Anche la temperatura superficiale media marina per il mese di novembre 2024 ha registrato livelli record, con 20,6°C, il secondo valore più alto registrato per il mese, e solo 0,13°C al di sotto del novembre 2023.
    Ma invece di trarre elementi di riflessione critica su quanto non è stato fatto per contrastare le cause della crisi climatica, generata dalle attività produttive dei sapiens, come asserisce il 98% degli specialisti, noi ci arrabattiamo su una presunta possibilità di adattamento, non avendo compreso che ci stiamo inoltrando in territori inesplorati, in cui opere e piantumazione di alberi serviranno a molto poco. Non solo: sapendo che dovremmo lasciare sottoterra oltre il 60% degli idrocarburi per non vedere crescere ancora la temperatura atmosferica, continuiamo allegramente a trivellare e a sovvenzionare, direttamente o indirettamente, le Oil Companies, vero male assoluto, responsabili coscienti della crisi e indisponibili a ogni forma di riconversione. Infine, prestiamo ascolto a chi dice che il clima è sempre cambiato e perché questa volta dovrebbe essere diverso? Ma la risposta la conosciamo bene: non è mai esistita sulla Terra una specie così pervicace, invasiva e prepotente come la nostra, una specie che si illude di superare i limiti fisici del pianeta solo perché è in grado di studiarlo e raccontarlo. Scimmie nude lanciate a tutta velocità sulla corsia di sorpasso che non si domandano più nemmeno se quell'ombra lontana laggiù è un muro. —
  2. PAGA I DEBITI DI CALENDA : Un imprenditore offre un impiego a Baudissone Esodato dell'Embraco, da un anno vive in strada
    "Commosso dalla storia di Andrea: lo assumo io"
    andrea bucci
    pier francesco caracciolo
    «Un impiego? Te lo offro io». Lo avevamo lasciato in Galleria San Federico, seduto su un sacco a pelo, intento a chiedere una moneta ai passanti. Ieri Andrea Baudissone, 61 anni, esodato dell'Embraco che da un anno vive in strada, ha ricevuto una visita inattesa: quella di Riccardo Gorrieri, 36 anni, imprenditore, che gli ha proposto di andare a lavorare nella sua azienda: «Ne sarei felicissimo», la risposta di Andrea.
    Baudissone era stato costretto a lasciare lo stabilimento di Riva di Chieri nel 2018, a un anno dalla pensione. Da allora cercava un lavoro, ma senza successo. «Sono troppo vecchio, non mi vuole più nessuno» spiegava l'altro giorno alla Stampa. Negli ultimi tempi aveva ripulito qualche cantina e dato il bianco a casa di un amico. Niente di più. «Abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi del servizio di portierato» gli ha spiegato Gorrieri, seduto con Andrea al tavolino di un bar.
    L'azienda di cui è socio, la "Sicurezza 360", che si occupa si sicurezza non armata, con sede a Orbassano, nel 2025 si ingrandirà: «Un impiego perfetto per me» ha risposto entusiasta Baudissone. I due si rivedranno dopo Capodanno per definire i dettagli dell'accordo. L'obiettivo è consentire ad Andrea di iniziare a lavorare tra la fine di gennaio e l'inizio di febbraio.
    «Ho letto la storia di Andrea sulla Stampa: mi sorprende che sia stato abbandonato dalle istituzioni» dice Gorrieri. Ieri, arrivato sotto i portici del centro, ha donato ad Baudissone e agli altri senzatetto una busta con una bottiglia d'acqua, un succo di frutta, un trancio di pizza e due focacce. «Aiuteremo Andrea ad arrivare a una pensione dignitosa», promette Gorrieri. Un traguardo, aggiunge, che dovrebbe rappresentare «un elemento cardine per la democrazia».
    «Non mi sembra vero» dice Baudissone, uno dei 537 lavoratori dell'Embraco rimasti senza impiego dopo il fallimento dell'azienda. Lui, che per quasi vent'anni aveva caricato e scaricato compressori per elettrodomestici, a suo tempo era stato spesso in prima fila nelle manifestazioni di protesta post-chiusura. Poi, dopo aver ripianto qualche debito, si era ritrovato da solo e senza un euro in tasca. Da un anno la sua casa è Galleria San Federico, nel cuore della città, dove trascorre la notte insieme a una ventina di senzatetto.
    «Sono felice - ha aggiunto ieri - Ma lo sarei ancora di più se aiutassi anche lui». Nel dirlo all'imprenditore, Baudissone ha indicato Giacomo Boetto, 55 anni, ex consulente finanziario, uno degli "invisibili" di Galleria San Federico, che vive in strada con la mamma di 84 anni e il loro cane malato, Sky: «Sono loro, ora, la mia famiglia» spiega Andrea.
    «Troverò un posto anche a te» ha assicurato Gorrieri, rivolgendosi a Boetto. Finito il caffè, ha salutato tutti ed è entrato in farmacia, dove ha acquistato una medicina per Sky. Oggi, assicura, la porterà in Galleria. —

 

 

30.12.24
  1. Le deportazioni in Libia e Tunisia producono solo morte e sofferenza
    Don Mattia Ferrari
    «Cittadini e cittadine italiani ed europei, vi preghiamo, ascoltateci! Aiutateci a salvarci da queste deportazioni: ve lo chiediamo in nome della giustizia e della fraternità!». È questo il grido che giunge dalla Tunisia e che i movimenti sociali Refugees in Tunisia e Refugees in Libya, composti dai migranti stessi, stanno cercando di far giungere alle nostre orecchie. Molti migranti si sono accampati vicino a Sfax e stanno diffondendo il video del loro grido.
    La situazione in Tunisia peggiora costantemente. Dopo gli accordi con l'Unione Europea, fatti su spinta dell'Italia, le milizie tunisine hanno intensificato le violenze ai danni dei migranti presenti nel Paese. La Garde Nationale cattura i migranti in mare e li riporta indietro, dove spesso vengono poi caricati sui pullman e deportati. Quella delle deportazioni è una pratica che continua da più di un anno. Il caso più noto delle vittime di queste deportazioni è quello di Fati e Marie, la moglie e la figlia di Pato, uccise dalla sete nel deserto. È un caso spesso citato da Papa Francesco. Ma è solo uno dei tanti casi che si ripetono continuamente. Il 12 novembre scorso due gruppi di migranti catturati in mare e deportati nel deserto sono riusciti a diffondere la posizione gps del punto nel deserto in cui si trovavano e hanno supplicato di essere soccorsi. Tra loro c'erano varie donne incinte e vari bambini. Il loro grido è stato diffuso dai media vaticani, da Scomodo, la rivista giovanile indipendente più grande d'Italia, e da altre testate. Tuttavia nessuno è andato a soccorrerli e queste persone sono così state risucchiate dal buco nero del deserto.
    Nei giorni scorsi è peggiorata la situazione nei campi profughi vicino a Sfax. Le violenze delle milizie sono continue e non c'è assistenza sanitaria. L'ennesima vittima è una donna, Bintu, originaria della Guinea. La sua tenda è stata distrutta la settimana scorsa e non ha potuto prepararla di nuovo correttamente perché faceva troppo freddo. Non aveva abbastanza coperte, quindi ha provato ad accendere la carbonella, ma è rimasta soffocata. Molti altri sono in pericolo di vita a causa delle infezioni che si diffondono e non osano lasciare il campo profughi perché se escono li attendono le violenze delle bande armate.
    Tutto questo è il risultato degli accordi per respingere i migranti. In Tunisia si è scelto di replicare in sostanza quel modello Libia applicato nel 2017: finanziare un Paese che si trova sull'altra sponda del mare perché blocchi i migranti per conto nostro, anche a costo di sacrificare i diritti umani sull'altare del cinismo. In Libia quegli accordi hanno portato a un grande rafforzamento del potere della mafia libica, come hanno dimostrato le inchieste di giornalisti coraggiosi. E hanno portato a quelli che l'Onu definisce «orrori indicibili» ai danni dei migranti. Nonostante questo quegli accordi sono ancora in vigore, perché sono stati rinnovati.
    Il dramma dell'Italia e dell'Europa è che il cinismo delle politiche si salda con l'indifferenza di larga parte della popolazione e il risultato é il dilagare di questa violenza indicibile ai danni di persone che cercano solo vita degna e fraternità, in fuga dalle guerre, dal disastro ecologico, dalla miseria causata dal neocolonialismo. A denunciare tutto questo sembrano rimasti solo il Papa, alcuni vescovi, i movimenti sociali, le associazioni e le Ong. Per il resto domina un silenzio complice, frutto dell'individualismo che ha preso possesso dei nostri cuori. Un individualismo esasperato che non ci rende più felici e che anzi ci ha fatto entrare in quella che autorevoli psichiatri definiscono "l'epoca delle passioni tristi". Sì, perché una società che si chiude nella ricerca del benessere individuale e sottomette tutti al principio di prestazione genera solo sofferenza mentale, come sta denunciando da anni ad esempio la Rete degli Studenti Medi. Questo avviene perché abbiamo dimenticato la fraternità.
    Ora queste persone migranti gridano verso di noi e ci chiedono proprio di riscoprire la fraternità. Martin Luther King proclamava: «Ho il sogno che un giorno gli uomini si leveranno in piedi e si renderanno conto che sono stati creati per vivere insieme come fratelli». Quel sogno è lontano dal realizzarsi. E quel grido risuona oggi nelle voci e nei volti di Refugees in Tunisia e Refugees in Libya. Sta a noi dare risposta. Ecco perché attraverso le pagine del quotidiano La Stampa, che ringrazio, voglio far risuonare l'appello di tutte le persone di buona volontà che si sono fatte prossime ai migranti che gridano a noi e voglio esclamare: cari e care concittadini italiani ed europei, liberiamoci dalle catene dell'individualismo che tiene prigionieri i nostri cuori e le nostre menti e ascoltiamo il grido di fraternità che giunge a noi dalla Tunisia e dalla Libia! Poniamo fine a questi respingimenti e queste deportazioni, e accettiamo la sfida di costruire insieme un altro mondo possibile, la civiltà dell'amore. È giunto il momento di levarsi in piedi, di riappropriarci della nostra identità più profonda, quella di fratelli e sorelle tutti, e di darle carne. —
  2. Disastro Embraco-CALENDA
    leonardo di paco
    antonella torra
    Quella di Andrea Baudissone, ex operaio Embraco diventato homeless, costretto a dormire sul marmo freddo di Galleria San Federico, è la storia di un grande fallimento collettivo. La fotografia di un disastro industriale e politico. Quasi 500 persone rimaste senza lavoro dopo anni di promesse, passerelle di politici, manifestazioni, decine di trasferte a Roma da parte degli operai per piantonare le riunioni dei tavoli di crisi al ministero dello Sviluppo Economico. E la speranza di rilancio tramite reindustrializzazione poi rivelatosi una truffa.
    Lo stabilimento di Riva di Chieri fu costruito negli Anni Settanta dalla Aspera, divisione di Fiat specializzata nella produzione di frigoriferi che nel 1985 venne venduta a Whirlpool, colosso Usa degli elettrodomestici che investì nello stabilimento arrivando, alla fine Anni Novanta, a occupare circa 2.500 dipendenti. Lavorare per quella multinazionale era garanzia di sicurezza. E la Embraco era una grande fabbrica-famiglia dove c'era posto per tutti. Mogli e figli dei dipendenti. Negli anni d'oro i lavoratori avevano la mensa interna, i bus che li andavano a prendere e portare a casa. E lavoro a volontà.
    Quando l'azienda consegnò ai lavoratori le lettere di licenziamento dopo aver deciso di spostare la produzione in Slovacchia, era l'inizio del 2018, l'allora numero uno del Mise, Carlo Calenda, si lanciò in una grande campagna personale per trovare una soluzione e ricollocare i lavoratori. Venne individuata una società, la Ventures srl, che rilevò la Embraco, lavoratori inclusi, con la promessa di reindustrializzare il sito producendo bici elettriche, robot pulitori di pannelli fotovoltaici e distributori automatici. Ma trenta giorni dopo aver rilevato al prezzo simbolico di 10 euro il ramo d'azienda, compreso lo stabilimento di Riva di Chieri, alcuni dei vertici Ventures, acquistarono cinque auto: due Bmw serie 5, un'Audi A4, due Audi A5. Valore totale 250 mila euro: soldi, secondo la procura, distratti dalle somme vincolate all'investimento promesso. Che infatti non si concretizzò.
    Nel pieno della crisi l'ex candidato sindaco di Torino, l'imprenditore Paolo Damilano, si offrì per dare un'occupazione a una decina di operai sfruttando una norma che consentiva ai datori di lavoro che assumono con un contratto a tempo indeterminato lavoratori di aziende per le quali sono aperti tavoli di crisi al Mise, di ottenere l'esonero totale dei versamenti dei contributi previdenziali. «Facemmo diversi colloqui ma poi il progetto non si concretizzò complice anche la lontananza dal Chierese dei posti di lavoro che avevo offerto nelle mie aziende». Ma anche con i progetti di ricollocamento proposti dalla Regione, negli anni sono stati in pochissimi a ritrovare un'occupazione stabile, nonostante corsi di aggiornamento e decine di colloqui.
    Federico Bellono è l'ex segretario della Fiom di Torino. C'era lui alla guida del sindacato delle tute blu della Cgil quando scoppiò il caos Embraco. «Negli ultimi anni, il territorio torinese ha visto molte aziende attraversare crisi profonde. In situazioni di disimpegno da parte dell'impresa, sia per fallimento che per altre ragioni, spesso emergono figure di pseudo-imprenditori o venditori di fumo, i cosiddetti "cavalieri bianchi" , che si rivelano semplicemente faccendieri. La storia di Embraco, come molte altre a Torino, riflette il dramma delle aziende in crisi, dove spesso le uniche soluzioni sono gli ammortizzatori sociali. È un racconto che parla di multinazionali che, dopo decenni di radicamento in un territorio, possono decidere di andarsene, guidate da strategie globali che ignorano le realtà locali. In questo contesto, i lavoratori di Embraco hanno dimostrato determinazione e generosità, ma sono stati anche oggetto di strumentalizzazioni inopportune».
  3. i fratelli tesauro: " traditi da tutti"
    "Scaricati anche dalle famiglie siamo tornati con la mamma"
    Franco e Vito, i due fratelli Tesauro, 59 e 54 anni, sono ex operai Embraco: «Tornati a vivere con nostra madre, altrimenti ora saremmo in strada». Anche perché, sempre grazie alla mamma, riescono a mangiare: «Viviamo con la sua pensione, noi un lavoro non lo troviamo e sussidi non ce ne sono più. Non avremmo mai pensato di finire così». Con la perdita del lavoro, sono andate distrutte anche le loro vite: «Le mogli o fidanzate se ne sono andate, poi abbiamo perso anche la casa. Non abbiamo più niente». Le loro giornate sono sempre uguali: «Ci alziamo al mattino – raccontano i fratelli – e andiamo a cercare un lavoro. Guardiamo gli annunci, passiamo nelle agenzie. Ma tutti ci dicono che siamo vecchi. Riusciamo a tirare su 10 o 20 euro perché diamo una mano ad un amico a pulire il bar, oppure scarichiamo della merce. Nulla che ci permetta di vivere». La vicenda dell'Embraco brucia ancora: «Siamo stati traditi, presi in giro, truffati. Dai politici, dai sindacati, da tutti. La Regione continua a proporci dei corsi, ma di lavoro poi nemmeno l'ombra. E noi con i corsi non mangiamo». a. tor. —
  4. "Campo con 350 euro al mese Il caffè al bar è il mio lusso"
    Michele Trasente ha 53 anni, è di Torino. Ha passato trent'anni all'Embraco: «E ora non ho più niente. Vivo nella casa di mia madre, sarebbe anche di mia sorella ma lei abita con il compagno e non mi ha mai fatto pesare che non le ho mai dato la sua parte. Anzi mi aiuta pagando metà Imu». Michele vive con 350 euro al mese: «E meno male che sono solo, altrimenti non so come farei». Una moglie l'aveva ma se n'è andata poco dopo la fine del lavoro all'Embraco: «Quella storia mi ha portato via tutto. Ora vivo con i residui della liquidazione di Embraco prima e Ventures poi, 350 euro al mese appunto, non posso spendere di più. Lavoro per me non c'è». Per la spesa Michele usa 30 euro a settimana: «Vado nei discount e compro solo prodotti in offerta. Se non ho bollette da pagare mi concedo anche qualche sigaretta e il caffè al bar. Sono i miei unici vizi». a. tor

 

 

29.12.24
  1. VITTIMA DI CALENDA :strada
    Dall'
    Embraco
    Andrea Baudissone
    alla
    Andrea Bucci
    Pier Francesco Caracciolo
    «Mi occupavo di caricare e scaricare i compressori. L'ho fatto per quasi vent'anni. E guardi ora come sono ridotto».
    Ore 23,45: in Galleria San Federico, elegante scrigno nel cuore di Torino, per terra dormono in venti. Sfidano il freddo pungente - il termometro segna 2 gradi - accucciati nei loro sacchi a pelo. Qualcuno ogni tanto butta giù un sorso di vino da una bottiglia nascosta accanto alle coperte, stese addosso o ammonticchiate in buste e zaini. La città dell'accoglienza, dei Santi sociali, delle mense per i poveri non è in grado di accogliere tutti.
    Poi, tra gli invisibili noti lui. Il nome è Andrea Baudissone. Ha 61 anni. Indossa un giubbotto rosso, un paio di pantaloni stazzonati di colore blu stinto, un paio di scarpe da ginnastica. Andrea Baudissone è uno dei 537 esodati della Embraco, la fabbrica che produceva compressori per elettrodomestici a Riva presso Chieri, a due passi dal capoluogo piemontese. Ex «stabilimento d'avanguardia» definitivamente chiuso dopo mesi di lotte sindacali e manifestazioni in strada. Era il 2018. E Baudissone - come tutti gli altri suoi colleghi - si trovò da un giorno all'altro senza lavoro. Gli mancava un solo anno per raggiungere la pensione.
    Baudissone aveva iniziato ad occuparsi di compressori nel 1989. All'epoca lo faceva in via Passo Buole, a Torino, in un'altra azienda, la Aspera. Due anni dopo l'impresa era stata assorbita dalla Embraco e lui si era trasferito nello stabilimento a Riva di Chieri. Ricorda: «Guadagnavo due milioni di lire al mese. Lavoravo anche di notte». Poi tornava a casa, in via Stradella, periferia Nord di Torino, dove all'epoca lo aspettava la compagna. Una vita stabile, la sua. O almeno così sembrava: «Era un periodo felice».
    Nato a Torino nel 1963, Baudissone ha iniziato a lavorare a 16 anni. Per sei anni ha fatto il macellaio in un quartiere popolare. Poi si è occupato dello scarico merci per conto di una cooperativa. Infine, l'ingresso in fabbrica.
    «Quando sono entrato all'Embraco era il 1991 e c'erano 5 mila operai - ricorda Baudissone - Le linee di produzione erano sette». Sembrava un mondo felice. Ma le cose erano cambiate quasi subito. «Dopo un anno si era già ridotta la produzione. I nostri stipendi erano calati. Abbiamo protestato, ma non è servito». Una lenta discesa, fino alla chiusura.
    Oggi le sue giornate sono un lento lasciar scorrere il tempo, scandito dalla ricerca di un pasto caldo. «Pranzo in una mensa per i poveri - racconta -. Ma spesso ci sono code lunghissime e rischi di restare a pancia vuota. Nei fine settimana mangio se riesco: le mense sono chiuse».
    Le monete dei passanti gli permettono di racimolare quel che basta per un panino: «Ma su mille persone che ti passano davanti - dice - ti aiutano in due». E la notte? Inutile pensare di andare a riposarsi in un dormitorio. «Si dorme con un occhio aperto: spesso ti rubano scarpe e vestiti». A dare una mano a lui, e agli altri che dormono sotto i portici di Torino, sono i volontari delle associazioni: «Ci portano spesso un bicchiere di latte caldo e dei vestiti».
    Andrea racconta senza commozione. Ma poi il discorso torna lì, all'Embraco, a quelli che lui chiama «i miei anni più felici». Ricorda: «Quando la crisi dell'azienda si è fatta acuta, ero uno dei più attivi nella protesta». E ancora: «In quel periodo il mio stipendio era sceso a mille euro al mese. Delle sette linee di produzione ne era rimasta soltanto una». Il Natale davanti alla fabbrica. I picchetti. Gli incontri con la politica: «Ricordo quello con l'allora sindaca Chiara Appendino. Venne da noi anche Alessandro Di Battista. Tutti ci hanno fatto grandi promesse. E tutte sono cadute nel vuoto».
    Quindi l'Embraco è stata dichiarata fallita: «Mi hanno riconosciuto un Tfr di 30 mila euro. Ma nel frattempo avevo accumulato molti debiti. Per ripianarli sono rimasto quasi senza soldi. Ho perso anche la casa».
    Con i pochi soldi rimasti è andato a vivere in bed and breakfast, dove dava una mano nelle piccole manutenzioni. Quindi ha trascorso qualche mese a casa del fratello. Un anno fa è rimasto solo. E senza denaro. E ha iniziato a vivere in strada. «Nei primi mesi mi sono accampato alla stazione di Porta Nuova. Un posto dove qualcuno che ti dà una moneta lo trovi sempre».
    Poi si è spostato in galleria San Federico. Un posto più riparato. E, nelle notti più fredde, un po' più caldo. È qui che ha conosciuto Giacomo, 55 anni, la mamma Fernanda, 84, e il loro cane malato. «Sono loro la mia nuova famiglia».
    Nell'ultimo anno non ha smesso di cercare lavoro. «Ho svuotato qualche cantina e dato il bianco a casa di un amico». Nulla che gli permetta di avere quei dodici mesi di contributi in più, che gli garantirebbero i soldi della pensione. «Alla mia età chi volete che mi offra un impiego?» —

 

  1. I due iraniani legati al regime nel mirino della giustizia statunitense
    I due maghi dei droni dei Pasdaran che Washington vuole a tutti i costi
    new york
    «Non colpevole». Questa è stata la dichiarazione di Mahdi Sadeghi dinanzi al giudice del tribunale Federale di Boston, nel corso dell'udienza preliminare che si è tenuta venerdì in merito alla sua incriminazione. L'ingegnere di origini iraniane è accusato di aver venduto illegalmente tecnologia utilizzata nella costruzione di droni impiegati dalle Guardie rivoluzionarie e dalle loro procure in Medio Oriente. Non ultima la formazione irachena che alla fine di gennaio ha condotto il raid in Giordania costato la vita a tre militari americani.
    Dagli Usa all'Italia
    L'arresto di Sadeghi avvenuto in Massachusetts, ha una doppia valenza per l'Italia, prima di tutto perché scattato in parallelo con quello del suo "socio in affari", Mohammad Abedini-Najafabadi arrestato dagli investigatori della Digos milanese all'aeroporto di Malpensa, dov'era in transito proveniente da Istanbul, ora in attesa che la Corte d'Appello decida sulla sua estradizione negli Usa. Secondo la procura americana è fondatore di una società della Repubblica islamica che produce moduli di navigazione utilizzati nel programma di droni militari dei Pasdaran. «Il dipartimento di Giustizia riterrà responsabile coloro che consentiranno al regime iraniano di continuare a colpire e uccidere gli americani e minare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti», ha commentato il ministro Merrick B. Garland. Il secondo elemento di interesse per l'Italia è che la cattura dei due potrebbe essere stata il motivo dell'arresto di Cecilia Sala.
    I militari Usa uccisi
    Per comprendere l'importanza del doppio blitz condotto per mano e su indicazione di Washington occorre riavvolgere il nastro della storia indietro al 28 gennaio 2024, quando la polveriera mediorientale mieteva le prime vittime americane dal 7 ottobre 2023, inizio della guerra tra Hamas e Israele. Si tratta di tre militari Usa caduti sotto il fuoco di un drone scagliato da formazioni irachene riconducibili all'Iran. Erano impiegati alla Tower 22, l'avamposto giordano distaccato dalla base di Al-Tanf situata in una (ex) zona franca del governatorato di Homs, in Siria a 24 km a Ovest del valico di Al-Walid a ridosso del confine tra Iraq e Siria. A confermare qualche giorno dopo a La Stampa la matrice di quel raid è stato Haider Al-Ami, leader dell'ufficio politico di Harakat Hezbollah al-Nujaba (Movimento del Partito dei Nobili di Dio), ufficialmente la 12ª Brigata, formazione sciita irachena vicina all'Iran e appartenente alla rete della Resistenza islamica in Iraq (Iri), una delle principali procure militari di Teheran in Iraq. Quel drone, secondo la ricostruzione compiuta in quasi un anno di indagini dall'Fbi, incorporava tecnologie "made in Usa" che Sadeghi e Abedini avevano venduto al regime iraniano aggirando le sanzioni imposte dagli Usa e dall'Occidente.
    "Il navigatore"
    Nel dossier di 36 pagine consegnato dall'agente speciale dell'Fbi, Ronald Neal alla Corte distrettuale del Massachusetts, viene tratteggiato un profilo chiaro dei due soggetti finiti nel mirino della Giustizia Usa. Secondo i documenti del tribunale, Abedini è il fondatore e amministratore delegato di una società iraniana, San'at Danesh Rahpooyan Aflak (Sdra), che produce moduli di navigazione utilizzati nel programma militare dei Pasdaran. L'attività principale è, in particolare, la vendita di un sistema di navigazione utilizzato in velivoli senza pilota, missili da crociera e balistici. Abedini ha fondato una compagnia svizzera collegata a Sdra, Illumove, attraverso cui, con la complicità di Sadeghi, ha stipulato un contratto con una società con sede nel Massachusetts per sviluppare componenti elettronici, tra cui sofisticati semiconduttori. Sadeghi e Abedini hanno quindi provveduto al trasferimento di beni, servizi e tecnologia dagli Usa all'Iran, attraverso la Svizzera, a beneficio di Sdra, eludendo i divieti imposti dalle sanzioni sul trasferimento di componentistica a uso militare alla Repubblica islamica. Tecnologia impiegata appunto nella produzione di droni, tra cui quello che ha causato la morte dei tre militari a stelle strisce. Da qui nasce l'incriminazione per «cospirazione per esportare componenti elettronici sofisticati dagli Stati Uniti all'Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni» e la richiesta della autorità federali a quelle italiane di arresto e successiva estradizione dello stesso Abedini.
    Scenari
    La vicenda dei due iraniani è, almeno sulla sponda americana, ancora nei canali di Intelligence, Fbi, dipartimento di Giustizia e, come da prassi in questi casi, il presidente non agisce direttamente, pur rimanendo informato dei fatti. In questa fase quindi, che alla Casa Bianca ci sia Joe Biden o Donald Trump cambia poco. Nel caso la vicenda dovesse assumere una rilevanza politica, il presidente Usa, su sollecitazione del governo di Roma, potrebbe muoversi valutando eventuali ipotesi. Rimane da dire che, essendo gli Stati Uniti assai attenti alle attività di infiltrazione iraniane, è chiaro che la priorità del governo è prima ottenere il massimo delle informazioni possibili dai due detenuti e poi individuare un "ritorno" a un eventuale scambio come quelli già avvenuti in passato. A quel punto, - ci si muove sempre nel campo delle ipotesi -, le valutazioni potrebbero assumere diversi contorni sulla base delle esigenze fissate dal presidente in carica in quel momento. —
  2. Le intercettazioni dell'inchiesta che ha sgominato la presunta associazione a delinquere : 35 indagati dalla Guardia di finanza
    Esami della patente truccati e revisioni false "Io e te siamo due che mangiano bene insieme"
    elisa sola
    «Io e te mangiamo bene insieme». Primo agosto 2023. Albino Fornaca, funzionario della Motorizzazione e William Antoniello, gestore di una società d'auto e di una scuola guida di Venaria, non sanno di essere intercettati. Si complimentano a vicenda per come «mangiano bene». E rimpiangono i tempi del passato. Quelli in cui ogni documento esisteva solo di carta. «Minchia oramai con i computer…». «Eh non scappi più porco Giuda». «Una volta era più facile». «Una volta spariva la pratica e dov'è? E che ne so io!».
    È questa, secondo il pm Giovanni Caspani, e anche secondo il tribunale del Riesame, l'intercettazione chiave dell'inchiesta che ha sgominato la presunta associazione a delinquere che fabbricava revisioni false e che, dietro pagamento, faceva sì che candidati ignoranti passassero il test per conseguire la patente. Sono 35 gli indagati dalla Guardia di finanza di Torino. Due quelli con la posizione più grave. Tra cui Antoniello, che nei giorni scorsi si è rivolto al tribunale delle libertà per chiedere una misura meno afflittiva rispetto ai domiciliari. Ma il collegio, composto dai giudici Luca Ferrero, presidente, Cristiano Trevisan, estensore e Loretta Bianco) ha respinto la richiesta.
    «Io e te mangiamo bene insieme» è per i giudici «l'intercettazione manifesto» dell'operazione. Mangiare vuole dire guadagnare. Fornaca avrebbe preso mazzette da Antoniello. Dai 500 ai 1.800 euro, quelle documentate.
    E Antoniello, a sua volta, avrebbe fatto affari garantendo ai propri clienti pratiche false ottenute in tempi record. Revisioni e certificati di ogni tipo. «Pratiche fantasma» ottenute senza alcun controllo dei mezzi.
    Ma il grande raggiro contestato ai presunti membri dell'associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, al falso e altri reati, sarebbe stato quello delle patenti facili.
    Secondo la procura, lo schema era semplice. Antoniello e la moglie cercavano clienti disposti a pagare – mille euro – per tentare l'esame di guida. Prima della prova i candidati venivano "vestiti". Dotati di un kit di strumenti necessari per collegarsi con l'esterno. La vestizione avveniva in un camper parcheggiato davanti al McDonald's di Nichelino, a otto chilometri dalla sede della Motorizzazione. A bordo c'era chi forniva ai candidati gli smartphone e gli auricolari. E i "sapientoni" che, collegati in diretta, suggerivano le risposte, dopo aver visto su un monitor le foto delle domande.
    Il sistema non poteva reggere senza il vigilantes addetto ai controlli. Per 200 euro a sessione, chiudeva un occhio riguardo ai candidati che avevano pagato per trassare. Di buon mattino, oltre alla bustarella, prendeva un mazzetto di pizzini: su ognuno c'era scritto il nome dell'esaminando da non guardare. Anche i pizzini sono stati sequestrati dalla Finanza durante le perquisizioni.
    Erano molte le cose che il vigilantes faceva finta di non vedere. Il cellulare nascosto sotto la maglietta del candidato. La telecamerina nascosta nel buco del tessuto, di modo che potesse inquadrare il pc. Gli auricolari collegati con il suggeritore esterno. Ma le telecamere nascoste dagli investigatori hanno ripreso tutto.
    È il sei maggio 2023. Il giorno della prima tornata d'esame. Entrano Chanel, Nikita, Manuel e Claudia. Nessuno ha studiato. Due di loro si sono iscritte a scuola guida solo sette giorni prima del test. Alla Fenice di Venaria. Eppure sono di Bergamo. Non proprio una scelta comoda.
    Il 23 giugno si presentano due fratelli, Claudia e Denny. Antoniello intercettato, dice a Fornaca: «Il padre (sinti potente e facoltoso, ndr) è una persona seria. C'ha in mano tutta la Lombardia». Ma la sorte è avversa. La ragazza non supera l'esame. Il giorno dopo si scopre il motivo: «La strumentazione non prendeva». «Peraltro – scrivono i giudici del Riesame – neanche il fratello di costei subisce miglior fortuna. Prima di sostenere l'esame resta coinvolto in un incidente stradale».
    A settembre andrà meglio per tutti e due. Ma anche questa volta qualcosa va storto. La candidata Marylin non passa il test. «È una scimunita», commentano i due indagati. «Motorino di avviamento rotto», il testo del messaggio sulla non ammissione, che suscita la disapprovazione degli indagati. Mostrano disprezzo anche per il vigilantes, per il comportamento che avrebbe tenuto durante la perquisizione. «Hanno trovato i biglietti! Doveva mangiarseli, invece che farseli sequestrare».

 

 

 

28.12.24
  1. L'ALTER TRUMP :    Mentre tutti si chiedono fino a che punto Elon Musk condizionerà le politiche di Donald Trump e trarrà vantaggio dal ruolo che si è conquistato per favorire le sue imprese, un altro tycoon della Silicon Valley, meno noto del capo di Tesla, emerge come figura di grande potere economico e, forse, politico.



    Peter Thiel, un precursore (primo a investire in Facebook mentre PayPal è una sua creatura) e intelletto più acuto e raffinato della Silicon Valley (è un leader dell’industria tech e della finanza, ma a Stanford si è laureato in filosofia e lì dal 2018 tiene corsi sui limiti della globalizzazione), torna a pesare nel mondo di Trump del quale era stato grande sostenitore all’inizio del primo mandato.

    Poi, deluso dall’assenza di sue riforme radicali […] si è defilato. Ma ha continuato a finanziare senatori repubblicani «eccellenti» ed ora torna alla ribalta da capo di Palantir, gigante dell’analisi dei dati per i servizi segreti e il Pentagono e da promotore di Anduril, start up dell’intelligenza artificiale (AI) per la difesa: sono le due società che, secondo il Financial Times e altre fonti, lanceranno a gennaio un consorzio di 12 aziende, tra le quali la OpenAI di Sam Altman e la SpaceX di Elon Musk, per conquistare il grosso dei contratti federali per la difesa sostituendo l’oligopolio dei giganti storici del «complesso militare-industriale»: Lockheed, Boeing, Raytheon, Grumman, Northrop.



    Già fioccano accuse di conflitto d’interessi di Musk e anche di Thiel: vecchi monopolisti rimpiazzati da giovani monopolisti? [...]

    Ma ci sono altre conseguenze inquietanti: Silicon Valley sempre più impegnata nelle tecnologie militari (dopo Palantir e AWS di Amazon, scendono in campo anche Facebook-Meta e Anthropic, azienda che si considera iper-etica, mentre anche Google che aveva voltato le spalle al Pentagono, cambia rotta) e nella corsa alle armi autonome. E, poi, Thiel, un tempo profeta dell’autoritarismo tecnologico, che riemerge con le sue idee radicali.

 

 

 

 

 

27.12.24
  1. Colpiti 3,4 milioni di utenti in regime di "maggior tutela"
    Luce, stangata sui clienti vulnerabili A gennaio rincaro in bolletta del 18%
    Stangata di inizio anno sulle bollette della luce degli utenti più vulnerabili, cioè quelli che sono rimasti sotto l'ombrello del servizio di "maggior tutela" anche dopo il passaggio ai contratti di mercato per tutti gli altri. Lo annuncia l'Arera (l'Autorità per l'energia) che prevede un aumento del 18,2% per la fascia dei cosiddetti clienti di tipo 1 nel primo trimestre del 2025. La super-bolletta elettrica colpirà circa 3,4 milioni di utenti, che sono persone sopra i 75 anni, oppure percettori di bonus sociale, disabili, residenti in moduli abitativi di emergenza o nelle isole minori e utilizzatori di apparecchiature salva-vita.
    Nonostante gli aumenti, segnala l'Arera, la spesa annuale di chi usufruisce del regime di maggior tutela diminuirà del 2,1% nel periodo compreso tra il primo aprile 2024 e il 31 marzo 2025 (523 euro anziché 534) rispetto al periodo primo aprile 2023 e 31 marzo del 2024. Alla base del rincaro annunciato ieri c'è il rally del gas di fine anno, che coincide con l'imminente scadenza dell'accordo tra Russia e Ucraina per il transito del metano verso l'Europa Centrale. È un contratto che il prossimo 31 dicembre sarà lettera morta in assenza di un rinnovo.
    Sulla piazza finanziaria Ttf di Amsterdam, che fa da riferimento in Europa per il metano, i contratti "future" sul mese di gennaio ieri hanno concluso le contrattazioni con un rialzo del 4,3% a 47,7 euro al Mwh.
    Lo scorso 19 dicembre, il presidente ucraino Zelensky aveva escluso il rinnovo dell'intesa con Mosca. Risultano basse le scorte di gas nell'Unione europea, scese sotto la soglia del 75% della capacità, ben al di sotto della media dell'82% degli ultimi 5 anni. Restano sopra l'80% l'Italia (80,5%) e la Germania (82,1%). Il presidente russo Putin nelle sue ultime dichiarazioni ha dsostemuto che non è la Russia a creare problemi ma l'Ucraina, rifiutando il transito del gas russo. Gli analisti non escludono un accordo in extremis. Nonostante il grande sforzo fatto dall'Europa per trovare alternative al gas russo. Le importazioni di Mosca costituiscono ancora il 19% del fabbisogno dell'Ue. l. g.
  2. L'intervista
    "L'oro di Mosca finiva sui conti del Pci toccò a me chiudere i rubinetti"
    Gianni Cervetti
    La militanza
    L'Urss
    "
    Filippo Maria Battaglia
    Milano
    Si è iscritto al Pci dopo aver incontrato Togliatti ed è stato uno dei più stretti collaboratori di Berlinguer. A ventidue anni il suo partito l'ha spedito a Mosca per studiare economia e, ventidue anni dopo, è stato lui, sempre per conto di quel partito, a chiudere i rubinetti dell'oro sovietico che lo finanziavano.
    Gianni Cervetti è tra i pochi superstiti comunisti nati prima della seconda guerra mondiale. Del Pci è stato militante, dirigente, deputato ed europarlamentare. Basterebbe metà della sua vita per trarne, con profitto, un intenso biopic. Ma Cervetti - 91 anni compiuti a settembre - è stato un comunista di stampo ambrosiano: «Uno che pensa quattro volte prima di parlare», dice di sé nel soggiorno di casa sulla circonvallazione interna di Milano. Pragmatismo e disciplina di partito lo hanno indotto a scegliere sempre vie discrete e laterali. Le stesse percorse, peraltro, nel pamphlet I ragazzi di via Rovello, pubblicato da poco da De Piante, in cui racconta alcune sue passioni: i libri, Dante, la musica, Machiavelli. E, ovviamente, la politica.
    Si ricorda la sua prima manifestazione pubblica?
    «Nel luglio del '43. Avevo poco meno di dieci anni, eravamo sfollati nel Monferrato. Centinaia di civili si radunarono davanti alla sede del dopolavoro fascista per festeggiare la caduta di Mussolini. Provarono ad abbattere la porta: non ci riuscirono. Due di loro mi spinsero così attraverso un piccolo varco. Una volta dentro, lanciai dalle finestre i quadri del duce e del re. Quando la folla si disperse, mi rimase la sensazione di essere stato protagonista di un atto di sacrosanta ribellione».
    Era già comunista?
    «No. Mi iscrissi nel '49, a Milano, in una sezione intitolata ad Antonio Gramsci».
    Cinque anni dopo, su richiesta del Pci, sarebbe andato via dall'Italia.
    «Studiavo Medicina quando venni convocato in una stanza della federazione. Ci trovai anche Aldo Lampredi, il partigiano che aveva guidato il plotone per l'esecuzione di Mussolini. Mi disse: "Andrai a studiare all'estero. Te lo chiede il partito"».
    E lei?
    «Rimasi di stucco, ma al contempo ne fui onorato. Cercai di capire almeno in quale Paese e in quale facoltà. Mi rispose: "Studi politici". Avvisai solo la mia famiglia, poi partii, senza dire nulla».
    Nemmeno alla fidanzata?
    «Mi comportai da mascalzone, ma non avevo scelta: mi fu raccomandato di non parlarne con nessun altro».
    La destinazione era Mosca, la facoltà Economia politica.
    «Eravamo quattro italiani e un vietnamita. Nessuno di noi conosceva il russo, facemmo sei mesi di lezioni con un'insegnante con cui comunicavamo a gesti».
    Su quei banchi c'era anche Gorbaciov.
    «Quando entrai in università, lui la stava terminando. Lo conobbi bene solo nel 1985, dopo l'elezione a segretario del Pcus. Era sempre un fiume di parole, io un po' meno».
    Nell'anno in cui arrivò a Mosca, il 1956, iniziò la " destalinizzazione". Che aria tirava?
    «Il sabato andavamo a ballare con le ragazze, la domenica sentivamo i concerti dei grandi musicisti. Sembrerà strano ma in realtà, in quegli anni, a Mosca, in fatto di relazioni e di morale, c'era più libertà lì che in Italia».
    Dopo la laurea rientrò a Milano. Che città trovò?
    «Totalmente diversa da quella di sei anni prima. Il traffico intenso, il centro che si ampliava a dismisura, un'infinità di palazzi in costruzione».
    E il partito?
    «A guidare la federazione c'era Armando Cossutta. Con un discorso enfatico, mi fece capire che non mi volevano nell'apparato politico».
    Il motivo?
    «Lo capii solo dopo: ero stato troppo tempo a Mosca, non era opportuno che lavorassi lì».
    Detto da Cossutta, uno dei più filosovietici del partito…
    «Non aveva ancora posizioni così marcate. Ma, anni dopo, il ricordo di quell'incontro mi rafforzò nella convinzione che alla politica, come alla vita, si deve guardare sempre senza schematismo».
    Nel partito però ci tornò presto. Prima da segretario cittadino e poi da membro della segreteria nazionale: il più giovane scelto da Enrico Berlinguer.
    «Pochi mesi prima della nomina, nel '73, il leader Pci venne a Milano con uno dei dirigenti, Salvatore Cacciapuoti. Fu lui, a un certo punto, a indicare una borsa a Berlinguer, che assentì senza dire una parola».
    Cosa voleva dire?
    «Che sarei andato a Roma a occuparmi dell'organizzazione e della cassa del partito. Non servì aggiungere altro».
    Come andò?
    «Mi gettai a capofitto per conoscere la situazione finanziaria, a cominciare dal cosiddetto "oro di Mosca": polizie e cancellerie di mezza Europa sapevano dei soldi che arrivavano dall'Urss, ma tutti facevano finta di niente».
    Tutti?
    «A cominciare dall'allora ministro dell'Interno Cossiga. Anni dopo mi raccontò che quando il nostro uomo, un certo Schiapparelli, andava a convertire i dollari che ricevevamo, i Servizi li acquistavano per verificare che non fossero falsi. E la questione finiva lì, nessuno ne parlava più».
    Quando fu deciso lo stop al finanziamento?
    «Nel febbraio del '74. Eravamo a Mosca. Una sera, Berlinguer mi propose di uscire in giardino. Si gelava. Gli dissi: "Dobbiamo prendere le distanze da questi qui". Assentì».
    Fu una svolta.
    «Ci vollero altri quattro anni. Quando comunicai la decisione a Boris Ponomariov, l'uomo che teneva i contatti con noi, disse: "È una vostra scelta". Ma aggiunse: "In ogni caso, avete i soldi del petrolio'". Lo guardai incredulo: "Quali soldi?". E lui: "Ah, se è così, chissà dove vanno finire"».
    A cosa faceva riferimento?
    «Non riuscii a capirlo mai».
    Nel Pci lei faceva parte dell'ala riformista guidata da Napolitano. Quando lo conobbe?
    «Nel '63, su una spiaggia delle Marche. Clio, sua moglie, era di quelle parti. Erano da poco diventati genitori: Giorgio, sorridente, teneva il primogenito Giovanni in braccio».
    Eravate i "miglioristi": non suonava come un complimento.
    «Non lo era. Ci chiamò così per la prima volta Pietro Ingrao. Napolitano non gliela perdonò mai».
    Quando, nel 2006, venne eletto capo dello Stato, lei seguì lo spoglio nel suo studio.
    «Appena raggiunto il quorum, mi commossi. Giorgio mi guardò e disse: "Fuori i piangenti!". Ovviamente scherzava».
    Che giudizio dà di Putin?
    «Molto critico. È stato uno dei frutti della presidenza di Eltsin, un vero disastro per la Russia».
    Nel suo ultimo libro racconta la sua passione per Dante.
    «Ereditata da mio fratello. Nel mio studio ho più di duecento edizioni della Commedia».
    Quale dei sette vizi capitali, rievocati nei suoi versi, è più pericoloso in politica?
    «La superbia».
    E nella vita?
    «L'invidia. Entrambi, in modo diverso, si distaccano dalla realtà e dalle sue istanze. Un errore imperdonabile». —

 

 

26.12.24
  1. Bombe, faccendieri e poteri occulti Gli angoli ancora bui degli anni Settanta
    Raccontare gli anni Settanta, impresa folle e disperatissima. Enrico Deaglio, dopo gli anni Sessanta, si è buttato nella grande opera. E ne è venuto fuori un epico ma anche drammatico scanzonato e affettuoso racconto di storia e di costume. Il decennio in verità finisce presto perché i Settanta muoiono nel maggio 1978 con i colpi di pistola che uccidono Aldo Moro. E perciò sul libro campeggia una foto che è un pugno nello stomaco: l'immagine della camicia insanguinata dello statista ucciso dalle Br. Scrive Deaglio: «Quegli spari scellerati, a bruciapelo, all'alba, che abbiamo messo – non senza sofferenza – in copertina di questo volume, resteranno, come avrebbe detto Borges, nella "storia universale dell'infamia", il trauma che ci porteremo sempre appresso».
    Se il delitto Moro è il punto finale di un processo venefico che brucia gli anni Settanta e tanti suoi protagonisti, speranze di cambiamento comprese, c'è però una storia oscura che gli corre accanto, s'interseca come un fiume carsico, a volte si sovrappone. È la storia dei poteri criminali.

    Un po' ce lo siamo dimenticato, quel periodo. Ma ci pensa Enrico Deaglio a rinfrescarci la memoria su come l'eversione di destra mettesse bombe in treni, stazioni, università e come avesse preparato numerosi colpi di Stato. Come i gruppi criminali – banda della Magliana, Cosa nostra, P2, l'allora sconosciuta 'ndrangheta – si associassero al potere e facessero i "lavori sporchi" in cambio di impunità.
    Ci siamo dimenticati, ad esempio, come al crocevia di finanza, mafia, traffico di droga, corruzione, ci fosse un tal Michele Sindona. Breve ripasso: l'uomo nasce dalle parti di Messina nel 1920, in Sicilia stringe utili contatti con gli americani nel periodo di occupazione, negli anni Cinquanta si trasferisce a Milano e il suo studio di fiscalista diventa famoso tra i "cummenda". L'ascesa pare inarrestabile. Rileva un'antica banca e poi un'altra, domina la Borsa, amministra le proprietà immobiliari del Vaticano. Si scoprirà solo in seguito che le sue banche erano coinvolte nei movimenti dell'Anonima sequestri e riciclavano soldi della mafia siciliana. Per qualche anno gli va tutto benissimo. Ricostruisce Deaglio: «In America è addirittura proprietario della decima banca del Paese, la Franklin Bank di Long Island, che gode di una buona clientela legata al Partito repubblicano e alla comunità italoamericana. Ma il più grande sogno è crollato in pochi mesi, anno 1974. La Franklin ha fatto improvvisamente bancarotta, e beati i depositanti che sono riusciti a recuperare i loro soldi. E in Italia è crollato "l'impero Sindona", quando – finalmente – gli ispettori della Banca d'Italia hanno avuto il permesso dal governatore Guido Carli di andare a guardare i conti delle sue banche».
    Inseguito da due giustizie, Sindona ripara a New York. Dall'Italia, comunque, lo aiutano in tanti con i cosiddetti "affidavit", cioè lettere a garanzia di quanto fosse una brava persona. «A garantire per Michele Sindona troviamo il procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, Carmelo Spagnuolo, il segretario del Psdi Flavio Orlandi, la vulcanica imprenditrice milanese Anna Bolchini, due persone a noi sconosciute, Paul Rao esponente del Partito repubblicano americano e soprattutto figlio di un giudice della Corte suprema, Philip Guarino, che si presenta come rappresentante della comunità italoamericana di New York, John McCaffery, già capo del controspionaggio inglese ai tempi della guerra, il nobiluomo torinese Edgardo Sogno, appena uscito dalle accuse di aver tramato un colpo di Stato, il fresco ministro "tecnico" del Tesoro nel governo Moro, ed ex presidente della Banca Commerciale, Gaetano Stammati». E naturalmente c'è Licio Gelli.
    A raccontarci poi chi fosse il segreto sponsor politico di Sindona sarà Aldo Moro, nel suo Memoriale scritto quand'era nelle mani delle Brigate rosse. E così due storie tanto diverse s'incontrano fino a diventare un tutt'uno. Racconta infatti Moro che Giulio Andreotti, in quel momento senza incarichi di governo, era andato appositamente in America per partecipare a un pranzo in onore di Sindona, libero su cauzione. Tentarono invano di sconsigliarlo sia l'ambasciatore Egidio Ortona, sia Moro stesso. «Andreotti si impuntò e sarà l'ospite d'onore (da solo) al banchetto offerto all'hotel St. Regis in cui dichiarerà Sindona l'italiano più importante della storia».
    Andreotti disponeva a New York di un "ufficio di rappresentanza", tenuto dalle sorelle Grattan, antica famiglia di politici repubblicani, di fede anticomunista. Una delle sorelle, interrogata nel 1994 dai pm di Palermo, confermò che tra il 1978 e il 1979 aveva incontrato per otto volte Sindona nel suo studio.
    Si moriva, all'epoca, a toccare Sindona. Un incorruttibile avvocato milanese, Giorgio Ambrosoli, che si occupava della liquidazione delle sue banche fu fatto uccidere da un sicario italo-americano. Il banchiere Enrico Cuccia fu convocato a New York e minacciato di morte, lui e i figli, affinché non si mettesse di traverso al salvataggio delle banche a spese dello Stato italiano. A Palermo, l'investigatore Boris Giuliano, fu ammazzato in strada perché aveva scoperto chi era il banchiere dei clan.
    Infine Sindona organizzò un auto-sequestro a immagine e somiglianza del dramma di Aldo Moro: scomparve a New York nell'agosto 1979 e ricomparve nella Grande Mela due mesi dopo facendo un racconto farneticante di comunisti che lo avrebbero rapito e torturato. In realtà era andato clandestinamente in Sicilia ad incontrare massoni e capi mafiosi che volevano sapere come avrebbero riavuto indietro i miliardi che gli avevano affidato. Tutto fu organizzato meticolosamente: mentre era ospitato da un medico della polizia a Palermo, massone, scriveva lettere di finta disperazione che ogni volta un picciotto portava in aereo fino a New York per essere imbucate a Brooklyn. Incontrò il famoso avvocato Vito Guarrasi, il potentissimo esattore Nino Salvo, il cavaliere del lavoro Gaetano Graci, il capo della massoneria siciliana Barresi. «Ma più che assicurare ai clienti che avrebbe restituito loro i soldi perduti – contava di ricattare i politici italiani che gli avevano affidato i loro risparmi perché li esportasse all'estero, ma quelli si erano salvati dal suo crack –, Sindona era venuto a vendere l'idea di un colpo di Stato separatista, il vecchio sogno del 1943; si diceva sicuro di avere l'appoggio americano, dell'amministrazione Carter, della Cia, dell'ambasciata a Roma; vantava rapporti diretti – li aveva finanziati, perbacco! – con i vertici dei servizi segreti italiani, parlava addirittura di strategie militari». Finì come doveva finire. Con un caffè alla stricnina in cella. E chissà quanti altri segreti sono stati sepolti con i fantastici anni Settanta. —

 

 

 

 

25.12.24
  1. "Spot e slogan ingannevoli non si conoscono i rischi"
    Silvio Garattini
    Le frasi
    flavi aamabile
    ROMA
    A 96 anni, Silvio Garattini, presidente e fondatore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, sta trascorrendo il pomeriggio di Santo Stefano a calcolare quanti principi attivi in eccesso esistono nel Prontuario farmaceutico nazionale. Interrompe volentieri per analizzare i pericoli dei farmaci per perdere peso.
    Per il quotidiano The Guardian, nel Regno Unito il mercato dei farmaci per perdere peso sta diventando sempre più aggressivo, con pubblicità che aggirano i divieti e propongono prodotti ai consumatori senza controllo. Qual è la situazione in Italia?
    «In Italia abbiamo un problema preliminare: a fornire le informazioni sui prodotti sono solo le aziende dell'industria farmaceutica che hanno tutto l'interesse a far crescere il settore attraverso notizie che sfuggono a ogni controllo. Secondo un'elaborazione di Unione Italiana Food su dati New Line, nel 2023 il fatturato del comparto dell'integrazione alimentare in Italia ha raggiunto i 4,5 miliardi di euro in valore delle vendite e le 300 mila tonnellate in quantità. L'Italia si conferma il primo mercato europeo, con il 26% del fatturato totale e nel 2024 dovrebbe raggiungere quota 5 miliardi. Tutto questo è senza senso, non c'è alcuna base scientifica che i prodotti abbiano efficacia ma sono comunque molto utilizzati. Si preferisce mangiare in eccesso e usare dei prodotti per perdere peso basandosi sulle promesse di una pubblicità senza controllo».
    Quindi anche in Italia i consumatori non sono protetti dai messaggi che arrivano dalla pubblicità delle aziende farmaceutiche?
    «In televisione, sui giornali, sulle riviste, sui social, assistiamo a comportamenti molto aggressivi. A volte si usano delle formule indirette e si aggirano le regole fornendo messaggi fuorvianti. Sarebbero necessari controlli perché il compito della pubblicità è di comunicare attraverso affermazioni vere che nel settore della salute rivestono particolare importanza sia per i singoli sia per le conseguenze sul Servizio sanitario nazionale, eppure non ho mai visto ritirare una pubblicità su un farmaco per aver trasmesso notizie non vere. Si può fare e dire quello che si vuole, al contrario del principio presente nella Costituzione che lo Stato deve proteggere la salute di tutti».
    Come si fa a capire quali farmaci per perdere peso sono davvero efficaci?
    «Per approvare un nuovo farmaco la legislazione europea si basa su tre caratteristiche: qualità efficacia e sicurezza. Non ci chiarisce nulla, però, su un aspetto fondamentale e cioè il rapporto con farmaci che già esistono per la stessa indicazione. Per le industrie questa mancanza è molto comoda: si può quindi ottenere l'approvazione anche se il nuovo farmaco è meno attivo o uguale, questo consente alle industrie di poter affermare liberamente che il proprio farmaco è il migliore perché non è possibile fare un confronto. Inoltre i farmaci vengono studiati sui maschi, le donne usano farmaci non studiati per loro, il 75% degli studi controllati non permette di stabilire quale sia l'efficacia di un farmaco in base al genere ma sappiamo che la stessa malattia non si presenta in modo uguale nei maschi e nelle femmine».
    Che cosa sappiamo degli effetti negativi dei farmaci per perdere peso?
    «Il sistema è tutto orientato a capire l'efficacia dei farmaci, sulla tossicità si sa poco. Dagli studi clinici controllati sappiamo che gli effetti negativi che accadono più di frequente sono di natura gastrointestinale, infatti molti devono abbandonare l'impiego di questi farmaci per questo motivo. Possiamo dire che conosceremo le reali conseguenze sulle persone solo in futuro. Non abbiamo un'organizzazione per raccogliere le informazioni sugli effetti tossici dei farmaci, non abbiamo un'agenzia o una struttura che se ne occupi. Ci si basa sui gesti volontari di farmacisti o persone che scrivono all'Aifa per comunicare le conseguenze negative riscontrate. In questo modo emerge solo il 10 per cento degli effetti tossici di un farmaco. Questo deve rendere i medici più attenti e responsabili nel fare prescrizioni».
    Ad aumentare la confusione è anche il fatto che molti di questi farmaci in realtà dovrebbero essere usati per altre malattie come il diabete o l'ipertensione.
    «È un uso irrazionale da evitare. Fra le informazioni che mancano su questi farmaci non sappiamo quanto in un soggetto che non è diabetico assumere questi farmaci che fanno perdere peso ma anche calare la glicemia potrebbe essere dannoso se non si è iperglicemici».
    C'è anche chi, in vista delle feste, fa scorta di questi farmaci.
    «Lo trovo ridicolo, un esempio di ignoranza in materia di salute. Non si ingrassa per quello che si mangia a Natale o a Capodanno ma per quello che si mangia il resto dell'anno. Questi farmaci dovrebbero essere assunti solo in caso di grave obesità o per evitare interventi chirurgici. In tutti gli altri casi non servono a nulla: è provato che, se non si è imparato a mangiare, quando si smette il trattamento si prende di nuovo rapidamente il peso perso»

 

 

 

 

24.12.24
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 1,1-18
 
...
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

 
Gli israeliani hanno avuto questi segnali ma non li hanno voluti vedere.
Da allora si sono alleati con satana.
Perche' non prenderne atto :

Matteo 6,24

Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona.
 

Luca 16,13

Nessun domestico può servire due padroni: perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona”.

 

23.12.24
  1. PACE IN TERRA AGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA'  "Betlemme senza natività è un luogo monco C'è bisogno di speranza"
    Pierbattista Pizzaballa
    Nello del Gatto
    Gerusalemme
    «A Gaza è tutto distrutto, la situazione è molto grave, ma qualche segno di speranza, di vita, c'è ancora». È la prima immagine che ha fornito ieri il cardinale di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, appena tornato da una visita alla comunità cattolica della Striscia. Il patriarca gerosolimitano, unico esponente straniero ad aver effettuato due visite a Gaza (la prima era stata a maggio), glissa anche sulle polemiche scaturite dalle parole del Papa circa un rifiuto, poi smentito dalle autorità israeliane, del suo ingresso a Gaza. «Io alla fine sono entrato, questi sono i fatti. L'ingresso a Gaza non è mai semplice, ci sono tante questioni, di protocollo, di sicurezza e così via. È importante restare sui fatti. Sono entrato e voglio ringraziare quelli che mi hanno aiutato. Ci sono stati dei problemi, degli ostacoli, ma ci sono state anche persone che poi hanno aiutato a risolvere e questo è quello che conta».
    Le polemiche non sono mancate, anche rispetto alle parole del Papa che negli ultimi tempi ha usato espressioni forti sulla guerra. Il cardinale è una figura molto apprezzata da ogni parte in Terra Santa, dove vive da 35 anni, per la sua opera anche di mediazione. Da qui i suoi buoni uffici con i governi israeliano, giordano e palestinese. All'inizio della guerra si offrì per sostituirsi agli ostaggi. E non si tira indietro rispetto alle polemiche, dice, ci sono sempre state ma lo lasciano indifferente, non distraendolo e proseguendo per la sua strada. «Il Papa è sempre stato molto chiaro. Forse non siamo abituati a un Papa che non usa molte sfumature. Ha chiesto la fine della guerra, di questa come di tutte le altre, chiedendo la liberazione degli ostaggi. Lo ha detto parecchie volte. E ha anche condannato in maniera chiara la reazione considerata sproporzionata. Questa guerra come tutte le guerre è molto crudele ed ha avuto e ha un impatto molto forte su tutto e su tutta la popolazione».
    A Gaza, Pizzaballa ha incontrato le poche centinaia di cattolici rimasti. Che al pastore della chiesa di Gerusalemme, hanno chiesto cibo, aiuti e scuole per i figli. Segno di vita, di speranza, dice il cardinale. Per il quale è necessario anche non tanto un cambiamento di leader, ma la ricerca di una leadership. «Abbiamo bisogno di creare un contesto di un gruppo o di una squadra dove le persone con responsabilità hanno il coraggio di incontrarsi e organizzare qualcosa insieme. E noi, come Chiesa cattolica, siamo pronti. Dopo questa crisi, dove vediamo anche la debolezza di una leadership politica e istituzionale, qualcosa di nuovo deve uscire. Non possiamo costruire un nuovo futuro con le stesse facce».
    Domani è Natale. A Betlemme come l'anno scorso ci sarà la messa della vigilia, ma non le luminarie. L'amministrazione locale e quella dell'Autorità palestinese in segno di cordoglio per Gaza le hanno vietate. «Avremmo voluto qualcosa, non una festa normale ma almeno qualcosa di un po' più vivace, anche perché la gente ha bisogno di un po' di respiro. Speriamo sia l'ultimo Natale in tono minore perché, soprattutto Betlemme, senza Natale, è monca». La città, come tutti i Territori, vive una profonda crisi economica che ha portato molti ad emigrare. «Questa guerra ha avuto un impatto enorme sulla popolazione sia israeliana sia palestinese. Si sa che non si tornerà com'era prima, ma non si capisce come sarà il futuro, con chi, come e quando, come finirà. Ecco, questa mancanza di certezze per il futuro, questa insicurezza un po' su tutto, ha creato un sentimento molto pesante nella vita della popolazione. Dobbiamo lavorare. È chiaro che noi come Chiesa cerchiamo di aiutare il più possibile, ma senza un cambiamento nella prospettiva politica sarà molto difficile avere un'influenza determinante sul sentimento della popolazione».

 

 

