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Marco Bava è un economista, consulente finanziario e spesso attivo
nel panorama italiano come esperto di economia e finanza. È noto per le
sue opinioni critiche su temi come la gestione della finanza pubblica
italiana, le banche e la situazione economica generale del Paese.
Inoltre, in passato è stato coinvolto in varie iniziative politiche e
civiche, dove ha cercato di sensibilizzare l'opinione pubblica su
questioni legate alla trasparenza economica e alla gestione del debito
pubblico.
Dal Vangelo secondo Luca Lc
21,5-19 “In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato
di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei
quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non
sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e
quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose:
«Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome
dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!
Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché
prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro
regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze;
vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi
perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni,
trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete
allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non
preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché
tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e
dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa
del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza
salverete la vostra vita».”
La gangster
che si fece
suora
pierangelo sapegno
Le due vite di Angela Corradi sono finite adesso. Quella della donna
gangster con la svastica tatuata sulla schiena e della suora laica che
ha dedicato la sua vita ai disperati e agli sconfitti. La notizia l'ha
data su Facebook Tino Stefanini, uno degli ultimi superstiti della
famigerata mala della Comasina: «Resterai per sempre nei nostri cuori».
Ma di Angela Corradi, morta a 73 anni, resta qualcosa di più anche per
tutti noi, il mistero della vita e dei suoi peccati, la sottile linea di
demarcazione che può dividere il bene dal male sulle strade del dolore.
Tutto quello che non possiamo vedere e facciamo fatica a capire. Una
volta le chiesero come aveva fatto a scoprire Dio. «Perché ho sentito la
sua voce», aveva risposto. «Mi disse "Io ci sono". Mi disse solo
questo». Era una sera che Angela Corradi aveva un mitra in mano e una
pistola infilata nei calzoni e stava uscendo dalla sua casa di via
Osculati ad Affori per andare a uccidere qualcuno. Ma qualche anno dopo,
aveva il velo e degli occhiali a goccia che nascondevano uno sguardo che
levigava il tempo e anche le sue ferite, perché non si vive la sua vita
senza perdere pezzi e portarne le cicatrici. Allora le chiesero come
faceva a essere così sicura che fosse la voce di Dio. «Lo so e basta»,
disse con tono di nuovo duro. Il fatto è che pure quando sposò Dio e si
fece terziaria francescana non perse mai la forza del suo carattere. Era
scritta nei suoi occhi, quella forza. Era la pupa del gangster, la «pupa
della banda Vallanzasca», come titolavano i giornali, la compagna
inseparabile di Vito Pesce, il braccio destro del bel René, che la
chiamava «la sorellina» e di lei diceva che non era solo bella e
coraggiosa: «Angelina è stata la donna che in quanto a palle dava dei
punti e tanti maschietti cazzuti. Una forza della natura.
Fondamentalmente, era una femmina da sballo. Bella, intelligente,
simpatica, capace di essere dolcissima. Ma quando c'era da dimostrare il
suo carattere, persino il suo uomo faceva bene a non contraddirla». Era un giorno di luglio del 1978 quando venne folgorata da Cristo,
mentre doveva andare a vendicare «uno sgarro fatto ai miei compagni in
carcere». Lo raccontò cinque anni dopo esatti, al meeting di Cl a
Rimini: «Io posso solo tentare di farvi vedere una scena. Sono in casa,
sono armata fino ai denti e quando varcherò quella porta so che l'unica
cosa che devo fare è uccidere qualcuno. E sono molto determinata a
farlo. È in quel momento che mi si è presentato il Signore. Non Lui, io
mento se dico Lui. Ma la sua voce. E l'ho sentita benissimo. Ha solo
detto "ci sono". Non ha detto altro. E io mi sono terrorizzata. Non
avevo mai avuto paura di niente. Ma quella volta sì». Prima di cambiare
la sua vita, Angela era stata tutto quello che poteva essere una nata
come lei nella nebbia dell'anonimato ai margini della metropoli. Era
stata commessa, e poi modella prima di approdare nella banda di
Vallanzasca per un «atto di ribellione». Si era tatuata sulla schiena
una svastica e su un dito la «N» di nazista con una croce sovrapposta.
Diventò una protagonista di quegli anni di violenza e finì anche in
carcere, cinque anni a San Vittore. Era una donna bellissima, hanno
sempre ripetuto quelli che l'avevano conosciuta. I suoi lavoravano nel
circo. Il padre faceva il giro della morte in motocicletta. Poi un
gravissimo incidente l'aveva paralizzato e da allora anche la madre,
Bruna, acrobata, lasciò il tendone. I suoi cercarono di avviarla agli
studi, ma non ci fu verso. Angela voleva scappare, andare via da quella
prigione di case grigie e uguali, dalle pene della sua famiglia. A
sedici anni fuggì di casa e dopo poco tempo si legò ai ragazzi della
mala che in quegli anni stavano scalando le gerarchie di Milano a mitra
spianati, lasciando una scia di morte dietro di loro. Diventò la
compagna di Vito pesce, uno degli uomini più spietati della banda
Vallanzasca. I giornali, raccontando i corpi senza vita sparsi sulle
strade, tutte quelle esplosioni di violenza e le sparatorie, li
chiamavano «i killer drogati. La più feroce gang del Dopoguerra». In
quegli anni morì suo padre, mentre lei veniva arrestata. Di San Vittore
ricordò la vita vuota e arida dietro a quelle sbarre.
La conversione avvenne all'improvviso, quando era già una suora laica,
la sua auto, una A112, venne crivellata di colpi in piena notte e lei
rimase quasi in fin vita con ferite sul volto. «Gesù, Gesù aiutami...»,
ripeteva ai medici del Niguarda. Sua madre Bruna raccontò che «era
uscita per andare a portare aiuto ai bisognosi». In realtà,
quell'episodio rimase un mistero senza risposta.
Un po' come il suo viso, conservato negli archivi della cronaca nera e
nelle foto che la immortalarono col velo. Non aveva più i capelli tinti
di biondo e lo sguardo sprezzante. Ma gli occhi sono lo specchio
dell'anima. E non sono cambiati. Erano troppo duri, quand'era ragazzina,
ma anche adesso erano gli occhi di una che aveva sempre dovuto
combattere nella sua vita, farsi largo tra le infinite e irrisolte
violenze delle periferie, fra quegli edifici nudi che nascondevano tutti
le stesse miserie e le stesse rabbie, in quelle ripetizioni di facciate
sempre uguali e in quel piatto e uniforme plurale di una sconfitta
comune, dove ogni finestra apparteneva solo alle nebbie della
disperazione, un disegno senza altri colori che non fossero quelli dei
sogni di chi vuole scappare. Alla fine però Angela Corradi è tornata qui
e ci è rimasta fino alla sua morte, a 73 anni, per dedicarsi alle anime
perse dei drogati, dei detenuti, dei più deboli, di tutti quelli rimasti
senza speranze nella battaglia della vita. È ritornata da dov'era
partita, nella terra di mezzo, nei luoghi di tutti quelli che continuano
a perdere.
NEL 2024 HO CERCATO DI
CONVINCERE IL MINISTRO URSO, IL GOVENATORE DEL PIEMONTE CIRIO A PROPORRE
ALLA BMW DI COSTRUIRE IL SUO NUOVO STABILIMENTO PER LE AUTO H2 IN ITALIA
. RISULTATO : MI HANNO IGNORATO PER CUI:
Nel 2028 il Gruppo Bmw diventerà il primo produttore al mondo a mettere
in vendita un veicolo premium a celle a combustibile, offrendo ai propri
clienti un'altra opzione di mobilità a zero emissioni. A tal fine si sta
rafforzando la cooperazione con Toyota Motor Corporation. Entrambi i
partner - è stato sottolineato a margine della conferenza -
svilupperanno congiuntamente il sistema fuel cell per le autovetture,
che verrà poi utilizzato in modo specifico per i marchi dei due
produttori.
Programmi ambiziosi che hanno evidentemente fatto crescere negli ultimi
anni gli investimenti (come il nuovo stabilimento in Ungheria per la
Neue Klasse) e la spesa per ricerca e sviluppo.
Caro Marco,
Volevo informarvi che la Commissione
Europea ha appena avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia in
materia di diritti degli azionisti. Come sapete, questo è un punto che
abbiamo portato all'attenzione della Commissione Europea nella nostra
lettera e durante gli incontri.
La Commissione invita l'ITALIA a
recepire correttamente la direttiva sui diritti degli azionisti nelle
società quotate La Commissione Europea ha
deciso di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di
costituzione in mora all'Italia (INFR(2025)4004) per il mancato
recepimento corretto della Direttiva sui Diritti degli Azionisti ( Direttiva
2007/36/CE ). Il coinvolgimento a lungo termine degli azionisti
nelle società in cui investono è essenziale per garantire che le società
siano ben governate e sostenibili. La Direttiva tutela e rafforza gli
azionisti promuovendo la trasparenza, la responsabilità e il buon
governo societario nelle società quotate. Stabilisce una serie di regole
e diritti che garantiscono agli azionisti di avere voce in capitolo
nelle società in cui investono e che i loro interessi siano
rappresentati e rispettati. La legge italiana mina la libertà degli
azionisti di scegliere il proprio rappresentante per le assemblee
generali senza limitazioni, imponendo invece un rappresentante designato
dalla società. Così facendo, viola il diritto degli azionisti, previsto
dalla Direttiva, di presentare delibere su qualsiasi punto all'ordine
del giorno, compresi quelli aggiunti di recente, negando così ai
rappresentanti designati dalla società gli stessi diritti a cui
avrebbero diritto gli azionisti che rappresentano. La Commissione invia
pertanto una lettera di costituzione in mora all'Italia, che ha ora due
mesi di tempo per rispondere e porre rimedio alle carenze sollevate
dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la
Commissione potrà decidere di emettere un parere motivato.
Auguri
Severina
08,05.25
Le assemblee societarie
a distanza continueranno a essere una realtà anche nel 2025. Con
l’approvazione del decreto Milleproroghe, il governo ha deciso
di estendere fino al 31 dicembre 2025 la possibilità per le
società di capitali e gli enti di tenere riunioni e assemblee in
modalità telematica, senza la necessità della presenza fisica
dei partecipanti. Una misura nata in risposta all’emergenza
sanitaria e che, negli anni, si è trasformata in uno strumento
stabile per garantire flessibilità e continuità operativa.
Assemblee societarie online prorogate fino al 2025: il
Milleproroghe estende la modalità telematica
L’obiettivo della proroga è
duplice. Da un lato, mantenere attivo un sistema che ha
semplificato il lavoro degli organi societari e reso più
efficiente la partecipazione di soci e azionisti, soprattutto
nelle realtà con una governance complessa. Dall’altro,
assicurare una gestione più fluida degli incontri decisionali,
senza gli ostacoli logistici legati alla necessità di incontri
in presenza.
Un’eredità della
pandemia diventata la norma
L’introduzione delle assemblee online risale al 2020, quando,
con il Decreto Cura Italia, il governo aveva autorizzato per la
prima volta la possibilità di svolgere le riunioni degli organi
societari in modalità completamente telematica. La misura,
pensata inizialmente per rispondere alle limitazioni imposte
dall’emergenza sanitaria, è stata progressivamente prorogata
negli anni, dimostrando la sua efficacia ben oltre il contesto
pandemico.
Il ricorso alle assemblee a distanza si è rivelato
un’opportunità non solo per superare le restrizioni sanitarie,
ma anche per snellire le procedure burocratiche e ridurre i
costi legati agli spostamenti e alla logistica delle riunioni in
presenza. Una possibilità che molte imprese hanno scelto di
mantenere anche dopo la fine delle restrizioni, trovando nelle
modalità digitali un supporto efficace per la governance
aziendale.
Chi beneficia della
proroga?
L’estensione fino al 2025 si applica a tutte le società di
capitali e agli enti, permettendo loro di convocare e svolgere
le assemblee in via telematica, anche se l’atto costitutivo o lo
statuto non lo prevedono espressamente. Questo significa che
anche le società che non hanno mai modificato i propri
regolamenti interni possono continuare a sfruttare questa
possibilità senza dover intervenire sulle norme statutarie.
Per le società con una compagine azionaria diffusa, l’assemblea
a distanza rappresenta una soluzione particolarmente
vantaggiosa: facilita la partecipazione anche degli azionisti
internazionali e riduce i problemi legati agli obblighi di
presenza fisica, semplificando il processo decisionale.
Inoltre, le startup e le PMI innovative hanno trovato nelle
assemblee telematiche uno strumento utile per abbattere i costi
di gestione, potendo contare su un metodo rapido ed efficace per
riunire i soci e deliberare su questioni strategiche.
Le reazioni del mondo
imprenditoriale
L’estensione della misura è stata accolta positivamente dalle
associazioni di categoria e dagli operatori del settore. Secondo
diversi esperti, il modello delle assemblee digitali rappresenta
ormai una best practice consolidata, che potrebbe diventare una
soluzione definitiva anche oltre la nuova scadenza fissata per
il 31 dicembre 2025.
Alcuni osservatori sottolineano, però, la necessità di stabilire
norme chiare e uniformi per garantire la sicurezza delle
votazioni e la piena trasparenza del processo decisionale. Se da
un lato le tecnologie digitali permettono un accesso più ampio e
immediato agli incontri, dall’altro emergono questioni legate
alla protezione dei dati e all’identificazione dei partecipanti,
soprattutto nei casi in cui le assemblee riguardino decisioni
particolarmente delicate.
Un futuro sempre più
digitale per la governance societaria
La proroga delle assemblee online fino al 2025 conferma che il
mondo delle imprese sta evolvendo verso una gestione sempre più
digitalizzata e flessibile. Se in passato la presenza fisica era
un requisito imprescindibile per le riunioni degli organi
sociali, oggi la possibilità di collegarsi da remoto è diventata
una normalità per molte aziende.
Con l’aumento dell’utilizzo di strumenti di videoconferenza e la
progressiva diffusione di piattaforme dedicate alla corporate
governance, il concetto di assemblea societaria sta cambiando in
modo profondo. La prossima sfida sarà quella di trovare un
equilibrio tra le esigenze di semplificazione e la necessità di
garantire un processo decisionale trasparente e sicuro.
Per ora, con il Milleproroghe, la possibilità di svolgere
assemblee digitali è garantita per altri due anni. Ma il
percorso sembra ormai tracciato: la governance aziendale del
futuro sarà sempre più flessibile, digitale e interconnessa.
TO.12.04.24
Illustre Presidente del
Consiglio Giorgia Meloni perche' con l'art.11 del DISEGNO DI LEGGE
CAPITALI avete approvato un restringimento di fatto della libertà ?
perché avete voluto dimostrarci di volervi ispirare all'epoca
fascista sfociato nel delitto Matteotti ? Non credo sia
nell'interesse suo e del suo governo e mi spiace, ma devo prenderne
atto.
Ill.mo Signor Presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera
Ill.mo Capo dello Stato Sergio Mattarella
Ill.mo Presidente del Senato
Ill.mo Presidente della Camera
Ill.ma Presidente del Consiglio
In questi giorni e’ in approvazione l’atto della Camera: n.1515 ,
Senato n.674. - "Interventi a sostegno della competitività dei capitali
e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in
materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto
legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di
società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli
emittenti" (approvato dal Senato) (1515) .
L’articolo 11 (Svolgimento delle assemblee delle società per azioni
quotate) modificato al Senato, consente, ove sia contemplato nello
statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano
esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società. In
tale ipotesi, non è consentita la presentazione di proposte di
deliberazione in assemblea e il diritto di porre domande è esercitato
unicamente prima dell’assemblea. Per effetto delle modifiche apportate
al Senato, la predetta facoltà statutaria si applica anche alle società
ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione;
inoltre, sempre per effetto delle predette modifiche, sono prorogate al
31 dicembre 2024 le misure previste per lo svolgimento delle assemblee
societarie disposte con riferimento all’emergenza Covid-19 dal
decreto-legge n. 18 del 2020, in particolare per quanto attiene l’uso di
mezzi telematici. L’articolo 11 introduce un nuovo articolo
135-undecies.1 nel TUF – Testo Unico Finanziario (D. Lgs. n. 58 del
1998) il quale consente, ove sia contemplato nello statuto, che le
assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il
rappresentante pagato e designato dalla società. Le disposizioni in
commento rendono permanente, nelle sue linee essenziali, e a
condizione che lo statuto preveda tale possibilità, quanto previsto
dall’articolo 106, commi 4 e 5 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18,
che ha introdotto specifiche disposizioni sullo svolgimento delle
assemblee societarie ordinarie e straordinarie, allo scopo di
contemperare il diritto degli azionisti alla partecipazione e al voto in
assemblea con le misure di sicurezza imposte in relazione all’epidemia
da COVID-19. Il Governo, nella Relazione illustrativa, fa presente che
la possibilità di continuare a svolgere l’assemblea esclusivamente
tramite il rappresentante designato tiene conto dell’evoluzione, da
tempo in corso, del modello decisionale dei soci, che si articola,
sostanzialmente, in tre momenti: la presentazione da parte del consiglio
di amministrazione delle proposte di delibera dell’assemblea; la messa a
disposizione del pubblico delle relazioni e della documentazione
pertinente; l’espressione del voto del socio sulle proposte del
consiglio di amministrazione. In questo contesto, viene fatta una
affermazione falsa e priva di ogni fondamento giuridico: che
l’assemblea ha perso la sua funzione informativa, di dibattito e di
confronto essenziale al fine della definizione della decisione di voto
da esprimere. Per cui non e’ vero che la partecipazione
all’assemblea si riduca, in particolar modo, per gli investitori
istituzionali e i gestori di attività, nell’esercizio del diritto di
voto in una direzione definita ben prima dell’evento assembleare,
all’esito delle procedure adottate in attuazione della funzione di
stewardship e tenendo conto delle occasioni di incontro diretto,
chiuse ai risparmiatori, con il management della società in
applicazione delle politiche di engagement.
Per cui in questo contesto, si verrebbe ad applicare una norma di
esclusione dal diritto di partecipazione alle assemblee degli azionisti
da parte di chi viene tutelato, anche attraverso il diritto alla
partecipazione alle assemblee dall’art.47 della Costituzione oltre che
dall’art.3 della stessa per una oggettiva differenza di diritti fra
cittadini azionisti privati investitori che non possso piu’ partecipare
alle assemblee e ed azionisti istituzionali che invece godono di
incontri diretti privati e riservati
con il management della società in applicazione delle politiche di
engagement.
Il che crea una palese ed illegittima asimmetria informativa legalizzata
in Italia rispetto al contesto internazionale in cui questo divieto di
partecipazione non sussiste. Anzi gli orientamenti europei vanno da anni
nella direzione opposta che la 6 commissione presieduta dal
sen.Gravaglia volutamente dimostra di voler ignorare.
Viene da chiedersi perche’ la maggioranza ed il Pd abbiano approvato
questo restringimento dei diritti costituzionali ?
Tutto cio’ mentre Elon Musk ha subito una delle più grandi perdite
legali nella storia degli Stati Uniti questa settimana, quando
l'amministratore delegato di Tesla è stato privato del suo pacchetto
retributivo di 56 miliardi di dollari in una causa intentata da Richard
Tornetta che ha fatto causa a Musk nel 2018, quando il residente della
Pennsylvania possedeva solo nove azioni di Tesla. Il caso è arrivato al
processo alla fine del 2022 e martedì un giudice si è schierato con
Tornetta, annullando l'enorme accordo retributivo perché ingiusto nei
suoi confronti e nei confronti di tutti i suoi colleghi azionisti di
Tesla.
La giurisprudenza societaria del Delaware è piena di casi che portano i
nomi di singoli investitori con partecipazioni minuscole che hanno
finito per plasmare il diritto societario americano.
Molti studi legali che rappresentano gli azionisti hanno una scuderia di
investitori con cui possono lavorare per intentare cause, afferma Eric
Talley, che insegna diritto societario alla Columbia Law School.
Potrebbe trattarsi di fondi pensione con un'ampia gamma di
partecipazioni azionarie, ma spesso si tratta anche di individui come
Tornetta.
Il querelante firma i documenti per intentare la causa e poi
generalmente si toglie di mezzo, dice Talley. Gli investitori non pagano
lo studio legale, che accetta il caso su base contingente, come hanno
fatto gli avvocati nel caso Musk.
Tornetta beneficia della vittoria della causa nello stesso modo in cui
ne beneficiano gli altri azionisti di Tesla: risparmiando all'azienda i
miliardi di dollari che un consiglio di amministrazione asservito pagava
a Musk.
Gli esperti hanno detto che persone come Tornetta sono fondamentali per
controllare i consigli di amministrazione. I legislatori e i giudici
desiderano da tempo che siano le grandi società di investimento a
condurre queste controversie aziendali, poiché sono meglio attrezzate
per tenere d'occhio le tattiche dei loro avvocati. Ma gli esperti
hanno detto che i gestori di fondi non vogliono mettere a repentaglio i
rapporti con Wall Street.
Quindi è toccato a Tornetta affrontare Musk.
"Il suo nome è ora impresso negli annali del diritto societario", ha
detto Talley. "I miei studenti leggeranno Tornetta contro Musk per i
prossimi 10 anni". Questa e’ democrazia e trasparenza vera non quella
votata da maggioranza e Pd.
Infatti da 1 anno avevo chiesto di essere udito dal Senato che mi
ignorato nella totale indifferenza della 6 commissione . Mentre lo
sono stati sia il recordman professionale dei rappresentanti pagati
degli azionisti , l’avv.Trevisan , sia altri ispiratori e
sostenitori della modifica normativa proposta. Per cui mi e’ stata
preclusa ogni osservazione non in linea con la proposta della 6
commissione del Senato che ha esaminato ed emendato il provvedimento e
questo viola i principi di indipendenza e trasparenza delle camera e
senato: dov’e’ interesse pubblico a vietare le assemblee agli azionisti
per ragioni pandemiche nel 2024 ?
La prova più consistente che tale articolo non ha alcuna ragione palese
per essere presentato e’ che sono state di fatto rese permanenti le
misure introdotte in via temporanea per l’emergenza Covid-19 In sintesi,
il menzionato articolo 106, commi 4 e 5 - la cui efficacia è stata
prorogata nel tempo e, da ultimo, fino al 31 luglio 2023 dall’articolo
3, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 - prevede che le
società quotate possano designare per le assemblee ordinarie o
straordinarie il rappresentante designato, previsto dall'articolo
135-undecies TUF, anche ove lo statuto preveda diversamente; inoltre, la
medesima disposizione consente alle società di prevedere nell’avviso di
convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente
tramite il rappresentante designato, al quale potevano essere conferite
deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF.