22.12.24
  1. Mavi e l'intervista da sogno al Presidente "Gli ho chiesto se è felice, mi ha detto di sì"
    «Lei è felice? O questa grande responsabilità la preoccupa troppo?». Mariavittoria Belleri è appena entrata nello studio del presidente della Repubblica salutata dal batter di tacchi dei due corazzieri alla porta: ora lei e Sergio Mattarella sono seduti l'una davanti all'altro per l'intervista che questa bambina di dieci anni sognava da tempo e che adesso, grazie a Telethon e all'idea di ricavarne un corto firmato da Francesca Archibugi, è diventata realtà. Cinque minuti trascorsi a tu per tu che "Mavi", come la chiamano i genitori e i compagni di classe, non dimenticherà facilmente: «Lui ha risposto di sì, che è felice, ma non posso dire nient'altro – racconta -: un po' perché deve restare un segreto fra me e il presidente e io non posso spoilerare nulla, ma anche perché ero talmente emozionata che non mi ricordo più niente…».
    A Mariavittoria, quando aveva un anno d'età, è stata diagnosticata la Sma, l'atrofia muscolare spinale per cui non ha mai potuto camminare e che la obbliga a muoversi su una sedia a rotelle elettrica. «Ha iniziato a parlare prestissimo e da subito ha inondato di domande me e mio marito - spiega Eleonora Fontana, la mamma -. Le abbiamo chiarito sempre tutti gli aspetti della sua malattia, e a un anno e mezzo ha saputo che non avrebbe mai camminato. Siamo convinti che le bugie non possano funzionare».
    Avere un incontro col presidente Mattarella, dice Mavi, che sentiamo al telefono mentre sta tornando in macchina a Brescia, dove vive con i genitori, «era il mio obiettivo, ci ho pensato la prima volta un anno fa, perché mi piace l'idea di intervistare i capi di Stato». E così, di sogno in sogno, si scopre che la prossima volta le piacerebbe fare qualche domanda al Pontefice: «Ora mi piacerebbe intervistare il Papa... In passato avevo pensato a Biden e anche a Putin, ma in questo caso avevo paura che, se avessi fatto una domanda non gradita, se poi si fosse arrabbiato avrebbe potuto schiacciare il pulsante rosso della bomba atomica». Paure di bambina che riflettono l'incubo risvegliato negli ultimi anni dal mondo degli adulti.
    Molto più tranquillizzante il dialogo con Sergio Mattarella: «Ero emozionatissima, quasi non so come descriverlo - dice Mavi -; è stato gentile e accogliente, un pochino dà l'idea di un nonno buono , ma non vorrei sminuire la sua figura». I corazzieri? «Altissimi». Il personale del Quirinale che l'ha accolta e scortata dal presidente con tutti gli onori? «Molto disponibile». Fino al suo ingresso nello studio di Mattarella, perché da quel momento in poi non ci sono stati testimoni del colloquio. Il suo passaggio nei saloni del Quirinale, d'altra parte, ha osservato tempi e scene che appartengono a qualsiasi fiction, perché tale è Una giornata pazzesca, realizzato per la 35esima Maratona di Fondazione Telethon. Mariavittoria, da brava interprete, «si è attenuta alle indicazioni della regista, ci sono state numerose inquadrature e riprese, ha dovuto ripetere le battute: un'attrice a tutti gli effetti che interpreta sé stessa», dice la mamma. Di professione avvocata, non ha mai voluto abbandonare la professione: «Io e mio marito, che fa l'ottico, abbiamo voluto mantenere le nostre individualità e le nostre abitudini per quanto possibile. Avere ognuno il suo spazio lavorativo dà più valore al tempo che trascorriamo insieme. E a casa c'è una persona preziosa che ci aiuta».
    Il commento di Mavi è pronto e risoluto: «Non vorrei neanche io avere mia mamma ventiquattr'ore al giorno, vorrei anche un po' di calma. Bastano la sera e la mattina». La madre parla del rapporto che ha con sua figlia come qualcosa di «simbiotico» e intensissimo: «L'aspetto cognitivo di Mavi, che è molto sveglia e curiosa, ci ha sempre aiutati a superare la sua disabilità motoria. La nostra è una vita normale anche se con le sue specificità. In ogni caso è un vivere, non un sopravvivere».
    Il che ovviamene non significa che sia semplice: «Anche lei fa le sue osservazioni e in un certo senso è il peggior giudice. Un esempio? Mia figlia chiede tanto aiuto, anche per i suoi movimenti, e noi la riprendiamo quando non chiede "per favore". La sua reazione è stata: "Ma allora se chiedo per favore per ogni movimento passo la mia vita così..."». Il ruolo di Telethon, che ha trasmesso alla presidenza della Repubblica la richiesta d'intervista di Mavi propiziando l'iniziativa, viene sottolineato così: «È fondamentale quello che fa per la ricerca. La presenza del presidente Mattarella inoltre dà un sigillo importante alla campagna contro le malattie genetiche rare».
  2. "Salvini? Non vede il dolore degli altri Follia un mondo governato da miliardari"
    Richard Gere
    Il mondo è sull'orlo del baratro, ma la naturalezza rasserenante con cui Richard Gere espone le sue convinzioni spinge a pensare che, forse, non tutto è perduto: «Dobbiamo provare a tenere aperti i nostri cuori, per ascoltare il dolore dei nostri simili, per interessarci delle tragedie che avvengono ovunque. Penso che tutti noi siamo qui sulla Terra con un obiettivo comune, che è proprio quello di aiutarci l'un l'altro».
    Nell'agosto del 2019 ha visitato l'"Open Arms", ormeggiata al largo di Lampedusa e carica di migranti che non potevano raggiungere la terraferma. L'allora Ministro degli Interni Matteo Salvini, che aveva impedito lo sbarco, è stato processato e ora appena assolto. Che cosa ne pensa?
    «Quando sali su un'imbarcazione come quella, cosa che ho fatto in quell'occasione e poi anche in altre, vedi le stesse cose che, in questi anni, abbiamo visto in tanti luoghi del pianeta, India, Honduras, Bangladesh, Africa e anche in America. Gente che cerca una casa, un posto dove vivere, un riparo. In un certo senso siamo tutti rifugiati e, anche se non conosco i dettagli di questo caso giudiziario, penso che, se non riusciamo a specchiarci nelle sofferenze dei nostri fratelli, vuol dire che, come razza umana, abbiamo fallito».
    L'America ha di nuovo scelto Trump, che effetto si aspetta dalla ri-elezione?
    «È difficile rispondere a una domanda del genere in pochi minuti. Posso dirle però che di recente sono stato a Washington, per un evento speciale dedicato al Tibet, una campagna internazionale in cui, alla presenza di Nancy Pelosi, è stato proiettato il documentario sul Dalai Lama che ho prodotto. Sono stato in giro, ho incontrato rappresentanti del Congresso, sia repubblicani che democratici con l'obiettivo di capire quale percezione abbiano del futuro che ci aspetta. Sa come è andata? Nessuno ha saputo rispondere».
    Che cosa la preoccupa di più?
    «Trovo davvero molto inquietante il fatto che, del governo Trump, facciano parte due tra le persone più ricche dell'intero pianeta e che esse abbiano, quindi, la facoltà di esercitare il loro potere. Il fatto che siedano nell'ufficio presidenziale è per me molto allarmante. Nella Costituzione americana ricorre più volte la formula "noi, il popolo", non certo "noi, i miliardari". Dimenticare il popolo americano, quello vero, che non è certo fatto da super-milionari, è la cosa che più mi spaventa, quella che veramente fa tremare se pensiamo alle nostre sorti future. In America, ma anche in tante altre nazioni».
    Fra gli scenari più preoccupanti c'è quello riguardante il sistema sanitario. Il neo-presidente Trump sarebbe pronto ad annunciare il ritiro degli Usa dall'Oms, nel primo giorno del suo mandato. Che ne dice?
    «Mia moglie è spagnola e, quando è venuta a vivere con me in America, è rimasta letteralmente scandalizzata nel constatare che, negli Stati Uniti, il Paese più ricco del mondo, non esiste un sistema sanitario pubblico. Per motivi che ancora non sono del tutto chiari il Partito repubblicano si rifiuta di crearlo. È una cosa incredibile, ci ho riflettuto a lungo, la nostra priorità dovrebbe essere proprio la salute, il fatto che tutti abbiano la possibilità di curarsi, di nutrirsi, di avere un tetto, insomma il minimo, le cose più semplici. Credo che se ci impegnassimo tutti in questo senso le cose andrebbero subito meglio. E questo dovrebbe valere ovunque, per tutti i cittadini del mondo. Se ognuno dei nostri Paesi mettesse a disposizione dei soldi per garantire i diritti basilari, gran parte dei problemi sarebbero risolti».
    La diffusione delle armi è un'altra piaga americana.
    «Restiamo sconvolti ogni volta che assistiamo alle stragi nelle scuole, con ragazzini che vengono ammazzati, ma la vendita delle armi continua a proliferare e l'esercizio della violenza in Usa è onnipresente, sempre in crescita. Mi sono attivato in questo senso, cerco di promuovere movimenti che controllino la diffusione delle armi».
    Nel suo ultimo film Oh Canada I tradimenti (dal 16 gennaio nei cinema) interpreta, diretto da Paul Schrader, il documentarista Leo Fife che, prossimo alla fine della vita, rivive la sua giovinezza, a iniziare dalla fuga in Canada per evitare di andare a combattere in Vietnam. Lei è nato nel '49, in un'America molto diversa da quella di oggi. Che ricordi ha di quel periodo?
    «Faccio parte esattamente di quella generazione che ha ricevuto la prima chiamata al fronte, quando è scoppiata la guerra in Vietnam. Era un periodo molto particolare, c'è stato come un risveglio universale, una voglia di reagire da parte dei ragazzi di allora, di dire no a quello che stava succedendo, forse anche perché gli orrori dell'Olocausto e del Secondo conflitto mondiale erano ancora vicini e allora quei giovani hanno saputo dire "no, non voglio essere parte di una nuova guerra"».
    Ha rimpianti?
    «Ha una giornata libera? Ce ne vorrebbe almeno una per poterglieli dire tutti. Certo che ne ho, credo che ognuno di noi, nell'arco della propria esistenza, sappia di essersi comportato male nei confronti di altre persone, in modi più o meno gravi, e che questo ci abbia fatto vergognare di noi stessi». —
  3. Battaglia aerea nello Yemen abbattuto un F-18 americano
    New York
    Benjamin Netanyahu annuncia il pugno duro a oltranza contro gli Houthi per assestare un altro colpo all'Iran, da dove arrivano nuove smentite sull'impiego da parte di Teheran di procure militari nella regione in funzione anti-israeliana. Il tutto mentre gli americani rischiano di perdere due piloti impegnati nei raid contro le postazioni dei ribelli yemeniti per colpa - sembra - del fuoco amico. Si è ormai chiaramente spostato in Yemen il baricentro bellico del conflitto in Medio Oriente, dopo aver toccato Gaza, Libano (inteso come Hezbollah), Iran e di sponda la Siria. E a sentire il premier israeliano, la campagna contro gli Houthi, considerati vicini all'Iran, si preannuncia dura e prolungata.
    «Come abbiamo agito contro i terroristi iraniani, agiremo forza e determinazione contro gli Houthi dello Yemen», afferma Netanyahu dopo che nella notte tra venerdì e sabato un missile balistico ha bucato la difesa aerea israeliana colpendo un parco di Tel Aviv e causando 16 feriti. Si è trattato dell'ultimo raid di una serie che la formazione yemenita ha intensificato nelle ultime settimane. In una dichiarazione video rilasciata dopo la riunione del suo gabinetto di sicurezza a Safed, Netanyahu ha promesso che, anche se l'operazione contro gli Houthi potrebbe richiedere del tempo, i risultati saranno gli stessi delle campagne di Israele contro altre procure iraniane nella regione, tra cui Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano.
    Poco prima era stata Teheran a farsi sentire rilanciando la campagna di resistenza "spontanea" nella regione: «Yemen, Hezbollah, Hamas e Jihad Islamica non sono procure iraniane, ma combattono per propria convinzione. Se volessimo entrare in azione, non avremmo bisogno di alcuna forza per procura», tuona la Guida suprema, Ali Khamenei. Il quale è intervenuto anche sulla caduta del regime siriano di Bashar Al-Assad: «Gli Stati Uniti progettano di dominare (la regione), stimolando caos e scontri in quel Paese». Una strategia che, secondo Teheran, vorrebbe essere replicata anche in Iran. «Un personaggio di nazionalità statunitense ha detto che se la gente in Iran si rivoltasse, gli Usa l'aiuterebbero - ha affermato Khamenei -. Ma si tratta solo di un idiota. Il popolo iraniano schiaccerà sotto i suoi piedi chiunque accetti di diventare un mercenario Usa e aiuti i disordini nel nostro Paese».
    Le attività militari Usa nella regione intanto proseguono con intensità sullo Yemen non senza presentare rischi. Due piloti della Us Navy sono stati abbattuti sul Mar Rosso domenica mattina in «un apparente caso di fuoco amico», afferma l'esercito americano. Entrambi sono vivi e al sicuro ma «le valutazioni iniziali indicano che uno dei membri dell'equipaggio ha riportato ferite lievi», riferisce il Comando centrale (Centcom) degli Usa. «È in corso un'indagine completa», spiega il Centcom. L'incrociatore lanciamissili Uss Gettysburg «ha fatto fuoco per errore e ha colpito l'aereo caccia F/A-18» che era pilotato dai piloti di Marina provenienti da un'altra nave, la Uss Harry S. Truman.
    L'errore, potenzialmente letale, mette in evidenza i rischi e le insidie della missione in cui gli Stati Uniti sono coinvolti da più di un anno. I ribelli yemeniti hanno lanciato più di 200 missili e 170 droni contro Israele in 13 mesi, riferisce il Times of Israel. Secondo l'Idf (Forze di difesa israeliane), la stragrande maggioranza non ha raggiunto Israele o è stata intercettata dall'esercito e dagli alleati israeliani nella regione. Nell'ultima operazione americana in ordine di tempo, avvenuta appunto la notte scorsa, sono stati colpiti obiettivi "nemici" nella capitale Sanaa. «Le forze di Centcom hanno condotto attacchi aerei di precisione contro un impianto di stoccaggio missilistico e una struttura di comando e controllo gestita dagli Houthi», si legge in una nota del Comando.
    L'operazione condotta dai militari Usa è avvenuta in risposta, appunto, all'attacco condotto dalla formazione yemenita in cui è stata "bucata" la copertura israeliana. L'esercito israeliano ha ammesso di non essere riuscito a intercettare un missile balistico che ha colpito quello che gli Houthi hanno affermato di essere «un obiettivo militare» a Tel Aviv. Il raid, che ha causato anche il ferimento di una bambina di tre anni, sarebbe andato a segno a causa di un guasto tecnico del sistema di intercettazione dei missili Arrow. Fra.Sem. —
  4. l ministro degli Esteri turco a Damasco
    Segnali di nuovo corso politico in Siria Una donna nell'esecutivo provvisorio
    Ahmad Al-Shara rinnova la promessa di proteggere le minoranze, sottolinea il valore della coesistenza e assicura di essere già al lavoro sugli obiettivi. In un faccia a faccia a Damasco tra il ministro degli Esteri della Turchia, Hakan Fidan e il leader della nuova Siria, Al-Shara ha garantito che tutte le armi presenti nel Paese passeranno sotto il controllo dello Stato, comprese quelle detenute dalle forze a guida curda, invise ad Ankara, che ha sostenuto la sua avanzata sulla capitale siriana. A una delegazione libanese guidata dal leader druso Walid Jumblatt, Al-Shara ha assicurato che la nuova Siria - slegata da Teheran, non eserciterà più un'influenza «negativa» in Libano. Il nuovo corso politico comprende anche l'entrata in scena di una donna, Aisha al-Dibs, nominata capo dell'ufficio per gli affari delle donne nell'amministrazione provvisoria istituita dopo la caduta del regime. R.E.
  5. Anke Julie Martin L'attivista: "Le autorità lo conoscevano, ma negavano: è emersa la verità". L'allarme sui social
    "Sono stata la prima a segnalare il saudita Diceva follie, ma nessuno mi ha dato retta"
    Anke Julie Martin
    dall'inviata a magdeburgo
    Anke Julie Martin scrive da Israele e in questi giorni su X è attivissima (supponiamo che sia una femmina, perché non vuole rivelare la vera identità), dopo l'attentato di Magdeburgo. È stata lei la prima a denunciare la pericolosità di Taleb al-Abdulmohsen, l'uomo di origine saudita che ha compiuto la strage. Ci risponde da lontano con solerzia. Ci racconta i dettagli di una conoscenza solo virtuale con il presunto assassino del mercatino, con i dettagli di conversazioni che i due avevano avuto nel 2017. «L'aggressore era noto alle autorità tedesche da allora – ci spiega –. Io stessa avevo segnalato due volte alla polizia del Nordreno-Westfalia alcuni suoi tweet. Aveva accusato il servizio di assistenza ai rifugiati e aveva fatto nomi di uomini che sfruttavano la gente vulnerabile».
    Uno dei deliri diventata la ragione per cui Abdulmohsen avrebbe architettato l'attentato del mercatino di Natale: a suo dire, il comportamento delle forze dell'ordine della Germania nei confronti dei migranti ex musulmani come lui. «La polizia tedesca vuole islamizzare il Paese», diceva recentemente lo psichiatra paranoico e complottista. Ma da tempo parla di abusi e di obbligo di assumere droghe, per destabilizzare i rifugiati. «Quando ho letto i suoi tweet – racconta Anke Julie Martin – l'ho invitato ad andare a denunciare alla polizia, se era vero». Poi, però, l'utente di X ha notato in Taleb altri post strani: «In uno rivelava la presenza in Germania di un uomo arabo con background islamista. Il tweet di Taleb conteneva il nome di quest'uomo, la data, la città, l'hotel e il numero della camera d'albergo in cui si trovava. Questa persona era ricercata all'estero».
    All'epoca, altri utenti di Twitter avevano reagito a al post di Taleb in arabo, dicendo che doveva smetterla, che quel che stava facendo era scorretto. «Ho pensato di informare le autorità locali, in modo che sapessero che quell'uomo pericoloso si trova in città. Oppure, se non era vero e le informazioni contenute nei tweet di Taleb erano inventate, la polizia poteva avvertire l'hotel in anticipo, per proteggere gli ospiti».
    A queste segnalazioni, Anke Julie Martin non ha ricevuto risposta. Lei non è la sola ad aver denunciato i comportamenti strani del saudita: anche l'attivista americana-saudita Nora Abdulkarim ha raccontato di aver conosciuto Taleb mentre seguiva il rimpatrio di una donna a Riad, e lo ha descritto come «aggressivo, egocentrico, instabile». «Non è vero che non lo conoscevano», continua Anke, «chi dice questo mente. E, infatti, ora viene fuori la verità». Giudica le sue azioni come un atto dovuto: «Non ho fatto nulla di che – spiega –. Ho semplicemente preso sul serio le accuse contenute nei suoi tweet, ad esempio contro gli aiuti ai rifugiati, e le ho trasmesse alla polizia». Ha comunicato con lui sempre nel mondo digitale, «gli ho chiesto ripetutamente di contattare le forze dell'ordine. Se necessario, anche gli agenti di un'altra città, se non l'avessero preso sul serio».
    Dal 2017 e 2018 ad oggi più nulla, nessun contatto. Fino alla strage di Natale e il thread che Anke Julie Martin ha scritto sul social, riannodando i fili sulla rete che tiene in memoria tutto. Anche quegli stessi post di Taleb che ora sono all'esame degli inquirenti. l. tor.
  6. Tutti i misteri
    Falciani
    di
    ELISA SOLA
    Da Milano a Roma. Da Alassio alle Cinque terre. Nel 2024 Hervé Falciani, l'ingegnere che vive sotto copertura da quando ha rivelato i nomi di oltre 130mila evasori fiscali, è stato almeno quattro volte in Italia, prima del 7 dicembre. Negli hotel in cui ha dormito si è sempre registrato con il proprio nome. Ha mostrato il passaporto. Eppure, per quattro volte, non è mai scattato il sistema di allerta che segnala alle forze dell'ordine la presenza di un ricercato. E Falciani, destinatario di un mandato d'arresto internazionale per «spionaggio economico» emesso dalla Svizzera, non è mai stato arrestato. Ha fatto il bagno ad Alassio. Ha cenato a Roma con amici di vecchia data. Ha visitato i borghi più spettacolari del Levante. Fino al 7 dicembre, quando alle tre di notte i poliziotti di Milano hanno bussato alla stanza 508 del The corner Duomo hotel. Poche ore prima, alla reception, il whisteblower che ha sottratto dalla Hbsc migliaia di liste sui fondi neri, aveva mostrato il passaporto. Come aveva fatto nei mesi precedenti a Roma e ad Alassio. Ma, come Falciani stesso pochi giorni fa ha detto alla Corte d'appello di Milano, prima di essere liberato grazie (anche) al provvedimento del ministro della Giustizia: «Nessuno mi aveva mai fermato prima di oggi».
    Il primo mistero della «spy story» dell'esperto di finanza che collabora con i servizi di 40 Paesi è racchiuso in questa domanda. Perché nessuno in Italia, se era ricercato da anni, l'ha arrestato prima del 7 dicembre? Le ipotesi possibili non sono molte. La prima è legata al suo doppio passaporto. Su quello francese il nome è scritto completo: Hervé Daniel Marcel Falciani. Su quello italiano compare solo il primo nome, senza accento. Forse, il sistema di allerta scatta soltanto se viene inserito il nome completo accentato. E in effetti l'esperto di finanza, il 7 dicembre, ha mostrato il documento francese. Una seconda spiegazione potrebbe essere legata a eventuali, ma ben più improbabili, problemi tecnici di connessione degli hotel in cui ha soggiornato prima di dicembre, che avrebbero reso impossibile l'allerta. La terza tesi è che qualcuno - legato alle intelligence - abbia deciso di fare scattare l'allarme Falciani in Italia soltanto adesso. Perché il contesto storico e geopolitico sarebbe favorevole soltanto ora a una sua eventuale nuova collaborazione con il governo italiano. «Sono a disposizione e chiedo protezione», ha ribadito Falciani ai giudici, a fianco del suo avvocato difensore Giorgio Bertolotti. Ma sul contenuto delle informazioni rilevanti che intenderebbe comunicare, mantiene un riserbo assoluto.
    Così come erano coperte dal segreto totale le celebri liste che Falciani aveva consegnato alla procura di Torino nel 2010. C'erano i nomi di settemila evasori fiscali. Il procuratore dell'epoca, Gian Carlo Caselli, con l'aggiunto Alberto Perduca, aveva fatto stampare tutto. L'operazione era durata una settimana. Le indagini si erano arenate perché le autorità svizzere non collaborarono. Anche la loro fine costituisce un mistero. Perché non è mai trapelato nulla dal Palazzo di Giustizia. In ogni caso «le liste Falciani», in Europa, sono state utili per rintracciare molti evasori e per recuperare tesoretti anche milionari.
    Tornando ad oggi. Falciani sostiene di possedere informazioni importanti per il nostro governo. Potrebbe trattarsi di liste nuove. Quelle che ha consegnato finora nel mondo, dopo averle sottratte alla Hsbc dal 2008 in avanti, «sono solo una minima parte di quelle che aveva», fa sapere una fonte autorevole. «Lui non ha mai consegnato tutti i file, li ha dosati selezionandoli di volta in volta».
    C'è un filo rosso che collega il valore potenziale delle notizie che l'ingegnere informatico possiederebbe alla vita sotto copertura che conduce. Falciani è ricercato da molti evasori che ha fatto stanare e che cercano vendetta. Nessuno lo ha mai trovato perché è protetto dai servizi. Non di un unico Paese, ma di molti. Da 15 anni vive in località segrete, spostandosi da un luogo all'altro. Protetto. All'anagrafe, la sua residenza figura a Beausoleil, circoscrizione di Nizza. Poco distante da Montecarlo, il luogo dove è nato. «Viaggio spesso, amo l'Italia e la sua dolce vita», ha detto Falciani. Gode della dolce vita con il rigido protocollo di sicurezza che regola la sua vita. Ma non ne parla. Ai giudici milanesi ha detto: «Ho lavorato nel campo delle investigazioni scientifiche e nella lotta al terrorismo». È un uomo misterioso. Dice di non sapere perché, dopo quattro visite in Italia, le manette siano scattate solo il 7 dicembre. Quando glielo abbiamo chiesto, ha risposto: «Sarà la forza del destino», alludendo all'opera di Verdi che ama. Ha sorriso. Dopo un po', ha aggiunto: «Ci sono cose importantissime da riformare oggi nel mondo dei servizi». Questa volta con un'espressione seria. —
  7. POTEVANO EVITARLO NON LO HANNO FATTO PERCHE' NON ERA ROBA LORO: Ladri di orologi d'epoca e microscopi storici triplice assalto all'ex Manifattura Tabacchi
    Piero Bianucci
    caterina stamin
    Due furti in un solo mese. Il primo a fine novembre: i ladri hanno forzato le porte e fatto razzia di rame, ferro e acciaio. Cose di poco conto rispetto al bottino del secondo furto: un intero laboratorio di orologeria, saccheggiato a metà dicembre. Pezzi unici, secoli di storia spariti nel nulla.
    Sono più di diecimila gli oggetti custoditi dall'Archivio Scientifico e Tecnologico dell'Università di Torino (Astut), e 1. 500, di particolare valore, risultano già studiati e schedati. Strumenti scientifici, prototipi di laboratorio, attrezzature sanitarie, elettrodomestici d'epoca: accolti nei 34 mila metri quadrati della ex Manifattura Tabacchi, in corso Regio Parco 142, questi materiali documentano la scienza e le sue applicazioni dalla fine del Settecento ad oggi. Ma negli ultimi otto mesi il patrimonio dell'Astut ha subito atti di vandalismo. Già il 5 aprile i carabinieri avevano registrato una prima denuncia per effrazione e furto in un magazzino. Poi, a fine novembre, una seconda per danneggiamento dell'impianto elettrico, sottrazione di cavi di rame, con conseguente disattivazione dell'allarme, e furto di materiali museali. Pochi giorni fa, a metà dicembre, un'altra denuncia ancora, la più pesante: chi è entrato nell'ex Manifattura ha divelto le sbarre di ferro e rotto i vetri dei portoni, portando via diversi pezzi delle collezioni storiche di orologeria e oculistica. «È sparito un intero laboratorio di orologeria, apparecchi e strumenti come torni, frese, dentatrici – spiega l'ex direttore Marco Galloni– Avremmo potuto fare delle mostre eccezionali sull'orologeria antica, adesso non più».
    Diretto oggi da Enrico Pasini, professore di Storia della filosofia e della scienza all'Università di Torino, l'Astut negli anni ha organizzato varie mostre e allestito un percorso per le scuole e il pubblico. Poi la scoperta di amianto negli edifici ha bloccato tutto: la struttura è stata chiusa al pubblico e al personale, ogni accesso all'ex Manifattura è stato proibito per le precarie condizioni di sicurezza della struttura. «Sono ventiquattro anni che queste collezioni sono lì dentro e non abbiamo mai subito furti di questo genere – prosegue Galloni – Per mesi, visto l'abbandono totale della struttura, nessuno è più potuto entrare. Eccetto i ladri che hanno neutralizzato l'allarme, aperto le porte e rubato tutto». Il valore del bottino? «Migliaia di euro, oltre all'immensa ricchezza storica e culturale».
    L'Ateneo comunica che anche durante le vacanze di Natale si lavorerà per mettere in sicurezza l'immenso patrimonio museale dell'Astut. Verranno murate alcune porte e incentivati ulteriori atti di vandalismo. Poi, per gli oggetti custoditi nell'ex Manifattura – tra cui il primo rudimentale simulatore di volo, la sala operatoria di Achille Mario Dogliotti e lo scafandro metallico di Angelo Mosso – già nei prossimi mesi inizierà il trasferimento. L'intero patrimonio verrà custodito nei tre piani interrati dell'ex stabilimento de La Stampa in via Marenco. E lì inizierà la sua nuova vita.

 

 

 

 

 

 

21.12.24
  1. La replica di israele: "atroce è farsi scudo dell'infanzia"
    Il Papa: "Bombardati i bambini a Gaza"
    Papa Francesco torna a condannare gli attacchi aerei israeliani a Gaza. «Ieri sono stati bombardati dei bambini», ha denunciato il Pontefice, sempre più esplicito nel condannare la campagna militare di Israele contro Hamas, in apertura del suo discorso di Natale ai cardinali in Vaticano. Attacchi, quelli di venerdì, che secondo le fonti mediche nella Striscia hanno ucciso almeno 25 palestinesi, tra cui sette bambini, nel campo profughi di Nuseirat e nella città di Jabalia. «Questa è crudeltà. Questa non è guerra. Volevo dirlo perché tocca il cuore». Lo Stato ebraico va al contrattacco sul Vaticano: «Crudeltà è che i terroristi si facciano scudo dietro i bambini», risponde il ministero degli Esteri di Gerusalemme con un post su X indirizzato direttamente a Francesco. «Crudeltà - continua - è tenere in ostaggio 100 persone, tra cui un neonato e bambini, per 442 giorni e abusare di loro». Israele ritiene le dichiarazioni del Papa «particolarmente deludenti, in quanto sono slegate dal contesto reale e fattuale della lotta di Israele contro il terrorismo jihadista, una guerra su più fronti a cui è stato costretto a partire dal 7 ottobre». Il Papa ha anche accusato le autorità israeliane di non avere consentito al Patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pierluigi Pizzaballa, di entrare a Gaza, nonostante gliel'avessero «promesso»
  2. Il fantasma
    armi chimiche
    Francesca Mannocchi
    Zamalka
    La notte del 21 agosto 2013 Belal Hussein era in casa con i suoi figli e sua moglie, a Zamalka, periferia di Damasco, quando razzi pieni di gas Sarin hanno colpito il quartiere.
    Ha preso i suoi figli, li ha avvolti nelle coperte e li ha portati ai piani più alti insieme a sua moglie. Aveva capito che non fosse un attacco come gli altri, e sapeva che le sostanze chimiche sono più pesanti dell'aria, così - prima di prestare aiuto a chi si era nascosto negli scantinati - ha salvato la sua famiglia, portandola all'ultimo piano dell'edificio in cui vivevano.
    Poi ha messo un asciugamano bagnato sul viso ed è sceso prima in strada, poi nei seminterrati dove il quartiere cercava riparo dalle bombe.
    Nell'attacco di quella notte, Belal Hussein ha perso sua madre, suo padre e il fratello minore coi suoi due figli più piccoli. Quando racconta dei bambini con le convulsioni e la bava alla bocca, le sue mascelle si irrigidiscono. Oggi parla seduto su una sedia di plastica all'esterno di casa sua, o meglio di ciò che ne resta. La prospettiva dell'intero quartiere è lugubre. Non c'è un singolo edificio che non porti i segni dei bombardamenti. Ciononostante, da quando i gruppi ribelli guidati da Hayat Tharir Al-Sham (Hts), hanno lanciato l'offensiva che in 12 giorni ha deposto cinquant'anni di regime di Assad padre e figlio, molte famiglie stanno tornado a casa. Ricorda che hanno cercato di portare le persone negli ospedali sotterranei e ricorda che morivano anche medici e infermieri. Che, negli scantinati, il giorno dopo non hanno trovato solo chi si era andato a nascondere ma anche chi, in un tentativo disperato, era sceso in cerca dei propri cari per metterli in salvo e aveva trovato la morte.
    Il regime di Assad e gli attacchi chimici
    La Ghouta, area alle porte di Damasco, era stata un focolaio di dissenso durante i giorni delle proteste di piazza in Siria nel 2011, tanto che nel 2012 l'area era quasi interamente controllata dalle forze di opposizione. Poi, all'inizio del 2013, Assad ha circondato le zone in mano ai ribelli, imponendo un assedio totale e tagliando fuori cibo, gas e comunicazioni alle circa 400.000 persone intrappolate all'interno.
    Alla fine di agosto del 2013, la regione di Ghouta è stata colpita con missili contenenti Sarin, un mortale gas nervino. Le organizzazioni umanitarie e i team medici sul campo hanno stimato un bilancio di circa 1400 vittime, più della metà donne e bambini. Il regime siriano ha sempre negato di aver utilizzato armi chimiche, e la Russia - che per anni è stato il principale alleato di Assad - ha sostenuto che l'attacco fosse stato messo in atto dalle forze di opposizione e ha ripetutamente utilizzato il suo veto come membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per ritardare o bloccare le indagini o istituire un tribunale penale internazionale speciale per la Siria. Gli specialisti sul luogo, però, affermarono che i sistemi missilistici coinvolti nell'attacco fossero nell'arsenale dell'esercito siriano. Tuttavia, benché il regime di Bashar Al-Assad sia ampiamente ritenuto responsabile dell'attacco, il crimine resta a oggi ancora impunito. Dopo l'attacco alla Ghouta gli Stati Uniti minacciarono rappresaglie, per l'allora presidente Barack Obama l'uso delle armi chimiche avrebbe dovuto essere la "linea rossa" per passare all'intervento in guerra di Washington. Però né l'opinione pubblica americana, né il Congresso, mostrarono sostegno per una nuova guerra e così Obama si accontentò di un accordo: Assad avrebbe rinunciato e distrutto le scorte di armi chimiche, e gli Stati Uniti non sarebbero intervenuti in guerra. Così nel 2013 il regime ha firmato la Convenzione sulle armi chimiche che vieta queste armi e sotto la supervisione dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, l'organizzazione internazionale incaricata di implementare questo trattato, ha distrutto la sua scorta (almeno quella dichiarata) di armi chimiche, che includeva 1.300 tonnellate di armi chimiche e ingredienti.
    Ma, sebbene la Siria affermi di aver eliminato il suo arsenale chimico ai sensi di quell'accordo, una ricerca del Global Public Policy Institute con sede a Berlino ha rilevato 336 attacchi chimici distintivi durante il conflitto, il 98 percento dei quali può essere attribuito al regime di Assad e secondo Human Rights Watch, ci sono stati almeno 85 attacchi con armi chimiche registrati tra il 2013 e il 2018, anni in cui l'esercito siriano ha iniziato a utilizzare un nuovo tipo di arma chimica, le barrel bombs di cloro, come parte della campagna contro l'opposizione.
    Nel 2018, la città di Douma, l'ultima enclave ribelle nella Ghouta orientale, è stata il luogo di un altro mortale attacco chimico: un elicottero dell'aeronautica militare siriana ha sganciato due bombole gialle su un paio di edifici residenziali, rilasciando gas di cloro. Sono morte soffocate almeno 40 persone.L'attacco mise fine all'assedio, il gruppo ribelle di Jaish Al-Islam, che allora controllava l'area si arrese il giorno dopo.Centomila persone furono sfollate forzatamente a Nord, a Idlib.
    I residenti che oggi stanno tornando a casa ricordano che quando, pochi giorni dopo, il regime permise agli investigatori dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche di accedere al sito dell'attacco, agli abitanti fu imposto di dire che i loro vicini e parenti erano morti per aver inalato «fumo e polvere, non sostanze chimiche». Se avessero detto la verità, sarebbero stati puniti, o uccisi. A conferma di quanto racconta la gente a Douma oggi, una delle conclusioni del rapporto Opcw del 2019 su Douma afferma: «Alcuni testimoni hanno affermato che molte persone sono morte in ospedale il 7 aprile a causa dei pesanti bombardamenti e/o soffocamento dovuto all'inalazione di fumo e polvere». Delle armi chimiche, nelle parole della gente, non c'era traccia.
    L'arsenale dopo la caduta del regime
    Dopo il crollo del regime di Assad l'urgenza è localizzare e mettere in sicurezza le scorte di armi chimiche. Il leader ribelle siriano, Ahmad Al-Sharaa mercoledì scorso ha dichiarato a Reuters che il suo gruppo Hts avrebbe lavorato con la comunità internazionale per proteggere potenziali siti di armi chimiche.
    Come scrive Gregory D. Koblentz, direttore del Biodefense Graduate Program presso la George Mason University «la cooperazione di Damasco con l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche è stata limitata. Il regime ha negato l'accesso ad alcuni dei suoi membri del personale, si è rifiutato di rivelare la vera portata della sua ricerca, produzione e test sulle armi chimiche. Damasco non ha mai reso conto del destino di 360 tonnellate di iprite (abbastanza per riempire migliaia di proiettili di artiglieria) che afferma di aver distrutto all'inizio della guerra civile. E i sospetti che la Siria avesse trattenuto armi chimiche non dichiarate sono stati confermati nell'aprile 2017, quando l'aeronautica militare ha lanciato un attacco con gas Sarin a Khan Shaykhun, una città controllata dai ribelli nel Nord-Ovest del paese, uccidendo quasi 100 civili, tra cui 33 bambini».
    Secondo l'ultimo rapporto dell'organizzazione, pubblicato a fine novembre, «grandi quantità di agenti e munizioni per la guerra chimica» del regime di Assad rimangono disperse.
    Nel corso di una riunione di emergenza del consiglio esecutivo dell'Opcw, pochi giorni fa, il direttore generale, l'ambasciatore Fernando Arias, ha espresso preoccupazione per il fatto che la Siria potrebbe ora avere armi chimiche che «includono non solo elementi residui ma anche potenziali nuovi componenti di un programma di armi chimiche».
    «La situazione politica e di sicurezza nel Paese rimane instabile - ha detto - e le preoccupazioni includono non solo elementi residui ma anche potenziali nuovi componenti di un programma di armi chimiche e anche il programma del cloro».
    È il tramonto quando alcuni camion si fermano davanti allo spiazzo di Belal Hussein. Sono i suoi vicini, hanno caricato tutto quello che avevano nelle tende o nelle abitazioni di fortuna dove hanno vissuto negli ultimi anni, e sono tornati a casa. Anche se le case non ci sono più. Sopravvissuti come lui ai bombardamenti e agli attacchi chimici, e come lui, nei giorni successivi, costretti a tacere o mentire alle squadre investigative che indagavano sull'attacco. Il figlio più piccolo di Belal Hussein siede accanto al padre, mentre racconta di come lui e gli altri uomini di Zamalka hanno accatastato i corpi, degli animali - morti soffocati anche loro - e dei bambini nati morti, mesi dopo l'attacco. E di come per giorni non hanno dormito temendo di aver seppellito qualcuno ancora vivo, insieme ai cadaveri. Non dice una parola e non mostra un'emozione. Ha undici anni, è nato dopo l'inizio delle proteste. Conosce solo guerra e sfollamento. Non ha mai avuto una casa che avesse tutte le pareti intatte.
  3. Carissimo
    Giubileo
    Roscioli (Federalberghi)
    PAOLO BARONI
    ROMA
    Un caffè a 4 euro, come una bottiglietta d'acqua. «Una speculazione» inaccettabile hanno denunciato già a metà novembre Cgil e Uil di Roma scrivendo al sindaco Gualtieri per segnalare il «comportamento opportunistico di molti operatori» che nelle zone turistiche della Capitale, in vista del Giubileo, avevano applicato rincari del 300%. Le associazioni dei pubblici esercizi hanno risposto piccate smentendo queste cifre, ma intanto il sasso è stato lanciato.
    A Roma inflazione record
    Il problema è che questi rincari, secondo i due sindacati, non solo colpiscono molti visitatori ma anche chi vive, lavora o studia a Roma spingendoli sia a ridurre i propri consumi che a vedere il proprio potere d'acquisto ridotto. Ed in effetti, secondo l'analisi dell'Unione consumatori a novembre, Roma dopo Bolzano risultava la seconda più cara d'Italia con un'inflazione del 2% contro una media nazionale dell'1,3% ed un aumento delle spesa media annua nell'ordine di 518 euro a famiglia.
    Alberghi e B&b
    L'aumento dei prezzi è un incubo che ormai da settimane tormenta la Capitale. Aumenta, o rischia di aumentare, un po' tutto, dai pubblici esercizi, ai taxi, dai musei ad alberghi e B&b, sino ai prezzi delle case.
    Secondo le stime di Assoutenti, per effetto dell'aumento della domanda, i prezzi minimi di una notte in albergo aumenteranno del 51% mentre i B&b rincareranno del 27%. Tanto per fare un esempio: già a fine novembre il costo di una notte in albergo in camera doppia in Zona Vaticano-Prati oscillava da 92 a 605 euro, da 85 a 372 euro il prezzo di un B&b, mentre per un appartamento andava messo in conto una spesa compresa tra 106 e 840 euro. Volendo prenotare il 28 marzo la stessa tipologia di camera per Assoutenti il prezzo di una notte in hotel lievita a 139-858 euro, il B&b a 108-1.202 euro mentre l'appartamento può arrivare anche a 1.912 euro.
    «Escludo fenomeni di speculazione. Certo, in base al principio della domanda e dell'offerta, in occasione degli 8-9 appuntamenti più importanti ci saranno delle concentrazioni di clientela e lì ci saranno degli aumenti dei prezzi - spiega il presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli -. Ma ad esempio in questi giorni i prezzi delle camere sono leggermente più bassi di quelli dell'anno passato e in generale sono più bassi di quelli di Milano, Parigi e di tutte le altre grandi capitali». Per il 2025 Roscioli prevede lo stesso numero di presenze di quest'anno, attorno ai 50 milioni, ma siccome «ci sarà una "sostituzione" di turisti, mancherà cioè la clientela altospendente, il settore dovrà certamente mettere in conto un calo del fatturato».
    Bar e pizzerie
    Sperando che i 4 euro dell'espresso siano un caso limite secondo Assoutenti anche i listini di bar, pizzerie, fast food e ristoranti sono dati in metto aumento. Stando alle previsioni il caffè da 1 euro e 10 potrebbe salire di 10 centesimi segnando un aumento del 9%, +12,8% per il cappuccino che passa da una media 1,33 euro a 1,50, e ancora + 13,8% il panino al bar (4 euro e 20), +10,9% un pasto al fast food (10,25) e +14,9% un pasto in pizzeria che da una media di 10,88 euro sala a 12,50.
    Ristoranti nel mirino
    Per arginare i rincari l'Associazione Consumerismo ha lanciato la proposta di un «patto della carbonara», ovvero di un «accordo volontario tra gli esercenti della ristorazione ed i consumatori» recepito tra l'altro con voto bipartisan dall'assemblea capitolina, che impegna gli esercenti a praticare la sua offerta secondo il concetto del «giusto profitto» e, ad esempio, a fissare a 12 euro il prezzo di una pasta alla carbonara, ovvero uno dei piatti simbolo di Roma, che oggi viene proposto anche a 14-19 euro.
    Musei, bus e taxi
    Con la scusa dell'aumento dell'affluenza e dei relativi costi anche l'amministrazione di Roma, a sua volta, ha approvato una serie di aumenti che interessano trasporti e servizi turistici. E così il prezzo della versione da 72 ore del «Romapass», che consente di accedere a musei e mezzi pubblici, è passato da 52 a 58 euro e 50 e quello da 48 ore da 32 euro è passato a 36,50. Il costo dei permessi Ztl per i bus turistici è stato invece triplicato per disincentivare l'assalto al centro e più cari sono diventati anche i taxi con l'introduzione di una quota minima di 9 euro e ritocchi ai prezzi a tariffa fissa verso gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino ed il porto di Civitavecchia. Sventato invece, grazie ai fondi della Regione Lazio, il rincaro a 2 euro della corsa singola su bus e metropolitane dell'Atac, ad aumentare saranno solo il biglietto quotidiani e quello settimanale.
    Mattone…d'oro
    Molto pesante l'effetto Giubileo anche sul mercato immobiliare. Gli esperti del settore parlano di «effetti nefasti» prodotti dalla calata dei 30-35 milioni di visitatori previsti per l'ocasione. In particolare nelle zone vicine al Vaticano i prezzi al metro quadro segnano aumenti a due cifre, disponibilità zero invece per gli affitti a lungo termine perché i proprietari in questa fase guadagnano di più con le locazioni brevi. Secondo il sito Idealista.it i prezzi di vendita delle case in centro a Roma quest'anno sono cresciuti del 10,2% arrivando anche a toccare i 7 mila ero al metro quadro. In zona Vaticano il quartiere Prati fa segnare n +8,8% ( e 5.802 euro di media al metro quadro), +6,7% l'Aurelio a quota 3.712 euro. In parallelo anche lo stock delle case in vendita è diminuito in maniera significativa: -18,5 in centro, -13,1 Aurelio e -11,4 Prati, aggravando così l'emergenza casa in atto già da tempo nella capitale. —
  4. Ha detto
    L'opera
    "Aiuto gli Stati a stanare i grandi evasori Vorrei incontrare Nordio per collaborare"
    Le radici
    "
    Hervé Falciani
    Su La Stampa
    La collaborazione
    elisa sola
    «Lavoro con le pubbliche amministrazioni, i servizi e le intelligence da tanti anni. Sono esposto. Lotto contro l'opacità del sistema bancario per stanare gli evasori fiscali. All'Italia chiedo protezione». Dopo l'arresto avvenuto a Milano su mandato della Svizzera e la scarcerazione ottenuta su disposizione del ministero della Giustizia italiano, Hervé Falciani, che ha rivelato i nomi di 130 mila correntisti di Hsbc Private Bank di Ginevra sospettati di evasione, si racconta. Lo fa in video collegamento da una località segreta. Compare in dolce vita nera sullo schermo del pc del suo legale di fiducia, l'avvocato Giorgio Bertolotti, che con il collega Riccardo Magarelli assiste l'ingegnere informatico italo-francese.
    Falciani, come sta?
    «Sto come sempre. Centrato sugli obiettivi di vita da oltre vent'anni. Ormai io, i miei familiari e amici siamo consapevoli che possono succedere cose come l'arresto di Milano. Fanno parte del cammino».
    Si aspettava di essere arrestato?
    «Vivo sapendo che può accadere. Non solo in Italia Perché c'è l'Interpol e perché siamo in un contesto di lawfare, di uso della legge come arma di conflitto. Un elemento fondamentale della guerra economica. Ma io continuo a collaborare».
    Che lavoro fa?
    «Varie cose. Gestisco il mio patrimonio familiare. Ma l'attività che mi piace di più è la collaborazione con la pubbliche amministrazioni per capire meglio il ruolo e come si possa gestire il rientro dell'off shore».
    Ed è un lavoro pagato?
    «Anche. Ma non è quello che mi ha fatto ricco. Tutto ciò che ho fatto con le pubbliche amministrazioni, l'ho fatto quasi del tutto in maniera gratuita. Per me è una fortuna poterlo fare. Ma certo, comporta tanti rischi».
    Lei si definisce ricco?
    «Ho sufficienti mezzi per dedicarmi alla lotta contro l'evasione anche senza guadagnare».
    Dopo l'arresto di Milano, è tornato libero grazie al ministero della Giustizia. Cosa ne pensa?
    «Finora la giustizia mi ha sempre protetto. Quello che c'è di nuovo oggi è che esiste una consapevolezza politica e identitaria. Nel provvedimento del ministro si fa riferimento alla mia cittadinanza, che è anche italiana. Ho subito dalla Svizzera una condanna per spionaggio economico. Una condanna politica. È importante che la politica italiana prenda una decisione. Ma non solo su di me».
    In che senso?
    «In un contesto di guerre ibride economiche, qualsiasi persona che fa il whistleblower come me dovrebbe essere accolta e protetta, al di là della cittadinanza».
    Lei si sente italiano?
    «Certamente. Sono nato a Monte Carlo, dove ci sono più italiani che francesi. Mi sento italiano per cittadinanza, ma soprattutto per cultura. E per la dolce vita».
    Cosa intende per dolce vita?
    «Il valore sociale delle relazioni. Quello che rappresenta di più l'Italia è la vita sociale. E per me la socialità ha un valore prioritario».
    Ha degli amici in Italia?
    «Sì. Vivo la dolce vita con loro. Ma da vent'anni ho una vita semplice».
    Qual è la sua giornata tipo?
    «La mattina passo due o tre ore a leggere e studiare. Poi gestisco gli affari familiari e faccio in video collegamento riunioni di lavoro con agenzie che lottano contro la frode e la corruzione».
    Nessuno svago?
    «Faccio sport. Amo l'opera. Nei giorni scorsi ero a Milano per vedere la prima della Scala. La forza del destino di Verdi. Mi hanno arrestato la sera prima. L'opera l'hanno trasmessa in carcere, alla tv».
    Come ha passato la sua prima notte in cella?
    «Ho fatto amicizia con il mio compagno. Gli hanno portato un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino. Me ne ha dato metà».
    Lei ha detto ai giudici che è pronto a collaborare con l'Italia. Cosa vuol dire, in concreto?
    «Non c'è niente di più concreto di quello che mi è successo. Informare in modo corretto è l'azione più forte che esista».
    Adesso lei resterà in Italia?
    «Sì. Era già previsto. Per motivi familiari, di lavoro e di affari. Vorrei tornare a Milano, ma non vorrei mai che alla tre della notte, quando sono in hotel, vengano a cercarmi». (Sorride).
    Lei ha detto di essere stato in Italia molte volte nel 2024. Come è possibile che non l'abbiano mai arrestata prima del 7 dicembre?
    «Parlavamo di Verdi. Sarà la forza del destino». (Sorride di nuovo).
    Con chi vorrebbe parlare della sua volontà di collaborare?
    «Con il ministro Nordio».
    E cosa gli direbbe?
    «Credo di potere dare una mano all'Italia. Il mio passato e la mia esperienza lo dimostrano». —

 

 

21.12.24
  1. Falciani arrestato, Nordio lo fa liberare
    Hervé Falciani, l'ex informatico della filiale di Ginevra della banca Hsbc noto per avere svelato i dati di centinaia di migliaia di evasori fiscali consegnandoli alle procure di 40 Paesi, è stato arrestato a Milano il 7 dicembre. Le manette sono scattate su esecuzione di un mandato d'arresto internazionale emesso dalla Confederazione elvetica per «servizio di intelligence economico aggravato». Un reato che in Italia non esiste ma che è punito severamente in Svizzera. Si tratta, in sostanza, di "spionaggio economico". Falciani era a Milano in vacanza con la moglie. Dopo dieci notti passate in una cella nel carcere di San Vittore, il noto whistleblower – che vive sotto protezione e in località segrete per motivi di sicurezza – è stato scarcerato, il 17 dicembre, e sottoposto ai domiciliari, come stabilito dalla Corte d'appello di Milano.
    I giudici hanno accolto la richiesta dei difensori italiani di Falciani, gli avvocati Giorgio Bertolotti e Riccardo Magarelli, che ai giudici hanno spiegato, in sintesi: «Falciani in Italia ha legami affettivi e un domicilio». La Corte ha accolto la tesi difensiva considerando, tra l'altro, che nel suo caso il pericolo di fuga non esisterebbe. Falciani non si è mai nascosto. È arrivato in hotel a Milano, si è registrato con il suo nome vero. Ha dato alla polizia il suo cellulare quando lo hanno fermato. Tra l'altro nel 2024 l'ex informatico, che è un informatore delle intelligence di tutto il mondo, è stato in Italia quattro o cinque volte, senza celarsi dietro a un'identità fittizia. E nessuno lo aveva mai fermato prima di due settimane fa. I motivi sono ignoti.
    Il 18 dicembre, 24 ore dopo l'ordinanza di scarcerazione della Corte d'appello (presidente Francesca Vitale, consigliere estensore Ilaria De Magistris), Falciani è tornato definitivamente libero. In un tempo record la misura dei domiciliari è stata revocata dopo che la direzione generale Affari internazionali del ministero della Giustizia italiano ha disposto che nessuna misura cautelare sarà eseguita o mantenuta nei confronti di Falciani. Nemmeno il divieto di espatrio. L'atto del ministero è stato mandato anche alla Corte d'appello di Milano. La motivazione è in una pagina e mezza. Il punto chiave in tre righe: «Considerata la nazionalità francese e italiana, l'Italia potrebbe, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea di estradizione, rifiutare l'estradizione essendo Falciani suo cittadino». Falciani è anche italiano. E dunque, ora, è un uomo libero. e. sol. —
  2. Gli agenti delle volanti hanno bussato alla stanza di Hervé Falciani alle 19 e 30 del 6 dicembre. Era nella camera 508 dell'hotel The corner Duomo di Milano. Al quinto piano. «C'è un mandato d'arresto europeo a suo carico. È stato emesso il 3 maggio 2017. Ci segua in questura». Falciani è rimasto sereno, hanno detto di lui. Poche ore dopo, l'ex informatico che da anni collabora con i servizi segreti contro gli evasori e i fondi neri entrava in una cella del San Vittore. Ha dormito lì per dieci notti. «Mi hanno trattato benissimo», ha confidato ai suoi avvocati Giorgio Bertolotti e Riccardo Magarelli. E ha aggiunto: «Sono tranquillo. Mi aspettavo l'arresto. In fondo forse volevo essere arrestato. Sono pronto a collaborare con il governo italiano».
    Falciani era stato arrestato in Spagna nel 2018 e poi liberato. L'estradizione lì era stata rifiutata. «Vedo l'arresto in Italia come una opportunità», ha detto Falciani in sala colloqui a Bertolotti dopo le prime 48 ore di carcere . «È un'opportunità questo arresto anche per l'Italia. Perché adesso può prendere una posizione. Su di me, e sul tema dell'evasione fiscale. La Spagna lo ha già fatto».
    Poche ore dopo quel colloquio, davanti alla Corte d'appello Falciani ha parlato per quattro ore. Ha risposto alle seguenti domande: «Come si chiama?». «Che lavoro fa?». E Falciani, rispondendo, ha spiegato cosa si aspetta dal nostro Paese. L'udienza si chiama « di individuazione». Per Falciani c'è stata due giorni dopo l'arresto. La procedura prevede che debba svolgersi entro i primi cinque. Alla domanda «Acconsente all'estradizione?», il whistleblower ha risposto: «No». E ha spiegato i suoi motivi: «Collaboro con 40 paesi nel mondo. Non voglio scappare dall'Italia. Voglio collaborare anche qui. Credo di avere una responsabilità pubblica sul tema della lotta contro l'evasione fiscale, l'opacità bancaria e a quello della difesa dei whistleblowers». «Aggiungo che – ha aggiunto - essendo possibile che la notizia del mio arresto abbia una risonanza mediatica importante, sono disponibile a incontrare un rappresentante del ministero della Giustizia prima di rilasciare tramite i miei difensori dichiarazioni pubbliche. Il tutto in un'ottica collaborativa».
    L'ex informatico ha ricordato di avere messo a disposizione elenchi di presunti evasori fiscali, consegnando decine di faldoni alla procura di Torino, 15 anni fa, quando era guidata da Gian Carlo Caselli e dall'aggiunto Alberto Perduca. C'era il sospetto che nell'elenco ci fossero i nomi di colletti bianchi collusi con la criminalità organizzata. Falciani ha raccontato anche questo, ai giudici, pochi giorni fa. «Sto combattendo da anni perché si possano contrastare i metodi e l'opacità del sistema bancario svizzero, che mantiene segreti contrari agli interessi nazionali di altri Stati. So che c'è un mandato d'arresto internazionale contro di me. Ma io ero disposto a essere arrestato. Dal 2012 sono entrato in Italia centinaia di volte. Non mi sono mai nascosto. Ho collaborato coi servizi di intelligence mondiali sui segreti bancari svizzeri. Non voglio danneggiare gli interessi italiani. Ma aiutare».
    È un'udienza decisiva. Un'ora dopo i difensori chiedono che l'ingegnere informatico italo francese venga scarcerato.
    «È un'opportunità per il governo italiano e l'autorità giudiziaria italiana dimostrare di volere proteggere i whister blowers», l'ultimo appello di Falciani alla Corte. «Vorrei che anche in Italia, che considero anche il mio Paese, venisse riconosciuta protezione a me e a chi come me potrà farlo in seguito. Rifiutare la mia estradizione da parte dell'Italia significherebbe affermare che anche qui, come in Francia, in Spagna e negli Stati Uniti, si tutela la prevalenza dell'interesse nazionale e il valore di chi, mettendo in pericolo se stesso, intende tutelarlo dal sistema svizzero».
    Poche ore dopo l'udienza arriva il primo punto a favore di Falciani. Dal carcere passa ai domiciliari. La Corte d'appello accoglie la richiesta di scarcerazione accogliendo la richiesta difensiva: «Non vuole scappare, una parte della sua famiglia vive qui». Nell'ordinanza di scarcerazione del 12 dicembre, compare, il primo, esplicito riferimento al ministero della Giustizia che, sei giorni dopo, stabilirà che l'informatico debba essere libero del tutto, senza alcun divieto di espatrio. I giudici scrivono che il ministero della Giustizia «ha chiesto con urgenza informazioni e documenti al ministro dell'Interno circa le procedure di estradizione avviate in Spagna e Francia il 12 dicembre». Ribadendo, infine, il punto cruciale : «Falciani in Italia non si è mai nascosto». Nemmeno il 6 dicembre. Al The Corner hotel Duomo di Milano si è registrato con il suo nome. Era quasi sera. All'addetto al ricevimento ha detto: «Buonasera, sono Hervé Falciani. Camera 508 per favore». —
  3. Anas non ci ha dato nessun programma
    Egregio Direttore,
    Le scrivo questa lettera, che vorrei fosse pubblicata in seguito all'articolo dal titolo «Ora è ufficiale: il Tenda bis non aprirà a dicembre 2024» pubblicato il 16 dicembre 2024, riguardante la riunione della Commissione intergovernativa italo– francese (CIG) tenutasi lo stesso giorno e che ha trattato anche del tunnel stradale del Colle di Tenda.
    In effetti, in particolare il commento presente nel vostro articolo secondo il quale «l'Anas era pronta ad aprire la nuova galleria... ma si è trovata davanti al "no" dei Francesi» non rispecchia affatto la realtà. La decisione è stata congiunta, tengo a sottolinearlo, e presa da parte da entrambi le parti, italiana e francese, della Commissione, di fronte a evidenti rischi per la sicurezza.
    Mi permetto di evidenziare tre punti essenziali per capire l'attuale situazione che permetteranno sicuramente a La Stampa di chiarire quelle che appaiono come delle inesattezze nell'articolo sopraccitato:
    1. La Francia auspica una rapida riapertura in totale sicurezza dei collegamenti franco-italiani, in particolare del tunnel di Tenda ed è pienamente impegnata per il raggiungimento di questo obiettivo. Per aprirlo in totale sicurezza, che è quello che ci auguriamo tutti di poter garantire sia al personale che lavora sul cantiere, sia ai futuri utenti, è necessaria l'installazione delle attrezzature essenziali e i test per garantirne il corretto funzionamento. Ad ora il controllo preliminare alla riunione del 16/12 ha evidenziato che: non sono ancora installati i sistemi di ventilazione, non sono ancora alimentati gli idranti, non è stata posizionata l'illuminazione, il rivestimento non è completato e le vie di evacuazione non sono finalizzate. Su parere del comitato di sicurezza, le delegazioni francesi e italiane non hanno quindi previsto, in questa fase, un'apertura al traffico parallela al proseguimento dei lavori come proposto dall'Anas durante la stessa riunione della CIG.
    2. In effetti, il cantiere, sotto la direzione delegata dell'Anas, ha purtroppo subito ritardi significativi dal suo avvio nel 2015. Sebbene la pandemia di Covid-19 e la tempesta Alex nel 2020 possano spiegare parte dei ritardi, il cantiere ha subito ancora una volta uno slittamento significativo del calendario. A seguito del ricorso congiunto dell'Anas e dell'impresa incaricata dei lavori, Edilmaco, presso il Comitato consultivo tecnico, il termine contrattuale per il ripristino del collegamento internazionale senza restrizioni d'uso è stato fissato al 7 gennaio 2025. Ad ora, l'Anas non ha fornito un cronoprogramma dettagliato fino alla riapertura definitiva, che ci auguriamo di avere presto.
    3. La collaborazione tra Francia e Italia è stretta e continua per riaprire un tunnel vitale per i nostri due paesi. Le delegazioni francesi e italiane continuano a lavorare insieme al monitoraggio di questo progetto complesso: solo con una collaborazione rafforzata potremo ottenere impegni concreti e risultati. Questa è l'unica via per garantire la riapertura di questo tunnel vitale per entrambe le valli, inizialmente con modalità di circolazione limitate che, ancora qui desidero sottolinearlo, garantiscano la sicurezza degli utenti, e successivamente in modalità di funzionamento normale e definitivo. Quando le condizioni di sicurezza saranno verificate dal Comitato dedicato, allora Italia e Francia potranno convocare la CIG al fine di consentire al pit presto l'apertura del tunnel. —

 

 

20.12.24
  1. Dalla procura di Milano un'altra tegola giudiziaria sulla ministra del Turismo Dopo l'inchiesta su Visibilia tocca all'azienda specializzata in bio-prodotti
    Bancarotta fraudolenta per il crac di Ki Group L'accusa a Santanchè
    monica serra
    milano
    Bancarotta fraudolenta. È questa la nuova accusa che la procura di Milano ipotizza contro Daniela Santanchè. La ministra al Turismo lo ha scoperto qualche settimana fa dalla notifica di una richiesta di proroga dell'inchiesta in corso sul fallimento di Ki Group srl.
    Per la senatrice di Fratelli d'Italia la partita giudiziaria non si chiude, insomma, con le indagini sulla sua «creatura» Visibilia Editore, per cui è già accusata di falso in bilancio e truffa aggravata ai danni dello Stato con la cassa integrazione Covid in due procedimenti arrivati in udienza preliminare. Nel più stretto riserbo, infatti, già da un anno, la procura aveva iscritto, con altri, il nome di Santanchè nel registro degli indagati, in un fascicolo aperto sulla crisi del piccolo gioiello del bio rilevato dalla ministra – uscita dalla compagine societaria solo nel gennaio del 2022 – e dal suo ex compagno Canio Mazzaro.
    Su istanza dei pm Marina Gravina e Luigi Luzi (del pool diretto dall'aggiunto Roberto Pellicano), la prima società del gruppo finita in liquidazione giudiziale – il vecchio fallimento – il 9 gennaio di quest'anno, è stata proprio Ki Group srl. Successivamente, una dopo l'altra, sono fallite anche Biofood, Verdebio, e per ultima, il 4 dicembre, la più importante, la quotata Bioera, mentre pende una doppia istanza di liquidazione giudiziale dei pm e dell'Agenzia delle entrate su Ki Group Holding spa.
    «In relazione all'apertura della liquidazione giudiziale di Ki Group, e alle conseguenti notizie apparse su talune testate giornalistiche in riferimento a un asserito caso Santanchè – aveva scritto in una nota all'epoca la ministra – intendo precisare che in detta società ho avuto tempo addietro un ruolo del tutto marginale e oggi non ne ho alcuno. Le notizie secondo cui Ki Group farebbe (o avrebbe fatto) "capo a me" forniscono una rappresentazione non vera dei fatti e paiono ispirate dalla volontà di screditare la reputazione della carica che ho l'onore di ricoprire». Secondo quanto risulta invece nei registri della camera di commercio, in Ki Group, Santanchè ha rivestito il ruolo di presidente del Cda e di legale rappresentante, dal 30 aprile del 2019 al 31 dicembre del 2021, quando è uscita dal gruppo.
    Nella sentenza di fallimento, i giudici avevano accertato «lo stato di definitiva incapacità» di «fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni» di Ki Group che non aveva «più credito di terzi e mezzi finanziari propri» e aveva un «passivo esposto in ambito concordatario di 8.625.912 di euro». Lo «stato di insolvenza» si desumeva dalla «conseguente impossibilità con l'attivo e il patrimonio societario di pronto realizzo a far fronte al passivo esposto in ambito concordatario», il «mancato deposito del bilancio al 31 dicembre del 2022» e «l'emersione già nel bilancio del 2021 di una perdita di esercizio di 11,8 milioni di euro e di un patrimonio netto negativo di 9,6 milioni di euro». Una crisi irreversibile che ha travolto l'intero gruppo che, per l'accusa, in base agli accertamenti del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, sarebbe legata alla gestione di Mazzaro e Santanchè indagata, appunto, per bancarotta fraudolenta: un'accusa da cui era riuscita a salvarsi nelle inchieste su Visibilia, evitando il fallimento della società. Anche questa rischia di essere una nuova incognita sul futuro politico della ministra. —
  2. L'innocenza
    Giglio
    Francesco Grignetti
    Roma
    Tutti prosciolti. Non c'era reato nell'operato della fondazione renziana Open. La procura di Firenze ha indagato per 5 anni, con ampio risalto, teorizzando che una fondazione politica fosse assimilabile a un partito e perciò dovesse sottostare alle stesse regole. La fondazione Open era in effetti lo strumento di Matteo Renzi e ha operato tra il 2012 e il 2018 per sostenerne finanziariamente e praticamente l'attività, prima come sindaco di Firenze e poi da segretario del Pd. Tra gli imputati figuravano l'ex premier, l'ex ministra Maria Elena Boschi, l'ex ministro Luca Lotti, l'ex presidente della fondazione Alberto Bianchi, l'imprenditore Marco Carrai. Tutti prosciolti con tante scuse dal giudice Sara Farini dopo un'interminabile udienza preliminare. Ora Renzi può esultare, ma ha anche molto da recriminare: «Dopo sei anni di indagini surreali e illegittime, cinque anni di gogna mediatica a reti unificate, quattro di perquisizioni incostituzionali, pubblicazioni illegali, ripetute violazioni dei nostri diritti fondamentali, dopo quasi tre anni di udienza preliminare, sono stato prosciolto dalla vergognosa e infamante accusa di finanziamento illecito alla politica».
    È il momento per il leader di Italia viva di mettere punti fermi. «È stato un tentativo di assassinare un progetto politico, ne sono convinto». Ai suoi occhi alcuni hanno speculato su questa inchiesta più dell'accettabile. «Perché la presidente del Consiglio non ha trovato un momento per fare un tweet e scusarsi per quello che il suo partito ha fatto nei nostri confronti? E dove sono i cori e i commenti del M5s che ha maciullato la vita delle nostre famiglie e oggi improvvisamente sembra aver scoperto il dono del silenzio? Questo è ciò che politicamente resta».
    Secondo Renzi, infatti, a parte alcuni suoi ex compagni di partito, sono i grillini e quelli di FdI ad avere strumentalizzato più di altri l'inchiesta. «Ci sono due partiti responsabili del massacro della mia famiglia. Il M5s che ha aggredito da sempre i miei. Il secondo è FdI: Meloni si dovrebbe vergognare di come ha gestito e sfruttato le indagini sulla mia famiglia. Tutto ciò che abbiamo visto ha avuto un imprinting giustizialista». E così i renziani hanno pagato un prezzo spropositato. «Chi ha scelto di stare con me, vive da cinque anni con il fardello delle indagini giudiziarie e del giustizialismo. Chi ci vuole bene ha sofferto per il clima intorno a noi. E forse anche i sondaggi sarebbero andati diversamente se non avessero inventato questa indagine incredibile». Infine, una goccia di veleno sul pm che ha portato avanti l'inchiesta con grande testardaggine. Scrive Renzi su X: «Al pm che mi ha accusato – Luca Turco, lo stesso che ha aggredito la mia famiglia – non ho niente da dire. Mi spiace solo che vada in pensione dopodomani senza pagare per le sue perquisizioni illegittime e per la sua indagine incostituzionale. Chi sbaglia paga: vale per tanti italiani, non per lui».
    È più pungente sulla sua e-news: «Il messaggio per tutti quelli che si esponevano a mio favore: se stai con lui, ti indago. L'indagine è stata condotta da un pm che è lo stesso che ha fatto arrestare i miei genitori per un reato per il quale sono stati assolti, che ha tenuto sotto processo mio cognato per otto anni con l'accusa di riciclaggio internazionale dalla quale è stato assolto perché il fatto non sussiste, che ha indagato mia sorella che è stata assolta. E che ha indagato me per le conferenze all'estero salvo poi essere costretto dopo ventun mesi di serrate indagini a riconoscere che avevo ragione io».
    È il giorno dell'orgoglio dei renziani, dunque. A cominciare dall'avvocato Alberto Bianchi, che era il presidente di Open: «È stata riconosciuta, da una giudice attenta e scrupolosa, la piena legittimità dell'attività di Open che altri magistrati hanno troppo a lungo negato». Oppure Luca Lotti: «È stato un caso che mi ha ferito molto perché era un'accusa brutta». Il capogruppo di Iv al Senato, Enrico Borghi, sottolinea «uno sforzo di riformare l'Italia che ha ancora molto da dare, e che non è stato fiaccato da cinque anni che avrebbero prostrato chiunque».
    Si congratulano molti ex renziani rimasti nel Pd come Graziano Delrio, Piero Fassino, Debora Serracchiani, Lorenzo Guerini. Dal fronte opposto si fa vivo Matteo Salvini: «Noi siamo sempre garantisti, a differenza di chi predica bene e poi vota per mandare a processo i rivali politici. Ora mi aspetto che votino con la Lega e il resto del centrodestra per cambiare questa giustizia».

 

 

 

19.12.24
  1. Sedici anni fa morì Giulio Testore, operaio del reparto mescole dello stabilimento di Cavagnolo Ieri la Corte d'appello di Torino ha confermato la pena di un anno e otto mesi di reclusione
    Eternit bis, un'altra condanna per il magnate Schmideiny
    elisa sola
    Vent'anni dopo l'inizio delle prime indagini sui morti d'amianto negli stabilimenti Eternit e sedici anni dopo il decesso di Giulio Testore, il lavoratore parte offesa nel procedimento "Eternit bis" che ieri si è concluso in appello, è arrivata la condanna – a un anno e otto mesi – per Stephan Ernest Schmidheiny, imputato di omicidio colposo.
    La quarta sezione della Corte d'appello di Torino ha confermato la pena nei confronti del magnate dell'amianto, accogliendo l'impianto accusatorio. I giudici hanno ridotto a 7.500 euro la somma destinata a ogni parte civile: Aiea, Afeva, Cgil, Cisl, Uil, Regione Piemonte e Medicina democratica.
    Al centro del processo, che si è celebrato in appello per la seconda volta dopo l'annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, c'era la malattia, seguita dalla morte – avvenuta nel 2008 – di Testore, dipendente fino al 1982 nello stabilimento Saca di Cavagnolo, controllato dal gruppo Eternit e fallito nei primi anni Ottanta. L'uomo era mancato a causa dell'asbestosi, malattia professionale che nella maggior parte dei casi insorge a causa del lavoro a contatto con la fibra killer. Nel 2018, in primo grado, Schmidheiny era stato condannato a quattro anni di reclusione per omicidio colposo plurimo. Le parti offese erano quattro all'epoca.
    La pena era stata ridotta poi in appello a un anno e otto mesi di reclusione, perché i giudici avevano stabilito che la condanna fosse possibile solo nel caso della morte di Testore e non per gli altri decessi. La Cassazione infine, lo scorso maggio, aveva annullato con rinvio chiedendo alla Corte d'appello di Torino di motivare rispetto alla rilevanza causale dell'esposizione all'amianto relativa agli anni '76-'82. Erano gli ultimi anni (di 30) di lavoro in fabbrica di Testore, addetto al reparto mescole.
    Dopo la sentenza di condanna si è dichiarato soddisfatto Bruno Pesce, di Afeva (Associazione familiari e vittime amianto): «Sono contento perché comunque è stato confermato che c'è un rapporto tra l'esposizione e l'insorgenza delle malattie come l'asbestosi». Secondo l'avvocata di parte civile della Cgil, Laura D'Amico: «Siamo soddisfatti per l'esito del processo, perché è stata confermata la colpevolezza dell'imputato nonostante tutti gli argomenti della difesa. L'unico dispiacere è che nell'aprile del 2025 il reato si prescrive».
    Quello di Cavagnolo è il penultimo filone ancora aperto dei processi "Eternit bis". A gennaio riprenderà il procedimento d'assise d'appello appello per i 392 morti di Casale Monferrato. A rappresentare l'accusa, la pg Sabrina Noce.
    Riguardo alla sentenza di ieri è intervenuto anche Massimiliano Quirico, di Sicurezza e lavoro: «Nonostante la rapidità della corte, purtroppo anche questo caso di omicidio rischia di finire in prescrizione, nella primavera del 2025, qualora, come prevedibile, venisse nuovamente fatto ricorso in Cassazione: un'ulteriore beffa per le vittime italiane dell'amianto». Gianna Pentenero, capogruppo del Pd in consiglio regionale, dice: «Esprimiamo grande soddisfazione per la condanna. La sentenza segna un importante passo avanti nella lunga battaglia per la giustizia riguardo alle vittime dell'amianto, che hanno sofferto e continuano a soffrire a causa delle scelte irresponsabili di chi ha gestito gli stabilimenti». «Ora però - ha concluso - occorre far sì che i responsabili paghino. Da questo punto di vista ci appelliamo al ministro della giustizia Nordio perché si continui a mantenere alta l'attenzione»
  2. CHI PUO' LO AIUTI IN NOME DI DIO : Maurizio Caneo, ex musicista ha ricevuto la tredicesima donata da Specchio dei Tempi
    " Un incidente ha silenziato ritmi e melodie della mia vita"
    francesco Munafò
    «Vorrei tornare a suonare come un tempo, perché la musica è la mia vita». E non passa giorno senza che Maurizio Caneo, 67 anni, si dedichi a lei. Nella sua casa popolare al villaggio Leumann, l'uomo picchietta coi polpastrelli la pelle del suo tamburello indonesiano. Per quarant'anni ha ripetuto quello stesso gesto di fronte a centinaia di persone, che l'hanno sempre ricompensato con un applauso. La musica è stata il suo lavoro, la sua passione, «anzi, è stata la mia unica moglie» sorride. E se ci ripensa a quel che è stato questo viaggio e questa sua vita, Maurizio non trattiene le lacrime: «Meno male - scherza - che ho portato qualche fazzoletto in più».
    La sua esistenza è cambiata nel 2013, a Torino: «Era la vigilia di Natale e stavo attraversando la strada - racconta - Un ragazzo alla guida di un auto, probabilmente col cellulare in mano, mi ha investito». Tre mesi in ospedale, poi altri nove in sedia a rotelle. Quando torna in piedi, la sua carriera è distrutta. Persi tutti i contatti, perso l'uso della gamba con cui suonava la batteria, persa l'attività che gli scaldava il cuore e che, soprattutto, gli permetteva di vivere.
    Oggi Maurizio tira avanti con un assegno di inclusione da poche centinaia di euro e quest'anno, assieme ad altri duemila anziani, ha beneficiato della Tredicesima dell'Amicizia, l'assegno da 500 euro che la Fondazione Specchio dei tempi eroga ogni anno in vista delle festività natalizie per sostenere chi si trova in difficoltà.
    La musica entra nella vita di Maurizio ancora prima di cominciare le elementari, tra le mura dell'appartamento del quartiere San Paolo dove viveva con la famiglia: «Ho cominciato a quattro anni. Suonavo con le pentole e i coperchi». La passione cresce con lui, che si scopre particolarmente dotato per le percussioni. Vuole studiare al Conservatorio, ma la famiglia lo ferma: non si può. In piena adolescenza, un vicino di casa italo-eritreo gli fa scoprire i tamburi Entenga, utilizzati nell'Uganda coloniale per annunciare l'arrivo dei Reali britannici. È un'epifania: Maurizio si innamora della musica etnica, e decide che le dedicherà la vita. Così, nella Torino infuocata della contestazione operaia e studentesca fonda - con un gruppo di amici - l'U.C.O., acronimo di Universal Condition Orchestra. Nel 1973 il gruppo inizia a esibirsi per i teatri: gli Infernotti, l'Angolo, lo Stabile. Sono bravi, si fanno conoscere per la loro originalità. «Eravamo la prima orchestra in Italia a suonare quei ritmi» ricorda. Quella che poi si sarebbe chiamata "world music", infatti, verrà portata sui palcoscenici di tutto il mondo solo dieci anni più tardi da Peter Gabriel. L'esperienza degli U.C.O. dura quindici anni. Poi Maurizio comincia ad esibirsi in giro per l'Europa: Parigi, Lugano, Roma. Poi passa al punk e infine all'elettronica. Fino a quel 2013, che ha messo tutto in pausa.
    L'uomo conserva ancora tutti i suoi strumenti, con cui ha suonato solo due volte negli ultimi undici anni: «Sono le tracce di quella passione che mi ha guidato fin da bambino» dice. Quando li suona, Maurizio talvolta chiude gli occhi, e torna indietro: «C'erano dei momenti in cui mentre ci esibivamo che sentivamo la mano di Dio sopra le nostre teste - racconta - E intanto creavamo mondi nuovi». Oggi, nonostante la vita sembri sospesa, tra un prima travolgente e pieno e un poi fatto di attesa, Maurizio continua a sognare di esibirsi di nuovo. «Dopo l'incidente ho subito ripreso a creare melodie: lavoravo anche dodici ore al giorno». Oggi suona persino utilizzando il cellulare, con cui ha realizzato un intero spettacolo. Ma gli manca un luogo dove esibirsi e un pubblico incantato dalle sue note. ma più di tutto gli manca qualcuno che creda in lui: «Certo, le energie vanno scemando - sorride - ma nonostante tutto ho ancora tante storie musicali da raccontare».

 

 

18.12.24
  1. Il 6 dicembre in un rapporto dell'Aise: "Il regime è destinato a crollare entro 72 ore"
    Gli 007 italiani prevedevano la caduta di Assad
    Francesco Grignetti
    Roma
    A proposito di quella telefonata tra il capo dei servizi segreti siriani, Hassan Luqa, e il direttore della nostra intelligence esterna, Giovanni Caravelli, risalente al 5 dicembre scorso, c'è un documento del giorno seguente, il 6 dicembre, che racconta il vero lavoro che fanno i nostri 007. È il rapporto che faceva il punto sulla vera situazione siriana a quella data. E tutto ruotava attorno a una previsione. Scrivevano i nostri agenti segreti che nel giro di 72 ore il regime di Assad sarebbe collassato. Previsione quantomai azzeccata: l'8 dicembre, due giorni dopo questo rapporto dell'Aise, Assad era in fuga verso Mosca e Damasco era in mano ai nuovi potenti.
    Ora, hanno scritto in molti che i servizi segreti fanno di mestiere il lavoro sporco. Compreso tenere i rapporti con regimi dittatoriali e tagliagole. Quindi non c'è molto da stupirsi che il direttore Caravelli parlasse al telefono con il suo omologo siriano. Oltretutto l'Italia ha riaperto da pochi mesi l'ambasciata a Damasco, il che comporta non solo che ci fosse stata una "normalizzazione" di rapporti tra i due governi (nonostante Assad fosse ancora un impresentabile in Europa e nel mondo occidentale) ma che l'Aise dovesse preoccuparsi della sicurezza del personale diplomatico lì presente oltre che dei circa 300 italiani residenti nel Paese. Perciò è più che normale che il capo dei nostri 007 s'informasse con il suo omologo della situazione. La frase riportata nel documento arabo che ha fatto scalpore, però, e cioè che l'Italia avrebbe offerto supporto al regime, è del tutto incongrua perché non si capisce come avremmo fatto ad aiutare un dittatore sotto scacco, se nemmeno russi e iraniani, presenti sul campo, si stavano impegnando per lui.
    E questa è la parte più succosa del rapporto Aise del 6 dicembre: elencate le città già cadute o date per perdute, quali le forze in campo, i nostri 007 segnalavano che le forze governative, frammentate sul territorio, non avrebbero retto l'urto e che gli uomini di Assad stavano mollando una posizione dopo l'altra. Di qui la previsione che il regime con le sue forze non avrebbe retto più di tre giorni. Evidentemente era ciò che il direttore Caravelli aveva capito nella telefonata intercorsa con Hassan Luqa. Un senso di vera disperazione.
    Anche perché, se pure Luqa avesse evitato di parlarne (non lo sappiamo), l'Aise aveva unito i pezzi di molte altre fonti di intelligence e poteva così annunciare al nostro governo che i due protettori di Assad erano in forte contrasto sul da farsi: i russi consideravano il regime ormai defunto e guardavano oltre, gli iraniani invece non volevano rassegnarsi a perdere il controllo sul territorio siriano e spingevano per una difficilissima escalation militare. Punti di vista divergenti tra due alleati, entrambi alle prese con problemi giganteschi: i russi impantanati in Ucraina, gli iraniani frenati dagli israeliani e impossibilitati a muovere le loro pedine (vedi gli Hezbollah libanesi) come erano soliti fare. E in effetti, alla prova dei fatti, i russi in pratica non si sono mossi e stanno ora trattando con i nuovi arrivati per conservare le loro basi militari e gli iraniani non hanno fatto in tempo a fare nulla.
    In conclusione, il 6 dicembre l'Aise non vedeva futuro per Assad. Altro che offrirgli "supporto". Magari il generale Caravelli avrà pure usato qualche formula cortese al telefono con Hassan Luqa, che quegli ha percepito come un insperato soccorso, ma all'italiano era chiaro di parlare con l'esponente di un regime morente. Ed è ciò che ha scritto al nostro governo.
  2. il caso
    Paolo Berlusconi e i quadri sospetti
    "Pagai per aiutare Silvio nei processi"
    "
    Paolo Berlusconi
    irene famà
    roma
    A che cosa servivano quelle opere d'arte vendute da tre intermediari romani a Paolo Berlusconi? A mettersi in tasca lauti guadagni frodando il fisco o erano il pagamento di un dossieraggio per aiutare il Cavaliere a superare i suoi scogli giudiziari?
    Tra le pieghe di un processo per evasione fiscale nella Capitale, emerge un piccolo giallo che conduce a Milano. Uno degli imputati è Tiziano Cosettini, commerciante d'arte. E insieme con l'amico Luigi Ferdinandi e con le rispettive compagne vende, a cifre milionarie, una raffica di quadri, obelischi e comò al fratello di Silvio Berlusconi. Non dichiarano l'Iva e le imposte, almeno secondo quanto ricostruito dalla guardia di finanza. Così finiscono davanti ai giudici.
    Ma le questioni fiscali, in questa faccenda, sono solo un aspetto. E lo ha raccontato nelle scorse udienze Paolo Berlusconi sentito come testimone. Tra il 2015 e il 2018, acquista quadri, obelischi, mobili e pure un putto toscano. Opere pagate milioni, con una decina di bonifici. «Le ho pagate a prezzo più alto – spiega in aula – Sopravvalutandole». Perché? In realtà «volevo reperire delle prove su alcune situazioni non chiare che venivano contestate a mio fratello, in alcuni processi che ha dovuto subire. Volevo favorire queste indagini. Una ricerca che però si è rivelata infruttuosa». Insomma. Paolo Berlusconi si convince che quelle persone, che «per vari motivi» conosce da più di dieci anni, possono fornirgli dei dossier per «aiutare» il Cavaliere ad affrontare i guai giudiziari. «Tiziano Cosettini – ha spiegato Berlusconi ai giudici – era stato impiegato in azioni di polizia come infiltrato e quindi come collaboratore della polizia di Stato. Pure Ferdinandi mi risultava un uomo della polizia di Stato». In passato sembra avesse fatto da scorta all'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e si dice che il suo nome compaia anche nelle carte dello scandalo delle intercettazioni Telecom.
    Era il periodo del processo Fininvest e Paolo Berlusconi, alla Corte, l'ha spiegato nel dettaglio: «Cercavo delle prove. Così ho comprato delle opere d'arte pagandole più del loro valore. Lo sapevo. I pagamenti? Li ho effettuati in più tranche ed è tutto tracciato con documenti fiscali». Si affida a Cosettini e Ferdinandi che, sempre a Roma, sono coinvolti in un'altra indagine sui fascicoli contraffatti. Avrebbero fabbricato dei dossier contro i magistrati milanesi Ilda Boccassini e Raimondo Mesiano, che indagavano sul fondatore di Forza Italia, e avrebbero cercato di venderli proprio a Paolo Berlusconi. Storia intricata, questa. Dove il fratello del Cavaliere sembra provarle tutte per aiutare Silvio Berlusconi. Lo racconta lui stesso. Chiede informazioni, paga per ottenerle.
    Il filone sulle frodi fiscali avrebbe dovuto concludersi ieri. Il magistrato ha chiesto che Cosettini venga condannato a due anni e sei mesi. Due anni per le altre due imputate. Poi un breve lapsus. La pm chiede la condanna anche per Ferdinandi. «Guardi che ha già patteggiato a dieci mesi», le ricordano. La procura, così ha stabilito il giudice, dovrà riformulare le richieste delle condanne. Questioni tecniche. Per gli inquirenti, Cosettini e gli altri «nell'esercizio abituale e professionale di attività intermediaria nella circolazione di opere d'arte e mobili d'epoca», avrebbero costituito di fatto una società. Per cui le contestazioni non possono essere individuali. Gli imputati scuotono la testa: «Macché intermediari, quei mobili erano nostri».
    Il processo per reati fiscali resta aperto. E l'altro filone, quello sul dossieraggio, è ancora in corso. Paolo Berlusconi testimone in entrambi. —
  3. n africa già 143 decessi legati alla malnutrizione
    Morto a Treviso, era tornato dal Congo L'Oms: "Malattia non identificata"
    Laura Berlinghieri
    Treviso
    Potrebbe essere la febbre del Congo ad avere ucciso Andrea Poloni, 55enne di Trevignano (Treviso), morto lunedì scorso a seguito di un'emorragia. A dichiararlo è la stessa direzione Prevenzione della Regione Veneto, che ha fatto sapere di avere attivato i protocolli sanitari previsti in questi casi – solo una la persona posta in isolamento fiduciario e sotto sorveglianza – e di essere in contatto con l'Istituto Spallanzani di Roma, per identificare la causa della morte di Poloni. Per gli esiti saranno necessarie almeno ventiquattr'ore. Se dovesse essere confermato il sospetto, il trevigiano sarebbe il primo morto in Italia per febbre del Congo. Poloni, agricoltore e produttore di farine e birra a base di canapa, sposato con una donna eritrea e con una figlia, era stato di recente in Congo come volontario di una spedizione umanitaria. Le autorità sanitarie stanno cercando di ricostruirne i suoi spostamenti esatti nel Paese africano. È morto ieri sera, in casa, dopo una febbre violenta. Sembra che, prima, fosse in buone condizioni di salute.
    Dal ministero della Sanità del Congo arrivano notizie moderatamente confortanti sull'identificazione della malattia, che nel Paese africano avrebbe già provocato la morte di 143 persone: questo il numero ufficiale. «Si tratta di un caso di malaria grave, sotto forma di malattia respiratoria, aggravato dalla malnutrizione». —

 

 

17.12.24
  1. Migliaia di bambini nel campo-prigione così nasce la nuova generazione dell'Isis
    Delle due bimbe di pezza spuntano solo gli occhi. Sono due piccole bambole nascoste dai drappi di stoffa come richiede la Sharia, la legge del Corano. Intorno c'è un mondo di sabbia, stracci e filo spinato, eppure gli occhi delle bambine sorridono, le manine sbucano dalla tunica e indicano il cielo con il dito. Il tawid, il gesto che indica l'unicità di Allah, lo stesso segno che hanno visto fare dalle loro madri e dai loro padri quando attraversavano i vicoli di Raqqa, nel cuore dello Stato Islamico. Poi tutto è finito. Sono state solo bombe, e fuga, e polvere e morte. Fino all'arrivo qui. Al campo inghiottito dal deserto. Il buco nella storia di chi preferisce dimenticare. Al-Hol. Duecento chilometri dal confine con l'Iraq. Nord est della Siria.
    È una distesa infinita di tende che si distingue con chiarezza anche nelle immagini dai satelliti. Sono chilometri di sabbia e di stracci. E dentro, il destino disperato dei sopravvissuti al crollo dello stato islamico. Ci sono le donne, i bambini. Qualche anziano. Un accampamento in cui le famiglie dei combattenti siriani e iracheni occupano la superficie più estesa: il ritmo della preghiera scandisce l'esistenza insieme al tentativo di procurarsi acqua e cibo. La scommessa è quella di sopravvivere alle malattie, all'angoscia e alla violenza di chi, anche qui dentro, riproduce la ferocia del califfato.
    In fondo, nell'angolo più remoto c'è l'Annex. La zona dove sono rinchiuse le mogli e i figli dei combattenti stranieri. I foreign fighters. Combattenti venuti dall'Europa, dal Caucaso, dal Maghreb per combattere nel nome di Allah e di Al Baghdadi.
    Le donne. Le vedove. Molte, tra le europee, hanno chiesto di tornare a casa. Hanno implorato gli Stati, i parenti. Hanno mandato messaggi disperati nel buio sperando di non essere scoperte dalle altre. Eppure, nella maggior parte dei casi, quasi nessuno è stato disposto a riprendersele indietro. Non la Francia, ancora traumatizzata dalle ondate di terrorismo del 2015, non il Belgio, non la Germania. Hanno fatto eccezione solo per qualche decina, negli ultimi tempi. Così ragazze bionde e giovani donne dal linguaggio per noi familiare, stanno vivendo ormai da più di cinque anni nella galera nel deserto. Molte, tra loro, hanno capito l'errore, la follia, dell'adesione all'Isis. Hanno vissuto la ferocia delle leggi dello Stato Islamico. Sono state mogli dei soldati, loro malgrado. Un marito. Due. Tre. E ogni volta un figlio. Da allora si disperano. Ma lì, nelle tende dell'Annex ci sono anche le altre, molte altre, che sono diventate ancora più dure e spietate in questi anni. Tra loro si chiamano sorelle, ma hanno scelto di riprodurre tra le tende di Al-Hol la legge feroce che vigeva nelle strade di Baghuz e di Raqqa. Sorvegliano la morale. Intervengono nelle risse e nelle dispute. Frustano a morte le donne che violano la morale, il codice di comportamento, il precetto. Quando intervengono loro, il sangue delle ragazze punite si coagula sulla sabbia. Le guardiane dell'Islam usano tutte le loro forze perché che la memoria dello Stato Islamico non si attenui, nemmeno per un istante. Chiamano i guardiani del campo kuffar, infedeli. Li additano con disprezzo e gestiscono, impietose, l'ordine tra le tende. Intanto si preparano per il momento del ritorno. Quando la battaglia per il califfato riprenderà. Il loro messaggio è una nenia che si ripete uguale, ogni giorno, che accompagna ogni calare delle tenebre. Un messaggio che scavalca la recinzione del campo sugli schemi dei cellulari, nascosti agli occhi delle vicine.
    Il loro video da qualche giorno ha ripreso girare in rete. La voce suona decisa e minacciosa. «Noi, le donne dei mujaheddin, vi diciamo: pensate di averci imprigionato in questo campo marcio. Ma siamo una bomba a tempo. Aspettate e vedrete».
    Sulla torretta di Al-Hol sventola, senza che nessuno abbia il potere di farla togliere, la bandiera nera dell'Isis con disegnata sopra la shahada. I guardiani del campo temono la forza di questa massa rabbiosa e osano avventurarsi all'interno solo con veicoli blindati. A ogni turno di guardia si coprono il volto. È il segno netto di un ordine provvisorio. Un secondino che nasconde la propria identità teme di incontrare, un giorno, il suo prigioniero in una posizione di forza. Perché nessuno sa quanto reggerà la recinzione che chiude il campo.
    Nei vicoli giocano sciami di ragazzini sporchi e malnutriti. Li chiamano i cuccioli dell'Isis. Sono migliaia. Appena raggiungono l'età dell'adolescenza vengono portati via dal campo e dalle madri. I guardiani cercano di evitare che si uniscano alle bambine. Che generino altri cuccioli nel campo. I figli di Al-Hol ripetono meccanicamente l'unico racconto del mondo che conoscono. La grandezza di Allah. La vendetta. Il ritorno. Non hanno mai visto altro universo se non quello delimitato dal filo spinato. Erano troppo piccoli, quando lo stato islamico è crollato, per aver accumulato altri ricordi. Sono stati portati qui sui camion organizzati dall'Sdf, dalle forze di difesa siriane curde, insieme agli americani nei giorni della sconfitta dell'Isis. Hanno visto morire i loro padri.
    Non tutti. I combattenti sopravvissuti ai giorni della distruzione sono stati buttati nelle galere dei curdi. Il numero esatto non lo si conosce. Certo sono a migliaia. In questi anni hanno vissuto come topi, lerci e con poco cibo, ammassati in stanze di cemento in penombra. Qualcuno, con più fortuna, ha avuto qualche ora d'aria. Ma oggi sono ancora lì, in attesa. Hanno tessuto la loro rete di vendetta e riscatto nelle celle. La bomba è pronta a esplodere. Se le guardie curde dovessero essere messe nelle condizioni di lasciare il controllo di campi e prigioni (magari perché loro stesse attaccate dai turchi), sarebbe l'inizio della fine.
    In queste ore, i vicoli tra le tende sono attraversati da un brivido. Una scossa elettrica che sembra far vibrare i veli delle donne, le preghiere degli anziani. Le minacce eccitate degli adolescenti.
    La voce che il regime è caduto galvanizza campi e prigioni. Oggi a Damasco c'è Al-Joulani. Il fratello di un tempo che ha abbandonato le orme del Califfo per costruire il suo gruppo autonomo. Ma la sapienza dei sussurri nelle prigioni descrive con precisione quel che succede là fuori. I combattenti di Isis sanno che Al-Joulani non ha lo stesso controllo del territorio che aveva il regime. Se il muro di cinta della prigione di Guwayran dovesse crollare di nuovo, questa volta nessuno potrà fermarli; se il recinto di filo spinato di Al-Hol si strappasse, inizierebbe una nuova battaglia. L'urlo dei combattenti nel nome di Allah e del Califfato potrebbe tornare a risuonare nelle strade distrutte di Siria. Anche adesso, le tende stracciate del campo che abbiamo voluto dimenticare, sono scosse a ogni raffica gonfia di aria e sabbia. Lì, si nasconde l'incognita più grande rispetto alla Siria che sarà, al Medioriente che sarà.

 

 

16.12.24
  1. il numero dei collaboratori e i compensi annui
    Ministro
    quanto mi costi
    Anna Maria Angelone
    Roma
    Un esercito di 210 persone fra staff a stretto riporto dei ministri, collaboratori esterni e consulenti che costano, nel complesso, oltre 3 milioni di euro.
    È questo il conteggio effettuato da La Stampa sulle strutture organizzative degli otto ministri non parlamentari finiti nel mirino a causa dell'emendamento alla manovra destinato ad aumentarne lo stipendio. All'origine della misura proposta, la volontà di equiparare il trattamento economico - per loro ma anche per un'altra decina fra viceministri e sottosegretari che si trovano nella stessa condizione - a quello oggi più alto dei colleghi che hanno anche uno scranno in Parlamento. Aumento che riconoscerebbe indennità oggi non previste come quelle del rimborso spese per l'esercizio del mandato, per le spese di viaggi e spostamenti, per la telefonia. Scontate le polemiche. Eppure, questi ministri beneficiano di ampie risorse per l'esercizio del loro mandato. Vediamo quanto.
    La doverosa premessa è che si tratta di una ricostruzione parziale perché, nonostante l'obbligo di amministrazione trasparente, non tutti i siti dei ministeri rendicontano alla stessa maniera. E dunque, alcuni ministri più solerti potrebbero apparire più faraonici o "spendaccioni" di altri ma non è detto sia così.
    Resta il fatto che in testa alla classifica, almeno per numero di assistenti, c'è la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Elvira Calderone: 83 i contratti in essere nell'anno in corso per un totale di spesa pari a 304.725 euro. E questo senza contare tutti i numerosi dipartimenti che afferiscono al suo Ministero.
    Segue il ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara: 13 gli incarichi a collaboratori estranei all'amministrazione negli uffici di diretta collaborazione del ministro (spesa 365 mila euro), 14 contratti per esperti di particolare professionalità e specializzazione (395 mila euro di costo) a cui si aggiungono quattro tecnici per i progetti legati al Pnrr, quest'ultimi della durata di un anno (in tutto altri 140 mila euro). In definitiva, coadiuvano il ministro a vario titolo 31 professionisti per una spesa di 900 mila euro.
    Venendo al ministro della Cultura Alessandro Giuli, subentrato all'ex ministro Gennaro Sangiuliano proprio per una consulenza considerata da taluni discutibile, ha 21 assistenti: nove istituzionali, dieci consiglieri, due per i sottosegretari e una posizione ancora aperta. Totale spesa dei contratti: 792.959 euro.
    Più articolata, di contro, la composizione dello staff di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa conta sette incarichi nell'ufficio di gabinetto (428 mila euro di spesa), altri dieci come collaboratori e consulenti per l'esercito, un consulente per le segreterie ai sottosegretari di Stato in corso di definizione. Il costo complessivo dei contratti in essere è di 663.880 euro.
    Anche il ministro della Salute Orazio Schillaci ha una macchina organizzativa ramificata: vanta 17 incarichi, due dei quali a esperti del calibro di Guido Rasi (ex capo dell'Agenzia del farmaco europea) e la microbiologa Maria Rita Gismondo. Entrambi hanno avuto un contratto di consulenza come esperti da 36 mila euro ma oggi prestano la propria assistenza a titolo gratuito essendo ormai andati in pensione.
    Molto complessa anche la struttura del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. Diciotto i contratti in essere a esterni fra staff, collaboratori, personale per le varie segreterie del Ministero, esperti giuridici, comunicazione e rapporti con la stampa. Spesa totale, in questo caso, pari a 813.542 euro. E anche qui, senza tenere conto di tutti i dipartimenti del dicastero.
    Meno il ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, e la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli. Sedici gli assistenti a vario titolo del primo, sei i contratti di consulenza esterna della seconda. Per loro, tuttavia, non è possibile ricostruire il trattamento economico di tali incarichi. In definitiva, il totale arriva a 210 contratti a collaboratori e consulenti in carica per una spesa complessiva di 3.835.089 euro.
  2. i giudici Sull'arresto del sindacalista
    "In Filca Cisl Torino contesto opaco e dinamiche relazionali inquietanti"
    I giudici del Riesame passano in rassegna nel provvedimento anche la figura di Do0menico Ceravolo, ex operaio Sitaf distaccato al ruolo di sindacalista della Filca Cisl arrestato per associazione mafiosa. Si legge sul punto: «La vicinanza fattivamente espressa da alcuni suoi superiori anche in vicende che, pacificamente, nulla avevano a che spartire con l'attività sindacale, disvela un contesto decisamente opaco, in cui si sono manifestate dinamiche relazionali inquietanti, verosimile oggetto di separato approfondimento (basti pensare, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, all'interessamento per eliminare un dispositivo di captazione sul cellulare di Ceravolo procedendo all'acquisto di un telefono nuovo, in modo da rimuovere alla radice tale eventualità». g.leg
  3. Anatomia di un boss
    giuseppe legato
    Carcere del centro Italia, sezione collaboratori, 24 aprile 2024. Ore 17.35. Da mesi Vincenzo Pasquino, 36 anni, narco-broker della ‘ndrangheta a completo servizio delle famiglie di Platì, ha saltato il fosso. Ha chiesto di collaborare con la giustizia e sta pesando parola per parola di fronte a magistrati e investigatori della Dda di Torino. «Franco D'Onofrio è superiore a tutti compresi i Crea (già capi dell'ala militare della ‘ndrangheta a Torino). Non ha bisogno di spendere il loro nome perché lui cammina col nome suo, cioè lui è D'Onofrio e tutti lo rispettano infatti può attivare dove vuole: ha cervello e si siede al tavolo soltanto per cose molto serie. Lo conosco, l'ho frequentato a lungo e l'ho sempre rispettato in quanto ha una storia da uomo d'azione alle spalle che fa paura». Prima di Pasquino altri sette collaboratori hanno firmato verbali in cui il concetto – con parole e sfumature diverse – è stato ribadito. Bartolomeo Arena, Andrea Mantella, Raffaele Moscato, Domenico Agresta, Onofrio Barbieri, Vittorio Raso e, da ultimo, Pasquino.
    Se D'Onofrio è davvero il capomafia che molti raccontano lo stabilirà il processo. Certo è che anche nelle carte del Riesame (a cui ha rinunciato dopo essere stato arrestato un mese e mezzo fa) i giudici ne hanno tratteggiato i lineamenti di leadership mafiosa. Richiamando le parole dell'ultimo grande pentito delle cosche: «Non è come gli altri, non rappresenta una sola famiglia, ha semplicemente un suo nome individuale». Ancora: «Quando era entrato in carcere era lui che comandava e nel corso del procedimento già citato cosiddetto Minotauro era stato lui a dare l'autorizzazione agli imputati per abbreviare (scegliere il rito abbreviato) a Torino mentre per i patteggiamenti l'autorizzazione era arrivata da Plati e da Milano». Proseguono i giudici: «La figura e il ruolo di D'Onofrio vengono definiti in modo netto altresì dalle riunioni e dagli incontri registrati che si tengono a casa dello stesso da giugno 2022 a luglio 2024, periodo in cui si trovava in detenzione domiciliare per motivi di salute in virtù di un'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Brindisi che gli imponeva il «divieto di ricevere presso la propria abitazione e in ogni caso frequentare soggetti pregiudicati. Nonostante questo, continuava ad essere riferimento per 'ndranghetisti e criminali comuni».
    Un giorno, evade dai domiciliari a va a pranzo con Mario Audia uno dei nomi di élite delle cosche Crotonesi a Torino. Antonio Serratore, pluripregiudicato per armi e mafia, lo va a trovare spesso a casa. Dirime contrasti sorti in seno ad affari, accoglie sotto le sue ali un boss come Giacomo Lo Surdo (difeso dal legale Domenico Peila) appena uscito dal carcere. Si tiene informatissimo sui fatti di cronaca, legge i giornali, a volte commenta. Ad esempio, a proposito dell'operazione Echidna che ha coinvolto l'ex ras delle tessere del Pd Salvatore Gallo: «Tanti anni fa – dice D'Onofrio intercettato dal suo stesso telefonino diventato un vivavoce per via di un virus informatico – mi ha fatto entrare a lavorare all'ospedale San Luigi». Se sia una millanteria o meno non si sa e Gallo non ha contestazioni per questo, certo è che D'Onofrio molto tempo fa lavorò come tecnico di radiologia al nosocomio di Orbassano.Chiosano i giudici: «Che lui fosse una figura chiave sul territorio lo si capisce dal fatto che non solo per i sodali che con lui si interfacciavano regolarmente, ma anche per gli appartenenti ad altre articolazioni territoriali, era riconosciuto come un'autorità nel settore»

 

 

 

 

 

 

15.12.24
  1. Iran, arrestata dopo concerto senza hijab
    Le autorità iraniane hanno arrestato una cantante che si è esibita in un concerto su YouTube. Parastoo Ahmady (nella foto), 27 anni, è stata fermata sabato a Sari, capitale della provincia settentrionale di Mazandaran. La magistratura aveva presentato un'istanza relativa al concerto di Ahmady, che si era esibita senza hijab. Ahmady aveva pubblicato il suo concerto su YouTube dicendo: «Sono Parastoo, una ragazza che canta per chi ama. Questo è un diritto che non potevo ignorare: cantare per la terra che amo». Il concerto è stato visto più di 1,4 milioni di volte.
  2. Venditore d'auto di Cambiano condannato per tentata estorsione
    A lezione dai clan "Con la testa di maiale fai paura a chi sgarra"
    Una testa di maiale fa sempre il suo effetto. Soprattutto se ci sono in ballo soldi da riscuotere e vecchi conti da saldare. No, in questa storia la ‘ndrangheta non c'entra, anche se ha fatto da ispiratrice. La criminalità organizzata, è noto, sa il fatto suo nel campo delle minacce. E uno degli indizi che ha inguaiato un venditore di auto di Cambiano, Domenico Trasente, condannato a due anni di reclusione dal tribunale di Asti per tentata estorsione nei confronti di un commerciante di Poirino, gli investigatori l'hanno trovato in una chat del suo telefonino, dove con un amico aveva commentato un articolo di giornale dedicato proprio ai metodi delle criminalità organizzata, dal titolo: «'ndrangheta fa da te: testa di maiale comprata di macelleria per mettere in riga chi sgarrava».
    I fatti risalgono a due anni. Anche la vittima di questa tentata estorsione è un venditore d'auto. Una sera, tornando in ufficio, il commerciante trova di fronte alla sua vetrina una testa di maiale mozzata. Nessuno messaggio aggiuntivo. Così si rivolge ai carabinieri di Poirino e presenta una denuncia. «Non ho ricevuto minacce di recente. In passato avevo avuto dei problemi con il mio vecchio socio in una carrozzeria, per una tentata estorsione. Lui si era rivolto a un noto pregiudicato Antonio Serra». Sì, lui è un nome noto, perché sta scontando la condanna per l'omicidio di Umberto Prinzi, freddato sulla collina di Moncalieri nel 2019 e il suo cadavere gettato in un boschetto. Prinzi, a sua volta, era finito in carcere per aver ucciso molti anni prima, Valentina, la trans con cui conviveva. Dettagli interessanti per i carabinieri, ma del tutto marginali in questa storia. La svolta arriva da una telecamera che aveva ripreso una Honda Civic allontarasi da Poirino in direzione di Cambiano. Dalle immagini i militari risalgono all'utilizzatore dell'auto. In più ricostruiscono la filiera di macellazione grazie il numero impresso sulla carne.
    I carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Laura Deodato, concentrano così le indagini attorno a Domenico Trasente, venditore d'auto. Collegamenti diretti tra i due non ci sono ma i carabinieri non si arrendono. Anche perché, come scrive in sentenza il giudice Federico Belli che ha condanno l'imputato, le dichiarazione della parte offesa sulla sua rete di affari è stata «farraginosa». A casa di Trasente i militari trovano un telefonino contenente quella chat «istruttiva» sulla testa di maiale, usata dai boss per incutere timore ai debitori riottosi. Poi trovano dei documenti, delle scritture private, che raccontano di un rapporto d'affari tra il commerciante di Poirino e la madre del suo ex socio della carrozzeria, relativo alla gestione di un ristorante a San Salvario. Da quei documenti emerge l'esistenza di un debito, in parte saldato, tra l'uomo nei confronti della donna per alcuni affitti non pagati. Ma i personaggi coinvolti, sul punto, non sono stati molto chiari.
    Secondo la ricostruzione del giudice riportata in sentenza, l'unica spiegazione logica è l'esistenza di un altro debito, tra l'imputato e la donna, che si è trasformato in movente per la tentata estorsione. Domenico Trasente, come «piano di rientro», avrebbe proposto l'estinzione del proprio debito adoperandosi a recuperare i soldi ancora dovuti dal commerciante di Poirino. Una sorta di attività di recupero crediti per conto terzi. Ma con l'utilizzo di un metodo mafioso: la testa di maiale. Un «messaggio» che gli è costato due anni di reclusione. R.cro. —

 

 

 

14.12.24
  1. Gli Usa liberano il fratello di Meshaal Era accusato di finanziamenti a Hamas
    Mentre sono in corso progressi nei colloqui per la liberazione degli ostaggi israeliani prigionieri a Gaza, giovedì gli Stati Uniti hanno rilasciato il fratellastro del funzionario di Hamas, Khaled Meshaal da una prigione federale in Texas, dove era detenuto per una condanna a 20 anni di carcere per aver finanziato Hamas. Lo riferiscono i media arabi e quelli israeliani. Mofid Abdul Qadir Meshaal era stato condannato nel 2009 ed è stato liberato in anticipo per buona condotta. Ma i media israeliani ipotizzano che il rilascio sia legato alle mediazioni in corso per le trattative tra Israele e Hamas, per la liberazione degli ostaggi israeliani e per il cessate il fuoco a Gaza. Mofid Abdul Qadir Meshaal è stato rilasciato dal carcere dopo 16 anni trascorsi in una prigione americana per essere inviato in una struttura di riabilitazione. Nato negli anni '60 in Cisgiordania, è stato condannato nel 2009 per aver raccolto fondi per Hamas attraverso il Fondo per gli aiuti e lo sviluppo per la Terra Santa, uno dei più grandi enti di beneficenza islamici negli Stati Uniti
  2. Nell'operazione del Ros emergono le figure di tre donne che hanno portato avanti gli affari di Nicola Assisi in carcere da anni
    Rosalia, Siria e Paula, le lady narcos ai vertici del clan senza più uomini
    andrea bucci
    giuseppe legato
    Se fosse una serie Netflix sarebbe "Lady narcos", ma questa è un'indagine vera con donne in carne e ossa che hanno cercato di continuare a gestire l'impero degli uomini arrestati. Nicola e Patrick Assisi sono in carcere in Brasile da anni dopo aver governato in lungo e in largo le rotte del narcotraffico internazionale disegnando le parabole di tonnellate di cocaina verso l'Europa. Rosalia Falletta e Siria Assisi rispettivamente moglie e figlia di Nicola sono attese in Italia il prossimo 17 dicembre per rispondere delle accuse di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico con aggravante transnazionale. La Direzione distrettuale antimafia (pm Livia Locci e Francesco Pelosi) ha spiccato nei loro confronti un provvedimento di fermo al momento non eseguito dal Ros dei carabinieri guidato dal colonnello Andrea Caputo perché le due donne si trovano in Sud America. E però nelle carte dell'inchiesta rispondono di aver "atteso alle disposizioni impartite dal congiunto Nicola, mantenendo e gestendo i rapporti con altri soggetti connessi al narcotraffico e consociati a vario titolo in Italia e Brasile, proseguendo nella gestione del traffico in nome e per conto della famiglia". C'è un'altra donna, Simoes Paula Assisi, moglie di Patrick che non è destinataria del fermo ma è indagata per gli stessi motivi.
    Le conversazioni intercettate nel carcere dove è detenuto Nicola Assisi hanno confermato che Rosalia Falletta è la principale amministratrice dei patrimoni illeciti della famiglia in Italia. Inoltre, è incaricata di gestire i rapporti con il Brasile per la gestione dei proventi derivanti dal traffico di droga.
    Figura inquietante 8già condannata in via definitiva a 8 anni nel processo Pinocchio), Rosalia Falletta si occupa anche di risolvere dispute e problematiche tra i clan, specialmente quelle legate al narcotraffico e al recupero crediti per conto dei familiari detenuti.
    Come quando interviene a favore del genero, Nicola De Carne (soprannominato "Didì" e tra i cinque fermati nell'operazione), per risolvere una disputa legata a un debito di 500.000 euro contratto con il narcotrafficante Enrico Sapone difeso dal legale torinese Renato Cravero. La cifra rappresentava un "fondo cassa" gestito direttamente da Falletta, utilizzato per evitare che il genero rischiasse la vita per non aver saldato il debito. Dalle intercettazioni emerge l'angoscia di De Carne, che, il 2 dicembre 2020, implora Paula Simoes Assisi, cognata e figlia di Rosalia, affinché interceda con il creditore: «Amica, questi mi ammazzano». Dodici giorni dopo la richiama, disperato: «Ma volete la mia fine?». Grazie al pagamento, viene scongiurato un intervento violento degli uomini di Sapone
    Anche Rita Siria Assisi, figlia di Nicola e Rosalia, gioca un ruolo cruciale. Diretto dal carcere di Brasilia, Nicola Assisi le affida il compito di recuperare un credito in Portogallo, legato alla vendita di un immobile e ad attività di riciclaggio dei proventi del narcotraffico: 460 mila euro circa.
    Secondo quanto riportano i Ros, Rita Siria appare sorprendentemente a suo agio nel comprendere e attuare le disposizioni del padre. La sua autorità si estende anche al controllo degli associati. Nell'agosto 2024, su ordine del fratello (detenuto nel carcere di Catanduvas), si occupa di espellere tre affiliati – soprannominati "il Biondo" e "i due fratelli" – per una grave mancanza di rispetto nei confronti della famiglia Assisi. Hanno tradito e devono essere sbattuti fuori. Nicola è in carcere, ci pensano le ladies: "Tutto ok, ormai sono fuori". —
  3. Nel blitz non si trova Francesco Barbaro sparito come il padre
    Nel blitz dell'altra notte è sfuggito uno dei principali indagati dell'inchiesta "Samba". Si tratta di Francesco Barbaro, 35 anni, figlio del più noto Rocco a lungo considerato vertice della 'ndrangheta in Lombardia. Francesco ha così confermato la fama di latitanti di suo padre e suo zio Giuseppe ribattezzati proprio per questo "Spariti". Barbaro era emerso - senza contestazioni penali - anche nell'operazione contro il malaffare e l'infiltrazione di persone vicine alla 'ndrangheta nelle curve di Inter e Milan vicino ad alcuni ultras rossoneri. È considerato «finanziatore, destinatario e distributore in Italia degli stupefacenti» provenienti dal SudAmerica. «Cura i rapporti con gli Assisi». —
  4. Un SuperToret nel giardino di Parella
    È il primo per l'irrigazione pubblica
    Diego molino
    È uno dei simboli più riconoscibili della nostra città presente in diversi quartieri, la fontanella verde sormontata dalla tipica testa di toro. Ieri nei giardini Marie Curie di via Servais, quartiere Parella, è stato inaugurato il SuperToret: un'evoluzione del tradizionale arredo urbano dotato di cisterna, che servirà a recuperare l'acqua non utilizzata dalla fontana per reimpiegarla nell'irrigazione del vicino Viale della Frutta e degli orti sociali condivisi. Il progetto è stato realizzato da Smat, in collaborazione con il Comune.
    L'iniziativa è merito anche del lavoro di squadra del territorio: la Circoscrizione 4 si è fatta carico dei costi di esecuzione di tutti i lavori, mentre gli abitanti dell'associazione Alta Parella-Pellerina hanno acquistato di tasca loro la cisterna interrata di accumulo, che può contenere fino a un massimo di 10 mila litri d'acqua.
    La struttura è composta da un impianto che consente di convogliare le acque che non vengono utilizzate dalla fontanella per irrigare il sistema di orti urbani che, nel tempo, i residenti hanno coltivato per trasformare questa piccola area verde del borgo. L'acqua della vasca in eccesso, invece, viene dirottata nella fognatura per consentire il ripristino del ciclo idraulico.
    «In questo modo l'acqua erogata raddoppia le sue funzioni e la sua utilità, in una relazione positiva tra sostenibilità, economia circolare e coinvolgimento del territorio – spiega il presidente della Circoscrizione 4, Alberto Re – L'associazione Alta Parella, titolare di un patto di collaborazione per la gestione collettiva degli orti urbani, ha avuto una felice intuizione che è stata subito accolta e sostenuta sia da Smat che dalla Circoscrizione».
    Il risultato prodotto è la riduzione di acqua potabile che di solito veniva usata a scopo agricolo e, insieme, il miglioramento di uno spazio verde che è molto vissuto dal quartiere. Un progetto che si inserisce anche nei più ampi obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall'Agenda 2030 dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
    «La sempre maggior consapevolezza riguardo alla necessità di adottare misure concrete per affrontare le sfide ambientali richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società e questo progetto lo dimostra" dice il presidente di Smat, Paolo Romano
  5. LA FINANZA APPOGGIA LA CROCIATA ANTI-WOKE DI TRUMP – A MAR-A-LAGO, A CASA DEL TYCOON, È STATO PRESENTATO IL PRIMO FONDO DI INVESTIMENTO QUOTATO A WALL STREET CHE ESCLUDE LE SOCIETÀ CHE HANNO IMPOSTO I “PRINCIPI WOKE” DELL'INCLUSIONE NELL’ASSUNZIONE DEL PERSONALE (VEDI STARBUKS) – COLOSSI COME HARLEY DAVIDSON, JACK DANIEL’S E WALMART HANNO GIÀ INTERROTTO I LORO PROGRAMMI A FAVORE DELLE DIVERSITÀ: SI SONO ACCORTI CHE IL POLITICAMENTE CORRETTO NON FA FARE SOLDI, ANZI…
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    Estratto dell’articolo di Andrea Indini per “il Giornale”
    Negli Stati Uniti in molti hanno creduto di far soldi a palate lisciando il pelo all’intellighenzia woke. E invece sono finiti tutti quanti a sbattere il grugno contro il muro. Ad essersi fatti molto male non ci sono soltanto i democratici che ora devono ingoiare il boccone amaro della rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca.



    A uscirne con le ossa rotte ci sono anche numerosi giganti dell’economia che si sono visti costretti a far marcia indietro ammettendo che inseguire l’agenda DEI imposta dall’amministrazione Biden non ha fatto così bene agli affari.


    “Go woke, go broke” è lo slogan che meglio sintetizza il risveglio dalla sbornia del politicamente corretto. “Segui il woke, finisci rovinato”. Ne sanno qualcosa colossi come Harley Davidson, Jack Daniel’s e pure Walmart che nelle ultime settimane hanno deciso di interrompere bruscamente i programmi sulla diversità e l'inclusione. Un taglio netto col passato che ha preceduto di pochi giorni l’annuncio del primo fondo di investimento quotato (Etf) che esclude le società S&P 500 che in questi anni si sono inchinate ai principi woke nei processi di assunzione del personale.



    A capitanare questa neanche troppo piccola rivoluzione nel mondo della Finanza è Azoria Partners. «Le quote sulle assunzioni del capitale umano danneggiano tutti gli azionisti, e noi siamo qui a rappresentare gli azionisti», ha spiegato al Financial Times il presidente della società di investimenti, James Fishback. «Gli americani, che abbiano votato o meno Trump, non vogliono investire in aziende che gestiscono esperimenti scientifici woke».


    Il nuovo prodotto, che andrà sotto il codice azionario SPXM (ovvero S&P Meritocracy), è stato presentato giovedì scorso al resort del tycoon di Mar-a-Lago in un incontro a cui sarebbero stati presenti (notizia non confermata ma nemmeno smentita) la fondatrice di Ark Investment Management, Cathie Wood, e il presidente del think tank “Heritage Foundation”, Kevin Roberts.



    La stampa americana lo ha già ribattezzato «piano Starbucks» perché mira appunto a mettere nel mirino quelle società che hanno adottato il sistema fallimentare delle quote.



    Fishback e il socio, Asaf Abramovich, ne avrebbero già individuate una quarantina tra quelle quotate allo S&P 500 ma, non gestendo ancora denaro, a differenza degli hedge fund attivisti che acquistando quote delle società cercano di orientarle dall’interno, interverranno escludendo queste società dal loro portafogli, dopo aver spiegato che le loro politiche DEI danneggiano il prezzo delle azioni.


    La sensibilità, però, sta cambiando. Sempre più americani sono consapevoli degli effetti nefasti della religione woke. Nell’ultimo anno e mezzo, secondo un sondaggio del Pew Research Center, la percentuale di dipendenti, che rinfaccia alla propria azienda di prestare troppa attenzione all’agenda DEI, è cresciuta di cinque punti.



    E la vittoria di Trump la farà crescere ancora di più. Solo nel Vecchio Continente sembrano non accorgersene. Tanto da spingere un marchio storico come Jaguar a un rebranding che, secondo gli esperti, "passerà alla storia come una delle mosse di marketing più distruttive mai tentate".
     

 

 

 

 

13.12.24
  1. "Io, cardiochirurgo per caso ho trapiantato un cuore che batteva"
    Gino Gerosa
    Laura Berlinghieri
    Padova
    «Perché nessuno lo aveva fatto prima? Potrei citarle Goethe: "Niente è più difficile da vedere con i propri occhi di quello che si ha sotto il naso". Noi, comunque, l'abbiamo fatto». Gino Gerosa, 67 anni, è il cardiochirurgo dei record. Dal 2003, da quando dirige il centro Gallucci dell'Azienda Ospedaliera di Padova - dedicato al medico che per primo eseguì un trapianto di cuore in Italia, proprio qui - ne ha inanellati 14 a livello nazionale e 6 a livello mondiale. L'ultimo due settimane fa: il primo trapianto al mondo a cuore battente. Il paziente è prossimo alle dimissioni.

    Gerosa, oltre la competenza, che visione ci vuole per operazioni così rivoluzionarie?
    «Serve esperienza. Creatività, perché la curiosità del fanciullo permette di identificare strategie che altri non vedono. Coraggio chirurgico, che è l'assunzione di responsabilità nel modificare la rotta. E l'etica».
    Cosa significa trapianto a cuore battente?
    «Abbiamo prelevato l'organo, inserito in un macchinario per il trasporto e reimpiantato nel ricevente. E il cuore non ha mai smesso di battere. Danni da ischemia da perfusione ridotti a zero e performance migliori. Eseguire le suture su un organo che si muove sembra complesso, ma il fatto che il cuore batta regala tempo».
    La prossima frontiera è il cuore artificiale?
    «In Italia ogni anno ci sono 850 pazienti in lista d'attesa e riusciamo a soddisfarne meno della metà. Servono soluzioni: il cuore artificiale e quello del maiale».
    Non ci sono abbastanza cuori?
    «Non più. Grazie alla legge, sacrosanta, che obbliga i motociclisti a indossare il casco. Ai tempi dei primi trapianti di Gallucci, l'età media dei donatori era sotto i 18 anni, ora è oltre i 60».
    E lei com'è diventato cardiochirurgo?
    «Le ho provate tutte per sfuggire a questo destino. Pensi che arrivavo dalla Scuola militare Nunziatella di Napoli. Poi ho fatto domanda all'Accademia di Sanità Militare a Firenze per diventare ufficiale medico».
    E non ha passato il concorso…
    «Macché. Hanno perso la lettera e non mi hanno mai chiamato. Così mi sono iscritto a Medicina».
    Quindi il medico lo voleva fare…
    «Il medico sì, da sempre. Forse perché da bambino ho trascorso tanto tempo in ospedale, per dei controlli. E poi mi è sempre piaciuto stare in mezzo alle persone, prendermi cura degli altri».
    Quindi si è iscritto a Medicina, senza test.
    «Eravamo in 3 mila. Aperture indiscriminate mettono a rischio la formazione, ma i vecchi test non erano la soluzione. Potrebbero esserlo degli esami-filtro, ma non sempre un ottimo studente diventa un buon medico».
    Torniamo al destino che l'ha fatta diventare cardiochirurgo…
    «Università, ultimo giorno per scegliere la specialità. Ho sbagliato aula e mi sono trovato di fronte al professor Casarotto, che parlava di cardiochirurgia. Ultimo incontro dell'ultima giornata. Lì ho scelto».
    E poi?
    «Metà specialità a Londra, al seguito di Donald Ross, compagno di corso di Christiaan Barnard, autore del primo trapianto di cuore della storia. L'ho anche incontrato, Barnard: gli ho chiesto l'autografo, con quello di Ross».
    La prima operazione?
    «Bypass con la vena safena, 3º o 4º anno di specialità. Ci sono affezionato, anche perché quel paziente l'ho rioperato, da direttore a Padova».
    Si è pentito di aver fatto il cardiochirurgo?
    «È un lavoro totalizzante e ho rinunciato a molto, ma il rapporto coi pazienti compensa tutto. E la mia è una chirurgia ricca di speranza. Abbiamo sempre risposte valide e incidiamo sull'aspettativa di vita dei pazienti. La morte esiste, ma l'innovazione tecnologica è un'alleata».
    Negli Usa un ragazzo ha ucciso il Ceo di una delle più grandi compagnie di assicurazioni sanitarie del Paese. La sanità pubblica e universale, in Italia, è un valore da preservare?
    «Il nostro sistema sanitario universalistico è un patrimonio a cui non dobbiamo rinunciare. Chiunque ha accesso alle cure più sofisticate, indipendentemente dalla sua capacità economica. Ma serve rispetto per medici e infermieri, è inaccettabile che ci sia chi entra in un pronto soccorso per menare chi vi lavora».
    Perché accade?
    «Perché le cure sono gratuite e quello che è gratis si percepisce come un disvalore. Bisogna educare i cittadini, spiegando loro cos'è il Servizio sanitario nazionale. Anche in tv: meno balletti e più cultura».
    Spesso si rende merito alla sanità per la sua capacità di slanci straordinari, ma la si ritiene lacunosa nell'ordinario. Che cosa risponde?
    «Che nella vita si può sempre fare meglio, e pure nella sanità. Ma bisogna coinvolgere tutti gli attori. E, se la politica ascoltasse medici e infermieri, la nostra sanità sarebbe migliore». —

 

 

12.12.24
  1. Bruxelles: "In dieci anni coltivazioni a rischio"
    Da qui al 2035 è «probabile» che la produzione e l'esportazione di vino dell'Ue continui a diminuire, mentre il cambiamento climatico metterà «a dura prova» le colture. È quanto stima la Commissione europea nel suo ultimo rapporto sulle prospettive agricole per l'Ue con le proiezioni di mercato fino al 2035. Secondo l'analisi il continente rimarrà autosufficiente per diversi prodotti di base - grano, orzo, carne, prodotti lattiero-caseari, olio d'oliva e vino - ma la crescita della produttività sarà messa sotto stress dalle pressioni esercitate dal climate change e dall'impatto sulle principali risorse naturali, in particolare l'acqua e il suolo, che limitano il potenziale di crescita delle rese e inducono uno spostamento delle zone agroclimatiche verso nord, influenzando i modelli di coltivazione. F. Gor. —
  2. Mario Tozzi
    Io sto
    elefanti
    con gli
    Dintorni del Parco Etosha (Namibia) - Raggiungiamo con relativa facilità una famiglia di elefanti sotto una grande acacia, al culmine di un poggio in rilievo rispetto alla pianura circostante. Siamo ancora nella tarda mattinata, e il caldo è già opprimente, come ci si aspetta in dicembre in Namibia. Però anche gli autoctoni ci dicono che le piogge sono in ritardo e che questa sembra un'estate diversa dalle altre, più calda, più secca. Fermiamo il fuoristrada a qualche metro dagli elefanti, spegniamo il motore e attendiamo che si abituino alla nostra presenza. In assoluto silenzio. Il maschio è un individuo formidabile e cerca il contatto con la femmina più anziana. La femmina, però, lo respinge irritata, preferendo occuparsi del cucciolo che cerca le mammelle e defilandosi al margine del gruppetto. L'obiettivo del maschio era sbagliato: le elefantesse arrivano ad accoppiarsi forse una sola volta ogni quattro anni, e lo fanno solo ed esclusivamente se lo vogliono. Ed è chiaro che lei non ne ha alcuna voglia. Le altre due giovani femmine, sorelle o cugine fra loro, non sono ancora ricettive e si allargano, lasciando uscire dal centro del gruppo altri due cuccioli.
    Dopo qualche minuto di studio, la matriarca decide che non ci sono pericoli e lascia che gli elefantini arrivino nei nostri pressi e inizino tranquillamente a giocare fra loro. Per una buona mezz'ora la rappresentazione è la seguente: il maschio al centro in secondo piano, le femmine e i cuccioli al centro, la matriarca al margine con il figlio. Le comunicazioni fra gli individui sono continue: movimento dei padiglioni auricolari e una successione serrata di barriti e altri versi, oltre a una sequenza di infrasuoni che noi umani non riusciamo a captare. Gli elefanti parlano, solo che noi non capiamo assolutamente cosa vogliano dire. Probabilmente una cosa sola: «Lasciateci in pace». Cosa che i sapiens non riescono assolutamente a fare. Neanche qui, in Namibia, una nazione che tutela il 20% del territorio e ha in animo di arrivare addirittura al 40, e che conserva gruppi di viventi selvatici sull'orlo dell'estinzione nel resto del continente. Si calcola che non ci vorranno poi troppi anni prima che gli elefanti africani siano praticamente estinti.
    Secondo il WWF, in un secolo sono andati perduti nove elefanti africani su 10, passando da circa 12 milioni di individui agli attuali 415.000: un'ecatombe che ha diversi responsabili, dalla caccia indiscriminata per i trofei, alla riduzione micidiale degli habitat, all'avorio. Quest'ultima causa porta all'incredibile cifra di 20.000 elefanti massacrati ogni anno per le zanne: davvero difficile trovare una causa più malvagia e idiota di questa. Ma l'avidità è la cifra dei sapiens e gli elefanti la sperimentano sulla loro pelle. Eppure sono qui da milioni di anni e sotto il loro controllo la vita era garantita a tutti i viventi. Animali prodigiosamente intelligenti, con un cervello molto grande rispetto al corpo e con una quantità irraggiungibile da altri viventi di neuroni specchio: come a dire un cervello di prima qualità. Per non dire della memoria prodigiosa, dell'uso abilissimo della proboscide, del fatto che mostrano emozioni, sentimenti e empatia piangendo i morti e festeggiando i nuovi nati. Gli elefanti non uccidono i sapiens, a meno di casi rarissimi e documentati di provocazioni e ferimenti, anzi assomigliano a noi al punto di costituire famiglia e rapporti sociali lunghissimi e saldi. Per questo l'uccisione di una matriarca, depositaria della conoscenza e della cultura del gruppo, è una catastrofe anche per gli individui che restano, spaesati e impauriti, con ridotte possibilità di sopravvivenza.
    Nell'agosto scorso il ministero dell'Ambiente della Namibia aveva annunciato l'uccisione di 723 grandi animali selvatici, tra cui 83 elefanti, come provvedimento contro la carestia nel Paese, causata da una grave e prolungata siccità che ha conseguenze gravi anche in un territorio arido come quello namibiano. Prima della stagione delle piogge l'85% delle risorse alimentari del Paese era esaurito, recando malnutrizione e addirittura morti fra i bambini. Ma anche gli elefanti risentono della siccità e attaccano le risorse e le infrastrutture dei sapiens, aggravando conflitti atavici. Tra la Namibia, lo Zimbabwe, lo Zambia, il Botswana e l'Angola oggi vivono più di 200mila elefanti, come a dire che la metà degli elefanti africani viventi si trova nell'Africa meridionale. Le cose sembravano mettersi meglio rispetto alle stragi del passato fino a che la popolazione umana in quelle stesse zone non è raddoppiata, mandando in crisi la possibilità di coesistenza pacifica e occupando territori in precedenza liberi. Oggi si è arrivati al punto in cui, per ottenere risorse economiche, in tutta l'Africa australe si mettono in vendita permessi di caccia agli animali protetti e addirittura si tengono aste per gli elefanti. Trattati come merci qualsiasi.
    La caccia è durata mesi, nelle zone in cui sono più frequenti i conflitti tra la popolazione umana e la fauna selvatica e ancora aspettiamo di sapere se si è arrivati agli obiettivi prefissati, ma già nei primi giorni erano stati uccisi 157 animali da cui erano stati ottenuti più di 56mila chili di carne. Non solo elefanti, ma anche 300 zebre, 100 gnu, 150 antilopi, 60 bufali e 30 ippopotami nei parchi nazionali e nelle zone in cui le popolazioni delle diverse specie erano giudicate eccessive per le risorse d'acqua e cibo disponibili. E non solo per i soldi, anche per diminuire la popolazione di fauna selvatica e così mitigare i contrasti con la popolazione.
    Il patto di fiducia fra i sapiens e gli altri viventi era stato rotto da millenni, ma è difficile pensare a provvedimenti più assurdi di quelli che prima portano a proteggere dall'estinzione e poi spingono proprio verso quel fine. Come se i viventi non umani non fossero individui, con il loro patrimonio personale di emozioni, sentimenti, capacità e culture. Individui come noi, nostri fratelli o cugini di cui decidiamo allegramente le sorti a nostro esclusivo piacimento. Nessuna specie al mondo si è mai comportata in questo modo.
    Finalmente la matriarca decide che è tempo di spostarsi verso una pozza d'acqua in vista: le piogge sono finalmente arrivate e presto non ci sarà bisogno di spostarsi troppo per bere. Il gruppo la segue con fiducia, grande maschio compreso, perché lei sa cosa fare e quale è il suo posto nel branco e nel mondo. Noi sapiens non ancora. —

 


 

 

11.12.24
  1. "Non siamo pacchi postali a Berlino abbiamo una vita"
    Mohammad Saeed
    BERLINO
    «Per noi siriani la caduta di Assad è come per i tedeschi la caduta del muro di Berlino, anzi è meglio. Ora finalmente posso rivedere la Siria e riabbracciare mia nonna che non vedo da dieci anni», ci racconta sorridente da dietro il bancone della pasticceria Damaskus, Wissam, ventisei anni, mentre ci allunga un dolcetto di benvenuto a base di pasta di riso e mozzarella con una spolveratina di pistacchio. Siamo nella pasticceria siriana nella Sonnenalle 93, a Berlino Neukölln. Camminare tra Hermannplatz e la Erkstrasse a Berlino è come essere due volte stranieri. Qui Berlino è più vicina ad Amman o Beirut che a Francoforte o Stoccarda. Anche gli odori sono diversi, così come le insegne dei negozi. Rosticcerie, barber shop, negozi di narghilé, gioiellerie, empori che vendono di tutto, tra cui bandiere palestinesi e kefiah: tutti hanno le insegne bilingue in carattere latino e arabo. «Assad è caduto, Al hamdulillah (grazie a Dio). Ne siamo tutti molto felici», ci dice Yassin, 45 anni, arrivato in Germania 10 anni fa, anche lui come tanti per fuggire dal reclutamento forzato nelle truppe di Bashar Al Assad. Yassin lavora in pasticceria da sei anni. «La Siria senza Assad è un Paese bellissimo, tornare mi piacerebbe, ma aspettiamo almeno sei mesi. Vogliamo capire come si mettono le cose», ci spiega. Un uomo dagli occhi azzurri e i capelli scuri, appena uscito dalla cucina, interviene da dietro il bancone, dove un'enorme teglia rotonda di dolcetti ci occhieggia sfacciata: «Noi qui ci siamo costruiti una vita, abbiamo messo in piedi un'attività che va bene. Non ci si reinventa una vita da un giorno all'altro», spiega con uno sguardo più determinato delle parole. La Konditorei Damaskus ha ormai due filiali a Berlino, una a Neukölln e una a Moabit. Si è cominciato a costruire partendo dal nulla qui a Berlino, ci spiega, ed è solo da pochi anni che stanno cominciando a raccogliere i frutti.
    Le sue parole suonano come un riferimento indiretto alla girandola di sortite di politici tedeschi di stampo conservatore, che a nemmeno 48 ore dalla caduta di Assad, hanno fatto a gara per esprimere un concetto molto spendibile in questa campagna elettorale tedesca: «Rimandiamoli a casa il prima possibile». L'ex ministro della Salute del governo Merkel, il cristiano-democratico Jens Spahn, è stato il più esplicito nel manifestare il nuovo corso anti-migranti della Cdu: «Cosa succederebbe se il governo tedesco dicesse: organizzeremo dei voli charter a chiunque voglia tornare in Siria, gli metteremo in mano mille euro per ricominciare?», così due giorni fa in una trasmissione televisiva.
    Lunedì, l'ufficio federale tedesco per la Migrazione e i rifugiati (Bamf) ha deciso di sospendere in via temporanea la decisione sulle domande d'asilo per oltre 47.279 siriani «per l'incertezza della situazione». La Germania è considerata la patria della diaspora siriana in Europa: prima della guerra civile siriana, nel 2011, vivevano in questo Paese 31.000 persone originarie della Siria, oggi sono circa un milione. «Questa pressione anti-migratoria dopo il crollo di Assad un po' me l'aspettavo, ma non così in fretta sinceramente», ci racconta Mohammad Saeed, 34 anni. Lo avevamo conosciuto nel marzo del 2014 in Bulgaria nel centro di accoglienza di Harmanli, a pochi chilometri dal confine con la Turchia, dove venivano ospitati i rifugiati siriani in cerca d'asilo in Europa. All'epoca di anni ne aveva 24, era fuggito da Damasco e sognava di diventare insegnante in Europa.
    In Germania è arrivato a fine 2014 con un gruppo di amici, ma non è riuscito a realizzare la sua aspirazione professionale. Ora è responsabile delle vendite per un'azienda di logistica. In questi dieci anni, ha sposato una tedesca e sono in attesa di un bambino. «Per questo è difficile pensare di tornare adesso in Siria. La mia vita è qui, ma certo in futuro ci potrò pensare». I politici «dovrebbero mostrare un po' di pazienza. La maggior parte dei siriani stanno lavorando e si stanno costruendo un futuro qui», aggiunge Mohammad. Alla domanda provocatoria del politico della Cdu, Yasser, siriano di Quneitera – di fronte alle alture del Golan – risponde sullo stesso tono: «Siamo persone, non siamo dei pacchi da restituire al destinatario». Anche lui una vita se l'è ricostruita in Germania. Quando lo avevamo conosciuto insieme a Mohammad nel 2014 sognava di arrivare in Germania in bicicletta. Nel Paese guidato da Angela Merkel ha ricevuto la protezione umanitaria, ha seguito i corsi tedeschi pagati dallo Stato, trovato un lavoro fisso nella ristorazione, si è sposato ed ha avuto un figlio. Perché dovrebbe lasciare tutto questo? —
  2. . Deborah Copaken La scrittrice che ha fustigato le assicurazioni: "Al pronto soccorso con Uber"
    "I pazienti sono in mano a burocrati ottusi Ero in sala operatoria e mi hanno cacciata"
    simona siri
    new york
    «Non sono sorpresa». È il commento della scrittrice Deborah Copaken alla notizia che l'assassino di Brian Thompson è un ragazzo perbene di famiglia addirittura ricca. «È la dimostrazione che per la sanità americana non conta che tu sia in grado di pagare spese altissime per l'assicurazione, sei comunque alla mercé di burocrati senza formazione medica il cui unico compito è negare cure già approvate dai medici». Copaken stessa ne è stata vittima: nel 2021 si è vista negare un'operazione all'orecchio quando era già in sala operatoria, senza contare 27.000 dollari di spese vive accumulati per tre gravidanze nel 1995, 1997 e 2006 «quando avevo quella che era considerata un'eccellente assicurazione sanitaria» specifica. «Una volta, sanguinante, sono andata al pronto soccorso in Uber pur di non chiamare l'ambulanza che mi sarebbe costata una fortuna».
    Luigi Mangione sui suoi social ha la foto di una radiografia alla schiena.
    «Pare avesse subito un intervento chirurgico e soffrisse un dolore terribile. Mia sorella, chirurgo ortopedico, ha dato un'occhiata a quella foto e ha detto che in effetti sembra che le viti siano troppo lunghe, che probabilmente ci sono stati degli errori. Lo scopriremo presto. Quello che è chiaro è che in Usa quando hai bisogno di assistenza sanitaria ti rendi conto dell'ossimoro contenuto nella parola "healthcare" che è fatta di "assistenza" e di "salute", quando invece mancano entrambe».
    C'è il rischio che il killer sia trasformato in un eroe, anzi forse lo è già.
    «Sono in gioco sentimenti complicati. Credo che nessuno abbia davvero gioito per la morte di un uomo, ma quello che si è voluto sottolineare è che le sue politiche hanno portato a migliaia di morti per mancanza di cure. Se si pensa a questo è difficile per le persone provare compassione».
    United HealthCare era famosa per negare le procedure.
    «L'assistenza sanitaria a scopo di lucro è una truffa. Non c'è davvero motivo per le assicurazioni sanitarie di esistere. Se avessimo un unico sistema sanitario contribuente, non avremmo bisogno di un'assicurazione che si intromette tra noi e i nostri medici».
    Pensa che l'uccisione di Brian Thompson possa portare a ripensare tutto il sistema?
    «Il giorno prima della sua morte un'altra assicurazione aveva annunciato una nuova linea guida per cui avrebbe coperto l'anestesia durante le operazioni solo fino ad un certo numero di ore. All'indomani dell'omicidio ha fatto marcia indietro. Avrebbero fatto lo stesso senza l'attenzione che c'è ora sul comportamento delle assicurazioni? Non credo. Sono anni che imploro una resa dei conti per le compagnie assicurative, ho scritto un intero libro su questo (Ladyparts, uscito nel 2021, ndr). Se Kamala Harris fosse presidente lo vedrei più possibile, con Trump no, anche se a votarlo sono state le vittime del sistema sanitario, che non hanno assicurazione o che si deve indebitare per pagarsi le cure. Pensi che in America un terzo di tutti i GoFundMe – la piattaforma che serve a raccogliere soldi per beneficenza – sono destinati a spese mediche». —
  3. si inizia a studiare a sette anni, gli insegnanti tutti under 50
    Vietato bocciare e l'Università a 16 anni Così in Finlandia la scuola mette il turbo
    Elisa Forte
    Dici Finlandia e pensi alla sauna, all'hockey su ghiaccio e, visto il periodo, anche a Babbo Natale. Eppure se Helsinki può assurgere a modello, forse può farlo nel sistema educativo. Lo dice l'Osce. Un dato, in particolare, dovrebbe far arrossire: un laureato italiano ha un punteggio nella "literacy" (alfabetizzazione) inferiore a quello di un diplomato finlandese (287 punti, per non parlare dei 313 dei laureati del Paese). Insomma, se il carrozzone educativo italiano stenta e sbanda, la Finlandia sembra ancora correre come su una slitta trainata da turbo renne. Ma come funziona il sistema educativo finlandese? Come si raggiungono questi risultati? Tanto per cominciare un ragazzino finlandese entrerà a scuola a sette anni e proseguirà il percorso di studi fino ai sedici anni. In Finlandia si va a scuola per 9 anni senza interruzioni, mentre in Italia il lungo viaggio scolastico inizia a 6 anni, dura 13 anni e si divide in tre fasi: primaria, medie e superiori. Qui, la scuola media è considerata "l'anello debole", si parla da anni – invano - della riforma in un unico ciclo fino ai 13/14: consentirebbe ai docenti di conoscere meglio gli allievi, le loro capacità e i loro bisogni. Gli studenti finlandesi scelgono poi tra università o formazione professionale (entrambi di soli 3 anni) a 16 anni. In Finlandia non sono previsti voti fino ai 13 anni. E non si boccia, ma, al bisogno, si sostengono e supportano i ragazzi che rischiano di rimanere indietro. Anche i compiti a casa sono una rarità. E tra una lezione e l'altra «di apprendimento gioioso» è prevista una pausa di 15 minuti. «Ai bambini della scuola dell'infanzia non si insegna né la lettura né la scrittura: anzi, la legge vieta ai maestri di insegnare ai piccoli a leggere prima dei sette anni», scrive Pinella Giuffrida nello studio "Luci e ombre del modello finlandese". E poi c'è l'ecosistema scuola: «Gli studenti trovano nella scuola tutto ciò che occorre. Palestre, sport, corsi di danza, di musica, di teatro, di cinematografia, divertimenti di diverso tipo per i ragazzi finlandesi sono a scuola», spiega Giuffrida. Ma anche qui le criticità non mancano: carichi di lavoro pesanti per gli insegnanti con un numero elevato di studenti. E l'età media del corpo docente: la metà degli insegnanti ha meno di 50 anni e il solo il 7 % ha meno di 30 anni. —
  4. alle, Pd: "Quella attuale funziona a singhiozzo". La Città della Salute: "Abbiamo fermato la gara per poter accedere ai fondi ministeriali"
    Molinette, la risonanza magnetica è del 2009 Da 4 anni si attende il nuovo apparecchio
    alessandro mondo
    Quella attuale ha 15 anni e funziona singhiozzo. Quella nuova dovrebbe essere in funzione da tre anni ma non si è vista. Prodigi della Sanità piemontese, e italiana. Non parliamo di un acceleratore nucleare ma di un tomografo a risonanza magnetica destinata ad ammodernare la Radiologia 2 delle Molinette: apparecchio sofisticato e costoso, certo, ma da tempo di uso quotidiano negli ospedali. E per questo essenziale.
    Ieri il caso è approdato in Consiglio regionale. «Non sono bastati 3 anni di carteggi con il Ministero per definire l'acquisto della nuova apparecchiatura, fondamentale per garantire un servizio di qualità ai cittadini - spiega Daniele Valle, Pd, consigliere regionale e vice-presidente della Commissione Sanità -. E dire che i soldi sono già stati stanziati da anni, più di 4 milioni».
    La Regione ha aperto la gara per la fornitura nell'agosto del 2023, procedura terminata con la graduatoria nel febbraio 2024, ma il ministero della Salute si è preso 9 mesi per comunicare di aver terminato una prima istruttoria. L'ultima comunicazione risale al 19 settembre 2024, da allora tutto tace e nessuno ha idea di quando darà il via libera per procedere. Così riepiloga Valle: «Non è concepibile che, per una apparecchiatura che salva delle vite, e con i fondi già stanziati, ci sia una burocrazia così lenta e macchinosa».
    La questione, a ben vedere, è ancora più arzigogolata. La richiesta di sostituzione data al 2018, la decisione di autorizzare l'acquisto è arrivata nel 2021. Nel 2023 la gara di cui sopra, bandita, ad agosto 2023, lo scorso febbraio l'assegnazione. Ad oggi, nove mesi dopo, silenzio. Possibile? Nel frattempo è emersa la possibilità di accedere a fondi ministeriali, risparmiando 4 milioni, tanto costa il macchinario, che altrimenti sarebbero a carico dell'azienda ospedaliera. Oggi la valutazione è ancora giacente presso il Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici in edilizia sanitaria del ministero. «Abbiamo fermato l'aggiudicazione perché la Regione ha avviato la procedura per accedere ai fondi ministeriali della legge 160 - spiega Giovanni La Valle, direttore generale Città della Salute -. Per noi vorrebbe dire poter investire quei fondu in altre attrezzature. Siamo in attesa dell'autorizzazione ministeriale».
    Il problema sono i tempi. «Poichè il Nucleo di valutazione agisce su richiesta della Direzione generale della programmazione sanitaria del ministero in autonomia e secondo priorità a livello nazionale, si attende l'acquisizione del parere positivo del suddetto Nucleo affinchè l'azienda possa procedere all'acquisto», ha risposto l'assessore alla Sanità Federico Riboldi al question time di Valle.
    Per la Città della Salute il via libera dovrebbe arrivare a breve. «Va da sè che, dal momento in cui il ministero darà l'ok, passeranno ancora mesi prima di vedere il nuovo macchinario: l'installazione è complessa e richiede varie opere accessorie», considera Valle. Nel frattempo, si tira avanti con la risonanza "vintage". —
  5. Previsti interventi in una cinquantina di stazioni invernali
    Il finanziamento complessivo erogato dalla giunta regionale sarà di 50 milioni per la riqualificazione del sistema neve piemontese. Che vuol dire 50 stazioni sciistiche, quasi 300 impianti e oltre 1300 chilometri di piste. Destinatari gli enti locali, primi fra tutti gli 80 comuni interessati da comprensori sciistici.
  6. operazione dei ros tra italia e brasile
    Sigilli all'impero dei narcos

    Sequestrati bar e negozi aperti col denaro riciclato
    Sigilli dei Ros all'impero dei narcos. I militari, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia (sotto la guida dei pm Francesco Pelosi e Livia Locci), insieme alla Polizia Federale Brasiliana, hanno eseguito all'alba di ieri un'operazione internazionale contro il narcotraffico. Sono stati effettuati 23 fermi: 5 in Italia, 18 in Brasile e uno in Spagna, svelando i legami tra tre distinti gruppi criminali. Sono stati colpiti da un provvedimento di fermo Nicola De Carne (a San Giusto Canavese) genero di Nicola Assisi (considerato uno dei principali broker calabresi del narcotraffico), Michele Agresta Giovanni Pipicella di Moncalieri, Enrico Sapone, residente nel Cuneese, e Christian Sambati di Torino. Secondo l'accusa, i cinque fermati sarebbero affiliati alle locali della 'ndrangheta di Volpiano e San Giusto. L'organizzazione, dedita al narcotraffico, sarebbe stata gestita da Nicola e Patrick Assisie da Nicola Pasquino tutti in carcere dopo il loro arresto avvenuto in Brasile.
    Per la Dda, parte dei proventi del narcotraffico internazionale sarebbe stata reinvestita in attività. Tra queste c'è il ristorante-ludoteca «4 Chiacchiere», nel centro storico di Chivasso e di proprietà di De Carne, oltre al bar «Caffè della Torre», a San Giusto Canavese, intestato a Rosalia Falletta, moglie di Nicola Assisi. Durante la perquisizione della sua casa sono stati trovati e sequestrati via oltre 15 mila euro in contanti. Altri blitz e altrettanti sequestri sono stati eseguiti nelle ultime ore anche in una carrozzeria di Torino e in un bar a Borgo San Martino (Cuneo).
    L'inchiesta ha ricostruito le attività dell'organizzazione, che avrebbe trasportato in container marittimi ingenti quantità di cocaina. «L'importanza di questa indagine risiede nella cooperazione internazionale, che per la prima volta ha visto operare una squadra investigativa comune», ha dichiarato il procuratore Giovanni Bombardieri, commentando il blitz dei carabinieri.
    «Questa indagine è importante perché ha suggellato un'alleanza, quella tra Italia e Brasile, in maniera definitiva. Sono nate squadre investigative comuni e stabili per sconfiggere i narcos» ha aggiunto. Precisando: «È una grande operazione di narcotraffico, sfociata nella finanza. Tra i reati che la Dda contesta agli indagati c'è anche il riciclaggio, ovvero il reinvestimento di notevoli importi di denaro: flussi finanziari controllati dall'associazione criminale». a. buc. - e. sol. —

 

 

10.12.24
  1. Da sconti per utilizzare lo sharing alla nuova linea diretta Porta Nuova-Susa. Avs all'attacco: "Misura in ritardo che scarica tutto sui Comuni"
    Smog, in Regione via libera al piano da 4 miliardi A Torino multate 861 automobili da settembre
    giulia ricci
    Incentivi all'utilizzo dello sharing, la black box per evitare il blocco totale degli Euro 5, pannelli solari e impianti fotovoltaici sugli edifici pubblici e interventi sul servizio ferroviario. Tra oggi e domani il Consiglio regionale approverà il nuovo Piano della qualità dell'aria da quattro miliardi, mentre a Torino dal 16 settembre sono state fermate e multate 861 auto che non hanno rispettato i semafori anti-smog. Ma Alleanza verdi e sinistra attacca: «Piano in ritardo, senza un modo per valutare l'impatto effettivo delle misure, e tutto sulle spalle dei Comun. Mancano interventi sostanziali sul trasporto pubblico».
    Sono centinaia le misure su tutta la Regione, divise in tematiche, con l'obiettivo di abbattere soprattutto l'inquinamento da Pm10 e ozono nell'aria da qua al 2030: mobilità, energia e biomasse, attività produttive, agricoltura e zootecnia. Guardando agli interventi su Torino, si va da misure già finanziate con fondi ministeriali ed europei, direttive agli enti locali, fino a sperimentazioni da "quantificare". Come quella sull'utilizzo dell'intelligenza artificiale, con semafori intelligenti (sviluppati da Google) che ottimizzano il traffico e riducono del 30% fermate e ripartenze, e quindi le emissioni; o l'utilizzo di biocarburanti nei bus, che ridurrebbe il particolato del 50%. Ci sono poi gli oltre 5 milioni di euro per incrementare i servizi ferroviari: l'obiettivo, sul nodo di Torino, è arrivare a trasportare 635 milioni di persone al chilometro ogni anno, con il completamento delle stazioni Dora e Zappata, la realizzazione della linea Orbassano-Stura (con le due fermate intermedie San Paolo e Quaglia-Le Gru), una nuova linea veloce di collegamento Porta Nuova- Porta Susa.
    Sulla mobilità, la Regione ha poi sottoscritto il protocollo di intesa Bip for Maas, che con la Città investe 400 mila euro nei progetti per la nascita di un'app (ora sperimentale) che permette di acquistare i biglietti per tutti i mezzi utili a un solo percorso con un solo click. Con oltre 4 milioni (su tutto il Piemonte), la giunta Cirio intende poi incentivare, con degli sconti, l'utilizzo di bike-scooter e automobili in sharing, mentre serviranno quasi 8 milioni per aumentare le Ztl ambientali, e nel caso di Torino acquistare più telecamere per i controlli. Controlli che, in parte, saranno finanziati dalla Regione anche perché nei Comuni siano rispettati i blocchi anti-smog. Il piano contiene anche il progetto Move in e incentivi (dal valore di 4 milioni) per l'acquisto della black box da 50 euro che permette alle auto inquinanti di avere un tot di chilometri da poter percorrere all'anno, prima di incorrere in una multa: lo strumento, caro all'assessore all'Ambiente Matteo Marnati, ha l'obiettivo di "salvare" i privati dal blocco totale degli Euro 5 che partirà il prossimo anno. Lo stop, che era scattato venerdì per il superamento delle soglie di Pm10 nell'aria, da domani non ci sarà più: torna il livello bianco. Ma dal 16 settembre, giorno dell'inizio dei semafori anti-smog, a Torino sono state fermate e sanzionate 861 automobili fuori legge.
    Il Piano dovrebbe passare oggi, al massimo domani, ma le opposizioni hanno già pronti gli emendamenti. «Tanti i punti critici. Il primo, macroscopico, è il ritardo: abbiamo già visto l'attivazione di diversi blocchi alle auto, ma il Consiglio regionale non ha ancora licenziato il provvedimento approvato dalla giunta ben tre mesi fa», è il primo attacco della capogruppo di Avs Alice Ravinale. Che poi sottolinea come non esistano «sistemi per valutare l'effettivo impatto delle misure, in un piano già superato perché l'Europa ha messo regole più stringenti». Poi, le misure rivolte ai Comuni: «Si tratta di uno scaricabarile sui sindaci, rischiando un'applicazione delle misure a macchia di leopardo e con l'unico sforzo da parte della Regione di predisporre uno schema di ordinanza tipo, senza curarsi del fatto che gli stessi sindaci spesso non hanno risorse né personale a disposizione per effettuare le previsioni e i controlli». Infine, Avs sottolinea come non ci siano «campagne informative per la popolazione», «riduzioni della velocità come in altre città europee», e poco sul trasporto pubblico, che ad oggi è utilizzato per il 7% in Piemonte e l'11% a Torino. «È un Piano vago, che non contiene misure organiche e immediatamente applicabili». —
  2. Inaugurato a Cuneo l'impianto di trigenerazione dentro la fabbrica Investimento da 50 milioni realizzato in collaborazione con Edison Next
    Una centrale green Ecco come Michelin abbatte le emissioni

    Matteo Borgetto
    Cuneo
    Oltre 50 milioni di investimento per un impianto che coprirà il 97% delle esigenze energetiche del sito di produzione degli pneumatici più grande nell'Europa occidentale, con una prospettiva di almeno quindici anni e l'abbattimento di 18.000 tonnellate di emissioni di CO2 all'anno. Se c'erano ancora dubbi sulla permanenza a Cuneo di Michelin, sono stati definitivamente fugati dalla nuova centrale di trigenerazione ad alta efficienza e flessibilità, realizzata da Edison Next (società del gruppo Edison) a servizio dello stabilimento in frazione Ronchi.
    L'innovativo impianto (potenza 23 Megawatt) è in grado di produrre contemporaneamente energia elettrica, vapore per la produzione degli pneumatici, acqua di riscaldamento e raffreddamento, ma è stato progettato anche per implementare ulteriori soluzioni, che prevedono l'utilizzo di idrogeno e biometano come combustibili green, in modo da accelerare il percorso di decarbonizzazione avviato da Michelin Italiana con l'obiettivo di una completa «neutralità carbonica» entro il 2050. Ma lo stabilimento cuneese ha anticipato i tempi: «Siamo già vicini alla riduzione del 50% di emissioni da raggiungere entro il 2030, attualmente a quota 47% - ha spiegato il direttore della Michelin Cuneo Simone Rossi -. L'impianto ci permetterà di raggiungere il traguardo con largo anticipo e di mettere nel mirino i prossimi obiettivi». E ha aggiunto: «Dopo aver festeggiato i 60 anni di attività nel 2023 e avere inaugurato l'Hub Innovazione del CIM4.0, questa nuova tappa è un'ulteriore conferma dello spirito innovativo dello stabilimento di Cuneo, che continua a recitare un ruolo di primissimo piano all'interno del gruppo e nel panorama manufatturiero italiano».
    La «cittadella fabbrica» dei Ronchi, nata nel 1963, oggi è la più importante del «Bibendum» in Europa occidentale, con 2.600 dipendenti, una capacità di produzione di 13 milioni di pneumatici all'anno (80% destinati in Europa). Quello cuneese è uno degli 8 siti della multinazionale che sviluppano nuove tecnologie, da estendere alle altre 121 realtà del gruppo di Clermont Ferrand nel mondo. «Abbiamo raggiunto un'altra importante tappa del percorso avviato con Michelin Italiana tre anni fa - così Giovanni Brianza, ceo di Edison Next -. La messa in esercizio dell'impianto di Cuneo è la dimostrazione concreta di come, lavorando in partnership, sia possibile dare vita a percorsi che rispondano agli obiettivi di sostenibilità delle singole aziende e trasformino la decarbonizzazione in uno strumento per aumentare la loro competitività sui mercati di riferimento».