L'articolo 135-undecies del TUF dispone che, salvo diversa previsione
statutaria, le società con azioni quotate in mercati regolamentati
designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono
conferire, entro la fine del secondo giorno di mercato aperto precedente
la data fissata per l'assemblea, anche in convocazione successiva alla
prima, una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle
proposte all'ordine del giorno. La delega ha effetto per le sole
proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto, è
sempre revocabile (così come le istruzioni di voto) ed è conferita,
senza spese per il socio, mediante la sottoscrizione di un modulo il cui
contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento. Il conferimento
della delega non comporta spese per il socio. Le azioni per le quali è
stata conferita la delega, anche parziale, sono computate ai fini della
regolare costituzione dell'assemblea mentre con specifico riferimento
alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto,
le azioni non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e
della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle delibere. Il
soggetto designato e pagato come rappresentante è tenuto a
comunicare eventuali interessi che, per conto proprio o di terzi, abbia
rispetto alle proposte di delibera all’ordine del giorno. Mantiene
altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute
fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali
informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al
medesimo dovere di riservatezza. In forza della delega contenuta nei
commi 2 e 5 dell'articolo 135-undecies del TUF la Consob ha disciplinato
con regolamento alcuni elementi attuativi della disciplina appena
descritta. In particolare, l'articolo 134 del regolamento Consob n.
11971/1999 ("regolamento emittenti") stabilisce le informazioni minime
da indicare nel modulo e consente al rappresentante che non si trovi in
alcuna delle condizioni di conflitto di interessi previste nell'articolo
135-decies del TUF, ove espressamente autorizzato dal delegante, di
esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso
si verifichino circostanze di rilievo, ignote all'atto del rilascio
della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da
ARTICOLO 11 42 far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse
conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di
modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte
all'assemblea. Più in dettaglio, per effetto del comma 4 dell'articolo
106, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono
designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante
al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su
tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno, anche ove lo
statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì
prevedere, nell’avviso di convocazione, che l’intervento in assemblea si
svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale
possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi
dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno
stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga
all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione
della specifica condizione del rappresentante designato dalla società,
esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto
della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies
stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono
applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema
multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il
pubblico in misura rilevante. Le disposizioni in materia di assemblea
introdotte dalle norme in esame non sono state approvate dal M5S il cui
presidente , avv.Conte, aveva introdotto tali norme esclusivamente per
il periodo Covid. Per cui l’articolo 11 in esame, come anticipato,
introduce un nuovo articolo 135- undecies.1 nel Testo Unico Finanziario,
ai sensi del quale (comma 1) lo statuto di una società quotata può
prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di
voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla
società, ai sensi del già illustrato supra articolo 135-undecies. A tale
rappresentante possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai
sensi dell'articolo 135-novies, in deroga all'articolo 135-undecies,
comma 4. La relativa vigilanza è esercitata, secondo le competenze,
dalla Consob (articolo 62, comma 3 TUF e regolamenti attuativi) o
dall’Autorità europea dei mercati finanziari – ESMA.
L’ESMA non e’ stata mai sentita dal sen.Gravaglia su questo articolo
mentre la Consob ha espresso parere contrario che sempre lo stesso ha
ignorato.
Ma i soprusi non finiscono qui : il comma 3 del nuovo articolo
135-undecies.1 chiarisce che, nel caso previsto dalle norme in esame. il
diritto di porre domande (di cui all’articolo 127-ter del TUF) è
esercitato unicamente prima dell’assemblea. La società fornisce almeno
tre giorni prima dell’assemblea le risposte alle domande pervenute. In
sintesi, ai sensi dell’articolo 127-ter, coloro ai quali spetta il
diritto di voto possono porre domande sulle materie all'ordine del
giorno anche prima dell'assemblea. Alle domande pervenute prima
dell'assemblea è data risposta al più tardi durante la stessa. La
società può fornire una risposta unitaria alle domande aventi lo stesso
contenuto. L’avviso di convocazione indica il termine entro il quale le
domande poste prima dell'assemblea devono pervenire alla società. Non è
dovuta una risposta, neppure in assemblea, alle domande poste prima
della stessa, quando le informazioni richieste s
iano già disponibili in formato "domanda e risposta" nella sezione del
sito Internet della società ovvero quando la risposta sia stata
pubblicatma 7, del TUF relativo allo svolgimento delle assemblee di
società ed enti. Per effetto delle norme introdotte, al di là delle
disposizioni contenute nell’articolo in esame che vengono rese
permanenti (v. supra), sono prorogate al 31 dicembre 2024 tutte le altre
misure in materia di svolgimento delle assemblee societarie – dunque non
solo quelle relative alle società quotate – previste nel corso
dell’emergenza Covid-19. Questo che e’ un capolavoro di capziosità di
un emendamento della sen.Cristina Tajani PD , ricercatrice e docente
universitaria, di indifferenziazione parlamentare negli obiettivi
: dal momento che le misure previste dall’art.11 in oggetto prevedono
per essere applicabili il loro recepimento statutario, lo stesso viene
ottenuto nel 2024 per ragioni di Covid, con il rappresentante pagato ,
che ovviamente non porrà alcuna opposizione neppure verbale.
Illustri Presidenti se questa non e’ una negazione degli art.47 e 3
della Costituzione, contro la democrazia e trasparenza societaria
, cos’e ?
Al termine di questa mia riflessione vorrei capire se in questo nostro
paese esiste ancora uno spazio di rispettosa discussione democratica o
di tutela giuridica nei confronti di una decisione arbitraria di una
classe dirigente qui’ palesemente opaca.
Confido in una vs risposta costruttiva di rispetto della libertà
progressista di un paese evoluto ma stabile e garante nei diritti delle
minoranze . Anche perché quello che ho anticipato con Edoardo Agnelli
sul futuro della Fiat dal 1998 in poi si e’ tristemente avverato, e solo
oggi, forse, e’ diventato di coscienza comune , anche se a me e’
costato pesanti ritorsioni personali da parte degli organi di polizia e
giustizia torinese e della Facolta’ di Economia Commercio di Torino . Ed
ad Edoardo Agnelli la morte. Non e’ impedendomi di partecipare alle
assemblee che Fiat & C ritorneranno in Italia, perché nel frattempo non
esistono più a causa anche di chi a Torino e Roma gli ha concesso di
fare tutto quello che di insensato hanno fatto dal 1998 in poi anche
contro se stessi oltre che i suoi lavoratori ed azionisti, calpestando
brutalmente chi osava denunciarlo pubblicamente nel tentativo,
silenziato, di fermare la distruzione di un orgoglio e una risorsa
nazionale. Giugiaro racconta che quando la Volkswagen gli chiese di fare
la Golf gli presento’ la Fiat 128 come esempio inarrivabile. Oggi
Tavares si presenta in Italia come il nuovo Napoleone , legittimato da
Yaky e scortato dalla DIGOS per difenderlo da Marco BAVA che vorrebbe
solo documentargli che l’industria automobilistica italiana ha una
storia che gli errori di 3 persone non debbono poter cancellare. Anche
se la storia finora ha premiato chi ha consentito il restringimento dei
diritti in questo paese la frana del futuro travolgerà tutti.
Basta chiederlo a Montezemolo che tutto questo lo sa e lo ha vissuto
direttamente.
UNA
ATTUALIZZAZIONE DEL:
DISCORSO DEL 30.05.1924
Giacomo Matteotti
Matteotti: «Onorevoli colleghi, se voi volete contrapporci altre
elezioni, ebbene io domando la testimonianza di un uomo che siede al
banco del Governo, se nessuno possa dichiarare che ci sia stato un solo
avversario che non abbia potuto parlare in contraddittorio con me nel
1919».
Voci: «Non è vero! Non è vero! » .
Finzi, sottosegretario di Stato per l'interno: «Michele Bianchi! Proprio
lei ha impedito di parlare a Michele Bianchi! » .
Matteotti: «Lei dice il falso! (Interruzioni, rumori) Il fatto è
semplicemente questo, che l'onorevole Michele Bianchi con altri teneva
un comizio a Badia Polesine. Alla fine del comizio che essi tennero,
sono arrivato io e ho domandato la parola in contraddittorio. Essi
rifiutarono e se ne andarono e io rimasi a parlare. (Rumori,
interruzioni)».
Finzi: «Non è così! » .
Matteotti: «Porterò i giornali vostri che lo attestano».
Finzi: «Lo domandi all'onorevole Merlin che è più vicino a lei!
L'onorevole Merlin cristianamente deporrà».
Matteotti: «L'on. Merlin ha avuto numerosi contraddittori con me, e
nessuno fu impedito e stroncato. Ma lasciamo stare il passato. Non
dovevate voi essere i rinnovatori del costume italiano? Non dovevate voi
essere coloro che avrebbero portato un nuovo costume morale nelle
elezioni? (Rumori) e, signori che mi interrompete, anche qui
nell'assemblea? (Rumori a destra)».
Teruzzi: «È ora di finirla con queste falsità».
Matteotti: «L'inizio della campagna elettorale del 1924 avvenne dunque a
Genova, con una conferenza privata e per inviti da parte dell'onorevole
Gonzales. Orbene, prima ancora che si iniziasse la conferenza, i
fascisti invasero la sala e a furia di bastonate impedirono all'oratore
di aprire nemmeno la bocca. (Rumori, interruzioni, apostrofi)».
Una voce "Non è vero, non fu impedito niente (Rumori)".
Matteotti: «Allora rettifico! Se l'onorevole Gonzales dovette passare 8
giorni a letto, vuol dire che si è ferito da solo, non fu bastonato.
(Rumori, interruzioni) L'onorevole Gonzales, che è uno studioso di San
Francesco, si è forse autoflagellato! (Si ride. Interruzioni) A Napoli
doveva parlare... (Rumori vivissimi, scambio di apostrofi fra alcuni
deputati che siedono all'estrema sinistra)».
Presidente: «Onorevoli colleghi, io deploro quello che accade. Prendano
posto e non turbino la discussione! Onorevole Matteotti, prosegua, sia
breve, e concluda».
Matteotti: «L'Assemblea deve tenere conto che io debbo parlare per
improvvisazione, e che mi limito...».
Voci: «Si vede che improvvisa! E dice che porta dei fatti! » .
Gonzales: «I fatti non sono improvvisati! » .
Matteotti: «Mi limito, dico, alla nuda e cruda esposizione di alcuni
fatti. Ma se per tale forma di esposizione domando il compatimento
dell'Assemblea... (Rumori) non comprendo come i fatti senza aggettivi e
senza ingiurie possano sollevare urla e rumori. Dicevo dunque che ai
candidati non fu lasciata nessuna libertà di esporre liberamente il loro
pensiero in contraddittorio con quello del Governo fascista e accennavo
al fatto dell'onorevole Gonzales, accennavo al fatto dell'onorevole
Bentini a Napoli, alla conferenza che doveva tenere il capo
dell'opposizione costituzionale, l'onorevole Amendola, e che fu
impedita... (Oh, oh! – Rumori)».
Voci da destra: «Ma che costituzionale! Sovversivo come voi! Siete
d'accordo tutti! » .
Matteotti: «Vuol dire dunque che il termine "sovversivo" ha molta
elasticità! » .
Greco: «Chiedo di parlare sulle affermazioni dell'onorevole Matteotti».
Matteotti: «L'onorevole Amendola fu impedito di tenere la sua
conferenza, per la mobilitazione, documentata, da parte di comandanti di
corpi armati, i quali intervennero in città.. .».
Presutti: «Dica bande armate, non corpi armati! » .
Matteotti: «Bande armate, le quali impedirono la pubblica e libera
conferenza. (Rumori) Del resto, noi ci siamo trovati in queste
condizioni: su 100 dei nostri candidati, circa 60 non potevano circolare
liberamente nella loro circoscrizione!» .
Voci di destra: «Per paura! Per paura! (Rumori – Commenti)».
Farinacci: «Vi abbiamo invitati telegraficamente! » .
Matteotti: «Non credevamo che le elezioni dovessero svolgersi proprio
come un saggio di resistenza inerme alle violenze fisiche
dell'avversario, che è al Governo e dispone di tutte le forze armate!
(Rumori) Che non fosse paura, poi, lo dimostra il fatto che, per un
contraddittorio, noi chiedemmo che ad esso solo gli avversari fossero
presenti, e nessuno dei nostri; perché, altrimenti, voi sapete come è
vostro costume dire che "qualcuno di noi ha provocato" e come "in
seguito a provocazioni" i fascisti "dovettero" legittimamente ritorcere
l'offesa, picchiando su tutta la linea! (Interruzioni)».
Voci da destra: «L'avete studiato bene! » .
Pedrazzi: «Come siete pratici di queste cose, voi! » .
Presidente: «Onorevole Pedrazzi! » .
Matteotti: «Comunque, ripeto, i candidati erano nella impossibilità di
circolare nelle loro circoscrizioni! » .
Voci a destra: «Avevano paura! » .
Turati Filippo: «Paura! Sì, paura! Come nella Sila, quando c'erano i
briganti, avevano paura (Vivi rumori a destra, approvazioni a
sinistra)».
Una voce: «Lei ha tenuto il contraddittorio con me ed è stato
rispettato».
Turati Filippo: «Ho avuto la vostra protezione a mia vergogna! (Applausi
a sinistra, rumori a destra)».
Presidente: «Concluda, onorevole Matteotti. Non provochi incidenti! » .
Matteotti: «Io protesto! Se ella crede che non gli altri mi impediscano
di parlare, ma che sia io a provocare incidenti, mi seggo e non parlo! »
(Approvazioni a sinistra – Rumori prolungati)
Presidente: «Ha finito? Allora ha facoltà di parlare l'onorevole
Rossi...».
Matteotti: «Ma che maniera è questa! Lei deve tutelare il mio diritto di
parlare! lo non ho offeso nessuno! Riferisco soltanto dei fatti. Ho
diritto di essere rispettato! (Rumori prolungati, Conversazioni)».
Casertano, presidente della Giunta delle elezioni: «Chiedo di parlare».
Presidente: «Ha facoltà di parlare l'onorevole presidente della Giunta
delle elezioni. C'è una proposta di rinvio degli atti alla Giunta».
Matteotti: «Onorevole Presidente! . ..».
Presidente: «Onorevole Matteotti, se ella vuoi parlare, ha facoltà di
continuare, ma prudentemente».
Matteotti: «Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente,
ma parlamentarmente! » .
Presidente: «Parli, parli».
Matteotti: «I candidati non avevano libera circolazione... (Rumori.
Interruzioni)».
Presidente: «Facciano silenzio! Lascino parlare! » .
Matteotti: «Non solo non potevano circolare, ma molti di essi non
potevano neppure risiedere nelle loro stesse abitazioni, nelle loro
stesse città. Alcuno, che rimase al suo posto, ne vide poco dopo le
conseguenze. Molti non accettarono la candidatura, perché sapevano che
accettare la candidatura voleva dire non aver più lavoro l'indomani o
dover abbandonare il proprio paese ed emigrare all'estero (Commenti)».
Una voce "Erano disoccupati! ".
Matteotti: «No, lavorano tutti, e solo non lavorano, quando voi li
boicottate».
Voci da destra: «E quando li boicottate voi? » .
Farinacci: «Lasciatelo parlare! Fate il loro giuoco! » .
Matteotti: «Uno dei candidati, l'onorevole Piccinini, al quale mando a
nome del mio gruppo un saluto... (Rumori)».
Voci: «E Berta? Berta!».
Matteotti: «Conobbe cosa voleva dire obbedire alla consegna del proprio
partito. Fu assassinato nella sua casa, per avere accettata la
candidatura nonostante prevedesse quale sarebbe – stato per essere il
destino suo all'indomani. (Rumori) Ma i candidati – voi avete ragione di
urlarmi, onorevoli colleghi – i candidati devono sopportare la sorte
della battaglia e devono prendere tutto quello che è nella lotta che
oggi imperversa. lo accenno soltanto, non per domandare nulla, ma perché
anche questo è un fatto concorrente a dimostrare come si sono svolte le
elezioni. (Approvazioni all'estrema sinistra) Un'altra delle garanzie
più importanti per lo svolgimento di una libera elezione era quella
della presenza e del controllo dei rappresentanti di ciascuna lista, in
ciascun seggio. Voi sapete che, nella massima parte dei casi, sia per
disposizione di legge, sia per interferenze di autorità, i seggi – anche
in seguito a tutti gli scioglimenti di Consigli comunali imposti dal
Governo e dal partito dominante – risultarono composti quasi totalmente
di aderenti al partito dominante. Quindi l'unica garanzia possibile,
l'ultima garanzia esistente per le minoranze, era quella della presenza
del rappresentante di lista al seggio. Orbene, essa venne a mancare.
Infatti, nel 90 per cento, e credo in qualche regione fino al 100 per
cento dei casi, tutto il seggio era fascista e il rappresentante della
lista di minoranza non poté presenziare le operazioni. Dove andò, meno
in poche grandi città e in qualche rara provincia, esso subì le violenze
che erano minacciate a chiunque avesse osato controllare dentro il
seggio la maniera come si votava, la maniera come erano letti e
constatati i risultati. Per constatare il fatto, non occorre nuovo
reclamo e documento. Basta che la Giunta delle elezioni esamini i
verbali di tutte le circoscrizioni, e controlli i registri. Quasi
dappertutto le operazioni si sono svolte fuori della presenza di alcun
rappresentante di lista. Veniva così a mancare l'unico controllo,
l'unica garanzia, sopra la quale si può dire se le elezioni si sono
svolte nelle dovute forme e colla dovuta legalità. Noi possiamo
riconoscere che, in alcuni luoghi, in alcune poche città e in qualche
provincia, il giorno delle elezioni vi è stata una certa libertà. Ma
questa concessione limitata della libertà nello spazio e nel tempo – e
l'onorevole Farinacci, che è molto aperto, me lo potrebbe ammettere – fu
data ad uno scopo evidente: dimostrare, nei centri più controllati
dall'opinione pubblica e in quei luoghi nei quali una più densa
popolazione avrebbe reagito alla violenza con una evidente astensione
controllabile da parte di tutti, che una certa libertà c'è stata. Ma,
strana coincidenza, proprio in quei luoghi dove fu concessa a scopo
dimostrativo quella libertà, le minoranze raccolsero una tale abbondanza
di suffragi, da superare la maggioranza – con questa conseguenza però,
che la violenza, che non si era avuta prima delle elezioni, si ebbe dopo
le elezioni. E noi ricordiamo quello che è avvenuto specialmente nel
Milanese e nel Genovesato ed in parecchi altri luoghi, dove le elezioni
diedero risultati soddisfacenti in confronto alla lista fascista. Si
ebbero distruzioni di giornali, devastazioni di locali, bastonature alle
persone. Distruzioni che hanno portato milioni di danni».
Una voce a destra: «Ricordatevi delle devastazioni dei comunisti! » .
Matteotti: «Onorevoli colleghi, ad un comunista potrebbe essere lecito,
secondo voi, di distruggere la ricchezza nazionale, ma non ai
nazionalisti, né ai fascisti come vi vantate voi! Si sono avuti, dicevo,
danni per parecchi milioni, tanto che persino un alto personaggio, che
ha residenza in Roma, ha dovuto accorgersene, mandando la sua adeguata
protesta e il soccorso economico. In che modo si votava? La votazione
avvenne in tre maniere: l'Italia è una, ma ha ancora diversi costumi.
Nella valle del Po, in Toscana e in altre regioni che furono citate
all'ordine del giorno dal presidente del Consiglio per l'atto di fedeltà
che diedero al Governo fascista, e nelle quali i contadini erano stati
prima organizzati dal partito socialista, o dal partito popolare, gli
elettori votavano sotto controllo del partito fascista con la "regola
del tre". Ciò fu dichiarato e apertamente insegnato persino da un
prefetto, dal prefetto di Bologna: i fascisti consegnavano agli elettori
un bollettino contenente tre numeri o tre nomi, secondo i luoghi
(Interruzioni), variamente alternati in maniera che tutte le
combinazioni, cioè tutti gli elettori di ciascuna sezione, uno per uno,
potessero essere controllati e riconosciuti personalmente nel loro voto.
In moltissime provincie, a cominciare dalla mia, dalla provincia di
Rovigo, questo metodo risultò eccellente».
Finzi: «Evidentemente lei non c'era! Questo metodo non fu usato! » .
Matteotti: «Onorevole Finzi, sono lieto che, con la sua negazione, ella
venga implicitamente a deplorare il metodo che è stato usato».
Finzi: «Lo provi».
Matteotti: «In queste regioni tutti gli elettori».
Ciarlantini: «Lei ha un trattato, perché non lo pubblica? » .
Matteotti: «Lo pubblicherò, quando mi si assicurerà che le tipografie
del Regno sono indipendenti e sicure (Vivissimi rumori al centro e a
destra); perché, come tutti sanno, anche durante le elezioni, i nostri
opuscoli furono sequestrati, i giornali invasi, le tipografie devastate
o diffidate di pubblicare le nostre cose. Nella massima parte dei casi
però non vi fu bisogno delle sanzioni, perché i poveri contadini
sapevano inutile ogni resistenza e dovevano subire la legge del più
forte, la legge del padrone, votando, per tranquillità della famiglia,
la terna assegnata a ciascuno dal dirigente locale del Sindacato
fascista o dal fascio (Vivi rumori interruzioni)».
Suardo: «L'onorevole Matteotti non insulta me rappresentante: insulta il
popolo italiano ed io, per la mia dignità, esco dall'Aula. (Rumori –
Commenti) La mia città in ginocchio ha inneggiato al Duce Mussolini,
sfido l'onorevole Matteotti a provare le sue affermazioni. Per la mia
dignità di soldato, abbandono quest'Aula. (Applausi, commenti)».
Teruzzi: «L'onorevole Suardo è medaglia d'oro! Si vergogni, on.
Matteotti». (Rumori all'estrema sinistra).
Presidente: «Facciano silenzio! Onorevole Matteotti, concluda! » .
Matteotti: «lo posso documentare e far nomi. In altri luoghi invece
furono incettati i certificati elettorali, metodo che in realtà era
stato usato in qualche piccola circoscrizione anche nell'Italia
prefascista, ma che dall'Italia fascista ha avuto l'onore di essere
esteso a larghissime zone del meridionale; incetta di certificati, per
la quale, essendosi determinata una larga astensione degli elettori che
non si ritenevano liberi di esprimere il loro pensiero, i certificati
furono raccolti e affidati a gruppi di individui, i quali si recavano
alle sezioni elettorali per votare con diverso nome, fino al punto che
certuni votarono dieci o venti volte e che giovani di venti anni si
presentarono ai seggi e votarono a nome di qualcheduno che aveva
compiuto i 60 anni. (Commenti) Si trovarono solo in qualche seggio
pochi, ma autorevoli magistrati, che, avendo rilevato il fatto,
riuscirono ad impedirlo».
Torre Edoardo: «Basta, la finisca! (Rumori, commenti). Che cosa stiamo a
fare qui? Dobbiamo tollerare che ci insulti? (Rumori – Alcuni deputati
scendono nell'emiciclo). Per voi ci vuole il domicilio coatto e non il
Parlamento! (Commenti – Rumori)».