 

 

09.12.24
  1. "La gente festeggia la fine dell'oppressione Ora bisogna evitare l'estremismo religioso"
    Domenico Agasso
    Città del Vaticano
    «In queste ore le persone si godono almeno la fine della dittatura degli Assad, che per decenni ha oppresso e sfruttato la Siria. Poi, bisognerà evitare che al posto del regime appena caduto prenda il potere un'ideologia estremista». Lo afferma padre Firas Lutfi, frate minore della Custodia di Terra Santa, parroco e guardiano dei Francescani a Damasco.
    Padre Lutfi, com'è la situazione?
    «Sospesa tra attesa e paura. Il governo, che ha detenuto il potere per 53 anni sotto il partito Baath, con un controllo soffocante su tutto e tutti, sembra essersi dissolto in un attimo, lasciando il Paese nelle mani di milizie jihadiste. Questo ha generato domande: perché tale crollo improvviso? Quali sono le alternative?».
    Lei che cosa pensa?
    «Ci chiediamo se i ribelli siano in grado di guidare la Siria verso un futuro migliore. Per il momento, le persone si godono almeno la fine del regime degli Assad, che per decenni ha sfruttato le risorse del Paese, impoverito la popolazione e oppresso gruppi religiosi e comunitari. La dittatura ha lasciato la Siria devastata, con centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi, un'economia al collasso con un isolamento pesante. Adesso serve tanto coraggio e intelligenza per costruire un progetto che coinvolga tutti i siriani, nessuno escluso».
    Nei giorni scorsi ad Aleppo i ribelli hanno assicurato rispetto ai vescovi. C'è stato un altro incontro?
    «Ero invitato a partecipare, ma i ribelli non si sono presentati di persona. Hanno inviato un messaggio in cui spiegano che hanno bisogno di tempo per organizzarsi. Hanno promesso di incontrare presto le autorità religiose allo scopo di rassicurare chi è preoccupato e presentare il loro programma per salvare la Siria dal baratro in cui è caduta».
    Com'è l'atmosfera per le strade di Damasco?
    «Tesa. Ieri sera la città era nel caos: si sparava ovunque e non abbiamo potuto dormire. I centri di polizia e i ministeri sono stati abbandonati. Ora è in vigore un coprifuoco, che è positivo per contenere le violenze e i saccheggi contro le proprietà private».
    Che cosa dovrebbero fare le potenze internazionali?
    «Se questi gruppi sono riusciti a rovesciare Assad, è evidente che sono stati sostenuti da forze regionali e internazionali. Ora, però, è fondamentale che la comunità internazionale continui a impegnarsi con determinazione, supervisionando il nuovo progetto politico per garantire un futuro inclusivo per tutti. Occorre evitare che un'ideologia estremista e radicale islamica prenda il posto del regime esclusivista degli Assad. La Siria ha bisogno di tornare a essere un paese accogliente dove regna la legge e non l'appartenenza etnica o religiosa». —
  2. Ruffini dalle Entrate alla politica l'uomo nuovo per il campo largo
    roma
    Si fa presto ad invocare il "nuovo Prodi". Da 16 anni, da quando il Professore ha lasciato la politica, la retorica mediatica ha tenuto in vita una suggestione che sinora nessuno ha saputo interpretare e dunque c'è da scommettere che nei prossimi giorni proprio quella etichetta sarà riproposta per un personaggio che, certo la respingerà, ma che potrebbe presto diventare un nuovo protagonista del centro-sinistra italiano: Ernesto Maria Ruffini, da cinque anni direttore dell'Agenzia delle Entrate. Delicato incarico nel quale è stato confermato da governi distantissimi tra loro: Gentiloni, Conte 2, Draghi, Meloni.
    Proprio oggi Ruffini farà il primo passo per un suo probabile ingresso in politica: parteciperà assieme al padre gesuita Francesco Occhetta, una delle più forti voci "bergogliane" in Italia e a Giuseppe Fioroni, ministro della Pubblica istruzione dell'ultimo governo Prodi, ad un convegno sull'impegno dei cristiani nella società italiana. A prima vista un incontro come tanti e tuttavia il sottotesto è un altro: da tempo Ruffini ha confidato ad alcuni amici – influenti e non – il suo desiderio di trasformare la sua passione politica in impegno in prima persona. Certo, per ora non c'è nulla di deciso e fino a quando Ruffini manterrà il suo incarico, non svolgerà contemporaneamente alcuna attività politica. Ma l'intenzione e c'è anche il retroterra politico e culturale.
    La sua passione civile, negli ultimi dieci anni, si è espressa negli incarichi in campo fiscale, ma anche in alcuni libri, segnati da un approccio cattolico-progressista. Dalle prefazioni di alcuni di questi libri arriva una prima indicazione sul personaggio: Ruffini può contare sulla stima privata delle due più importanti personalità politiche della cultura cattolico-democratica dopo la caduta del Muro di Berlino: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Romano Prodi. Il più recente libro di Ruffini, Uguali per Costituzione. Storia di un'utopia incompiuta dal 1948 ad oggi, edito da Feltrinelli, è preceduto da una prefazione del Capo dello Stato, che tra l'altro scrive: «Questo libro racconta la nostra storia, le nostre radici e ci invita a fidarci del futuro». Nel 2013 Ruffini aveva scritto L'evasione spiegata a un evasore e in questo caso la prefazione era firmata da Romano Prodi. Naturalmente Mattarella e Prodi sono e resteranno niente più che due amici e in particolare il Capo dello Stato è sempre stato rigorosissimo nella sua equidistanza da tutti gli attori politici.
    Cinquantacinque anni, palermitano di nascita, figlio di Attilio, partigiano cattolico e più volte ministro democristiano, Ernesto Ruffini è fratello di Paolo, già direttore della RaiTre di maggior successo dopo la stagione-Guglielmi e da sei anni prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Se Ruffini romperà gli indugi, si giocherà una partita dagli obiettivi ancora indefiniti: capofila di un'area laico-cattolica del campolargo rimasta senza leader? O possibile candidato premier? Da anni Ruffini può contare sulla stima discreta di ministri, manager, associazioni di base, su tante simpatie in Vaticano e su quella di vecchi amici come Dario Franceschini, Bruno Tabacci, Lucio D'Ubaldo, ma se scenderà in campo – come in privato fa capire – l'attuale capo dell'Agenzia delle entrate partirà da un background personale che è fatto essenzialmente di due risorse. Anzitutto, una cultura di governo acquisita alla guida di Equitalia e dell'Agenzia delle entrate: proprio qui, muovendosi tra ministri, evasori fiscali e grandi burocrati dello Stato, ha contribuito ad accrescere ogni anno la quota di evasione fiscale recuperata, raggiungendo nell 2023 il record di oltre 31 miliardi di euro.
    Ma se entrerà in politica, Ruffini intende far valere soprattutto altro: l'effetto-novità (una dei segreti dell'ascesa repentina di Elly Schlein), ma anche un profilo agli antipodi con l'agonismo che domina in questa stagione. Alcune settimane fa, intervenendo alla Scuola Nazionale dell'Amministrazione, Ruffini si è congedato con una chiusa irrituale: «Ognuno di voi ha le sue competenze e letto libri diversi dagli altri, ma se guardate i vostri curricula, c'è una parte importante, uguale per tutti: gli spazi bianchi tra una riga e l'altra. Spazi che rappresentano i nostri errori e fanno parte di quel che siamo. Non archiviate i vostri errori, concentrandovi solo sui successi!». Una visione molto diversa dalla cultura dei leader di stagione: quella della vittoria a tutti i costi, costi quel che costi
  3. Oggi al Cdm il decreto col divieto di pubblicare gli atti delle ordinanze di custodia cautelare
    Arriva la stretta sui giornalisti ma il governo allenta il bavaglio
    alessandro di matteo
    roma
    La nuova stretta sui giornalisti ci sarà, anche se meno soffocante di quanto Fi avrebbe voluto. In Consiglio dei ministri arriva oggi il decreto legislativo che imporrà il divieto di pubblicare gli atti delle ordinanze di custodia cautelare, la «legge bavaglio» come l'hanno ribattezzata le opposizioni, anche se pare che alla fine nel testo non saranno previste sanzioni per chi viola la norma. I giornalisti potranno dare la notizia facendo una sintesi dell'atto, ma non potranno citarlo testualmente. Il governo interviene all'ultimo minuto, perché il termine previsto dalla legge delega scade il 10 dicembre, concedendo a Fi una misura-bandiera ma limitando, almeno per ora, la portata del provvedimento. Si discuterà in un secondo momento delle eventuali sanzioni, perché Fdi su questo punto pare più prudente. Una sfumatura che non cambia la posizione delle minoranze, tutte – tranne Iv – schierate contro il nuovo divieto.
    Una fonte di governo spiega: «Il divieto ci sarà, la delega verrà esercitata. Vedremo se riguarderà solo la custodia cautelare o anche gli atti di sequestro e le altre misure "reali". Si farà il punto poco prima del Cdm o proprio durante la riunione del governo». Nelle commissioni parlamentari, infatti, la maggioranza aveva proposto di estendere il divieto anche alle altre ordinanze, prevedendo multe a giornalisti ed editori fino a 500 mila euro. Un pugno di ferro eccessivo, secondo Fdi, che preferisce appunto limitarsi ad un intervento solo sulla custodia cautelare. «Ma le sanzioni in realtà ci sono già – sottolinea anche la fonte governativa – sono previste dall'articolo 684 del codice penale».
    Formalmente è così, ma quell'articolo del codice prevede multe da 51 a 258 euro, una cifra «irrisoria – secondo un parlamentare di Fi – perché a quel punto una testata sceglie di pubblicare e pagare». Ma Enrico Costa, pure di Fi e autore della norma poi assorbita nella legge di delegazione, vede il bicchiere mezzo pieno: «Siamo alla fase finale di questo percorso, iniziato con la legge di delegazione europea che la maggioranza aveva sostenuto con convinzione. Nelle commissioni parlamentari il testo era stato apprezzato». E anche se è stato ristretto l'ambito di applicazione e sono sparite le sanzioni, per Costa «le osservazioni delle commissioni possono essere prese in considerazione subito o in un secondo tempo, non fa molta differenza. Quello che è importante è che ci sia un passo significativo nell'affermazione della presunzione di innocenza».
    Sul fatto che la sostanza non cambi, in fondo, è d'accordo anche il Pd. La stretta c'è, eccome, dice Walter Verini: «Si tratta di un ennesimo attacco all'informazione, che questo governo pratica con tenacia pericolosa. Esistono già – con le norme varate anni fa dal ministro Orlando – tutele contro le gogne mediatiche che, come ha certificato lo stesso Garante della privacy, da tempo non esistono più. Il resto è fastidio per l'indipendenza dei poteri e i controlli».
  4. Lupi
    attenti all'uomo
    Non c'è alcuna ragione di carattere economico o sociale, ma neppure (a imparare dai biologi più avveduti) di carattere naturalistico o etologico per salutare come necessario il declassamento del lupo europeo da "rigorosamente protetto" a semplicemente "protetto": si tratta di un'operazione politica in qualche modo populista,
    che strizza l'occhio agli agricoltori old-style, ai cacciatori e ai produttori di armi e che risente di un'ignoranza e di una malafede così profonde da destare un giustificato risentimento. Declassamento che apre la strada a massacri e stermini dell'animale più perseguitato del mondo, come già accaduto in altri continenti. Nel Parco nazionale di Yellowstone i lupi vennero distrutti nel XIX secolo e rimasero assenti dall'area protetta per oltre settant'anni. Vennero poi re-introdotti per porre un freno alla crescita senza limiti di wapiti e altri ungulati che aveva messo in pericolo gli stessi cervidi e compromesso gli ecosistemi endemici. Così i lupi prosperarono fino all'inizio del secolo XXI, quando il Governo Federale ridusse lo status di protezione, aprendo la strada così, di fatto, alla ripresa di un massacro che dal milione di individui presenti prima del 1930 portò a una riduzione del 90%. Cosa induce i sapiens a combattere così ferocemente il lupo fino a riportarlo in tutto il mondo sull'orlo dell'estinzione?
    Negli anni '70 del XX secolo, in Italia, restavano forse un centinaio di lupi: la grande popolazione primigenia di questo predatore era stata sterminata da secoli di cacce e riduzione di habitat. A quel punto, al Parco Nazionale d'Abruzzo, dove si contava il maggior numero di individui, il WWF lancia l'Operazione San Francesco, per salvare il lupo da un'estinzione certa cercando di favorire la coesistenza tra questo grande predatore e gli allevatori, in una delle poche operazioni di tutela su larga scala ad aver avuto successo. Tanto che oggi la popolazione del lupo in Italia conta circa 2 mila individui, distribuiti principalmente in Appennino, anche se certo il lupo non può ancora considerarsi fuori pericolo. E senza alcuna re-introduzione: semplicemente si lasciò che questa specie riprendesse a fare ciò per cui è nata, andare. Stavolta proteggendola.
    Oggi, paradossalmente, lo stato di maggior salute del lupo rischia di ritorcersi contro di lui. Dopo aver penato anni per reintrodurre il lupo sul territorio, l'UE, di fatto, apre la via all'uccisione "legalizzata" di una specie altrimenti protetta. Tutto questo perché i lupi sarebbero troppi, senza che ci siano prove documentate sull'efficacia degli abbattimenti. E se l'obiettivo è quello di arginare le predazioni degli animali allevati, l'effetto potrebbe essere addirittura opposto, aumentando i lupi vaganti spaesati a causa della scomposizione dei branchi. E certamente incrementerebbe il bracconaggio, in qualche modo giustificandolo, come se si trattasse ancora di una specie nociva (altrimenti perché diminuire lo status di protezione?). Sebbene la popolazione nazionale del lupo sia in ripresa, non esistono ancora dati scientificamente robusti sul raggiungimento di una condizione certamente favorevole sul lungo periodo. E la possibilità di uccidere una specie protetta con un così alto valore simbolico è un pessimo segnale, anche da un punto di vista culturale. «Uccidere un lupo è come uccidere un fratello», ha dichiarato nel 2012 il capo della tribù degli Ojibwe, nel Wisconsin, quando fu declassata la tutela federale e riaperta la caccia.
    Come abbiamo ripetuto alla nausea, le alternative non mancano, a partire dalla prevenzione: per esempio, la sorveglianza del pascolo, la presenza di buoni cani da guardiania di razza pastore abruzzese-maremmano, le recinzioni fisse e mobili elettrificate che fungono da deterrente senza intaccare la popolazione dei lupi. Metodi accessibili anche grazie ai fondi europei. Nella stragrande maggioranza dei casi la combinazione di questi strumenti riduce notevolmente il rischio. Se vogliamo abbassare la questione al rango economico.
    Ma da un punto di vista culturale è, purtroppo, sempre lo stesso abisso che inghiotte i sapiens: quando parliamo di lupo non parliamo di un essere vivente, ma, di fatto, della proiezione delle nostre paure. «Quando entrano nella nostra mente i lupi diventano una metafora del selvaggio e del non civilizzato, come una banda criminale che vive fuori dalle norme e dalle convenzioni», scrive il biologo Carl Safina. Perciò reagiamo come se fossimo stati assaltati da una banda di ladri o entrassimo in conflitto con un'altra tribù, attrezzando una specie di disprezzo perché anche loro si permettono di andare a caccia. E il lupo è sempre cattivo e bisogna stare attenti.
    L'odio verso i lupi rassomiglia terribilmente a un odio razziale, si articola in dinamiche simili e si presta alla strumentalizzazione politica: chi li difende è progressista, chi li vuole morti è di destra. Ma morti non basta: in realtà li si vuole massacrati, come dimostrano gli inquietanti episodi di impiccagioni e scuoiamento di lupi (soprattutto in Toscana). Si arriva ad avvelenare le carcasse delle loro prede, per decimarli anche quando non cacciano il bestiame dei sapiens. Esattamente come nel Medioevo, quando erano perseguitati e bruciati vivi appesi a un palo insieme con le streghe e gli eretici, portando anche la colpa di indurre in tentazione e spingere verso il male: una vendetta che raramente è stata applicata ad altri animali (e che qualcuno sospetta animare la stessa Ursula Von der Leyen, per via del suo pony Dolly apparentemente ucciso da un lupo nel 2022).
    L'esperienza di ripopolamento del Parco di Yellowstone, mutatis mutandis, ha dimostrato che la presenza del lupo, attraverso azioni a cascata, ha effetti positivi anche sulla vegetazione e addirittura sulla stabilità delle sponde fluviali, limitando perfino il dissesto idrogeologico. Siccome in una terra senza predatori non c'è pace prima di tutto per le prede, i wapiti nordamericani e gli altri ungulati, quando i lupi furono sterminati, brucavano così intensivamente da rivoluzionare la vita di tutti, fino a minacciare i castori e altri animali, dunque la presenza di laghetti, dunque la vita dei pesci, dunque la stabilità idrogeologica dei territori. Il ritorno dei lupi ha liberato le piante all'appetito pantagruelico dei wapiti, riducendone il numero naturalmente. Così ripresero a prosperare pesci, anfibi e uccelli e si arrivò all'attuale ripristino dell'ecosistema. Che sarebbe indispensabile nel nostro Paese, sovraffollato di cervi, daini e cinghiali che provocano una serie di danni a cascata proprio perché privi di predatori. Ridurre i lupi non è una buona idea, ma per comprenderlo bisognerebbe affidarsi alla cultura biologica e naturalistica, abdicando al trono di specie eletta sul quale i sapiens si sono issati senza avere né i titoli né i meriti. —
  5. e motivazioni dell'assoluzione
    "È asservito al boss" Ma la riforma Nordio grazia il vigile urbano

    giuseppe legato
    Per la Corte d'Appello di Torino, che lo spiega in 72 pagine di motivazioni contro la ‘ndrangheta imprenditrice nell'operazione Platinum della Dia, il vigile urbano di Volpiano Paolo Busso «ha dimostrato di essere completamente asservito a un personaggio come Giuseppe Vazzana (condannato per mafia nello stesso procedimento) la cui caratura delinquenziale non poteva essergli sfuggita». Il boss «non aveva alcuna remora ad abusare della sua pubblica funzione, lo trattava con sprezzo e palesando superiorità tanto da imporgli anche i tempi molto solleciti con cui rispondere a una richiesta illegittima». Busso però è stato assolto (era stato condannato in primo grado) perché «il fatto non è più previsto come reato dalla legge». È l'effetto della riforma Nordio che ha abrogato l'abuso d'ufficio. Queste storia è paradigmatica degli effetti della riforma. Perché Busso era imputato nell'ordine di essersi prodigato più volte per evitare che Vazzana pagasse le multe per infrazioni al codice della strada. La prima è del 30 luglio 2015 quando a bordo di una Smart Four Four, Giuseppe Vazzana viene fermato e sanzionato: l'automobile aveva la revisione scaduta. L'amico Busso «ometteva di attivare la procedura di riscossione dell'importo dovuto da 169 a 680 euro) - si legge agli atti - tanto che la multa non verrà mai incassata». Stesso copione il 25 gennaio 2017: Vazzana è a bordo di una Jaguar. E anche in questo caso la revisione è scaduta da tempo. L'agente Busso ometteva di avviare la procedura di riscossione. Ancora: Il 15 novembre 2017 Vazzana è a bordo di una Punto e transitando a Volpiano all'incrocio tra corso Kant e via Venezia "bruciava" un semaforo rosso. Stavolta Busso «procedeva all'accertamento della violazione irrogando la sanzione poi effettivamente riscossa omettendo però di procedere alla decurtazione di 6 punti dalla patente». Infine, il 5 luglio 2018, Vazzana a bordo di una Bmw X3 parcheggiava in zona con sosta a pagamento senza esporre alcun tagliando: l'agente Busso ometteva di procedere alla notifica della sanzione da 41 euro: archiviata anche questa.

 

 

 

 

 

 

08.12.24
  1. È SALTATO IL BENKO! - LA RESISTIBILE ASCESA E IL CLAMOROSO DECLINO DEL MILIARDARIO AUSTRIACO RENÉ BENKO, FINITO IN MANETTE PERCHÉ COINVOLTO IN UN'INDAGINE DELLA PROCURA DI TRENTO CHE RIGUARDA PRESUNTI REATI LEGATI ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - IL 47ENNE, DAL PATRIMONIO STIMATO DI 27 MILIARDI, È IL FONDATORE DELLA SOCIETÀ "SIGNA", FALLITA NEL 2023 SCHIACCIATA DA 14 MILIARDI DI DEBITI (TRA LE BANCHE PERSERO DENARO ANCHE UNICREDIT, 600 MILIONI) - DOPO LA BANCAROTTA, BENKO MISE IN VENDITA IL SUO YACHT DA 64 METRI, E IL 50% DEL CHRYSLER BUILDING, CHE POSSEDEVA PER IL 50%
    Estratto dell'articolo di Giorgio Filippo Pirani per il "Corriere della Sera"
    Un'ondata ha scosso il Trentino-Alto Adige in questi giorni, con 8 persone agli arresti domiciliari e oltre 70 indagate. Inoltre, la procura distrettuale di Trento ha emesso un mandato d’arresto per l'imprenditore immobiliare austriaco René Benko, 47 anni, fondatore dell'impero Signa Holding GmbH, fino a un anno fa il più grande conglomerato immobiliare privato dell'Austria con un patrimonio di 27 miliardi, prima di dichiarare lo stato di insolvenza al Tribunale commerciale di Vienna.

    Il fallimento del gruppo Signa avvenne nel novembre 2023, schiacciata da 14 miliardi di debiti; la cifra però potrebbe essere anche più alta, ma l’azienda, organizzata in scatole, holding e trust, rende ancora oggi difficile stimare la sua esposizione debitoria. Un fallimento che ebbe un impatto finanziario non indifferente; oltre 120 banche, infatti, avevano prestato denaro a Benko, rassicurate dalla garanzia dei suoi immobili di lusso, valutati nell'insieme circa 23 miliardi.

    Tra queste c’era l’italiana UniCredit, esposta per 600 milioni di euro, ma anche istituti europei che si erano esposti come Julius Baer, è Raiffeisen. Le altre banche italiane che avevano finanziato il gruppo Signa provenivano dall'Alto Adige: Raiffeisenkasse Bolzano, Raiffeisen Landesbank Alto Adige, Cassa di Risparmio Alto Adige e Volksbank Alto Adige). Per rimborsare i creditori, la Signa Development Selection AG, la minore delle unità principali del gruppo immobiliare, offri ai creditori un rimborso del 30% della loro esposizione, che venne accettato dalla maggioranza di questi.
    Seppur esposta per 600 milioni, la banca di Andrea Orcel non lo era però a livello societario; inoltre, l'esposizione al corporate real estate di UniCredit, rispetto al totale dei suoi prestiti, sarebbe in linea o inferiore rispetto al mercato in Italia, Germania e Austria. Per quanto riguarda Volksbank, l'esposizione verso il Gruppo Signa era legata al progetto Waltherpark di Bolzano..

    Come fare per rientrare dai 14 miliardi di debiti? Subito dopo il fallimento, Benko si dimise dal consiglio e mise in vendita il suo yacht da 64 metri, il panfilo Roma, per 40 milioni. Sul mercato finì anche il prestigioso Chrysler Building, uno dei grattacieli più iconici di Manhattan, con Signa che possedeva il 50% delle quote dell’edificio. [...]
  2. l retroscena
    Perquisizioni e veleni A Bucarest s'indaga sul ruolo del Cremlino

    monica perosino
    Quello che sta succedendo in Romania è un caso esemplare in cui si intersecano azioni di guerra ibrida, manipolazione, propaganda, corruzione e un fiume di denaro che ha inondato il Paese per deciderne il futuro. Ma è allo stesso tempo il tentativo - rischioso e dall'esito incerto - di impedire che uno Stato straniero, in questo caso la Russia, si intrometta nelle questioni interne romene.
    Venerdì con una mossa senza precedenti la Corte costituzionale romena, confermando i pesanti sospetti di ingerenze russe nel processo elettorale a favore del candidato di estrema destra C?lin Georgescu, ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali, proprio alla vigilia del ballottaggio con la rivale Elena Lasconi programmato per oggi. Una decisione clamorosa e inaspettata che, di fatto, ha cancellato tutto quanto accaduto fino ad ora. Inclusi i 33 mila voti degli elettori della diaspora e mesi di campagna elettorale.
    Ma a poche ore dalla decisione della Consulta, arrivata dopo la declassificazione di informazioni di intelligence secondo cui la Russia ha condotto una vasta campagna per promuovere il candidato filo-Putin, anti Ue e anti-Nato C?lin Georgescu, la Romania si spacca tra chi tira un sospiro di sollievo e chi invece sostiene che la decisione della Corte sia arbitraria e antidemocratica. Il segno che, questo round, l'ha comunque vinto Mosca. Almeno per ora.
    La rabbia viene espressa con le esatte parole usate dalla propaganda russa: «È un complotto marxista orchestrato da Soros. L'Ue deve rispettare il risultato del voto anche quando non piace ai burocrati di Bruxelles», dice Dumitru Ciobanu, autista di autobus e attivista politico di "Make Romania great again". Sostenitore di Georgescu, ammiratore di Putin (come lui), si definisce patriota e contrario ai «diktat dell'Europa e alla Nato». Poco importa se il suo voto, e le sue scelte, siano stati manipolati in modo massiccio, illegale, e attraverso azioni surrettizie di un Paese straniero: «Se il voto è regolare bisogna rispettare la volontà del popolo».
    In Romania, questa elezione è stata vista come una battaglia tra Est e Ovest. Nel Paese il ricordo della brutale dittatura comunista è ancora vivido, e la scelta, per molti elettori, è stata vista come «esistenziale».
    Il caso Romania è emblematico, proprio perché pone una domanda: è regolare un voto distorto da una campagna segreta, estesa e violentissima da parte di un Paese altro, volta a manipolare l'opinione pubblica? La risposta delle istituzioni è chiara: non lo è.
    Ieri mattina la polizia ha fatto irruzione in tre case a Brasov, Romania centrale, nell'ambito delle indagini e «in relazione ai reati di corruzione degli elettori, riciclaggio di denaro, falsificazione di dati informatici», come si legge in una nota della procura. Nel mirino ci sarebbe una persona coinvolta nel «finanziamento illecito della campagna elettorale» di Georgescu. Si indaga anche sulla violazione della legge sul divieto di organizzazioni e simboli di natura fascista, razzista o xenofoba. L'uomo, la cui identità non è ancora stata rivelata, sarebbe il misterioso finanziatore occulto del candidato di ultradestra che tanto piace al Cremlino.
    Fino a un mese fa, Georgescu era praticamente sconosciuto nel suo Paese, non aveva alcun sostegno partitico e aveva un basso profilo nei media tradizionali. Ma tutto è cambiato nelle ultime due settimane prima del primo turno delle elezioni presidenziali del 24 novembre. Circa 25 mila account TikTok pro-Georgescu sono entrati improvvisamente in azione, in un'offensiva di promozione elettorale che secondo le stime dell'intelligence sarebbe costata almeno un milione di euro "russi". Avrebbero spinto il candidato di ultradestra dall'1% al 23% di sostenitori. Attualmente sono tre le inchieste aperte da Bucarest: una sugli attacchi informatici alle infrastrutture elettorali, una su corruzione degli elettori e frode del sistema informatico, l'ultima su riciclaggio di denaro della campagna elettorale. Il rischio ora è che una parte di elettori possa perdere fiducia nel sistema politico del Paese, mentre Georgescu, che ha parlato apertamente di «colpo di Stato», ha invitato gli elettori a recarsi ugualmente alle urne oggi, data in cui sarebbe dovuto tenere il ballottaggio.
    Anche se non è ancora chiaro come andrà a finire, il caso Romania, dopo Moldavia e Georgia, getta altra luce sull'escalation che Mosca ha impresso alla sua guerra ibrida contro l'Europa nell'ultimo anno, con la precisa intenzione di destabilizzare e influenzare l'Occidente a suo favore.
  3. Artyom, ucciso a 19 anni dal suo tenente Il pugno di Mosca su chi rifiuta il fronte
    «Azzeramento». Si chiama così, «obnulenie» nel gergo dell'esercito russo, l'uccisione di un soldato da parte di un superiore. Artyom Antonov è stato ridotto a zero il 21 ottobre, durante una esercitazione al poligono Ilyinsky della 60sima brigata di fucilieri motorizzati, nell'Estremo Oriente, ufficialmente per «violazione delle regole dell'utilizzo delle armi» da parte di un tenente.
    Quando la sua famiglia nel villaggio di Verkhny Uslon, nel Tatarstan, ha aperto la bara nella quale il corpo del 19enne Artyom aveva viaggiato per più di ottomila chilometri, ha visto non soltanto il foro della pallottola in fronte, ma anche segni di mostruosi lividi sulle braccia e sulle spalle. I suoi compagni di caserma dicono che era stato picchiato, minacciato con le armi, lasciato senza cure mediche e costretto a turni di guardia per otto giorni di fila: tutte pressioni per essersi rifiutato di firmare il contratto per arruolarsi a combattere in Ucraina. «Siamo tutti convinti che sia stato giustiziato per il suo rifiuto», ha detto una parente del ragazzo al sito Vazhnye Istorii.
    Artyom aveva ricevuto la chiamata per la leva soltanto quattro mesi prima, contava di tornare dopo un anno in caserma dalla sua fidanzata e di provare a trasferirsi a Mosca per dedicarsi alla sua grande passione, la fotografia. Era un ragazzo tranquillo, di famiglia povera, costretto fin da adolescente a lavorare per guadagnarsi da vivere. La zia dice che «non si metteva mai contro gli adulti», ma i suoi compagni di leva raccontano invece una storia di resistenza tenace ai superiori che volevano spedirlo in guerra. Formalmente, i soldati di leva non rischiano l'invio al fronte, riservato ai «volontari» ben remunerati, ma nella realtà i russi disposti a farsi uccidere, anche in cambio di denaro, non bastano più, e le reclute di 18-19 anni vengono persuase o costrette a firmare il contratto. Chi non accetta e resiste a minacce, percosse e torture, rischia l'«azzeramento».
    Punizione che viene applicata anche a chi in guerra si è già arruolato. Perfino i canali Telegram dei propagandisti del regime, per non parlare delle denunce di attivisti anti-guerra, sono pieni di testimonianze di «azzeramenti». Una delle più clamorose è stata quella di Vitaly Degtyarenko, fuggito dal 19simo reggimento corazzato dopo aver assistito a fucilazioni di soldati che si rifiutavano di andare in prima linea. Il colonnello Evgeny Ladnov, nome in codice «Pioniere», sparava personalmente alle gambe dei militari che non volevano marciare sulle linee ucraine, e rispediva in trincea i feriti, oppure ordinava di mitragliarli. Ladnov è stato ucciso due settimane fa in Donbas e le autorità hanno dovuto chiudere i commenti sotto il suo necrologio, con decine di parenti dei soldati che lo insultavano come «assassino». Stessa sorte è toccata al comandante di brigata Pavel Klimenko, noto ai suoi sottoposti della 5° brigata di fucilieri di stanza a Donetsk come l'uomo che torturava i soldati nella prigione improvvisata in una ex miniera. Decine sono le denunce inviate a Mosca, con tanto di video, delle mogli e madri dei militari del reparto 09332, dove i soldati vengono dichiarati «scomparsi» se non pagano il pizzo - per un congedo, per una medaglia, per non venire inviati in prima linea - ai comandanti. I riottosi che non vengono «azzerati» per mano dei comandanti sono spediti all'attacco in «assalti da macello», attacchi praticamente suicidi che il comando russo pratica quotidianamente nel Donbas, come denunciano anche i commentatori con la Z del sostegno alla guerra nel simbolo: la blogger Anastasia Kashevarova scrive che la durata media della vita di un arruolato al fronte è di 17 giorni.
    Denunce che però finora non hanno cambiato nulla. Degtyarenko è stato ricatturato dalla polizia militare e rispedito al fronte ucraino, in attesa di un probabile «azzeramento». Klimenko è stato decorato da Putin come «eroe della Russia». Il tenente 22enne che ha sparato «casualmente» ad Artyom Antonov è stato sospeso. Lo stesso Artyom è stato raccontato nei necrologi ufficiali come un giovane che ha «scelto di dare la sua vita per la patria». I suoi compagni conoscono la verità sulla sua morte, ma come dice sua zia, «stanno zitti, sono ancora nell'esercito, hanno paura di parlare, loro che sono ancora vivi».

 

07.12.24
  1. Deborah Compagnoni
    "Sulla pista di Matilde troppi rischi oggi stiamo andando oltre i limiti"
    "
    Rischi inutili
    Le piste da sci
    Giovani
    Daniela Cotto
    Torino
    «Il mondo dello sci deve riflettere. Troppa esasperazione, troppi incidenti, diamo un'immagine falsata». Deborah Compagnoni riflette a voce alta dopo la morte sul ghiacciaio della Val Senales di Matilde Lorenzi, 19 anni, promessa della velocità azzurra. Ospite ieri al convegno sul sistema dei controlli nelle società di montagna organizzato a Cervinia, Nostra Signora della neve, tre ori olimpici in tre edizioni differenti, unica italiana ad avere una bacheca così prestigiosa, manda un segnale. Da icona, mamma e donna di alte vette, dove ha vissuto un'infanzia felice e spensierata con i fratelli, anche dando la caccia alle vipere, come racconta nel libro "Una ragazza di montagna" (Rizzoli), chiede al circo bianco di fermarsi e pensare. Lei, così connessa con se stessa e con la natura, sportiva di altissimo livello, professionalità che le viene riconosciuta in molti settori che la corteggiano per le consulenze (dalla moda, ai convegni a quelle delle attrezzature sportive) si espone pur con i suoi toni sempre equilibrati, per uno sport più sicuro.
    Deborah, gli ex azzurri Paolo De Chiesa e Piero Gros hanno sollevato il caso della mancanza di sicurezza della pista della Val Senales, dove è morta la giovane torinese. È d'accordo con loro?
    «Sì. Ho letto. L'osservazione giusta è quella sui tracciati. Ci sono tanti atleti in un rettangolo di neve. Rischiano tutti ma sicuramente di più quelli che scendono sul bordo. Mi spiego. Se cadi fuoripista puoi anche trovare delle rocce oppure un ostacolo».
    Come è successo a Matilde?
    «Purtroppo la povera Matilde ha fatto un errore. Ma non è che per un errore devi rischiare la vita. Se quel tracciato fosse stato in mezzo alla pista con meno tracciati, lei sarebbe caduta in un punto diciamo "normale". Quando sciavo io non eravamo così costretti in un fazzoletto di neve. C'era spazio e avevamo linee di fuga. Insomma, era tutto più razionale. Invece oggi c'è troppa esasperazione».
    Lancia un allarme?
    «Piuttosto una riflessione seria e profonda che riguarda anche le società degli impianti. Hanno costi troppi alti e, pur di lavorare, ospitano squadre italiane, straniere, sci club con ragazzini di ogni età. E questo può creare danni. Penso che ci siano tante cose da rivedere. Ormai si sta andando oltre il limite».
    Il concetto che spiega nel suo libro.
    «I bambini devono essere liberi di giocare. L'infanzia è fondamentale. Perché c'è qualcosa che ti resta dentro per sempre. L'affetto dei genitori e crescere senza stress è fondamentale. Oggi purtroppo i piccoli crescono con l'idea di essere ambiziosi, di dover essere bravi. Ci sono troppe aspettative e poco equilibrio. Lo sport di conseguenza diventa estremo».
    A proposito. In Coppa del mondo sono aumentati gli atleti infortunati. L'ultima della lista è Mikaela Shiffrin che, nonostante la caduta, è stata salvata dalle reti. Che ne pensa?
    «Ormai la stagione parte con molte defezioni. Questo accede a causa della preparazione della pista, con neve troppo aggressiva, con il ghiaccio. Ci dovrebbe essere una via di mezzo».
    Come vede il rientro di Lindsey Vonn, al cancelletto di partenza a 40 anni?
    «Si è sempre allenata. Ma è stata fuori sei anni, tanti per la Coppa del mondo. Lei però ha il fisico e materiali su misura per lei. Attendiamo tutti la sua prima gara».
    Un commento sulle italiane?
    «Federica Brignone ha vinto la prima gara e nella seconda stava andando molto bene. Lei c'è sempre, è una delle punte della Nazionale. Ora arriva il superG, la sua specialità. So che Sofia Goggia è in forma, ha superato bene l'infortunio e spero che Bassino si ritrovi. Poi ci sono le giovani: ho visto bene la Collomb in slalom e in gigante, ha margini di miglioramento. Ci stupirà anche Beatrice Sola. —
  2. Un mercato da oltre 50 miliardi che consente di frenare i dazi
    l1In cosa consiste l'intesa tra l'Ue e i Paesi del Mercosur?
    L'accordo siglato ieri tra la Commissione e i Paesi dell'area (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) sancisce una partnership politica, ma soprattutto economico-commerciale che porterà alla nascita di una delle aree di libero scambio più vaste al mondo - con un mercato di circa 700 milioni di cittadini - attraverso la riduzione o l'azzeramento di dazi per una lunga serie di beni e servizi, oltre che la rimozione di barriere agli investimenti.
    l2Quali sono i vantaggi per l'Europa?
    Ogni anno, l'Ue esporta in quell'area – che rappresenta un mercato di 273 milioni di persone – circa 56 miliardi di euro di beni (l'import di beni vale invece 53,7 miliardi), oltre a 28 miliardi in servizi (l'import ne vale 12,3). A oggi sono in vigore dazi molto alti, per esempio per l'export di molti prodotti nei settore dell'automotive, tessile, cioccolato, alcolici e vino. Sono circa 60 mila le imprese europee che esportano nell'area del Mercosur, tra cui 30 mila piccole e medie imprese. Secondo la Commissione, il taglio dei dazi sui prodotti esportati porterà a un risparmio di 4 miliardi di euro e le procedure doganali saranno più semplici. L'intesa prevede inoltre di garantire alle imprese Ue un accesso paritario agli appalti nei Paesi del Mercosur e garantirà all'Europa una corsia preferenziale per l'approvvigionamento di materie prime critiche.
    l3Che impatto avrà sull'economia italiana?
    L'Italia ha un surplus commerciale con il Mercosur di 1,2 miliardi: l'export vale 7,2 miliardi di euro, l'import 6 miliardi. Sono circa ottomila le imprese italiane che oggi esportano nell'area per un totale di circa un milione di posti di lavoro.
    l4E allora perché molti settori contestano l'accordo?
    Perché ovviamente anche i Paesi del Mercosur potranno vendere più facilmente e con meno dazi i loro prodotti in Europa. I settori più in allarme sono quelli dell'agroalimentare che temono un'invasione di prodotti sudamericani a basso costo e con standard inferiori.
    l5Quali misure sono state introdotte per tutelare i produttori europei nel settore agroalimentare?
    Sono state stabilite quote per determinati prodotti, tra cui carne, zucchero e miele, oltre a misure di salvaguardia da far scattare in caso di distorsioni del mercato. Qualche esempio. Per quanto riguarda la carne bovina che entrerà nel mercato Ue, ci sarà un tetto massimo di 99 mila tonnellate (con dazio al 7,5%). Per il pollame la quota a dazio zero sarà di 180 mila tonnellate (pari all'1,4% del consumo Ue, mentre l'Ue esporta 2,2 milioni di tonnellate). Per il riso, la quota annua a dazio zero sarà di 60 mila tonnellate (oggi l'import medio dal Mercosur è di 100 mila tonnellate). L'accordo prevede inoltre il riconoscimento di 350 indicazione geografiche protette: non saranno ammesse, per fare un esempio, le imitazioni di prodotti come il Parmigiano, il Prosecco o il Prosciutto di Parma.
    l6È vero che i prodotti importati dovranno sottostare a standard meno rigidi?
    Secondo la Commissione, tutti gli alimenti importati dovranno rispettare gli standard sanitari e fitosanitari stabiliti dall'Ue e ci sarà un "solido sistema di controlli". Bruxelles rivendica inoltre di aver inserito una clausola che obbligherà i Paesi del Mercosur a rispettare gli accordi di Parigi sul Clima, pena la sospensione dell'intesa, e li impegnerà ad adottare misure per fermare la deforestazione a partire dal 2030. MA. BRE. —
  3. Famiglie senza nidi
    giulia ricci
    Oggi, in Piemonte, poco più di tre bambini su 10 trovano un posto negli asili nido pubblici. E la retta media di una struttura privata, per chi lascia il proprio figlio a tempo pieno, è di 620 euro al mese.
    Giovedì la Regione ha presentato il piano "Vesta", 34 milioni di euro divisi in tre anni da destinare alle famiglie con un Isee inferiore ai 35-40 mila euro attraverso voucher da mille euro ciascuno. Le spese che saranno "rimborsate" dal prossimo anno riguardano appunto le rette delle scuole per i bimbi 0-6 anni, i corsi di danza o psicomotricità, il baby-sitting. Ma, dopo la polemica del «logo neofascista» (l'Inno di Vesta era quello della Gioventù italiana del Littorio), il Pd torna sul tema parlando di politiche di Welfare: «Ai cittadini – attaccano il segretario piemontese Domenico Rossi e la capogruppo Gianna Pentenero – non servono le mance da accaparrarsi con il click-day, nella solita guerra scatenata tra chi è in difficoltà, ma i diritti sanciti nella Costituzione. Quelli che la destra sta devastando a tutti i livelli. Invece dell'ennesimo bonus si investa su asili nido, scuola, sanità e uguaglianza di genere. Solo queste misure daranno una mano alla natalità: il resto è propaganda. La giunta può azzerare la retta dei nidi per le famiglie meno abbienti se vuole davvero fare qualcosa di concreto. Altre regioni lo hanno fatto».
    In Lombardia chi ha un Isee inferiore ai 20 mila euro non paga l'iscrizione dei piccoli nel pubblico, in Toscana lo sconto arriva fino a 528 euro al mese. Tutto al netto del bonus nazionale, grazie al quale anche a Torino le famiglie in difficoltà pagano una quota di 55 euro per il tempo pieno. La giunta Cirio, invece, ha investito 1 milione per prolungare gli orari in 68 comuni.
    Ma il problema è il numero di posti risicato, che costringe i genitori piemontesi a mandare i propri figli nel privato: secondo i dati di OpenPolis, la nostra Regione rimane al dodicesimo posto su 20, con il 32,7% di posti per la fascia 0-2 anni ogni cento abitanti. Se nel Consiglio europeo di Barcellona, nel 2002, l'Unione aveva imposto la soglia del 33%, dopo il Covid l'ha ristabilita al 45%. Ad abbassare la media piemontese sono il Vco, Alessandria, Asti e Cuneo (sotto il 29%), mentre Torino arriva al 38%: «Per questo non abbiamo potuto accedere ai fondi Pnrr per aumentare i posti – spiega l'assessora all'Istruzione Carlotta Salerno –, ma siamo stati ripescati per la costruzione di due nuovi poli in via Pietro Giuria e via Verolengo. Stiamo lavorando, anche con Compagnia di San Paolo, a servizi integrati: le ludoteche che diventeranno poli pluriarticolati e offriranno un servizio di baby parking di livello anche ad alta intensità». In città i posti totali sono 15.592, di cui 7.497 nel nido pubblico e 2.561 nel privato; in Piemonte su 27.124, 11.606 sono statali e 3.351 di privati.
    Non va meglio sui pediatri: il vecchio accordo collettivo nazionale prevedeva che ogni pediatra non potesse avere più di 800 piccoli pazienti; in Piemonte l'86, 7% dei medici supera questo numero e ha, in media, 1. 281 piccoli in carico. Nel 2023 i bambini con meno di due anni erano 78.887, contro i 112.695 del 2012. Così in una sorta di circolo vizioso, la mancanza di welfare (unito ad altri svariati fattori, dal costo degli affitti alla disoccupazione) non fa che diminuire la volontà di fare figli; ma la mancanza di bambini nella fascia 0-2 anni è anche il motivo per cui la nostra Regione ha ricevuto una quota inferiore di soldi europei (meno di due mila euro ad abitante) rispetto ad altri territori del Paese (l'Abruzzo e il Molise ne hanno ricevuti, rispettivamente, 6 e 10 mila) utili proprio ad aumentare quei servizi di welfare oggi mancanti. —
  4. sonoi vertici della "Milano Rottami" di Salassa
    Cinque a giudizio per traffico illecito di materiali ferrosi
    Acquistavano e rivendevano grandi quantitativi di materiale ferroso di dubbia provenienza, violando la normativa sullo smaltimento di rifiuti pericolosi. Tonnellate di rifiuti venivano contabilizzate in maniera falsa per mascherarne l'effettiva origine, con l'obiettivo di aggirare la normativa ambientale e ottenere enormi guadagni. I rottami metallici, che avrebbero dovuto essere sottoposti a costosi e regolamentati trattamenti di recupero, venivano invece immessi sul mercato senza le necessarie certificazioni.
    La pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, Laura Ruffino, ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro imprenditori canavesani e un brianzolo. Tra gli indagati figurano i vertici della Milano Rottami srl di Salassa: il presidente del Cda Giuseppe Milano, l'amministratore Alessandro Milano e la dipendente amministrativa Francesca Milano, oltre a Marina Crua, responsabile della contabilità e della redazione dei formulari per la raccolta e la verifica del materiale ferroso. Chiesto il rinvio a giudizio anche per Roberto Roncalli, socio unico della Metal Scrap srl di Triuggio (Monza Brianza).
    Secondo l'accusa avrebbero aggirato le normative fiscali e ambientali attraverso un vasto traffico illecito di rifiuti e la falsificazione di documenti contabili. L'inchiesta aveva inizialmente coinvolto 51 persone, indagate a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata all'evasione fiscale, al traffico illecito di rifiuti e all'occultamento o distruzione di documentazione contabile.
    L'indagine, condotta dalla Guardia di Finanza di Lanzo, ha coinvolto più aziende dell'Alto Canavese, l'area industriale del Canavese definita "la Piccola Ruhr" per il ruolo cruciale nell'economia locale. I militari hanno scoperto che la Milano Rottami srl - in liquidazione - avrebbe acquistato e venduto oltre 54 mila tonnellate di materiale ferroso "in nero" per un controvalore complessivo di circa 10 milioni di euro. Di questa cifra, più della metà delle transazioni era stata regolata in contanti, in violazione delle norme sulla circolazione valutaria. L'indagine è in corso per valutare le posizioni degli altri soggetti. a. buc
  5.  6 dic 2024 18:30

    QUAL E' IL PUNTO IN CUI LA RICCHEZZA DIVENTA IMMORALE? - NEL MONDO CI SONO 2.682 MILIARDARI CHE HANNO ACCUMULATO UNA RICCHEZZA PARI A 14 MILA MILIARDI DI DOLLARI, PARI A SETTE VOLTE IL PRODOTTO INTERNO LORDO ITALIANO – IN ITALIA 62 SUPER PAPERONI SI GODONO 200 MILIARDI DI DOLLARI - SI TRATTA DEI SOLITI NOTI: DA GIOVANNI FERRERO AGLI EREDI DI LEONARDO DEL VECCHIO - ECCO I MILIARDARI NOSTRANI…




    Estratto dell’articolo di F. Ber. per il “Corriere della Sera”


    Sette volte il prodotto interno lordo italiano. A tanto ammonta la ricchezza accumulata dai 2.682 miliardari, secondo Ubs, la banca svizzera di fiducia per molti Paperoni. Il loro patrimonio si attesta a 14 mila miliardi di dollari ed è più che raddoppiato negli ultimi 10 anni, a un tasso del 121% superiore rispetto al rialzo messo a segno dall’indice azionario globale (+73%). La crescita non è dovuta tanto all’aumento del numero assoluto dei miliardari quanto all’incremento delle loro fortune individuali.
    La polarizzazione è evidente persino all’interno del ristretto club dei Paperoni: la quota di ricchezza della top 100 sul totale è passata 32,4% del 2015 al 35% del 2024. La ragione di questa concentrazione è da ricercare soprattutto nell’ascesa degli imprenditori tecnologici che grazie al boom di social, cloud e intelligenza artificiale hanno rapidamente scalato la classifica dei magnati.



    A livello globale, infatti, il 60% dei miliardari è self-made, deve cioè le sue fortune al successo delle aziende che ha fondato. Questo vale soprattutto per economie dinamiche come gli Stati Uniti e il continente asiatico, dove i miliardari che si sono fatti da sé sono oltre il 70% del totale. Diverso il discorso in Europa occidentale, dove il 52% dei Paperoni lo è per dinastia.
    La quota di magnati per diritto di successione […] passaggio generazionale non sarà sempre semplice, anche perché, nel frattempo, le famiglie dei Paperoni sono diventate più numerose: il numero dei loro figli è cresciuto da 4.136 del 2015 ai 6.641 del 2024.



    L’Italia, da questo punto di vista, ha giù una certa esperienza. Gli ereditieri sono il 60% dei 62 miliardari residenti nel Paese, che nell’insieme detengono un patrimonio di quasi 200 miliardi di dollari (+23%, uno degli incrementi più rilevanti in Europa).
    Fra i miliardari italiani, scorrendo la classifica Forbes, ci sono Giovanni Ferrero, patron dell’omonimo gruppo della Nutella gli eredi di Leonardo del Vecchio, fondatore di Luxottica, gli stilisti Giorgio Armani e Miuccia Prada, Piero Ferrari, secondo socio della casa di Maranello, l’imprenditore della farmaceutica Sergio Stevanato, Massimiliana Landini Aleotti, proprietaria di Menarini.



    Fra i più recenti ingressi ci sono quelli dei fondatori di Tether, Paolo Ardoino e Giancarlo Devasini, quello di Andrea Pignataro, numero uno del gruppo di servizi finanziari Ion. Il numero dei Paperoni è cresciuto di otto unità nell’ultimo anno, secondo Ubs, un aumento significativo che potrebbe dipendere dalla creazione di nuove fortune e dal trasferimento in Italia di Paperoni stranieri, attratti dal generoso regime fiscale.
    Uno dei fenomeni segnalati dall’analisi di Ubs è infatti la crescente tendenza dei miliardari a emigrare. Negli ultimi quattro anni hanno cambiato Paese 176 Paperoni, portando con sé un patrimonio di circa 400 miliardi di dollari. Le mete preferite? Svizzera, Emirati Arabi Uniti, Singapore e gli Stati Uniti. […]

 

06.12.24
  1. Bucarest avvia un'inchiesta sulle elezioni
    Washington: "Ingerenze russe in Romania"
    Gli Stati Uniti chiedono un'inchiesta sulle influenze della Russia sulle elezioni presidenziali e legislative in Romania, importante alleato di Washington nella Nato, dopo che - a pochi giorni dal secondo turno delle presidenziali di domenica - il Consiglio supremo della difesa nazionale a Bucarest ha declassificato documenti in cui si denuncia una «azione ibrida aggressiva della Russia» sulle elezioni che ha portato al risultato sorprendente, al primo turno, del candidato estrema destra, filorusso e populista Calin Georgescu e a più del 30% dei voti per le forze di estrema destra alle legislative. La Romania è stata oggetto di azioni coordinate, in modo particolare sui social, in vista del primo turno delle presidenziali lo scorso 24 novembre. La vittoria di Georgescu è stata il risultato di una campagna orchestrata con ogni probabilità da «un attore statale».
    La Russia ha sostenuto il sostegno di Georgescu su TikTik con diversi metodi, inclusi account coordinati, algoritmi per rafforzare la sua presenza sulla rete e promozioni a pagamento. Sono stati reclutati influencer per promuovere Georgescu sia in modo diretto, con messaggi di sostegno, che indiretto, con messaggi neutrali ma contenenti etichette a lui associate. Decine di account TikTok hanno usato il logo dei servizi di intelligence e il titolo di Brigata anti terrorismo, con migliaia di follower e centinaia di migliaia di like. Una campagna costata, secondo il Consiglio supremo di difesa della Romania (Csat), oltre il milione di euro, laddove Georgescu ha invece dichiarato zero spese elettorali.
    Ieri Georgescu è finito sotto inchiesta da parte della magistratura romena. Le indagini mirano a determinare se la promozione su TikTok abbia utilizzato metodi vietati dalla legge elettorale r e se nel processo si sia verificato un riciclaggio di denaro. —
  2. Blitz contro la 'ndrangheta a Brescia. Coinvolti un ex assessore leghista e un medico ex FdI La religiosa accusata di fare da collegamento con i detenuti. Il boss: "La monaca è dei nostri"
    Dal volontariato ai domiciliari La parabola di suor Anna "Era al servizio delle cosche"
    niccolò zancan
    Viscido è ciò che può sembrare ma non è. Viscido è qualcosa di molto scivoloso. «C'è un radicamento mafioso viscido che rende difficile il nostro lavoro», ha detto il procuratore capo di Brescia Francesco Prete. Ieri mattina, spiegava il risultato di un'inchiesta lunga quattro anni su un'associazione mafiosa ‘ndranghetista che imperversava nel ricco Nordest italiano.
    Venticinque misure cautelari. Dalla provincia di Brescia, le perquisizioni si sono allargate a quelle di Milano, Como, Lecco, Varese, Verona, Viterbo, Treviso e Reggio Calabria. I reati ipotizzati: traffico d'armi, traffico di droga, ricettazione, usura, reati tributari, scambio di voti e riciclaggio.
    Nella carte compaiono sparatorie in autostrada, auto clonate, cocaina, fucili a pompa, picciotti e camorristi, la santa, maledizioni e compari. «L'ho picchiato, quel cornuto». «Mamma mia, mi è venuta una rabbia, veramente lo ammazzo». Un milione e 800 mila euro sotto sequestro. E in tutto questo crimine, fra i movimenti della locale bresciana con a capo, secondo l'accusa, Stefano e Francesco Tripodi, ecco il radicamento viscido. I tre indagati che non ti aspetti, o che ti aspetti di meno, tutti e tre finiti agli arresti domiciliari. L'imprenditore Mauro Galeazzi, ex esponente della Lega nel Comune di Castel Mella e assessore all'Urbanistica, che avrebbe chiesto un prestito alla cosca per risolvere un suo problema di liquidità, salvo finire invischiato in un giro di scambio di voti. Il dottor Giovanni Acri, urologo, già consigliere comunale di Fratelli d'Italia a Brescia, colui che poteva suturare le ferite di un rapinatore ferito durante l'assalto a un portavalori. Parlando del magistrato Nicola Gratteri con un altro indagato lo definiva così: «Figlio di puttana». E poi, c'è lei, una novità quasi assoluta nelle inchieste di mafia: «La monaca». Così era chiamata nelle intercettazioni suor Anna Donelli, 57 anni, originaria di Cremona, conosciuta fra i carcerati anche con il soprannome di «Collina», per l'abilità nell'arbitrare le partite di pallone.
    Per gli investigatori, suor Anna Donelli era il tramite della cosca fra il dentro e il fuori dal carcere. Ecco come viene descritta: «A disposizione del sodalizio, per garantire il collegamento con i detenuti, approfittando dell'incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie». Un'intermediaria, insomma. Che avrebbe aiutato i membri del clan aggirando «il divieto di colloquio e favorendo lo scambio informativo tra i carcerati e i loro congiunti per meglio pianificare strategie criminali di reazione alle attività investigative delle forze dell'ordine e dell'autorità giudiziaria». Intermediaria, ma anche paciere: «Risolveva dissidi e conflitti tra i detenuti all'interno del carcere». Suor Anna Donelli è accusata di concorso esterno in associazione mafiosa. Stefano Tripodi, con l'intenzione di rassicurare uno del clan, della monaca arriva a dire: «È dei nostri». E ancora, ribadisce: «Se ti serve qualcosa dentro, lei è dei nostri».
    Chi conosce suor Anna non riesce a credere neanche lontanamente a tutto questo. Sorella della Confraternita della Carità, oltre che nel carcere di Brescia, era impegnata a San Vittore e con i ragazzi del Beccaria di Milano. Lì ha conosciuto don Claudio Burgio, così ha fatto la volontaria anche per la comunità Kayròs che si occupa del reinserimento degli ex detenuti. «Non può essere vero, suor Anna è molto brava e gentile, si è sempre mossa nei binari della correttezza», dice una volontaria.
    In uno scritto datato 2023, suor Anna Donelli aveva raccontato la sua storia: «Non ho passato una bella infanzia e adolescenza, tranne che a scuola o con gli amici fuori casa. Sono nata rifiutata e non potevo capire - come tutti i bambini - i problemi degli adulti (i miei genitori). Incassavo e cercavo di proteggere la mia sorella gemella e un'altra sorella, ero molto, molto timida e certamente insicura. Nella pre-adolescenza e nell'adolescenza mi sentivo e credevo "un nulla". Ci facevamo forza - come non so - io e la mia sorella gemella. A 21 anni ho iniziato il cammino per diventare suora, Qualcuno inaspettatamente mi ha scelta: "un nulla" graziato». Poi racconta dei lutti della sua vita, della morte della sorella gemella in un terribile incidente stradale con colpa del camionista investitore. Per arrivare a questa frase, che spiega il significato del suo incontro con i detenuti: «Dal 2010 frequento il carcere e da suora sono stata a tempo pieno in periferie di Pavia, Roma e Milano, e questa palestra di umanità ha trasformato il mio sguardo, che ha iniziato a vedere prima di tutto e sopra tutto la persona, l'uomo che mi sta davanti sia nell'autore del reato, sia in chi lo subisce, anche perché queste due dimensioni sono presenti anche dentro di me: grano e zizzania».
    È lei, la suora del grano e della zizzania, ciò che adesso è difficile comprendere nell'inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia. Sono arrivati al suo nome seguendo i movimenti «della locale legata alla ‘ndrangheta di Sant'Eufemia d'Aspromonte e da rapporti federativi alla cosca Alvaro, egemone nella zona aspromontana compresa tra i Comuni di Sinopoli e Sant'Eufemia d'Aspromonte». Una storia di mafia. Che finisce in un convento di suore. È questo forse «il viscido», il lato scivoloso dell'inchiesta.
  3. Il format e il nodo del marchio Un affare da 60 milioni di euro
    michela tamburrino
    roma
    Il Festival di Sanremo senza Sanremo potrebbe anche esistere semplicemente cambiando sfondo. Il Festival di Sanremo senza la Rai invece è impensabile. E non è che qualcuno in passato non abbia accarezzato questa idea ma, considerando tutti gli aspetti tecnici, organizzativi ed economici, si è presto tirato indietro. Sarà perché, oltre il brand, il format dei cinque giorni di rassegna per come è concepito ancora oggi, è della Rai, graziosamente concesso da Pippo Baudo che lo inventò. Sembra c'entri poco ma persino il Giro d'Italia, una sorta di festival della bicicletta, che Mediaset acquisì felice, fu immediatamente respinto al mittente per quel che comportava.
    Dunque, in attesa che la Rai faccia ricorso al Consiglio di Stato, contro la sentenza del Tar della Liguria che ha giudicato illegittimo l'affidamento del Festival di Sanremo alla Rai, ricorso oramai certo, vale la pena ricordare che il Festival della Canzone Italiana, complessivamente produce 60 milioni di euro di ricavi, secondo quanto realizzato dal market watch di Banca Ifis che ne ha misurato il valore economico e sociale. Di questi 60 milioni, 42 sono riconducibili alla raccolta pubblicitaria di Rai mentre 18,4 sono legati all'impatto delle attività del Festival stesso sul territorio. Accorrono a vedere il Festival, più relativo immenso indotto, 41.000 persone, con ricadute che interessano gli alloggi (8,8 milioni di euro), ristorazione (2 milioni di euro) e shopping che include Casinò e ticketing per l'evento. La Rai eroga al Comune organizzatore sui 5 milioni di euro, una cifra di cui si rifà abbondantemente grazie alla raccolta pubblicitaria, in crescita rispetto al 2022 e al 2023. A spingere verso l'alto la corsa pubblicitaria sono i dati d'ascolto che hanno garantito una media di 10 milioni di telespettatori per le 5 serate. Questo, nonostante il periodo della pandemia abbia colpito il Festival e tutto il comparto dello spettacolo, si è superato del 2% il livello pre-Covid del 2019.
    Si sa, la musica occupa un posto importante nella vita degli italiani, stando almeno alle ore dedicate all'intrattenimento cantato: 20,5 ore settimanali di ascolto e perciò un sentito grazie va agli ingorghi stradali e a tutto il tempo che gli italiani passano imbottigliati in auto. Questo porta il mercato discografico in buona salute. Dai dati 2022 che quello italiano è il decimo mercato discografico rispetto al suo valore. —
  4. Accolto il ricorso che sospende di nuovo il provvedimento antimafia emesso dalla Prefettura: "Si consenta la prosecuzione delle grandi opere"
    Interdittiva a Cogefa nuovo dietrofront Il Consiglio di Stato riabilita il colosso

    Su La Stampa
    giuseppe legato
    Con un'altalena di decisioni (tre) una contraria all'altra, il Consiglio di Stato, ieri pomeriggio, ha accolto il ricorso d'urgenza presentato dai legali del colosso delle costruzioni Co.ge.fa colpito da un'interdittiva antimafia a seguito di un'inchiesta che ha coinvolto i suoi ex vertici (in particolare la famiglia Fantini). E ha concesso la sospensiva riabilitando nei fatti – e fino all'udienza di merito fissata per il prossimo 9 gennaio – l'azienda impegnata in diverse grandi opere, alcune collegate al Tav e altre sul Tenda. Ed è proprio con questa motivazione che i giudici del massimo organo di giustizia amministrativa hanno adottato il provvedimento "che va sospeso – si legge nel corpo della pronuncia firmata dalla Presidente Rosanna De Nictolis - al solo fine di consentire la prosecuzione dei rapporti contrattuali già in corso alla data odierna e delle eventuali gare per le quali alla data odierna sia già stata presentata domanda di partecipazione". Nel merito, argomentano i giudici, il ricorso dei legali Carlo Merani e Saverio Sticchi Damiani è tutt'altro che infondato. Anzi: "Presenta elementi di fumus che devono essere approfonditi nel merito sotto il profilo della attualità degli elementi riscontrati". L'attualità è collegata al rischio – ancora insistente oppure ormai lontano - di infiltrazione delle cosche mafiose all'interno della società. Non solo, il Consiglio di Stato sottolinea come nel caso di estromissione tout court di Co.ge.fa dagli appalti milionari a cui partecipa "sussista un pericolo di pregiudizio gravissimo non suscettibile di adeguato ristoro economico ex post".
    A dire il vero è complicato per molti (se non per tutti) cogliere una linearità strutturata nella sequenza di pronuncia che si sono succedute. Dopo l'emissione dell'interdittiva il Tar, pronunciandosi sulla sospensiva, aveva messo in forte discussione anche i cardini del documento emesso dalla Prefettura al termine di un'articolata istruttoria del gruppo interforze. Poche settimane dopo però lo stesso tar, chiamato a esprimersi in seduta collegiale – aveva riconfermato l'interdittiva. Ieri ennesimo colpo di scena.
    Gli elementi che hanno portato all'emissione dell'interdittiva derivano dall'inchiesta Echidna della Dda di Torino (pm Valerio Longi) che ha messo nel mirino le contiguità tra i gruppi di'ndrangheta dei Pasqua (San Luca) e di Platì (Volpiano) oltre che di una 'ndrina distaccata dei Crotonesi nella gestione dei subappalti dell'autostrada A32. In quell'operazione è finito ai domiciliari Roberto Fantini per anni al vertice di Co.ge.fa e i rapporti con esponenti della 'ndrangheta sono stati ricostruiti anche in capo al fondatore Teresio Fantini (deceduto anni fa). Tra pochi giorni nel merito si scriverà la parola fine, anche se nel frattempo si fa sempre più strada l'ipotesi di un'amministrazione giudiziaria che consenta a Co.ge.fa di salvaguardare i livelli occupazionale (irrimediabilmente a rischio di compromissione da uno stop dell'Antimafia) e concludere le grandi opere della cui costruzione è affidataria. —

 

 

05.12.24
  1. La struttura con oltre 200 dipendenti è stata accorpata alla task force per l'attuazione del Recovery, ma finirà sotto il controllo diretto di Von der Leyen Nessun italiano nei gabinetti che si occuperanno di Concorrenza e Competitività. Stabilita la gerarchia dei sei vicepresidenti: l'ex ministro è l'ultimo
    il messaggio
    Fitto perde la direzione generale per le Riforme Dominio franco-tedesco tra gli alti funzionari Ue
    I nuovi vertici
    Meloni: "Per l'Italia un risultato storico facciamo squadra"
    MARCO BRESOLIN
    CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
    «Raffaele!» . Quando Ursula von der Leyen ha fatto il giro del tavolo per salutare uno a uno i suoi nuovi commissari alla prima riunione ufficiale, si è avvicinata a Fitto per un doppio bacio sulle guance. Poi il neovicepresidente, abito scuro e la consueta cravatta azzurrina, si è seduto al suo posto tra l'Alto Rappresentante Kaja Kallas e l'inossidabile Valdis Dombrovskis, con il quale dovrà condividere il dossier del Recovery Fund. Con un'importante novità che è stata certificata alla riunione di ieri mattina, durante la quale la presidente ha dettagliato la distribuzione delle responsabilità: l'ex ministro del governo Meloni conserverà le deleghe alle politiche di Coesione e alle Riforme, ma – a differenza della portoghese Elsa Ferreira che lo ha preceduto in quel ruolo –, perderà la guida della direzione generale per le Riforme, destinata a diventare sempre più cruciale in vista della possibile riforma del bilancio che punta a legare la distribuzione dei fondi Ue all'effettiva realizzazione delle riforme da parte dei singoli Stati. La struttura per la quale lavoravano circa 200 funzionari (e che fino a marzo aveva come direttore generale un italiano: l'ex presidente della Consob, Mario Nava) verrà infatti affiancata alla task force Recovery e inglobata nel segretario generale della Commissione. Dunque, finirà sotto il diretto controllo di von der Leyen.
    Nella contesa con il Parlamento europeo, la presidente della Commissione aveva difeso a spada tratta la nomina di Fitto a vicepresidente esecutivo, ma ora che l'esecutivo si è ufficialmente insediato, iniziano a emergere con chiarezza gli equilibri interni a Palazzo Berlaymont. Anche quelli tra i sei vicepresidenti. Von der Leyen ha messo nero su bianco l'ordine gerarchico, che servirà per esempio a stabilire chi avrà il compito di presiedere le sedute in caso di assenza della tedesca: la prima in grado è la spagnola Teresa Ribera, seguita nell'ordine dalla finlandese Henne Virkkunen, dal francese Stéphane Séjourné, dall'estone Kaja Kallas e dalla romena Roxana Minzatu, mentre Fitto risulta essere l'ultimo della lista.
    Un altro importante metro per misurare l'influenza di un Paese all'interno del collegio dei commissari è quello della presenza di connazionali nei gabinetti e in particolare di quelli che hanno il grado di capo di gabinetto o di vice. Sono infatti loro a preparare le riunioni settimanali del collegio e a negoziare sui testi dei singoli provvedimenti: avere più funzionari del proprio Paese al tavolo aiuta indubbiamente a esercitare la propria influenza. Così come è fondamentale avere dei connazionali all'interno di quei gabinetti che lavorano ai provvedimenti più importanti. Ma i risultati dicono che per l'Italia non è andata benissimo, specialmente se si fa il confronto con la Germania e la Francia che confermano il loro dominio nei posti-chiave.
    Durante tutta l'estate, è andata in scena un'intensa trattativa tra le diplomazie dei 27 e la Commissione per "piazzare" i propri uomini e le proprie donne migliori. Ogni Paese aveva una lista di funzionari da sponsorizzare, ma a quanto risulta per l'Italia gli elenchi erano almeno tre. Diverse fonti al corrente dei negoziati confermano che, accanto alla lista ufficiale della rappresentanza, ce n'era anche una di Palazzo Chigi gestita dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari e pure una con i funzionari "storici" più vicini al Pd. Il risultato è il minimo sindacale: ci sarà un solo capo di gabinetto italiano su ventisette. Si tratta di Vincenzo Matano, apprezzato funzionario di lungo corso al Parlamento europeo, che guiderà il team di Raffaele Fitto, con il quale aveva già lavorato proprio all'Eurocamera nel gruppo dei Conservatori.
    Dopodiché l'Italia è riuscita a piazzare solo due vicecapi di gabinetto da due commissari che tra l'altro ricadono già sotto la supervisione di Fitto: Pierpaolo Settembri lavorerà con il greco Apostolos Tzitzikostas (Trasporti) e Francesca Arena con il cipriota Costas Kadis (Pesca e Oceani). In totale sono circa una decina gli italiani sparsi negli uffici dei commissari, ma a oggi non ce n'è neanche uno nella squadra della vicepresidente Ribera (che oltre alla Transizione Ecologica si occuperà dei dossier cruciali della Concorrenza) e nemmeno in quello del francese Séjourné (responsabile della Competitività). Evidentemente i rapporti non ottimali con Madrid e Parigi non hanno aiutato.
    Di tutt'altro tenore i risultati ottenuti dai tedeschi e dai francesi. La Germania ha ben quattro capi di gabinetto (che guideranno i team di von der Leyen, Dombrovskis, Sefcovic e Zaharieva) e cinque vice, mentre la Francia – nonostante un governo traballante – ha un solo capo di gabinetto, ma ben sette vice (tra cui quelli della presidente von der Leyen e dell'Alto Rappresentante Kallas).
  2. Massacro a Nuseirat. L'esercito ordina l'evacuazione dei civili da Beit Lahia, nel Nord della Striscia Recuperato il corpo di Itai Svirsky, 38 anni, rapito nel Kibbutz Beeri e assassinato durante la prigionia
    Raid sulla fila per il pane uccisi 4 bambini a Gaza Trovato morto un ostaggio
    nello del gatto
    gerusalemme
    A Gaza la guerra continua a mietere vittime, sia tra i locali che tra gli ostaggi. Almeno cinquanta le vittime, anche minori, denunciate dai palestinesi per attacchi israeliani mentre in una operazione di esercito e Servizi dello Stato ebraico, è stato recuperato il corpo di un ostaggio, portato vivo a Gaza e qui ucciso da miliziani di Hamas.
    Ci sarebbero anche quattro minori fra le vittime questa mattina dell'attacco di un drone israeliano. Secondo fonti palestinesi, un velivolo senza pilota avrebbe sganciato un ordigno nel campo di Nuseirat, al centro della Striscia di Gaza, su un punto di distribuzione di cibo e una casa. Cinque le vittime in tutto. L'attacco è avvenuto su una strada del campo profughi dove c'è una cucina che serve la comunità circostante. Molte le persone in fila che attendevano che dalla cucina cominciasse la distribuzione del cibo.
    In tutta la Striscia sono stati aperti centri di distribuzione di cibo preparato in cucine comuni, gestite per lo più da organizzazioni non governative o da gruppi locali. Nei giorni scorsi, in un attacco, è morto uno dei cuochi più impegnati in attività del genere.
    I rifugiati camminano per diversi chilometri per riuscire ad assicurare a loro e alle loro famiglie una razione quotidiana di cibo o di pane, nelle poche panetterie aperte, a causa non solo della mancanza di farina, ma soprattutto del carburante per far andare avanti i forni.
    Sarebbero invece una ventina le vittime tra i rifugiati del campo di Al-Mawasi, nei pressi di Khan Yunis. Pochi giorni fa dai pressi del campo fu un razzo verso il Sud d'Israele, l'esercito aveva quindi emesso un ordine di evacuazione. Il 13 luglio, nel bombardamento di una palazzina adiacente al campo profughi di Al-Mawasi, è stato ucciso Mohammed Deif, l'ex primula rossa e capo delle Brigate al Qassam, il braccio armato di Hamas, la cui morte non è mai stata confermata dal gruppo di Gaza, tant'è vero che è destinatario del mandato di cattura come Gallant e Netanyahu dalla Corte penale internazionale.
    I palestinesi, denunciano che droni israeliani hanno colpito anche altre zone della Striscia, soprattutto quella Nord dove l'esercito ha ordinato l'evacuazione di un'area di Beit Lahia. In centinaia hanno lasciato l'area e da Gaza denunciano che l'esercito, attraverso velivoli senza pilota, avrebbe fatto fuoco su loro.
    In un comunicato, il premier Benjamin Netanyahu ha informato che è stato recuperato in una operazione militare nella Striscia, il corpo di Itai Svirsky, 38 anni, rapito nel Kibbutz Beeri, assassinato durante la prigionia e il suo corpo tenuto in ostaggio nella Striscia di Gaza. I militari hanno anche informato che i risultati di un'investigazione spiegano che i sei ostaggi i cui corpi furono recuperati ad agosto in un tunnel di Khan Yunis, sono stati uccisi dai carcerieri a febbraio. In quella occasione, l'aviazione effettuò raid contro il luogo dove si trovavano perché erano a conoscenza della presenza di miliziani e di alti esponenti di Hamas, non di ostaggi. Quando mesi dopo trovarono i corpi dei sei, che erano stati trasferiti in quel tunnel da diverse settimane, l'esercito recuperò anche i corpi di miliziani, uccisi dalle conseguenze dei bombardamenti, non da armi da fuoco come gli ostaggi. È possibile che questi ultimi sarebbero comunque morti come i miliziani a causa delle bombe se non fossero stati uccisi prima. Per questo, alcuni familiari degli ostaggi morti e di altri a Gaza, insistono per un accordo a ogni costo, perché la pressione militare ha portato, secondo loro, già troppi a morire. In una nota interna di Hamas diffusa dall'agenzia Reuters, il gruppo di Gaza ha minacciato di uccidere gli ostaggi ancora nelle sue mani se Israele avesse tentato una operazione di salvataggio come a giugno.
    La diplomazia però non dispera. Oggi voleranno al Cairo mediatori israeliani con in testa il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, per discutere con gli egiziani di una nuova proposta preparata da questi, per un accordo su tregua e liberazione degli ostaggi da Gaza. —
  3. Corea del Sud: per l'allontanamento serve una maggioranza qualificata, con almeno otto voti del partito di governo, che però si dice contrario
    Seul, il presidente verso l'impeachment La piazza: "Un traditore, vada in carcere"
    lorenzo lamperti
    seul
    A Seul si sono riaccese le candele. Il simbolo della rivoluzione del 2017, che culminò con l'impeachment dell'allora presidente Park Geun-hye, è ricomparso nelle strade e nelle piazze di tante città della Corea del Sud. Come allora, i manifestanti sperano che servano a proteggere la democrazia conquistata col sangue poco più di tre decenni fa. Il loro obiettivo è solo uno: le dimissioni di Yoon Suk-yeol. Il presidente conservatore ha fatto ripiombare i sudcoreani negli incubi del passato, con le immagini dei blindati su piazza Gwanghwamun che hanno improvvisamente ripreso forma e 280 militari che assediavano l'Assemblea nazionale nel tentativo di evitare il voto sulla revoca della legge marziale appena imposta.
    Alle manifestazioni pacifiche di protesta si somma uno sciopero generale che si sta allargando a macchia d'olio. La più grande coalizione sindacale della Corea del Sud è in mobilitazione e ha dichiarato che decine di migliaia di persone non torneranno al lavoro fino alle dimissioni di Yoon. Compresi centinaia di medici, sul piede di guerra già da diversi mesi per un braccio di ferro col governo sulle quote di accesso alla professione.
    Yoon resta in silenzio, ma non sembra intenzionato a cedere. Poco prima della mezzanotte, i sei partiti dell'opposizione hanno depositato una richiesta di impeachment, che sarà votata entro sabato. «È un traditore della patria», ha detto Lee Jae-myung, leader del Partito democratico, arringando la folla di fronte al parlamento. Dopo aver stravinto le legislative dello scorso aprile, l'opposizione ha un'ampia maggioranza in aula. Ma per approvare l'impeachment servono almeno otto voti del Partito del Potere Popolare. Per larga parte della giornata sembrava un'ipotesi quasi scontata, visto che la stessa forza di governo ha preso le distanze dalle mosse di Yoon, interessato anche a difendere la moglie dalle inchieste per una serie di accuse, tra cui l'aver accettato indebitamente in regalo una borsa Dior. Ma, in serata, i vertici del partito hanno dato l'indicazione di votare contro l'impeachment. La ragione non è tanto un allineamento a Yoon, tanto che gli è stato chiesto di lasciare il partito, quanto il timore che elezioni anticipate si trasformino in una vittoria schiacciante dell'opposizione. In una circostanza simile, nel 2016, molti deputati conservatori avevano approvato l'impeachment della presidente Park Geun-hye, pensando che tagliandola fuori il partito si sarebbe salvato. Non fu così. Senza franchi tiratori, il rischio di nuove tensioni sarebbe altissimo, anche perché il clima resta avvelenato. A poca distanza dalle proteste anti Yoon, erano in piazza anche i suoi sostenitori, muniti di bandierine della Corea del Sud e degli Stati Uniti. I conservatori, fautori della linea "occhio per occhio" con Pyongyang, sostengono che un ritorno dei democratici porterebbe Seul nell'orbita della Cina e favorirebbe Kim Jong-un. Manifesti in giro per Seul e di fronte all'ambasciata americana, etichettano invece Yoon come un guerrafondaio asservito a Nato e Giappone. Ci sono comunque pochi dubbi che, qualora si andasse a elezioni anticipate, il grande favorito sarebbe il rivale Lee, soprannominato il «Bernie Sanders sudcoreano» per le sue posizioni inusualmente radicali in materia di politiche economiche e sociali.
    Si è invece dimesso il ministro della Difesa Kim Yong-hyun, figura chiave del tentato golpe di palazzo. Nei prossimi giorni, avrebbe dovuto incontrare l'omologo giapponese Gen Nakatani, per confermare l'alleanza trilaterale con Tokyo e Washington in vista dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. La visita è stata cancellata e tutto torna in gioco, per la gioia della Cina e della Corea del Nord, che intravede la possibilità di nuovi negoziati. Ergo, di legittimazione. Il capo dello Stato maggiore di Seul ha sollecitato alla «massima prontezza» per fronteggiare ipotetiche mosse di Pyongyang durante questa fase di improvvisa instabilità. Nel frattempo, il segretario generale della Nato Mark Rutte ha confermato che la Russia sta fornendo a Kim Jong-un sostegno per i suoi programmi missilistici e nucleari in cambio di truppe e armi. Si complica invece l'ipotesi di forniture militari sudcoreane all'Ucraina, a cui Yoon aveva da poco aperto. «Difficile che Seul invii armi a Kiev nel prossimo futuro», ha ironizzato Mosca.
    Echi per ora lontani, nelle strade di una Corea del Sud dove una democrazia ancora giovane si è scoperta insieme fragile e resistente. —

 

04.12.24
  1. a storia
    L'effetto K sulla gente in piazza Pop e moda diventate soft power

    giulia zonca
    N el corto circuito tra legge marziale e K-pop, la Corea mostra sempre la stessa faccia: quella che sotto le creme della K-beauty è pulita, fresca, giovane, elastica e soprattutto molto, ma molto brillante.
    Le mosse semplici e melense dei balletti, le pubblicità che spiegano come detergere il volto in sei fasi per mandare a stendere il tempo e quella K che racconta di gonne a pieghe e stivali al ginocchio, di serie tv furibonde, di tournée infinite non sono affatto un concentrato di superficialità, sono l'opposto: un sistema culturale. Identità al Paese prima oppresso e poi torturato dal senso di inferiorità. Il fattore K è il potere leggero, quel soft power che dopo la guerra degli Anni Cinquanta è diventato il mezzo per emanciparsi, per avere un'anima e un nome. Per dare una direzione economica che ha nutrito la forza creativa della tecnologia con la musica.
    Il K-pop nasce all'inizio degli Anni Novanta ed è da subito un legame con gli Usa che lo adottano e lo moltiplicano. Un'affinità elettiva che parte da un terreno solido. Nomi coreani stavano nei cartelloni degli spettacoli a Las Vegas 70 anni fa, cercate Kim Sisters, non a caso definite «l'essenza del dinamismo coreano». Il K-pop non cade dalla luna, ma dal bisogno di esprimersi con tratti propri, diversi dai manga giapponesi, lontani dalle divise militari ed è proprio per questo che la gente è scesa in strada inorridita davanti all'annuncio dalla legge marziale, perché il K-pop ha trainato il concetto di libertà e di liberismo, ha forgiato anche una coscienza civile. Il K-pop non è solo musica sdolcinata per adolescenti, quella è la base, tra l'altro accentuata per dare uno sfondo comune a una generazione, per inventare gesti immediati da scambiarsi dentro ai locali dedicati al culto del caffè. Certo, pure quelli molto zuccherati. Con il caramello e le essenze ai lamponi, però tutta la dolcezza sparsa in questo sistema si contrappone decisa a tempi amari, al sacrificio, alla solitudine, al silenzio, alla vergogna. Oggi ci si mette il glitter sulle guance (dopo le sei fasi di preparazione, ovvio) ed è una cerimonia del trucco e dello strucco che richiede impegno e prende tempo. Tempo dedicato a sé. Dall'altra parte della Corea, in quella della Nord, non esiste la declinazione singolare. Sono tutti vestiti e pettinati allo stesso modo, mentre la Corea del Sud scopre un individualismo in cui però condividere la moda, la danza, lo slang.
    Esiste una legge che spiega benissimo la reazione alla sterzata del presidente Yoon Suk-yeol: la Bts, dal nome della K-band più famosa. Loro, da soli, nel 2023 hanno mosso l'economia con 3, 5 miliardi e anche per questo battezzano l'emendamento per cui una riconosciuta e premiata figura del K-pop può rinviare la leva obbligatoria fino ai 30 anni. Succede perché gli interpreti sono ambasciatori. Creano un tessuto sociale all'interno, cantano di depressione scolastica, di bisogno di sentimenti sfacciati lì dove l'educazione prevede (o prevedeva) un rigoroso contegno. Tutto pronto a sfaldarsi in modo catastrofico, come ci ha mostrato il film da Oscar «Parasite», eppure retaggio che le ultime generazioni hanno spostato a forza di balletti. Il K-pop viaggia fuori dal Paese e lì si fa diplomazia, arriva alle più impensabili intese. Le Red Velvet, gruppo femminile, in concerto a Pyongyang con stretta di mano al dittatore Kim Jong-un. Gli Exo, icone delle Olimpiadi invernali del 2018 e adorati da Trump o dalla figlia Ivanka, l'effetto è lo stesso.
    Il successo del genere si chiama Hallyu Wave ed è davvero un'onda che incamera energie e linfa all'estero per tornare in patria più influente: mescola, apre però con simboli e intenzioni profondamente coreani. La raccolta fondi per gli orfani di guerra, per le donne sfruttate dal Giappone è stata affidata agli idoli pop che infatuano i ragazzini e si prendono cura della memoria. La cultura K è in totale contrasto con la legge marziale che ha spinto la gente in piazza. Le stesse facce che stanno davanti allo specchio a provare le coreografie e a testare il siero glow. Fieramente made in Korea, uno stato che vogliono difendere. —
  2. Quel leader disperato e la Capitol Hill di Seul
    La dichiarazione di legge marziale da parte del Presidente
    Yoon Suk-yeol è stato un colpo basso alla Corea del Sud. Se avesse avuto successo sarebbe diventato un colpo basso alla democrazia e all'Occidente. La reazione del Parlamento, che ha deciso subito di rimuoverlo, e l'immediata protesta di piazza dimostrano che gli anticorpi della democrazia si sono messi efficacemente all'opera. L'ago della bilancia erano i militari. Ieri sera l'hanno fatto pendere a favore della democrazia e contro Yoon Suk-yeol. Il quale è stato poi costretto ad accettare il voto, unanime, del Parlamento, e ritirare la legge marziale.
    Yoon Suk-yeol era alle strette. Eletto nel maggio del 2022, era stato travolto da un'ondata di scandali centrati sulla First Lady Kim Keon Hee, costretto a scusarsi pubblicamente sulla televisione nazionale, perseguito da richieste di impeachment. Lo scorso aprile, l'opposizione guidata dal Partito Democratico aveva stravinto le elezioni legislative, lasciandolo senza appoggio in Parlamento. Yoon Suk-yeol era, ed oggi è ancora di più, un Presidente senza futuro. La dichiarazione di legge marziale, giustificata con la necessità di salvare la nazione da fantomatiche «forze contro lo Stato», senza alcuna prova o documentazione, era la mossa della disperazione. Non ci ha creduto nessuno neppure il suo partito, il conservatore e anti-Corea del Nord, Partito del Potere Popolare. Molti, anche gente comune, hanno temuto che la legge marziale all'interno esponesse Seul ad aggressioni o iniziative destabilizzanti nordcoreane.
    Questo rischio era certamente nella mente dei militari. I carri armati servono al 38mo parallelo, non intorno al Parlamento. La loro indecisione era evidente fin dall'inizio. Obbedivano solo a metà mettendo forse qualche blindato per la strada senza alcuna massiccia mobilitazione necessaria a fini di intimidazione. Ieri sera non ce n'è stata traccia. Nessuno ha impedito alla gente di scendere in piazza a protestare contro la legge marziale. Qualche contingente militare ha cercato di entrare in Parlamento; quando gli è stato detto che non erano i benvenuti si sono allontanati in buon ordine. Per qualche ora, la legge marziale è rimasta sospesa fra Presidente che l'aveva dichiarata e Parlamento che l'aveva respinta. Poi Yoon Suk-yeol ha dovuto fare il passo indietro. Che potrebbe costargli la messa sotto accusa per reati contro lo Stato. Del resto, era già a rischio di impeachment che voleva aggirare con la legge marziale.
    La dichiarazione aveva colto tutti di sorpresa. Yoon Suk-yeol aveva deciso da solo - nella completa ignoranza del governo - e si è trovato ancor più isolato nella fase decisiva dei colpi di Stato: esecuzione e imposizione. Dichiararli da una posizione come quella presidenziale è relativamente facile. Ma non basta. Per attuarli ci vuole la forza, e l'uso della forza. Una volta dichiarata la legge marziale Yoon Suk-yeol si era messo nelle mani dei militari. I quali, in queste situazioni si trovano di fronte a un dilemma, obbedire al Capo dello Stato per rispetto della gerarchia o restare fedeli alla Costituzione sulla quale hanno giurato. Ma negli Stati democratici, come la Corea del Sud, come l'Italia, la fedeltà dei militari alla Costituzione è un pilastro istituzionale formidabile. I colpi di Stato nelle democrazie del Dopoguerra sono divenuti rarissimi se non inesistenti. Era diverso ai tempi in cui Curzio Malaparte scriveva la Tecnica del colpo di Stato. Ma era il 1931 ed è passata molta acqua sotto i ponti.
    Il tentativo di Yoon Suk-yeol rientra nella categoria dei colpi di Stato mancati (e provvidenzialmente quasi incruenti) dei quali gli esempi non mancano. Per chi scrive, che era a Mosca in quei giorni, il paradigma resta il putsch contro Michail Gorba?ëv dell'agosto del 1991 - i carri armati erano per le strade ma non sapevano perché o per cosa fare. Il golpe militare turco contro Recep Tayyip Erdo?an naufragò nella folla scesa in piazza per sostenerlo - bastò un suo appello dallo schermo di un telefonino. E non dimentichiamo l'assalto al Campidoglio americano del 6 gennaio 2021 col quale l'ex e futuro Presidente degli Stati Uniti voleva ribaltare il risultato delle elezioni.
    Tempi duri per chi vuole sovvertire la democrazia con colpi di mano. Ma tempi duri anche per la democrazia. Pericolo scampato per la Corea del Sud. Ma il rischio c'è stato, come ci fu il 6 gennaio del 2021. Il solo fatto che il Presidente sudcoreano abbia pensato di proteggere i propri interessi personali sotto il manto della sicurezza nazionale segna la vulnerabilità dei nostri sistemi a un virus in circolazione. Oggi le democrazie in generale tirano un sospiro di sollievo. Gli autocrati che circondano Seul non avrebbero chiesto niente di meglio che vedere il ritorno, 50 anni dopo, di un regime autoritario a Seul. Possiamo immaginare la reazione sardonica di Vladimir Putin o il dileggio di Kim Jong-un, sottintendo «smettetela di sbandierare i vostri valori: siete come noi». Invece no. Grazie Corea del Sud. —
  3. Manovre navali, jet e missili ipersonici Putin risponde allo smacco in Siria
    Missili ipersonici sparati nel Mediterraneo orientale: il ministero della Difesa russo ha annunciato che le navi della marina militare di Mosca hanno svolto «tiri di esercitazione» al largo della Siria, colpendo tutti i bersagli prefissati. Il repertorio del missili utilizzati è identico a quelli lanciati da tre anni sulle città dell'Ucraina: un paio di Zirkon ipersonici sparati dalle fregate "Admiral Gorshkov" e "Admiral Golovko", un missile di crociera Kalibr tirato dal sommergibile "Novorossiysk", Kalibr dal sommergibile e un "lancio da combattimento" di un Oniks dal complesso di difesa costiera "Bastion". Il comunicato sulle esercitazioni giunge improvviso e minaccioso, nello stile caratteristico della comunicazione del Cremlino nelle ultime settimane, che si svolge tutta a colpi di missili. Un tono scelto da Vladimir Putin, che da due settimane praticamente in tutte le sue apparizioni in pubblico parla del missile balistico Oreshnik, che ha già lanciato su Dnipro e che minaccia di tirare contro Kyiv «lasciando solo polvere» nell'epicentro della deflagrazione.
    I missili lanciati al largo della Siria sembrano recare lo stesso messaggio di avvertimento. Il problema è che le fregate e il sommergibile che hanno svolto le esercitazioni missilistiche nel Mediterraneo sono le stesse che il 1 dicembre avrebbero lasciato il porto siriano di Tartus. L'avanzata dei ribelli siriani è ancora lontana, ma se procede con lo stesso ritmo potrebbe tagliare l'accesso alla base della flotta russa sulla costa, e a quella dell'aviazione a Hmeymim, ancora più vicina ad Aleppo. Le rilevazioni satellitari mostrano che il comando russo ha preferito mettere al sicuro le sue navi – tre fregate, un sommergibile e due petroliere - e ha ordinato loro di salpare da Tartus, con la scusa delle esercitazioni a nascondere quella che è una preoccupazione crescente del Cremlino: perdere le posizioni in Siria e vedere cadere il regime di Bashar al-Assad.
    Il dittatore siriano è stato avvistato nei giorni scorsi a Mosca, e non ci sono per ora conferme ufficiali del suo rientro a Damasco. Fonti vicine ai servizi segreti ucraini riferiscono intanto di una improvvisa sostituzione del comandante del contingente russo in Siria, affidato ad Aleksandr Chaiko, il generale famoso per la fallimentare "presa di Kyiv" nella primavera del 2022. Gli "inviati di guerra" russi si lamentano nei loro blog che soldati di Mosca sarebbero stati gli unici ad aver tentato di fermare l'avanzata dei ribelli su Aleppo, con l'esercito di Assad che non ha quasi opposto resistenza. Il problema è che il contingente russo non è più quello del 2015, con quel che resta dei reparti Wagner, e l'aviazione da Hmeymim ad attaccare i ribelli. Le risorse del Cremlino non sono più infinite: i reparti scelti che avevano fatto la differenza in Siria sono impegnati nel Donbass, e riaprire due fronti in questo momento non è facile, visti anche i costi enormi della guerra in Ucraina che cominciano a farsi sentire sul rublo e sui cartellini dei prezzi russi.
    Il destino di Assad è ora in mano alla Russia e all'Iran, e se Teheran ha fatto sapere di essere pronta a mandare le proprie truppe, Putin per ora sembra più incline alla prudenza. La telefonata di ieri con Recep Tayyip Erdogan, raccontata dall'ufficio stampa del Cremlino in termini abbastanza pacifici come la «necessità di consolidare la cooperazione nel formato bilaterale», sembrerebbe far pensare a un tentativo di negoziare, anche nel cosiddetto "formato di Astana", tra Russia, Iran e Turchia. Per Teheran infatti la perdita dell'alleato siriano sarebbe un colpo pesantissimo anche ai fini della logistica in Libano, per Putin la Siria era più una partita contro gli Usa: il potenziale della base di Tartus era comunque ridotto, e le navi russe potrebbero riparare in Libia sotto la protezione del generale Haftar. Erdogan è un amico-nemico cruciale per i commerci e le strategie della Russia, gli ayatollah sono alleati più recenti, ma fondamentali soprattutto per gli aiuti militari con i loro droni lanciati sull'Ucraina. Ma la testa di Assad potrebbe diventare anche una carta da giocare in un eventuale contropartita con l'amministrazione Trump. Resta da capire se il Cremlino opterà per un pragmatismo calcolatore, o preferirà la lealtà alla sua "asse del Male".
  4. nove persone ai domiciliari
    Pressioni e favori in Trentino-Alto Adige Chiesto l'arresto del magnate Benko

    Pressioni, favori e denaro in cambio di concessioni, appalti, autorizzazioni o servizi. Un intreccio tra imprenditoria e politica realizzato da una presunta associazione in grado di condizionare le scelte degli amministratori locali. È un terremoto giudiziario quello che si è abbattuto sul Trentino-Alto Adige. Ai domiciliari sono finite nove persone per associazione a delinquere con l'utilizzo del metodo mafioso. Per gli investigatori «il comportamento predatorio dell'associazione viene riconosciuto dai sodali e dai terzi e rispettato, in nome di una sorta di immunità». Chiesto l'arresto del magnate austriaco Renè Benko che si è presentato alla polizia di Innsbruck ma resta libero. Lui è considerato uno dei promotori della presunta associazione. Tra gli indagati l'ex sindaco di Dro ed ex senatore Vittorio Fravezzi. Ai domiciliari la sindaca di Riva del Garda Cristina Santi (Lega).

 

 

 

 

03.12.24
  1. L'armata di Yaky :    La gravissima crisi dell'auto europea costringe il governo a rivedere i suoi piani per il settore. Dopo aver azzerato il fondo di sostegno pluriennale per via dei tagli alla spesa nella prossima Finanziaria - in tutto 4,6 miliardi - ora si sta valutando il ripristino nel 2025 di parte di quelle risorse. Non si tratterà però di incentivi all'acquisto come in passato, bensì di «sostegno alla filiera», dice il ministro delle Imprese Adolfo Urso. «Stiamo ipotizzando di intervenire con contratti di sviluppo e accordi di innovazione», e dunque a favore di tutte le aziende della componentistica. L'entità del sostegno verrà formalizzato al tavolo che si riunirà al ministero il 17 dicembre. «Cercheremo di avvicinarci il più possibile ai 750 milioni inizialmente previsti dai vecchi programmi», puntualizza al telefono il ministro, ed è probabile che per via delle ristrettezze di bilancio il governo cercherà di fare uso anzitutto di fondi europei. La decisione segue di pochi giorni le dimissioni improvvise dell'amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares, travolto dalle conseguenze dello tsunami che sta colpendo molte case automobilistiche europee, fgra cui la tedesca Volkswagen.
    Per il governo è un passaggio delicato: da un lato c'è da evitare il peggio a decine di migliaia di lavoratori, dall'altra non dare l'impressione di un trattamento preferenziale a un settore storicamente sussidiato, e non solo in Italia. Le ragioni della crisi sono molte, e già approfondite su questo giornale: la crescita esponenziale del mercato cinese, la difficoltà delle famiglie a potersi permettere auto nuove, i cambiamenti delle abitudini che spingono i più giovani - soprattutto nelle città - a utilizzare sempre meno mezzi privati. E poi - su questo punta il dito la maggioranza - c'è la decisione della Commissione europea di introdurre una direttiva che dal 2035 vieta di commercializzare auto a combustione. L'anno scorso il governo Meloni votò contro quella direttiva, e insiste nel dire che andrebbe modificata. Diceva ieri la premier: «Lavoreremo per far sì che la transizione ecologica torni a camminare di pari passo con la sostenibilità economica e sociale, non possiamo inseguire la decarbonizzazione al prezzo della desertificazione economica, e in un deserto non c'è niente di verde. L'Italia chiede di rivedere norme che rischiano di mettere in ginocchio l'industria europea dell'auto e di riaffermare il principio della neutralità tecnologica». La risposta del nuovo commissario competente - la spagnola Teresa Ribera - non lascia però spazio a ripensamenti: il rinvio della scadenza del 2035 «non è un'ipotesi che la Commissione europea sta prendendo in considerazione», anzi, «nessuno sta prendendo in considerazione». La vicenda della crisi di Stellantis sta assumendo contorni molto politici. Maggioranza e opposizione insieme insistono perché il presidente del gruppo (ed editore di questo giornale, ndr) John Elkann riferisca in Parlamento. Ieri glielo hanno chiesto fra gli altri i presidenti leghisti della Camera Lorenzo Fontana e della commissione Attività produttive Alberto Gusmeroli. Elkann ha fatto sapere che non è ancora il momento: vuole attendere prima la convocazione del tavolo al ministero di Urso e l'incontro che molto probabilmente si dovrà svolgere subito dopo a Palazzo Chigi. Urso dice di aver ricevuto rassicurazioni da John Elkann sul fatto che «il tavolo del 17 con le parti sociali possa esaminare un piano per l'Italia chiaro». Per il momento l'unica reazione ufficiale di Stellantis - in cerca di un nuovo amministratore delegato all'altezza della situazione - è per smentire le voci secondo le quali Tavares sarà liquidato con una buonuscita da cento milioni di euro. «Stime molto imprecise e lontanissime dalla realtà». Stellantis «non divulga i dettagli delle dimissioni dei propri dipendenti, dirigenti compresi, se non nei casi previsti dalla legge nel rispetto della privacy, mentre è tenuta a rendere nota la retribuzione dei propri amministratori delegati». Secondo i dati diffusi l'anno scorso, Tavares ha ricevuto 13,5 milioni di euro, a cui però si sono aggiunti incentivi di risultato per un totale di quasi 23,5 milioni. Il manager portoghese l'anno scorso è stato il meglio pagato fra quelli di aziende quotate in Italia, due milioni in più del numero uno di Saes Getters Massimo Della Porta e della coppia più famosa della moda, Miuccia Prada e Patrizio Bertelli.
  2. FALSO ED INCREBILE :     l'intervista
    L'esperto
    Alberto Brambilla
    "Basta dare i soldi del Tfr all'Inps Bisogna incentivare i fondi pensione"
    PAOLO BARONI
    roma
    «Basta Tfr all'Inps, bisogna finirla. E' una vergogna, è solo una tassa implicita sulle piccole imprese, che praticamente non possono utilizzare queste risorse e che anzichè finanziare l'economia reale finiscono solo nella spesa corrente dell'Inps». Il presidente di Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla, autore della legge quadro del 2005 , ovviamente è favorevole ad introdurre il silenzio assenso per favorire il trasferimento del Tfr ai fondi pensione. «E' una norma che all'epoca avevo previsto io - spiega in questa intervista – ma per incentivare la previdenza integrativa non basta questo intervento. Bisognerebbe anche rivedere il regime fiscale, perché noi siamo l'unico paese in Europa che tassa i fondi tutti gli anni e non solo al momento del riscatto».
    Presidente, perché da noi nonostante siano passati diversi anni dalla loro introduzione i fondi integrativi stentano a decollare?
    «Perché la politica ha sempre fatto la guerra alla previdenza complementare a partire dal primo decreto adottato nel 1993 e poi con gli interventi successivi. E' stata prima introdotta una imposta preliminare del 15% su tutti i versamenti, poi negli anni seguenti ci sono state le misure che hanno peggiorato la situazione. Ad esempio Visco nel 2000 non solo ha eliminato le polizze agevolate ma ha anche aumentato la tassazione finale. Nel 2006 poi è arrivato il governo Prodi che ha cancellato il fondo di garanzia per le piccole e le microimprese e diviso le platee tra chi ha più di 50 dipendenti e chi ne ha meno. Il risultato di tutto questo è che ora abbiamo il rapporto tra patrimonio dei fondi pensione e prodotto interno lordo che arriva a malapena al 10%, mentre la media europea supera il 75% Insomma siamo ad un abisso».
    Cosa ha fatto più danni secondo lei?
    «Il solo fatto di avere tolto il fondo di garanzia ha creato uno sconquasso: ha portato via a più del 52% dei lavoratori dipendenti la possibilità di aderire alla previdenza complementare. Questo perché le aziende sotto i 19 dipendenti, con questo sistema bancario italiano totalmente sballato e poco attento alle esigenze delle pmi, il Tfr vogliono tenerselo stretto. Tant'é che il tasso di adesione alla previdenza complementare tra le imprese medie e medio grandi va tra l'80 ed il 90% dei dipendenti, quello dei 7,5 milioni di dipendenti delle aziende sotto i 19 dipendenti si ferma invece al 6%».
    Perchè le imprese si comportano così?
    «Perché per i datori di lavoro il Tfr fa parte del circolante. E perché se hanno solo 5-6 dipendenti, se sono artigiani, commercianti o piccoli imprenditori agricoli le grandi banche non se li filano proprio».
    Quindi come valuta l'ipotesi di un nuovo semestre di silenzio-assenso?
    «E' un meccanismo che sostengo da sempre, per la verità l'ho inventato io scrivendo la legge 252. Peccato che sia stato previsto una solo volta, nel 2007, e neanche per sei mesi ma solo per quattro. Però ha comunque prodotto buoni risultati visto che abbiamo più che raddoppiato il numero degli iscritti ai fondi».
    Oggi però c'è chi frena sull'emendamento alla legge di bilancio presentato da Fdi...
    «In primis il ministero dell'Economia con la Ragioneria e poi lo stesso presidente dell'Inps che sostengono che se appena il 10% dei 7 milioni di lavoratori che stanno nelle aziende con più di 50 dipendenti decidesse di spostare il suo Tfr il fondo tesoreria l'Inps avrebbe minori entrate».
    E' un dato di fatto.
    «La mia idea è che il fondo Inps vada cancellato. E' una porcheria, perché quei soldi sono dell'economia reale, sono delle imprese. Nella vostra intervista il presidente Fava, in sostanza, ha però detto che ha bisogno di quei soldi. Ma ci rendiamo conto? Se io fossi un giovane, sapendo una cosa del genere, non verserei più nemmeno un euro all'Inps. Fa il paio col ministro dell'Economia Giorgetti quando afferma che "con questa demografia non c'è nessun sistema pensionistico che tenga". Ma dove siamo? Questi si rendono conto di quello che dicono, che messaggio danno ai giovani?».
    Domanda retorica: la scelta della previdenza integrativa è inevitabile?
    «Non solo è inevitabile ma va rafforzata e sistemata. Perché i nostri fondi pensione sono gli unici in Europa ad essere tassati annualmente al 20% e non al momento del riscatto. Di contro però poi ci sono i Pir 4.0 introdotti dal ministro Padoan sui cui rendimenti, sino a un milione e mezzo di euro, non è previsto che ci si paghi mai un'imposta. Però mentre il fondo pensione è tutelato della Costituzione non mi pare che lo stesso sia previsto per i Pir».
    Quindi per rafforzare la previdenza integrativa cosa bisognerebbe fare?
    «Certamente occorre prevedere un nuovo semestre di silenzio-assenso, ma prima si dovrebbe ripristinare il fondo di garanzia per le micro e piccole imprese, e poi bisognerebbe modificare la tassazione, perché i fondi pensione non sono certo investimenti speculativi ed andrebbero trattati esattamente come i Pir 4.0».
    Ma ad un lavoratore conviene puntare sui fondi pensione: i rendimenti sono migliori di quelli garantiti dal Tfr?
    «Certamente. Nel decennio, nonostante la sciagura del 2022, i fondi pensione hanno reso molti di più».
  3. ll secondogenito del presidente ha un passato di droga e alcol, dopo la morte del fratello Beau
    L'uomo dalle mille vite, scivolato nel vizio tra interessi in Ucraina e accuse di evasione

    dal corrispondente da washington
    Hunter Biden a 54 anni ha già vissuto molte vite; sopravvissuto ad appena due anni in un incidente stradale in cui morirono la mamma e la sorella; giovane studente a Georgetown finito nel tunnel di droga e alcol; uomo d'affari ancorato alle amicizie del padre capace di fondare e disfare società di consulenza; giovane dalla vita dissoluta che ha dissipato migliaia di dollari in lussi, eccessi, svaghi strip club e donne. L'uomo al centro di scandali politici per via di un computer Apple dimenticato in un centro di riparazioni e finito nelle mani dei reporter del New York Post che vi hanno scoperto oltre che ombre e debolezze umane, anche i giri di affari e la rete di contatti di Hunter con il business internazionale e gli interessi in Ucraina. Materiale succulento per i conservatori che attorno a questo laptop hanno costruito il castello di accuse sugli affari torbidi – da dimostrare – della famiglia Biden e aperto un'indagine al Congresso pronta forse a ripartire.
    Sposato due volte, tre compagne, cinque figli di cui una riconosciuta da nonno Joe solo pochi mesi fa. Ma senza Beau, il ragazzo dal bell'avvenire stroncato nel 2015 da un tumore al cervello, Hunter e i suoi tormenti non di capirebbero. Fu Beau nel 2001 a portarlo agli alcolisti anonimi e a sorreggerlo. La morte del fratello – con il quale condivideva il miracolo dell'esserci salvato nell'incidente stradale del 1972 – è stata il detonatore della discesa verso gli abissi. È nel 2015, quando il padre rinuncia a correre per la Casa Bianca sull'onda della morte del figlio, che Hunter rivive i demoni: comincia a drogarsi, a bere, nel 2017 acquista un'arma falsificando i documenti. La troverà la compagna che è l'ex moglie di Beau e la getterà via. Trovata in un cassonetto da un homeless è l'inizio dei suoi guai con la giustizia. Sono gli anni in cui le dichiarazioni dei redditi diventano piene di falle, in cui la figlia Naomi – lo rivelano i messaggi sms letti nell'aula di un tribunale del Delaware in giugno e che mettono a nudo la famiglia Biden – non riesce a contattarlo perché Hunter è assente, assuefatto a cocaina e alcol. Il cammino delle redenzione comincia nel 2019, «sono cinque anni che è sobrio», ha scritto Joe Biden nel comunicato che annuncia la concessione della grazia. Per lui, padre, è abbastanza per andare oltre, voltare pagina e pulire il passato.
    Altro capitolo della vita. In questi anni alla Casa Bianca spesso Hunter è stato al fianco del padre. Suscitando polemiche e battutacce. Come quando il Secret Service trovò della cocaina in una zona del campus, «l'ha dimenticata Hunter», i titoli sui tabloid di destra e sui social senza il minimo appiglio alla realtà. alb. sim. —

 

 

 

 

02.12.24
  1. Manifestanti ancora in piazza non solo a Tbilisi. Il premier: "Escluso un nuovo voto , la presidente lasci il palazzo". Kallas da Kiev: "L'Ue al fianco del popolo"
    Si allarga la protesta europeista in Georgia Il Cremlino: "Come l'Ucraina, finirà male"

    Monica perosino
    Un'altra notte di cariche indiscriminate, gas lacrimogeni, cannoni ad acqua, spray urticanti, proiettili di gomma, calci in faccia, arresti arbitrari, nasi rotti. Più la repressione delle forze di polizia si fa violenta, maggiore è la partecipazione dei georgiani alla protesta pro-europeista che per il quarto giorno consecutivo si è presa le strade della capitale Tbilisi e ora si allarga a macchia d'olio in tutto il Paese caucasico. Kutaisi, Rustavi, Batumi, Zugdidi, Poti, perfino la piccola Khashuri, nel mezzo delle bellissime montagne georgiane, si sono unite alla protesta di massa della capitale, in fiamme da quando il governo ha annunciato il "rinvio" del percorso di adesione all'Ue, dopo un'evoluzione illiberale in chiave filorussa e una vittoria alle elezioni del 26 ottobre su cui pesano prove di irregolarità e solidi indizi di brogli su vasta scala.
    Ormai è chiaro che i manifestanti non hanno nessuna intenzione di farsi intimorire da chi li vorrebbe riportare tra le braccia della Russia e lontano dall'Europa, lo cantano ormai senza sosta in quello che è diventato una sorta di inno delle manifestazioni: «Fino alla fine». Mentre i vigili del fuoco "si ammutinano" e svuotano le autopompe che servono a rifornire i cannoni ad acqua, le strade si riempiono di khinkali passati di mano in mano e pane appena sfornato per chi occupa le strade, gli ambasciatori continuano a dimettersi uno dietro l'altro in segno di protesta (ieri la diplomatica a Vilnius, con la motivazione «La Georgia è Europa»!) e la gran parte dei dipendenti pubblici del Paese si ferma denunciando «l'uso sproporzionato della forza contro manifestanti pacifici».
    La tensione è altissima fuori e dentro i palazzi del potere, con l'ennesima sfida lanciata contro la presidente filo-Ue Salomé Zourabichvili, che aveva escluso di dimettersi fino a nuove elezioni: «La presidente il 29 dicembre dovrà lasciare la sua residenza e consegnare l'edificio al presidente legittimamente eletto» ha detto invece ieri il premier Irakli Kobakhidze, escludendo un ritorno alle urne. Una sorta di avviso di sfratto da palazzo Orbeliani che suona come una minaccia. La scelta del nuovo presidente della Repubblica - che per la prima volta non sarà eletto dal popolo ma da un collegio dominato dal partito al governo Sogno geogiano - è prevista il 14 dicembre e l'insediamento del nuovo capo dello Stato è fissato per il 29, ma fino ad allora in Georgia può succedere di tutto. Le opposizioni hanno boicottato il nuovo parlamento, la presidente si è rifiutata di inaugurarlo e ora Sogno Georgiano siede in un aula tutta per sé e ha scelto l'ex calciatore Mikheil Kavelashvili come candidato alla massima carica dello Stato.
    Dopo i timidi segnali e le tiepide condanne, l'Europa sembra essere però entrata in partita: «Inaccettabile la violenza che la polizia ha esercitato contro manifestanti pacifici», ha dichiarato la nuova Alta rappresentante della politica estera dell'Unione Kaja Kallas, entrata simbolicamente in carica sul suolo ucraino, mentre era in viaggio verso Kyiv per testimoniare vicinanza e garantire sostegno: «L'Unione Europea è al fianco del popolo georgiano nella scelta del suo futuro». Kallas ha parlato di diverse opzioni allo studio contro il governo, dalle «sanzioni» a un intervento sul «regime dei visiti». «Al fianco del popolo georgiano e della sua scelta per un futuro europeo» in contrapposizione alle decisioni del governo si è schierata anche Ursula Von der Leyen: «La porta dell'Ue resta aperta». Sulla situazione in Georgia sono fissati gli occhi dei blocchi opposti. Non poteva mancare il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev che ieri ha lanciato allusioni che suonano più come minacce: «Ci sono tutti i presupposti per far ripiombare la Georgia nell'abisso della guerra civile. In breve, i vicini stanno rapidamente seguendo il percorso ucraino verso l'abisso. Di solito questo finisce molto male».
  2. il caso
    Fbi
    La presa
    dell'
    "
    Ha detto
    Alberto Simoni
    corrispondente da Washington
    Kash Patel, 44 anni, origini indiane, cresciuto nel Queens sarà – se confermato dal Senato – il prossimo direttore del Federal Bureau of Investigation. La nomina non giunge inattesa, ma a Washington è lunga la lista di coloro che hanno sperato sino all'ultimo che Trump non mantenesse la promessa della campagna elettorale di elevare questo ex procuratore federale a capo dell'Fbi.
    Le credenziali di Patel vanno dalla «incompetenza» per gestire il Bureau sino alla visione che questo debba essere completamente trasformato e asservito all'agenda del presidente.
    Un ex collaboratore ha detto alla Nbc protetto dall'anonimato poiché teme la vendetta trumpiana, che la scelta di Patel è «ridicola» e che Kash «è la persona meno qualificata per ricoprire l'incarico».
    Durante la prima Amministrazione Trump occupò posizioni di rilievo al Consiglio per la Sicurezza nazionale e anche al Pentagono. Ha lavorato dal 2017, per il deputato Devis Nunes contribuendo a smontare le accuse sul ruolo della Russia a favore di Trump nel voto del 2016. Quelle che Trump chiama «le bufale russe».
    Oltre ad aver guidato l'offensiva mediatica e giudiziaria nel caso interferenze alle elezioni del 2016, ha girato il Paese in lungo e in largo promuovendo la tesi delle elezioni truccate nel 2020 e beccandosi da una corte del Colorado, dove aveva deposto su un caso legato al 6 gennaio, l'etichetta di «testimone non attendibile»; ha definito le incriminazioni contro il tycoon degli ultimi anni – e, in particolare, la condanna per il caso Stormy Daniels – un circo incostituzionale».
    Tutte medaglie sul petto nella visione Maga e trumpiana per Kash che, finita l'esperienza alla Casa Bianca, ha lanciato un'organizzazione, "Fight with Kash" con la quale finanzia cause per diffamazione. La società è diventata un brand, dietro il logo "K$H" c'è un merchandising abbondante di calzini, t-shirt, tazze firmate. Tutto serve, disse in febbraio parlando alla Conferenza dei conservatori vicino a Washington (Cpac) per «reclutare soldati» per vincere in novembre. Ora passa all'incasso.
    Questo è il curriculum con cui Kash – che da giovane sognava di fare il dottore prima di laurearsi in legge – arriva all'Fbi. E da questo deriva il programma di «radicale trasformazione». Al "Shawn Ryan Show" disse a inizio anno. «Prenderei i 7 mila impiegati che lavorano nel palazzo e li manderei in giro per l'America a dare la caccia ai criminali». Vorrebbe svuotare il palazzo che si affaccia su Pennsylvania Avenue e «trasformarlo in un museo del deep state». Qualche mese, dopo parlando con il sodale Steve Bannon, esordì: bisogna scovare e fermare i cospiratori non solo nel governo ma anche nel mondo dell'informazione. I cospiratori altro non sono – nella visione di Patel – coloro che hanno mentito agli americani e hanno aiutato Biden a «truccare le elezioni del 2020».
    Patel ha già sfiorato la guida dell'Fbi. Era il 2020 e Donald Trump voleva sbarazzarsi di Chris Wray – l'attuale direttore da lui stesso nominato nel 2017 al posto di Comey, quest'ultimo reo di aver rifiutato durante una cena privata alla Casa Bianca cui era stato invitato dal presidente di giurare lealtà al tycoon anziché alla Costituzione.
    Nel corso di una riunione Trump sollevò il nome di Patel. William Barr – che era l'Attorney General e che ha raccontato questo aneddoto nel suo libro One Damn Thing after another – si oppose con tutte le sue forze. Alla fine, la candidatura Patel finì nel dimenticatoio. Gina Haspel invece, che guidava la Cia, minacciò di dimettersi se Trump avesse mandato Patel a farle da vice. Anche in questo caso i propositi finirono in nulla.
    I democratici lo aspettano al varco, Chris Coons senatore del Delaware, ha avvertito: «Dimostri di privilegiare la sicurezza nazionale all'agenda della vendetta di Trump». Il pallottoliere è già in funziona, i repubblicani hanno tre seggi di vantaggio, ma ci sono tanti malumori per le scelte sulla Giustizia operate da Trump. A partire da Matt Gaetz, poi ritiratosi dalla corsa ad Attorney General a causa di scandali sessuali e di un cammino in commissione Giustizia che sarebbe finito quasi certamente nel burrone della bocciatura. E nemmeno la corsa di Patel sarà facile.
    Il Consigliere per la Sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, ha detto nei talk show della domenica che l'Fbi deve restare immune, isolato, dalla politica. Questo ha fatto Biden rispettando il mandato decennale del capo dell'Fbi. Dieci anni non sono un numero a caso, è un lasso di tempo studiato per garantire l'indipendenza del direttore dagli 8 anni al massimo di durata di una Presidenza.
    Per Trump, collezionista di teste del Bureau, evidentemente la regola non vale
  3. Donald sceglie Boulos : è consigliere per il mondo arabo. Charles Kushner ambasciatore a Parigi
    Il miliardario libanese e il padre di Jared I suoceri delle figlie per la politica estera
    corrispondente da washington
    Dall'America First al "Family First" il passo è breve. L'Amministrazione di Donald Trump si arricchisce di membri della famiglia dopo che il tycoon sabato ha nominato Charles Kushner, padre di Jared il marito di Ivanka Trump, nuovo ambasciatore in Francia.
    Ieri, il presidente-eletto ha pescato nuovamente nel giro ristretto dei famigliari (di sangue o acquisiti) e ha annunciato che Massad Boulos sarà consigliere senior per il mondo arabo e il Medio Oriente. Boulos è un facoltoso imprenditore libanese e padre di Michael, il quale nel 2022 ha sposato Tiffany, la figlia che Donald ebbe da Marla Maples. Conservatore e repubblicano da tempo, Massad ha avuto un ruolo chiave nella campagna elettorale di Trump ed è stato uno dei negoziatori con la comunità araba d'America.
    Ha compiuto diversi viaggi in Michigan nella zona di Detroit dove ha intessuto relazioni con i leader arabi locali, da un anno in rotta con la leadership democratica per il sostegno a Israele nel conflitto di Gaza.
    Trump lo ha definito un «asset» in riferimento non solo alle elezioni vinte ma anche per il futuro, poiché «è un negoziatore e un incrollabile sostenitore della pace in Medio Oriente».
    Personaggio dal passato più controverso è invece l'altro consuocero, Charles. Nel 2006 scontò due anni di prigione federale a Montgomery per una serie di reati finanziari, fra cui violazione della legge sui contributi elettorali ed evasione fiscale. Nel suo curriculum, anche il tentativo di adescare il cognato – che doveva deporre al processo – tramite una prostituta con lo scopo di inviare poi alla di lui moglie un video compromettente. Aveva fatto installare, infatti, delle telecamere in una stanza di albergo dove una prostituta aveva attirato il cognato. Il procuratore che indagò era Chris Christie, rivale di Trump alle primarie del 2016 e anche nel 2024.
    Nel 2020 Trump gli ha garantito il perdono presidenziale. Immobiliarista, Charles ha fondato nel 1986 la "Kushner Company" dove lavora il figlio Jared. La sua nomina ad ambasciatore, a differenza di quella di Boulos che ha un incarico di consigliere, dovrà essere ratificata dal Senato. Alb.Sim. —

 

 

 

01.12.24
  1. La presidente pro-Ue: "Non lascio fino a un nuovo voto "
    Georgia, roghi e barricate al Parlamento
    Non sono bastate le botte, le cariche, gli arresti di massa, le decine di feriti, i cannoni ad acqua, gli inseguimenti dieci contro uno degli sgherri delle forze speciali in borghese. Migliaia di persone sono tornate in piazza a Tbilisi ieri sera, per il terzo giorno consecutivo, determinate a protestare contro il governo apertamente filorusso che ha deciso di interrompere la strada di ingresso della Georgia nella Ue. Gli studenti, la società civile può contare soltanto su se stessa di fronte a un'Europa lontana che riesce solo a esprimere una condanna contro elezioni da ripetere perchè falsate da brogli. L'unica figura istituzionale rimasta dalla parte delle barricate è la presidente europeista Salome Zurabishvilihi, che dopo aver cercato di annullare i risultati del voto tramite la Corte costituzionale, ha annunciato che non lascerà l'incarico finché «non ci saranno nuove elezioni», dando voce alla rottura con il governo che intende nominare il suo successore il 14 dicembre. Con lei anche una sequela di ambasciatori, dalla Lituania all'Italia, agli Usa, e 160 diplomatici georgiani che ieri si sono dimessi in segno di protesta contro il governo, seguiti anche dal viceministro degli Esteri. Intanto, a Tbilisi, folle di manifestanti hanno eretto barricate per resistere all'ennesimo assalto delle forze dell'ordine, mentre dalle stanze del parlamento si vedevano le prime fiamme.
  2. Il gran ritorno dell'eterno Minniti A Palazzo Chigi per il piano Mattei
    Breve premessa. Da tempo quel personaggione di Marco Minniti, che attualmente è presidente della fondazione Med-Or, va spiegando che, in questo mondo così confuso e interconnesso, sempre più Caoslandia, l'interesse nazionale si tutela soprattutto fuori dai confini nazionali. In particolare nel Mediterraneo allargato, dove l'Europa si gioca un pezzo del suo futuro su dossier strategici. Ed è lì che l'Italia, per vocazione e collocazione, può agire un ruolo da apripista: da Gaza all'Africa, secondo teatro della guerra asimmetrica di Putin. Tanto per intenderci, due giorni fa Ciad e Senegal hanno interrotto qualunque rapporto di collaborazione militare con la Francia. È la conferma di ciò che disse Macron: «Françafrique è finita per sempre». Insomma, il tema è come costruire un'alternativa all'egemonia economica cinese e all'infiltrazione militare russa, molto pervasiva in tutte le ex colonie francesi del Centrafrica, con rilevanti conseguenze, a proposito di dossier strategici, in materia di energia, immigrazione, sicurezza.
    Fine della premessa. Ora le notizie. La prima è la trasformazione operativa di Med-Or, da Fondazione di Leonardo a Italian Foundation, processo annunciato lo scorso luglio alla presenza del sottosegretario Alfredo Mantovano. Ora: Leonardo mantiene la maggioranza assoluta, ma sono entrati come soci tutte le grandi aziende di Stato, da Eni a Enel, a Cdp, Fincantieri, Ferrovie, Poste, Snam, Terna, con la possibilità di adesione anche per aziende private. La seconda è che, nei prossimi giorni, si riunirà a palazzo Chigi il "comitato strategico" della nuova Fondazione con i rappresentanti delle suddette aziende e i capi di gabinetto dei ministeri coinvolti: Esteri, Interno, Difesa, Imprese e Made in Italy, Università e Ricerca, Agricoltura, Ambiente, Economia. Al tavolo anche il consigliere diplomatico di Giorgia Meloni e i capi di gabinetto della premier e di Alfredo Mantovano. Che presiederà l'incontro. Inciso: la prima riunione del comitato (solo di Med-Or allora) si svolse ai tempi di Mario Draghi nel 2021.
    Finora il "piano Mattei" è stato una specie di Godot. Le due notizie raccontano della creazione di una sorta di "cabina di regia pensante". Un nuovo strumento, a servizio del sistema Paese, preposto al "soft power" con l'obiettivo di potenziare, in chiave strategica, la cooperazione e governare la competizione nell'ambito della sfida globale. Perché, in una fase in cui la geopolitica è tutto, pensare di sviluppare business internazionale senza mettere in comune capacità di influire è velleitario.
    Soft power: la traccia di cosa sia ce la fornisce proprio l'elenco delle ultime iniziative e dei seminari di studi di Med-Or, certamente focalizzate sul Mediterraneo, ma di cui fa parte anche l'attenzione al Sud del mondo, come la collaborazione col centro di studi strategici indiano o il memorandum con la Repubblica popolare del Vietnam. Quella organizzata da Coldiretti con Claudio Descalzi, di cui è noto il ruolo centrale nel Mediterraneo, e Federico Vecchioni, ad di Bonifiche Ferraresi, ambasciatore agricolo in Africa sul tema delle terre coltivabili. Quella sull'impatto dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo e in Africa, in collaborazione con la Nato. È l'esito di un bando Nato vinto da Med-Or come capofila di una cordata col ministero degli Esteri della Giordania, paese arabo moderato, e il nostro Istituto di Geofisica e vulcanologia. A proposito di interconnessioni, recentemente è diventata vicesegretario Nato la macedone Radmila Šekerinska, esponente dell'international board della fondazione. E poi, altra attività, la formazione di quindici giovani diplomatici somali, che assisteranno il loro presidente ora che la Somalia entra nel consiglio di sicurezza dell'Onu. Quindi la cultura e alta formazione come strumento di dialogo e di integrazione. Uno degli obiettivi della nuova Fondazione sarà anche il Sud America, dove già Enel svolge un ruolo importante. Sembra un "fuori teatro", in realtà è un pezzo fondamentale del Global South del Mondo, visto come è stato accolto di Xi al G20 in Brasile.
    Dunque: regia di Mantovano, benedizione di Giorgia Meloni. Sulla carta suona come una ripresa in grande stile del Piano Mattei. Qui però c'è anche l'elemento sapido politicamente. Questa roba, sul tema dell'immigrazione, rappresenta esattamente l'opposto dell'"aiutiamoli a casa loro", slogan di cui è infarcita la discussione pubblica: l'idea che l'Africa sia un luogo ostile da cui proteggersi, condita di pregiudizio anti-islamico. Lo slogan, di questa iniziativa, potrebbe essere "aiutiamoci a casa nostra, occupandoci del loro destino". E, sempre in chiave migranti, rappresenta anche l'opposto dell'Albania: è la differenza tra la logica emergenziale del Paese terzo – che non funziona ma tiene salvo il racconto cattivista-populista – e l'approccio strutturale al fenomeno, l'Africa appunto.
    Conoscendo le abitudini della casa, probabilmente resterà l'atteggiamento bifronte caro alla premier: l'Albania e l'Africa, Fazzolari e Mantovano. Attenzione, però. L'anello al naso gli africani se lo sono tolto da tempo. Suscitare aspettative per poi riempire di soldi Edi Rama crea sfiducia. E infatti sono ricominciati gli sbarchi a Lampedusa, segno che qualcuno in Africa ha riaperto i rubinetti. Chissà se, a proposito di Cina, a palazzo Chigi è giunta l'eco dell'antico insegnamento di Sun Tzu: «Una strategia senza tattica è la via più lunga per arrivare alla vittoria. Una tattica senza strategia è il rumore di fondo della sconfitta». —
  3. Renzi attacca: "Miseria umana". Il Pd: "Episodio sconcertante". Silenzio dai vertici del Movimento
    Pinerolo, i 5 stelle accusati di antisemitismo Diventa un caso il no alla cittadinanza a Segre
    roma
    Dal votare contro la cittadinanza onoraria a Liliana Segre a sentirsi accusare di antisemitismo il passo è stato brevissimo. I 5 stelle di Pinerolo, in provincia di Torino, dove sono maggioranza in Consiglio comunale e hanno il loro sindaco, sono finiti nella classica bufera politica, che ha rapidamente assunto dimensioni nazionali. Tutti contro il Movimento, dal Pd a Fratelli d'Italia, passando per Italia Viva, da cui arrivano i commenti più velenosi.
    Matteo Renzi interviene personalmente per condividere sui social il suo «profondo imbarazzo» per la «miseria umana» di chi si è «rifiutato di riconoscere la grandezza di Liliana Segre». La capogruppo del Pd nel Consiglio regionale del Piemonte, Gianna Pentenero, parla di un «episodio sconcertante e sconfortante», perché «ancora una volta assistiamo alla confusione tra la Shoah e la tragedia in corso a Gaza, un pericoloso cortocircuito alimentato ora da ignoranza ora da vero antisemitismo – spiega –. Ci auguriamo che non sia questo il caso della maggioranza che guida il Comune di Pinerolo». Da destra va all'attacco il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, che si dice «allibito» per una «brutta pagina e una pessima figura di livello nazionale».
    Dal quartier generale romano del Movimento 5 stelle si sceglie di non dare eccessiva enfasi alla vicenda. Nessun commento da Giuseppe Conte, né da Chiara Appendino, vicepresidente M5s ed ex sindaca di Torino, donna di punta in quel territorio. La replica è affidata a un semplice deputato come Antonino Iaria, già assessore nella giunta Appendino: «Esprimo la mia più ferma condanna per il tentativo di strumentalizzazione della senatrice Liliana Segre da parte di un consigliere di destra del Comune di Pinerolo – scrive in una nota –. È inaccettabile che la sua figura, simbolo di memoria e giustizia, venga utilizzata per finalità divisive e contro la causa palestinese». Questa è la posizione ufficiale dei pentastellati, già illustrata dal sindaco di Pinerolo, Luca Salvai, che è tornato a spiegare il motivo dello stop alla proposta: «La cittadinanza onoraria deve unire una comunità, non può essere utilizzata per creare divisioni. La mozione è stata bocciata perché presentata in modo strumentale legandola al conflitto israelo-palestinese in corso». Nessuna ragione ideologica, quindi, men che meno dal sapore razzista: «Tacciare il M5s di Pinerolo o l'amministrazione tutta di antisemitismo è una fesseria», taglia corto Salvai.
    Parole che non bastano a placare critiche e accuse, con i renziani, come detto, in prima linea. «Ora si fa più chiaro il fumoso concetto di "progressismo indipendente", ironizza sui social il capogruppo di IV al Senato Enrico Borghi, convinto che i fatti di Pinerolo «dimostrino sul campo il senso delle parole e la fatuità del trasformismo tattico pronto all'uso». E la collega Raffaella Paita ci mette il carico, sostenendo che «un Consiglio comunale dove si esprimono opinioni razziste e contrarie alla Costituzione dovrebbe essere quanto meno sottoposto all'attenzione del Viminale». nic. car. —

 

 

ESCLUSIONE COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE , COME AZIONISTA ATLANTIA, NEL PROCESSO A CARICO DI CASTELLUCCI PER IL CROLLO DEL PONTE MORANDI

COST PONTE M

 

 

 

 

Diritti degli azionisti

La Direttiva 2007/36/EC stabilisce diritti minimi per gli azionisti delle societa' quotate in Unione Europea. Tale Direttiva stabilisce all'Articolo 9 il diritto degli azionisti a porre domande connesse ai punti all'ordine del giorno dell'assemblea e a ricevere risposte dalle societa' ai quesiti posti.

 

Considerando le difficolta' che spesso si incontrano nel proporre domande e nel ricevere risposte in tempo utile, in particolare per quanto riguarda gli azionisti individuali impossibilitati a partecipare alla assemblea, e considerando che talvolta vi e' poca chiarezza sulle modalita' da seguire per porre domande alle societa',

 

Ritiene la Commissione:

che il diritto degli azionisti a formulare domande e ricevere risposte sia adeguatamente garantito all'interno dell'Unione Europea?

che la possibilita' di porre domande e ottenere risposte solo nel caso l'azionista sia fisicamente presente nell'assemblea sia compatibile con la Direttiva 2007/36/EC?

 

In che modo la Commissione ritiene che le societa' quotate debbano definire e comunicare le modalita' per porre domande da parte degli azionisti, in modo da assicurare che tale diritto sia rispettato appieno? Sergio Cofferati

 

 

IL MIO LIBRO "L'USO DELLA TABELLA MB nei CASI DI PIANI INDUSTRIALI: FIAT, TELECOMITALIA ED ALTRI..." che doveva essere pubblicato da LIBRAMI-NOVARA nel 2004,  e' ora disponibile liberamente  CLICCA QUI 

 

 

In data 3103.14 nel corso dell'assemblea Fiat il presidente J.Elkann mi fa fatto allontanare dalla stessa dalla DIGOS impedendomi il voto eccone la prova:   

DOC DIGOS

 

Sentenze  

1) IL 21.12.12  alle ore 09.00 nel TRIBUNALE TORINO aula 80 C'E'  STATA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE  PER LA QUERELA DELLA  FIAT,  PER QUANTO DETTO nell'ASSEMBLEA FIAT 2008 .UN TENTATIVO DI IMBAVAGLIARMI, AL FINE DI VEDERE COME  DIFENDO I MIEI DIRITTI E DI TUTTI GLI AZIONISTI DI MINORANZA NELLE ASSEMBLEE .

 Mb

SCAPARONE     SENT Mb

il 24.11.14 alle ore 1200 si tenuto al TRIBUNALE DI TORINO aula 50 ingresso 19 l'udienza finale del mio processo d'appello in seguito alla querela di Fiat per aver detto il 27.03.2008 all'assemblea FIAT che ritengo "Marchionne un'illusionista temerario e spavaldo" e che "la sicurezza Fiat e' responsabile della morte di Edoardo Agnelli per omessa vigilanza". In 1° grado ero stato assolto anche in 2° e nuovamente sia FIAT che PG hanno impugnato per ricorso in Cassazione che mi ha negato la libertà di opinione con una sentenza del 14.09.15.

SOTTO POTETE TROVARE LA DOCUMENTAZIONE

SENT 2013   FIAT 2013  PM 2013 SENT 2015  FIAT 2015  PG 2015  SCA 14.11.14 SCA 24.11.14  SENT CASS

2) il 21 FEBBRAIO 2013  GS-GABETTI sono stati condannati per agiotaggio informativo.

SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ERRORE DEL TRIBUNALE DI TORINO NELL'ASSOLVERE GABETTI E GRANDE STEVENS

SENT CASS  SENT AP TO

 

Ifil-Exor: no risarcimento a parti civili, Consob punta a Cassazione

Borsa Italiana-21/feb/2013

Come parti civili si erano costituite la Consob e due piccoli azionisti, tra cui Marco Bava, noto per il suo attivismo in molte assemblee. "Non so ...

 

SU INTERNET IL  LIBRO DI GIGI MONCALVO  SULL'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI

PRES LIBRO   COP LIBRO DICEMBRE

Edoardo, un Agnelli da dimenticare

 

Marco Bernardini non ha le prove del suicidio io ho molte prove dell'omicidio che sono state illustrate in 5 libri di cui l'ultimo e' l'ultimo di Puppo :

EDOARDO AGNELLI, UN GIALLO TROPPO COMPLICATO - DIRITTO DI CRONACA

Ma Lapo ricorda il suo cane :

http://www.today.it/rassegna/morto-cane-lapo-elkann-comodino.html

 

La vostra voce in Europa - Consultazioni aperte - IT

 

 

www.italiachecambia.org

www.jobyourlife.com

www.osservatoriodannoallapersona.org

www.valserena.it PER PRODOTTI NATURALI

 rowdfundingbuzz.it

http:/fliiby.com/marcobava/?utm_source=in150&utm_medium=email&utm_campaign=life_cycle

http://paoloferrarocdd.blogspot.it/

 

Sarà operativa dal 9 gennaio la nuova piattaforma per la risoluzione alternativa delle controversie online messa in campo dalla Commissione europea. Gli organismi di risoluzione alternativa delle controversie (Adr) notificati dagli Stati membri potranno accreditarsi immediatamente, mentre consumatori e professionisti potranno accedere alla piattaforma a partire dal 15 febbraio 2016, all'indirizzo

http://ec.europa.eu/consumers/odr/

 

 

http://www.freevillage.it/ sito avv.Mario Piccolino ucciso il 29.05.15

 

VIDEO Mb

https://youtu.be/ACwrglgdOeA

https://youtu.be/gQoC1u6yWOM

https://youtu.be/pJ3Y_oSqMV8

https://youtu.be/cSQo3ljpM-Y

 

 

 

 http://www.barattobb.it/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Videoinforma :  www marcobava.it

 

SE VUOI VEDERE COME VA IL MOND0 VAI SU : https://youtu.be/3sqdyEpklFU

 

https://www.nucleareurope.eu/facts-figures/nuclear_facilities/

 

https://www.passioneastronomia.it/scopri-come-sara-la-terra-tra-100-milioni-di-anni-il-video-e-da-pelle-doca/

 

Torino 1864, la prima stage di Stato. La strage di Torino del 1864 attraverso i libri. articolo di Tullio Fazzolari
...
Nei prossimi mesi, in vista del 3 febbraio, c’è da aspettarsi che verranno ricordati i 160 anni del trasferimento da Torino a Firenze della
capitale del regno d’Italia.
E anche se fu un fatto transitorio durato appena sei anni resta comunque una ricorrenza importante per lo sviluppo di Firenze.
Poco o nulla, invece, s’è detto in questi giorni del centosessantesimo anniversario di quella che è stata definita “la prima strage di Stato”.
Il 21 settembre 1864, appena si seppe che alla loro città veniva tolto il ruolo di capitale del regno, i torinesi manifestarono il proprio
malcontento.
I carabinieri reagirono subito sparando e la conseguenza furono due giornate di sangue con più di 50 morti e almeno 150 feriti.
Pochi libri raccontano i tragici eventi di Torino.
Tra questi vanno sicuramente segnalati “La strage impunita.
Torino 1864” di Valerio Monti (Savej, 151 pagine, 15 euro) pubblicato nel 2014 e il più recente “Torino 1864.
La prima strage senza colpevoli dell’Italia unita” di Enzo Ciconte (Interlinea, 200 pagine, 14 euro).
Altre pagine da non perdere vanno cercate con un po’ di pazienza nei volumi dedicati alla storia del capoluogo piemontese.
Per esempio “Torino” a cura di Valerio Castronovo edito da Laterza.
Oppure l’importante saggio di Umberto Levra “Dalla città “decapitalizzata” alla città del Novecento” pubblicato nel settimo volume della
“Storia di Torino” di Einaudi.
Tutte le ricostruzioni confermano che la strage del 1864 fu uno degli eventi più vergognosi dello Stato unitario.
Tanto per cominciare il trasferimento della capitale era stato imposto nella cosiddetta convenzione di settembre dalla Francia di Napoleone
III.
La scelta di Firenze (dopo aver scartato l’ipotesi di Napoli) doveva essere il segnale che l’Italia rinunciava a fare di Roma la propria capitale.
L’accordo non piacque al re Vittorio Emanuele II che dovette subirlo obtorto collo.
Ma soprattutto non piacque ai torinesi per molte ragioni tra cui anche l’obbligo di trasferirsi per i dipendenti statali.
La protesta del 21 settembre fu inizialmente pacifica e per molti aspetti patriottica.
Si gridavano invettive contro il governo Minghetti succube dei francesi e s’inneggiava a Garibaldi.
Lo slogan ricorrente era “Roma o Torino” a dimostrare che la perdita della capitale poteva essere accettata se si fosse realizzata l’unità
nazionale.
La violenta reazione dei carabinieri provocò la sommossa del giorno successivo.
E di nuovo i carabinieri aprirono il fuoco in maniera scomposta uccidendo persino alcuni soldati che stavano arrivando di rinforzo.
Nessuno verrà punito.
I 58 carabinieri che la magistratura militare aveva rinviato a processo vennero tutti assolti.
L’inchiesta parlamentare non ebbe conseguenze.
E per chiudere tutto arrivò un’amnistia.
Restano una lapide in piazza San Carlo a ricordo delle vittime e i segni indelebili dei proiettili sotto il monumento a Emanuele Filiberto.

 

 

 

 

 

PERCHÉ NO AL MINISTRO NUCLEARISTA PICHETTO DI UN GOVERNO IN CADUTA LIBERA :

  1. IL NUCLEARE RAPPRESENTA I DINOSAURI  SOSTENUTI DA CHI VUOLE GUADAGNARE FACILMENTE CON IL PASSATO.

I numeri dell’Industria italiana delle rinnovabili

Il risultato? Il rapporto IREX 2024 mostra come il comparto italiano delle rinnovabili non abbia fermato la crescita, nonostante una serie di difficoltà oggettive, dal peso dell’inflazione ai rincari dei materiali passando per le tante complessità autorizzative. Al punto che vengono riportate 1.180 iniziative progettuali (in aumento del 23% sul 2022,) per una potenza totale cumulata di 50,9 GW e un valore aggregato di 80,1 miliardi di euro. In termini di investimenti in progetto si tratta di quasi il doppio del 2022. E per il 96% si tratta di progetti destinati all’Italia.

La parte del leone la fa l’agrivoltaico con 368 iniziative del valore aggregato di 14 miliardi e una potenza pianificata cumulata di ben 15,8 GW. Il fotovoltaico tradizionale rimane in testa per numero di operazioni ma potenza e investimenti pianificati  si attestano sotto all’agri-fv: 12,6 GW e 10,4 miliardi di euro. L’eolico a terra con 254 progetti per 14,GW di potenza totale cumulata, tocca un valore di 19,2 miliardi di euro. Più bassi ovviamente i numeri dell’eolico offshore che tuttavia si fa finalmente notare con 12 operazioni per 8,4 GW e 28,1 miliardi di euro. Gli investimenti complessivi per i sistemi di accumulo passano da 3,2 a 8,2 miliardi.

L’Irex Annual Report 2024 mostra un settore italiano delle rinnovabili che ha continuato a crescere nonostante le sfide economiche globali”, ha spiegato l’amministratore delegato Alessandro Marangoni, a capo del team di ricerca. “Tra gli elementi caratterizzanti […] lo sviluppo dell’eolico offshore che, sulla carta, è la tecnologia emergente nel 2023 e il crescente interesse per gli accumuli, con l’affacciarsi di molti player e progetti”.

Marangoni pone l’accento anche sulla riduzione della taglia media degli impianti rinnovabili, scesa dagli 48 MW del 2022 a 44 MW nel 2023. Contestualmente il rapporto evidenzia l’aumento delle operazioni inferiori a 10 MW, il cui peso sale dal 16% al 30% del totale. Sul fronte specifico dei sistemi di accumulo il 99% degli impianti è inferiore ai 20 kW, di cui la maggior parte sotto i 10 kW (91%).

Il costo livellato dell’energia

Il rapporto IREX 2024 mostra per il 2023 un sensibile ridimensionamento dei prezzi elettrici in Europa. La media si attesta a 96,1 euro il MWh (meno 54% sul 2022) ma il Belpaese si contraddistingue come al solito con uno dei valori più elevati: 127,2 euro il MWh.

Sul fronte degli LCOE, ossia del costo medio per unità di elettricità generata, il documento sottolinea un sensibile aumento dei valori per le fonti rinnovabili. Il LCOE dell’eolico offshore varia tra 82,1 euro il MWh del Mare del Nord e 121,1 euro il MWh del Mediterraneo; nel fotovoltaico il valore medio dell’LCOE degli impianti commerciali si attesta a 107,4 euro il MWh (+9,8% sul 2022), mentre gli impianti di taglia industriale presentano un costo medio di 77 euro il MWh (+10,6% sul 2022).

Il report offre anche qualche previsione di scenario per il 2024 “con i prezzi delle materie prime per la costruzione degli impianti eolici che vedranno variazioni differenziate: in aumento alluminio e rame, in calo i materiali ferrosi, stabile il cemento per le fondazioni. Gli effetti saranno una discesa del LCOE più contenuta per l’onshore (nulla o fino al 5%) e più marcata per l’offshore (-10%/-15%). Per il fotovoltaico le pressioni sulla componentistica dovrebbero portare a ulteriori ribassi, con il costo dei moduli in calo del 10-15%”.

  1. NON SI RISPETTA VOLONTA' DEGLI ITALIANI ESPRESSA 2 VOLTE.
  2. IL FUTURO E' LA RETE ELETTRICA DELLE RINNOVABILI CON LA PRODUZIONE DI H2 NEI PICCHI , UTILIZZATO NELLE CARENZE.

4.            L’Italia sta investendo 135 mln in R&D su piccoli reattori modulari e nucleare 4G

La narrativa che circonda la “rinascita” del nucleare dipinge i piccoli reattori modulari di ultima generazione come la soluzione a tutti i problemi dei vecchi reattori. Gli Small Modular Reactors (SMR) sarebbero meno costosi e sarebbe possibile costruirli in poco tempo. Candidati ideali, quindi, per un ruolo almeno da comprimario nella transizione energetica, a fianco delle rinnovabili. E sui quali bisogna investire subito per avere una flotta di SMR adeguata già nel 2030.

La realtà è completamente diversa: i loro costi lievitano e i ritardi nei tempi di realizzazione si accumulano come per le vecchie centrali nucleari, sostiene un rapporto dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA) che ha analizzato tutti i progetti di SMR in cantiere.

Vecchi/nuovi problemi per i piccoli reattori modulari

La base di partenza è ristretta: sono solo 4 gli SMR operativi o in costruzione oggi in tutto il mondo. A fronte di circa 80 diversi concetti di piccoli reattori modulari a diverse fasi di maturità. Oltre ai dati sui 4 mini-reattori nucleari, l’IEEFA si è basata anche sulle previsioni sui costi fornite da alcuni dei principali sviluppatori di questi progetti negli Stati Uniti.

“I risultati dell’analisi mostrano che poco è cambiato rispetto al nostro lavoro precedente. Gli SMR sono ancora troppo costosi, troppo lenti da costruire e troppo rischiosi per svolgere un ruolo significativo nella transizione dai combustibili fossili nei prossimi 10-15 anni”, sintetizza il rapporto.

Per i 3 piccoli reattori modulari operativi (2 in Russia e 1 in Cina) e per l’unico altro SMR in costruzione (in Argentina), le spese effettive di costruzione sono state “notevolmente sottostimate”. Per i reattori russi l’aumento supera il 300%, ma i dati risalgono al 2015 e probabilmente l’incremento reale è maggiore. Un aumento analogo è quello registrato per l’SMR cinese. Per il mini-reattore argentino va anche peggio: rispetto alle stime iniziali del 2013, i costi previsti erano lievitati del 600% nel 2021. Per altri SMR solo proposti i costi sono più che raddoppiati, come nel caso dei mini-reattori di NuScale. Incrementi che avvengono prima ancora che i progetti ottengano licenze e via libera formale.

Sui tempi, i lunghi ritardi nella costruzione “sono stati la norma, non l’eccezione”, sostiene l’IEEFA. Per i 4 SMR al centro dell’analisi le tempistiche sono regolarmente almeno triplicate, passando dai 3-4 anni preventivati ai 12-13 anni effettivi. Tutti ritardi non troppo distanti da quelli riscontrati anche dai reattori di più recente generazione, come gli EPR di Okiluoto e Flamanville (dai 4-5 anni preventivati a 16-18 effettivi). Parte della retorica sui supposti tempi ridotti di realizzazione fa leva sulla modularità degli SMR. Ma l’approccio modulare è stato impiegato anche in altri reattori precedenti, sottolinea il rapporto, e senza gli attesi benefici sulle tempistiche.

 

A marzo conclusa la 1° fase di lavori per preparare il campo al ritorno del nucleare in Italia

(Rinnovabili.it) – A marzo la Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile ha finito “la prima fase di lavori” e si appresta a formulare una “strategia nazionale” che entrerà nel PNIEC e prepara la strada al ritorno del nucleare in Italia. Lo ha comunicato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) Gilberto Pichetto durante il question time al Senato dell’11 aprile.

La Piattaforma sta quindi rispettando la tabella di marcia annunciata lo scorso settembre, che prevedeva una ricognizione del panorama del nucleare a livello nazionale e internazionale. Un primo giro di orizzonte su cui costruire una “via italiana” all’atomo.

“Nelle tre fasi successive si procederà con l’elaborazione di una road map e la definizione di azioni con le relative risorse per incentivare la possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia attraverso le nuove tecnologie nucleari caratterizzate da elevati standard di sicurezza e sostenibilità”, ha specificato Pichetto.

In realtà il governo ha già iniziato a stanziare risorse per il nucleare in Italia. All’atomo sono stati destinati lo scorso novembre 135 mln euroil 25% del totale disponibile sotto il capitolo Mission Innovation. Destinati ad attività di ricerca e sperimentazione sui piccoli reattori modulari di terza e quarta generazione nel breve-medio periodo.

I prossimi passi per il ritorno del nucleare in Italia

Secondo i piani, la Piattaforma dovrebbe produrre entro aprile un documento che tracci la strada da seguire, che saranno poi tradotte entro giugno in linee guida ben definite che individuano azioni, risorse, investimenti e tempistiche per riaprire la porta all’atomo.

Questa strategia nazionale “darà un contributo che sarà contemplato anche nell’aggiornamento del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) e per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione”, ha aggiunto il titolare del MASE rispondendo a un’interrogazione del senatore Zanettin (FI). Sarà elaborata tenendo conto dei contributi forniti dalle indagini conoscitive delle commissioni Ambiente di Camera e Senato e dall’industria nazionale legata alla filiera dell’atomo.

“La filiera industriale italiana è già fortemente impegnata a livello internazionale sia nel campo della fissione che in quello della fusione, in particolare nella produzione di componentistica richiesta da centrali nucleari estere, reattori sperimentali e centri di ricerca. Il loro coinvolgimento risulta fondamentale per far sì che tutta la filiera che gravita intorno al nucleare sia pronta nel momento in cui il quadro regolatorio nazionale consentirà la ripresa di quelle che possono essere le attività e le relative autorizzazioni”, ha sottolineato Pichetto.

 

5.               Sono passati undici anni dal referendum indetto per chiedere il parere degli italiani su un eventuale ritorno al nucleare; era il mese di giugno del 2011, tre mesi dopo il disastro di Fukushima. E sono passati ben 35 anni dal precedente referendum sullo stesso tema delle centrali nucleari, avvenuto nel 1987, ossia un anno dopo la tragedia di Chernobyl. In entrambi i casi gli italiani si espressero in maggioranza contro lo sviluppo del nucleare civile nel nostro Paese.