Voci: «Vada in Russia! »
Presidente: «Facciano silenzio! E lei, onorevole Matteotti, concluda! »
.
Matteotti: «Coloro che ebbero la ventura di votare e di raggiungere le
cabine, ebbero, dentro le cabine, in moltissimi Comuni, specialmente
della campagna, la visita di coloro che erano incaricati di controllare
i loro voti. Se la Giunta delle elezioni volesse aprire i plichi e
verificare i cumuli di schede che sono state votate, potrebbe trovare
che molti voti di preferenza sono stati scritti sulle schede tutti dalla
stessa mano, così come altri voti di lista furono cancellati, o
addirittura letti al contrario. Non voglio dilungarmi a descrivere i
molti altri sistemi impiegati per impedire la libera espressione della
volontà popolare. Il fatto è che solo una piccola minoranza di cittadini
ha potuto esprimere liberamente il suo voto: il più delle volte, quasi
esclusivamente coloro che non potevano essere sospettati di essere
socialisti. I nostri furono impediti dalla violenza; mentre riuscirono
più facilmente a votare per noi persone nuove e indipendenti, le quali,
non essendo credute socialiste, si sono sottratte al controllo e hanno
esercitato il loro diritto liberamente. A queste nuove forze che
manifestano la reazione della nuova Italia contro l'oppressione del
nuovo regime, noi mandiamo il nostro ringraziamento. (Applausi
all'estrema sinistra. Rumori dalle altre parti della Camera). Per tutte
queste ragioni, e per le altre che di fronte alle vostre rumorose
sollecitazioni rinunzio a svolgere, ma che voi ben conoscete perché
ciascuno di voi ne è stato testimonio per lo meno (Rumori)... per queste
ragioni noi domandiamo l'annullamento in blocco della elezione di
maggioranza. Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l'autorità
dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti
voi sì, veramente, rovinate quella che è l'intima essenza, la ragione
morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione
divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la
licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere
errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha
dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. (Interruzioni a
destra) Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il
nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato
con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi,
anche con l'opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi
difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il
più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il
rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle
elezioni».
Terminato così il suo intervento, Matteotti dice ai suoi compagni di
partito: «Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso
funebre per me». —
Ho visto il suo ottimo servizio ben documentato e non di parte .
La storia della targa della Ferrari Testarossa grigia
cabrio di GA che stava nel garage di Frescot entrando sulla
destra e' che io come azionista Ifi l'avevo trovata nelle
immobilizzazioni, chiesi a GA che ci stava a fare e lui la fece
reimatricolare a suo nome con quella targa. Non la usava perche'
mi disse che la trovava scomoda e preferiva le Fiat. L'uso'
Giovanni Alberto Agnelli che ebbe un'incidente sulla
Torino-Milano. Così mi disse Edoardo a cui il padre non la fece
mai guidare. Edoardo aveva le Ferrari in uso direttamente
da Enzo Ferrari.
Chi sta chiudendo la Marelli e' KKR che vorrebbe comprare
la rete Tim pagandola 6 volte il suo valore come Enimont quando
fu venduta da Gardini ad Eni.
A Carlo De Benedetti avevo proposto di acquisire la Fiat prima
che arrivasse Marchionne, mi ha riso al TELEFONO.
Bianca Carretto forse dimentica che prima della Peugeot la Fiat
fu offerta da Jaky a Renault a cui l'ho fatta saltare grazie a
Nissan. Infatti poi i rapporti fra Nissan e Renault sono
cambiati.
Poi Peugeot ha pagato la Fiat 2,9 miliardi rispetto ai 5
richiesti perché non c'era nessuno che volesse comprare FIAT.
Non e' vero che Marchionne ha saputo gestire la Fiat. Non capiva
nulla di auto. Infatti non ha investito su LANCIA , come invece
sta facendo Tavares. Maserati in 5 anni non poteva fare
concorrenza a Porsche che investe da 50 anni !
Marchionne non ha mai saputo scegliere un 'auto nelle
presentazioni, chiedeva di farlo a chi lo avrebbe dovuto
assistere !
La chimera del progetto fabbrica italiana ve la siete
dimenticata tutti ?
Come le condanne per atteggiamento antisindacale a cui è stato
condannato piu' volte Marchionne ?
Come De Benedetti non ne capisce nulla di computer visto che
aveva il padre del Surface con Quaderno e ne' lui ne' Passera lo
hanno capito.
Infatti il progetto della 500 elettrica e' sbagliato e voluto da
Marchionne e realizzato da Jaky investendo tanti soldi .
Proposte d'investimento agli Agnelli e De Benedetti vengono
fatte da sempre da chi guadagna le commissioni, per cui quello
che fa Jaky lo facevano anche Gabetti ed altri a NY con IFINT.
Inoltre i rapporti diretti internazionali sono tantissimo. Io in
un we a Garavicchio a casa di Carlo Caracciolo mi sono trovato
in piscina ed a tavola con il marito di Margherita, Giovanni
Alberto, Edoardo e Carlo Caracciolo che mi ha chiesto come
poteva difendersi da Carlo De Bebedetti. Io gli suggerii di
entrare in Cofide e lui lo fece. 3 mesi dopo GA, dandomi il 5,
mi soprannominò in pubblico Mark Spitz, per comunicarmi che
sapeva tutto .
Il patrimonio di Gianni Agnelli io lo stimo in 100 miliardi ,
con dei parametri approvati da Grande Stevens, per cui a
MARGHERITA hanno dato l'1%.
Il patrimonio di G.A lo gestivano Gabetti e Bormida.
Margherita e' come sua madre , prende tempo per allargarsi .
Edoardo no infatti e' stato ucciso perche' non voleva rinunciare
ai suoi diritto ereditari sulla Dicembre, a cui il Pm di
Mondovi, Bausone non credeva , quando glielo dissi 2 giorni dopo
l'omicidio di Edoardo.
L'ex Bertone finirà come Termoli.
IL RESTO glielo allego come anticipazione di un libro che forse
uscira'.
La proposta del Marocco e' stata fatta ai fornitori gia' a
Torino all'Hotel Ambasciatori nelle stesse ore in cui a 200
metri all'Hotel Concorde c'era il ministro Pichetto, a cui l'ho
detto senza ricevere alcuna risposta, come per la mia proposta
del progetto dell'H2 per autotrazione che rilancerebbe l'intera
economia nazionale, produzione auto compresa che allego.
Tenete conto che dietro ogni persona c'e' un uomo nero, quello
di Jaky per me e' a voi noto :Griva.
Resto a Sua disposizione per ogni chiarimento e documentazione,
Buon lavoro.
Marco BAVA
"L'Avvocato voleva
adottare John Il controllo della Dicembre non cambia"
Jennifer Clark
"
Il libro
Così su La Stampa
Un rapporto difficile, quello dei tre fratelli Elkann con la
madre Margherita, un problema «nato ben prima che lo scontro
arrivasse nelle aule dei tribunali». Jennifer Clark,
giornalista, già caporedattrice per l'Italia di Dow Jones dopo
le esperienze a Bloomberg e Reuters, ha seguito per anni le
vicende degli Agnelli. Recentemente ha pubblicato per Solferino
"L'ultima dinastia" sulla loro saga famigliare.
Clark, in una intervista ad Avvenire John Elkann parla per la
prima volta di "un clima di violenza fisica e psicologica"
subìto da lui e dagli altri due fratelli Elkann da parte della
madre. Da dove nasce, secondo lei, quella tensione?
«Per scrivere il libro ho parlato a lungo con gli esponenti
della famiglia, a partire da John. Il problema dei figli Elkann
con la madre viene da lontano perché, in un certo senso, è la
conseguenza dei problemi di Margherita ed Edoardo con i
genitori, in particolare con il padre, l'Avvocato».
Lei scrive che Gianni Agnelli era un padre poco affettuoso. Che
rapporto c'è tra questo e lo scontro di Margherita con i tre
figli Elkann?
«Lo squilibrio diviene palese quando Margherita divorzia da
Alain Elkann e si risposa con Serge de Phalen. Due mondi quasi
opposti: dallo scrittore parigino bohemien al nobile russo che
sogna il ritorno della grande Russia dei Romanov. Margherita si
converte alla religione ortodossa. Inizia a dipingere icone. E
vorrebbe che diventassero ortodossi anche John, Lapo e Ginevra.
Li costringe a dire le preghiere e a partecipare ai campi estivi
dei nostalgici zaristi in Francia che ogni mattina li fanno
assistere all'alza bandiera con lo stendardo imperiale
dell'aquila a due teste. I figli del secondo matrimonio sono
russi a tutti gli effetti e vivono a loro agio in quel mondo. I
figli Elkann no. A questo punto intervengono i nonni».
In che modo?
«Chiamando sempre più spesso i tre nipoti a trascorrere lunghi
periodi con loro. Per sottrarli a quel mondo estraneo. Per
questo John dice oggi che è stata decisiva per lui e i fratelli
la protezione dei nonni. Ma questo ha finito per rendere i
rapporti tra Margherita e i suoi genitori ancora più difficili».
Il nonno aveva dato ai nipoti l'affetto che era mancato alla
figlia come se l'affettività avesse saltato una generazione?
«Esattamente. Il rapporto tra i nipoti e il nonno è diventato
sempre più stretto al punto che un giorno l'Avvocato accarezzò
l'idea di adottare John. Come si sa poi non se ne fece nulla».
Se i rapporti erano tanto tesi perché allora, alla morte
dell'Avvocato, Margherita accettò di rinunciare alle quote della
Dicembre in cambio di denaro?
«Lei ha sempre sostenuto di averlo fatto nel tentativo di
riportare la pace in famiglia. È anche vero che conosceva l'atto
notarile con cui l'Avvocato, fin dal 1999, consegnava a John la
gestione della Dicembre e quindi deve avere pensato che, persa
la partita per il potere, tanto valeva giocarsi quella del
denaro. Del resto, quell'atto del '99 era stato firmato da tutti
i familiari, anche da lei».
NON E' VERO :
EDOARDO NON LO HA MAI FIRMATO. PER QUESTO LO HANNO UCCISO. Mb
Lei ha poi tentato, e lo sta facendo ancora oggi, di rimettere
in discussione quella scelta…
«Certo e questo è uno dei nodi delle cause legali. Ma la scelta
di non partecipare alla Dicembre ha finito per isolare ancora di
più Margherita. Si diceva che avesse confidato a Lupo Rattazzi
le sue perplessità su futuro della Fiat: "Rischia di fare la
fine della Parmalat". Erano gli anni in cui il fallimento della
Parmalat aveva fatto molto rumore. Come se lei avesse scelto di
scendere dalla nave nel momento di massima difficoltà
dell'azienda. Già nel 2004, al matrimonio di John e Lavinia, la
presenza di Margherita era stata incerta fino all'ultimo».
Da allora in poi la frattura si è andata allargando. Le
battaglie in tribunale contro la madre Marella e ora contro i
figli Elkann hanno aggravato la situazione. Quali conseguenze
potranno avere secondo lei?
«Dal punto di vista della governance della Dicembre, la società
che controlla la Giovanni Agnelli e, per il tramite di questa,
Exor non credo che ci potranno essere conseguenze. L'atto
notarile del 1999 non lascia scampo. Diverso è il discorso se
passiamo dalla governance alle quote. È in teoria possibile che,
se venisse accolta la tesi dei legali di Margherita, si
riconosca il diritto della figlia di Gianni Agnelli ad avere la
sua quota di legittima e dunque un pacchetto di azioni della
Dicembre. Ma non credo proprio che questo impedirebbe a John di
governare come fa oggi».
Si perché
perderebbe il controllo in quanto il 75% passerebbe a Margherita
ed il 25% Jaky 20% . Mb
TAVARES E JAKY NEL 23
Un compenso da 36,5 milioni è adeguato per il
ceo di una società capace di generare 18,6 miliardi di profitti e di
versare ai soci quasi 8 miliardi? Per i proxy advisor […] no. In vista
dell’assemblea del 16 aprile, […] Glass Lewis e Iss hanno raccomandato
agli azionisti di Stellantis di votare contro gli stipendi percepiti […]
dai manager del gruppo.
A loro giudizio, la paga del ceo Carlos Tavares è «eccessiva»: vale 518
volte il salario medio dei dipendenti di Stellantis che, intanto, sta
attuando massicci piani di esuberi […].
[…] Iss ha criticato anche il benefit da 430 mila euro accordato al
presidente John Elkann che ha potuto utilizzare l’aereo aziendale per
scopi personali. I suggerimenti dei proxy sono di norma accolti dai
fondi internazionali. Se al loro si aggiungesse il «no» del governo
francese, socio di Stellantis al 9,9%, la relazione sui compensi
potrebbe incorrere in una sfiducia. Dal valore consultivo, è vero; ma
fortemente simbolico.
IL 10.12.23 PROGRAMMA TELEVISIVO SU
L'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI SU PIAZZA LIBERTA', il
programma di informazione condotto da Armando Manocchia, su
BYOBLU CANALE 262 DT CANALE
IL GRANDE AMICO DI EDOARDO CON CUI FECE
VIAGGI ERA LUCA GAETANI
EA NON FECE MAI NESSUNA CESSIONE DEI
SUOI DIRITTI EREDITARI
NE' EBBE ALCUN DISSIDIO CON GIOVANNI
ALBERTO AGNELLI, DA CUI SOGGIORNAVA ANDANDO E TORNANDO DA
GARAVICCHIO.
INFATTI QUANDO CI FU L'EPISODIO DEL
KENIA FU GIOVANNI ALBERTO AGNELLI AD ANDARLO A TROVARE.
I LEGAMI CON LA SORELLA MARGHERITA NON
EERANO STRETTI COME QUELLI CON I CUGINI LUPO RATTAZZI ED EDUARDO
TEODORANI FABBRI. INFATTI NON ESISTONO LETTERE FRA EDOARDO E
MARGHERITA .
DEL CAMBIO DELLA SUCCESSIONE DA GIOVANNI
ALBERTO A JAKY EA LO HA SAPUTO DALLA MADRE CHE NE HA CONVITO GIANNI
PER NON PERDERE I PRIVILEGI DELLA PRESIDENZA FIAT,
L'INTERVISTA AL MANIFESTO FU PROPOSTA DA
UN GIORNALISTA DI REPUBBLICA PERCHE' LUI L'AVREBBE VOLUTA FARE MA
NON GLIELO PERMETTEVANO.
NON CI SONO PROVE CHE EA FOSSE DEPRESSO,
LA PATENTE DI EA LA TENEVA LA SCORTA E
NON ERA SUL CRUSCOTTO MA NEL CASSETTO DELLA CROMA EX DELL'AVVOCATO
CON MOTORE VOLVO E CAMBIO AUTOMATICO, NON BLINDATA.
LE INDAGINI SULL'OMICIDIO DI EA SONO
TUTT'ORA APERTE PRESSO LA PROCURA DI CUNEO.
GRIVA QUANDO ENTRA IN SCENA ?
L’IMPERO DI FAMIGLIA: ECCO PERCHÉ ADESSO
RISCHIA DI CROLLARE TUTTO
Estratto dell’articolo di Ettore Boffano per “il Fatto quotidiano”
È l’attacco al cuore di un mito: quello degli Agnelli. E a pagarne le
conseguenze più dure potrebbe essere lui, l’erede che non porta più quel
cognome, John Elkann.
A rischio di veder messo in ballo il ruolo che suo nonno gli aveva
assegnato: la guida dei tesori di famiglia. Tutto passa per la Svizzera,
dove Marella Caracciolo, vedova dell’avvocato, ha sempre dichiarato di
avere la residenza sin dagli anni 70.
E con la cui legge successoria ha poi regolato i conti con la figlia:
per escludere Margherita dalla propria eredità e, soprattutto,
permettere al nipote di diventare il nuovo capo della dinastia.
[…] quella residenza […] ora piomba nell’inchiesta per frode fiscale
della Procura di Torino. E i pm hanno poteri di accertamento rapidi e
quasi immediati […]. Vediamo, punto per punto, che cosa c’è e che cosa
indica quel documento e come potrebbe segnare i clamorosi sviluppi delle
indagini.
1) La residenza svizzera. È decisiva: per stabilire se sono validi sia
l’accordo e il patto firmati da Marella con la figlia a Ginevra nel
2004, sulla successione dell’avvocato e sulla sua, sia il testamento e
le due aggiunte con i quali ha indicato come eredi i nipoti John, Lapo e
Ginevra.
E infine per accertare la possibile evasione fiscale sul suo patrimonio.
Trevisan spiega che la vedova dell’avvocato, dal 2003 sino alla morte
nel 2019, non ha mai vissuto in Svizzera i 180 giorni all’anno necessari
per poter mantenere quel diritto. “Ha trascorso ogni anno, in media,
oltre 189 giorni in Italia, 94 in Marocco e solo circa 68 in Svizzera”.
Se tutto saltasse, Margherita tornerebbe in campo nel controllo
dell’impero Agnelli.
2) Gli “espedienti” sulla residenza. Il legale indica anche le presunte
mosse per mascherare la permanenza di Marella in Italia. […] “Occorreva
non far risultare intestate a Marella Caracciolo le utenze degli
immobili in Italia e i relativi rapporti di lavoro... Un appunto del
commercialista Gianluca Ferrero suggeriva che non fossero a lei
riconducibili né dipendenti né animali, facendo risultare che i
domestici fossero alle dipendenze di Elkann […]”.
3) Il personale delle ville. La ricostruzione di Trevisan […]
sembrerebbe confermare i “consigli” di Ferrero. I magistrati […] stanno
[…] ascoltando le testimonianze di chi gestiva le residenze di famiglia.
Il legale di Margherita ha contato oltre 30 dipendenti […]. I contratti
erano intestati formalmente a Elkann, ma loro erano sempre al servizio
della nonna.
4) I testamenti, veri o falsi. Nell’esposto, Trevisan affida alla
Procura […] il compito di esaminare l’autenticità del testamento di
Marella Caracciolo e delle due “aggiunte”, redatti dal notaio svizzero
Urs von Grunigen. […] il legale aveva già sostenuto che, secondo due
diverse perizie grafiche, almeno nella seconda “aggiunta” la firma della
signora “appare apocrifa, con elevata probabilità”. Giovedì pomeriggio,
la Guardia di Finanza si è presentata alla Fondazione Agnelli, proprio
per acquisire vecchi documenti firmati da Marella e confrontare le
firme.
5) Le fiduciarie di famiglia. Le Fiamme Gialle hanno anche prelevato
migliaia e migliaia di pagine e documenti legati a quattro diverse
fiduciarie, tutte citate nell’esposto di Trevisan. Due di esse, la Simon
Fiduciaria e la Gabriel Fiduciaria facevano riferimento, un tempo,
all’avvocato Franzo Grande Stevens e oggi sono state assorbite nella
Nomen Fiduciaria della famiglia Giubergia e nella banca privata Pictet
di Ginevra.
Che cosa può nascondersi in quegli “scrigni” votati alla riservatezza?
Due cose, entrambe importanti. La prima […] riguarda il fatto se in esse
sia potuto transitare denaro proveniente da 16 società offshore delle
Isole Vergini britanniche, tutte intestate o a Marella Agnelli o a
“membri della famiglia”, come la “Budeena Consulting Inc.” che, da sola,
aveva in cassa 900 milioni dollari.
La seconda riguarda la possibilità che gli inquirenti possano trovare le
tracce degli scambi azionari, tra la nonna e i nipoti, della “Dicembre”,
la società semplice creata dall’avvocato nel 1984 per custodire il
tesoro di famiglia e che oggi consente a John Elkann di gestire, a
cascata, i 25,5 miliardi di patrimonio della holding Exor.
2. INCHIESTA ELKANN: LA GDF A CACCIA DI SOCIETÀ OFFSHORE
Estratto dell’articolo di Marco Grasso per “il Fatto quotidiano”
IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME
IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME
Margherita Agnelli […] dà la caccia ai capitali offshore di famiglia,
che le sarebbero stati occultati nell’accordo sull’eredità. La Procura
di Torino cerca i redditi, potenzialmente enormi, che sarebbero stati
occultati al Fisco, attraverso fiduciarie collegate a paradisi fiscali.
Questi due interessi potrebbero convergere se cadesse il baluardo che
finora ha protetto la successione della dinastia più potente d’Italia:
la presunta residenza elvetica di Marella Caracciolo, moglie di Gianni e
madre di Margherita. Se saltasse questo cardine, le autorità italiane
potrebbero contestare reati tributari e sanzioni fiscali agli Elkann, e
questa storia, come una valanga, potrebbe travolgere anche i contenziosi
civili sull ’eredità, aperti in Svizzera e in Italia.
Sono tre gli indagati nell’in chiesta condotta dal procuratore aggiunto
Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Giulia Marchetti: Gianluca
Ferrero, commercialista della famiglia Agnelli e presidente della
Juventus; Robert von Groueningen, amministratore dell’eredità di Marella
Agnelli (morta nel 2019); John Elkann, nipote di Marella, presidente di
Stellantis ed editore del gruppo Gedi.
L’ipotesi è di concorso in frode fiscale e in particolare di
dichiarazione infedele al Fisco per gli anni 2018-2019. In base
all’intesa sulla successione di Gianni Agnelli nel 2004 […] Margherita
accetta l’estromissione dalle società di famiglia in cambio di 1,2
miliardi; ottiene l’usufrutto su vari beni immobiliari e si impegna a
versare alla madre Marella un vitalizio mensile da 500 mila euro. Di
questi soldi non c’è traccia nei 730, da cui mancano in altre parole 8
milioni di euro (3,8 milioni di tasse).
Il perché gli investigatori si concentrino su quel biennio è presto
detto: per chi indaga Marella Caracciolo, malata di Parkinson, era
curata in Italia. La Procura ritiene che passasse gran parte del tempo a
Villa Frescot, a Torino, oltre 183 giorni l’anno, la soglia dopo la
quale il Fisco ritiene probabile che una residenza estera sia fasulla.
Per questo ieri il Nucleo di polizia economico finanziaria di Torino […]
ha sentito sei testimoni vicini alla famiglia: personale che di fatto
lavorava al servizio di Marella, ma che era stato assunto dopo la morte
del nonno da John Elkann o da società a lui riconducibili, un artificio
che avrebbe rafforzato la tesi della residenza estera della nonna.
Questo è l’anello che mette nei guai l’erede della casata. Per i pm il
commercialista Ferrero avrebbe disposto le dichiarazioni dei redditi
infedeli, mentre l’esecutore testamentario svizzero le avrebbe
controfirmate.