Undici anni non sono tanti, ma sono evidentemente sufficienti per rimuovere dalla coscienza nazionale gli eventi del passato perché oggi in Italia assistiamo a una sorta di revival del nucleare; si sta, infatti, diffondendo molto materiale propagandistico, approfittando dei comodissimi e ubiquitari social media che permettono con grande facilità di far circolare idee, giuste o sbagliate che siano.

In particolare, nel settembre 2022 è apparso su YouTube un video a cartoni animati di circa 15 minuti dal titolo “Il nucleare: i dubbi più grossi”, realizzato da un giovane produttore indipendente. Grazie all’indiscussa abilità del video maker e a una narrazione tutta giocata su un registro sardonico e sarcastico, il video ha raccolto in poco tempo oltre un milione di visite e una pletora di commenti generalmente entusiasti tra il pubblico, composto in maggioranza da giovani e giovanissimi.

La trascrizione integrale del parlato a supporto del video occupa ben sei pagine in formato Word e spazia su numerosissimi temi: dal funzionamento delle centrali nucleari alla loro sicurezza, dagli incidenti a questi impianti agli effetti generati dall’esplosione di una bomba atomica, dalla sicurezza energetica di una nazione alle caratteristiche delle fonti rinnovabili e a quelle dell’industria estrattiva dell’uranio, giusto per citarne alcuni. L’autore dichiara apertamente di propendere da sempre per il nucleare e di essersi avvalso di consulenti chiaramente orientati in questo senso. 

Per dare una prima idea di come sia impostato il video, diciamo subito che racconta i due gravissimi incidenti sopra citati, Chernobyl e Fukushima, fornendo diverse spiegazioni sulle cause che li hanno provocati, ma dimentica del tutto il primo incidente nucleare grave (grado 5 su scala di 7), che avvenne negli Usa nel 1979 alla centrale di Three Mile Island, con fusione parziale del nocciolo e rilascio di radiazioni nell’ambiente.

L’incidente americano diede impeto al movimento antinucleare globale che, per esempio, in Italia si oppose per anni, senza successo, alla costruzione delle centrali, per poi arrivare alla vittoria con il referendum del 1987. Il movimento si riaccese a causa dei progetti nuclearisti di Berlusconi e Scajola (al governo tra il 2001 e il 2006) e, in particolare, con la decisione di creare in un giacimento di salgemma nel territorio di Scanzano Jonico il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi (2003). Le manifestazioni contrarie durarono 15 giorni e la decisione venne ritirata anche su insistenza dei politici lucani. Tutte cose che il video non racconta affatto.

All’inizio del video si sente dire che è “molto facile” costruire e capire come funziona una centrale nucleare. Questo è il primo messaggio sbagliato perché l’industria del nucleare non è affatto “molto facile”, anzi è terribilmente difficile. Siccome si tratta di impianti intrinsecamente pericolosi e molto complessi, durante la progettazione, nei controlli preventivi, nella costruzione e nell’esercizio, vengono esaminati tutti i possibili tipi di incidenti e vengono previste un’infinità di contromisure per prevenirli; salvo, poi, dover rifare tutto il ragionamento ogni volta che si verifica un incidente “imprevisto” (cosa che successe, ad esempio, dopo Three Mile Island). Questa complessità aumenta moltissimo tempi e costi, tanto da veder saltare sempre i budget di previsione e allungare, anche di decenni, le attivazioni operative degli impianti.

Inoltre, la “semplice” gestione delle centrali non è affatto banale. Ad esempio, dei 56 reattori francesi, nel corso del 2022 30 sono rimasti fermi: 18 perché sottoposti ad interventi di manutenzione programmata e 12 per problemi di “corrosione da stress”; per 16 di loro le autorità francesi hanno deciso di prolungare il funzionamento oltre i tempi della quarta revisione periodica dei reattori da 900 MW di Électricité de France (EDF), decisione molto discutibile considerato che questi impianti sono stati progettati per 40 anni di attività. 

Negli ultimi anni in Francia si sono verificati importanti problemi in ben quattro centrali: a Civaux, a Cattenom, a Chooz e infine, solo qualche giorno fa, a Penly, con rischio classificato al livello 2, appena sotto ciò che si definisce “incidente grave”, e tale da indurre le autorità a fermare il reattore.

La débâcle del nucleare francese ha portato la produzione delle centrali al livello più basso degli ultimi 30 anni. A risentirne sono stati anche i conti di EDF che ha chiuso il bilancio 2022 con una perdita di 17,9 miliardi di euro e ciò nonostante il fatturato sia cresciuto del 70% rispetto all’anno precedente. 

Il Governo francese, dal canto suo, sul finire dello scorso anno ha lanciato la nazionalizzazione della multiutility con un esborso stimato in 9,7 miliardi di euro; oggi EDF è per il 96% di proprietà dello Stato e diverrà interamente pubblica nel volgere di qualche settimana. 

Per non parlare, poi, della dismissione degli impianti nucleari che è motivo di insostenibilità economica per i soggetti gestori e fonte di forte preoccupazione per le autorità e i territori che ospitano gli impianti.

Il video è interamente costellato di sapienti inesattezze. Per esempio, si lascia intendere che il maremoto del 2011 in Giappone fosse imprevedibilmente eccezionale e, quindi, “i danni conseguenti a Fukushima sostanzialmente inevitabili”. Non è assolutamente così. Viene, infatti, volutamente ignorato il fatto che la prima centrale nucleare costiera raggiunta dal maremoto non fu quella di Fukushima, bensì quella di Okagawa, dove l’impianto, costruito da un’altra azienda senza badare a spese, resistette sia al terremoto che allo tsunami, diventando addirittura rifugio per gli sfollati [1].

Se i proprietari della centrale di Fukushima non avessero risparmiato sulle protezioni anti-maremoto e i controlli pubblici giapponesi avessero funzionato bene, il disastro non sarebbe avvenuto. Questo, che sembra essere un argomento in favore del nucleare, pone in verità un problema generale sul nucleare “privato” e sui controlli “pubblici” ed è il motivo per cui le poche centrali nucleari in costruzione in Europa sono tipicamente affidate ad aziende statali con costi impressionanti che gravano solo sulle casse pubbliche. Per esempio, la centrale nucleare francese di Flamanville, dopo il fallimento del costruttore Areva, è ora in mano a EDF che sta realizzando anche la grossa centrale inglese di Hinkley Point C, insieme al colosso statale nucleare cinese CNG, con fortissime polemiche sia sull’opportunità politica, sia sui costi, sia sull’impatto ambientale.

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Il nucleare civile, per quante precauzioni si prendano, non è a prova di inetto o di avido: basta un singolo malintenzionato o sbadato nella lunga catena di progettazione, controllo e gestione degli impianti e del combustibile per mettere a repentaglio la sicurezza generale. Questo naturalmente è vero anche per altre grandi imprese energetiche, come ha dimostrato il disastro del Vajont (1963), che di fatto, conducendo a migliaia di morti, fermò per sempre la corsa al grande idroelettrico sulle nostre montagne.

Venendo a punti specifici, abbiamo rilevato nel video un numero notevole di errori, imprecisioni, notizie distorte e dati poco attendibili. Di seguito una breve selezione.

Seguendo la successione cronologica, la prima riguarda il nocciolo che “non esploderà mai; al massimo si scalda, si dilata e fonde” e ben si connette con l’altro travisamento “una centrale non è una bomba e non può esplodere come una bomba”. I fatti dimostrano esattamente il contrario: il 10 aprile 2003 nella centrale di Paks in Ungheria fu scongiurato il pericolo di un’esplosione nucleare grazie ad un pronto e non semplice intervento di raffreddamento di 30 barre di combustibile del nucleo del reattore. Dunque, se per un verso non è possibile escludere a priori il rischio di esplosione del nocciolo, dall’altro occorre riaffermare – cosa che l’autore del video si guarda bene dal fare – che l’autodistruzione del reattore è in sé il maggiore dei pericoli e che può essere innescato, come accadde a Fukushima, anche da eventi di “ordinaria amministrazione” quali, ad esempio, la distruzione dell’impianto refrigerante e/o la mancata alimentazione delle pompe.

Una centrale nucleare, in caso di incidenti, anche se non esplode è, comunque, una bomba i cui effetti biologici (ad es., sindrome acuta da radiazioni e aumento dell’incidenza del cancro), psicologici e sociali sono estremamente gravi e duraturi, così come dimostrato da studi condotti sia in Italia (vedi il caso della Centrale del Garigliano) che all’estero [2].

Inoltre, il rassicurante messaggio contenuto nel video “ci preoccupiamo di poche scorie stoccate in barili a prova di bomba che in 70 anni di attività di un paese occupano un solo capannone”, è fuorviante perché si limita a considerare l’aspetto quantitativo, senza toccare i risvolti più critici.

Da un punto di vista del tutto generale, le scorie, tante o poche che siano, sono un problema non risolto che lasciamo sulle spalle delle prossime generazioni; come è stato giustamente sottolineato in un articolo uscito su Chemical&Engineening News del 5 maggio 2008 “it is at best irresponsible, at worst a crime, to leave the waste to be addressed by generations not yet born.”.

Ad esempio, per quanto riguarda l’Italia, trascorsi oltre 30 anni dalla chiusura degli impianti, la questione delle scorie è tutt’altro che risolta. In Germania la penetrazione di una soluzione salina nelle caverne sotterranee del deposito di Asse, dove dal 1967 al 1978 furono portati 125.787 container di scorie radioattive (per il 90% provenienti da centrali nucleari), ne ha compromesso la tenuta stagna. 

Parimenti critica risulta la situazione delle scorie in Francia: ad Aube, dei due centri di stoccaggio che ospitano il 90% dei residui radioattivi prodotti ogni anno in Francia, uno si sta avvicinando alla saturazione e per alcuni rifiuti non c’è ancora una soluzione. Inoltre, una recente inchiesta della rete televisiva Artè ha svelato che la Francia ha stoccato in Siberia presso il complesso atomico di Tomsk-7 e in modo totalmente abusivo (a cielo aperto) il 13% delle sue scorie radioattive. 

Inoltre, non viene toccato il problema della dismissione di una centrale nucleare che di scorie ne lascia tante e di difficilissima gestione; il sito che ha ospitato una centrale porta indelebili i suoi segni: enormi silos, in cui vengono “tombate” le scorie e le parti dell’impianto, che per ragioni di sicurezza non possono essere toccati per tempi lunghissimi e di cui, ancora una volta, si dovranno occupare le future generazioni.

Sempre nel video si minimizzano gli “effetti di un attacco militare” agli impianti, materializzatosi nell’agosto scorso a Zaporizhzhia e in settembre a Pivdennoukrainsk, in Ucraina.

In generale, gli impianti nucleari non sono progettati in funzione di un possibile danno derivante da un attacco militare perché, con una visione assolutamente miope, si considera quale unica fonte di pericolo il danneggiamento delle strutture che contengono il reattore. È, invece, facile dimostrare che per provocare un disastro, ad esempio simile a quello di Fukushima, sarebbe sufficiente indirizzare l’attacco militare al sistema di raffreddamento delle vasche che permettono di controllare la temperatura dei reattori.

Per il caso di Zaporizhzhia, l’Istituto Affari Internazionali ha formulato lo “Scenario Fukushima”, richiamando l’attenzione sulleconseguenze dell’interruzione della refrigerazione del nocciolo e delle piscine del materiale spento: esplosioni di idrogeno, incendi locali, esplosioni di vapore acqueo, rottura delle barre di combustibile fino alla fusione del nocciolo nel corium e penetrazione del contenitore, con rilascio di materiale radioattivo.

Inoltre, qualora fosse bombardata l’area di stoccaggio a secco del combustibile nucleare esaurito, le strutture di contenimento del combustibile potrebbero danneggiarsi liberando isotopi radioattivi che andrebbero a contaminare le zone circostanti l’impianto, rendendo necessarie contromisure di sanità pubblica per la popolazione locale.

Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Rafael Grossi, a proposito dei ripetuti attacchi missilistici alla centrale ha dichiarato: “Ogni volta è come se tirassimo i dadi. E se permettiamo che questo continui, un giorno la nostra fortuna si esaurirà”.

Nel video si tace, ovviamente, sulla “connessione tra usi civili ed usi militari” del nucleare; è, invece, noto che i cicli del combustibile e della fissione nelle applicazioni pacifiche e non pacifiche funzionano spesso in parallelo; tecnologie e conoscenze sono spesso adatte ai due usi, soprattutto negli stati con regimi autocratici. Il caso tipico è quello dell’Iran, con il suo programma militare clandestino svolto in parallelo a quello civile, dove la AIEA ha rilevato particelle di uranio arricchito all’83,7 per cento, non lontano dalla soglia del 90 per cento necessaria per la produzione di un ordigno.

E, comunque, anche in assenza di programmi militari clandestini, la catena del nucleare a uso civile ben si presta ad essere utilizzata per applicazioni militari: questo vale per gli impianti di arricchimento dell’isotopo fissile dell’uranio (U-235), per i reattori di ricerca e commerciali, per gli impianti e la tecnologia di ritrattamento e, infine, per i siti provvisori di stoccaggio del plutonio, dell’uranio e di altri materiali fissili.

Affermare poi che “Il nucleare fa paura perché ci appare ancora misterioso, per questo ci ricordiamo di quei 2 grossi incidenti successi in 70 anni di attività” è puro negazionismo; in realtà negli ultimi 50 anni si contano numerosi incidenti, tra i quali almeno 5 gravi: oltre a Chernobyl (1986) e Fukushima (2011), si devono aggiungere quello già citato all’impianto di Three Mile Island (1979) e quelli alle centrali nucleari di Kyshtym (1957) e di Windscale Piles (sempre 1957). Fra l’altro, è molto probabile che non tutti gli incidenti nucleari siano stati dichiarati in quanto legati a sviluppo di programmi militari clandestini.

Inoltre, il nucleare “fa paura” non perché sia oggetto opaco e misterioso come si dice nel video, ma proprio perché vi è consapevolezza dei rischi associati all’opzione nucleare. Ad esempio e giustamente, l’Italia, pur non avendo centrali funzionanti sul suo territorio, data la presenza di 13 impianti a meno di 200 chilometri dai suoi confini si è dotata di un Piano Nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari; tra gli obiettivi del Piano figurano la definizione e l’attuazione di “…misure per la tutela della salute pubblica e delle produzioni, con particolare riguardo alle misure protettive e alle strategie di protezione dei cittadini, nonché i controlli delle filiere produttive e le restrizioni alla commercializzazione di prodotti agroalimentari”.

Sui “costi del nucleare” la narrazione proposta nel video falsifica la realtà, ignorando la conclusione a cui si perviene dopo aver analizzato le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA): il nucleare non costerà poco e sarà in grado di reggersi unicamente in virtù di un robusto sostegno finanziario di fonte governativa. Non potrebbe essere altrimenti considerati gli ingenti costi di realizzazione degli impianti, su cui incide il peso degli oneri finanziari dovuti ai lunghi tempi di costruzione, stimati ottimisticamente dalla IEA in 10 anni nel Regno Unito, 9 in India e negli Usa, e 6 in Cina.

Non solo le vecchie ma anche le nuove centrali non risultano competitive sia rispetto ai costi che ai tempi di costruzione: Flamanville 3 in Francia avrebbe dovuto avere un costo di 5 miliardi di euro lievitati a 13,2, secondo Electricité de France, e a 19 per la Corte dei conti francese; la costruzione avviata nel 2007 si sarebbe dovuta concludere dopo molti ritardi nel 2022, ma secondo Alain Morvan, direttore del progetto, l’impianto verrà caricato con il combustibile solo nel primo trimestre del 2024. La Finlandia ha invece terminato la costruzione di Olkiluoto con un ritardo di 12 anni rispetto ai tempi pianificati e con costi triplicati.

La sequela di mistificazioni contenute nel video si alimenta anche del capitolo relativo “all’impronta carbonica” delle centrali in rapporto all’energia prodotta, che l’autore, non senza audacia e con tanto di grafico, proverebbe essere inferiore rispetto a quella delle fonti rinnovabili.

La quantità di CO2 emessa dal nucleare deve essere calcolata tenendo conto di tutte le fasi del ciclo di vita degli impianti – dall’estrazione dell’uranio fino alla dismissione delle centrali – senza tralasciare le emissioni legate al trasporto e allo stoccaggio delle scorie radioattive.

Ciò premesso, secondo i dati forniti dall’Agenzia per l’ambiente tedesca, il valore delle emissioni generate dal nucleare risulta elevato: oltre il triplo del fotovoltaico (33 g/kWh), circa 13 volte quello delle centrali eoliche (tra i 9 e i 7 g/kWh) e quasi 30 volte quello degli impianti idroelettrici (4 g/kWh).

Inoltre, secondo lo studio Differences in carbon emissions reduction between countries pursuing renewable electricity versus nuclear power”, pubblicato il 5 ottobre del 2020 sulla rivista Nature Energy, le energie rinnovabili sono fino a 7 voltepiù efficaci nel ridurre le emissioni di carbonio rispetto all’energia nucleare.

rsten Würth su Unsplash

L’ostracismo nei confronti delle rinnovabili trova riscontro in un altro passaggio del video in cui si afferma che “Questa filiera, in rapporto all’energia prodotta, genera un inquinamento e un’emissione di CO2 che supera pure quella del nucleare, facendoci poi dipendere da stati come la Cina”.

Delle emissioni di CO2 si è già detto. Quanto alla debolezza della filiera nazionale ed europea relativa alle rinnovabili e alla conseguente dipendenza dalla Cina, il nodo è e resta tutto politico. Nel suo report “Solar PV Global Supply Chain” pubblicato a giugno di quest’anno, la IEA afferma che “… Le nazioni possono migliorare la resilienza investendo per diversificare la produzione e le importazioni”.

Per quanto concerne l’Italia, il PNRR destina risorse alla realizzazione/modernizzazione di impianti per la produzione di moduli fotovoltaici nei siti di Modugno (pannelli flessibili) e Catania, dove ENEL punta a raggiungere l’obiettivo di produrre 3000 MW di pannelli al 2024.

In merito alla dipendenza dalla Cina, le attuali tecniche consentono di riciclare fino al 88-90% del modulo fotovoltaico, generando circa 17-18 kg di materie prime seconde per ogni pannello. Ragion per cui è importante investire su nuove tecnologie che consentano di accrescere la percentuale di riciclo dei moduli, il conseguente recupero di silicio da utilizzare per nuove produzioni, nel rispetto dei dettami dell’economia circolare, e, quindi, di diminuire la dipendenza dai paesi esteri.

Non altrettanto può dirsi del combustibile che alimenta i reattori, presente in soli cinque paesi al mondo, tra cui anche la Russia, con le sue 486.000 tonnellate, pari all’8% delle riserve mondiali, e il Kazakistan, con 906.800 tonnellate, pari al 15% delle riserve mondiali, e primo produttore al mondo, ma teatro di dure repressioni del dissenso interno.

Altro punto dolens del video è quello della presunta “assenza di infiltrazioni mafiose e malavitose” in un settore a così alta specializzazione. L’accertato “zampino” della yakuza, la temibile mafia giapponese, nella gestione della decontaminazione di Fukushima, e alcuni cablogrammi di Wikileaks che chiariscono il ruolo delle cosche nella gestione dei traffici illeciti di rifiuti nucleari in transito dal Porto di Gioia Tauro, smentiscono la fantasiosa narrazione dell’autore.

Al capitolo “mafia atomica” appartengono anche alcune delle pagine più oscure e dolorose del nostro paese: l’esecuzione, avvenuta a Mogadiscio il 20 marzo del 1994, della giornalista Ilaria Alpi, rea di aver indagato su un traffico internazionale di armi e rifiuti tossici radioattivi, e la morte, avvenuta in circostanze misteriose, dell’ufficiale della Marina Militare, Natale De Grazia, in servizio presso la Capitaneria di porto di Reggio Calabria e impegnato in una delicata indagine sull’affondamento delle navi dei veleni nei mari della Calabria.

La denigrazione delle rinnovabili prosegue associando allo sviluppo delle rinnovabili l’incremento del consumo di suolo e richiamando l’avversione delle comunità locali nei confronti di “pannelli fotovoltaici e pale eoliche”.

Anche in questo caso la smentita viene dai “freddi numeri”: secondo un recente studio condotto in Italia [3] nel 2020, l’energia solare potrebbe alimentare l’Italia senza utilizzare ulteriore suolo.

Per raggiungere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), rivisti alla luce del Green Deal U.E., si prevede che entro il 2030 il fotovoltaico debba fornire almeno 100 TWh di energia elettrica, 4 volte in più rispetto al 2020. Ipotizzando che questa energia venga generata da impianti solari a terra, si occuperebbe un’area di poco superiore ai 1.000 km2, grosso modo pari alla superficie della provincia di Pistoia e corrispondenti a circa il 5% del consumo di suolo in Italia, contro una quota del 40% ricoperta da strade e circa del 30% occupata dagli edifici.

Esistono tuttavia diverse alternative per ridurre ulteriormente il consumo di suolo: ad esempio, attraverso il revamping e il repowering degli impianti esistenti, utilizzando moduli più efficienti (passando dall’attuale 21-22% al 30% entro il 2030, si potrebbero produrre 300 TWh, doppiando abbondantemente il target del Green Deal) e, anche, con soluzioni riguardanti l’integrazione del fotovoltaico sui tetti degli edifici o l’uso del fotovoltaico galleggiante sull’acqua.

Quanto all’atteggiamento delle amministrazioni e delle comunità locali nei confronti dell’eolico, è dimostrato che giocano un ruolo a favore della realizzazione dei progetti fattori quali una buona pianificazione, il concreto coinvolgimento dei territori, un’informazione preventiva, tempestiva e trasparente, il rispetto delle norme che regolano i permessi, il grado di integrazione dei progetti con il tessuto economico-sociale locale, ecc. (si veda, ad esempio, il caso dell’impianto eolico in località Tocco da Casauria, 3,2 MW, anno 2006).

Di contro, sappiamo per certo che in Italia il culmine dell’opposizione pubblica a piani energetici è stato raggiunto solamente in occasione delle due consultazioni referendarie sullo sviluppo del nucleare civile. La prima consultazione, nel 1987, si articolò su tre quesiti: il numero dei votanti fu pari al 65,1% degli aventi diritto e per tutti e tre i quesiti la maggioranza dei votanti di espresse contro l’opzione nucleare. Stessa sorte toccò al nucleare nel 2011: il numero dei votanti fu il 54,79% degli aventi diritto e il 94,5% dei votanti si espresse per la seconda volta contro lo sviluppo del nucleare in Italia, a dispetto di quanti, politici e non, avevano fino ad allora sostenuto e continuavano ad avere un atteggiamento neutrale nei confronti di quel settore.

Per giustificare la necessità di installare impianti nucleari il video continua la sua crociata contro le rinnovabili accusando queste fonti di una variabilità intrinseca con la conseguente impossibilità di stabilizzare il sistema elettrico. In realtà sono sempre più diffusi e facilmente reperibili studi tecnico-scientifici che mostrano come sia possibile sviluppare un sistema elettrico basato sul 100% di rinnovabili, senza utilizzare fonti fossili e senza costruire nuove centrali nucleari [4]. Un tale obiettivo è realizzabile anche in Italia; ad esempio, l’amministratore delegato di Terna, Stefano Donnarumma, intervistato da diverse testate giornalistiche (vedi Il Messaggero del 5/10/22), non ha mostrato perplessità per l’imponente crescita delle rinnovabili sul sistema elettrico da lui amministrato e Francesco Starace, ingegnere nucleare a capo di Enel Spa, ha dichiarato la sua totale contrarietà a un nuovo programma nucleare italiano basato sulle tecnologie oggi disponibili (vedi intervista a Open del 13/1/22).

Nonostante la recente propaganda distorta e dannosa, i numeri parlano chiaro: in tutto il mondo le rinnovabili sono in crescita esplosiva, mentre il nucleare è sostanzialmente residuale o in fase calante. Allora, i nostri giovani dovrebbero guardare responsabilmente al loro futuro affidandosi non a un divertente cartone animato, ma a seri dati scientifici.

 di Enrico Gagliano, Vittorio Marletto, Margherita Venturi – Energia per l’Italia

Riferimenti

[1] Andrew Leatherbarrow, Melting Sun: The History of Nuclear Power in Japan and the Disaster at Fukushima Daiichi, Nielsen, 2022.

[2] “Special Report: Counting the dead”, Nature, 440, 982, 2006 (doi.org/10.1038/440982a); J.-C. Nénot, “Radiation accidents over the last 60 years”, Journal of Radiological Protection, 29, 301, 2009 (doi.10.1088/0952-4746/29/3/R01).

[3] IAPI: ItaliAn network for Photovoltaic R&I, A Strategic Plan for Research and Innovation to Relaunch the Italian Photovoltaic Sector and Contribute to the Targets of the National Energy and Climate Plan2020.

[4] https://www.unep.org/resources/report/renewables-2022-global-status-report; C. Breyer et al., “On the History and Future of 100% Renewable Energy Systems Research,” IEEE Access, 10, 78176, 2022 (doi.10.1109/ACCESS.2022.3193402).

L’aggiornamento del PNIEC dovrà essere consegnato a Bruxelles a giugno 2024

Il nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) potrebbe contenere il primo accenno concreto all’impiego dell’energia nucleare. Non per il medio termine, ovviamente, quanto piuttosto per lo sforzo di decarbonizzazione al 2050. A rivelarlo è il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin un giorno prima del Vertice G7 di Torino.

Il numero uno del MASE ha da sempre sostenuto la validità dell’energia dell’atomo come strumento di decarbonizzazione energetica, nonostante le chiare difficoltà di riuscire ad inserire una simile fonte nel contesto nazionale. Ecco perché nel 2023 il dicastero ha  istituito la Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile (PNNS). Il network, coordinato dal MASE con il supporto di Enea e RSE, ha l’obiettivo di definire in tempi certi un percorso finalizzato alla possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia e alla crescita della filiera industriale nazionale (già attiva nel comparto).

Lo scenario nucleare nel PNIEC italiano

Il passaggio nel PNIEC italiano appare come una mossa, per alcuni versi, abbastanza prevedibile. Il Piano deve essere consegnato entro giugno 2024 alla Commissione europea nella sua versione ufficiale, integrando in teoria tutte le richieste avanzate da Bruxelles rispetto alla bozza 2023. A partire da nuovi dettagli su come il Belpaese intenda raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici 2030. Con particolare attenzione alle azioni di riduzione delle emissioni. Secondo quanto riporta l’esecutivo UE, infatti, “il piano fornisce proiezioni di emissioni che dimostrano che con le politiche e le misure aggiuntive proposte nel progetto di PNEC aggiornato, l’Italia non è sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo nazionale di gas serra di -43,7% nel 2030 rispetto ai livelli del 2005. Secondo le proiezioni dell’Italia, il target sarebbe inferiore di 6,7-8,7 punti percentuali”.

Il possibile scenario “nucleare” su cui sta lavorando la PNNS riguarda però il lungo termine, ossia le politiche dal 230 alla metà del secolo. Spiega il ministro Pichetto “L’aggiornamento del PNIEC, da trasmettere alla Commissione europea entro giugno 2024, riporterà anche analisi di scenario contenente una possibile quota di energia prodotta da fonte nucleare nel periodo 2030-2050. Tale quota sarà ricavata dai dati, basandosi su valutazioni comparative rispetto al mix energetico attuale. Tali analisi sono tutt’ora in corso di studio da parte di uno specifico Gruppo di lavoro della Piattaforma”.

Si studiano nuove proposte normative e di governance

Ma per portare il nucleare in Italia e inserire l’atomo nel mix elettrico nazionale servirà anche mettere mano a norme, regolamenti e incentivi per non parlare delle politiche di governance. E al momento l’Italia fatica anche a realizzare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.

Come muoversi su questo fronte? Il Ministro ha rivelato di aver dato mandato al giurista Giovanni Guzzetta, di costituire un gruppo di alto livello per ridisegnare l’ambito legislativo del sistema regolatore italiano “per accogliere un eventuale programma di ripresa della produzione nucleare in Italia“, con la definizione, inoltre, di “un quadro normativo specifico per l’energia da fusione”.

Atto Camera

Mozione 1-00295
presentato da
SQUERI Luca
testo presentato
Mercoledì 12 giugno 2024
modificato
Mercoledì 26 giugno 2024, seduta n. 314
  La Camera,

premesso che:

1) nel gennaio 2020 l'Italia ha inviato alla Commissione europea la versione definitiva del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2021-2030 (Pniec), adottato in attuazione del Regolamento 2018/1999/UE, al termine di un percorso di consultazione pubblica ed elaborazione avviato nel dicembre 2018. Tra i principali obiettivi: una percentuale di energia da fonti energetiche rinnovabili (FER) nei consumi finali lordi di energia pari al 30 per cento, la riduzione dei «gas serra», rispetto al 2005, per tutti i settori non ETS del 33 per cento, il phase out del carbone dalla generazione elettrica al 2025;

2) nel dicembre 2019, la Commissione europea ha presentato la comunicazione strategica sul Green Deal europeo volta a conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Tale traguardo, approvato il 12 dicembre 2019 dal Consiglio europeo, è stato successivamente sancito dalla legge europea sul clima (regolamento 2021/1119/UE), che ha introdotto l'obiettivo, da conseguire entro il 2030, di ridurre le emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990;

3) il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte legislative, denominato Fit for 55 (Pronti per il 55 per cento), volte a rivedere la normativa dell'Ue in materia di riduzione delle emissioni climalteranti, per consentire il raggiungimento di questo nuovo più ambizioso obiettivo al 2030;

4) il 18 maggio 2022 la Commissione europea ha presentato il Piano REPowerEU (COM(2022) 230 final) con l'obiettivo di ridurre la dipendenza dell'UE dai combustibili fossili russi accelerando la transizione e costruendo un sistema energetico più resiliente. Con il regolamento (UE) 2023/435 del 27 febbraio 2023, è stato consentito agli Stati membri di inserire appositi capitoli REPowerEU nei Piani per la ripresa e la resilienza (PNRR). Il 7 agosto 2023 il Governo italiano ha presentato alla Commissione europea le conseguenti modifiche al Piano nazionale ripresa resilienza, accolte dalla Commissione europea, (COM(2023) 765 Def) il 24 novembre 2023 e dal Consiglio europeo l'8 dicembre 2023;

5) il 4 agosto 2022 è entrato in vigore, con decorrenza 1° gennaio 2023, il regolamento delegato 2022/1214 della Commissione Ue, che include gas e nucleare dalla lista degli investimenti considerati sostenibili dal punto di vista ambientale (cosiddetta tassonomia verde). Dal 1° gennaio 2023 è possibile investire in nuove centrali nucleari realizzate con le «migliori tecnologie disponibili» e fra gli investimenti sostenibili le attività di ricerca e sviluppo per le nuove tecnologie è stato inserito il nucleare di quarta generazione. Quanto al gas, le centrali con permesso di costruzione rilasciato entro il 2030, dovranno sostituire vecchi impianti a combustibili fossili con altri più efficienti del 55 per cento dal punto di vista delle emissioni ed essere programmate per passare, dal 2035, a gas rinnovabile;

6) il 16 maggio 2023 è entrato in vigore il Regolamento (UE) 2023/857 (cosiddetto Regolamento Effort Sharing-ESR) che ha fissato un obiettivo per l'Italia ancor più ambizioso, prevedendo che le emissioni di gas a effetto serra degli Stati membri al 2030 rispetto ai livelli nazionali del 2005 determinate in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3 del regolamento stesso (trasporti, residenziale, terziario, industria non ricadente nel settore ETS, i rifiuti, l'agricoltura) si riducano entro il 2030 del 43,7 per cento rispetto ai livelli del 2005;

7) questo complesso di impegni detta l'inquadramento del percorso di decarbonizzazione del Paese. Ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (UE) 2018/1999, la proposta di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima, allineata ai nuovi obiettivi, deve essere trasmessa alla Commissione europea entro il 30 giugno 2023, mentre la versione finale del documento deve essere trasmessa entro giugno 2024, sviluppandosi nelle cinque dimensioni dell'Unione dell'energia: decarbonizzazione (riduzione delle emissioni e energie rinnovabili); efficienza energetica; sicurezza energetica; mercato interno dell'energia; ricerca, innovazione e competitività;

8) in coerenza con gli obiettivi sopraindicati il Ministero dell'ambiente ha predisposto nell'estate 2023 un documento di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima 2019, in linea con i nuovi obiettivi, prevedendo per il 2030 la conseguente riduzione dell'emissione di gas serra, una quota del 40 per cento di energia proveniente da fonti rinnovabili nei consumi finali lordi di energia (e del 65 per cento nel settore elettrico);

9) un aumento dell'efficienza energetica che porta i consumi finali 2030 a 100 Mtep e quelli primari dai 145 Mtep del 2021 ai 122 del 2030; l'abbattimento, rispetto al 2005 del 62 per cento delle emissioni ETS e del 35-37 per cento delle emissioni ESR, la promozione della produzione industriale a basse emissioni di carbonio, nonché una maggiore elettrificazione nel mix energetico;

10) la proposta di aggiornamento Piano nazionale integrato energia e clima 2023 prevede che per rispettare la traiettoria emissiva del periodo 2021-2030, rispetto ai livelli del 2005, sarà necessario avviare da subito una significativa riduzione delle emissioni pari a oltre il 30 per cento rispetto ai livelli del 2021, da conseguirsi prevalentemente nei settori trasporti e civile (residenziale e terziario);

11) nel percorso di decarbonizzazione, in tutti i settori, l'efficienza energetica rappresenta il driver principale, in coerenza del principio Energy Efficiency First (efficienza energetica al primo posto);

12) per quanto riguarda la produzione elettrica da fonte rinnovabile (FER-E) in termini di potenza installata si prevede di aumentare, rispetto all'installato di fine 2021, da 11.290 a 28.140 MW quelle eolica, da 22.594 a 79.921 MW quella solare, mentre restano sostanzialmente stabili le potenze installate nei settori dell'idroelettrico e della geotermia. In calo la produzione da bioenergie. In termini di produzione annua si prevede di incrementare l'eolico da 20 a 64 TWh, il solare da 25 a 99 TWh, mentre si prevede una sostanziale stabilità per l'idroelettrico (da 48,5 a 47 TWh) e un calo per le bioenergie da 19 a 10 TWh) (pagine 77 e 78 del Piano nazionale integrato energia e clima 2023);

13) per quanto riguarda il settore delle rinnovabili termiche (FER-C), le misure dovranno essere coordinate con l'efficienza energetica, in particolare per gli edifici. È previsto l'obbligo di integrazione delle rinnovabili termiche negli edifici, la riforma del meccanismo delle detrazioni fiscali, l'obbligo di fornitura di calore rinnovabile per vendite di calore sopra i 500 tep, unitamente all'incentivazione della produzione di energia rinnovabile termica di grande taglia con sistemi competitivi. Nel settore termico, oltre a una forte spinta all'elettrificazione dei consumi data dall'ampia diffusione delle pompe di calore nel settore civile, penetreranno sempre più i gas rinnovabili (biometano, bioGPL e DME rinnovabile) e idrogeno (in particolare in ambito industriale);

14) l'ammontare degli investimenti diretti stimati necessari per raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima al 2030 è stimato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica in 830,3 miliardi di euro, tra il 2023 e il 2030 dei quali 524,9 miliardi a carico del settore dei trasporti (solo veicoli) 134,2 miliardi nel settore dell'edilizia residenziale, 43 miliardi nel terziario, 37,2 per le reti del sistema elettrico, 69,4 nelle FER-E (di cui 36 miliardi nel fotovoltaico e 24 nell'eolico) e 6,3 miliardi per i sistemi di accumulo (batterie e pompaggi). In calo invece gli investimenti in idroelettrico e bioenergie (pagine 411-412 del Piano nazionale integrato energia e clima 2023);

15) a fronte di questa dimensione epocale di investimenti le risorse disponibili, tra le misure di finanza sostenibile individuate dal Piano nazionale integrato energia e clima 2023 e le risorse rese disponibili nei vari fondi europei, appaiono del tutto esigue e sottostimate, ove si consideri che la Commissione UE prevede, nelle linee guida per l'aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima, la necessità di valutare gli impatti sociali ed economici delle misure di transizione, da accompagnare con politiche che impediscano l'acuirsi delle differenze sociali, favoriscano la ricollocazione dei lavoratori e contrastino i fenomeni di povertà energetica. A tale scopo le risorse del Fondo sociale per il clima (86,7 miliardi di euro di cui il 75 per cento finanziato con i proventi ETS e il 25 per cento con risorse proprie degli Stati), sembrano essere esigue rispetto agli impatti delle diverse politiche pubbliche messe in campo. Il solo costo della direttiva Case green è stato stimato a livello europeo in 275 miliardi di euro l'anno dal 2024 al 2030;

16) è necessario sottolineare che il raggiungimento degli obiettivi, ambiziosi, previsti dal Piano nazionale integrato energia e clima non può prescindere dal sostegno di tutte le fonti rinnovabili e, quindi, da una libertà in merito alle scelte tecnologiche. Come chiarito dalla direttiva (UE) 2018/2001, le biomasse, la geotermia, l'energia idraulica e i biogas, appartengono al novero delle fonti rinnovabili, questo anche nell'ottica di preservare ed accompagnare verso una graduale transizione anche il sistema produttivo principale del nostro paese caratterizzato da imprese di medio-piccole dimensioni;

17) va da sé, inoltre, anche la necessità di avanzare in sede europea una proposta volta al riconoscimento degli incentivi a impianti la cui componentistica e tecnologia sia in gran parte costruita nell'Unione europea anche per incentivare gli investimenti in Europa e concorrere alle logiche di filiera industriale che gioverebbe al sistema Italia;

18) inoltre, è opportuno valorizzare quanto introdotto nel 2023 dall'Unione europea attraverso il Critical Raw material act quale strumento utile a implementare strumenti di ricerca, estrazione di terre rare e altre materie prime critiche e strategiche, riciclo delle stesse e avvio di processi industriali e tecnologici per la surroga di tali elementi. Ad oggi il settore mondiale delle batterie sta conoscendo un'evoluzione esponenziale con un fortissimo calo dei prezzi e l'introduzione di nuove tecnologie di sostituzione o complementari. Proprio su questo fronte vi sono prospettive interessanti per la tecnologia agli «ioni-sodio» e le batterie termiche dove l'industria italiana può rivestire un ruolo da assoluta protagonista per la presenza di importanti progetti in tale settore;

19) per quanto riguarda le biomasse, la superficie boscata italiana si è triplicata dal 1951, raggiungendo 12 milioni di ettari, sui 30,1 milioni totali del Paese, ma si utilizza come fonte rinnovabile solo il 18 per cento dell'accrescimento, che corrisponde a 7,90 Mtep, e l'Italia è il primo importatore europeo di materia prima legnosa. Germania, Francia e Spagna prevedono al 2030 di produrre il 68 per cento dell'energia termica da biomassa. Se si utilizzasse il 67 per cento dell'accrescimento (media europea) se ne otterrebbero 30 Mtep, che coprirebbero il 70 per cento dei consumi termici da fonte fossile. La gestione sostenibile delle foreste, unitamente alla previsione di politiche per la mitigazione degli incendi, migliora la capacità di assorbimento del carbonio. In Austria la capacità di assorbimento della CO2 è triplicata rispetto all'Italia che dispone di una insolazione molto superiore e ha grande disponibilità di acqua;

20) per la geotermia, risorsa rinnovabile (calore della terra) e programmabile, è attribuito (dati RSE-GSE) un elevato potenziale geotermico presente nel 60 per cento del territorio italiano. L'Italia con oltre 30 impianti geotermoelettrici, attivi nel settore elettrico, per una potenza di 817 MW ed una produzione nel 2022 di 5.837 GWh, pari al 6 per cento circa della produzione elettrica da FER e al 2 per cento circa della produzione elettrica complessiva nazionale, si pone da molti anni al primo posto dei Paesi dell'Unione Europea in termini di capacità installata. La risorsa geotermica ai fini energetici è significativamente utilizzata nel Paese anche nel settore termico sia attraverso impianti di teleriscaldamento, sia mediante impianti di sfruttamento diretto del calore geotermico, che in impianti di sfruttamento del calore geotermico tramite pompa di calore. La geotermia, oltre ad essere una delle principali fonti rinnovabili per riscaldamento, raffreddamento e per la produzione programmabile di energia elettrica, risulta il mezzo più sostenibile per estrarre litio e altre materie prime critiche dai fluidi geotermici;

21) per quanto riguarda l'energia idraulica secondo i dati contenuti nel Registro italiano dighe, le grandi dighe (volume d'invaso maggiore di 1.000.000 metri cubi, altezza maggiore di 15 metri) sono in totale 532. Di queste 497 sono ancora in attività e sono date in concessione soprattutto per la produzione di energia idroelettrica (306) dighe cui seguono gli usi irriguo potabile e industriale. La capacità d'invaso è di circa 14 chilometri cubi. Con interventi di manutenzione degli invasi e di ammodernamento delle turbine secondo alcuni studi si potrebbe avere un incremento di produzione di 25 TWh annui al 2030 (circa il 40 per cento in più). In Italia piovono annualmente circa 300 miliardi di metri cubi d'acqua, dei quali viene trattenuto solo l'11 per cento, mentre l'obiettivo raggiungibile è del 40 per cento. L'acqua è centrale per puntare all'autosufficienza alimentare e aumentare la resa produttiva per ettaro;

22) nel settore del biogas l'Italia è leader in Europa con 1.600 impianti attivi, 1,7 miliardi di metri cubi di biometano (biogas depurato da CO2) prodotti e 12 mila occupati. La produzione di biogas si avvale oggi di tecnologie all'avanguardia, quali la digestione anaerobica dalla quale deriva un digestato considerato efficace fertilizzante. La produzione di biogas ha effetti a cascata sulla filiera agroalimentare, perché oltre all'energia e alla fertilizzazione, favorisce l'uso efficiente dell'acqua, accompagna tecniche di produzione basate sul precision farming e l'innovazione nella meccanica agraria, ma soprattutto accresce la competitività degli allevamenti preservando il futuro di una filiera fondamentale per il made in Italy. Oggi si trasforma in biogas il 15 per cento dei reflui zootecnici che possono arrivare entro il 2030 a una percentuale del 65 per cento con una produzione di 6,5 miliardi di metri cubi e la creazione di altri 25 mila posti di lavoro. Nel Piano nazionale ripresa resilienza la Missione 2 nella Componente C1 «Economia circolare e agricoltura sostenibile» è previsto lo sviluppo del biometano di origine agricola o da Forsu (frazione organica dei rifiuti urbani) (1,92 miliardi di euro) da destinare al greening della rete gas, pari a circa 2,3-2,5 miliardi metri cubi, per rispondere alla domanda crescente di decarbonizzazione sia del settore dell'industria, soprattutto quella Hard To Abate che non può essere elettrificata, e sia del settore trasporti, in forma liquida (bioGNL) o gassosa in aggiunta al biometano, l'Italia è fortemente impegnata nello sviluppo delle produzioni di bioGPL e di altri gas rinnovabili (es. DME);

23) è necessario, infine, tener conto delle evidenze geopolitiche internazionali: la Cina è attualmente superpotenza nel settore delle energie rinnovabili, acquisendo in sostanza una leadership tecnologica, industriale, commerciale nell'eolico e nel fotovoltaico, nella supply chain della mobilità elettrica (delle terre rare, dalle materie prime alle batterie). Grazie ai massicci investimenti effettuati nelle rinnovabili, l'industria cinese è quasi monopolista nella produzione mondiale di pannelli solari e delle turbine eoliche, con una quota superiore ai due terzi. Se non adeguatamente sorretto da una industria europea, il mantra della transizione energetica al dopo-fossili affermatosi nei Paesi occidentali, rischia di trasformarsi in una dipendenza eccessiva dalle forniture cinesi e di mettere a repentaglio importanti catene di valore della meccanica europea;

24) viceversa, nelle tecnologie relative ai settori delle turbine (idrauliche e non), dello sfruttamento delle biomasse, della geotermia, della produzione di biogas l'Italia è all'avanguardia o comunque svolge un ruolo da protagonista. Quanto all'efficienza energetica il sistema produttivo del nostro Paese presenta valori d'intensità energetica primaria (definita dal rapporto tra il consumo interno lordo di energia e il prodotto interno lordo) inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europea;

25) con riferimento infine all'energia nucleare, la Camera il 9 maggio 2023 ha approvato la mozione 1-00083, nella quale si impegna il Governo a valutare l'opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia e ad adottare iniziative volte ad includere la produzione di energia atomica all'interno della politica energetica europea, riaffermando in quella sede una posizione volta a mantenere nella tassonomia degli investimenti verdi la messa in esercizio di centrali nucleari realizzate con le migliori tecnologie disponibili;

26) in ambito nucleare, si ricorda che l'Italia possiede il secondo settore industriale europeo, sia in termini di competenze che di capacità, avendo sempre mantenuto attività nel settore, a livello EU e internazionale. Inoltre, l'Italia forma circa il 10 per cento degli ingegneri nucleari europei. I ricercatori italiani e alcune infrastrutture sperimentali sono ben conosciuti e apprezzati nel mondo. Grazie a queste caratteristiche, l'Italia è oggetto di particolare attenzione, in particolare dalla Francia ed ultimamente dagli Stati Uniti, per la costituzione di una supply chain nucleare europea, finalizzata a realizzare: lo sviluppo delle nuove tecnologie; la formazione delle risorse umane; la realizzazione di nuove politiche energetiche che integrino in maniera sinergica fonti rinnovabili e nucleare;

27) nel nuovo quadro regolatorio europeo, l'Italia può quindi giocare un ruolo da protagonista, partecipando sia allo sviluppo sia alla realizzazione delle nuove tecnologie nucleari in programmazione nei Paesi EU, seguendo le storiche orme dei «due Enrico»: Fermi, inventore dell'energia nucleare nel 1942, e Mattei, il primo a realizzare una centrale nucleare in Italia, a Latina, nel 1960;

28) nella definizione della strategia energetica nucleare del nostro Paese, occorre considerare la definizione di partnership con gli altri Stati europei impegnati sul tema, anche al fine di incrementare il know how e le capacità industriali. In tale percorso sarebbe opportuno valutare la definizione di un'autorità indipendente di sicurezza nucleare nazionale con un'adeguata dotazione organica;

29) in linea con le raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, appare necessario individuare altresì una Nuclear energy programme implementing organization (Nepio) con il compito di valutare lo stato delle infrastrutture di base necessarie per avviare un programma nucleare nazionale e fornire al Governo le indicazioni necessarie per il loro completo sviluppo e operatività. Tale Nepio dovrebbe anche avere il compito di coinvolgere e coordinare tutti i soggetti pubblici e privati interessati, al fine di uno sviluppo organico e coerente di tutte le infrastrutture di base,

impegna il Governo:

1) in relazione all'adozione della versione definitiva del Piano nazionale integrato energia e clima ad adottare iniziative volte:

a) a prevedere, per quanto di competenza, opportune forme di rendicontazione al Parlamento circa lo stato di avanzamento del Piano nazionale integrato energia e clima;

b) a rafforzare nell'ambito del Piano nazionale integrato energia e clima, sulla base del principio della neutralità tecnologica, l'apporto di tutte le fonti rinnovabili o sostenibili con bassa emissione di CO2, sia termiche che non, tenendo conto della necessità di valorizzare la filiera produttiva nazionale, al contempo ottimizzando il rapporto costi/benefici per il sistema Paese, valutando il differente grado di programmabilità e garantendo il positivo apporto in termini di miglioramento della qualità dell'aria;

c) nel settore civile, a prevedere riforme delle misure in vigore a supporto della riqualificazione edilizia, che garantiscono una maggiore efficacia e un impiego più efficiente delle risorse pubbliche;

d) nel settore trasporti, a rafforzare le misure volte a favorire lo shift modale delle persone e delle merci verso modalità più efficienti e decarbonizzate, quali il trasporto pubblico e ferroviario, e, contemporaneamente, a supportare lo sviluppo delle produzioni dei biocarburanti e delle altre fonti rinnovabili;

e) nel settore industriale, a prevedere lo sviluppo di diverse opzioni tecnologiche per la decarbonizzazione dei settori hard to abate quali l'efficienza energetica, l'idrogeno, il biometano e la Carbon capture and storage (Ccs), con un approccio integrato che non escluda nessuna di queste opzioni, ma che allo stesso tempo promuova e faciliti l'accesso a quelle più efficaci per ciascun ambito;

f) a prevedere nel Piano un approfondimento riguardo la valutazione sugli effetti dell'eventuale adozione, nell'orizzonte temporale successivo al 2030 e traguardando gli obiettivi 2050, di tecnologie di generazione energetica basate sulla fonte nucleare, quali a titolo esemplificativo i reattori nucleari di piccole dimensioni (Smr), i piccoli reattori nucleari avanzati (Amr), i microreattori e le macchine a fusione;

2) al fine di conseguire in modo efficace i target del Piano nazionale integrato energia e clima al 2030, ad adottare iniziative di competenza volte a:

a) anche in ambito europeo, a individuare le risorse e gli strumenti di programmazione economica necessari ad attuare il Piano nazionale integrato energia e clima 2023-2030, valutando non solo ex ante, ma anche in itinere l'impatto economico, finanziario, sociale nonché sul sistema produttivo delle misure poste in essere per il raggiungimento dei target;

b) a proseguire i tavoli di approfondimento già avviati sul settore civile, dei trasporti e sulle tematiche socio-economiche, per un efficace attuazione delle politiche previste dal Piano nazionale integrato energia e clima e per il monitoraggio della sostenibilità sociale, con particolare riferimento alla sostenibilità degli oneri per la riqualificazione energetica degli edifici residenziali e alle risorse necessarie per la formazione dei lavoratori nei settori che saranno maggiormente coinvolti dalla transizione energetica;

c) ad adottare meccanismi di incentivazione, con ottimale rapporto costi/benefici, a sostegno dello sviluppo delle rinnovabili (elettriche, termiche e nei trasporti) e degli interventi di efficientamento energetico, con particolare attenzione a progetti integrati ed ai progetti di decarbonizzazione di impianti industriali;

d) a sfruttare tutto il ventaglio delle tecnologie termiche, tenendo conto delle specificità nazionali, proseguendo altresì nel processo di efficientamento nella produzione di energia termica e di riduzione costante dei livelli emissivi;

e) a semplificare i processi autorizzativi in ambito geotermico e delineare una strategia nazionale di massimizzazione dello sfruttamento di tale risorsa;

f) ad avviare un processo di efficace manutenzione degli invasi e di ammodernamento delle turbine degli impianti idroelettrici, al fine di massimizzarne la producibilità;

g) in ambito europeo per il superamento degli ostacoli che impediscono il rapido avvio degli investimenti per l'ammodernamento e il potenziamento delle infrastrutture idroelettriche, in considerazione degli evidenti benefici, anche in termini di stabilità della rete, derivanti dalla programmabilità della produzione di energia idroelettrica e della necessità, a fronte della estremizzazione degli eventi climatici, di incrementare lo stoccaggio della risorsa «acqua»;

h) a proporre soluzioni anche in sede di Unione europea, finalizzate ad eliminare le distorsioni di prezzo tra i diversi Stati dell'Unione che vanno a discapito della nostra competitività industriale;

i) a realizzare la transizione verso una mobilità sostenibile che tenga in dovuta considerazione la necessità di intervenire anche su settori quali l'aviazione e il marittimo, ove la decarbonizzazione può essere meno supportata dall'elettrificazione dei consumi;

l) a continuare l'incentivazione della produzione di biometano utilizzando tutto il potenziale disponibile di feedstocks, valorizzando il settore agricolo ed agro-industriale nazionale oltre che quello della Forsu, attraverso nuovi sistemi di incentivi per il periodo post 2026 che, tenendo conto dei tempi di autorizzazione e realizzazione degli impianti, arrivino oltre il 2030, per rispondere alla domanda crescente di decarbonizzazione del settore dell'industria che non può essere elettrificata, e sia del settore trasporti, in forma liquida (bioGNL) o gassosa, nonché ad implementare misure di sostegno allo sviluppo delle produzioni di gas rinnovabili liquefatti (bioGPL e DME) a sostegno della decarbonizzazione del settore industriale e di quello dei trasporti;

m) a completare il quadro normativo relativo alla Carbon capture and storage (Ccs), per poter avviare le iniziative progettuali, a partire da quelle nell'area dell'Alto Adriatico, individuando la governance della filiera, la regolazione tecnico economica delle attività di trasporto e stoccaggio, dei sistemi di supporto e degli strumenti di garanzia;

n) a limitare la dipendenza tecnologica da Paesi posti al di fuori dell'Unione europea;

o) a risolvere il problema della saturazione virtuale della rete elettrica di trasmissione e garantire un efficace meccanismo di gestione delle richieste di connessione, attraverso la commisurazione del costo della connessione non solo alla capacità impegnata ma anche alla durata dell'impegno e, contemporaneamente, mediante la determinazione della decadenza delle richieste di connessioni non supportate da ragionevoli aspettative di conferma e attivazione;

p) anche nella prospettiva dell'aggiornamento del Pniec, a valutare la possibilità di istituire, nel rispetto delle normative internazionali ed europee e compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, un'apposita autorità amministrativa indipendente di regolamentazione competente in materia di autorizzazione tecnica, certificazione, realizzazione, gestione e dismissione degli impianti nucleari, di sicurezza nucleare e di radioprotezione con le funzioni e i compiti di Autorità nazionale per la regolamentazione tecnica e le istruttorie connesse ai processi autorizzativi, le valutazioni tecniche, il controllo, anche ispettivo, e la vigilanza degli impianti, nonché a valutare l'opportunità di incrementare programmi di finanziamento per la ricerca e il potenziamento dell'industria nazionale nel settore nucleare, nell'ottica di renderla più competitiva rispetto agli attori internazionali, creando le migliori condizioni per lo sviluppo di una filiera italiana;

q) a valutare l'opportunità della creazione, in linea con le raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, di una Agenzia con il compito di valutare lo stato delle infrastrutture di base necessarie per avviare un programma nucleare nazionale e fornire al Governo le indicazioni necessarie per il loro completo sviluppo e operatività.
(1-00295) (Testo modificato nel corso della seduta) «Squeri, Mattia, Zinzi, Cavo, Cortelazzo, Zucconi, Barabotti, Alessandro Colucci, Battistoni, Benvenuti Gostoli, Bof, Semenzato, Casasco, Foti, Montemagni, Mazzetti, Iaia, Pizzimenti, Polidori, Lampis, Milani, Fabrizio Rossi, Rotelli, Rachele Silvestri».

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel cuore del Verbano-Cusio-Ossola, in Piemonte, c’è un piccolo paese di poco più di 200 abitanti, in cui il sole non brilla da novembre a febbraio.

Stiamo parlando di Viganella, il piccolo paese immerso nella Valle Antrona che, però, non è rimasto in penombra e, grazie all’impegno del suo ex sindaco, ha ritrovato la luce con una soluzione ingegnosa.

Viganella e lo “Specchio del Sole”

Gli abitanti del piccolo borgo di Viganella hanno saputo adattarsi agli 83 giorni di buio, che ogni anno caratterizzano l’inverno del paese, da novembre a febbraio.

Viganella, infatti, si trova in una posizione particolare, proprio in mezzo ad alcune montagne che impediscono al sole di raggiungerlo durante i mesi invernali.

La penombra è però finita nel 2006, quando l’allora sindaco del paese, Franco Midali, con la collaborazione dell’amico architetto Giacomo Bonzani, ha inaugurato il cosiddetto “Specchio del Sole”.

Si tratta di uno specchio gigante – 8 metri di larghezza per 5 di altezza – situato in una posizione strategica su una montagna vicina, che riflette i raggi del sole sul paese.

Tramite un sistema di motori elettrici comandati da computer, lo specchio viene ruotato in modo da catturare i raggi solari e rifletterli sul paese, creando così un’illuminazione artificiale durante i mesi invernali.

Nella notte viene riposizionato in modo che il mattino seguente possa ripartire dalla posizione prestabilita e fare il proprio lavoro durante l’arco della giornata.

Sei ore di sole assicurate ogni giorno fino al 2 di febbraio, data in cui il sole torna a illuminare il piccolo borgo, evento festeggiato in grande dagli abitanti di Viganella.


 


Cosa vedere a Viganella: curiosità

Lo specchio gigante di Viganella non è la sola attrazione di questa curiosa località: posto a 1000 metri sopra il mare e a ridosso del confine svizzero, Viganella è la meta perfetta per gli amanti delle escursioni alpine.

Proprio dal centro di Viganella, nei pressi della chiesa seicentesca dedicata alla natività di Maria Vergine, parte un sentiero che porta alle tracce ancora esistenti delle miniere di ferro di Ogaggia.

Un altro consiglio? Percorrete il sentiero che da Viganella conduce all’Alpe Cavallo, passando attraverso diversi alpeggi, tra foreste e ruscelli di montagna.

 

 

 

 

 

Sistema di Gestione e Controllo PRNN

https://www.mase.gov.it/pagina/pnrr/sistema-di-gestione-e-controllo

 

 

DIRITTO ALLE VISITE SANITARIE  GRATUITE

www.sportellisalute.lo.it/sito/

 

 

 

Le telecomunicazioni sono un asset strategico per la crescita e lo sviluppo sostenibile del Paese. La disponibilità di una infrastruttura di telecomunicazioni performante è determinante ai fini della competitività. È dunque essenziale essere informati su quello che sta accadendo nel settore anche per capire in che direzione sta andando il Paese.

Ecco una lista delle fonti più affidabili.

Mimit: il ministero per le Imprese e Made in Italy è diviso in sezioni. La sezione “Comunicazioni” è organizzata in due sotto-sezioni: una dedicata alla banda ultralarga dove è possibile accedere al catasto delle infrastrutture e al portale bandaultralarga.italia.it dove è possibile monitorare lo stato dei lavori. L’altra sezione è dedicata a Internet con tutte le info relative all’Internet governance, la sicurezza informatica, le autorizzazioni ai provider e la normativa sull’accessibilità. Nella sezione Media disponibili gli ultimi annunci e azioni del ministero per accelerare sulla diffusione della connettività in Italia.

Infratel: la società di Invitalia è impegnata in interventi di infrastrutturazione del Paese, per il superamento del digital divide e l’abilitazione alla diffusione di servizi di connettività avanzati. Si può accedere alla Data Room, lo spazio online progettato per condividere i dati che sono alla base degli interventi di infrastrutturazione digitale su tutto il territorio nazionale. Inoltre è presente il link al portale del piano nazionale banda ultralarga per monitorare lo stato dei lavori e aanche quello del progetto “Wifi Italia”.

Corecom: i Comitati regionali per le comunicazioni sono gli organi funzionali di Agcom sul territorio. Sui portali regionali attività, stato dell’arte sulla diffusione delle reti e ricerche.

FONTI ISTITUZIONALI EUROPEE E INTERNAZIONALI
Dg Connect: è la direzione della Commissione europea per le Reti di comunicazione dove è possibile trovare tutto il programma di lavoro della Commissione, i piani strategici e di gestione e infine le relazioni annuali delle attività con i risultati e risorse utilizzate dalla direzione anno per anno.

Etsi: lo European Telecommunications Standards Institute è un organismo internazionale, indipendente e senza fini di lucro, responsabile della definizione e dell’emissione di standard nel campo delle Tlc in Europa. Tutti gli standard sono disponibili online.

Itu: l’International Communication Union è l’agenzia Onu per le telecomunicazioni. Il portale istituzionale elenca e approfondisce le azioni strategiche che l’ente sta mettendo in campo per ridurre il digital divide in tutto il mondo e una serie di interviste ad esperti e membri dell’Agenzia stessa sulle strategie da adottare per un mondo più connesso.

LE ASSOCIAZIONI ITALIANE
Asstel: l’associazione che raccoglie le grandi telco italiane a disposizione notizie sulle attività, le legislazioni di riferimento del settore e lo stato dell’arte sul mondo del lavoro e sulle relazioni industriali.

Aiip: l’associazione italiana internet provider raccoglie le telco medie e piccole. Sul portale è possibile accedere ai contenuti sulle attività dell’organizzazione e degli associati e sul ruolo delle Pmi del settore per uno sviluppo sostenibile del settore.

Assoprovider: l’associazione rappresenta gli internet service provider. Online sul portale una serie di contenuti su attività, legislazione e strategie.

Quadrato della Radio: raccoglie manager, esperti e ricercatori che “studiano” l’evoluzione delle Tlc in Italia e nel mondo. Sul sito disponibili tutte le attività e le ricerche.

LE ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI
Etno: l’European Telecommunications Network Operators’ Association raccoglie le telco europee. Il sito fornisce aggiornamenti sulle ultime notizie e comunicati stampa relativi alle attività di Etno e all’industria delle telecomunicazioni in generale nonché una serie di documenti, rapporti e pubblicazioni su argomenti chiave per l’industria delle telecomunicazioni.

Ecta: la European Competitive Telecommunications Association raccoglie gli operatori alternativi, compresi gli Mnvo. Su sito le informazioni sull’associazione, comprese le posizioni e le advocacy rispetto ai temi che riguardano gli operatori concorrenti in Europa. Disponibili anche report, analisi e informazioni sulle tendenze del settore.

Ftth Council Europe: è un’organizzazione senza scopo di lucro che rappresenta gli operatori di rete a banda larga in fibra ottica in Europa. Sul portale sono disponibili informazioni sui vantaggi della tecnologia Ftth, report e analisi sugli impatti economici e sociali della fibra su economia e società e risorse tecniche e informative per aiutare le telco nella pianificazione e nella realizzazione di reti Ftth.

Gsma: la Global System for Mobile Communications Association, è un’organizzazione internazionale che rappresenta gli operatori di Tlc mobili di tutto il mondo. Disponibili notizie e aggiornamenti sulle ultime tendenze, innovazioni e sviluppi nel settore delle telecomunicazioni mobili e anche analisi e studi di mercato. Online anche risorse e best practice per gli operatori di telefonia mobile, come linee guida operative, documenti tecnici, standard e regolamenti.

TESTATE E PORTALI ONLINE
CorCom: testata del Gruppo Digital360, è il più importante quotidiano online italiano che si occupa di tematiche inerenti le Tlc. Sono disponibili news, approfondimenti e interviste ai protagonisti del settore che raccontano come sta evolvendo il mondo delle Tlc e l’impatto su economia e società. Ogni giorno è inviata una newsletter con le notizie più rilevanti.

Techflix360: è il nuovo centro di risorse del Gruppo Digital360. Un vero e proprio “knowledge hub” sull’innovazione digitale e le telecomunicazioni che consente di approfondire gli argomenti di interesse attraverso white paper, webcast, eBook, infografiche, webinar.    

Telecompaper: fornisce notizie, analisi, rapporti di settore e servizi di consulenza per le industrie delle telecomunicazioni, dei media e della tecnologia. Telecompaper monitora costantemente l’evoluzione del settore, raccogliendo informazioni da diverse fonti e fornendo aggiornamenti sulle tendenze, gli sviluppi e le innovazioni nel campo delle telecomunicazioni.

Total Telecom: il sito offre notizie, approfondimenti e interviste a protagonisti del settore delle Tlc europeo e internazionale. Disponibili anche podcast e webinar.

Mobile World Live: è una piattaforma online che fornisce notizie, analisi e informazioni sul settore delle telecomunicazioni e della tecnologia mobile. È gestita dalla Gsma e offre una copertura dettagliata degli eventi e delle novità dell’industria, tra cui le ultime tendenze, gli sviluppi tecnologici, le partnership commerciali e le iniziative di innovazione nel campo delle comunicazioni mobili.

Fierce Telecom: il sito online fornisce aggiornamenti sulle ultime tendenze, sviluppi e innovazioni nell’industria delle telecomunicazioni. Fierce Telecom copre una vasta gamma di argomenti, tra cui reti di comunicazione, servizi di connettività, infrastrutture, tecnologie emergenti, regolamentazione e molto altro.

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI – TESTO UNIFICATO – Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’operato del Governo e sulle misure da esso adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica del COVID- 19

 

 

TO.11.06.23

H2 Mb

l’H2 e’ una riserva di energia non e’ un vettore energetico visto che il suo rapporto energetico e’ di 2 a 1? Per cui la produzione corretta di H2 da stoccaggio e’ a km0 .
Vettore energetico significa trasportare l’energia come il gas la trasporta dai giacimenti nei gas dotti.
H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e conservata in un luogo definito in funzione dell’uso che se ne puo’ fare in una centrale elettrica in termini di tempo oppure per l’auto in termini di spazio per viaggiare . L’H2 e’ un trasporto mediato dell’elettricita’.
Alla base dell’H2 ci sono l’elettricità’ da fonte rinnovabile e l’acqua. Si produce l’H2 perché dove c’e’ bisogno di energia non si può portare con un filo elettrico. Per cui l’H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e posizionata dove e quando serve. Per cui a H2 e non ha senso produrre H2 con elettricità rinnovabile per poi tornare a produrre elettricità. A questo punto ha molto più senso produrre elettricità, prendere un filo elettrico e portare l’elettricità’ dove e quando serve. Ci sono dei casi in cui l’elettricità’ non può essere portata con un filo, come per l’autotrazione e quindi si usa l’H2 come riserva di elettricità da usare in movimento senza un filo o una batteria. Quindi con l’elettricità’ e l’acqua si produce l’H2 , che poi si libera rilasciando elettricità con uno spostamento d’acqua dal luogo di produzione dell’H2 a quello di utilizzo. In una centrale elettrica dove l’H2 viene prodotto per costituire una riserva, quando l’H2 si riutilizza anche l’acqua viene recuperata . Sia per l’autotrazione sia per le centrali elettriche la produzione ottimale e’ a KM0 . Cioe’ il distributore e la produzione di energia elettrica. Ecco perche’ non ha senso H2MED.

PROGETTO ITH2 per;
1) un progetto nazionale integrato energia-clima PNIEC
2) PRODUZIONE DELLA TOYOTA PRIUS H2 A TORINO

Premessa: La produzione dell’H2 e’ quella di una infrastruttura che produca energia rinnovabile con fotovoltaico che non consumi territorio e con boe marine per produrre H2 a KM0 con idrogenatori.

OBIETTIVO : H2 KM0 e’ l’obiettivo finale in quanto il rapporto energico fra la produzione ed il risultato e’ di 2 a 1. Significa che per produrre 1 di H2 con idrogenatore occorre utilizzare 2 energia elettrica. Per cui non hanno senso gli idrogenodotti per trasportare H2, in quanto ha una convenienza produrre H2 dove viene utilizzato. Ecco perche’ ha piu’ senso trasportare l’elettricità con elettrodotti, da fonte rinnovabile per produrre H2 dove quando serve.

A COSA PUO’ SERVIRE L’H2 ?: 2 possono essere gli utilizzi dell’H2
1) Autotrazione
2) Produzione di energia elettrica quando le energie rinnovabili non sono disponibili.

PROGETTI DI SVILUPPO: Sviluppando rapidamente una rete dell’H2 per autotrazione attraverso la GDO ed AUTOGRILL si possono realizzare pensiline fotovoltaiche per produrre energia elettrica per l’H2.
Con una base distributiva dell’H2 si creano le premesse ed un modello europeo per la domanda di H2 e delle auto ad H2 per cui si può arrivare a produrre negli stabilimenti Pininfarina la futura top dell’H2 : TOYOTA PRIUS H2.

Marco BAVA
 

https://www.youtube.com/watch?v=dDCfk3u9vU0 (VIDE MINISTRO PICHETTO)

https://www.youtube.com/watch?v=Cr1FmAgE-WY (video integrale DR QUADRINO)


Disponibile il primo indice del prezzo dell’idrogeno verde prodotto nella penisola iberica (che parte a 5,85 euro a kg)
Dicembre 17, 2024 redazione MIBGAS
MIBGAS – l’operatore del sistema del gas di Spagna e Portogallo – ha lanciato oggi MIBGAS IBHYX, il primo indice del prezzo dell’idrogeno rinnovabile prodotto nella penisola iberica, che ‘apre’ con 5,85 euro a kg (o 148,36 euro a MWh) e che verrà aggiornato ogni settimana sul sito www.greenenergy.mibgas.es.

L’indice MIBGAS IBHYX riflette – spiega lo stesso MIBGAS in una nota – il costo di produzione dell’idrogeno rinnovabile, ovvero il prezzo minimo al quale un produttore è disposto a vendere per raggiungere la redditività prevista. In altre parole, il livello di prezzo richiesto dall’offerta per idrogeno rinnovabile prodotto nella penisola iberica con una configurazione di elettrolisi ‘tipo’ e classificabile come RFNBO (Renewable Fuel of Non Biological Origin) in base ai criteri stabiliti dall’Unione Europea.

Lanciato questo indice che riproduce in sostanza la richiesta economica dei produttori di H2 green, MIBGAS inizierà ora a lavorare per determinare il ‘prezzo di domanda’, ovvero il prezzo che gli off-taker sono disposti a pagare per acquistare idrogeno rinnovabile. La differenza tra i due valori indicherà il livello di liquidità di questo nascente mercato.

Proprio per favorire lo sviluppo di un mercato dell’idrogeno, e degli altri gas rinnovabili, nella penisola iberica, all’inizio dell’anno MIBGAS aveva creato un gruppo di lavoro finalizzato a definire i parametri su cui basare il calcolo di un indice del prezzo di questo vettore energetico prodotto in Spagna e Portogallo, coinvolgendo tutti gli attori della value chain come produttori, distributori, off-taker, trasportatori, ma anche studiosi e rappresentanti degli enti pubblici e delle autorità coinvolte.

Par arrivare alla definizione del MIBGAS IBHYX è stato studiato un modello base di impianto di produzione di idrogeno rinnovabile da elettrolisi, ma sono state anche considerate numerose variabili riguardanti gli aspetti finanziari e il costo dell’energia rinnovabile (sia quella prodotta da impianti dedicati sia quella prelevata dalla rete).

 

 

BENITO MUSSOLINI : PERDENTE

L’8 settembre 1943 a Modena
La sera dell’8 settembre 1943 il generale Matteo Negro presidia il Palazzo ducale di Modena. I militari presenti sono troppo pochi per tentare una difesa. Diversi sono impegnati nel campo estivo alle Piane di Mocogno, agli ordini del colonnello Giovanni Duca. Negro, tutt’altro che ostile ai nazisti, decide di consegnarsi alle forze occupanti. In città cerca di resistere soltanto un reparto del 6° reggimento di artiglieria, che punta alcuni pezzi contro i nazisti. Poco dopo, tuttavia, il comando ordina di desistere e la Wehrmacht trova via libera.

Il mattino del 9 settembre i modenesi si risvegliano sotto l’occupazione nazista. La situazione è molto confusa, ma il cronista Adamo Pedrazzi non teme che si scatenino particolari violenze. La città sembra ordinata e piuttosto pronta ad abituarsi alla nuova situazione. Le cose sono però molto diverse là dove la fame si fa sentire.

In vari luoghi della provincia i civili prendono d’assalto ammassi e salumifici per evitare che le scorte finiscano nelle mani dei militari. I più disperati cercano di accaparrarsi quel cibo che è sempre più raro. Da qualche parte la foga è tale da generare veri e propri pericoli. A Castelnuovo Rangone i nazisti intervengono con le armi mentre tante persone cercano di portare via qualcosa dal salumificio Villani.

Passano alcuni giorni e la situazione diventa più chiara. I nazisti non sembrano voler infierire con la violenza, ma i fascisti della Repubblica sociale italiana si mostrano subito determinati ad affermare la propria autorità. Pretendono che le famiglie restituiscono il cibo prelevato dagli ammassi e gli oggetti abbandonati dai militari in fuga. Non vogliono che nessuno sgarri. Pur di evitare il tradimento del patto con la Germania nazista, sono disposti a scatenare una guerra civile.

 

TUTTO QUELLO CHE GAIA TORTORA NON VUOLE VEDERE  E SAPERE :

Dott.Alberto Donzelli Conferenza 21/03/2024 Hotel "Il Chiostro" Verbania Intra

 

https://rumble.com/v4npnxf-dott.alberto-donzelli-conferenza-21032024-hotel-il-chiostro-verbania-intra.html

 

STRAGI DI STATO PER SPECULAZIONE INTERNAZIONALE  DA VACCINI

«Qual è l’incidenza assoluta di ictus ischemico e attacco ischemico transitorio dopo una vaccinazione bivalente COVID-19?».

A questa domanda hanno cercato di rispondere in uno studio pubblicato su MedRxiv i ricercatori del Kaiser Permanente Katie Sharff, Thomas K Tandy, Paul F Lewis ed Eric S Johnson che hanno rilevato ben 100mila casi di ictus ischemico tra pazienti americani over 65 del Nord-Ovest vaccinati con i sieri genici mRNA Pfizer o Moderna.

L’ischemia cerebrale è una condizione in cui il cervello non riceve abbastanza sangue da soddisfare i suoi bisogni metabolici. La conseguente carenza di ossigeno può portare alla morte del tessuto cerebrale, e di conseguenza all’ictus ischemico. E’ pertanto una patologia che mette in correlazione due note reazioni avverse dei sieri genici Covid mRNA o mDNA: le patologie cardiovascolari e quelle neurocerebrali, vergognosamente occultate dalla Pfizer nei suoi trial clinici.