Ci sono inoltre le indagini commissionate da Margherita Agnelli
all’investigatore privato Andrea Galli, confluite in un esposto in mano
alla Procura. Lo 007 ha ricostruito le spese nella farmacia di Lauenen,
villaggio nel cantone di Berna in cui sulla carta viveva Marella
Caracciolo: dalle fatture fra il 2015 e il 2018 emergerebbe che le spese
mediche coprivano il solo mese di agosto. […]
GLI INQUIRENTI cercano di ricostruire il flusso di redditi, la
riconducibilità dei patrimoni e documenti originali in grado di
verificare la validità delle firme sui testamenti. Se dovesse essere
rimessa in discussione la residenza di Marella, si aprirebbe un nuovo
scenario: il Fisco potrebbe battere cassa e contestare mancati introiti
milionari per Irpef, Iva, successione e Ivafe (tassa sui beni esteri).
Gli Elkann sono pronti a difendersi dalle accuse, e hanno sempre
contestato la ricostruzione di Margherita.
DOPO 25 ANNI MARGHERITA HA PENSATO AI
FRATELLI DI YAKY, LAPO E GINEVRA , COME GLI AVEVA DETTO EDOARDO:
Margherita Agnelli vuole costringere per via
giudiziaria i suoi tre figli Elkann a restituire i beni delle eredità di
Gianni Agnelli (morto nel 2003) e Marella Caracciolo (2019).
Un’ordinanza della Cassazione pubblicata a gennaio mette in fila,
sintetizzando i «Fatti in causa», le pretese della madre di John Elkann
nella sua offensiva legale. Il punto d’arrivo è molto in alto nel
sistema di potere dei figli: l’assetto della Dicembre, la cassaforte
(60% John e 20% ciascuno Lapo e Ginevra Elkann) azionista di riferimento
dell’impero Exor, Stellantis, Ferrari, Juventus, Cnh ecc. (35 miliardi).
[…] La Corte suprema nella sua ordinanza si occupa di una questione
tecnica laterale, annullando parzialmente […] la decisione del tribunale
di Torino di sospendere i lavori in attesa dei giudici svizzeri. […] la
Cassazione […] sintetizza in modo neutrale le richieste di Margherita e
cioè, innanzitutto, «che sia dichiarata l’invalidità o l’inefficacia del
testamento della madre».
E dunque «che sia aperta la successione legittima, sia accertata in capo
all’attrice (Margherita ndr) la sua qualità di unica erede legittima
della madre, sia accertata la quota della quale la madre poteva disporre
e […] sia accertata la lesione della quota di riserva a essa spettante».
A questo punto ci deve essere «la conseguente reintegra della quota
mediante riduzione delle donazioni, anche dirette e dissimulate, e
condanna dei convenuti (gli Elkann, ndr) alle restituzioni».
Il tema delle donazioni è fondamentale perché potrebbero essere i
«mattoni» con cui si è costruita la governance a trazione John nella
Dicembre. Margherita «in ogni caso ha chiesto la dichiarazione della sua
qualità di erede del padre (...) e la condanna dei convenuti a
restituire i beni dell’eredità del padre».
La manovra legale è dunque tesa ad azzerare tutto, proiettando
Margherita nel ruolo di unica erede legittima della madre. E
nell’eventuale riconteggio dell’eredità materna entrerebbero le
donazioni anche «indirette e dissimulate».
JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON
LAVINIA BORROMEO
JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON
LAVINIA BORROMEO
Nella costruzione dell’attuale assetto della Dicembre con John al
comando sono state decisive alcune transazioni con la nonna Marella dopo
la morte (2003) di Gianni Agnelli. Secondo i figli de Pahlen, […] per il
calcolo della quota legittima, nel perimetro ereditario della nonna
Marella dovrebbe entrare anche il «75% della Dicembre, per il caso in
cui si accertasse la simulazione degli atti di compravendita, il cui
valore è stimato in euro 3 miliardi». Sostengono anzi che la nonna abbia
«effettuato donazioni delle partecipazioni della Dicembre al nipote John
per (...) circa 3 miliardi».
John Elkann e la madre Margherita entrano nella cassaforte come soci nel
1996, con Gianni Agnelli al comando. Nel ’99 l’Avvocato modifica lo
statuto e detta il futuro: «se manco o sono impedito — è il senso —
tutti i poteri vanno a John» che, alla morte del nonno, sale al 58%.
L’anno dopo (2004) Margherita vende per 105 milioni il 33% alla madre ed
esce dalla Dicembre sulla base del patto successorio. Subito dopo la
nonna cede tutto ai nipoti, tenendo l’usufrutto: John si consolida al
60%, una leadership che nel suo entourage giudicano «inattaccabile», a
Lapo e Ginevra il resto. È l’assetto attuale di cui però s’è avuta
notizia ufficiale nel 2021, dopo 17 anni di carte, transazioni e patti
tenuti nascosti. Un bug temporale a dir poco anomalo per una delle più
influenti società in Europa, inspiegabilmente tollerato per anni dalla
Camera di Commercio di Torino. Anche su questo fa leva la strategia di
Margherita per «scalare» il sancta sanctorum degli Elkann.
«La costruzione di una residenza estera
fittizia» in Svizzera di Marella Caracciolo «ha avuto una duplice e
concorrente finalità: da un lato, sotto il profilo fiscale, evitare
l’assoggettamento a tassazione in Italia di ingenti cespiti patrimoniali
e redditi derivanti da tali disponibilità; dall’altro, sotto il profilo
ereditario, sottrarre la successione» della vedova dell’Avvocato
«all’ordinamento italiano»: lo scrivono i magistrati di Torino nel
decreto di sequestro che ha portato al blitz di ieri (7 marzo) della
guardia di finanza, nell’ambito dell’inchiesta sull’eredità Agnelli e
sulle presunte «dichiarazioni fraudolente» dei redditi di Marella
Caracciolo. Per questo, è scattata anche una nuova ipotesi di reato:
«truffa aggravata ai danni dello Stato e di ente pubblico (Agenzia delle
entrate)».
Eredità Agnelli, i 734 milioni di euro lasciati da Marella e l'appunto
sulla residenza svizzera: «Una vita di spostamenti»
CRONACA
Eredità Agnelli, i pm e gli appunti della segretaria di Marella Agnelli:
«Sono la prova che non viveva in Svizzera»
Tra i beni in questione - secondo il Procuratore aggiunto Marco
Gianoglio e i pubblici ministeri Mario Bendoni e Giulia Marchetti - ci
sarebbero 734.190.717 euro, «derivanti dall’eredità di Marella
Caracciolo».
Per la truffa aggravata sono indagati i tre fratelli Elkann, John,
Ginevra e Lapo, lo storico commercialista della famiglia Gianluca
Ferrero e Urs Robert von Gruenigen, il notaio svizzero che curò la
successione testamentaria.
Gli investigatori - emerge dal decreto - hanno messo le mani anche su un
documento di quattro pagine «riepilogante in forma schematica i giorni
di effettiva presenza in Italia di Marella Caracciolo»: morale, nel 2015
la moglie di Gianni Agnelli dimorò «in Svizzera meno di due mesi»,
contro i 298 giorni passati in Italia. Nel 2018 il conto è di 227 giorni
in Italia e 138 all’estero. Significativa anche la denominazione
dell’ultima pagina del documento: «Una vita di spostamenti».
Un secondo "round" si è combattuto ieri
davanti al tribunale del riesame di Torino tra la Procura subalpina e lo
staff di avvocati che difendono i fratelli Elkann, indagati per truffa
ai danni dello Stato per non aver pagato la tassa di successione su una
porzione di eredità della nonna, pari a 734 milioni di euro.
I penalisti hanno impugnato il decreto con cui i pm il 6 marzo hanno
disposto un nuovo sequestro dei documenti […] già acquisiti dai
finanzieri durante le perquisizioni del 7 febbraio. E gli inquirenti
hanno risposto depositando ai giudici materiale investigativo finora
inedito, tra cui delle intercettazioni e soprattutto i tredici verbali
del personale al "servizio" di Marella Caracciolo.
La tesi accusatoria - secondo cui John Elkann avrebbe fatto figurare che
domestici e infermiere lavoravano per lui, «al fine di non compromettere
la possibilità che la defunta nonna fosse effettivamente residente in
Svizzera» - «appare largamente confermato dalle dichiarazioni» degli ex
dipendenti sentiti come testimoni in Procura. In sostanza, quasi tutti
hanno confermato che prestavano assistenza alla signora Agnelli quando
lei risiedeva nelle dimore torinesi, ossia per la maggior parte
dell'anno.
Nel locale caldaie dell'abitazione del pupillo di Gianni Agnelli, […] i
militari del nucleo economico finanziario di Torino hanno trovato una
ventina di faldoni con i documenti di «domestici, cuochi, autisti,
governante, guardarobiera, maggiordomi». Per realizzare quella che i pm
ritengono esser una «strategia evasiva», ossia non pagare le tasse
sull'eredità in Italia, John avrebbe assunto formalmente il personale
delle residenze di Villa Frescot, Villa To e Villar Perosa che
«assisteva di fatto Marella Caracciolo».
A sommarie informazioni è stata sentita anche Carla Cantamessa, che si
occupava della gestione amministrativa delle abitazioni riconducibili
alla famiglia Angelli-Elkann. […] «al momento della perquisizione (del 7
febbraio, ndr) contattava immediatamente Gianluca Ferrero (il
commercialista di famiglia indagato, ndr), avvisandolo dell'arrivo della
Finanza e mostrando timore e preoccupazione per documenti che avrebbe
dovuto "nascondere"».
In quel momento, però, i finanzieri stavano bussando anche alla porta
del commercialista, che quindi ha subito riagganciato il telefono. Tra
il materiale che le è stato sequestrato ci sono anche documenti sui
«giardinieri dismessi dal 2020», ossia successivamente alla morte di
Marella. La "prova del nove" è che quasi tutti i dipendenti assunti da
John sono stati licenziati dopo che sua nonna, il 23 febbraio 2019, è
deceduta.
Secondo i legali degli Elkann non esistono gli estremi del reato di
truffa ai danni dello Stato nel caso di mancato pagamento della tassa di
successione. Avvalendosi anche di un parere del professore Andrea
Perini, docente di diritto penale tributario, hanno specificato […] che
al massimo si tratta di un illecito amministrativo. Per i pm, invece,
gli «artifizi e i raggiri» previsti dal reato di truffa si sono
concretizzati proprio nel trucco della residenza in Svizzera di Marella,
con il quale i tre nipoti avrebbero «indotto in errore» l'Agenzia delle
entrate […], e così facendo avrebbero tratto «l'ingiusto profitto» di
risparmiare tra i 42 e i 63 milioni di euro di tasse.
Tra l'altro, la «strategia evasiva» è esplicitata nel cosiddetto
«vademecum della truffa» redatto da Ferrero, in cui si consiglia a
chiare lettere «di non sovraccaricare la posizione italiana di Marella
Caracciolo», facendo assumere i suoi dipendenti al nipote maggiore.
L'altro punto su cui insistono le difese è il «ne bis in idem», il
principio in base al quale non si può essere giudicati due volte per lo
stesso fatto.
Ma la truffa ai danni dello Stato era già stata ipotizzata dalla Procura
torinese prima che venisse eseguito il secondo sequestro, ora impugnato
dagli Elkann e da Ferrero. I giudici, dopo quasi quattro ore di udienza,
si sono riservati di decidere entro sabato prossimo. […]
EREDITÀ AGNELLI, 'I QUADRI SONO CUSTODITI AL LINGOTTO'
Francesca Brunati e Igor Greganti per l’ANSA
Sarebbero tutte rintracciate e rintracciabili, e donate dalla nonna ai
nipoti Elkann, le 13 opere d'arte, parte del tesoro lasciato da Gianni
Agnelli, e che un tempo arredavano Villa Frescot e Villar Perosa a
Torino e una residenza di famiglia a Roma, e ora reclamate dalla figlia
Margherita, unica erede dei beni immobili dopo la morte della madre e
moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di Castagneto, la quale ne
aveva l'usufrutto.
E' quanto risulta in sintesi da una relazione depositata alla Procura di
Milano dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf
nell'inchiesta che ha portato il gip Lidia Castellucci ad archiviare la
posizione di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore accusati
di ricettazione e a disporre, su suggerimento di Margherita nella sua
opposizione alla richiesta di archiviazione, ulteriori accertamenti.
L'informativa delle Fiamme Gialle è stata redatta in base alle
testimonianze, riportate nell'atto, di Paola Montalto e Tiziana Russi,
persone di fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate
degli inventari dei beni ereditati. Le due donne, sentite come una terza
persona al servizio della moglie dell'Avvocato, hanno ricostruito che
quelle tele di artisti del calibro di Monet, Picasso, Balla e De Chirico
erano alle pareti dell'appartamento romano a Palazzo
Albertini-Carandini, di cui Margherita ha la nuda proprietà, e che
furono poi donate ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra dalla nonna.
Dichiarazioni, queste, a cui è stato trovato riscontro: come è emerso
successivamente alle tre deposizioni, quasi tutte le opere d'arte sono
state trovate al Lingotto durante una ispezione della Guardia di
Finanza, delegata dalla Procura torinese nell'indagine principale
sull'eredità. Una invece sarebbe in una casa a St. Moritz e una sua
copia nella pinacoteca di via Nizza.
Dalle consultazioni di una serie di banche dati "competenti", in
particolare quelle del ministero della Cultura e la piattaforma S.u.e.
(Sistema uffici esportazione) è stato appurato che non ci sono state
movimentazioni illecite né esistono particolari vincoli sui quadri e che
il Monet, che si sospettava fosse falso, è stato sottoposto a una
perizia che ne ha acclarato l'autenticità.
Visto gli esiti delle nuove indagini, i pm milanesi coordineranno con i
colleghi di Torino, ai quali, non si esclude potrebbero trasmettere gli
atti per competenza. Sul caso fonti vicine a Margherita chiariscono che
"i quadri oggetto di denuncia nel procedimento di Milano (che prosegue)
non possono essere stati donati, in quanto Marella non ne aveva la
proprietà.
Peraltro, non risulta ad oggi formalizzato alcun documento di donazione.
Comunque, qualora le indiscrezioni fossero confermate, vi sarebbero atti
invalidi e verrebbe richiesta l'immediata restituzione delle opere che
sono e restano di proprietà di Margherita Agnelli". Una questione,
quella della proprietà, che potrà sciogliere solo la magistratura.
FAIDA EREDITÀ AGNELLI: IL GIALLO DEI 13 QUADRI E DEGLI ORIGINALI SPARITI
Estratto dell’articolo di Ettore Boffano e Manuele Bonaccorsi per “il
Fatto quotidiano”
Diventa un giallo milionario […] la verità sulle opere della Collezione
Agnelli finite nell'inchiesta penale sull'eredità della vedova
dell’avvocato, Marella Caracciolo.
Secondo un’annotazione della Guardia di Finanza di Milano, consegnata al
procuratore aggiunto milanese Luca Fusco, 13 di quei quadri non
sarebbero infatti scomparsi dalle dimore italiane della dinastia (come
ha denunciato la figlia di Gianni Agnelli, Margherita), ma sarebbero
state donate dalla nonna Marella ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra
Elkann e ora sarebbero “rintracciati e rintracciabili” in un caveau
della Fiat Security al Lingotto e in Svizzera.
Molto diverso, invece, ciò che emergerebbe dalle indagini che stanno
svolgendo la Procura e la Gdf di Torino, dopo un esposto di Margherita
contro i tre figli. Un fascicolo, al quale nei prossimi giorni sarà
allegato quello di Milano, che ha portato i pm torinesi a indagare i tre
Elkann per i “raggiri e gli artifizi” messi in opera per costruire una
“inesistente residenza svizzera” della nonna.
Nei sequestri effettuati lo scorso 8 febbraio, i finanzieri avevano
visitato anche un caveau nella palazzina storica Fiat del Lingotto, dove
erano conservati arredi di valore un tempo presenti nelle residenze
dell’avvocato di Villar Perosa, di Villa Frescot a Torino e
nell’appartamento di Palazzo Albertini davanti al Quirinale.
Il Fatto Quotidiano e Report […] hanno ricostruito però che gli
inquirenti torinesi hanno rinvenuto al Lingotto solo due originali, La
Chambre di Balthus e il Pho Xai di Gérome, e invece tre copie di modesto
valore di altri tre capolavori: il Glacons effect blanc di Monet, La
scala degli addii di Balla e il Mistero e malinconia di una strada di De
Chirico.
Ma dove sono gli originali? Secondo gli Elkann, […] sarebbero sempre
stati a Sankt Moritz, nella villa Chesa Alkyon dell’avvocato. Per il
momento, la Procura torinese sta approfondendo soprattutto le vicende
legate alla residenza svizzera di Marella e agli eventuali resti
fiscali. Ma è probabile che in un secondo tempo, […] i pm ordinino una
perizia per accertare l’esatta datazione delle copie.
Se emergesse, infatti, che esse sono state realizzate dopo il 24 gennaio
2003, giorno della morte di Gianni Agnelli, allora le indagini
potrebbero estendersi a verificare quando e come gli originali hanno
lasciato l’italia per la Svizzera e sostituiti con le copie. Se fosse
mai dimostrato che i tre quadri si trovavano in Italia, allora potrebbe
trattarsi di un reato. E anche piuttosto grave: esportazione illecita di
opere d’arte, punito dal Codice dei beni culturali con una pena dai 2 a
8 anni di reclusione.
Tutto potrebbe essere prescritto: ciò che invece non si prescriverà mai
è il diritto da parte dello Stato di rivendicare il rientro delle opere
in Italia, con un sequestro. A sostegno delle tesi degli Elkann, secondo
la Gdf di Milano, ci sarebbero anche le testimonianze di due segretarie
di Marella, Paola Montaldo e Tiziana Russi, e di un altro domestico che
avrebbero confermato come la nonna avesse donato quei quadri ai nipoti.
Qualcosa che contraddice l’elenco delle opere acquisito dal procuratore
aggiunto Fusco nel 2009, in un’altra inchiesta sull’eredità Agnelli, e
di cui Report e il Fatto Quotidiano sono entrati in possesso. Una lista
ritenuta veritiera da due personaggi chiave: colui che l’ha redatta,
Stuart Thorton, storico maggiordomo inglese di Agnelli, ed Emmanuele
Gamna, ex avvocato di Margherita che trattò la suddivisione delle opere
tra madre e figlia nel 2004.
Il documento riporta quotazione (assai al ribasso) e collocazione delle
opere. Il De Chirico si trovava a Roma: valore 7 milioni. Il Balla
anch’esso era nella Capitale: 2 milioni. C’era infine il Monet che
risultava essere a Villa Frescot: 8 milioni. L’originale non si sa dove
si trovi.
I quadri di Roma […] erano lì almeno fino al 2018, quando un
trasportatore, il torinese Giorgio Ghilardini, li prelevò: la bolla del
trasporto è stata sequestrata dai pm torinesi. Infine, il professor
Lorenzo Canova, direttore scientifico della fondazione De Chirico,
ricorda che il suo maestro, l’insigne storico dell’arte Mauro Calvesi,
aveva visto l’originale di Mistero e melanconia di una strada
nell’appartamento romano dell’avvocato.
“Me lo presterebbe per una mostra”, chiese il critico ad Agnelli.
“Preferirei di no, i quadri a volte voglio scambiarli, questo non voglio
sia notificato al ministero”, avrebbe risposto il “signor Fiat”.
[…] Margherita Agnelli ritiene […]che le opere le siano state sottratte
dall’eredità della madre Marella e, comunque, chiederà la nullità della
presunta donazione ai figli. Ma il punto non è questo. Quelle opere, a
chiunque spettino, devono rimanere in Italia. Così almeno dice la legge
[…]
LA FRAGILITA' UMANA DIMOSTRA LA
FORZA E L'ESISTENZA DI DIO: le stesse variazioni climatiche e
meteriologiche imprevedibili dimostrano l'esistenza di DIO.
Che lo Spirito Santo porti
buon senso e serenita' a tutti gli uomini di buona volonta' !
CRISTO RESUSCITA PER TUTTI GLI
UOMINI DI VOLONTA' NON PER QUELLI DELLO SPRECO PER NUOVI STADI O
SPONSORIZZAZIONI DI 35 MILIONI DI EURO PAGATI DALLE PAUSE NEGATE
AGLI OPERAI ! La storia del ricco epulone non ha insegnato nulla
perché chi e morto non può tornare per avvisare i parenti !
Mb 05.04.12; 29.03.13;
ATTENZIONE IL MIO EX SITO
www.marcobava.tk e' infetto se volete un buon antivirus
gratuito:
Marco Bava ABELE: pennarello di DIO,
abele, perseverante autodidatta con coraggio e fantasia , decisionista
responsabile.
Sono quello che voi pensate io sia
(20.11.13) per questo mi ostacolate.(08.11.16)
La giustizia non esiste se mi mettessero
sotto sulle strisce pedonali, mi condannerebbero a pagare i danni
all'auto.
(12.02.16)
TO.05.03.09
IL DISEGNO DI DIO A VOLTE SI RIVELA
SOLO IN ALCUNI PUNTI. STA' ALLA FEDE CONGIUNGERLI
PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI
SIA SANTIFICATO IL TUO NOME VENGA IL TUO REGNO, SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ
COME IN CIELO COSI IN TERRA , DAMMI OGGI IL PANE E LA ACQUA
QUOTIDIANI E LA POSSIBILITA' DI NON COMMETTERE ERRORI NEL CERCARE DI
REALIZZARE NEL MIGLIOR MONDO POSSIBILE IL TUO VOLERE, LA PACE NEL MONDO,
IL BENESSERE SOCIALE E LA COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI. TU SEI GRANDE ED
IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E FIGLI.
TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE
L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E DEI TUOI FIGLI .
SIGNORE IO NON CONOSCO I TUOI OBIETTIVI PER ME , FIDUCIOSO MI AFFIDO A
TE.
Difendo il BENE contro il MALE che nell'uomo rappresenta la variabile
"d" demonio per cui una decisione razionale puo' diventare irrazionale
per questa ragione (12.02.16)
Non prendo la vita di
punta faccio la volonta' di DIO ! (09.12.18)
La vita e' fatta da
cose che si devono fare, non si possono non fare, anche se non si
vorrebbero fare.(20.01.16)
Il mondo sta
diventando una camera a gas a causa dei popoli che la riempiono per
irresponsabilità politica (16.02.16)
I cervelli possono
viaggiare su un unico livello o contemporaneamente su plurilivelli e'
soggettivo. (19.02.17)
L'auto del futuro non
sara' molto diversa da quella del presente . Ci sono auto che
permarranno nel futuro con l'ennesima versione come : la PORSCHE 911, la
PANDA, la GOLF perche' soddisfano esigenze del mercato che permangono .
Per cui le auto cambieranno sotto la carrozzeria con motori ad idrogeno
, e materiali innovativi. Sara' un auto migliore in termini di
sicurezza, inquinamento , confort ma la forma non cambierà molto.