«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella posizione primaria che in qualsiasi posizione».

E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.

Lo studio dei ricercatori americani di Kaiser Permanente – link a fondo pagina

«Abbiamo aspettato 90 giorni dalla fine del follow-up (21 marzo 2023) per l’accumulo completo dei dati non KP prima di analizzare i dati per tenere conto del ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurativo al di fuori dell’ospedale – proseguono i ricercatori di Kaiser Permanente – Due medici hanno giudicato possibili casi rivedendo le note cliniche nella cartella clinica elettronica. Le analisi sono state stratificate per età pari o superiore a 65 anni per consentire confronti con i VSD che hanno riferito alla riunione dell’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) l’incidenza di ictus ischemico o TIA (incidenza riportata da VSD; 24,6 casi di ictus ischemico o TIA per 100.000 pazienti vaccinato)».

I risultati dello studio sono stati sconcertanti ed hanno confermato anche la ricerca tedesca che per prima aveva segnalato la pericolosità dei booster bivalenti che erano stati testati solo sui topi ma, nonostante ciò, furono raccomandati dal Dipartimento della Salute USA e dal Ministero della Salute italiano anche per i bambini.

«L’incidenza di ictus ischemico o TIA è stata di 34,3 per 100.000 (IC al 95%, da 17,7 a 59,9) nei pazienti di età pari o superiore a 65 anni che hanno ricevuto il vaccino bivalente Pfizer, sulla base di un codice diagnostico nella posizione primaria del pronto soccorso o dell’ospedale scarico. L’incidenza è aumentata a 45,7 per 100.000 (IC 95% da 26,1 a 74,2) quando abbiamo ampliato la ricerca a una diagnosi in qualsiasi posizione e non ci siamo pronunciati per la conferma. Tuttavia, la maggior parte di queste diagnosi aggiuntive di ictus apparente o TIA erano diagnosi di falsi positivi basate sul giudizio dei medici. La stima dell’incidenza basata sulla posizione primaria concordava strettamente con la stima dell’incidenza basata su qualsiasi posizione e giudizio medico: 37,1 su 100.000 (IC 95% da 19,8 a 63,5). Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali non di proprietà del sistema di consegna integrato».

«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. Il giudizio medico di tutti i casi in questo studio ha consentito stime accurate dell’incidenza assoluta dell’ictus per 100.000 destinatari del vaccino ed è utile nel calcolo del beneficio netto per le raccomandazioni politiche e il processo decisionale condiviso».

«Poiché i vaccini COVID-19 caricano il corpo con il codice genetico per la proteina trombogenica e letale Wuhan Spike, coloro che prendono un vaccino sono vulnerabili a una catastrofe se vengono infettati da SARS-CoV-2 dopo aver recentemente preso uno dei vaccini» il famoso cardiologo americano Peter McCullough ha commentato così lo studio del professor Fadi Nahab dei Dipartimenti di Neurologia e Pediatria della Emory University a cui avevamo dedicato ampio risalto.

«Nahab e colleghi di Emory hanno analizzato un database statale di destinatari del vaccino COVID-19. Circa 5 milioni di georgiani adulti hanno ricevuto almeno un vaccino COVID-19 tra dicembre 2020 e marzo 2022: il 54% ha ricevuto BNT162b2, il 41% ha ricevuto mRNA-1273 e il 5% ha ricevuto Ad26.COV2.S. Quelli con concomitante infezione da COVID-19 entro 21 giorni dalla vaccinazione avevano un aumentato rischio di ictus ischemico (OR = 8,00, 95% CI: 4,18, 15,31) ed emorragico (OR = 5,23, 95% CI: 1,11, 24,64)» scrive McCullough nel suo Substack citando l’abstract dello studio.

«Questa analisi mostra uno dei tanti grandi pericoli presenti nello sviluppo e nel lancio rapidi di un vaccino senza una sicurezza e un monitoraggio dei dati sufficienti. L’ictus è un risultato devastante e sembra che un gran numero di casi debilitanti avrebbe potuto essere evitato se i vaccini COVID-19 fossero stati ritirati dal mercato nel gennaio 2021 per eccesso di mortalità. I pazienti in questo studio sarebbero stati risparmiati da ictus e disabilità» aggiunge il cardiologo americano rilevando l’importanza dello studio.

Verissimo! Ma quanti ictus avrebbero potuto essere evitati se lo studio fosse stato revisionato e pubblicato mesi fa sia sulla prestigiosa rivista che poi su PUBMED, la libreria scientifica dell’Istituto Nazionale della Salute americano (NIH) che l’ha ripreso?

 

Il 13 novembre, mi sono unito alla deputata statunitense Marjorie Taylor Greene e a sette suoi colleghi repubblicani della Camera, in un'audizione intitolata Injuries Caused by COVID-19 Vaccines, che ha esplorato i potenziali collegamenti tra la vaccinazione COVID-19 e gli eventi avversi tra cui miocardite, pericardite e coaguli di sangue. , danni neurologici, arresto cardiaco, aborti spontanei, problemi di fertilità e altro ancora. Il gruppo ha ascoltato le testimonianze sugli eventi avversi dei vaccini da parte degli esperti medici Dr. Robert Malone e Dr. Kimberly Biss e ha anche ascoltato l'avvocato Thomas Renz che rappresentava gli informatori del Dipartimento della Difesa (DOD) che hanno rivelato aumenti di diagnosi mediche tra i membri del servizio registrati in un DOD Banca dati. Scopri di più in questo comunicato stampa .

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Il British Medical Journal ha accusato la Food and Drug Administration, l’ente americano regolatore dei farmaci, di aver occultato il risultato di un grande studio di farmacovigilanza attiva, quindi non basato solo su segnalazioni individuali e gratuite a database (EudraVigilance gestita da EMA nell’Unione Europea e VAERS da CDC negli Stati Uniti), si è invece concentrato anche sul follow-up di alcuni vaccinati.

La ricerca statistica denominata “Sorveglianza della sicurezza del vaccino COVID-19 tra le persone anziane di età pari o superiore a 65 anni” è stata finalmente rilasciata dalla FDA e pubblicata il 1° dicembre 2022 dalla rivista specializzata Journal of Vaccine and Elsevier di Science Direct.

Il primo firmatario è Hui-Lee Wong, Direttrice associata per l’innovazione e lo sviluppo dell’Ufficio di biostatistica ed epidemiologia, Centro per la valutazione biologica della Food and Drug Administration statunitense, Silver Spring, MD, USA. Lo studio si concentra sui dati relativi a 30.712.101 persone anziane.

 

 

DOPO I VACCINI 15 INCIDENTI DI BUS PER MALORI DEI CONDUCENTI

Piazzola sul Brenta (PD), Marzo 2022, “Malore dopo l’incidente a Piazzola sul Brenta, grave un autista di bus. Il conducente 44enne ha tamponato un autocarro. Dopo la telefonata a BusItalia si è accasciato sul volante perdendo i sensi”;
Cesena, Dicembre 2022, “Cesena, malore mentre guida l’autobus: 9 auto danneggiate”;
Trento, Aprile 2023, “Paura a Trento, l’autista ha un malore e il bus esce di strada: il mezzo resta in bilico sul muretto del giardino di una casa”;
La Spezia, Maggio 2022, “Malore improvviso per l’autista dello scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri”, Catania, Ottobre 2022, “Catania: autista si sente male, bus si schianta”;
Limone Piemonte, Marzo 2023, “maestra interviene per malore autista”;
Sandrà di Castelnuovo del Garda (VR), “Verona, l’autista ha un malore: il bus degli studenti esce di strada e finisce in un vigneto” (conducente di soli 26 anni);
Alessandria, Aprile 2022, “Autista di pullman muore alla guida per un malore”;
Settingiano (CZ), Luglio 2023, “Accosta ai primi sintomi: autista salva passeggeri bus prima di morire di infarto”;
Venezia, Ottobre 2022, “Malore improvviso prima di prelevare una scolaresca: Oscar Bonazza muore a 63 anni;
Roma, Dicembre 2022, “Roma, bus con 41 bimbi a bordo finisce fuori strada per malore autista”;
Cittadella (PD), Gennaio 2023, “Autista di scuolabus muore alla guida per un malore e centra un pullman a Cittadella. Il conducente aveva appena lasciato gli alunni a scuola”;
Genova, Luglio 2023, “Autobus sbanda e colpisce le auto in sosta per un malore dell’autista. L’autista è stato accompagnato al Pronto soccorso un condizioni di media gravità”;
Cagliari, Maggio 2023, “Malore improvviso, l’autista perde il controllo del bus, esce di strada e abbatte due semafori: strage sfiorata”;
Piacenza, Aprile 2023, “Autobus di linea contro un albero dopo il malore dell’autista”… Il più curioso, guardacaso, è poi questo;
L’Aquila, Luglio 2023, “Troppo caldo a bordo del bus, autista dell’Azienda mobilità aquilana (Ama) viene colpito da un malore”.

 

27.11.23

Su 326 autopsie di vaccinati morti «un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la vaccinazione COVID-19».

A scriverlo nero su bianco è una ricerca pubblicata in pre-print (ovvero ancora in attesa di revisione paritaria che potrebbe arrivare tra un mese o tra due anni) dal sito Zenodo che non può essere ritenuta una piattaforma poco affidabile in quanto è gestito dal CERN per OpenAIRE.

Zenodo è un archivio open access per le pubblicazioni e i dati da parte dei ricercatori. Il suo nome deriva da Zenodotos di Ephesos, il primo Direttore della grande biblioteca di Alessandria che ha messo le basi per la costruzione della biblioteconomia.

L’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, comunemente conosciuta con la sigla CERN, è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, posto al confine tra la Francia e la Svizzera, alla periferia ovest della città di Ginevra, nel comune di Meyrin. La convenzione che lo istituiva fu firmata il 29 settembre 1954 da 12 stati membri mentre oggi ne fanno parte 23 più alcuni osservatori, compresi stati extraeuropei.

OpenAIRE è un partenariato senza scopo di lucro di 50 organizzazioni, fondato nel 2018 come entità giuridica greca, OpenAIRE A.M.K.E, per garantire un’infrastruttura di comunicazione accademica aperta e permanente a sostegno della ricerca europea.

Lo studio è stato presentato dal laureato in science (BS) Nicolas Hulscher presso il Dipartimento di Epidemiologia dell’Università del Michigan lo scorso venerdì 17 novembre 2023 durante una “poster session”. In ambito accademico l’esposizione di un “poster”, in un congresso o una conferenza con un focus accademico o professionale, è la presentazione di informazioni di ricerca sotto forma di poster cartaceo che i partecipanti alla conferenza possono visualizzare.

Il giovane Hulsher è stato accreditato con un progetto approvato denominato “Systematic Review of Autopsy Findings in Deaths after COVID-19 Vaccination – Revisione sistematica dei risultati dell’autopsia nei decessi dopo la vaccinazione COVID-19” in cui ha potuto fregiarsi di mentor senior di fama mondiale soprattutto nell’ambito delle inchieste sui danni da sieri genici mRNA o mDNA.

McCullough, che ha dato risalto all’evento sul suo substack, è il noto cardiologo americano che per primo ha denunciato i pericoli di miocarditi letali, confermati dagli studi FDA, CDC e infine anche dall’EMA, mentre Makis è l’oncologo canadese che ha scoperto il fenomeno del turbo-cancro.

Nei mesi scorsi lo studio era stato pubblicato anche dalla nota rivista britannica The Lancet che però lo aveva ritirato dopo 24 ore perché aveva scatenato – giustamente – una bufera sui media, sui social e di conseguenza nella comunità scientifica internazionale.

presentazione ufficiale presso l’Università de Michigan e dalla pubblicazione sul sito Zenodo gestito dal CERN.

D’altronde soltanto una volontà paranoica di censura potrebbe oscurarlo essendo basato su una semplice analisi di documenti pubblicati sul più importante archivio medico del mondo: la libreria PUBMED gestita dall’NIH, ovvero l’Istituto Nazionale per la Salute del Governo USA.

«Il rapido sviluppo e l’ampia diffusione dei vaccini contro il COVID-19, combinati con un elevato numero di segnalazioni di eventi avversi, hanno portato a preoccupazioni sui possibili meccanismi di danno, tra cui la distribuzione sistemica delle nanoparticelle lipidiche (LNP) e dell’mRNA, il danno tissutale associato alle proteine
​​spike, la trombogenicità, disfunzione del sistema immunitario e cancerogenicità. Lo scopo di questa revisione sistematica è indagare i possibili collegamenti causali tra la somministrazione del vaccino COVID-19 e la morte utilizzando autopsie e analisi post mortem».

Si legge nell’Abstract della ricerca che fa riferimento a problematiche già certificate separatamente da altre decine di studi  come quello del biochimico italiano Gabriele Segalla sulle nanoforme e sugli eccipienti tossici del siero genico Comirnaty di Pfizer-Biontech autorizzato dall’European Medicines Agency nonostante non potesse “non sapere della tossicità delle inoculazioni”.

«Abbiamo cercato tutti i rapporti autoptici e necroscopici pubblicati relativi alla vaccinazione COVID-19 fino al 18 maggio 2023 – riferiscono Hulsher et al. – Inizialmente abbiamo identificato 678 studi e, dopo lo screening dei nostri criteri di inclusione, abbiamo incluso 44 documenti che contenevano 325 casi di autopsia e un caso di necroscopia. Tre medici hanno esaminato in modo indipendente tutti i decessi e hanno determinato se la vaccinazione contro il COVID-19 fosse la causa diretta o avesse contribuito in modo significativo alla morte».

«Il sistema di organi più implicato nella morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema cardiovascolare (53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal sistema respiratorio (8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21 casi sono stati colpiti tre o più apparati. Il tempo medio dalla vaccinazione alla morte è stato di 14,3 giorni. La maggior parte dei decessi si è verificata entro una settimana dall’ultima somministrazione del vaccino. Un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la vaccinazione COVID-19» si legge nello studio consultabile su Zenodo (link a fondo pagina).

Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e medici:

«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi. Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i nostri risultati».

«Il sistema di organi più implicato nella morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema cardiovascolare (53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal sistema respiratorio (8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21 casi sono stati colpiti tre o più apparati. Il tempo medio dalla vaccinazione alla morte è stato di 14,3 giorni. La maggior parte dei decessi si è verificata entro una settimana dall’ultima somministrazione del vaccino. Un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la vaccinazione COVID-19» si legge nello studio consultabile su Zenodo (link a fondo pagina).

Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e medici:

«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi. Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i nostri risultati».

 

La ricerca pubblicata sul sito Zenodo gestito dal CERN – link al fondo dell’articolo tra le fonti

 

 

Brevetto Moderna ammette i problemi di tumori nel DNA da laboratorio

Bre

 

Leggiamo infatti nel brevetto dell’agosto 2019 sui vaccini mRNA contro il virus parainfluenzale umano 3 (HPIV-3) quanto segue:

“L’iniezione diretta di DNA geneticamente modificato (ad esempio DNA plasmidico nudo) in un ospite vivente fa sì che un piccolo numero delle sue cellule producano direttamente un antigene, determinando una risposta immunologica protettiva. Da questa tecnica, tuttavia, derivano potenziali problemi, inclusa la possibilità di mutagenesi inserzionale, che potrebbe portare all’attivazione di oncogeni o all’inibizione di geni oncosoppressori”.

La soppressione del gene che contrasta lo sviluppo dei tumori è proprio quel meccanismo che molti oncologi ritengono sia responsabile delle forme anomale di turbo-cancro rilevate tra le persone vaccinate coi sieri genici mRNA Covid

 

21.10.23

Giovedì Health Canada ha confermato la presenza di contaminazione del DNA nei vaccini Pfizer COVID-19 e ha anche confermato che Pfizer non ha rivelato la contaminazione all’autorità sanitaria pubblica. La contaminazione del DNA include il promotore e potenziatore Simian Virus 40 (SV40) che Pfizer non aveva precedentemente rivelato e che secondo alcuni esperti rappresenta un rischio di cancro a causa della potenziale integrazione con il genoma umano.

Health Canada, l’autorità sanitaria pubblica del paese, ha dichiarato a The Epoch Times che mentre Pfizer ha fornito le sequenze complete di DNA del plasmide nel suo vaccino al momento della presentazione iniziale, il produttore del vaccino “non ha identificato specificamente la sequenza SV40”.

“Health Canada si aspetta che gli sponsor identifichino qualsiasi sequenza di DNA biologicamente funzionale all’interno di un plasmide (come un potenziatore SV40) al momento della presentazione”, ha affermato.

L’ammissione di Health Canada è arrivata dopo che due scienziati, Kevin McKernan e Phillip J. Buckhaults, Ph.D., hanno scoperto la presenza di DNA plasmidico batterico nei vaccini mRNA COVID-19 a livelli potenzialmente 18-70 volte superiori ai limiti stabiliti dagli Stati Uniti. Food and Drug Administration (FDA) e Agenzia europea per i medicinali. L’immunologo virale Dr. Byram Bridle dell’Università di Guelph in Canada, commentando l’ammissione di Health Canada ha scritto sul suo Substack: “Questa è un’ammissione di proporzioni epiche”.

Bridle ha anche scritto:

“Bisogna chiedersi perché la Pfizer non abbia voluto rivelare la presenza di una sequenza di DNA biologicamente funzionale a un ente regolatore sanitario. Alla Pfizer è stato richiesto di rivelare alle agenzie di regolamentazione sanitaria tutte le sequenze bioattive nel DNA plasmidico batterico utilizzato per produrre le loro iniezioni.Bridle ha osservato che sono trascorsi “818 giorni in totale” da quando l’Università di Guelph gli ha vietato di accedere al suo ufficio e al suo laboratorio per aver tentato di condurre ricerche simili, mentre altri ricercatori “sono stati al centro di attacchi da parte di molti cosiddetti ‘esperti di disinformazione’, ” anche se nessuno “è stato in grado di confutare le proprie scoperte”. L’immunologa, biologa e biochimica Jessica Rose, Ph.D., ha dichiarato a The Defender: “DNA residuo è stato trovato nei prodotti Pfizer e Moderna – e soprattutto Pfizer -, in fiale più vecchie e più nuove, incluso il monovalente per adulti XBB.1.5 [ vaccino].”

Rose ha affermato che ciò indica che tale contaminazione “è un problema continuo”.

In osservazioni separate fatte mercoledì al programma “Good Morning CHD” di CHD.TV, Rose ha detto che McKernan “ha anche esaminato il vaccino Janssen [Johnson & Johnson] e ha scoperto DNA residuo a livelli molto alti”.  “Il DNA plasmidico viene utilizzato nella produzione di vaccini mRNA e dovrebbe essere rimosso a un livello inferiore a una soglia stabilita dalle agenzie di regolamentazione sanitaria prima che il prodotto finale venga rilasciato per la distribuzione”, ha riferito The Epoch Times.

La scoperta di McKernan ha reso “possibile per Health Canada confermare la presenza del potenziatore sulla base della sequenza di DNA plasmidico presentata da Pfizer rispetto alla sequenza del potenziatore SV40 pubblicata”, ha affermato Health Canada.

L’SV40 è spesso utilizzato nella terapia genica per la sua capacità unica di trasportare geni alle cellule bersaglio.

Nel processo di produzione del vaccino, l’SV40 “viene utilizzato come potenziatore per guidare la trascrizione genetica”, ha scritto The Epoch Times. McKernan il mese scorso “ha avvertito che la presenza di plasmidi di DNA nei vaccini significa che potrebbero potenzialmente integrarsi nel genoma umano”.

Descrivendo la ricerca di McKernan come “ineccepibile”, Kirsch ha scritto sul suo Substack: “Il DNA dura per sempre e, se si integra nel tuo genoma, produrrai il suo prodotto per sempre”.

“Ciò può far sì che la cellula appena programmata si riproduca e produca mRNA con le risultanti proteine ​​spike per un tempo sconosciuto, potenzialmente per sempre e persino per la generazione successiva”.

 

23.09.23

L'Asl To5 l'aveva sospesa nel periodo Covid perché non vaccinata bloccando la retribuzione, ora dovrà restituire stipendi e interessi
Il tribunale dà ragione alla dipendente No Vax
massimiliano rambaldi
L'Asl To 5 l'aveva sospesa dal suo lavoro d'ufficio nel periodo Covid, perché si era rifiutata di vaccinarsi interrompendole anche il pagamento dello stipendio. Una volta rientrata, alla fine delle restrizioni previste, la donna aveva fatto causa all'azienda sanitaria nonostante in quel periodo ci fossero delle direttive ben chiare sull'obbligo vaccinale. Dieci giorni fa la decisione, per certi versi inaspettata, del tribunale del lavoro di Torino: con la sentenza 1552 i giudici hanno infatti accolto il ricorso della dipendente, accertando e dichiarando «l'illegittimità della sospensione dal servizio – si legge nel documento pubblicato dall'azienda sanitaria di Chieri – condannando quindi l'Asl To 5 a corrispondere alla dipendente il trattamento retributivo richiesto, oltre agli interessi, rivalutazione e compensazione delle spese di lite». In sostanza, secondo quel giudice, l'Asl non poteva sospendere la donna dal posto di lavoro e men che meno negarle lo stipendio. E ora, nell'immediato, dovrà pagarle tutto, interessi compresi nonché le spese legali. Questo perché, nonostante l'azienda sanitaria abbia già deciso di ricorrere in appello contro tale sentenza: «in ragione della provvisoria esecutività della stessa – spiegano dalla direzione nella medesima documentazione - pur non essendo passata in giudicato, l'Asl è tenuta all'ottemperanza». Gli importi dovuti e i giorni di sospensione della dipendente non sono stati resi noti.
La dipendente in questione lavora in ambito amministrativo e non è a contatto con pazienti di un ospedale specifico. Ricordiamo tutti, però, che il governo si era dimostrato estremamente rigoroso contro chi non voleva ricevere il vaccino. In assenza di motivazioni valide (l'unica accettata era una certificata grave patologia pregressa) la persona no vax non poteva più esercitare la propria professione e, qualora fosse stato possibile, doveva essere destinata a mansioni alternative. In caso di impossibilità a spostamenti, sarebbe scattata l'immediata sospensione non retribuita che poteva terminare solo una volta effettuata la vaccinazione. Altrimenti il divieto di andare al lavoro sarebbe continuato fino al completamento della campagna vaccinale. In sostanza quello che è capitato nel caso in questione. La dipendente aveva però deciso di intraprendere le vie legali perché pretendeva di essere regolarmente pagata e di lavorare ugualmente, anche senza aver seguito il percorso anti Covid. Presentando a sua difesa documentazioni che il giudice del lavoro, a quanto pare, ha ritenuto valide. «La decisione e la linea interpretativa del tribunale del lavoro non può essere condivisa – spiegano dall'azienda sanitaria -, in quanto non è coerente con il dispositivo contenuto nel decreto legge 172 del 2021, anche alla luce del diverso orientamento espresso sul punto dalla Corte d'Appello di Torino, sezione lavoro». Immediata quindi la decisione di ricorrere in appello, affidando la questione ai legali di fiducia.

 

 

 

22.09.23

Testimonianza coraggiosa del dottor Phillip Buckhaults dell'Università della Carolina del Sud.

I “vaccini” Covid non sono stati adeguatamente testati e i loro danni non sono stati adeguatamente indagati. La FDA e il CDC devono ammettere i propri fallimenti normativi ed essere onesti con il pubblico.

Si prega di guardare questo video di 18 minuti.

 

 

17.09.23

La Ricerca delle Università Australiane basata su 253 Studi Internazionali
L’hanno pubblicata gli scienziati autraliani Peter I Parry dell’Unità clinica di ricerca sulla salute dei bambini, Facoltà di Medicina, Università del Queensland, South Brisbane, Australia, Astrid Lefringhausen, Robyn Cosford e Julian Gillespie, Children’s Health Defense (Capitolo Australia), Huskisson, Conny Turni, Ricerca microbiologica, QAAFI (Queensland Alliance for Agriculture and Food Innovation), Università del Queensland, St. Lucia, Christopher J. Neil, Dipartimento di Medicina, Università di Melbourne, Melbourne, e Nicholas J. Hudson, Scuola di Agricoltura e Scienze Alimentari, Università del Queensland, Brisbane.

E’ un colossale lavoro di letteratura scientifica basato su ben 253 studi nei quali vengono citati i più significativi sulla tossicità della proteina Spike e dei vaccini che la innesca nell’organismo attraverso i vettori mRNA. Vengono infatti menzionati lavori sulle malattie autoimmuni della biofisica Stephanie Seneff, scienziata del prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Cambridge, del cardiologo americano Peter McCullough (fonte 29 nello studio linkato a fondo pagina), quelli sui rischi di tumori dell’oncologo britannico Angus Dalgleish (fonti 230-231), quelli dell’esperto di genomica Kevin McKernan sulla replicazione cellulare dei plasmidi di Dna Spike nel corpo umano (fonte 91), quelli della chimica americana Alana F. Ogatache fu tra le prime a denunciare la pericolosità dei sieri genici mRNA Moderna (fonte 52), ed ovviamente non poteva mancare lo strepitoso e rivoluzionario del biochimico italiano Gabriele Segalla sulle nanoparticelle tossiche del vaccino Comirnaty di Pfizer-Biontech (fonte 61).

“Spikeopatia”: la proteina Spike del COVID-19 è patogena, sia dall’mRNA del virus che da quello del vaccino.
di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine (link allo studio completo a fondo pagina)

La pandemia di COVID-19 ha causato molte malattie, molti decessi e profondi disagi alla società. La produzione di vaccini “sicuri ed efficaci” era un obiettivo chiave per la salute pubblica. Purtroppo, tassi elevati senza precedenti di eventi avversi hanno messo in ombra i benefici. Questa revisione narrativa in due parti presenta prove dei danni diffusi dei nuovi vaccini anti-COVID-19 mRNA e adenovettoriali ed è innovativa nel tentativo di fornire una panoramica approfondita dei danni derivanti dalla nuova tecnologia nei vaccini che si basavano sulla produzione di cellule umane di un antigene estraneo che presenta evidenza di patogenicità.

Questo primo articolo esplora i dati sottoposti a revisione paritaria in contrasto con la narrativa “sicura ed efficace” collegata a queste nuove tecnologie. La patogenicità delle proteine ​​spike, denominata “spikeopatia”, derivante dal virus SARS-CoV-2 o prodotta dai codici genetici del vaccino, simile a un “virus sintetico”, è sempre più compresa in termini di biologia molecolare e fisiopatologia.

La trasfezione farmacocinetica attraverso tessuti corporei distanti dal sito di iniezione mediante nanoparticelle lipidiche o trasportatori di vettori virali significa che la “spikeopatia” può colpire molti organi. Le proprietà infiammatorie delle nanoparticelle utilizzate per trasportare l’mRNA; N1-metilpseudouridina impiegata per prolungare la funzione dell’mRNA sintetico; l’ampia biodistribuzione dei codici mRNA e DNA e le proteine
​​spike tradotte, e l’autoimmunità attraverso la produzione umana di proteine estranee, contribuiscono agli effetti dannosi.

Questo articolo esamina gli effetti autoimmuni, cardiovascolari, neurologici, potenziali oncologici e le prove autoptiche per la spikeeopatia. Con le numerose tecnologie terapeutiche basate sui geni pianificate, una rivalutazione è necessaria e tempestiva.

Discussione

Abbiamo iniziato questo articolo citando la risposta dell’ente regolatore sanitario australiano, il TGA, alla domanda di un senatore australiano sui rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule umane a produrre la proteina spike SARS-CoV-2. La risposta è stata che la proteina Spike non era un agente patogeno. Abbiamo presentato prove significative che la proteina spike è patogena. Ciò vale quando fa parte del virus, quando è libero ma di origine virale e quando è prodotto nei ribosomi dall’mRNA dei vaccini COVID-19 mRNA e adenovettoreDNA. I meccanismi fisiopatologici d’azione della proteina spike continuano ad essere chiariti.

Abbiamo stabilito che la proteina spike provoca danni legandosi al recettore ACE-2 e quindi sottoregolando il recettore, danneggiando le cellule endoteliali vascolari. La proteina spike ha un dominio legante simile alla tossina, che si lega a α7 nAChR nel sistema nervoso centrale e nel sistema immunitario, interferendo così con le funzioni di nAChR, come la funzione di ridurre l’infiammazione e le citochine proinfiammatorie, come IL-6. Il collegamento con le malattie neurodegenerative avviene anche attraverso la capacità della proteina “spike” di interagire con le proteine che formano l’amiloide leganti l’eparina, avviando l’aggregazione delle proteine cerebrali.

La persistenza della proteina spike causa un’infiammazione persistente (infiammazione cronica), che potenzialmente alla fine sposta il sistema immunitario verso la tolleranza immunitaria (IgG4). Un effetto particolare per le donne e la gravidanza è il legame della proteina Spike al recettore alfa degli estrogeni, che interferisce con il messaggio degli estrogeni.

La proteina Spike è citotossica all’interno delle cellule attraverso l’interazione con i geni soppressori del cancro e causando danni mitocondriali. Le proteine ​​spike espresse sulla superficie delle cellule portano alla risposta autoimmune citopatica.

La proteina spike libera si lega all’ACE-2 su altre cellule di organi e sangue. Nel sangue la proteina Spike induce le piastrine a rilasciare fattori di coagulazione, a secernere fattori infiammatori e a formare aggregati leucociti-piastrine. La proteina spike lega il fibrinogeno, inducendo la formazione di coaguli di sangue.

Esiste anche un’omologia problematica tra la proteina spike e le proteine chiave nel sistema immunitario adattativo che portano all’autoimmunità se vaccinati con l’mRNA che produce la proteina spike.

I fattori farmacocinetici contribuiscono alla fisiopatologia. Come accennato, lo studio sulla biodistribuzione di Pfizer (dove il 75% delle molecole trasportatrici di nanoparticelle lipidiche ha lasciato il deltoide per tutti gli organi entro 48 ore) per il PMDA giapponese era noto alla TGA australiana prima dell’autorizzazione provvisoria dei vaccini mRNA COVID-19 per l’Australia popolazione [5]. Poiché causano la replicazione della proteina Spike in molti organi, i vaccini basati sui geni agiscono come virus sintetici.

Il trasportatore di nanoparticelle lipidiche dell’mRNA e il PEG associato che rende il complesso mRNA-LNP più stabile e resistente alla degradazione, hanno i propri effetti tossici; le nanoparticelle lipidiche principalmente attraverso effetti proinfiammatori e il PEG mediante anafilassi in individui sensibili.

Röltgen et al. [53] hanno scoperto che l’mRNA stabilizzato con N1-metilpseudouridina nei vaccini COVID-19 produce proteine ​​spike per almeno 60 giorni. Altre ricerche citate sulla retroposizione del codice genetico [249] suggeriscono la possibilità che tale produzione di una proteina patogena estranea possa potenzialmente durare tutta la vita o addirittura transgenerazionale.

Un ampio corpo di ricerche emergenti mostra che la stessa proteina spike, in particolare la subunità S1, è patogena e causa infiammazione e altre patologie osservate nel COVID-19 acuto grave, probabilmente nel COVID-19 lungo, e nelle lesioni da vaccino mRNA e adenovettoriDNA COVID-19 . La parola “spikeopatia” è stata coniata dal ricercatore francese Henrion-Caude [98] in una conferenza e dati gli effetti patologici vari e sostanziali della proteina spike SARS-CoV-2, suggeriamo che l’uso del termine avrà un valore euristico.

La piccopatia esercita i suoi effetti, come riassunto da Cosentino e Marino [86] attraverso l’aggregazione piastrinica, la trombosi e l’infiammazione correlate al legame dell’ACE-2; interruzione delle glicoproteine ​​transmembrana CD147 che interferiscono con la funzione cardiaca dei periciti e degli eritrociti; legandosi a TLR2 e TLR4 innescando cascate infiammatorie; legandosi all’ER alfa probabilmente responsabile delle irregolarità mestruali e dell’aumento del rischio di cancro attraverso le interazioni con p53BP1 e BRCA1. Altre ricerche mostrano ulteriori effetti spikeo-patologici attraverso la produzione di citochine infiammatorie indotte da ACE-2, la fosforilazione di MEK e la downregulation di eNOS, compromettendo la funzione delle cellule endoteliali.

Effetti particolarmente nuovi della proteina spike comportano lo squilibrio del sistema colinergico nicotinico attraverso l’inibizione di α7 nAChR, portando a vie biochimiche antinfiammatorie alterate in molte cellule e sistemi di organi, nonché a un alterato tono vagale parasimpatico.

Le lesioni provocate dal vaccino mRNA e adenovettoriale del COVID-19 si sovrappongono alla grave malattia acuta da COVID-19 e al COVID lungo, ma sono più varie, data la più ampia biodistribuzione e la produzione prolungata della proteina spike.

La miopericardite è riconosciuta ma spesso è stata minimizzata come lieve e rara, tuttavia l’evidenza di una miopericardite subclinica correlata al vaccino COVID-19 relativamente comune [113,115] e l’evidenza autoptica [246,247,248] suggeriscono un ruolo nelle morti improvvise in persone relativamente giovani e in forma [116,117 ]. Le proteine ​​spike hanno anche meccanismi per aumentare la trombosi attraverso l’infiammazione correlata all’ACE-2, il disturbo del sistema dell’angiotensina [119], il legame diretto con i recettori ACE-2 sulle piastrine [1], l’interruzione dell’antitrombina [122], ritardando la fibrinolisi [123] (prestampa) e riducendo la repulsione elettrostatica degli eritrociti che porta all’emoagglutinazione [124].

Le malattie autoimmuni di nuova insorgenza dopo la vaccinazione COVID-19 potrebbero riguardare l’omologia della proteina spike e, nella malattia virale che include altre proteine SARS-CoV-2, con le proteine umane [5,138].

Il complesso mRNA-LNP attraversa la BBB e i disturbi neurologici sono altamente segnalati nei database di farmacovigilanza a seguito dei vaccini COVID-19. Numerosi meccanismi di spikepatia vengono chiariti come disturbi sottostanti che coinvolgono: permeabilità del BBB [128]; danno mitocondriale [168]; disregolazione dei periciti vascolari cerebrali [169]; Neuroinfiammazione mediata da TLR4 [170]; morte delle cellule dell’ippocampo [171]; disregolazione delle cascate del complemento e della coagulazione e dei neutrofili che causano coagulopatie [173] (prestampa); neuroinfiammazione e demielinizzazione tramite disregolazione microgliale [174,177,180]; aumento dell’espressione di α-Syn coinvolta nella malattia neurodegenerativa [175]; livelli elevati di chemochina 11 del motivo CC associati all’invecchiamento e alla successiva perdita di cellule neurali e mielina; legandosi al recettore nicotinico dell’acetilcolina α7 (nAChR), aumentando i livelli di IL-1b e TNFα nel cervello causando elevati livelli di infiammazione [172,177]; la subunità S1 è amiloidogenica [185]; disautonomia [96], mediante danno neuronale diretto o meccanismi immunomediati indiretti, ad esempio inibizione di α7 nAChR; anosmia causata sia dal vaccino che dalla malattia [44], anch’essa prodromica alla malattia di Parkinson.

Inoltre, gli autoanticorpi nel dominio C-terminale globulare possono causare la malattia di Creutzfeldt Jakob (CJD) [218], miR-146a è alterato in associazione con COVID-19 [222] e associato sia a infezioni virali che a malattie da prioni nel cervello, e È stato dimostrato che S1 induce senescenza nelle cellule trasfettate.

La quantità di possibili meccanismi di danno mediato dai picchi nel cervello è pari nella vita reale alla prevalenza di effetti avversi neurologici e neurodegenerativi e richiede urgentemente ulteriori ricerche.

Il cancro, anche se non è stato dimostrato con certezza che sia causato dai vaccini, sembra seguire da vicino la vaccinazione e abbiamo esaminato le possibili cause sotto forma di interazioni delle proteine
​​spike con fattori di trascrizione e geni soppressori del cancro.

Il vaccino doveva proteggere le persone di età superiore ai 60 anni con il maggior rischio di mortalità da COVID-19 [10], tuttavia un’analisi del rischio condotta da Dopp e Seneff (2022) [250] ha mostrato che la probabilità di morire a causa dell’iniezione è solo 0,13 % inferiore al rischio di morte per infezione nelle persone di età superiore a 80 anni.

Inoltre, l’invecchiamento naturale è accompagnato da cambiamenti nel sistema immunitario che compromettono la capacità di rispondere efficacemente ai nuovi antigeni. Similmente alle risposte ai virus stratificate per età, ciò significa che i vaccini diventano meno efficaci nell’indurre l’immunità negli anziani, con conseguente ridotta capacità di combattere nuove infezioni [251].

La vaccinazione con mRNA COVID-19 a due dosi ha conferito una risposta immunitaria adattativa limitata tra i topi anziani, rendendoli suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 [252]. Secondo uno studio di Vo et al., (2022) [253], il rischio di malattie gravi tra i veterani statunitensi dopo la vaccinazione è rimasto associato all’età. Questo rischio di infezioni intercorrenti era anche maggiore se erano presenti condizioni di immunocompromissione.

Infine, abbiamo esaminato le migliori serie di casi di autopsia attualmente disponibili, eseguite in Germania, che stabiliscono le connessioni tra spikeopatia e fallimenti multipli di organi, neuropatie e morte.

Conclusioni
In questa revisione narrativa, abbiamo stabilito il ruolo della proteina spike SARS-CoV-2, in particolare della subunità S1, come patogena. Ora è anche evidente che le proteine
​​spike ampiamente biodistribuite, prodotte dai codici genetici dell’mRNA e del DNA adenovettoriale, inducono un’ampia varietà di malattie. I meccanismi fisiopatologici e biochimici sottostanti sono in fase di chiarimento.

I trasportatori di nanoparticelle lipidiche per i vaccini mRNA e Novavax hanno anche proprietà proinfiammatorie patologiche. L’intera premessa dei vaccini basati sui geni che producono antigeni estranei nei tessuti umani è irta di rischi per disturbi autoimmuni e infiammatori, soprattutto quando la distribuzione non è altamente localizzata.

Le implicazioni cliniche che seguono sono che i medici in tutti i campi della medicina devono essere consapevoli delle varie possibili presentazioni della malattia correlata al vaccino COVID-19, sia acuta che cronica, e del peggioramento delle condizioni preesistenti.

Sosteniamo inoltre la sospensione dei vaccini COVID-19 basati sui geni e delle matrici portatrici di nanoparticelle lipidiche e di altri vaccini basati sulla tecnologia mRNA o DNA vettoriale virale. Una strada più sicura è quella di utilizzare vaccini con proteine ricombinanti ben testate, tecnologie virali attenuate o inattivate, di cui ora ce ne sono molti per la vaccinazione contro la SARS-CoV-2.

di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine

BIOMEDICINE – ‘Spikeopathy’: COVID-19 Spike Protein Is Pathogenic, from Both Virus and Vaccine mRN
A

 

 

14.09.23

Fondata nel 1945, Kaiser Permanente è riconosciuta come uno dei principali fornitori di assistenza sanitaria e piani sanitari senza scopo di lucro d’America. Attualmente opera in 8 stati (California del Nord, California del Sud, Colorado, Georgia, Hawaii, Virginia, Oregon, Washington) e nel Distretto di Columbia.

«La cura dei membri e dei pazienti si concentra sulla loro salute totale. I medici, gli specialisti e i team di operatori sanitari di Permanente Medical Group guidano tutte le cure. I nostri team medici possono avvalersi di tecnologie e strumenti leader del settore per la promozione della salute, la prevenzione delle malattie, l’erogazione delle cure e la gestione delle malattie croniche» spiega l’organizzazione medica.

«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella posizione primaria che in qualsiasi posizione».

E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. ».

 

 

18.08.23

Il procuratore generale del Texas Ken Paxton ha cercato di fare luce sulla sicurezza dei vaccini Covid e sugli esperimenti americani Gain of Function (GOF) per il potenziamento dei virus SARS in laboratorio, condotti dal virologo Anthony Fauci tra gli USA (University of North Carolina) e il Wuhan Institute of Virology, ma è stato subito colpito da un impeachment (per altre ragioni politiche) che ha bloccato la sua inchiesta.

Ora quattro famiglie americane delle vittime Covid hanno presentato una formale denuncia per quelle pericolosissime ricerche prendendo di mira il famigerato zoologo di origini britanniche Peter Daszak, presidente della società EcoHealthAlliance di New York che fu finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation e soprattutto dall’Istituto Nazionale Allergie e Malattie Infettive diretto da Fauci (fino al dicembre 2022) per i progetti di costruzione di coronavirus chimerici del ceppo SARS chimerici nel centro virologico cinese.

l dottor Zhou Yusen misteriosamente morto tre mesi dopo aver brevettato un vaccino contro il Covid-19 nel febbraio 2020 che, secondo gli investigatori americani, sarebbe morto misteriosamente proprio cadendo dal tetto del WIV di Wuhan.

Nel giugno 1998 durante il vertice sino-americano in Cina il presidente Bill Clinton siglò una “Convenzione sulla armi biologiche” con il presidente cinese Jiang Zemin,

Nell’aprile 2004 la Commissione Europea presieduta dall’italiano Romano Prodi e composta anche dal commissario Mario Monti diede il primo finanziamento di quasi 2milioni di euro al Wuhan Institute of Virology grazie al quale la direttrice del Centro di Malattie Infettive Shi Zengli, soprannominata bat-woman per i suoi esperimenti sui coronavirus dei pipistrelli cinesi a ferro di cavallo, creò il primo virus chimerico ricombinante potenziando un ceppo di SARS con plasmidi infettati dal virus HIV.

 

 

16.08.23

 l’instabilità del sistema colloidale di nanomateriali lipidici (e il conseguente maggior rischio tossicologico) della prima versione di Comirnaty sia sostanzialmente dovuta alla presenza, in quella formulazione, di fattori destabilizzanti, quali, appunto, i composti inorganici elettrolitici in eccesso, costituiti principalmente dai componenti del tampone pH PBS utilizzato da Pfizer-BioNTech».

Evidenzia il dottor Segalla illustrando le differenti caratteristiche della stabilizzazione del farmaco concorrente Spikevax di Moderna.

«A questo proposito, però, quanto riportato nel brevetto della stessa BioNTech (co- titolare, insieme a Pfizer, del vaccino Comirnaty) US 10,485,884 B2 RNA Formulation for Immunoterapy [Formulazioni a RNA per immunoterapia] del 26 novembre 2019, risulta ancor più esplicito al riguardo della “elevata tossicità” attribuita a “liposomi e lipoplexes” caricati positivamente».

«Ciò si riferisce a formulazioni a base di RNA incapsulato in nanoparticelle lipidiche cationiche – del tipo cioè di quelle usate nel Comirnaty – e denominate, in questo contesto, “lipoplexes”. Nella descrizione del brevetto, si spiega, fra l’altro, come le nanoparticelle cationiche contenenti RNA si formino soprattutto grazie a determinati rapporti di massa/carica tra i lipidi cationici (+) e le componenti anioniche (-) dell’ RNA, e come tali rapporti giochino un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda il passaggio delle nanoparticelle contenenti RNA attraverso la membrana cellulare e il conseguente trasferimento dell’RNA all’interno della cellula (trasfezione) per modificarne le caratteristiche funzionali:

Con una minore carica positiva in eccesso, l’efficacia della trasfezione scende drasticamente, andando praticamente a zero. Sfortunatamente, però, per liposomi e lipoplexes [nanoparticelle lipidiche] caricati positivamente è stata segnalata un’elevata tossicità, che può essere un problema per l’applicazione di tali preparati come prodotti farmaceutici. [corsivi aggiunti] (Figura 26)».

«Le ragioni per cui i tamponi pH del tipo PBS non vanno assolutamente bene in preparati a base di nanoparticelle cationiche inglobanti RNA sono spiegate molto chiaramente nella sezione del brevetto intitolata “Effects of Buffers/ Ions on Particle Sizes and PI of RNA Lipoplexes” [Effetti dei tamponi / composti ionici sulle dimensioni e Indice di polidispersione delle nanoparticelle lipidiche contenenti RNA] del suddetto brevetto di BioNTech US 10,485,884 B2, 44 (47-50), 45 (4-6), 45 (31- 33)».

In condizioni fisiologiche (cioè a pH 7,4; 2,2 mM Ca++), è imperativo assicurarsi che ci sia un rapporto di carica prevalentemente negativa, a causa dell’ instabilità delle nanoparticelle lipidiche neutre o caricate positivamente. [corsivi aggiunti] (Figura 27)

«In altre parole, sulla base di quanto scientificamente documentato e riportato in un brevetto della stessa BioNTech, in aggiunta a quanto già descritto riguardo alla pericolosità intrinseca delle nanoparticelle lipidiche caricate positivamente, apprendiamo che un sistema colloidale di nanoparticelle lipidiche cationiche inglobanti mRNA.

NON dovrebbe contenere nella propria formulazione un tampone ionico come il PBS, al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione composti ionici (come ad es. cloruro di sodio), al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe essere iniettato per via intramuscolare, a causa della sua instabilità quando viene a trovarsi nelle condizioni fisiologiche del distretto extracellulare (pH 7,4; 2,2 mM Ca++).
«Tutte e tre queste rigorose raccomandazioni, riportate nel succitato brevetto di BioNTech del 2019, sono spudoratamente disattese, o ignorate, nel 2020, sia da Pfizer-BioNTech sia dagli enti certificatori, sia nel merito della formulazione (ionico/ elettrolitico) sia in quello della destinazione d’uso (inoculazione intramuscolare) del preparato Comirnaty» rimarca il biochimico italiano segnalando che tali «criticità» sono «in palese contrasto con le specifiche e pertinenti raccomandazioni asserite dalla stessa BioNTech nel suo sopramenzionato brevetto US 10,485,884 B2»

 

14.08.23

«Per i suesposti motivi, questo giudicante ritiene non legittima e non conforme ai Principi Generali dell’Ordinamento e della Costituzione la normativa in materia di obbligo vaccinale, che pertanto va disapplicata. Con riguardo alle spese di giudizio sussistono giustificati motivi per compensarle, attesa la “particolarità” della materia trattata».

L’anonimo italiano over 50 che ha fatto ricorso al Giudice di Pace di Santa Maria Capua a Vetere contro l’imposizione della vaccinazione Covid e la conseguente multa da 100 euro emanata dall’Agenzia delle Entrate per conto del Ministero della Salute dovrà pagare solo una ventina di euro. Ovvero la metà dell’ammontare delle spese giudiziarie per ricorsi inferiori a 1.100 euro.

Non è il primo e non sarà l’ultimo pronunciamento giudiziario che contesta l’obbligatorietà dei sieri genici sperimentali. Il caso più famoso è ovviamente quello della giudice Susanna Zanda del Tribunale Civile di Firenze che, avendo osato anche segnalare i decessi per presunte reazioni avverse ai vaccini alla Procura della Repubblica di Roma, è finita nel fuoco incrociato della Procura Generale della Corte di Cassazione che ha aperto un procedimento disciplinare nei suoi confronti subito dopo le esternazioni politiche del Ministro della Giustizia Carlo Nordio.

«Ebbene, al di là delle pronunce del Consiglio d’Europa che ha avuto occasione di occuparsi della tematica della vaccinazione Covid (con la Risoluzione 2361 del 2021) e di decisioni, invece, contrarie, a parere di questo giudice, appaiono decisive le circostanze, ormai conclamate, che il non vaccinato — a prescindere dalle decisioni relative all’età — non ha determinato alcun rischio maggiore per la salute pubblica rispetto ai soggetti vaccinati provvisti di green pass, perché l’idoneità dei vaccini (quale strumento di prevenzione del contagio), non solo non è pari o vicina al 100 % ma si è di fatto rivelata prossima allo zero (Trib. Napoli marzo 2023)

«Il Tribunale del Lavoro di Catania, con la decisione del 14.03.2022, ribadisce che “sebbene non si ignori che l’impianto del D.D. 44/2021 sia ispirato alla finalità “di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (art. 4, co. 1, D.L. 44/2021), nell’ambito di una situazione emergenziale e del tutto straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato — e che si sono irrigidite a seguito delle modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto – appaiono tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell’ottica della necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti, tra cui, tra i primi, la dignità della persona, bene protetto da co. 2, 36,41 Cost. plurime previsioni della Carta: artt. 2, 3»

«Sebbene la legge possa prevedere l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari, sono rarissimi, ed ancorati a precisi presupposti, ì casi in cui l’ordinamento consente la possibilità di eseguirli contro la volontà della persona (ad es., è il caso del TSO), valendo da sempre il principio che gli accertamenti ed i trattamenti obbligatori debbano essere ‘accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”…»

«E ciò a conferma della consapevolezza del legislatore che l’obbligo al trattamento sanitario costituisce pur sempre un’eccezione rispetto al principio, di cui è espressione l’art. 32 Cost., della libera determinazione dell’individuo in materia sanitaria».

In virtù di questi motivi ha accolto «il ricorso annullando il provvedimento opposto» dall’avvocato Alessandra De Rosa contro l’avviso di addebito di 100 euro al suo assistito.

 

08.08.23

Un manager della Pfizer in Oceania ha ammesso che agli impiegati australiani dell’azienda farmaceutica di New York sono somministrati dati lotti di vaccini differenti da quelli distribuiti al pubblico.

Lo ha dichiarato durante un’Audizione davanti al Senato Australiano che, a differenza dei politici dell’Unione Europea foraggiati dalle ONG di Bill Gates, ha già avviato un’inchiesta formale per indagare sulla natura dei sieri genici acquistati, sull’occultamento dei dati dei trials clinici e sui danni causati ai vaccinati.

L’ammissione è arrivata durante una rigorosa sessione di interrogatorio mercoledì, in cui il direttore medico nazionale di Pfizer Australia, il dott. Krishan Thiru, e il capo delle scienze normative, il dott. Brian Hewitt, hanno parlato davanti al “Comitato per la legislazione sull’istruzione e l’occupazione” del Senato australiano sui vaccini sperimentali contro il COVID-19, aggiunge Gateway Pundit

23.07.23

I vaccini Covid contengono proporzioni considerevoli di residui di DNA in grado di integrarsi permanentemente nel genoma umano, causando malattie croniche e tumori. Questo potrebbe anche spiegare l’eccesso di mortalità osservato dall’inizio delle campagne di vaccinazione.

L’ex banchiere svizzero Pascal Najadi e' l’autore di una denuncia penale per abuso di potere contro il presidente della Confederazione Alain Berset è vaccinato tre volte e altrettante volte si è costituito contro le autorità sanitarie da quando un’analisi del suo sangue gli ha rivelato che il suo organismo continua a produrre la proteina spike del vaccino più di 18 mesi dopo la sua ultima iniezione Pfizer/BioNTech.

Contattato, l’interessato ci ha fornito i risultati del laboratorio oltre ad una lettera del Prof. Sucharid Bhakdi confermando che “i risultati del test indicano chiaramente che il signor Najadi soffre di effetti irreparabili a lungo termine causati dal prodotto di mRNA iniettato fabbricato da PfizerBiontech.

L’ex banchiere aveva consultato l’Ufficio federale della sanità pubblica in Svizzera su questo argomento. Quest’ultimo non è stato in grado di dargli risposte, sostenendo che non poteva commentare un singolo caso. Pascal Najadi ne aveva dedotto che l’ufficio in realtà non controllava nulla riguardo a queste nuove tecnologie vaccinali.

La persistenza della presenza della proteina spike rilevata a Najadi e altri iniettati rimane ufficialmente inspiegabile ed è ben oltre i 14 giorni comunicati quando sono state lanciate le campagne di vaccinazione contro il Covid.

Tutti conoscono il DNA, rappresentato da una doppia elica e contenente il nostro codice genetico. L’RNA è costituito solo da un singolo filamento. La cellula lo produce secondo necessità leggendo parte del DNA che servirà poi come specifiche per la produzione di una proteina.

Una dose di “vaccino” Covid a RNA messaggero contiene miliardi di filamenti di RNA messaggero, che innescheranno la produzione di altrettante proteine
​​​​spike del virus SARS-CoV-2 nelle cellule che raggiungono. Queste proteine ​​spike attiveranno una risposta del sistema immunitario.

a proteina avanzata è stata anche presentata come sostanza innocua durante le campagne di vaccinazione quando è nota per essere tossica per l’organismo umano e causare la maggior parte delle complicanze del Covid, comprese le reazioni infiammatorie e allergiche.

Per comunicare, i batteri si scambiano importanti “messaggi” genetici con l’aiuto dei cosiddetti plasmidi. Ad esempio, se un batterio trova un nuovo meccanismo che aumenta la sua resistenza agli antibiotici, incapsula questa informazione in plasmidi, che verranno prodotti e ‘diffusi’ ad altri batteri.

Il processo di produzione dei filamenti di RNA dei vaccini Covid richiede appunto di passare attraverso la manipolazione genetica dei batteri mediante plasmidi, nei quali sarà stata precedentemente introdotta la sequenza di DNA corrispondente alla proteina spike di SARS-CoV-2.

Il plasmide viene propagato nei batteri e utilizzato come stampo per la produzione di massa di RNA messaggero che sarà in grado di innescare la produzione di proteine ​​spike nelle cellule vaccinate. Il DNA deve poi essere rimosso e l’RNA messaggero viene poi miscelato con i lipidi per produrre nanoparticelle in grado di portare l’mRNA nelle nostre cellule

Nell’ambito dell’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino Pfizer, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) si è quindi dovuta accontentare di consultare i dati forniti dal produttore. EMA ha espresso sorpresa al produttore per il fatto che il prodotto finale non fosse stato sequenziato geneticamente per garantire che contenesse solo RNA messaggero e nessun DNA o altri residui, apprende lo scienziato tedesco Florian Schilling in una presentazione

Pfizer ha risposto di aver rinunciato volontariamente al sequenziamento, ammettendo che non era certo ottimale, ma che era giustificato per ridurre i costi. Anche altri produttori hanno rinunciato a questo sequenziamento genetico come parte della loro garanzia di qualità.

Tra le tecniche alternative di valutazione del prodotto utilizzate da Pfizer c’è l’elettroforesi, che conta gli elementi presenti in una soluzione in base alla loro dimensione.

Nei documenti forniti da Pfizer alla WEA, l’RNA messaggero della proteina spike del vaccino è rappresentato da un alto picco centrale. L’anomalia sono le “pendenze” su entrambi i lati del picco, che rappresentano misteriosi “oggetti” genetici che non corrispondono alle dimensioni dell’RNA messaggero e non dovrebbero essere presenti in una soluzione purificata.

Anche l’EMA aveva voluto saperne di più e aveva richiesto i dati grezzi a Pfizer. Il produttore aveva accettato di fornirli ma ad oggi non sono ancora stati consegnati.

Un gruppo di ricercatori, preoccupato in particolare per le conseguenze delle iniezioni di Covid sui giovani, ha deciso all’inizio del 2023 di prendere in mano la situazione e mettere in sequenza lotti di “vaccini” di Pfizer e Moderna. Il loro intero approccio è spiegato in dettaglio in un primo articolo e nel suo supplemento scritto da Kevin McKernan, biologo molecolare, specialista in manipolazione genetica e sequenziamento, che ha partecipato all’analisi.

Le loro scoperte sono di natura inquietante:

Quantità di DNA anormalmente elevata – La presenza di plasmidi contenenti DNA proteico spike è stata confermata in proporzioni notevoli per i “vaccini” di Pfizer e Moderna: tra il 20 e il 35%, ben oltre i limiti di contaminazione fissati dall’EMA (0,033%) . Una singola dose contiene quindi diversi miliardi di questi plasmidi che servivano per produrre l’RNA messaggero e che poi avrebbero dovuto essere eliminati. Queste informazioni sono già prova della non conformità di questi prodotti alle normative vigenti.


Accelerazione della resistenza agli antibiotici – Fatto preoccupante, il DNA di questi plasmidi contiene geni che li rendono resistenti a due antibiotici: neomicina e kanamicina. L’introduzione di miliardi di geni di resistenza agli antibiotici in plasmidi altamente replicabili, consentendo la selezione di batteri resistenti a questi trattamenti nel microbioma, dovrebbe sollevare preoccupazioni sull’accelerazione della resistenza agli antibiotici su scala globale. Alcuni esperti stimavano già prima della crisi del Covid che entro il 2050 non avremmo più avuto antibiotici efficaci.
Elevato fattore di errore di copia – Gli scienziati affermano che la presenza di un nucleotide chiamato pseudouridina è molto preoccupante poiché è noto che ha un tasso di errore di copia di uno su 4000 nucleotidi, ovvero tra 5 e 8,5 milioni di possibili errori di copia per dose di vaccino. E nessuno può dire a cosa corrispondano questi errori poiché sono imprevedibili.


Integrazione permanente e transgenerazionale: i plasmidi vaccinali possono raggiungere un batterio o una cellula umana. Quest’ultimo caso è considerato problematico perché è possibile che il filamento di DNA contenuto nel plasmide sia permanentemente integrato nel codice genetico della cellula umana, permettendole in qualsiasi momento di produrre autonomamente la proteina spike del vaccino, per tutta la vita. Con ogni probabilità, questo è ciò che sta accadendo ai clienti di Pascal Najadi e Me Ulbrich in Germania. L’insegnante. Bhakdi ha ricordato a questo proposito che ogni divisione cellulare è un’opportunità per questo DNA importato di modificare il genoma dell’ospite. Se questa integrazione avviene in una cellula staminale, ovulo o spermatozoo, la modificazione genetica verrà trasmessa alle generazioni successive.

Questo è grave perché oggi la scienza non offre uno strumento per rimuovere un gene. Più incomprensibilmente, il DNA del plasmide utilizzato da Pfizer contiene una sequenza (SV 40) che gli permette di essere trasferito nel nucleo anche quando la cellula non si sta dividendo e quindi di influenzare le cellule. La sua presenza è comunque inutile per la produzione di RNA messaggero nei batteri. Questa sequenza è assente dai plasmidi utilizzati da Moderna.

l vaccino Covid di Johnson & Johnson presenta un rischio di integrazione ancora maggiore perché si basa su un virus a DNA e utilizza un promotore molto più potente dell’SV 40, chiamato CMV. Ciò comporta un rischio molto più elevato di oncogenesi e continua produzione di proteine ​​spike rispetto agli RNA messaggeri, afferma Marc Wathelet, biologo molecolare e specialista di coronavirus che abbiamo consultato (vedi intervista alla fine dell’articolo).

Poiché il DNA della proteina spike del plasmide prende di mira le cellule dei mammiferi, ci sono pochissime possibilità che si integri permanentemente nel genoma di un batterio intestinale. Non riuscendo a diventare fabbriche proteiche avanzate, questi batteri – che non sono cellule umane – potrebbero invece moltiplicare i plasmidi del vaccino e contribuire così ad aumentare il rischio di contaminazione con cellule umane, chiamato “bactofezione” o “trasfezione”.

Marc Wathelet conferma che se “il rischio di contaminazione dei batteri nel microbioma rimane basso, sono i rischi di infiammazione e soprattutto di tumori legati alla contaminazione delle cellule del corpo delle persone vaccinate da parte del DNA che sono più preoccupanti”.

L’esperto sottolinea che è “impossibile quantificare questo rischio”. Trova “un aumento di alcuni tumori, ma non è chiaro se sia dovuto a DNA, mRNA, un indebolimento del sistema immunitario, lipidi nelle nanoparticelle o una combinazione di questi fattori

 

21.07.23

Come risulta, la proteina spike e l’mRNA non sono gli unici rischi di queste iniezioni. Il team di McKernan ha anche scoperto i promotori del virus della simmia 40 (SV40) che, da decenni, sono sospettati di provocare il cancro negli esseri umani, compresi mesoteliomi, linfomi e tumori del cervello e delle ossa.3 I risultati4,5,6,7 sono stati pubblicati su OSF Preprints all’inizio di aprile 2023. Come spiegato nell’abstract:8

“Sono stati utilizzati diversi metodi per valutare la composizione degli acidi nucleici di quattro fiale scadute dei vaccini mRNA bivalenti Moderna e Pfizer. Sono stati valutati due flaconi di ciascun fornitore… Molteplici test supportano una contaminazione da DNA che supera i requisiti dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) di 330ng/mg e della FDA [Food and Drug Administration] di 10ng/dose…

Come riportato in una recensione del libro di Lancet “The Virus and the Vaccine: The True Story of a Cancer-Causing Monkey Virus, Contaminated Polio Vaccine and the Millions of Americans Exposed”:13

“Nel 1960, gli scienziati e i produttori di vaccini sapevano che i reni delle scimmie erano fogne di virus scimmieschi. Tale contaminazione spesso rovinava le colture, comprese quelle di una ricercatrice del NIH di nome Bernice Eddy, che lavorava sulla sicurezza dei vaccini… La sua scoperta… minacciava uno dei più importanti programmi di salute pubblica degli Stati Uniti…”.

Eddy cercò di informare i colleghi, ma fu imbavagliata e privata dei suoi compiti di regolamentazione dei vaccini e del suo laboratorio… [Due] ricercatori della Merck, Ben Sweet e Maurice Hilleman, identificarono presto il virus del rhesus, poi chiamato SV40, l’agente cancerogeno che era sfuggito a Eddy.

“Nel 1963, le autorità statunitensi decisero di passare alle scimmie verdi africane, che non sono ospiti naturali dell’SV40, per produrre il vaccino antipolio. A metà degli anni ’70, dopo studi epidemiologici limitati, le autorità conclusero che, sebbene l’SV40 causasse il cancro nei criceti, non sembrava farlo nelle persone.

“Arriviamo agli anni ’90: Michele Carbone, allora all’NIH [National Institutes of Health], stava lavorando sul modo in cui l’SV40 induce i tumori negli animali. Uno di questi era il mesotelioma, un raro tumore della pleura che nelle persone si pensa sia causato principalmente dall’amianto. L’ortodossia riteneva che l’SV40 non causasse tumori nell’uomo.

“Incoraggiato da un articolo del 1992 del NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il virus della scimmia era attivo e produceva proteine.

“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.

“Incoraggiato da un articolo del 1992 del NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il virus della scimmia era attivo e produceva proteine.

“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.

 Torniamo alle scoperte di McKernan, che oltre al video in evidenza sono discusse anche nel podcast di Daniel Horowitz qui sopra. In breve, il suo team ha scoperto livelli elevati di plasmidi di DNA a doppio filamento, compresi i promotori SV40 (sequenza di DNA essenziale per l’espressione genica) che sono noti per innescare lo sviluppo del cancro quando incontrano un oncogene (un gene che ha il potenziale di causare il cancro).

Il livello di contaminazione varia a seconda della piattaforma utilizzata per la misurazione, ma indipendentemente dal metodo utilizzato, il livello di contaminazione del DNA è significativamente superiore ai limiti normativi sia in Europa che negli Stati Uniti, afferma McKernan. Il livello più alto di contaminazione del DNA riscontrato è stato del 30%, un dato piuttosto sorprendente.

Come spiegato da McKernan, quando si utilizza un tipico test PCR, si viene considerati positivi se il test rileva il virus SARS-CoV-2 utilizzando una soglia di ciclo (CT) di circa 40. In confronto, la contaminazione del DNA viene rilevata con TC inferiori a 20. Ciò significa che la contaminazione è di un milione di milioni di unità.

Ciò significa che la contaminazione è un milione di volte superiore alla quantità di virus che si dovrebbe avere per risultare positivi al test COVID-19. “Quindi, c’è un’enorme differenza per quanto riguarda la quantità di materiale presente”, afferma McKernan.

Nel suo articolo su Substack14 , McKernan sottolinea anche che chi sostiene che il DNA a doppio filamento e l’RNA virale siano una falsa equivalenza, perché l’RNA virale è in grado di replicarsi, si sbaglia.

“La maggior parte dell’sgRNA che state rilevando in un tampone nasale nel vostro naso NON È ADEGUATO ALLA REPLICAZIONE, come dimostrato da Jaafar et al.15 È solo un frammento di RNA che dovrebbe avere una longevità inferiore nelle vostre cellule rispetto ai frammenti contaminanti di dsDNA”, scrive.

Se si sequenzia il DNA, si scopre che corrisponde a quello che sembra essere un vettore di espressione usato per produrre l’RNA… Ogni volta che vediamo una contaminazione del DNA, come quella dei plasmidi, finire in un prodotto iniettabile, la prima cosa a cui si pensa è se sia presente l’endotossina dell’E. coli (Escherichia coli, ndr), perché crea anafilassi per chi viene iniettato.
 

Mentre i deceduti non vaccinati sono stati soltanto 304 e quelli vaccinati con ciclo incompleto (senza seconda dose) 25. Il periodo preso in considerazione dalla tabella ISS è quello che va dal 29 aprile al 29 maggio 2022.

 

La tabella del Bollettino Covid-19 pubblicato il 24 giugno scorso dall’Istituto Superiore della Sanità di Roma – link a fondo pagina

 

«Numerosi studi riportano l’insorgenza di reazioni autoimmuni a seguito della vaccinazione contro il COVID-19 (Gadi et al., 2021; Watad et al., 2021; Bril et al., 2021; Portoghese et al., 2021; Ghielmetti et al., 2021; Vuille – Lessard et al., 2021; Chamling et al., 2021; Clayton-Chubb et al., 2021; Minocha et al., 2021; Elrashdy et al., 2021; Garrido et al., 2021; Chen et al., 2022; Fatima et al., 2022; Mahroum et al., 2022; Finsterer, 2022; Garg & Paliwal, 2022; Kaulen et al., 2022; Kwon & Kim, 2022; Ruggeri, Giovanellla & Campennì, 2022). I dati istopatologici forniscono una prova indiscutibile che dimostra che i vaccini genetici presentano una distribuzione fuori bersaglio, provocando la sintesi della proteina spike e innescando così reazioni infiammatorie autoimmuni, anche in tessuti terminali differenziati».

Furono proprio gli esami patologici del medico tedesco Morz a rilevare l’anomala persistenza nel corpo umano della proteina Spike di cui un altro studio americano asseverato dalla virologa Jessica Rose spiegò la proliferazione attraverso i plasmidi di RNA.

«In generale, i potenziali rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule umane a diventare bersagli per l’attacco autoimmune non possono essere valutati completamente, senza conoscere l’esatta distribuzione e cinetica di LNP e mRNA, nonché la produzione e la farmacocinetica della proteina spike».

Lo studio sottoscritto anche da Donzelli e Bellavite poi conclude:

«Poiché il corpo umano non è un sistema strettamente compartimentato, questo è motivo di seria preoccupazione per ogni vaccino genetico attuale o futuro che induca le cellule umane a sintetizzare antigeni non self. Infatti, per i tessuti terminalmente differenziati, la perdita di cellule determina un danno irreversibile con prognosi potenzialmente fatale. In conclusione, alla luce delle innegabili prove di distribuzione fuori bersaglio, la somministrazione di vaccini genetici contro COVID-19 dovrebbe essere interrotta fino a quando non saranno eseguiti accurati studi di farmacocinetica, farmacodinamica e genotossicità, oppure dovrebbero essere somministrati solo in circostanze quando i benefici superano di gran lunga i rischi».

L’invito a indagare sui danni da sieri genici e a fermarne l’inoculazione è giunto anche da una ricercatrice dell’Istituto Superiore della Sanità e dalla sentenza del Tribunale di Firenze che ha inviato gli atti alla Procura della Repubblica di Roma per un’accurata inchiesta.

 

di Peter McCullough – pubblicato in origine sul suo Substack

Mi viene spesso chiesto: perché tante persone che hanno assunto il vaccino COVID-19 stanno apparentemente bene, mentre altre subiscono danni al cuore, ictus, coaguli di sangue e finiscono per essere invalide o morte? Da molti mesi si sospetta che ci possano essere variazioni nei lotti o nelle partite di vaccino che potrebbero spiegare in parte queste osservazioni. In altre parole, non tutti ricevono la stessa dose di mRNA.

In base all’autorizzazione all’uso in emergenza, le aziende produttrici di vaccini e i loro subappaltatori non effettuano alcuna ispezione delle fiale finali riempite e finite. Si tratta di una situazione senza precedenti per un prodotto di largo uso di qualsiasi tipo.

È possibile che le nanoparticelle lipidiche si aggreghino in sospensione e quindi alcuni lotti potrebbero contenere più mRNA di altri. Allo stesso modo, poiché le dimensioni dei lotti sono variate nel tempo, è possibile che i contaminanti del processo di produzione si concentrino in alcuni lotti più piccoli rispetto a quelli più grandi.

Infine, il trasporto, la conservazione e l’uso del prodotto possono essere fattori che denaturano l’mRNA, tra cui il riscaldamento, l’aria iniettata nelle fiale e gli aghi multipli immersi nella sospensione.

Il problema della contaminazione è emerso quando il Giappone ha restituito milioni di dosi e sono stati riscontrati detriti visibili sul fondo delle fiale. Inoltre, poiché i contactor di biodifesa utilizzano sfere metalliche, è possibile che i lotti iniziali più piccoli avessero detriti magnetici che spiegavano il “magnetismo” nel braccio in cui veniva somministrata l’iniezione, come riportato all’inizio della campagna vaccinale.

Un rapporto di Schmeling e collaboratori sul vaccino Pfizer BNT162b2 mRNA COVID-19 ha rilevato che il 71% degli eventi avversi gravi proveniva dal 4,2% delle dosi (lotti ad alto rischio), mentre <1% di questi eventi proveniva dal 32,1% delle dosi (lotti a basso rischio). La variazione spiegata per i lotti ad alto e moderato rischio è stata rispettivamente del 78 e dell’89%. Pertanto, più dosi sono state somministrate da quelle fiale, maggiore è stato il numero di effetti collaterali segnalati. Ciò significa che la maggior parte del rischio risiede nell’iniezione e non nella persona che l’ha ricevuta.

Si tratta di risultati di importanza cruciale. Essi implicano che la debacle del vaccino COVID-19 è effettivamente un problema di prodotto e non è dovuta alla suscettibilità del paziente nella maggior parte delle circostanze. Inoltre, la mancanza di ispezioni ha portato a un disastro di sicurezza. Alcuni sfortunati pazienti ricevono una quantità eccessiva di mRNA, di contaminanti o di entrambi e sono quindi esposti a iniezioni dannose e, in alcuni casi, letali.

 

IN ITALIA

Il trait d’union tra questa nuova ricerca sponsorizzata dalla Commissione Europea e Rappuoli è proprio la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) che ha creato un park science accentratore di aziende operanti in campo sanitario medico, diagnostico e farmaceutico.

TOSCANA LIFE SCIENCES NEL BIOTECNOPOLO DI SIENA
TLS è anche deputata a diventare uno dei pilastri del progetto del Biotecnopolo di Siena, in fase di realizzazione nell’ex caserma in Viale Cavour, che riceverà una cospicua dotazione finanziaria dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNNR) così suddivisa: 9 milioni di euro per il 2022, 12 milioni per il 2023 e 16 milioni per il 2024. Ma la fetta più grossa spetta proprio all’hub antipandemico (Centro Nazionale Antipandemico – CNAP), che riceverà 340 milioni di euro da qui al 2026.

Una somma ingente in considerazione che le finalità sono praticamente analoghe a quelle del Fondazione Centro Nazionale di Ricerca “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA” che vede come capofila l’Università di Padova e come partner altri atenei italiani ma, soprattutto, le Big Pharma dei vaccini Pfizer, Biontech e AstraZeneca.

Dal canto suo la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) fin dall’agosto 2022 aveva subito accolto «con estremo favore la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (GU) della Repubblica Italiana dello Statuto della Fondazione Biotecnopolo, che avrà sede legale e operativa a Siena. Un passo molto atteso che include la partecipazione della Fondazione Toscana Life Sciences in qualità di “nuovo fondatore” attraverso la stipula di un atto convenzionale entro sessanta giorni dall’adozione dello Statuto stesso. Sono soci fondatori il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dello Sviluppo Economico, cui si aggiungerà la Fondazione TLS come “nuovo fondatore”

Esaote (che ha sede a Genova ma una filiale a Firenze) e TLS, nella primavera 2021, si trovarono insieme a un vertice convocato dalla Regione Toscana per costruire un eco-sistema per un vaccino anti Covid-19 made in Tuscany. All’incontro presero parte, oltre agli assessori Simone Bezzini (Sanità) e Leonardo Marras (Attività produttive), i rappresentanti del Gruppo farmaceutico Menarini, di Kedrion, Eli Lilly, Molteni Farmaceutici, Diesse Diagnostica, Aboca, Abiogen, e di Gsk Vaccines.

Ora il Biotecnopolo di Siena e Toscana Life Sciences si assumeranno l’onere di portare avanti questo obiettivo puntando sulla figura di Rappuoli.

La Fondazione Toscana Life Sciences è il soggetto operativo che coordina e gestisce le attività del Distretto Toscano Scienze della Vita, il cluster regionale che aggrega tutti i soggetti pubblici e privati che operano nei settori delle biotecnologie, del farmaceutico, dei dispositivi medici, della nutraceutica, della cosmeceutica e dell’Ict applicato alle life sciences.

E’ nata nel 2011 per iniziativa della Regione Toscana allora governata dal presidente Alberto Monaci, bancario e ex deputato della Democrazia Cristiana e poi del Partito Democratico, ed oggi rappresenta un ecosistema dell’innovazione che raggruppa oltre 32 Centri Ricerca e 14 Enti di Ricerca, incluse le Università toscane (Firenze, Pisa, Siena); le Scuole Superiori (Scuole di Alta Formazione Sant’Anna e Normale di Pisa e Istituto di Alti Studi Imt di Lucca); gli Istituti del CNR. Sono affiliate al Distretto oltre 200 aziende del settore pharma, medical devices, biotech, ICT for health, nutraceutica, servizi correlati, per oltre 6 miliardi di fatturato.

Tra queste spicca il nome della bio-farmaceutica Kedrion della famiglia Marcucci dell’ex senatore del PD Andrea Marcucci (non riconfermato alle elezioni del 2022) che attirò l’attenzione dei media per l’interessamento a gestire a livello industriale (con una società Israeliana del Gruppo della Big Pharma americana Moderna finanziata da Gates) le cure del Covid-19 col plasma del medico Giuseppe De Donno, primario di Pneumologia dell’ospedale Poma di Mantova, morto suicida in circostanze misteriose dopo che la sperimentazione fu sottratta dal governo al suo centro di ricerca e assegnata a quello di Pisa.

 

19.10.24

Un gruppo di scienziati argentini ha identificato 55 elementi chimici – non elencati nei foglietti illustrativi – nei vaccini COVID-19 di Pfizer, Moderna, AstraZeneca, CanSino, Sinopharm e Sputnik V, secondo uno studio pubblicato la scorsa settimana sull’International Journal of Vaccine Theory, Practice, and Research.

Gli elementi chimici includono 11 metalli pesanti – come cromo, arsenico, nichel, alluminio, cobalto e rame – che gli scienziati considerano tossici sistemici noti per essere cancerogeni e indurre danni agli organi, anche a bassi livelli di esposizione.

I campioni contenevano anche 11 dei 15 lantanidi, o elementi delle terre rare, che sono metalli più pesanti e argentei spesso utilizzati nella produzione. Questi elementi chimici, che comprendono lantanio, cerio e gadolinio, sono meno noti al grande pubblico rispetto ai metalli pesanti, ma hanno dimostrato di essere altamente tossici.

“Il rilevamento di più elementi tossici non dichiarati, tra cui metalli pesanti e lantanidi, nei vaccini COVID-19 solleva una duplice e molteplice preoccupazione per la salute umana”, ha dichiarato a The Defender James Lyons-Weiler, Ph.D., membro del comitato editoriale della rivista e non coinvolto nella ricerca. “Singolarmente, queste sostanze chimiche sono note per causare danni neurologici, cardiovascolari e immunologici”.

Per lo studio argentino, i ricercatori miravano a corroborare le precedenti scoperte di elementi non dichiarati e a rilevare e misurare eventuali elementi non identificati in quegli studi.

Hanno analizzato 13 fiale di diversi lotti di sei marche di vaccini COVID-19 presso un laboratorio dell’Università Nazionale di Córdoba. Hanno utilizzato una tecnica analitica altamente sensibile – la spettrometria di massa al plasma accoppiato induttivamente – che consente di misurare gli elementi a livelli di traccia nei fluidi biologici.

I ricercatori hanno analizzato almeno due fiale di ogni vaccino, ad eccezione di CanSino, un vaccino vettoriale virale prodotto in Cina, per il quale hanno analizzato solo una fiala.

Il loro documento include un lungo elenco di componenti del vaccino COVID-19 dichiarati dai produttori. I componenti variano a seconda del produttore del vaccino. I ricercatori hanno ottenuto gli elenchi attraverso richieste di informazioni pubbliche.

Ad eccezione di Sputnik V e Sinopharm, i produttori non dichiarano le quantità degli eccipienti nominati nei loro vaccini, cosa che i ricercatori hanno segnalato come una “omissione molto grave a livello normativo”.

I vaccini spesso includono eccipienti – additivi utilizzati come conservanti, coadiuvanti, stabilizzatori o per altri scopi. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), le sostanze utilizzate nella produzione di un vaccino, ma non elencate nel contenuto del prodotto finale, devono essere riportate nel foglietto illustrativo.

L’elenco degli eccipienti è importante, sostengono i ricercatori, perché gli eccipienti possono includere allergeni e altri “pericoli nascosti” per i destinatari dei vaccini.

OpenVAERS riferisce che il CDC ha reso le informazioni sugli eccipienti dei vaccini disponibili al pubblico “quasi impossibili da trovare”. OpenVAERS offre un elenco completo degli eccipienti dei vaccini per tipo e per vaccino.

Tuttavia, il sito OpenVAERS rileva anche che test indipendenti sulle fiale di vaccino hanno trovato “contaminanti che vanno ben oltre quelli resi pubblici dai produttori”, come identificato in questo studio.

Le tre fiale Pfizer contenevano rispettivamente 19, 16 e 21-23 elementi non dichiarati. Le fiale Moderna contenevano 21 e tra 16-29 elementi non dichiarati.

Tutti i metalli pesanti rilevati sono collegati a effetti tossici sulla salute umana, scrivono i ricercatori. Sebbene i metalli si presentassero con frequenze diverse, molti erano presenti in più campioni. “Ci sono elementi chimici non dichiarati in comune, come boro, calcio, titanio, alluminio, arsenico, nichel, cromo, rame, gallio, stronzio, niobio, molibdeno, bario e afnio in tutte le marche” di vaccini COVID-19, hanno scritto i ricercatori.

Altri elementi, come il cromo e l’arsenico, che aumentano il rischio di gravi tumori e malattie della pelle, erano presenti come elementi non dichiarati rispettivamente nel 100% e nell’82% dei campioni. I ricercatori hanno anche trovato il lantanide cerio, che può danneggiare il fegato e causare embolie polmonari, nel 76% dei campioni.

Questi elementi chimici sono solo alcuni esempi dei 62 elementi chimici non dichiarati identificati da questo studio e da studi precedenti messi insieme, scrivono i ricercatori. Essi hanno concluso che, data la “diversità e la notevole presenza in tutte le marche, insieme alle caratteristiche peculiari degli elementi trovati”, è improbabile che i risultati siano dovuti a contaminazione o adulterazione accidentale.

INOLTRE il lavoro, pubblicato il 18 luglio 2024 sul’International Journal of Vaccine Theory, Practice, and Research (IJVTPR con sede a Dallas, USA), conferma per l’ennesima volta la presenza di grafene nei sieri genici mRNA e ne certifica la presenza non solo in Pfizer ma pure nel prodotto farmacologico di Moderna, come peraltro già testimoniato dagli specifici brevetti della Big Pharma di Cambrdige (Massachusetts) .

Lo studio è stato condotto dalla dottoressa Young Mi Lee, medica specializzanda in Ostetricia e Ginecologia dell’Hanna Women’s Clinic di Jeju (Repubblica di Corea) che si occupa anche di ricerche sulla fertilità e ha prestato particolare attenzione anche sulla pericolosità di tali terapie geniche sul liquido seminale maschile.

E dal ricercatore Daniel Broudy, docente di Linguistica dell’Okinawa Christian University (Giappone) ma esperto anche nell’ambito elettromagnetico che gospa News aveva già citato in realzione agli studi sulle segnali Bluetooth riscontrati da un esperimento nei vaccinati.

A lui è toccato il compito di curare la redazione del testo finale ed analizzare le immagini e i dati raccolti dalla scienziata medica in una lunga e meticolosa analisi biochimica condotta con uno stereomicroscopio (specializzato per l’esame di campioni tridimensionali e dinamici ) potenziato da una camera di conteggio Makler (specializzata anche nel conteggio degli spermatozoi in spazi limitati per la valutazione della fertilità maschile).

«Questo rapporto sui nostri risultati è stato aiutato dalla ricerca indipendente di un gruppo noto come Korea Veritas Doctors (KoVeDoc) con il quale abbiamo condiviso gli iniettabili prodotti da Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Novavax».

Come si spiega nel paragrafo Materiali e metodi: «Nello studio sono stati utilizzati cinquantaquattro campioni: 50 fiale iniettabili residue (43 Pfizer, 7 Moderna) acquisite immediatamente dopo il loro utilizzo nella campagna di vaccinazione contro il COVID-19 e 4 fiale iniettabili nuove non aperte (2 Pfizer, 1 AstraZeneca, 1 Novavax)».

riportiamo integralmente l’Abstract della ricerca intitolata: “Autoassemblaggio in tempo reale di costruzioni artificiali visibili allo stereomicroscopio in campioni incubati di prodotti mRNA principalmente da Pfizer e Moderna: uno studio longitudinale completo– Real-Time Self-Assembly of Stereomicroscopically Visible Artificial Constructionsin Incubated Specimens of mRNA Products Mainly from Pfizer and Moderna: A Comprehensive Longitudinal Study”.

«Le lesioni osservabili in tempo reale a livello cellulare nei destinatari degli iniettabili COVID-19 “sicuri ed efficaci” sono documentate qui per la prima volta con la presentazione di una descrizione completa e un’analisi dei fenomeni osservati. La somministrazione globale di questi prodotti, spesso obbligatori, dalla fine del 2020 ha innescato una serie di studi di ricerca indipendenti sulle terapie geniche iniettabili con RNA modificato, in particolare quelle prodotte da Pfizer e Moderna. Le analisi qui riportate consistono in una precisa “scienza da banco” di laboratorio che mira a comprendere perché si sono verificati sempre più gravi infortuni debilitanti e prolungati (e molti decessi) senza alcun effetto protettivo misurabile da parte dei prodotti commercializzati in modo aggressivo. Il contenuto degli iniettabili COVID-19 è stato esaminato allo stereomicroscopio con un ingrandimento fino a 400X. I campioni accuratamente conservati sono stati coltivati in una gamma di terreni distinti per osservare le relazioni di causa-effetto immediate e a lungo termine tra le sostanze iniettabili e le cellule viventi in condizioni attentamente controllate».

«Da tale ricerca si possono trarre ragionevoli deduzioni sugli infortuni osservati in tutto il mondo che si sono verificati da quando le sostanze iniettabili sono state inoculate su miliardi di individui. Oltre alla tossicità cellulare, i nostri risultati rivelano numerose entità artificiali autoassemblanti visibili, nell’ordine di 3~4 x 106 per millilitro di iniettabile, che vanno da circa 1 a 100μm, o più, di molte forme diverse. C’erano entità animate simili a vermi, dischi, catene, spirali, tubi, strutture ad angolo retto contenenti altre entità artificiali al loro interno e così via. Tutti questi sono estremamente al di là di qualsiasi livello previsto e accettabile di contaminazione degli iniettabili COVID-19 e gli studi di incubazione hanno rivelato il progressivo autoassemblaggio di molte strutture artefatte. Con il passare del tempo durante l’incubazione, semplici strutture uni e bidimensionali nell’arco di due o tre settimane sono diventate più complesse nella forma e nelle dimensioni sviluppandosi in entità stereoscopicamente visibili in tre dimensioni. Assomigliavano a filamenti, nastri e nastri di nanotubi di carbonio, alcuni apparivano come membrane trasparenti, sottili e piatte, e altri come spirali tridimensionali e catene di perline. Alcuni di questi sembravano apparire e poi scomparire nel tempo. Le nostre osservazioni suggeriscono la presenza di qualche tipo di nanotecnologia negli iniettabili COVID-19».

«Sulla scia del programma di vaccinazione di massa, già nel marzo 2021 e nei mesi successivi, si sono verificati aumenti significativi di decessi in eccesso per cause “sconosciute” e gravi sequele: coaguli di sangue, emorragie inspiegabili, danni (e guasti) a più organi), picchi improvvisi (cardiotossine) nelle malattie cardiache, tumori del sangue tra cui leucemia e linfoma, una serie di altri tumori “turbo”, aborti spontanei, disturbi neurologici e autoimmuni, per citarne alcuni, sono comparsi nei pazienti (Nyström e Hammarström, 2022; Santiago & Oller, 2023 Perez et al., 2023»

«Degno di nota è stato il comportamento di ciascun tipo di cellule del sangue, che si mobilitano come in una battaglia in prima linea contro ciascuno degli iniettabili: globuli rossi contro Pfizer e AstraZeneca, globuli bianchi contro Moderna e piastrine contro Novavax. Nonostante il comportamento osservato, questi fenomeni specifici delle sostanze iniettabili potrebbero essere correlati alla loro caratteristica fisiopatologia diretta del sangue: stasi del flusso sanguigno e conseguente ipossiemia (affaticamento) dovuta al modello Rouleaux, soppressione immunitaria dovuta a danno dei globuli bianchi e formazione di coaguli di sangue (trombosi) o tendenza al sanguinamento da danno o aggregazione piastrinica».«Nell’analisi dei coaguli di sangue di persone vaccinate, sono state trovate alcune strutture filamentose attaccate a coaguli bianchi torbidi omogenei brunastri estratti dallo strato intermedio del sedimento di sangue intero. Quando si trovano in prossimità di un campo elettromagnetico, i filamenti potrebbero innescare la formazione di un coagulo e, quindi, disturbare il libero flusso sanguigno o linfatico. Date le loro dimensioni microscopiche e l’ampia distribuzione in tutto il corpo, se questi materiali estranei interagiscono con fonti di energia interne o esterne, come afferma la letteratura, potrebbero allungarsi, allargarsi e fungere da misteriose modalità di morbilità ed eventuale mortalità».

Scrivono Young MI Lee e Daniel Broudy tanto da sentirsi poi legittimati a fare delle ipotesi assai inquietanti che partono da quanto affermato (mai poi rimosso dopo l’inizio della produzione dei vaccini Covid) dal sito di Moderna sull’uso della «tecnologia mRNA è spesso commercializzata in termini di software come una sorta di sistema operativo o piattaforma tecnologica».

«La ricerca nell’ingegneria dei nanomateriali mostra che i robot magnetici bioibridi (Magnobot basati su microalghe) potrebbero essere prodotti e azionati in tutto il corpo da una varietà di fattori scatenanti: energia elettromagnetica, variazione dell’intervallo di pH, manipolazione dei livelli di glucosio e variazione degli spettri luminosi con l’obiettivo di colpire determinati tessuti (Li et al., 2023). Le osservazioni durante i nostri studi di incubazione suggeriscono la presenza di magnobot, soprattutto nel campione Pfizer».

 

 

NO AL NUCLEARE , SULL'H2-FOTOVOLTAICO  NON SI SPECULA

  1. IL RAZIONAMENTO ENERGETICO NON RISOLTO CON LE RINNOVABILI PUO' ESSERE USATO  PER  GIUSTIFICARE IL NUCLEARE CHE UCCIDE VEDI RUSSIA E GIAPPONE.
  2. CON LA SCUSA DEL NUCLEARE SI PUO' FAR PAGARE 10 QUELLO CHE VALE 1
  3. MENTRE LA FRANCIA INVESTE PER SANARE LO SFASCIO DEL NUCLEARE L'ITALIA CI VUOLE ENTRARE ?
  4. GLI INCIDENTI NUCLEARI IN RUSSIA E GIAPPONE NON CI HANNO INSEGNATTO NULLA ? NE VOGLIAMO UNO ANCHE IN ITALIA ?

 

LA CHIMERA MANGIA-SOLDI DELLA FUSIONE NUCLEARE       QUANTE RINNOVABILI SI POSSONO FARE ? IL CNR SPENDE PIU' PER IL FINTO NUCLEARE CHE PER LA BANCA DEL SEME AGRICOLO.

IL FUTURO H2 CHE NON SI VUOLE VEDERE

E' ASSURDO CONTINUARE A PENSARE DI GESTIRE A COSTI BASSI ECONOMICAMENTE VANTAGGIOSI LA FUSIONE NUCLEARE QUANDO ESISTONO ENERGIE RINNOVABILI MOLTO più CONTROLLABILI ED EFFICIENTI A COSTI più BASSI, COME DIMOSTRA IL : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_3131

 

           IL DOPPIO SACRILEGIO DELLA BESTEMMIA    

   RICETTA LIEVITO MADRE

RICAMBIO POLITICO BLOCCATO         

 

L'Ucraina in fiamme - Documentario di Igor Lopatonok Oliver Stone 2016 (sottotitoli italiano)

https://www.youtube.com/watch?v=2AKpsBF-bvo

"Abbiamo creato un archivio online per documentare i crimini di guerra della Russia". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. "Le prove raccolte delle atrocità commesse dall'esercito russo in Ucraina garantiranno che questi criminali di guerra non sfuggano alla giustizia", aggiunge, con il link al sito in inglese

https://war.ukraine.ua/russia-war-crimes/

 

 

 

Cosa c’entra il climate change con l’incidente al ghiacciaio della Marmolada?

 

Temperature di 10°C a 3.300 metri di altezza da giorni, anomalie termiche pronunciate da maggio. Sono questi i fattori alla base del crollo del seracco che ha travolto due cordate di alpinisti domenica 3 luglio sotto Punta Penia

 

crediti: Local Team

Il ghiacciaio della Marmolada si sta ritirando di 6 metri l’anno

(Rinnovabili.it) – Almeno 10 morti, 9 feriti e un disperso. È il bilancio provvisorio dell’incidente che ha coinvolto il 3 luglio due cordate di alpinisti nella zona di Punta Rocca, proprio sotto il ghiacciaio della Marmolada. Una parte del ghiacciaio è collassata per le temperature elevate, scivolando rapidamente a valle in una enorme valanga di ghiaccio, pietre e acqua fusa.

La dinamica dellincidente

Verso le 14 del 3 luglio ha ceduto un seracco del ghiacciaio della Marmolada, la vetta più alta delle Dolomiti, tra Punta Rocca e Punta Penia a oltre 3000 metri di quota. La scarica che si è creata è stata imponente, alta 60 metri con un fronte largo circa 200, e ha investito un tratto della via normale per la cima di Punta Penia precipitando a 300 km/h.

Il punto di distacco del seracco è ben visibile in alto a destra. Crediti: Local Team.

Ogni ghiacciaio ha dei seracchi, blocchi di ghiaccio che assomigliano a dei pinnacoli e si formano con il movimento del corpo glaciale. Scorrendo verso il basso, il ghiacciaio incontra delle variazioni nella pendenza della montagna. Queste deformano il ghiacciaio e provocano la formazione di crepacci, che a loro volta danno luogo a delle “torri” di ghiaccio, i seracchi. Queste formazioni, seppur normali, sono per loro natura instabili. Tendono a cadere a valle, ricompattandosi con il resto del corpo glaciale, ed è difficile prevedere quando esattamente un evento del genere si può verificare.

Il climate change sul ghiacciaio della Marmolada

Il distacco del seracco dal ghiacciaio della Marmolada, con ogni probabilità, è stato facilitato e reso più rovinoso dal cambiamento climatico. Negli ultimi giorni, anche sulle cime di quel settore delle Dolomiti il termometro è salito regolarmente a 10°C. Ma è da maggio che si registrano anomalie termiche molto pronunciate.

Anomalie che investono tutto l’arco alpino. Sulla cima del monte Sonnblick, in Austria, 100 km più a nord-est, uno degli osservatori con le serie storiche più lunghe e affidabili della regione alpina ieri segnalava il quasi completo scioglimento del manto nevoso. Un dato che illustra molto bene quanto l’estate del 2022 sia eccezionale: lì la neve non si era mai sciolta prima del 13 agosto (capitò nel 1963 e nel caldissimo 2003).

Che legame c’è tra il crollo del seracco e le temperature elevate? Secondo la società meteorologica alpino-adriatica, “il ghiacciaio si è destabilizzato alla base a causa della grande disponibilità di acqua di fusione dopo settimane di temperature estremamente elevate e superiori alla media”. Il caldo ha accelerato lo scioglimento del ghiacciaio: “la lubrificazione dell’acqua alla base (o negli interstrati) e l’aumento della pressione nei crepacci pieni d’acqua sono probabilmente le cause principali di questo evento catastrofico”.

Normalmente, il ghiaccio sciolto – acqua di fusione – penetra fra gli strati di ghiaccio o direttamente sul fondo del ghiacciaio, incuneandosi tra massa glaciale e rocce sottostanti, per sgorgare poi al fondo della lingua glaciale. Questo processo “lubrifica” il ghiacciaio, accelerandone lo scivolamento, ma può anche creare delle “sacche” piene d’acqua che non trova uno sfogo e preme sul resto del ghiacciaio.

Come tutti gli altri ghiacciai alpini, anche il ghiacciaio della Marmolada è in veloce ritirata a causa del riscaldamento globale. L’ultima campagna di rilevazioni, condotta dal Comitato Glaciologico Italiano e da Arpa Veneto lo scorso agosto, ha segnalato un ritiro di 6 metri in appena 1 anno, mentre la perdita complessiva di volume raggiunge il 90% in 100 anni.

Il cambiamento climatico corre più veloce sulle Alpi che nel resto del pianeta, facendo delle terre alte uno dei settori più vulnerabili. Un aumento della temperatura globale di 1,5 gradi si traduce in un innalzamento, sulle montagne italiane, di 1,8 gradi (con un margine d’errore di ±0,72°C). Superare i 2 gradi a livello globale significa invece Alpi 2,51°C più calde (±0,73°C). Ma durante i mesi estivi, l’aumento di temperatura è ancora più pronunciato e può arrivare, rispettivamente, a 2,09°C ±1,24°C e a 2,81°C ±1,23°C.

 

 

https://www.rinnovabili.it/ambiente/impatti-ambientali-delle-guerre/

 

 

 

 

 

LA STRAGE DI USTICA

«Il 22 maggio 1988 il sommergibile Nautile esplora il Mar Tirreno alla ricerca del Dc9 Itavia. Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma particolare. Uno dei due operatori dell’Ifremer scandisce in francese la parola “misil”. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di missile. Le ricerche della società di Tolone vengono sospese tre giorni dopo. L’ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi dell’Ifremer, subisce uno stop inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi, capo della commissione dei periti del Tribunale di Roma» si legge ancora nell’articolo.

«I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda operazione di recupero affidata a una società inglese. Forse, perché la Stella di Davide è intoccabile? – si domanda Lannes – Trascorrono tre anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese” e di uno “Shafrir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è “lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa 93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi i missili erano in dotazione ai caccia di Israele, in particolare: Mirage III, Kfir, F4, A4, F15, F16. Uno di quei missili è stato lanciato contro il Dc9».

Lannes ha aggiunto particolari agghiaccianti. «Qualche anno fa – accompagnato alla Procura della Repubblica di Roma da due poliziotti della scorta della Polizia di Stato – ho riferito, o meglio verbalizzato ai magistrati Amelio e Monteleone quanto avevo scoperto indagando per dieci anni sulla strage di Ustica. Ed ho indicato loro alcuni testimoni (ex militari) mai interrogati dall’autorità giudiziaria. Uno di essi (un ex ufficiale della Marina Militare) ha dichiarato che il 27 giugno 1980 era in corso un’imponente esercitazione aeronavale della NATO nel Mar Tirreno. E che l’unità su cui era imbarcato, la Vittorio Veneto non ha prestato alcun soccorso, pur essendo vicina al luogo di impatto del velivolo civile, ma ricevette l’ordine di far rientro a La Spezia. Due di questi ex militari, già appartenenti all’Aeronautica Militare sono stati minacciati, ed uno di essi ha subito addirittura un trattamento sanitario obbligatorio messo in atto dall’Arma Azzurra».

 

 

IL VERO OBBIETTIVO DELLA MAFIA ESSERE LEGITTIMATA A TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.

QUESTO LA HA FATTO LO GIURISPRUDENZA DELLA TRATTATIVA STATO MAFIA  CHE HA LEGITTIMATO DI FATTO LA MAFIA A TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.

LA RESPONSABILITA' DEI SERVIZI SEGRETI NELLA MORTE DI FALCONE E BORSELLINO , E PALESE.

I SERVIZI SEGRETI DIPENDONO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO


Dichiarazione di Giuliano AMATO

«Stragi del '92 con matrice oscura. Giusto l'intervento di Pisanu» - INTERVISTA

(02 luglio 2010) - fonte: Corriere della Sera - Giovanni Bianconi - inserita il 02 luglio 2010 da 31

«Certo che il nostro è uno strano Paese», esordisce Giuliano Amato, presidente del Consiglio nel 1992 insanguinato dalle stragi di mafia, e dunque testimone diretto di quella drammatica stagione rievocata nella relazione del presidente della commissione parlamentare antimafia Giuseppe Pisanu.

Perché, presidente?

«Perché quando un personaggio di primissimo rango come Giulio Andreotti esce indenne da un lungo processo si dice che questo capita se si confonde la responsabilità penale con quella politica, mentre quando un presidente dell`Antimafia come Pisanu si sforza di cercare responsabilità politiche laddove non ne sono state individuate di penali gli si risponde che bisogna lasciar lavorare i giudici. Ma allora che bisogna fare?».

Secondo lei?

«Secondo me il lavoro di Pisanu è legittimo e prezioso, perché può aiutare la politica a cercare delle chiavi di lettura che non possono sempre venire dalla magistratura. E a trovare finalmente il giusto modo di affrontare la questione mafiosa. Provando a capire che cosa è accaduto in passato si può affrontare meglio anche il presente».

Il passato, in questo caso, sono le stragi del 1992 e 1993. Lei divenne capo del governo dopo la morte di Giovanni Falcone e prima di quella di Borsellino. Ha avuto la sensazione di «qualcosa di simile a una trattativa», come dice Pisanu?

«Sinceramente no. L`ho detto anche ai procuratori di Caltanissetta quando mi hanno interrogato.
Io in quelle settimane ero molto impegnato ad affrontare l`emergenza economico-finanziaria, dovevamo fare una manovra da 30.000 miliardi di lire per il`92 e impostare quella del `93. La strage di via D`Amelio ci colse nel pieno dei vertici economici internazionali.
Ricordo però che dopo quel drammatico avvenimento ebbi quasi un ordine da Martelli, quello di far approvare subito il decreto-legge sul carcere duro per i mafiosi varato dopo l`eccidio di Capaci. Andai di sera dal presidente del Senato Spadolini, ed ottenni una calendarizzazione ad horas del provvedimento».

Dei contatti tra alcuni ufficiali del Ros dei carabinieri e l`ex sindaco mafioso di Palermo Ciancimino lei sapeva qualcosa, all`epoca?

«No, però voglio dire una cosa. Che ci sia stato un certo lavorio di qualche apparato a livello inferiore è possibile, ma pensare che dei contatti poco chiari potessero avere una sponda in Nicola Mancino che era stato appena nominato ministro dell`Interno è un ipotesi che considero offensiva, in primo luogo per lo stesso Mancino. Sulle ragioni della sua nomina è Arnaldo Forlani che può fare chiarezza».

Perché?

«Perché la Dc di cui allora era segretario decise, o fu spinta a decidere, che bisognava tagliare Gava dal governo. Ma a Gava bisognava comunque trovare una via d`uscita onorevole, individuata nella presidenza del gruppo al Senato che era di Mancino».

L`ex presidente del Consiglio Ciampi ha ripetuto che dopo le stragi del '93 lui, da Palazzo Chigi, ebbe timore di un colpo di Stato. Lei pensò qualcosa di simile, nello stesso posto, dopo le bombe del '92?

«No, ma del resto non ebbi timori di quel genere nemmeno dopo le stragi degli anni Settanta. All`indomani di via D`Amelio non ebbi allarmi particolari dal ministro dell`Interno, né dal capo della polizia Parisi o da quelli dei servizi segreti. Parisi lo trovai ai funerali di Borsellino, dove io e il presidente Scalfaro subimmo quasi un`aggressione e avemmo difficoltà ad entrare in chiesa.
Ma attribuimmo l`episodio alla rabbia contro lo Stato che non era riuscito ad evitare quella morte. Il problema che ancora oggi resta insoluto è la vera matrice di quelle stragi».

Che intende dire?

«Che per la mafia furono un pessimo affare. Non solo quella di via D`Amelio, dopo la quale Martelli applicò immediatamente il regime di carcere duro a centinaia di boss, ma anche quella di Capaci. Certo, Falcone era un nemico, ma in quel momento un`impresa economico-criminale come Cosa Nostra avrebbe avuto tutto l`interesse a stare lontana dai riflettori, anziché accenderli con quella manifestazione di violenza. Quali interessi vitali dell`organizzazione mafiosa stava mettendo in pericolo, Falcone?
La spiegazione che volevano eliminare un magistrato integerrimo, come lui o come Borsellino, è troppo semplice. In ogni caso potevano ucciderlo con modalità meno eclatanti, come hanno fatto in altre occasioni. Invece vollero colpire lui e insieme lo Stato, imponendo una devastante dimostrazione di potere».

Chi può esserci allora, oltre a Cosa nostra, dietro gli attentati che per la mafia furono controproducenti?

«Purtroppo non lo sappiamo, ma è questa la domanda-chiave a cui dovremmo trovare la risposta. Perché vede, per le stragi degli anni Settanta si sono trovate molte spiegazioni; compresa quella che sosteneva il prefetto Parisi, il quale immaginava un ruolo dei servizi segreti israeliani per punire la politica estera italiana sul versante palestinese. E per le stragi del 1993 io trovo abbastanza convincente la tesi di una ritorsione per il carcere duro affibbiato a tanti boss e soprattutto al loro capo, Riina, arrestato all`inizio dell`anno. Per quelle del`92, invece, non riesco a immaginare motivazioni mafiose sufficienti a superare le ripercussioni negative. E questo conferma l`ipotesi di qualche condizionamento esterno rispetto ai vertici di Cosa nostra.
Perciò ha ragione Pisanu a interrogarsi e chiedere di fare luce».

Anche laddove i magistrati non riescono ad arrivare?

«Ma certo. Noi siamo arrivati al limite del giuridicamente accettabile con il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che io condivido ma che faccio fatica a spiegare all`estero.
Al di là di quel reato, però, non ci sono solo i boy scout; possono esistere rapporti pericolosi, magari meno diretti o meno importanti, ma pur sempre rapporti. E di questi dovrebbe occuparsi la politica, prima dei magistrati».

Infatti Andreotti e Cossiga, agli ordini  di Henry Kissinger,  se ne interessarono con Delle Chiaie che rappresentava un estremismo di destra che teneva rapporti con la mafia di Rejna , secondo Lo Cicero.

 

 

 

CARO PIERO ANGELA UOMO DI STATO

 

 

 

ESPERIENZA STORICA DELL'ARROGANZA DELLA FIAT

https://www.rainews.it/tgr/piemonte/video/2022/07/watchfolder-tgr-piemonte-web-de-ponte-auto-elettrica-vl-tg1tgp2mxf-5f9b9ee5-2a7f-4d92-81c5-52a913e172bc.html

 

 

Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks

di Stefania Maurizi

PERCHE'  IL PRESIDENTE BIDEN NON GRAZIA ASSANGE dimostrando di essere migliore dei suoi predecessori ?

 

 FATTI NO BLA BLA BLA  DELLA STAMPA PER CONDIZIONARE LA VITA DELLE PERSONE CHE NON PENSANO PRIMA DI AGIRE

LE NON RISPOSTE DI DRAGHI E CINGOLANI DOCUMENTATE DA REPORT

 

QUALE E' LA VERITA' SUI MANDANTI DELLA MORTE DI FALCONE E BORSELLINO ?

Era il 23 maggio del 1992 quando Giovanni Falcone guidava la Fiat Croma della sua scorta che lo accompagnava dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.

Assieme a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe Costanza che quel giorno sedeva dietro.

Nel corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano anche altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma azzurra sulla quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

Alle 17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale, viene azionato da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto il viadotto autostradale nel quale passava il giudice Falcone.

La prima auto, quella degli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene sbalzata in un campo di ulivi che si trovava vicino alla carreggiata. Muoiono tutti sul colpo.

L’auto di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una pioggia di detriti e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il parabrezza della macchina.

In quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto gravi ed entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.

L’autista Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è ancora oggi vivo.

Mai in Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così clamorosa e così ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento di apparati terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità di Cosa Nostra.

Capaci è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale. Fu fatta saltare un’autostrada con 200 kg di esplosivo da cava. Appare impossibile pensare che furono soltanto uomini come Giovanni Brusca o piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu potessero realizzare qualcosa del genere.

Impossibile anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni precedenti sia stata portata una quantità considerevole di esplosivo sotto l’autostrada senza che nessuno notasse nulla.

È alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi pesanti per trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare l’ordigno.

Il via vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare che questo passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree circostanti.

Così come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in cui Falcone sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte dall’interno che li informasse dei movimenti e degli spostamenti del magistrato.

Capaci per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare del tutto inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli presenti nelle istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni necessarie per eseguire la strage.

Senza i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti dell’eccidio che è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.

E per poter comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario guardare a cosa stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di vita.

Senza posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo comprendere nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.

La stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione edulcorata e distorta della strage di Capaci.

Ci vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è stato detto tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio Berlusconi tra i mandanti occulti dell’attentato, teoria che pare aver trovato una certa fortuna tra gli allievi liberali montanelliani, quali Peter Gomez e Marco Travaglio.

Non ci viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni Falcone prima di morire.

L’indagine di Falcone sui fondi neri del PCI

All’epoca dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali, incarico che aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia, Claudio Martelli.

Nei mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di aiuto da parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.

Cossiga chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che erano piovuti da Mosca dal dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito comunista italiano.

Si parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono transitati dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione Sovietica, a quelle del PCI.

La politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività dei partiti comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque l’influenza del pensiero marxista e leninista e dell’URSS che si dichiarava custode di quella ideologia.

Questa storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro intitolato "Il viaggio di Falcone a Mosca" firmato da Francesco Bigazzi e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che stava collaborando con Falcone prima di essere ucciso.

Il sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si rischia di perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei quali è spesso difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i fondi.

I finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri suoi satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate da Stepankov.

Ricevevano fondi il partito comunista francese e persino il partito comunista americano rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava tutto il suo impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da Ronald Reagan.

Il partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità di fondi più ingenti perché questo era il partito comunista più forte d’Occidente ed era necessario nell’ottica di Mosca assicurargli un costante sostegno per tenera aperta la possibilità di spostare l’Italia dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di Varsavia.

Una eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la probabile fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra Washington e Mosca che si contendevano un Paese fondamentale, allora come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo.

Ed è in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata e attuata da ambienti atlantici per impedire che Roma si avvicinasse troppo a Mosca.

Nell’ottica di questa strategia era necessario colpire la popolazione civile attraverso gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse, infiltrati da ambienti dell’intelligence americana per eseguire azioni clamorose, su tutte il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.

Il sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto stato profondo di Washington è stato versato per impedire all’Italia di intraprendere un cammino politico che avrebbe potuto allontanarla troppo dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per approdare in quella sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel campo dei Paesi non allineati né con un blocco né con l’altro.

Nel 1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta minaccia sovietica. A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e l’URSS era crollata non per via della sua struttura elefantiaca, come pretende di far credere una certa vulgata atlantista, ma semplicemente perché si era deciso di demolirla dall’interno.

La perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex segretario del PCUS, Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che preparò il terreno alla caduta del blocco sovietico.

Gorbachev era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad essere elogiato e sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.

Al Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua derivazione politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica senza la quale sarebbe stato impossibile perseguire i piani di questa struttura paragovernativa internazionale.

Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale, soprattutto quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa società segreta che senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita a portare avanti indisturbata i suoi piani.

Nella visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha nostalgia, era comunque diventata ingombrante e doveva essere rimossa.

Il segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue “riforme” ebbe un ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del raggiungimento di questo obbiettivo.

I signori del Bilderberg avevano deciso che gli anni 90 avrebbero dovuto essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione di un potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione Sovietica.

Il crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società post-sovietica russa. Moltissimi dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un numero di morti per suicidio che non trova probabilmente emuli nella storia politica recente di nessun Paese.

Alcuni suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti notabili di Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare le verità scomode che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.

A Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello che era il patrimonio pubblico dello Stato.

L’URSS era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare in quella del neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per gli altri Paesi dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e comprati da corporation angloamericane.

Il procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di soldi che era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse finito tutto questo denaro e come esso fosse stato speso.

Per fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga girò questa richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli affari penali, Giovanni Falcone.

Falcone accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il procuratore Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal secondo dopoguerra in poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.

Al loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito. Entrambi si riconoscono una integrità e una determinazione indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse accaduto con quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca per finire in Italia.

I fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per poter completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia che in questo caso avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.

I legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media mainstream italiani. La sinistra progressista si è attribuita una sorta di primato morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa indagine rivelano invece una sua profonda contiguità con il fenomeno mafioso.

L’indagine di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani Pulite

Giovanni Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non fece in tempo. Una volta iniziata la sua collaborazione con Stepankov la sua vita fu stroncata brutalmente nella strage di Capaci.

Era in programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a Mosca per continuare la collaborazione con Stepankov.

Il giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe potuto travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello del partito comunista due anni prima nella svolta della Bolognina inaugurata da Achille Occhetto.

Il PCI si stava tramutando in una versione del partito democratico liberal progressista molto simile a quella del partito democratico americano.

Il processo di conversione era già iniziato anni prima quando a Washington iniziò a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che divenne un interlocutore privilegiato degli ambienti che contano negli Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e atlantisti.

A Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva essere il nuovo partito post-comunista a trascinare l’Italia nel girone infernale della globalizzazione.

Il 1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe giudiziaria. Il 1992 fu una operazione internazionale decisa nei circoli del potere anglo-sionista che aveva deciso di liberarsi di una classe politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva saputo in diverse occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo esercitare la sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto anche con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere transnazionali.

Il copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un cecchino. Tutti i partiti vennero travolti dalle inchieste giudiziarie e tutti finirono sotto la gogna mediatica della pioggia di avvisi di garanzia che in quel clima da linciaggio popolare equivalevano ad una condanna anticipata.

Il PSI di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero colpiti ma le inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.

Eppure era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative rosse, così come era nota la corruttela che c’era nel partito comunista italiano che riceveva fondi da una potenza straniera, allora nemica, e poi li riciclava attraverso la probabile assistenza di organizzazioni mafiose.

Questa era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni Falcone e questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo Borsellino, suo fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni dopo a via d’Amelio.

Mai la mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era nelle sue possibilità. C’è un unico filo rosso che lega queste due stragi e questo filo rosso porta fuori dai confini nazionali.

Porta direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta la ricchezza dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per essere portata in dote alla finanza anglosionista.

Questi stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse essere il nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia italiana attraverso la sua adesione alla moneta unica.

E fu effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il PDS portò l’Italia sul patibolo dell’euro e di Maastricht e privò della sovranità monetaria il Paese agganciandola alla palla al piede della moneta unica, arma della finanza internazionale.

E fu il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei magistrati Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avevano messo le mani sui fili dell’alta tensione. Quelli di un potere così forte che fa impallidire la mafia.

I due brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva essere compreso se non si guardava al piano superiore, che era quello costituito dalla massoneria e dal potere finanziario.

Cosa Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza di un potere senza volto molto più potente.

È questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno quando si celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di retorica o da una scadente cinematografia di regime che mai sfiora la verità su quanto accaduto in quegli anni e mai sfiora il vero potere che eseguì il colpo di Stato del 1992 e che insanguinò l’Italia nello stesso anno.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate non solo per il loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e determinazione nel fare il loro mestiere, anche se questo voleva dire pagare con la propria vita.

Lo fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più forte di loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e destini decisi da uomini seduti nei consigli di amministrazione di banche e corporation che erano i veri registi della mafia.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo Ordine Mondiale aveva deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a sacrificare la loro vita.

Oggi, trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con quanto accaduto nel 1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una nuova fase della sua storia, una nella quale potrebbe esserci la seria possibilità di avere una sovranità e una indipendenza come non la si è avuta dal 1945 in poi.

 

 

 

Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati
multe autovelox

La Cassazione ha confermato che anche gli autovelox posti sulle pattuglie delle varie forze dell’ordine devono essere adeguatamente segnalati.
Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati

AUTOVELOX MOBILI - Subire una multa per eccesso di velocità non è certamente piacevole, soprattutto perché questo comporta la necessità di dover mettere mano al portafoglio per una spesa imprevista. Ci sono però delle situazioni in cui la sanzione può essere ritenuta non valida e quindi annullata, come indicata da una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione. Che ha così chiarito i dubbi su cosa può accadere nel caso in cui l’autovelox presente in un tratto di strada non sia opportunamente segnalato: l’obbligo è valido anche per gli autovelox mobili montati sulle auto della polizia.

UNA LUNGA TRAFILA LEGALE - La vicenda trae origine da un’automobilista di Feltre (Belluno) aveva subito sei anni fa una multa per eccesso di velocità dopo essere stato sorpreso a 85 km/h in un tratto di strada in cui il limite era invece di 70 m/h. Una pattuglia della polizia presente sul posto dotata di autovelox Scout Speed aveva provveduto a sanzionarlo. L’uomo era però convinto di avere subito un’ingiustizia e aveva così deciso di fare ricorso. Alla fine, nonostante la trafila sia stata particolarmente lunga, è stato proprio il conducente a vincere fino ad arrivare alla sentenza della Cassazione emessa pochi giorni fa.

LA SENTENZA - Nella quale si legge: "In attuazione del generale obbligo di preventiva e ben visibile segnalazione, contempla la possibilità di installare sulle autovetture dotate del dispositivo Scout Speed messaggi luminosi contenenti l'iscrizione “controllo velocità” o “rilevamento della velocità”, visibili sia frontalmente che da tergo. Molteplici possibilità di impiego e segnalazione sono correlate alle caratteristiche della postazione, fissa o mobile, sicché non può dedursi alcuna interferenza negativa che possa giustificare, avuto riguardo alle caratteristiche tecniche della strumentazione impiegata nella postazione di controllo mobile, l'esonero dall'obbligo della preventiva segnalazione".

 

  

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per non fare diventare l'ITALIA un'hotspot europeo dell'immigrazione in quanto bisogna resistere come italiani nel nostro paese dando agli immigrati un messaggio forte e chiaro : ogni paese puo' svilupparsi basta impegnarsi per farlo con le risorse disponibili e l'intelligenza , che significa adattamento nel superare le difficolta'.

Inventarsi un lavoro invece che fare l'elemosina.

Quanti miracoli ha fatto Maometto rispetto a Gesu' ?

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obiettivi:

1) esame d'italiano e storia italiana per gli immigrati

2) lavori socialmente utili

3) pulizia e cucina autonoma

3 gennaio 1917, Suor Lucia nel Terzo segreto di Fatima: Il sangue dei martiri cristiani non smetterà mai di sgorgare per irrigare la terra e far germogliare il seme del Vangelo.  Scrive suor Lucia: “Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “Qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della croce c’erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio”. interpretazione del Terzo segreto di Fatima era già stata offerta dalla stessa Suor Lucia in una lettera a Papa Wojtyla del 12 maggio 1982. In essa dice:  «La terza parte del segreto si riferisce alle parole di Nostra Signora: “Se no [si ascolteranno le mie richieste la Russia] spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte” (13-VII-1917). La terza parte del segreto è una rivelazione simbolica, che si riferisce a questa parte del Messaggio, condizionato dal fatto se accettiamo o no ciò che il Messaggio stesso ci chiede: “Se accetteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, etc.”. Dal momento che non abbiamo tenuto conto di questo appello del Messaggio, verifichiamo che esso si è compiuto, la Russia ha invaso il mondo con i suoi errori. E se non constatiamo ancora la consumazione completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati a poco a poco a larghi passi. Se non rinunciamo al cammino di peccato, di odio, di vendetta, di ingiustizia violando i diritti della persona umana, di immoralità e di violenza, etc. E non diciamo che è Dio che così ci castiga; al contrario sono gli uomini che da se stessi si preparano il castigo. Dio premurosamente ci avverte e chiama al buon cammino, rispettando la libertà che ci ha dato; perciò gli uomini sono responsabili».

Le storie degli immigrati occupanti che cercano di farsi mantenere insieme alle loro famiglie , non lavoro come gli immigrati italiani all'estero:

1)  Mi trovavo all'opedale per prenotare una visita delicata , mentre stato parlando con l'infermiera, una donna mi disse di sbrigarmi : era di colore.

2) Mi trovavo in C,vittorio ang V.CARLO ALBERTO a Torino, stavo dando dei soldi ad un bianco che suonava una fisarmonica accanto ai suoi pacchi, arriva un nero in bici e me li chiede

3) Ero su un bus turistico e' salito un nero ha spostato la roba che occupava i primi posti e si e' messo lui

4) Ero in un team di startup che doveva fare proposte a TIM usando strumenti della stessa la minoranza mussulmana ha imposto di prima vedere gli strumenti e poi fare le proposte: molto innovativo !

5) FINO A QUANDO I MUSSULMANI NON ACCETTANO LA PARITA' UOMO DONNA , ANCHE SE LO SCRIVE IL CORANO E' SBAGLIATO. E' INACCETTABILE QUESTO PRINCIPIO CHE CI PORTA INDIETRO.

6) perche' lITALIA deve accogliere tutti ? anche gli alberghi possono rifiutare clienti .

7) Immigrazione ed economia sono interconnesse in quanto spostano pil fuori dal paese.

8) Gli extracomunitari ti entrano in casa senza chiedere permesso. Non solo desiderano la roba d altri ma la prendono.
Forse il primo insegnamento sarebbe il rispetto della liberta' altrui.

 

09.01.19

Tutti i nulllafacenti immigrati Boeri dice che ne abbiamo bisogno : per cosa ? per mantenerli ?

04.02.17l

L'ISIS secondo me sta facendo delle prove di attentato con l'obiettivo del Vaticano con un attacco simultaneo da terra con la tecnica dei camion e dal cielo con aerei come a NY l'11.09.11.

Riforma sostenuta da una maggioranza trasversale: «Non razzismo, ma realismo» Case Atc agli immigrati La Regione Piemonte cambia le regole Gli attuali criteri per le assegnazioni penalizzano gli italiani .

Screening pagato dalla Regione e affidato alle Molinette Nel Centro di Settimo esami contro la Tbc “Controlli da marzo” Tra i profughi in arrivo aumentano i casi di scabbia In sei mesi sono state curate un migliaio di persone.

Il Piemonte è la quarta regione italiana per numero di richiedenti asilo. E gli arrivi sono destinati ad aumentare. L’assessora Cerutti: “Un sistema che da emergenza si sta trasformando in strutturale”. Coinvolgere maggiormente i Comuni.In Piemonte ci sono 14.080 migranti e il flusso non accenna ad arrestarsi: nel primo mese del 2017 sono già sbarcati in Italia 9.425 richiedenti asilo, in confronto ai 6030 dello scorso anno e ai 3.813 del 2015. Insomma, serve un piano. A illustrarlo è l’assessora all’Immigrazione della Regione Monica Cerutti, che spiega come la rete di accoglienza in questi anni sia radicalmente cambiata, trasformando il sistema «da emergenziale a strutturale».

La Regione punta su formazione e compensazioni mentre aumentano i riconoscimenti In Piemonte 14 mila migranti Solo 1200 nella rete dei Comuni A Una minoranza inserita in progetti di accoglienza gestiti dagli enti locali umentano i riconoscimenti delle commissioni prefettizie, meno rigide rispetto al passato prossimo: la tendenza si è invertita, le domande accolte sono il 60% rispetto al 40% dei rigetti. Non aumenta, invece, la disponibilità a progetti di accoglienza e di integrazione da parte dei Comuni. Stando ai dati aggiornati forniti dalla Regione, si rileva che rispetto ai 14 mila migranti oggi presenti in Piemonte quelli inseriti nel sistema Sprar - gestito direttamente dai Comuni - non superano i 1.200. Il resto lo troviamo nelle strutture temporanee sotto controllo dalle Prefetture. Per rendere l’idea, nella nostra regione i Comuni sono 1.2016. La trincea dei Comuni Un bilancio che impensierisce la Regione, alle prese con resistenze più o meno velate da parte degli enti locali: il termometro di un malumore, o semplicemente di indifferenza, che impone un lavoro capillare di convincimento. «Di accompagnamento, di compensazione e prima ancora di informazione contro la disinformazione e certe strumentalizzazioni politiche», - ha precisato l’assessora Monica Cerutti riepilogando le azioni previste nel piano per regionale per l’immigrazione. A stretto giro di posta è arrivata la risposta della Lega Nord nella persona del consigliere regionale Alessandro Benvenuto: «Non esistono paure da disinnescare ma necessità da soddisfare sia in termini di sicurezza e controllo del territorio, sia dal punto di vista degli investimenti. Il Piemonte ha di per sé ben poche risorse, che andrebbero utilizzate per creare lavoro e risolvere i problemi che attanagliano i piemontesi, prima di essere adoperate per far fare un salto di qualità all’accoglienza». Progetti di accoglienza Tre i progetti in campo: «Vesta» (ha come obiettivo il miglioramento dei servizi pubblici che si relazionano con i cittadini di Paesi terzi), “Petrarca” (si occupa di realizzare un piano regionale per la formazione civico linguistica), “Piemonte contro le discriminazioni” (percorsi di formazione e di inclusione volti a prevenire le discriminazioni). Inoltre la Regione ha attivato con il Viminale un progetto per favorire lo sviluppo delle economie locali sostenendo politiche pubbliche rivolte ai giovani ivoriani e senegalesi. Più riconoscimenti Come si premetteva, aumentano i riconoscimenti: 297 le domande accolte dalla Commissione di Torino nel periodo ottobre-dicembre 2016 (status di rifugiato, protezione sussidiaria e umanitaria); 210 i rigetti. In tutto i convocati erano mille: gli altri o attendono o non si sono presentati. I tempi della valutazione, invece, restano lunghi: un paio di anni, considerando anche i ricorsi. Sul fronte dell’assistenza sanitaria e della prevenzione, si pensa di replicare nel Centro di Castel D’Annone, in provincia di Asti, lo screening contro la tubercolosi che dal marzo sarà attivato al Centro Fenoglio di Settimo con il concorso di Regione, Croce Rossa e Centro di Radiologia Mobile delle Molinette.

INTANTO :«Non sono ipotizzabili anticipazioni di risorse» per l’asilo che Spina 3 attende dal 2009. La lunga attesa aveva fatto protestare molti residenti e c’era chi già stava perdendo le speranze. Ma in Circoscrizione 4, in risposta a un’interpellanza del consigliere della Lega Carlo Morando, il Comune ha messo nero su bianco che i fondi dei privati per permettere la costruzione dell’asilo non ci sono. Quella di via Verolengo resta una promessa non rispettata. Con la crisi immobiliare, la società Cinque Cerchi ha rinunciato a costruire una parte dei palazzi e gli oneri di urbanizzazione versati, spiegò mesi fa l’ex assessore Lorusso, erano andati per la costruzione del tunnel di corso Mortara. Ad ottobre c’è stata una nuova riunione. L’esito è stata la fumata nera da parte dei privati. «Sarà necessario che la progettazione e la realizzazione dell’opera vengano curate direttamente dalla Città di Torino», scrive il Comune nella sua risposta. Senza specificare come e dove verranno reperiti i fondi necessari, né quando si partirà.

 

Tunisia. Frattini: "Proporremo immigrazione circolare" - Il portale dell ...

www.stranieriinitalia.it/.../tunisia-frattini-qproporremo-immigrazione-circolareq.html

1.                           

20 gen 2011 - L'immigrazione "circolare" è quella in cui i migranti, dopo un certo periodo di lavoro all'estero, tornano nei loro Paesi d'origine. Un sistema più ...

Tutto è iniziato quando è stato chiuso il bar. I 60 stranieri che erano a bordo del traghetto Tirrenia diretto a Napoli volevano continuare a bere. L’obiettivo era sbronzarsi e far scoppiare il caos sulla nave. Lo hanno fatto ugualmente, trasformando il viaggio in un incubo anche per gli altri 200 passeggeri. In mezzo al mare, nel cuore della notte, è successo di tutto: litigi, urla, botte, un tentativo di assalto al bancone chiuso, molestie ai danni di alcuni viaggiatori e persino un’incursione tra le cuccette. La situazione è tornata alla calma soltanto all’alba, poco prima dell’ormeggio, quando i protagonisti di questa interminabile notte brava hanno visto che sulle banchine del porto di Napoli erano già schierate le pattuglie della polizia. Nella nave Janas partita da Cagliari lunedì sera dalla Sardegna era stato imbarcato un gruppo di nordafricani che nei giorni scorsi aveva ricevuto il decreto di espulsione. Una trentina di persone, alle quali si sono aggiunti anche altri immigrati nordafricani. E così a bordo è scoppiato il caos. Il personale di bordo ha provato a riportare la calma ma la situazione è subito degenerata. Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati. All’arrivo a Napoli, il traghetto è stato bloccato dagli agenti della Questura di Napoli che per tutta la giornata sono rimasti a bordo per identificare gli stranieri che hanno scatenato il caos in mezzo al mare e per ricostruire bene l’episodio. «Il viaggio del gruppo è stato effettuato secondo le procedure previste dalla legge, implementate dalle autorità di sicurezza di Cagliari – si limita a spiegare la Tirrenia - La compagnia, come sempre in questi casi, ha destinato ai passeggeri stranieri un’area della nave, a garanzia della sicurezza dei passeggeri, non essendo il gruppo accompagnato  dalle forze di polizia. Contrariamente a quanto avvenuto in passato, il gruppo ha creato problemi a bordo per tensioni al suo interno che poi si sono ripercosse sui passeggeri». A bordo del traghetto gli agenti della questura di Napoli hanno lavorato per quasi 12 ore e hanno acquisito anche le telecamere della videosorveglianza della nave. Nel frattempo sono scoppiate le polemiche. «I protagonisti di questo caos non sono da scambiare con i profughi richiedenti asilo - commenta il segretario del Sap di Cagliari, Luca Agati - La verità è che con gli sbarchi dal Nord Africa, a cui stiamo assistendo anche in questi giorni, arrivano poco di buono, giovani convinti di poter fare cio’ che vogliono una volta ottenuto il foglio di espulsione, che di fatto è un lasciapassare che garantisce loro la libertà di delinquere in Italia. Cosa deve accadere per far comprendere che va trovata una soluzione definitiva alla questione delle espulsioni?»  In ostaggio per ore Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati, che hanno trasformato il viaggio in un incubo per gli altri 200 passeggeri  21.02.17

Istituto comprensivo Regio Parco La crisi spegne la musica in classe Le famiglie non pagano la retta da 10 euro al mese: a rischio il progetto lanciato da Abbado, mentre la Regione Piemonte finanzia un progetto per insegnare ai bambini italiani la lingua degli immigrati non viceversa.

 Qui Foggia Gli sfollati di una palazzina crollata nel 1999 vivono in container di appena 24 mq Qui Messina Nei rioni Fondo Fucile e Camaro San Paolo le baracche aumentano di anno in anno Donne e bambini Nei rioni nati dopo il sisma le case sono coperte da tetti precari, spesso di Eternit Qui Lamezia Terme Oltre 400 calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica a cielo aperto  Qui Brescia Nelle casette di San Polino le decine di famiglie abitano prefabbricati fatiscenti Da Brescia a Foggia, da Lamezia a Messina. Oltre 50 mila italiani vivono in abitazioni di fortuna. Tra amianto, topi e rassegnazione Caterina ha 64 anni e tenacia da vendere. Con gli occhi liquidi guarda il tetto di amianto sopra la sua testa: «Sono stata operata due volte di tumore, è colpa di questo maledetto Eternit». Indossa una vestaglia a righe bianche e blu. «Vivo qui da vent’anni. D’estate si soffoca, d’inverno si gela, piove in casa e l’umidità bagna i vestiti nei cassetti. Il dottore mi ha detto di andare via. Ma dove?». In fondo alla strada abita Concetta, che tra topi e lamiere trova la forza di sorridere: «A ogni campagna elettorale i politici ci promettono case popolari, ma una volta eletti si dimenticano di noi. Sono certa che morirò senza aver realizzato il mio sogno: un balcone dove stendere la biancheria». Antonio invece no, lui non ride. Digrigna i denti rimasti: «Gli altri li ho persi per colpa della rabbia. In due anni qui sono diventato brutto, mi vergogno». Slum, favela, bidonville: Paese che vai, emarginazione che trovi. Un essere umano su sei, nel mondo, vive in una baraccopoli. In Italia sono almeno 53 mila le persone che, secondo l’Istat, abitano nei cosiddetti «alloggi di altro tipo», diversi dalle case. Cantine, roulotte, automobili e soprattutto baracche. Le storie di questi cittadini invisibili (e italianissimi) sono raccontate nel documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani, prodotto da Parallelozero, in onda domenica sera alle 21,15 su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Le baraccopoli sono non luoghi popolati da un’umanità sconfitta e spesso rassegnata. Donne, uomini, bambini, anziani. Vittime della crisi economica o di circostanze avverse. Vivono in stamberghe all’interno di moderni ghetti al confine con quella parte di città degna di questo nome. Di là dal muro la civiltà. Da questo lato fango, calcinacci, muffa, immondizia, fogne a cielo aperto. A Messina le abitazioni di fortuna risalgono ad oltre un secolo fa, quando il terremoto del 1908 rase al suolo la città. Qui l’emergenza è diventata quotidianità. Fondo Fucile, Giostra, Camaro San Paolo. Eccoli i rioni del girone infernale dei diseredati. Legambiente ha censito più di 3 mila baracche e altrettante famiglie. I topi, invece, sono ben di più. A Lamezia Terme oltre 400 calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica. Tra loro c’è Cosimo, che vorrebbe andare via: «Non per me, ma per mio figlio, ha subìto un trapianto di fegato». A Foggia gli sfollati di una palazzina crollata nel 1999 vivono nei container di 24 mq. Andrea abita invece nelle casette di San Polino a Brescia, dove un prefabbricato fatiscente è diventato la sua dimora forzata: «Facevo l’autotrasportatore. Dopo due ictus ho perso patente e lavoro. I miei figli non sanno che abito qui. Non mi è rimasto nulla, nemmeno la dignità». Sognando un balcone «Il mio sogno? È un balcone dove stendere la biancheria», dice la signora Caterina nIl documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani, prodotto da Parallelozero, andrà in onda domani sera alle 21.15 su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Su Sky Atlantic Il documentario 3 domande a Sergio Ramazzotti registra e fotografo “Così ho immortalato la vita dentro quelle catapecchie” Chi sono gli abitanti delle baraccopoli? «Sono cittadini italiani, spesso finiti lì per caso. Magari dopo aver perso il lavoro o aver divorziato». Quali sono i tratti comuni? «Chi finisce in una baracca attraversa fasi simili a quelle dei malati di cancro. Prima lo stupore, poi la rabbia, il tentativo di scendere a patti con la realtà, la depressione, infine la rassegnazione». Cosa ci insegnano queste persone? «È destabilizzante raccontare donne e uomini caduti in disgrazia con tanta rapidità. Sono individui come noi. La verità è che può succedere a chiunque». Baraccopolid’Italia

01.03.17

GLI ITALIANI AIUTANO più FACILMENTE GLI EXTRACOMUNITARI RISPETTO AGLI ITALIANI.

https://twitter.com/i/status/1763518366122168632

 

 

 

 

SE VUOI SCRIVERTI UN BREVETTO CONSULTA dm.13.01.10 n33

13/01/2010 - Decreto ministeriale del 13 gennaio 2010, n. 33 - Uibm

 

 

 

CORRISPONDENZA sulla Xylella fastidiosa con la UE luglio 2018

XYLELLA\18-07-31-ARES 4037967.pdf

XYLELLA\18-07-31-ARES 4037967-cover.pdf

 

 

 

Mutui, la prova della truffa Via a rimborsi per 16 miliardi

Dopo tre anni ecco la sentenza Ue sull'Euribor truccato da banche estere. Ma si può far causa pure alle italiane

Giuseppe Marino - Sab, 19/11/2016 - 15:52

La Commissione europea, tre anni dopo aver condannato quattro tra le più grandi banche europee per aver truccato il tasso di interesse che incide sui mutui di milioni di cittadini europei, ha finalmente tolto il segreto al testo della sentenza. E quel documento di trenta pagine potrebbe valere, solo per gli italiani che hanno un mutuo sulle spalle, ben 16 miliardi di euro di rimborsi da chiedere alle banche.

La storia parte con la scoperta di un'intesa restrittiva della concorrenza, ovvero un cartello, tra le principali banche europee. Lo scopo, secondo l'Antitrust europeo, era di manipolare a proprio vantaggio il corso dell'Euribor, il tasso di interesse che funge da riferimento per un mercato di prodotti finanziari che vale 400mila miliardi di euro. Tra questi ci sono i mutui di 2,5 milioni di italiani, per un controvalore complessivo stimabile in oltre 200 miliardi. L'Euribor viene calcolato giorno per giorno con un sondaggio telefonico tra 44 grandi banche europee, che comunicano che tasso di interesse applicano in quel momento per i prestiti tra banche. Il risultato del sondaggio viene comunicato all'agenzia Thomson Reuters che poi comunica il valore dell'Euribor agli operatori e al pubblico. L'Antitrust ha scoperto che alcune grandi banche, tra il 2005 e il 2008, si erano messe d'accordo per falsare i valori comunicati e manipolare il valore del tasso secondo la propria convenienza. «Alcune volte, -recita la sentenza che il Giornale ha potuto visionare- certi trader (omissis...) comunicavano e/o ricevevano preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi valori Euribor. Queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie posizioni commerciali ed esposizioni»

Il risultato ovviamente si è riflettuto sui mutui degli ignari cittadini di tutta Europa, che però finora avevano le unghie spuntate. Un avvocato di Sassari, Andrea Sorgentone, legato all'associazione Sos Utenti, ha subissato la Commissione di ricorsi per farsi consegnare il testo della sentenza dell'Antitrust che condanna Deutsche Bank, Société Genéralé, Rbs e Barclay's a pagare in totale una multa di oltre un miliardo di euro.

La Ue ha sempre rifiutato adducendo problemi di riservatezza delle banche, ma alla fine l'avvocato ha ottenuto una copia della sentenza, seppur in parte «censurata». E ora il conto potrebbe salire. E non solo per quelle direttamente coinvolte, perché il tasso alterato veniva applicato ai mutui variabili da tutte le banche, anche le italiane, che ora potrebbero dover pagare il conto dei trucchi di tedesche, francesi e inglesi. Sorgentone si dice convinto di poter ottenere i risarcimenti: «Secondo le stime più attendibili -dice- i mutuatari italiani hanno pagato interessi per 30 miliardi, di cui 16 indebitamente. La sentenza europea è vincolante per i giudici italiani. Ora devono solo quantificare gli interessi che vanno restituiti in ogni rapporto mutuo, leasing, apertura di credito a tasso variabile che ha avuto corso dal 1 settembre 2005 al 31 marzo 2009».

27.01.17

 

 

Come creare un meeting su Zoom? In un periodo in cui è richiesto dalla società il distanziamento sociale, la nota app per le videoconferenze diventa uno strumento importante per molte aziende e privati. Se partecipare a un meeting è un processo estremamente semplice, che non richiede neppure la registrazione al servizio, discorso diverso vale per gli utenti che desiderano creare un meeting su Zoom.

Ecco dunque una semplice guida per semplificare la vita a coloro che hanno intenzione di approcciare alla piattaforma senza confondersi le idee.

Come si crea un meeting su Zoom

Dopo aver scaricato e installato Zoom, e aver effettuato la registrazione, si dovrà dunque effettuare l’accesso premendo Sign In (è possibile loggare direttamente con il proprio account Google o Facebook, comunque). A questo punto, bisogna procedere in questo modo:

  • Fare tap su New Meeting (pulsante arancione)
  • Scegliere se avviare il meeting con la fotocamera accesa o spenta, tramite il toggle Video On
  • Premere Start a Meeting

A questo punto è stata creata la videoconferenza, ma affinché venga avviata è necessario invitare i partecipanti. Per proseguire sarà necessario quindi:

  • Fare tap su Participants (nella parte in basso dello schermo)
  • Premere su Invite
  • Scegliere il mezzo attraverso cui inviare il link di partecipazione ai mittenti (tramite e-mail o messaggio, per esempio)

Una volta invitati gli utenti, chi ha creato il meeting avrà la possibilità di fare tap su ognuno di essi per utilizzare diverse funzioni: per esempio si potranno silenziare, piuttosto che chiedergli di attivare la fotocamera, eccetera.

Zoom, anche su dispositivi mobile

Zoom (immagine: Zoom).

Facendo tap sul pulsante Chats (in basso a sinistra dello schermo), inoltre, si potranno inviare messaggi di testo a tutti i partecipanti o solo a uno di essi. Una volta terminata la videoconferenza, la si potrà chiudere facendo tap sulla scritta rossa End in alto a destra: si potrà in ultimo scegliere se lasciare il meeting (Leave Meeting), permettendo agli altri di continuare a interagire, o se scollegare tutti (End Meeting).

 

 

Windows File Recovery recupera i file cancellati per sbaglio

È la prima app di questo tipo realizzata direttamente da Microsoft.

A tutti - beh, a quanti non hanno un backup efficiente - sarà capitato di cancellare per errore un file, non solo mettendolo nel Cestino, ma facendolo sparire apparentemente per sempre.

Recuperare i file cancellati ha tante più possibilità di riuscire quanto meno la zona occupata da quei file è stata sovrascritta, ed è un lavoro per software specializzati.

Fino a oggi, l'unica possibilità per i sistemi Windows era scegliere programmi di terze parti. Ora Microsoft ha rilasciato una piccola utility che si occupa proprio del recupero dei file.

Si chiama Windows File Recovery ed è disponibile gratuitamente sul Microsoft Store.

Si tratta di un programma privo di interfaccia grafica: per adoperarlo bisogna quindi superare la diffidenza per la linea di comando che alberga in molti utenti di Windows.

L'utility ha tre modalità base di funzionamento. Default, suggerita per i drive Ntfs, si rivolge alla Master File Table (MFT) per individuare i segmenti dei file. Segment fa a meno della MFT e si basa invece sul rilevamento dei segmenti (che contengono informazioni come il nome, la data, il tipo di file e via di seguito). Signature, infine, si basa sul tipo di file: non avendo a disposizione altre informazioni, cerca tutti i file di quel tipo (Microsoft consiglia questo sistema per le unità esterne come chiavette Usb e schede SD).

Windows File Recovery è in grado di tentare il recupero da diversi filesystem - quali Ntfs, exFat e ReFS - e per apprendere il suo utilizzo Microsoft ha messo a disposizione una pagina d'aiuto (in inglese) sul sito ufficiale.

Qui sotto, alcune schermate di Windows File Recovery.

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Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28141

 

Bloatbox ripulisce Windows 10 dalle app indesiderate

Bastano pochi clic per eliminare tutto il bloatware preinstallato.

Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28201

Non si può dire che Windows 10 sia un sistema operativo essenziale: ogni nuova installazione porta con sé, insieme al sistema vero e proprio, tutta una serie di applicazioni che per la maggior parte degli utenti si rivelano inutili, se non fastidiose, senza contare le aggiunte dei singoli produttori di Pc.

Rimuoverle a mano una a una è un compito tedioso, ma esiste una piccola applicazione che facilita l'intera operazione: Bloatbox.

Nata come estensione per Spydish, app utile per gestire le informazioni condivise con Microsoft da Windows 10 e più in generale le impostazioni del sistema che coinvolgono la privacy, è poi diventata un software a sé.

Il motivo è un po' la medesima ragione di vita di Bloatbox: non rendere Spydish troppo "grasso" (bloated), ossia ricco di funzioni che, per quanto utili, vadano a incidere sulla possibilità di avere un'applicazione compatta, efficiente e facile da usare.

Bloatbox si scarica da GitHub sotto forma di archivio .zip da estrarre sul Pc. Una volta compiuta questa operazione non resta altro da fare che cliccare due volte sul file Bloatbox.exe per avviare l'app.

La finestra principale mostra sulla sinistra una colonna in cui è presente la lista di tutte le app installate in Windows, tra cui anche quelle che normalmente non si possono disinstallare - come il Meteo, Microsoft News e via di seguito - e quelle installate dal produttore del computer.

Ciò che occorre fare è selezionare quelle app che si intende rimuovere e, quando si è soddisfatti, premere il pulsante , che le aggiungerà alla colonna di destra, dove si trovano tutte le app condannate alla cancellazione.

A questo punto si può premere il pulsante Uninstall, posto nella parte inferiore della colonna centrale, e il processo di disinstallazione inizierà.

L'ultima versione al momento in cui scriviamo mostra anche, nella colonna di destra di un pratico link per effettuare una "pulizia generale" di una nuova installazione di Windows 10, identificato dalla dicitura Start fresh if your Windows 10 is loaded with bloat....

Cliccandolo, verranno aggiunte all'elenco di eliminazione tutte le app preinstallate e considerate bloatware. Chiaramente l'elenco può essere personalizzato a piacere rimuovendo da esso le app che si intende tenere tramite il pulsante Remove selected.

 

 

 

 

Il sito che installa tutte le app essenziali per Windows 10

Bastano pochi clic per ottenere un Pc perfettamente attrezzato, senza dover scaricare ogni singolo software.

Reinstallare il sistema operativo è solo il primo passo, dopo un incidente al Pc che abbia causato la necessità di ripartire da capo, tra quelli necessari per arrivare a riavere un computer perfettamente configurato e utilizzabile.

A quel punto inizia infatti il processo di configurazione e di installazione di tutte quelle grandi e piccole applicazioni che svolgono i vari compiti ai quali il computer è dedicato. Si tratta di un'operazione che può essere lunga e tediosa e che sarebbe bello poter automatizzare.

Una delle alternative migliori da tempo esistente è Ninite, sito che permette di selezionare le app preferite e si occupa di scaricarle e installarle in autonomia.


Da quando però Microsoft ha lanciato un proprio gestore di pacchetti (Winget) sono spuntate delle alternative che a esso si appoggiano e, dato che funziona da linea di comando, dette alternative si occupano di fornire un'interfaccia grafica.

Una delle più interessanti è Winstall, che semplifica l'installazione delle app dai repository messi a disposizione da Microsoft.

Winstall è una Progressive Web Application (Pwa), ossia un sito da visitare con il proprio browser e che permette di scegliere le app da installare sul computer; in questo senso, dal punto di vista dell'uso è molto simile al già citato Ninite.

Diverso è però il funzionamento: se Ninite scarica i singoli installer dei vari programmi, Winstall si appoggia a Winget, che quindi deve essere preventivamente installato sul Pc.

Inoltre offre una propria funzionalità specifica, che il suo sviluppatore ha battezzato Featured Pack.

Si tratta di gruppi di applicazioni unite da un tema o una funzionalità comune (browser, strumenti di sviluppo, software per i giochi) che si possono selezionare tutte insieme; Winstall si occupa quindi di generare il codice da copiare nel Prompt dei Comandi per avviare l'installazione.

In alternativa si può scaricare un file .bat da eseguire, che si occupa di invocare Winget per portare a termine il compito.

I Featured Pack sono infine personalizzabili: gli utenti sono invitati a creare il proprio e a condividerlo.

Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28369

 

 

Cos’è e a cosa serve la pasta madre

La pasta madre è un lievito naturale che permette di preparare un ottimo pane, ma anche pizze e focacce. Conosciuta anche come pasta acida, la pasta madre è un impasto che può essere realizzato in diversi modi. Ad esempio, la pasta madre si può ottenere prelevando un impasto del pane da conservare grazie ai “rinfreschi”, oppure preparando un semplice impasto di acqua e farina da lasciare a contatto con l’aria, così che si arricchisca dei lieviti responsabili dei processi fermentativi che consentono la lievitazione di pane e altri prodotti da forno.

Gli impasti preparati con la pasta madre hanno generalmente bisogno di lievitare per diverse ore, ma il risultato ripaga dell’attesa: pane, pizze e focacce risulteranno infatti più gonfi, più digeribili, conservabili più a lungo e con un sapore decisamente migliore.

La pasta madre, inoltre, accresce il valore nutrizionale del pane e di altri prodotti da forno. Negli impasti preparati con la pasta madre diverse importanti sostanze rimangono intatte e, grazie alla composizione chimica della pasta madre, il nostro organismo riesce ad assimilare meglio i sali minerali presenti nelle farine.

I lieviti della pasta madre, poi, favoriscono la crescita di batteri buoni nell’intestino, favorendo un buon equilibrio del microbiota e migliorando così la digestione. È importante anche notare che il pane preparato con lievito naturale possiede un indice glicemico inferiore rispetto al pane realizzato con altri lieviti. Questo significa che quando i carboidrati presenti nel pane vengono assimilati sotto forma di glucosio, questo si riversa più lentamente nel flusso sanguigno, evitando picchi glicemici.

Oltre a conferire al pane proprietà organolettiche e nutrizionali migliori, la pasta madre presenta altri vantaggi. Grazie ai rinfreschi, si può infatti avere a disposizione questo straordinario lievito naturale a lungo; in più, la pasta madre può essere preparata con vari tipi di farine, anche senza glutine.

La dieta senza glutine è l’unica terapia per le persone celiache e per chi presenta sensibilità verso le proteine del frumento e in altri cereali come orzo e farro. Inoltre, ridurre il consumo di glutine può migliorare alcuni disturbi intestinali ed è consigliato anche a chi vuole seguire un regime alimentare antinfiammatorio.

 

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