INFATTI la Modulo di Pininfarina la Scarabeo o la Sibilo di Bertone
possono essere confrontate con i prototipi del prossimo
salone.(18.06.17)
La siccità e le
alluvioni dimostrano l'esistenza di Dio nei confronti di uomini che
invece che utilizzare risorse per cercare inutilmente nuovi
pianeti dove Dio non ha certo replicato l'esperienza negativa dell'uomo,
dovrebbero curare l'unico pianeta che hanno a disposizione ed in cui
rischiano di estinguersi . (31.10.!7)
L'Italia e' una
Repubblica fondata sul calcio di cui la Juve e' il maggiore esponente
con tutta la sua violenta prevaricazione (05.11.17)
La prepotenza della
FIAT non ha limiti . (05.11.17)
I mussulmani ci
comanderanno senza darci spiegazioni ne' liberta'.(09.11.17)
In Italia mancano i
controlli sostanziali . (09.11.17)
Gli alimenti per
animali sono senza controllo, probabilmente dannosi, vengono
utilizzati dai proprietari per comodita', come se l'animale fosse un
oggetto a cui dedicare il tempo che si vuole, quando si vuole senza
alcun rispetto ai loro veri bisogni alimentari. (20.11.17)
Ho conosciuto
l'avv.Guido Rossi e credo che la stampa degli editori suoi clienti lo
abbia mitizzato ingiustificatamente . (20.11.17)
L'elicottero di Jaky
e' targato I-TAIF. (20.11.17)
La Coop ha le
agevolazioni di una cooperativa senza esserlo di fatto in quanto quando
come socio ho partecipato alle assemblee per criticare il basso tasso
d'interesse dato ai soci sono stato o picchiato o imbavagliato.
(20.11.17)
Sono 40 anni che :
1 ) vedo bilanci
diversi da quelli che vedo insegnati a scuola, fusioni e scissioni
diverse da quelle che vengono richieste in un esame e mi vengono a dire
che l'esame di stato da dottore commercilaista e' una cosa seria ?
2) faccio esposti e
solo quello sul falso in bilancio della Fiat presentato da Borghezio al
Parlamento e' andato avanti ?
(21.11.17)
La Fornero ha firmato
una riforma preparata da altri (MONTI-Europa sono i mandanti) (21.11.17)
Si puo' cambiare il
modo di produrre non le fasi di produzione. (21.11,17)
La FIAT-FERRARI-EXOR
si sono spostate in Olanda perche' i suoi amministratori abbiano i loro
compensi direttamente all'estero . In particolare Marchionne ha la
residenza fiscale in Sw (21.11.17)
La prova che e' il
femore che si rompe prima della caduta e' che con altre cadute non si
sono rotte ossa, (21.11.17)
Carlo DE BENEDETTI un
grande finanziere che ha fallito come industriale in quanto nel 1993
aveva il SURFACE con il nome QUADERNO , con Passera non l'ha saputo
produrre , ne' vendere ne' capire , ma siluro' i suoi creatori
CARENA-FIGINI. (21.11.17)
Quando si dira' basta
anche alle bufale finanziarie ? (21.11.17)
Per i consiglieri
indipendenti l'indipendenza e' un premio per tutti gli altri e' un costo
(11.12.17)
La maturita' del
mercato finanziario e' inversamente proporzionale alla sottoscrizione
dei bitcoin (18/12/17)
Chi risponde
civilmente e penalmente se un'auto o un robot impazziscono ? (18/12/17)
Non e' la FIAT
filogovernativa, ma sono i governi che sono filofiat consententogli di
non pagare la exit-tax .(08.02.18) inoltre la FIAT secondo me ha fatto
più danni all'ITALIA che benefici distruggendo la concorrenza della
LANCIA , della Ferrari, che non ha mai capito , e della BUGATTI
(13.02.18).
Infatti quando si
comincia con il raddoppio del capitale senza capitale si finisce nella
scissione
Tesi si laurea
sull'assoluzione del sen.Giovanni Agnelli nel 1912 dal reato di
agiotaggio : come Giovanni Agnelli da segretario della Fiat ne e'
diventato il padrone :
Prima di educare i
figli occorre educare i genitori (13.03.18)
Che senso ha credere
in un profeta come Maometto che e'un profeta quando e' esistito
Gesu' che e' il figlio di DIO come provato per ragioni storiche da
almeno 4 testi che sono gli evangelisti ? Infatti i mussulmani
declassano Gesu' da figlio di DIO a profeta perché riconoscono
implicitamente l'assurdità' di credere in un profeta rispetto al figlio
di DIO. E tutti gli usi mussulmani rappresentano una palese
involuzione sociale basata sulla prevaricazione per esempio sulle donne
(19.03/18)
Il valore aggiunto per
i consulenti finanziari e' solo per loro (23.03.18)
I medici lavorerebbero
gratis ? quante operazioni non sono state fatte a chi non aveva i soldi
per pagarle ? (26.03.18 )
lo sfregio delle auto
di stato ibride con il motore acceso, deve finire con il loro passaggio
alla polizia con i loro autisti (19.03.18)
Se non si tassa il
lavoro dei robot e' per la mancata autonomia in termini di liberta' di
scelta e movimento e responsabilita' penale personale . Per cui le auto
a guida autonoma diventano auto-killer. (26.04.18)
Quanto poco conti
l'istruzione per l'Italia e' dimostrato dalla scelta DEI MINISTRI
GELMINI FEDELI sono esempi drammatici anche se valorizzati dalla
FONDAZIONE AGNELLI. (26.04.18) (27.08.18).
Credo che la lotta
alla corruzione rappresenti sempre di piu' un fattore di coesione
internazionale perche' anche i poteri forti si sono stufati di pagare
tangenti (27/04/2018)
Non riusciamo neppure
piu' a produrre la frutta ad alto valore aggiunto come i
mirtilli....(27/04/2018)
Abbiamo un capitalismo
sempre piu' egoista fatto da managers che pensano solo ad arraffare
soldi pensando che il successo sia solo merito loro invece che di Dio e
degli operai (27.04.18)
Le imprese dell'acqua
e delle telecomunicazioni scaricano le loro inefficienze sull'utente
(29.05.18)
Nel 2004 Umberto
Agnelli, come presidente della FIAT, chiese a Boschetti come
amministratore delegato della FIAT AUTO di affidarmi lo sviluppo della
nuova Stilo a cui chiesi di affiancare lo sviluppo anche del marchio
ABARTH , 500 , A112, 127 . Chiesi a Montezemolo , come presidente
Ferrari se mi lasciava utilizzare il prototipo di Giugiaro della Kubang
che avrebbe dovuto essere costruito con ALFA ROMEO per realizzare
la nuova Stilo . Mi disse di si perche' non aveva i soldi per
svilupparlo. Ma Morchio, amministratore delegato della FIAT, disse che
non era accettabile che uno della Telecom si occupasse di auto in Fiat
perche' non ce ne era bisogno. Peccato che la FIAT aveva fatto il 128
che si incendiava perche' gli ingegneri FIAT non avevano previsto una
fascetta che stringesse il tubo della benzina all'ugello del
carburatore. Infatti pochi mesi dopo MORCHIO venne licenziato da
Gabetti ed al suo posto arrivo' Marchionne a cui rifeci la proposta. Mi
disse di aspettare una risposta entro 1 mese. Sono passati 14 anni ma
nessuna risposta mi e' mai stata data da Marchionne, nel frattempo la
Fiat-Lancia sono morte definitivamente il 01.06.18, e la Nissan Qashai
venne presentata nel 2006 e rilancia la Nissan. Infatti dal 2004 ad oggi
RENAULT-NISSAN sono diventati i primi produttori al mondo. FIAT-FCA NO !
Grazie a Marchionnne nonostante abbia copiato il suo piano industriale
dal mio libro . Le auto Fiat dell'era CANTARELLA bruciavano le teste per
raffredamento insufficente. Quella dell'era Marchionne hanno bruciato la
Fiat. Il risultato del lavoro di MARCHIONNE e' la trasformazione del
prodotto auto in prodotto finanziario, per cui le auto sono diventate
tutte uguali e standardizzate. Ho trovato e trovo , NEI MIEI CONFRONTI,
molta PREPOTENZA cattiveria ed incompetenza in FIAT. (19.12.18)
La differenza fra
ROMITI MARCHIONNE e' che se uno la pensava diversamente da loro Romiti
lo ascoltava, Marchionne lo cacciava anche se gli avesse detto che
aumentando la pressione dei pneumatici si sarebbero ridotti i consumi.
FATTI NON PAROLE E
FUMO BORSISTICO ! ALFA ROMEO 166 un successo nonostante i pochi mezzi
utilizzati ma una richiesta mia precisa e condivisa da FIAT : GUIDA
DIRETTA. Che Marchionne non ha apprezzato come un attila che ha
distrutto la storia automoblistica italiana su mandato di GIANLUIGI
GABETTI (04.06.18).
Piero ANGELA : un
disinformatore scientifico moderno in buona fede su auto
elettrica. auto killer ed inceneritore (29.07.18)
Puoi anche prendere il
potere ma se non lo sai gestire lo perdi come se non lo avessi mai avuto
(01.08.18)
Ho provato la BMW i8
ed ho capito che la Ferrari e le sue concorrenti sono obsolete !
(20.08.18)
LA Philip Morris ha
molti clienti e soci morti tra cui Marchionne che il 9 maggio scorso,
aveva comprato un pacchetto di azioni per una spesa di 180mila dollari.
Briciole, per uno dei manager più ricchi dell’industria automotive (ha
un patrimonio stimato tra i 6-700 milioni di franchi svizzeri, cifra che
lo fa rientrare tra i 300 elvetici più benestanti).E’ stato, però, anche
l’ultimo “filing” depositato dal manager alla Sec, sul cui sito da
sabato pomeriggio è impossible accedere al profilo del manager
italo-canadese e a tutte le sue operazioni finanziarie rilevanti. Ed era
anche un socio: 67mila azioni detenute per un investimento di 5,67
milioni di dollari (alla chiusura di Wall Street di venerdì 20 luglio
2018 ). E PROSSIMAMENTE un'uomo Philip Morris uccidera' anche la
FERRARI . (20.08.18) (25.08.18)
Prodi e' il peccato
originale dell'economia italiana dal 1987 (regalo' l'ALFA ROMEO alla
FIAT) ad oggi (25.08.18)
L'indipendenza della
Magistratura e' un concetto teorico contraddetto dalle correnti anche
politiche espresse nelle lottizzazioni delle associazioni magistrati che
potrebbe influenzarne i comportamenti. (27.08.18)
Ho sempre vissuto solo
con oppositori irresponsabili privi di osservazioni costruttive ed
oggettive. (28.08.18)
Buono e cattivo fuori
dalla scuola hanno un significato diverso e molto piu' grave perche' un
uomo cattivo o buono possono fare il bene o il male con consaprvolezza
che i bambini non hanno (20.10.18)
Ma la TAV serve ai
cittadini che la dovrebbero usare o a chi la costruisce con i nostri
soldi ? PERCHE' ?
Un ruolo presidenziale
divergente da quello di governo potrebbe porre le premesse per una
Repubblica Presidenziale (11.11.2018)
La storia occorre
vederla nella sua interezza la marcia dei 40.000 della Fiat come e'
finita ? Con 40.000 licenziamenti e la Fiat in Olanda ! (19.11.18)
I SITAV dopo la marcia
a Torino faranno quella su ROMA con costi doppi rispetto a quella
francese sullo stesso percorso ? (09.12.18)
La storia politica di
Fassino e' fatta dall'invito al voto positivo per la raduzione dei
diritti dei lavoratori di Mirafiori. Si e' visto il risultato della
lungimiranza di Fassino , (18.12.18)
Perche' sono
investimenti usare risorse per spostare le pietre e rimetterle a posto
per giustificare i salari e non lo sono il reddito di cittadinanza e
quota 100 per le pensioni ? perche' gli 80 euro a chi lavora di Renzi
vanno bene ed i 780 euro di Di Maio a chi non lavora ed e' in pensione
non vanno bene ? (27.12.18)
Le auto si dividono in
auto mozzarella che scadono ed auto vino che invecchiando aumentano di
valore (28.12.18)
Fumare non e' un
diritto ma un atto contro la propria salute ed i doveri verso la propria
famiglia che dovrebbe avere come conseguenza la revoca dell'assistenza
sanitaria nazionale ad personam (29.12.18)
Questo mondo e troppo
cattivo per interessare altri esseri viventi (10.01.19)
Le ONG non hanno altro
da fare che il taxi del mare in associazione per deliquere degli
scafisti ? (11.02.19)
La giunta FASSINO era
inutile, quella APPENDINO e' dannosa (12.07.19)
Quello che l'Appendino
chiama freno a mano tirato e' la DEMOCRAZIA .(18.07.19)
La spesa pubblica
finanzia le tangenti e quella sullo spazio le spese militari
(19.07.19)
AMAZON e FACEBOOK di
fatto svolgono un controllo dei siti e forse delle persone per il
Governo Americano ?
(09.08.19)
LA GRANDE MORIA DI
STARTUP e causato dal mancato abbinamento con realta' solide (10.08.!9)
Il computer nella
progettazione automobilistica ha tolto la personalizzazione ed
innovazione. (17.08.19)
L' uomo deve gestire i
computer non viceversa, per aumentare le sue potenzialita' non
annullarle (18.08.19)
LA FIAT a Torino ha
fatto il babypaking a Mirafiori UNO DEI POSTI PIU' INQUINATI DI TORINO !
Non so se Jaky lo sappia , ma il suo isolamento non gli permette certo
di saperlo ! (13.09.19)
Non potro' mai essere
un buon politico perche' cerco di essere un passo avanti mentre il
politico deve stare un passo indietro rispetto al presente. (04.10.19)
L'arretratezza
produttiva dell'industria automobilistica e' dimostrata dal fatto che da
anni non hanno mai risolto la reversibilità dei comandi di guida a
dx.sx, che costa molto (09.10.19)
IL CSM tutela i
Magistrati dalla legge o dai cittadini visti i casi di Edoardo AGNELLI
e Davide Rossi ? (10.10.19).
Le notizie false
servono per fare sorgere il dubbio su quelle vere discreditandole
(12.10.19)
L'illusione startup
brucia liquidita' per progetti che hanno poco mercato. sottraendoli
all'occupazione ed illude gli investitori di trovare delle scorciatoie
al alto valore aggiunto (15.10.19)
Gli esseri umani
soffrono spesso e volentieri della sindrome del camionista: ti senti
piu' importante perche' sei in alto , ma prima o poi dovrai scendere e
cedere il posto ad altri perche' nessun posto rimane libero (18.10.19)
Non e' logico che
l'industria automobilistica invece di investire nelle propulsione ad
emissione 0 lo faccia sulle auto a guida autonoma che brucia posti di
lavoro. (22.10.19)
L'intelligenza
artificiale non esiste perche' non e' creativa ma applicativa quindi
rischia di essere uno strumento in mano ai dittatori, attraverso la
massificazione pilotata delle idee, che da la sensazione di poter
pensare ad una macchina al nostro posto per il bene nostro e per farci
diventare deficienti come molti percorsi dei navigatori (24.11.19)
Quando ci fanno
domande per sapere la nostra opinione di consumatori ma sono interessati
solo ai commenti positivi , fanno poco per migliorare (25.11.19)
La prova che la
qualità della vita sta peggiorando e' che una volta la cessione del 5^
si faceva per evitare i pignoramenti , oggi lo si fa per vivere
(27.11.19)
Per combattere
l'evasione fiscale basta aumentare l'assistenza nella pre-compilazione e
nel pagamento (29.11.19)
La famiglia e' come
una barca che quando sbaglia rotta porta a sbattere tutti quanti
(25.12.19)
Le tasse
sull'inquinamento verranno scaricate sui consumatori , ma a chi governa
e sa non importa (25.12.19)
Il calcio e l'oppio
dei popoli (25.12.19)
La religione nasce
come richiesta di aiuto da parte dei popoli , viene trasformata in un
tentativo di strumento di controllo dei popoli (03.01.20)
L'auto a guida
autonoma e' un diversivo per vendere auto vecchie ed inquinanoroti , ed
il mercato l'ha capito (03.01.20)ttadini
Il vero potere della
burocrazia e' quello di creare dei problemi ai cittadini anche se il
cittadino paga i dipendente pubblico per risolvere dei problemi non per
crearli. Se per denunciare questi problemi vai fuori dal coro deve
essere annientato. Per cui burocrazia=tangente (03.01.20)
Gli immigrati tengono
fortemente alla loro etnina a cui non rinunciano , piu' saranno forti le
etnie piu' queste divideranno l'Italia sovrastando gli italiani
imponendoci il modello africano . La mafia nigeriana e' solo un esempio.
(05.01.20)
La sinistra e la lotta
alla fame nel mondo sono chimere prima di tutto per chi ci deve credere
come ragione di vita (07.01.20)
Credo di avere la
risposta alla domanda cosa avrebbe fatto Eva se Adamo avesse detto di no
a mangiare la mela ? Si sarebbe arrabbiata. Anche oggi se non fai
quello che vogliono le donne si mettono contro cercando di danneggiarti.
(07.01.20)
Le sardine rappresenta
l'evoluzione del buonismo Democristiano e la sintesi fra Prodi e
Renzi, fuori fa ogni logica e senza una proposta concreta
(08.01.20)
Un cavallo di razza
corre spontaneamente e nessuno puo' fermarlo. (09.01.20)
PD e M5S 2 stampelle
non fanno neppure una gamba sana (22.01.20)
non riconoscere i propri errori significa
sbagliare per sempre (12.04.20)
la vera ricchezza dei ricchi sono i figli
dei poveri, una lotteria che pagano tutta la loro vita i figli ai
genitori che credono di non avere nulla da perdere ! (03.11.21)
GLI YESMEN SERVONO PER
CONSENTIRE IL MANTENIMENTO E LO SVILUPPO E L'OCCULTAMENTO DEGLI
INTERESSI OCCULTI DEL CAPITALISMO DISTRUTTIVO. (22.04.22)
DALL'INTOLLERANZA NASCE LA
GUERRA (30.06.22)
L'ITALIA E' TERRA DI
CONQUISTA PER LE BANDE INTERNE DEI PARTITI. (09.10.22)
La dimostrazione che non
esista più il nazismo e' dimostrato dalla reazione europea contro Puntin
che non ci fu subito contro Hitler (12.10.22)
Cara Meloni nulla giustifica
una alleanza con la Mafia di Berlusconi (26.10.22)
I politici che non
rappresentano nessuno a cosa servono ? (27.10.22)
Di chi sono Ambrosetti e
Mckinsey ? Chi e' stato formato da loro ed ora e' al potere in ITALIA ?
Lo spunto e' la vicenda Macron . Quanti Macron ci sono in Italia ? E chi
li controlla ? Mckinsey e' una P2 mondiale ?
Mb
Piero Angela ha valutato che
lo sbarco sulla LUNA ancora oggi non e' gestibile in sicurezza ?
(30.12.22)
Le leggi razziali = al Green
Pass (30.03.23)
Dopo 60 anni il danno del
Vaiont dimostra il pericolo delle scelte scientifiche come il nucleare,
giustificato solo dalle tangenti (10.10.23)
LA
mia CONTROINFORMAZIONE ECONOMICA e' CONTRO I GIOCHI DI POTERE,
perche' DIO ESISTE, ANCHE SOLO per assurdo.
IL MONDO HA
BISOGNO DI DIO MA NON LO SA, E' TALMENTE CATTIVO CHE IL BENE NON PUO'
CHE ESISTERE FUORI DA QUESTO MONDO E DA QUESTA VITA !
PER QUESTO IL
MIO MESTIERE E' CAMBIARE IL MONDO !
LA VIOLENZA
DELLA DISOCCUPAZIONE CREA LA VIOLENZA DELLA RECESSIONE, con LICIO GELLI
che potrebbe stare dietro a Berlusconi.
IL GOVERNO
DEGLI ANZIANI, com'e' LICIO GELLI, IMPEDISCE IL CAMBIAMENTO
perche' vetusto obsoleto e compromesso !
E' UN GIOCO AL
MASSACRO dell'arroganza !
SE NON CI
FOSSERO I SOLDATI NON CI SAREBBE LA GUERRA !
Sopravvaluta sempre il tuo avversario , per poterlo
vincere .Mb 15.05.13
Torino 08.04.13
Il mio paese l'Italia non crede nella mia teoria
economica del valore che definisce
1) ogni prodotto come composto da energia e lavoro:
Il costo dell'energia può tendere a 0 attraverso il
fotovoltaico sui tetti. Per dare avvio la volano economico del
fotovoltaico basta detassare per almeno 20 anni l'investimento, la
produzione ed il consumo di energia fotovoltaica sui tetti.
2) liberalizzazione dei taxi
collettivi al costo di 1 euro per corsa in modo tale da dare un lavoro a
tutti quelli che hanno un 'auto da mantenere e non lo possono piu fare
per mancanza di un lavoro; ed inoltre dare un servizio a tutti i
cittadini.
3) tre sono gli obiettivi principali
della politica : istruzione, sanita', cultura.
4) per la sanità occorre un centro
acquisti nazionale ed abolizione giorni pre-ricovero.
LA VITA E' : PREGHIERA, LAVORO
E RISPARMIO.(02.02.10)
Se non hai via di uscita,
fermati..e dormici su.
E' PIU' DIFFICILE
SAPER PERDERE CHE VINCERE ....
Ciascun uomo vale in funzione
delle proprie idee... e degli stimoli che trova dentro di se...
Vorrei ricordare gli uomini
piu' per quello che hanno fatto che per quello che avrebbero potuto
fare !
LA VERA UMILTA' NON SI DICHIARA
MA SI DIMOSTRA, AD ESEMPIO CONTINUANDO A STUDIARE....ANCHE SE
PURTROPPO L'UNIVERSITÀ' E' FINE A SE STESSA.
PIU' I MEZZI SONO POVERI X
RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO, PIU' E' CAPACE CHI LO RAGGIUNGE.
L'UNICO LIMITE AL PEGGIO E' LA
MORTE.
MEGLIO NON ILLUDERE CHE
DELUDERE.
L'ITALIA , PER COLPA DI
BERLUSCONI STA DIVENTANDO IL PAESE DEI BALOCCHI.
IL PIL CRESCE SE SI RIFA' 3
VOLTE LO STESSO TAPPETINO D'ASFALTO, MA DI FATTO SIAMO TUTTI PIU'
POVERI ALMENO 2 VOLTE.
LA COSTITUZIONE DEI DIRITTI
DELL'UOMO E QUELLA ITALIANA GARANTISCONO GIA' LA LIBERTA',
QUANDO TI DICONO L'OVVIETÀ' CHE SEI LIBERO DI SCEGLIERE
E' PERCHE' TI VOGLIONO IMPORRE LE LORO IDEE. (RIFLESSIONE DEL
10.05.09 ALLA LETTERA DEL CARDINALE POLETTO FATTA LEGGERE NELLE
CHIESE)
la vita eterna non puo' che
esistere in quanto quella terrena non e' che un continuo superamento
di prove finalizzate alla morte per la vita eterna.
SOLO ALLA FINE SI SA DOVE PORTA
VERAMENTE UNA STRADA.
QUANDO NON SI HANNO ARGOMENTI
CONCRETI SI PASSA AI LUOGHI COMUNI.
L'UOMO LA NOTTE CERCA DIO PER
AVERE LA SERENITA' NOTTURNA (22.11.09)
IL PRESENTE E' FIGLIO DEL
PASSATO E GENERA IL FUTURO.(24.12.09)
L'ESERCIZIO DEL POTERE E' PER
DEFINIZIONE ANDARE CONTRO NATURA (07.01.10)
L’AUTO ELETTRICA FA SOLO PERDERE TEMPO E DENARO PER
ARRIVARE ALL’AUTO AD IDROGENO (12.02.10)
BERLUSCONI FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI (17.03.10)
GESU' COME FU' TRADITO DA GIUDA , OGGI LO E' DAI
TUTTI I PEDOFILI (12.04.10)
IL DISASTRO
DELLA PIATTAFORMA PETROLIFERA USA COSA AVREBBE PROVOCATO SE FOSSE
STATA UNA CENTRALE ATOMICA ? (10.05.10)
Quante
testate nucleari da smantellare dovranno essere saranno utilizzate
per l'uranio delle future centrali nucleari italiane ?
I POTERI FORTI DELLE LAUREE HONORIS CAUSA SONO FORTI
PER CHI LI RICONOSCE COME TALI. SE NON LI SI RICONOSCE COME FORTI
SAREBBERO INESISTENTI.(15.05.10)
L'ostensione della Sacra Sindone non puo' essere ne'
temporanea in quanto la presenza di Gesu' non lo e' , ne' riservata
per i ricchi in quanto "e' piu' facile che in cammello passi per la
cruna di un ago ..."
sapere x capire (15.10.11)
la patrimoniale e' una 3^
tassazione (redditi, iva, patrimoniale) (16.10.11)
SE LE FORZE DELL'ORDINE
INTERVENISSERO DI PIU'PER CAUSE APPARENTEMENTE BANALI CI SAREBBE
MENO CONTENZIOSO: CHIAMATO IL 117 PER UN PROBLEMA BANALE MI HA
RISPOSTO : GLI FACCIA CAUSA ! (02.04.17)
GRAN PARTE DEI PROFESSORI
UNIVERSITARI SONO TRA LE MENTI PIU' FRAGILI ED ARROGANTI , NON
ACCETTANO IL CONFRONTO E SI SENTONO SPIAZZATI DIVENTANO ISTERICI (
DOPO INCONTRO CON MARIO DEAGLIO E PIETRO TERNA) (28.02.17)
Spesso chi compera auto FIAT lo
fa solo per gratificarsi con un'auto nuova, e basta (04.11.16)
Gli immigrati per protesta nei
centri di assistenza li bruciano e noi dobbiamo ricostruirglieli
affinché li redistruggono? (18.10.20)
Abbiamo più rispetto per le cose che per le
persone .29.08.21
Le ragioni per cui Caino ha ucciso
Abele permangono nei conflitti umani come le guerre(24.11.2022)
Quelli che vogliono l'intelligenza
artificiale sanno che e' quella delle risposte autmatiche
telefoniche? (24.11.22)
L'ASSURDITÀ' DI QUESTO MONDO , E' LA
PROVA CHE LA NOSTRA VITA E' TEMPORANEA , OLTRE ALLA TESTIMONIANZA DI
GESU'. 15.06.09
DIO CON I PESI CI DA
ANCHE LA FORZA PER SOPPORTALI, ANCHE SE QUALCUNO VORREBBE FARMI FARE LA
FINE DI GIOVANNI IL BATTISTA (24.06.09)
IL BAVAGLIO della Fiat nei miei
confronti:
IN DATA ODIERNA HO
RICEVUTO: Nell'interesse di Fiat spa e delle Societa' del
gruppo, vengo informato che l'avv.Anfora sta monitorando con
attenzione questo sito. Secondo lo stesso sono contenuti in esso
cotenuti offensivi e diffamatori verso Fiat ed i suoi
amministratori. Fatte salve iniziative
autonome anche
davanti all'Autorita' giudiziaria, vengo diffidato dal
proseguire in tale attivita' illegale"
Ho aderito alla richiesta dell'avv.Anfora,
veicolata dal mio hosting, ricordando ad entrambi le mie
tutele costituzionali ex art.21 della Costituzione, per
tutelare le quali mi riservo iniziative
esclusive
dinnanzi alla Autorita' giudiziaria COMPETENTE.
Marco BAVA 10.06.09
TEMI SUL
TAVOLO IN QUESTO MOMENTO:
IL TRIBUNALE DI TORINO E LA CONSOB NON MI GARANTISCONO LA
TUTELA DEL'ART.47 DELLA COSTITUZIONE
Oggi si e' tenuta l'assemblea degli azionisti Seat tante bugie
dagli amministratori, i revisori ed il collegio sindacale, tanto per la
Consob ed il Tribunale di Torino i miei diritti come azionista di
minoranza non sono da salvaguardare e la digos mi puo' impedire il voto
come e quando vuole, basta leggere la sentenza
PERCHE' TORINO
HA PAURA DI CONOSCERE LA VERITA' SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI ?
Il prof.Mario DE AGLIO alcuni anni fa scrisse un articolo
citando il "suicidio" di EDOARDO AGNELLI. Gli feci presente che
dai documenti ufficiali in mio possesso il suicidio sarebbe stato
incredibile offrendogli di esaminare tali documenti. Quando le feci lui
disconobbe in un modo nervoso ed ingiustificato : era l'intero fascicolo
delle indagini.
A Torino molti hanno avuto la stessa reazione senza
aver visto ciò che ha visto Mario DE AGLIO ma gli altri non parlano del
"suicidio" di Edoardo AGNELLI ma semplicemente della suo morte.
Mb
02.04.17
grazie a
Dio , non certo a Jaky, continua la ricerca della verità sull'omicidio
di Edoardo Agnelli , iniziata con i libri di Puppo e Bernardini, il
servizio de LA 7, e gli articoli di Visto, ora il Corriere e Rai 2 ,
infine OGGI , continuano un percorso che con l'aiuto di Dio
portera' prima di quanti molti pensino alla verita'. Mb -01.10.10
ANTONIO
PARISI -I MISTERI DEGLI AGNELLI - EDIT-ALIBERTI-
CRONACA
| giovedì 10 novembre 2011,
18:00
Continua la saga della famiglia ne "I misteri di Casa Agnelli".
Il
giornalista Antonio Parisi, esce con l'ultimo pamphlet sulla
famiglia più importante d'Italia, proponendo una serie di
curiosità ed informazioni inedite
Per
dieci anni è stato lasciato credere che su Edoardo Agnelli,
precipitato da un cavalcavia di ottanta metri, a Fossano,
sull'Autostrada Torino - Savona, fosse stata svolta una regolare
autopsia.
Anonime
“fonti investigative” tentarono in più occasioni di
screditare il giornalista Antonio Parisi che raccontava
un’altra versione. Eppure non era vero, perché nessuna autopsia
fu mai fatta.
Ora
Parisi, nostro collaboratore, tenta di ricostruire ciò che
accadde quel giorno in un’inchiesta tagliente e inquietante,
pubblicando nel libro “I Misteri di Casa Agnelli”, per la
prima volta documenti ufficiali, verbali e rapporti, ma anche
raccogliendo testimonianze preziose e che Panorama di questa
settimana presenta.
Perché
la verità è che sulla morte, ma anche sulla vita, dell’uomo
destinato a ereditare il più grande capitale industriale
italiano, si intrecciano ancora tanti misteri. Non gli unici
però che riguardano la famiglia Agnelli.
Passando dalla fondazione della Fiat, all’acquisizione
del quotidiano “La Stampa”, dalla scomparsa precoce dei
rampolli al suicidio in una clinica psichiatrica di Giorgio
Agnelli (fratello minore dell’Avvocato), dallo scandalo
di Lapo Elkann, fino alla lite giudiziaria tra gli eredi,
Antonio Parisi sviscera i retroscena di una dinastia che,
nel bene o nel male, ha dominato la scena del Novecento italiano
assai più di politici e governanti.
Il
volume edito per "I Tipi", di Aliberti Editore, presenta
sia nel testo che nelle vastissime note, una miniera di gustose
e di introvabili notizie sulla dinastia industriale più
importante d’Italia.
Mondo AGNELLI :
Cari amici,
Grazie mille per
vostro aiuto con la stesura di mio libro. Sono contenta che questa
storia di Fiat e Chrysler ha visto luce. Il libro e’ uscito la settimana
scorsa, in inglese. Intanto e’ disponibile a Milano nella librerie
Hoepli e EGEA; sto lavorando con la distribuzione per farlo andare in
piu’ librerie possibile. E sto ancora cercando la casa editrice in
Italia. Intanto vi invio dei link, spero per la gioia in particolare dei
torinesi (dov’e’ stato girato il video in You Tube. )
Un libro che riporta palesi falsita'
sulla morte di Edoardo Agnelli come quella su una foto inesistente con
Edoardo su un ponte fatta da non si sa chi recapitata da ignoto ad
ignoti. Se fosse esistita sarebbe stata nel fascicolo dell'inchiesta.
Intanto anche grazie a queste falsita' il prezzo del libro passa da 15 a
19 euro! www.marcobava.it
17.12.23
Il Sole 24 Ore:
La Giovanni Agnelli Bv ha deciso
di rivedere anche il sistema di governance. Le nuove disposizioni, […]
identificano tre interlocutori chiave tra gli azionisti: il Gruppo
Giovanni Agnelli, il Gruppo Agnelli e il Gruppo Nasi. Si tratta di tre
blocchi che raggruppano a loro volta gli undici rami famigliari storici.
Il primo quello della Giovanni Agnelli coincide con la Dicembre e dunque
pesa per il 40%. Segue il gruppo Agnelli con il 30% e il gruppo Nasi a
cui fa capo il 20%. I componenti del cda della GA BV sono espressione
proprio di questi tre “macro” gruppi famigliari della dinastia torinese.
Ognuno di loro esprime due rappresentanti nel board della Giovanni
Agnelli Bv e uno nel board di Exor. Oggi il Gruppo Giovanni Agnelli ha
indicato nel board della società olandese Andrea Agnelli e Alexander
Von Fürstenberg. E questo nonostante Andrea Agnelli, che nel
frattempo vive stabilmente ad Amsterdam, di fatto faccia parte di un
altro blocco, quello del Gruppo Agnelli.
Per quest’ultimo i due membri del board sono Benedetto della Chiesa e
Filippo Scognamiglio. Infine, per il gruppo Nasi Luca Ferrero
Ventimiglia e Niccolò Camerana. I consiglieri del Cda della Bv sono
nominati ogni 3 anni e decadono automaticamente al compimento di 75
anni. Ogni gruppo inoltre esprime un proprio rappresentante nel Cda
di Exor che oggi sono Ginevra Elkann (Gruppo Giovanni Agnelli), Tiberto
Ruy Brandolini D’Adda (Gruppo Agnelli) e Alessandro Nasi (Gruppo Nasi).
Accanto al cda dell Bv resta in vita il Consiglio di famiglia, organo
non deliberativo ma consultivo e formato da 32 membri.
Questa la nuova struttura
societaria della Giovanni Agnelli Bv
per quote di possesso.
Dicembre (John Elkann , Lapo e Ginevra): 39,7%
Ramo Maria Sole Agnelli: 11,2%
Ramo Agnelli (Andrea Agnelli e Anna Agnelli): 8,9%
Ramo Giovanni Nasi: 8,7%
Ramo Laura Nasi-Camerana: 6%
Ramo Cristiana Agnelli: 5,05%
Ramo Susanna Agnelli: 4,7%
Ramo Clara Nasi-Ferrero di Ventimiglia: 3,4%
Ramo Emanuele Nasi: 2,5%
Ramo Clara Agnelli: 0,28%
Azioni proprie: 8,2%
Dovranno andare avanti le
indagini della Procura di Milano con al centro il tesoro di Giovanni
Agnelli, 13 opere d'arte che arredavano Villa
Frescot e Villar Perosa a Torino e una residenza di famiglia a Roma,
sparite anni fa e ora reclamate dalla figlia Margherita unica erede dopo
la morte della madre e moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di
Castagneto, la quale aveva l'usufrutto dei beni.
Mentre riprenderà a Torino la battaglià giudiziaria sull' eredità
lasciata dall'Avvocato, il gip milanese Lidia Castellucci, accogliendo
in parte
i suggerimenti messi nero su bianco da Margherita nell'opposizione alla
richiesta di archiviazione dell'inchiesta, ha indicato al pm Cristian
Barilli e al procuratore aggiunto Eugenio Fusco di raccogliere le
testimonianze di Paola Montalto e Tiziana Russi, entrambe persone di
fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate degli inventari
dei beni ereditati, e di consultare tutte le banche dati «competenti»
comprese quelle del Ministero della Cultura e la piattaforma S.U.E.
(Sistema Uffici Esportazione).
Secondo il giudice, che invece ha archiviato la posizione di un
gallerista svizzero e di un suo collaboratore indagati per ricettazione
in base
alla deposizione di un investigatore privato a cui non sono stati
trovati riscontri (secondo lo 007 avrebbero custodito in un caveau a
Chiasso il
patrimonio artistico), gli ulteriori accertamenti potrebbero essere
utili per identificare chi avrebbe fatto sparire la collezione composta
da
quadri di Monet, Picasso, Balla, De Chirico, Balthus, Gérome, Sargent,
Indiana e Mathieu.
Collezione di cui Margherita ha denunciato a più riprese la scomparsa,
gettando ombre anche sui tre figli del primo matrimonio: John, Lapo e
Ginevra Elkann, e in particolare sul primogenito.
I quali «della sorte o delle ubicazioni di tali opere», hanno saputo
«riferire alcunché».
E poiché ora lo scopo è recuperarle dopo che, per via dei vari
traslochi, si sono volatilizzate, «appare utile procedere
all'escussione» delle due
donne che «si sono occupate degli inventari degli immobili» e che,
quindi, «potrebbero essere a conoscenza di informazioni rilevanti» in
merito agli spostamenti dei quadri e alla «eventuale presenza di
inventari cartacei da esse redatti».
E poi per «verificare le movimentazioni di tali opere, appare opportuno»
compiere accertamenti sulle banche dati comprese quelle del
ministero.
Infine, per effetto di un provvedimento della Cassazione, torna ad
essere discusso in Tribunale a Torino il procedimento penale, promosso
da
Margherita nei confronti dei figli John, Lapo e Ginevra Elkann per una
questione legata all'; eredità di suo padre.
Il processo era stato sospeso in attesa dell'esito di due cause in
Svizzera, ma ieri la Suprema Corte ha respinto il ricorso degli Elkann,
come
hanno fatto sapere fonti legali vicine alla loro madre, e ha stabilito
essere «pienamente sussistente la giurisdizione italiana», annullando
l'ordinanza torinese.
«Nella verifica che tali giudici saranno chiamati ad effettuare -
sottolineano gli avvocati - si dovrà tener conto anche della residenza
abituale
di Marella Caracciolo», che a loro dire era in Italia, «e della
opponibilità dell'accordo transattivo del 2004 nella successione
Agnelli, con
possibili rilevanti ripercussioni sugli assetti proprietari della
Dicembre», la società che fa capo agli eredi.
Fiat Nuova 500 Cabrio
Briosa e chic en plein air
Piacevole da guidare, la Fiat Nuova 500 Cabrio è una citycar elettrica
dallo stile elegante e ricercato. Comoda solo davanti, ha una discreta
autonomia e molti aiuti alla guida. Ma dietro si vede poco o nulla.
Quando lo dicevo io a Marchionne lui mi sfotteva dicendo che ci avrebbe
fatto un buco. Ecco come ha distrutto l'industria automobilistica
italiana grazie al potentissimo Fassino, grazie ai suoi elettori da 40
anni.
SE VUOI COMPERARE IL
LIBRO SUL SUICIDIO SOSPETTO DI EDOARDO AGNELLI A 10 euro manda email
all'editore (info@edizionikoine.it)
indicando che hai letto questo prezzo su questo sito , indicando il tuo
nome cognome indirizzo codice fiscale , il libro ti verrà inviato per
contrassegno che pagherai alla consegna.
NON
DIMENTICARE CHE:
Le informazioni
contenute in questo sito provengono
da fonti che MARCO BAVA ritiene affidabili. Ciononostante ogni lettore
deve
considerarsi responsabile per i rischi dei propri investimenti
e per l'uso che fa di queste di queste informazioni
QUESTO SITO non deve in nessun
caso essere letto
come fonte di specifici ed individualizzati consigli sulle
borse o sui mercati finanziari. Le nozioni e le opinioni qui
contenute in sono fornite come un servizio di
pura informazione.
Ognuno di voi puo' essere in grado di valutare quale
livello di
rischio sia personalmente piu' appropriato.
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri
dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e
approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: "Manderò loro profeti e apostoli
ed essi li uccideranno e perseguiteranno", perché a questa generazione
sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio
del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso
tra l'altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a
questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della
conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi
l'avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo
in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli
insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa
bocca
PUTIN ENTRA DEFINITIVAMENTE ALL'INFERNO E
Alexei Navalny IN PARADISO
In linea con l'omicidio di Gesu' Israele
continua ad uccidere e dal patto con DIO e' passata a quello con satana.
PROPOSTA AI PARTITI DI COSTITUIRE IL FRONTE ANTIFASCISTA GIACOMO
MATTEOTTI
PER LA TRIOLOGIA DELLA PACE:
Perché
Crosetto intuisce l'omicio di Edoardo Agnelli che Minoli
nega ?
Buonasera
SIGNOR AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA RAI
Sono stato amico di Edoardo Agnelli , ed ho fatto esposti per omicidio,
per incompatibilità tra lesioni riportate e caduta da 84 metri, . Il
09.03.25 sul Corriere Guido Crosetto afferma su EA : Non ho mai creduto
al fatto che si sia suicidato. E non sono il solo.
Nessun canale di informazione Rai l'ha ripreso . Giudichi lei se era di
rilevanza informativa questa dichiarazione e se non crede sia
giunta l'ora di realizzare un servizio obiettivo sulla morte di EA visto
che Minoli , non puo' ignorare i fatti, come e' avvenuto nella puntata
di La storia siamo noi, con un medico legale che deduce le lesioni da
delle foto, ed il gen Garofalo che nega a priori la testimonianza di un
pastore. Soprattutto visto che dopo questa informazione di parte, Minoli
e' diventato
Presidente del Museo d'arte contemporanea del castello di Rivoli
Resto in attesa di una sua risposta.
Buon lavoro.
Marco BAVA
Intervista di Crosetto:
«Se ci sarà la missione Onu, potrebbe esserci anche l’italia»
• Corriere della Sera
• 9 Mar 2025
• Di Aldo Cazzullo e Tommaso Labate
Ministro Guido Crosetto, cuneese, 61 anni, dal 2022 guida la Difesa. Da
allora ha lasciato le aziende di cui era azionista, attive nel campo del
lobbying e delle armi
L’odore del letame, la morte del padre, i due matrimoni,
gli incontri con Edoardo Agnelli — «non credo al suicidio» —,
Ferrero, Marchionne. L’addio a Berlusconi: «Ci disse che Giorgia poteva
andarsene ma io dovevo restare». Le liti e l’affetto con Meloni. Guido
Crosetto anticipa al Corriere la sua autobiografia. E sull’ucraina:
«Prima o poi andrà l’onu, e l’Italia ha sempre partecipato alle missioni
Onu».
Le amicizie: Edoardo Agnelli.
«Lo conobbi una sera a una festa a Torino. Diventammo amici e in certe
giornate condivisi le idee, la cultura e anche le inquietudini di quel
ragazzo così colto, educato, cortese e così introverso da essere
l’opposto del padre, l’avvocato. Lo dico senza problemi: non sono in
possesso di una verità alternativa ma non ho mai creduto al fatto che
Edoardo si sia suicidato. E non sono il solo».
TO.10.07.24
Intervento fatto al Collegio Carlo Alberto di Torino sulla censura
assembleare dell’art.11 del Decreto Capitali
E’ sempre positiva una analisi storica democratica.
Qui in p.za Arbarello a TORINO c'era la Facolta' di Economia ed ho
imparato l’ economia industriale dal prof Goss Pietro.
Che dai 25 anni ho potuto applicare concretamente direttamente con
Gianni Agnelli.
L’invidia dei docenti di Economia di TORINO per questa mia
esperienza formativa , mi e’ costata 16 anni di blocco per la
laurea in Economia a Torino , ottenuta poi in 16 mesi a Novara, a
cui e’ seguita una 2^ laurea in giurisprudenza a Torino per
riabilitarmi con il prof.Dezzani di Economia e Commercio a Torino.
Altri 20 anni mi blocca Economia e Commercio di Torino per l'esame
da dottore Commercialista che poi supero a Roma.
A 30 anni proposi a Gianni Agnelli superFIAT, LA FUSIONE IFI
FIAT , che mi chiese di portare a Cuccia, e che Gabetti e Galateri ,
con cui collaboravo, ed a cui chiesi un aiuto, mi bloccarono.
Umberto Agnelli attraverso Boschetti mi propose di rifare la Stilo,
ma Morchio si oppose .
Muoiono Edoardo Agnelli Gianni Agnelli e Umberto Agnelli
, Gabetti ,attraverso donna Marella e Yaky sceglie Marchionne
che privo di conoscenze automobilistiche, ha lasciato a Yaky la
sola scelta di VENDERE la Fiat che sta progressivamente riducendo la
produzione negli stabilimenti italiani.
A cui Cirio,Urso e Pichetto rispondono rifiutando l’esame del mio
PROGETTO H2 PER AUTOTRAZIONE. Lo trovate sul mio sito
www.marcobava.it. Mentre DENORA ne REALIZZA uno suo IN LOMBARDIA
programmando il più importante stabilimento europeo di
elettrolizzatori per produrre H2 , affiancata da SNAM dopo che se
ne parlato nell’assemblea aperta di Snam 1 mese fa, in cui viene
convita del futuro della produzione dell’H2 con elettrolizzatori che
fara’ appunto con De Nora in Lombardia. Ed io prevedo che seguira’ la
produzione delle auto ad H2 in Lombadia invece che in Piemonte
, che forse saranno finanziate da Unicredito e S.PAOLO. Queste sono
visioni strategiche.
Tutto cio’ mentre a Torino ed in Italia il presidente del S.PAOLO
ispirando l’art.11 fascista
del Decreto capitali, censura, in Italia, unica nel mondo, la
democrazia nelle assemblee, pero’ non applicata da Snam che
forse non e’ un importante cliente di S.PAOLO.
Prof Goss Pietro E’ COSCIENTE dei danni che questa sua censura
democratica sta provocando e provocherà rispetto alla storia del
paese che avete illustrato ?
Perche’ lo sta facendo viste le conseguenze di impoverimento
regionale e nazionale ?
Qual’e’ il fine ? il POTERE FINE A SE STESSO come mi risposte anni
fa Grande Stevens ?
La stessa decadenza si manifesta anche attraverso le assemblee
Juventus in cui, anche se non sono state mai chiuse , sono stato
aggredito 2 volte dallo staff. Tutto cio’ non puo’ che portare alla
vendita della Juve come e’ successo per Fiat portando sempre piu’ il
Piemonte verso la deriva democratica ed economica.
Senza democrazia in economia non ci può essere sviluppo. Siete
d’accordo ?
Per confermare quale fosse il grado di conoscenza che avevo con GA che
mi ha insegnato dare il 5 posso aggiungere che :
soffriva di insonnia per cui leggeva ed alle 12 aveva sonnolenza
amava la boxe
quando aveva una influenza si curava con la penicellina
Sul prof.GP posso invece ricordare:
che ho concordato l'appoggio alla sua prima nomina a presidente di
Intesa S.PAOLO con il prof.Bazoli in cambio di una sua presidenza
onoraria con partecipazione alle decisioni strategiche;
che gli ho proposto una fusione di Unicredito in Intesa S.Paolo
IL GIUDIZIO SPREZZANTE DEL PROF.GROSS PIETRO:
Mb
24.07.25
Aree pubbliche di Milano cedute ai privati I pm: "Vantaggi economici
sproporzionati" monica serra
andrea siravo
milano
Per la procura, la tanto acclamata rigenerazione urbana, difesa dal
sindaco Beppe Sala e dal suo ormai ex assessore Giancarlo Tancredi,
sarebbe stata portata avanti a scapito dei cittadini che di fatto si
sono visti sottrarre verde pubblico, servizi e pezzi di cielo.
Dagli ex scali ferroviari – dove dovrebbe passare la nuova Circle
line milanese – alle caserme e alle piazze: stando alle indagini,
per tutte queste aree da riqualificare, per lo più pubbliche, il
Comune si è affidato a privati stringendo di volta in volta un
Accordo di programma in materia di urbanistica. Uno strumento in cui
la rendita dello sviluppatore immobiliare generato dalla costruzione
di nuovi edifici privati «dovrebbe essere bilanciata da altrettanto
vantaggio per la comunità, anche in termini di salubrità
dell'ambiente, che passa attraverso il risparmio di suolo e la
rigenerazione urbana». Automatismo che per i magistrati diretti
dall'aggiunta Tiziana Siciliano, non sarebbe stato rispettato, per
perseguire «un vantaggio economico assolutamente sproporzionato a
favore del privato e del suo progettista» a fronte di «un
deterioramento ambientale non compensato da adeguati spazi, servizi
e dai requisiti igienico sanitari di aria, luce e veduta delle
abitazioni».
Le parole dei pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici
sono state affidate a una memoria integrativa depositata al gip
Mattia Fiorentini che domani interrogherà i sei indagati nella maxi
inchiesta sulla presunta corruzione nell'urbanistica milanese per
cui sono stati chiesti gli arresti domiciliari (l'assessore
Giancarlo Tancredi che ieri si è dimesso e il re del mattone,
Manfredi Catella) o in carcere (l'ex presidente della Commissione
paesaggio, Giuseppe Marinoni, l'architetto Alessandro Scandurra e
gli imprenditori Andrea Bezziccheri e Federico Pella).
«Le aree interessate da varianti particolari al Pgt, quasi tutte
pubbliche o ex pubbliche, spaziano da quelle non edificate, come
Goccia-Bovisa e Cascina Merlata, a quelle in cui sono stati
aggravati in modo rilevante i carichi urbanistici, per effetto della
demolizione di vecchi fabbricati di altezze limitate e la
realizzazione di nuovi insediamenti di altezza e volumi di gran
lunga superiori», osservano i pm. Il tutto in una situazione in cui
l'obiettivo era anche quello di semplificare la norma che regola gli
accordi di Partenariato pubblico privato «per poter portare avanti
nell'ombra i progetti espansionistici» e «occultarli ancora meglio
agli occhi del pubblico» , come si evince dalla «paradigmatica» chat
tra Carlo Masseroli, ex assessore all'urbanistica della Giunta
Moratti e dal 2022 manager di Nhood, e il presidente Marinoni. Gli
accordi devono essere «senza regole né contenuti immagino», scrive
Masseroli. «Ovvio – risponde Marinoni –Ma questo per noi è pure
meglio. ...dà maggiore legittimazione ai ppp (partenariato
pubblico-privato)».
Emblema di «accordi non dichiarati e occulti tra il livello politico
e il faccendiere spregiudicato infiltrato nelle maglie
dell'amministrazione», sottolineano i pm, è il caso dei nove nodi e
delle porte metropolitane con il patrocinio del Comune «finalizzato
a realizzare il pgt ombra di Marinoni con l'ausilio dell'assessore
Tancredi». Che ci debba invece essere un interesse pubblico a
giustificazione di una deroga al Piano di governo del territorio,
per i pm, lo dicono un Rapporto del governo Monti del 2013, l'Anac e
il Consiglio di Stato: fondamenta dell'accusa.
Gli accertamenti non riguardano solo le presunte violazioni della
materia urbanistica ma anche quelle ipotetiche di natura fiscale.
Nel mirino del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf
finiscono bonifici per 6,5 milioni di euro «senza causale» o con
«causali criptiche», per l'accusa, versati sui conti di alcune
società riconducibili al costruttore Andrea Bezziccheri,
l'imprenditore già coinvolto in diversi filoni d'inchiesta come
quello del palazzo nel cortile di piazza Aspromonte, da cui sono
partite le indagini.
Tra le cose che la procura vuole verificare c'è anche un contributo
elettorale da 2mila euro ricevuto nell'ottobre del 2021 da Giuseppe
Sala (tra i 74 indagati), a poche settimane dalla riconferma a
sindaco di Milano. Il benefattore è Real Step, immobiliare impegnata
nella riqualificazione di un palazzo ex industriale in zona Certosa,
i cui terreni sono stati acquistati nel 2022. —
IL REGNO ASOLUTO DI LAUS-GRIPPO STILE PD:
L'inchiesta sul deputato dem Laus
e l'assessore ai Grandi eventi Carretta
Case usate per scopi privati e stipendi non giustificati L'imbarazzo
del Pd a Torino
andrea bucci
elisa sola
Soldi della cooperativa usati per fini privati. Finanziamenti
erogati dallo Stato dirottati su conti correnti personali. Case
sparse tra Torino, Riva del Garda e Roma. Elenchi di giornate che
sulla carta figurano lavorative, svolte per la società Rear. Ma gli
assunti sarebbero stati altrove. A Roma, in Parlamento. O a Torino,
in consiglio comunale. Nei giorni in cui a Milano esplode la bufera
sull'urbanistica, un altro caso imbarazza il Pd. Questa volta a
Torino.
Il pm Alessandro Aghemo ha chiuso, con otto indagati, l'inchiesta su
Rear, la società cooperativa fornitrice di servizi per enti pubblici
e privati di cui il deputato Pd Mauro Laus è socio, anche se
l'accusa lo considera qualcosa di più: l'uomo che gestisce il
colosso dei servizi e della logistica di Torino da una quindicina
d'anni. Rear sarebbe stata gestita, di fatto, da Laus, come una
grande famiglia. L'onorevole avrebbe fatto assumere la moglie, la
cognata e i due figli. Tutti figurano indagati. Non solo. Laus
avrebbe coinvolto in Rear anche due suoi fedelissimi: Domenico
Carretta, assessore allo sport della Città di Torino. E Maria Grazia
Grippo, presidente del consiglio comunale.
A tutti la procura contesta la malversazione di erogazioni
pubbliche. A Laus e ai suoi familiari, e al presidente di Rear,
Antonio Munafó, anche l'infedeltà patrimoniale.
In sostanza, secondo l'accusa, la società sarebbe stata gestita da
Laus come una ditta privata. Così il confine tra società e privato,
tra lecito e illecito, sarebbe diventato molto labile, anno dopo
anno.
A Laus come socio, alla moglie Maria Cardone, alla cognata Valeria
Cardone e ai figli Giuseppe e Vittorio, gli investigatori della
Guardia di finanza contestano di avere avuto «interessi in conflitto
con quelli della società» e di avere deliberato «al fine di
procurare un vantaggio, atti di disposizione di beni sociali
cagionando intenzionalmente alla società un danno patrimoniale». La
moglie di Laus, ad esempio - è questo uno dei fatti contestati -
avrebbe concesso alla Rear un alloggio in zona Santa Rita a Torino,
per un canone annuo di 6. 700 euro. Ma la casa sarebbe stata usata
dalla famiglia Laus «per fini privati» dal 2019 al 2022. «Chi vive
qui? Noi vediamo la madre dell'onorevole Laus, ogni tanto anche lui
la va a trovare», dicono i vicini del palazzo, poco distante dallo
stadio Olimpico.
A Riva del Garda invece, località dove, secondo l'ipotesi
dell'accusa, Laus sarebbe andato in vacanza, una casa e un box
sarebbero stati affittati alla Rear rispettivamente per 9.700 euro e
16.800 euro all'anno, anche se in realtà qui non sarebbe stata
svolta alcuna attività lavorativa di Rear.
A Roma, in via della Stelletta, un alloggio storico sarebbe stato
concesso in affitto alla cooperativa per 33.600 euro annui. Anche in
questo caso gli investigatori non hanno dubbi: Laus sarebbe venuto
qui a dormire nei giorni in cui era in Parlamento. Figura come
immobile «usato per scopi privati». Così come anche un altro
alloggio in via dell'Arcivescovado a Torino, pieno centro.
Anche il secondo capitolo dell'inchiesta riguarda l'uso disinvolto,
per la procura, dei soldi di Rear. È un capitolo che si intitola
«stipendi erogati ai lavoratori della Rear in assenza di una
prestazione lavorativa da loro fornita». Prendendo come anno di
riferimento il 2021, Laus avrebbe percepito da Rear 190.534 euro.
Tra il 2018 e il 2021, l'onorevole avrebbe dichiarato come
lavorative 787 giornate. Ma, secondo gli investigatori, ne avrebbe
trascorse 205 in Parlamento. Ecco perché gli viene contestata la
malversazione. Come a Carretta, socio dal 2011 e «impiegato di
livello C». L'assessore si sarebbe fatto mettere in aspettativa dal
1 novembre 2021, con uno stipendio annuale di 29.235 euro. Ma dal 10
giugno 2021 al 29 ottobre 2021 Carretta avrebbe dichiarato di avere
lavorato in Rear 80 giornate nelle quali, per la procura, sarebbe
invece stato «assente». E dal 14 aprile 2016 al 22 giugno 2021
Carretta sarebbe stato occupato in consiglio comunale anziché nella
società per 27 giornate. Un'analoga contestazione viene mossa a
Grippo, ma per un numero inferiore di date. I figli di Laus
sarebbero stati, anziché in Rear, all'università, per una ventina di
giornate ciascuno. Sempre riguardo agli stipendi, non è chiaro - e
questo è il terzo punto dell'indagine - come sarebbero stati usati
tre milioni di euro ottenuti dallo Stato nel 2021. Soldi destinati a
pagare gli stipendi dei lavoratori piegati dalla pandemia. Gli
indagati li avrebbero incassati, forse senza averne diritto.
Il quadro è provvisorio. Gli indagati scelgono la linea del
silenzio. Non parlano Maria e Valeria Cardone, difese dagli avvocati
Gianluigi Datta e Carlo Dattilo. L'avvocato di Laus, Maurizio
Riverditi, dice: «Il mio assistito ha manifestato piena
disponibilità a rendere dichiarazioni ai magistrati, per chiarire
ogni aspetto, nella convinzione che ogni dubbio sulla correttezza
delle sue determinazioni potesse essere fugato. Si tratta di
questioni di natura esclusivamente operativa, su cui peraltro è già
intervenuta un'ispezione ministeriale che ha consentito di fare
piena chiarezza. I profili di indagine non hanno alcun collegamento
con l'attività politica svolta da Laus, Carretta e Grippo, né
attengono in alcun modo agli appalti aggiudicati dalla società». —
Veniva dall'Etiopia, era al nono mese di una gravidanza difficile
Una ong l'aveva strappata ai trafficanti. Ma nessuno l'ha soccorsa
La tragedia di Quftu morta di torture a 19 anni nell'inferno della
Libia
don mattia ferrari
Sorella, perdonaci. Sono queste le parole che sentiamo nel nostro
cuore dopo la morte di Quftu Abu Wahelow, una nostra amica,
l'ennesima vittima della violenza ai danni delle persone migranti.
Quftu era una rifugiata etiope. Aveva 19 anni ed era al nono mese di
gravidanza. È morta a Tripoli, nel grande buco della coscienza
europea.
Quftu era nata nel villaggio di Aje, nella zona di Arsi Lixa,
distretto di Shala, in Etiopia. Dopo la morte del padre, la
situazione per la famiglia era diventata completamente
insostenibile. Per aiutare la madre e gli altri familiari, avevano
dovuto prendere la difficile decisione di migrare e si erano
trasferite ad Addis Abeba. In quella città, alla fine del 2023, un
intermediario sudanese le ingannò con false promesse di lavoro.
Furono portate oltre confine in Sudan e poi vendute a trafficanti in
Libia. A Kufra, furono tenute prigioniere in un magazzino, vendute
per 100.000 dinari libici ciascuna, e sottoposte a stupri
sistematici, percosse, fame e torture per oltre un anno.
Quando erano ancora detenute a Kufra, alla fine di ottobre 2024 il
loro caso fu segnalato per la prima volta a Refugees in Libya, il
grande movimento popolare che si occupa di trasmettere il grido dei
migranti e di organizzare insieme alla società civile e in dialogo
con le istituzioni la solidarietà concreta. Da quel momento il caso
è stato seguito attentamente. Refugees in Libya ha documentato la
condizione di Quftu, identificando i suoi carcerieri e coinvolgendo
ogni attore possibile per esercitare pressioni per la sua
liberazione. All'inizio di giugno 2025 Quftu e sua sorella sono
finalmente state liberate e portate a Tripoli. Quftu era ormai alle
ultime settimane di gravidanza, fisicamente distrutta e mentalmente
devastata.
Una volta a Tripoli, Refugees in Libya ha più volte accompagnato
Quftu presso l'ufficio dell'Unhcr, chiedendo cure mediche e la
registrazione come richiedente asilo.
Nei giorni scorsi la gravidanza di Quftu stava giungendo al termine
e iniziava il travaglio. Refugees in Libya l'ha accompagnata in
diversi ospedali, ma tutti l'hanno rifiutata. Alla fine l'ha accolta
l'ospedale Shaara Zawiya, ma era troppo tardi. Non sono riusciti a
salvarla ed è morta.
Quftu non è morta a causa della guerra o di una malattia. È morta
perché le è stata negata protezione. La sua morte è conseguenza
della violenza strutturale e della globalizzazione
dell'indifferenza. La morte di Quftu grava sulla coscienza di tutti
noi. È dal 2017 che i respingimenti in Libia avvengono con i
finanziamenti e gli allestimenti da parte dell'Italia. Che cosa
stiamo facendo per debellare la mafia libica, che tiene in piedi un
sistema criminale di traffico di esseri umani e non solo e che si è
inserita negli apparati militari che gestiscono i respingimenti che
l'Italia e l'Unione Europea finanziano? Che cosa stiamo facendo per
debellare il sistema dei lager, per fermare i trafficanti? Le
responsabilità di ciò che avviene in Libia non sono solo delle
scelte delle istituzioni. Il cinismo delle politiche infatti si
salda con l'indifferenza della popolazione. Quell'indifferenza che
ci rende complici di ciò che avviene. Quftu è l'ennesima vittima di
questo sistema.
Non siamo riusciti a salvare Quftu, ma ci sono ancora tante altre
vite a rischio, che potremmo salvare.
Sua sorella, ora a Tripoli, si trova oggi in una situazione simile.
Anche lei è privata dei servizi essenziali, nonostante la gravità
della sua condizione e i ripetuti appelli di Refugees in Libya. Se
ci fosse uno scatto delle nostre coscienze, un risveglio del nostro
senso di umanità e di giustizia, potremmo salvarne tante.
Papa Francesco seguiva personalmente la situazione di Quftu e di sua
sorella e sosteneva gli sforzi per accompagnarle. Esattamente tre
mesi dopo la morte di Papa Francesco, Quftu ha raggiunto in Cielo
colui che era il padre che sentivano concretamente vicino anche nei
momenti più difficili.
Quftu, sorella, perdonaci. E insieme a Papa Francesco prega per noi,
perché possiamo diventare capaci di amare di più. Perché possiamo
ascoltare l'invito all'amore che risuona oggi nel Magistero di Papa
Leone e della Chiesa. Perché possiamo sentire nel nostro cuore che
tu e le altre persone che bussate alle nostre porte siete nostri
fratelli e sorelle e solo insieme a voi potremo salvarci. —
IL POTERE DI GIORGETTI: gli incarichi
Da Nexi a Stm nomine contestate per l'ex dg Sala
Era il 30 aprile quando, dopo settimane di indiscrezioni, Marcello
Sala rassegna le sue dimissioni da direttore generale del Mef. Non
passano nemmeno una manciata di ore che viene annunciato il suo
ingresso nel cda di Nexi, il colosso dei pagamenti digitali
controllato da Cdp e da fondi di private equity, dove diventa
presidente. Una mossa attesa ma che già prima dell'ufficialità aveva
sollevato polemiche per possibili questioni relative a una presunta
inconferibilità dettata dal cosiddetto "pantouflage" che impedisce
l'assunzione di cariche in società di cui si è stati vigilanti:
questione poi superata perché la presidenza di Nexi non prevede
ruoli operativi. Contestualmente il ministero guidato da Gancarlo
Giorgetti prepara anche un altro incarico per l'ex dirigente: un
posto nel consiglio di sorveglianza di StMicroelectronics. Due ruoli
di spessore, che dovrebbero consentire a Sala un buon
"riposizionamento". Eppure non tutto fila liscio e l'incarico in Stm
slitta tanto che ora sembra del tutto sfumato. Non solo. La Consob
nei giorni scorsi ha sollevato una questione anche per Nexi: la sua
nomina a presidente risponde a un profilo indipendente, come è stato
accertato dalla società, oppure il nuovo ruolo dell'ex capo del
dipartimento Economia del Mef deve essere riqualificato come
consigliere non indipendente? L'organo di controllo del mercato
finanziario lo chiede in una lettera inviata al ministero e
all'azienda. Una questione che emergerebbe dal codice di
autodisciplina delle società quotate e che non mette in dubbio la
presidenza, perché non ci sarebbe incompatibilità per legge ma pone
un tema di qualificazione dell'incarico. Per il Mef il punto non si
pone e sarebbe pronta una risposta per controbattere alla Consob. Ma
intanto resta aperto anche il capitolo Stm: il nome di Sala è stato
bocciato già due volte. Per il ministero, la sua candidatura resta
l'unica possibile ma nel frattempo l'Italia, sottorappresentata tra
i consiglieri, rimane in una posizione di debolezza del board che di
fatto impedisce a Roma il diritto di veto. cla. lui. —
SIBILLISMO : Dopo il caso Gallo, chiuse le indagini sulla Rear. Al
centro, con il deputato, anche l'assessore Carretta e la presidente
del Consiglio Grippo
Pd, nuovo scossone giudiziario tra i riformisti In chat la serenità
di Laus e lo sconforto dem
ANDREA JOLY
GIULIA RICCI
Dopo l'inchiesta Echidna sull'ex Salvatore Gallo, un'altra grana
giudiziaria colpisce le alte sfere del Pd piemontese. E a farne le
spese è soprattutto l'ala riformista, che vede vacillare un'altra
sua colonna portante. Ieri la procura ha chiuso l'inchiesta Rear, la
società cooperativa di cui è socio il deputato Pd Mauro Laus.
Indagati, tra gli altri, anche l'assessore comunale ai Grandi eventi
Domenico Carretta e la presidente del Consiglio Maria Grazia Grippo.
Laus, che per i magistrati sarebbe di fatto colui che gestisce la
coop, è anche il leader di una delle correnti più importanti del
partito. È a lui, in qualità di kingmaker, che si devono i congressi
unitari che hanno incoronato Domenico Rossi in segretaria regionale
e Marcello Mazzù in quella torinese. A lui è sempre stato legato a
stretto filo il consigliere dem Daniele Valle, per mesi candidato in
pectore alle Regionali e oggi rappresentante piemontese di Energia
popolare, l'associazione che fa capo a Stefano Bonaccini. E non
ultimo, di Laus è noto l'impegno per la candidatura a sindaco di
Stefano Lo Russo.
Il primo cittadino, in uscita dalla seduta del Consiglio comunale
presieduta proprio da Grippo, ribadisce la sua linea: «Sapete che
non commento mai le vicende giudiziarie. Non lo faccio per le
sentenze, non lo faccio nemmeno per la chiusura dell'inchiesta».
L'indagine, per lui, non attiene in alcun modo all'attività politica
di Carretta e Grippo. Lo stesso discorso già affrontato per
l'assessore Marco Porcedda – indagato nell'ambito di un'inchiesta
poi archiviata per abuso d'ufficio e rivelazione del segreto
istruttorio – e per il collega Paolo Mazzoleni, indagato nell'ambito
di alcuni filoni della più ampia inchiesta sull'urbanistica
milanese.
La maggioranza in Sala Rossa fa quadrato intorno ai suoi: «Piena
fiducia nei colleghi: proveranno la loro estraneità ai fatti
eventualmente contestati», dice il capogruppo Claudio Cerrato. Sulla
stessa linea gli alleati di Sinistra Ecologista («Siamo garantisti
in attesa di un confronto di maggioranza», dice Sara Diena) e dei
Moderati («Piena solidarietà, spero che questo non sarà l'occasione
per i soliti sciacalli di puntare il dito verso la pagliuzza negli
occhi degli altri», commenta il leader Domenico Portas). Dichiara
anche la deputata Chiara Gribaudo, schleiniana: «Noi non siamo
garantisti a fasi alterne, vediamo l'evolversi della situazione ma
sono sicura che tutto verrà chiarito presto».
Ma tra i banchi della Sala Rossa e nelle chat di partito,
soprattutto tra i militanti e i vertici di quell'ala riformista già
colpita dal caso Gallo, volano messaggi di «sconforto» e
«rammarico». Diversi, invece, i toni che avrebbe utilizzato lo
stesso Laus nella chat dei deputati pd. Con un messaggio l'onorevole
avrebbe condiviso la sua «fiducia» sul futuro delle indagini e la
maggiore "serenità" di chi «finalmente» ha smesso di aspettare e ha
potuto «fare accesso agli atti», come riporta la nota del suo
avvocato Maurizio Riverditi: «È un atto che attendevamo da tempo». —
A CHI VIENE IMPUTATO L' OMICIDIO STRADALE ?dal 31 luglio al campus
einaudi
Navette a guida autonoma, via ai test
Dal 31 luglio le navette a guida autonoma circoleranno al Campus
Einaudi. Seguiranno un percorso ad anello (corso Regina, corso
Tortona, lungo Dora Siena), con 5 fermate. Sarà una fase di test,
cui da metà settembre seguirà quella con passeggeri a bordo. L'ha
riferito ieri in Sala Rossa l'assessora alla Mobilità, Chiara
Foglietta, rispondendo al consigliere Pierlucio Firrao (Torino
Bellissima). d.mol. —
Nel Torinese e Pinerolese anomalie, in alcuni casi perizie fatte
prima della denuncia. Nel mirino gli Ambiti di caccia
Rimborsi per danni da cinghiali la Procura indaga su sospette truffe
gianni giacomino
La Procura sta indagando sugli ultimi anni di gestione degli Ambiti
di caccia della collina Torinese, del Pinerolese e dell'area sud,
quella di Carmagnola, Carignano, Poirino e altri centri. Realtà che
raggruppano circa 1200 doppiette. Tutto parte da un lungo esposto
del commissario straordinario Remo Calcagno presentato tempo fa agli
inquirenti dopo aver analizzato i dati dei bilanci degli ultimi
dieci anni di attività amministrativa dei Comprensori. Soprattutto
per quanto riguarda la gestione dei fondi regionali dedicati al
ristoro dei danni prodotti ai campi e alle coltivazioni dalla fauna
selvatica. Questo perché proprio gli Ambiti di caccia sono
responsabili della gestione faunistica e quindi dei disastri che
combina, soprattutto i cinghiali. Raccolgono le denunce di
agricoltori e allevatori, fanno stimare i danni e procedono al
ristoro.
Da quello che risulta a Calcagno che si è rivolto all'avvocato
Gianluigi Marino in questi anni sarebbero state commesse delle
irregolarità molto sospette per ottenere dei risarcimenti sospetti.
In questa direzione, nei giorni scorsi, i carabinieri hanno già
effettuato un blitz nella sede Atc di Chieri dove hanno acquisito
della documentazione e ascoltato alcuni dipendenti. «Dalla mia
disamina è emerso che la stragrande maggioranza delle pratiche è
viziata da delle irregolarità macroscopiche che non potevano
sfuggire all'occhio di chi avrebbe dovuto effettuare i controlli» –
riflette l'ex commissario straordinario, nominato nel luglio di un
anno fa dalla Città Metropolitana che decise di sciogliere il
comitato di gestione per dei "comportamenti anomali". Tra i quali la
mancata approvazione del bilancio del 2022 e la mancata
comunicazione sui danni da fauna selvatica da risarcire
relativamente al 2016. L'indagine ruota proprio intorno alle
procedure seguite per l'accertamento e la quantificazione dei
risarcimenti rendicontabili alla Regione e quindi erogabili a chi ha
subito danni. «Per l'anno 2019 negli archivi dell'Atc To5 abbiamo
verificato 113 fascicoli di richieste di danni da parte di singoli
agricoltori e aziende – spiega Calcagno – solo l'8% di queste è
risultato inaccoglibile. E ben 87 presentavano problemi con i tempi
delle perizie».
Qualche esempio? In un caso un agricoltore chiese un sopralluogo
urgente, da effettuare in una settimana, per 102 quintali di patate
distrutte. La perizia fu svolta dopo ben 70 giorni – un tempo nel
quale il tubero si è senz'altro deteriorato – con un rimborso di
6840 euro calcolato però su 120 quintali. In un altro caso la
perizia sarebbe stata fatta addirittura due giorni prima della
denuncia della quantificazione del danno.
Gli investigatori stanno poi controllando anche le regolarità di
timbri e firme apposti sui documenti che, ogni anno, vengono
presentati alla Regione per la richiesta di circa 100 mila euro,
solo per il Torinese. Che nel settore ci sia un bel po'di tensione
lo dimostra la decisione di Coldiretti di non votare i bilanci degli
Ambiti territoriali di caccia e dei Comprensori alpini riferiti al
2024. La protesta di Coldiretti Torino e delle altre federazioni
provinciali del sindacato agricolo è rivolta contro la decisione
della Regione di pagare soltanto l'83% dell'ammontare dei danni da
fauna selvatica per l'anno 2024.
«L'astensione sui bilanci è un atto estremo che non avremmo mai
voluto adottare – fa notare il presidente di Coldiretti Torino,
Bruno Mecca Cici e vicepresidente regionale con delega alla fauna
selvatica – Ma siamo davvero stufi. Ambiti Territoriali e
Comprensori alpini integrano il contributo regionale appena con un
10% di risorse proprie. Il risultato è che agli indennizzi dei danni
da cinghiale manca il 17% dei danni accertati, cioè dovuti».
Nei giorni scorsi la Regione ha approvato lo stanziamento di 3. 604.
844, 99 euro per i danni del 2024, un risarcimento che è, appunto,
appena l'83% dei danni periziati, quantificati in 4. 639. 293, 72
euro complessivi.
23.07.25
Marco Malfatti Dal suo esposto è nata l'inchiesta sulla gestione
urbanistica
L'inquilino che ha fatto partire la valanga "C'era una maxi ruspa in
giardino e feci denuncia"
NINA FRESIA
MILANO
«Non credevamo possibile costruire un palazzo di 27 metri in un
cortile di quelle dimensioni. Per quattro anni il cantiere ha
stravolto le nostre vite», racconta Marco Malfatti, residente di
piazza Aspromonte a Milano. Da qui è partita l'inchiesta sulla
gestione urbanistica della città che settimana scorsa ha travolto
anche Palazzo Marino. Tutto è iniziato con un esposto presentato in
Procura nel 2022 dagli abitanti della zona, assistiti dall'avvocata
Veronica Dini, contro la costruzione dell'Hidden Garden, un edificio
di sette piani e oltre 40 appartamenti. La nuova palazzina sorge ora
all'interno di un cortile circondato da case in stile anni Trenta.
Dello stesso periodo la villetta di tre piani che è stato necessario
abbattere per realizzare il nuovo progetto, un abuso edilizio
secondo chi nella zona ha visto e sentito i lavori procedere dalla
finestra di casa.
Cosa vi ha spinto a presentare un esposto?
«Ci sembrava impossibile che nel cortile in cui stava una palazzina
di tre piani potesse starcene una da sette. In questo modo non
possono essere garantite ai residenti le giuste condizioni di
sicurezza e privacy di cui hanno sempre goduto. Gli amministratori
dei condomini vicini hanno quindi chiesto l'accesso agli atti
riguardanti il progetto, ma i tempi si allungavano ed era difficile
ottenere informazioni. Questo ci ha insospettiti e ha messo in moto
la protesta».
È stato difficile convivere con i lavori?
«Abbiamo dovuto subire per quattro anni un cantiere che ha stravolto
le nostre vite e la zona in cui abitiamo. C'erano muri che cadevano
sotto i nostri occhi, eravamo sommersi dalle polveri. E mentre i
camion distruggevano un cortile che ancora non è stato ricostruito,
è sparita una bellissima villa in stile anni Trenta per fare spazio
al palazzo».
L'imprenditore di Bluestone Andrea Bezziccheri, coinvolto
nell'inchiesta, in passato ha lamentato il fatto che alcuni
residenti hanno bloccato fisicamente l'ingresso del cantiere...
«C'era una ruspa di 20 metri e 30 tonnellate che cercava di entrare
dentro a un cortile con tre palazzine di inizio Novecento. Le
famiglie che in quelle case ci abitano si sono quindi preoccupate e
si sono opposte. Non era una situazione sicura: sotto alla
pavimentazione del cortile passano tubature del gas che rischiavano
di essere danneggiate».
Vi aspettavate che a partire dal vostro esposto si sarebbe poi
sviluppata questa inchiesta?
«Ci siamo sempre chiesti come una cosa del genere potesse accadere a
Milano: prima o poi qualcuno l'avrebbe scoperto». —
Il manager: "Sempre operato in modo legale"
Porto di Trieste, il commissario Gurrieri accusato di riciclaggio
per le consulenze Sembrava uno scontato passaggio di consegne all'insegna della
continuità, invece la transizione al Porto di Trieste e Monfalcone
dalla gestione di Zeno D'Agostino a quella di Antonio Gurrieri si
sta rivelando molto complessa. L'ultimo ostacolo è un avviso di
garanzia giunto a Gurrieri per riciclaggio. Reato che, se fosse
confermato, sarebbe stato commesso in ambito privatistico. A
Gurrieri, commissario straordinario dell'Autorità portuale
dell'Adriatico orientale e presidente in pectore, sono contestati
versamenti di denaro di anni fa privi di causale che la Guardia di
Finanza ha individuato nella sua posta personale nel corso di una
ispezione fiscale. L'assenza di causali viene interpretata dagli
investigatori come proventi illegittimi di denaro. Si tratta di
ingenti somme versate da società asiatiche alla Mmg, società
austriaca fondata da Gurrieri nel 2016 che si occupa di consulenza e
formazione nel settore dei trasporti. «Sono certo di poter
dimostrare di aver agito nella legalità, in piena trasparenza. Ho
avuto un incontro con i magistrati durante il quale ho rilasciato
una dichiarazione spontanea» precisa Gurrieri annunciando che con il
suo avvocato presenterà «una memoria al pm competente, certi che la
vicenda verrà presto archiviata» . Il manager ha annunciato che farà
«chiarezza» . Dunque, «non consentirò a nessuno di offuscare
trent'anni di rispettata e onorata carriera», conclude Gurrieri. —
Le chat tra l'assessore e Marinoni. E la Finanza acquisisce i
documenti di tutti progetti in conflitto d'interessi
Tancredi: "Abbiamo un problema Olimpiadi" La Procura sequestra gli
atti sullo studentato monica serra
milano
«In effetti c'è un problema Olimpiadi…». Sono i primi di luglio del
2022 e la Commissione paesaggio ha appena espresso parere favorevole
condizionato alla realizzazione del Villaggio Olimpico per
Milano-Cortina, che rientra nel «Piano di Intervento Integrato Scalo
di Porta Romana», uno tra quelli che l'assessore Giancarlo Tancredi
nella ricostruzione della procura aveva più a cuore, e su cui
manifestava le sue preoccupazioni. Nel «costante flusso di
sollecitazioni su interventi edilizi oggetto delle valutazioni da
parte della Commissione», è lui a scrivere su WhatsApp al presidente
Giuseppe Marinoni per chiedere aggiornamenti a quello che i pm
definiscono uno «spregiudicato faccendiere».
Tancredi – che con gli altri sarà interrogato dal gip Mattia
Fiorentini mercoledì – scrive nella chat agli atti: «Posso chiederti
la cortesia di trasmettere il parere del Villaggio Olimpico entro le
10 di lunedì?». E Marinoni risponde: «Giancarlo quando ricevi il
parere e vuoi parlarne chiama pure... ho la sensazione che siano
preoccupati... o se vuoi la bozza in anticipo te la mando».
Tancredi: «Ok parliamone martedì. In effetti c'è un problema
Olimpiadi…».
Il progetto per lo studentato post Villaggio Olimpico in Porta
Romana della Coima di Manfredi Catella, infatti, passa per un iter
tortuoso in Commissione, tra pareri contrari e condizionati. Alla
fine, tutto si sblocca nel marzo del 2024 grazie al voto favorevole
dell'architetto Alessandro Scandurra, in «palese conflitto
d'interesse» con il colosso del re del mattone.
Non è un caso, infatti, che su questo e su un altra ventina di
progetti si concentrino ora le indagini dei magistrati del pool
diretto dall'aggiunta Tiziana Siciliano e dal procuratore Marcello
Viola. Nei giorni scorsi, in occasione delle perquisizioni a palazzo
Marino e negli uffici di imprenditori e progettisti indagati,
infatti, i finanzieri hanno sequestrato tutta la documentazione
relativa ai progetti in odore di conflitto di interessi con i membri
o il presidente della Commissione paesaggio. Tra questi figurano,
oltre allo studentato del Villaggio olimpico, il Pirellino, le Corti
di Bayres e i Bastioni di Porta Nuova 19.
Secondo quanto ricostruiscono gli inquirenti, il 7 marzo del 2024 la
Commissione dà il via libera al progetto relativo al Villaggio
Olimpico grazie al voto di Scandurra. Ma dalla chat di WhatsApp tra
lui e Marinoni, emerge come Scandurra proprio qualche istante prima
del voto avrebbe segnalato la propria «incompatibilità» in quanto
«da tempo impegnato nello studio per la realizzazione dello
studentato» con 1.700 posti letto a cui erano destinate le palazzine
al termine delle Olimpiadi invernali. Ma, sottolinea la Gdf, con la
seduta in corso, sarebbe stato proprio Marinoni a chiedere
all'architetto di «partecipare ugualmente alla valutazione del
progetto, sollevandolo dall'obbligo di segnalare il conflitto di
interessi». Chiede Marinoni in chat: «Sei in conflitto con Coima?».
Scandurra: «Si, sto studiando lo studentato», precisando poi:
«Contratto ancora non firmato». Così arriva la benedizione di
Marinoni: «Mi dicono che non sei in conflitto. Se il contratto non è
firmato, collegati». E gli invia il link per permettergli di votare
da remoto e sbloccare la situazione.
«Negli intrecci di corruzione» che emergono dagli accertamenti, i pm
Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici definiscono
Scandurra «una figura inquietante di professionista che ha
totalmente utilizzato la funzione di membro della Commissione per il
paesaggio per coltivare gli interessi privati propri e dei suoi
clienti imprenditori, tra cui, appunto, la Coima di Catella».
Nell'informativa del 14 maggio, il Nucleo di polizia economico
finanziaria della Gdf sottolinea la «palese incompatibilità del
membro della Commissione a partecipare alla valutazione» dello
studentato e degli altri progetti di Coima, per cui da tempo lavora.
E questo perché dal 31 luglio del 2023, lo Scandurra studio
architettura srl ha fatturato più di 138 mila euro al colosso di
Catella.
Sono tanti i nomi eccellenti coinvolti dalle indagini che hanno
travolto il sindaco Beppe Sala che, per anni, nonostante i fascicoli
d'inchiesta che si moltiplicavano, ha rivendicato il suo modello
Milano. Tra questi c'è anche Ada Lucia De Cesaris, vicesindaco con
delega all'Urbanistica dal 2011 al 2015 durante la giunta di
Giuliano Pisapia, oggi avvocata amministrativista che assiste le
aziende del settore. È accusata di tentata concussione: per i pm
avrebbe esercitato una «costante ingerenza» su Tancredi e, più in
generale, «nelle vicende interne all'Amministrazione comunale,
persino nelle fasi decisionali che sono prerogativa della parte
politica». Davanti agli accertamenti della Gdf che si moltiplicavano
in Comune, era sempre lei a consigliare a Tancredi: «Devi fermare i
nuovi cantieri. Bisogna mollare un po', vi travolgono». —
22.07.25
LE COLPE DELLA MELONI : Giuseppe Busia
"Con l'abolizione dell'abuso d'ufficio sdoganato il conflitto di
interessi"
irene famà
roma
«Una serie di scelte legislative recenti, a partire dall'abrogazione
dell'abuso d'ufficio, hanno indebolito le garanzie sull'imparzialità
dell'amministrazione e ridotto gli anticorpi contro i tanti
"furbetti" che vogliono approfittarne». Giuseppe Busia, presidente
dell'Anac, Autorità nazionale anticorruzione, parte dalla maxi
inchiesta di Milano per una riflessione su quanto stiano aumentando
i rischi corruttivi e il connesso pericolo di perdita di denaro
pubblico e di credibilità delle istituzioni.
Presidente Busia, ripartono le grandi inchieste sulla corruzione e,
come ai tempi di Tangentopoli, è la procura di Milano a dare il via?
«Di fronte a questa, come per tutte le inchieste giudiziarie,
occorre, da un lato, lasciar lavorare la magistratura in piena
serenità e senza ingerenze. E, dall'altro, assicurare a tutte le
persone coinvolte la presunzione d'innocenza ed il diritto di
difendersi senza essere esposte ad una gogna pubblica».
Tuttavia, è ovvio che un caso tanto rilevante sia oggi al centro del
dibattito politico.
«La politica, più che dividersi fra colpevolisti e innocentisti in
questa vicenda specifica, dovrebbe interrogarsi su quali misure
abbiamo per evitare che casi quali quelli ipotizzati dalla procura
possano verificarsi a Milano o altrove, e se stiamo facendo
abbastanza per rendere più difficile che qualcuno possa usare gli
incarichi pubblici per trarre vantaggi personali a danno della
collettività».
E da questo punto di vista, qual è la lezione che viene
dall'inchiesta di Milano?
«Purtroppo, quello che appare è un quadro di garanzie che si va
indebolendo: basti pensare all'abrogazione dell'abuso d'ufficio».
Come si inserisce in questo contesto?
«Tale reato puniva anche i casi in cui il dirigente o il politico,
pur essendo in conflitto di interessi, non lo dichiarava e
partecipava ad un procedimento o a una votazione invece di
astenersi. Prima ancora di dover andare a verificare se la decisione
assunta sia stata la conseguenza di un beneficio ricevuto come, per
esempio di una consulenza più o meno fittizia, il fatto stesso di
avere avuto un qualunque rapporto professionale con una impresa,
escludeva quel dirigente o funzionario dalla possibilità di prendere
parte al processo decisionale».
Con l'abolizione dell'abuso d'ufficio, però, questa condotta non
viene più sanzionata penalmente.
«È sanzionata solo dal punto di vista amministrativo e la strada è
tutta in salita. Innanzi tutto, occorre presentare ricorso,
sopportandone i costi. Inoltre bisogna farlo in tempi molto stretti.
Infine possono farlo solo i soggetti più direttamente interessati,
mentre manca, a differenza del penale, la tutela che viene da chi
agisce in nome della collettività».
Via libera ai "furbetti"?
«Diciamo che ora è più facile che i furbetti abbiano la meglio e in
questo caso a pagare sono le imprese oneste. E naturalmente anche i
cittadini che patiscono scelte fatte a vantaggio di pochi, invece
che della collettività».
Le regole sul conflitto di interessi valgono almeno quando si
assegnano gli appalti?
«Anche su questo, purtroppo, il nuovo codice dei contratti ha fatto
passi indietro, e richiede che a dimostrare il conflitto di
interessi sia chi lo lamenta e non l'amministrazione, che dovrebbe
invece assicurare l'imparzialità del suo agire».
Dopo l'abolizione dell'abuso d'ufficio, il governo aveva detto che
avrebbe rafforzato le tutele amministrative. È stato fatto?
«No. Semmai sono stati fatti dei passi indietro: si sono ridotte le
tutele nei casi di passaggio da un incarico ad un altro o di
svolgimento di più incarichi contemporaneamente».
Giancarlo Tancredi, coinvolto nell'inchiesta di Milano, prima era
dirigente comunale poi è diventato assessore.
«Sì, ma nel passaggio si è messo correttamente in aspettativa, per
evitare di svolgere due funzioni incompatibili. Oggi, a seguito di
una legge dello scorso maggio, è venuta meno l'incompatibilità. Un
dirigente del comune può essere nominato assessore e continuare a
fare il dirigente».
Quali conseguenze?
«Non c'è può distinzione tra controllore e controllato. L'assessore
che deve sovraintendere e dare indirizzi al dirigente, sovraintende
se stesso».
E quando le cariche riguardano le partecipate?
«Sino a poco tempo fa assessori e consiglieri comunali dovevano
aspettare due anni per essere nominati presidenti o nel cda di una
partecipata. Adesso la giunta può deliberare la creazione di una
società in house e nominare ai vertici uno dei suoi componenti. La
politica rischia di diventare uno strumento per procacciarsi
incarichi nelle amministrazioni che si governano».
Il passaggio alle imprese di cui un amministratore pubblico si è
occupato, è consentito?
«Prima il limite era di tre anni, ma una legge approvata nei mesi
scorsi ha ridotto il tempo a un anno per tutti gli organi collegiali
della pubblica amministrazione».
È preoccupato o sbaglio?
«Riducendo le tutele amministrative, i comportamenti opportunistici
diventano più probabili. Si è tolta la tutela penale, si sono
ridotti i presidi amministrativi, bisognerebbe almeno investire
sulla trasparenza».
L'inchiesta di Milano racconta di incontri con importanti gruppi
della finanza e di sviluppo immobiliare.
«È per questo che torno a ribadire che è necessaria una disciplina
sulle lobby, che gli organi internazionali sollecitano da tempo».
Di che tipo?
«Gli incontri che si sarebbero realizzati, le possibili
frequentazioni o anche l'esistenza stessa delle interlocuzioni non
sono da condannare di per sé, ma devono essere trasparenti».
Anche in questo caso, però, la scelta sarebbe del decisore pubblico.
«Oltre a rendere pubblici gli incontri, occorrerebbe che tutti i
portatori di interessi avessero la possibilità di far pervenire le
proprie proposte, e che queste fossero pubblicate in modo da
renderle facilmente confrontabili. Spetterà naturalmente al decisore
pubblico scegliere, ma così i cittadini vedranno in modo chiaro chi
ha favorito e perché». —
Buio
a San Siro
niccolò zancan milano
Nella città del cemento e dei grattacieli chiamati vezzosamente
torri, il prossimo obiettivo era chiaro: l'affare stadio. E cioè: 98
mila metri quadrati edificabili, per un progetto con un ritorno
economico calcolato in 1,3 miliardi di euro, una partita troppo
importante per restarne fuori. Luci a San Siro, tantissime nuove
luci da accendere nel quartiere. Dieci anni di lavori. E parcheggi,
strade, due piazze, negozi accanto al nuovo stadio di Inter e Milan
da 71.500 posti. Di questo si parlava fra i soliti noti, prima che
l'inchiesta della procura di Milano sulla trasformazione urbanistica
della città deflagrasse con un carico di 74 indagati e la richiesta
di sei misure cautelari.
«Giovedì... provo informalmente a chiedere all'assessore per capire
se mi può anticipare qualcosa, poi ti faccio sapere». È il 15
gennaio 2024 quando Giuseppe Marinoni, presidente della Commissione
paesaggio del Comune, rassicura Federico Pella, manager della
società di ingegneria J+S. Intende chiedere all'assessore alla
rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, per capire meglio come
entrare nel progetto per la ristrutturazione di San Siro. A tutti
interessa sapere. L'archistar Stefano Boeri scrive direttamente al
sindaco Giuseppe Sala: «Settimana prossima se vuoi ti porto
proprietari area ex piste allenamento Snai interessati a realizzare
stadio». E poi, ancora, un altro messaggio: «So che vedi Scaroni e
Furlani. Se ci sentiamo prima ti passo qualche riflessione». L'archistar
sa che quello è momento in cui il sindaco sta incontrando i
presidenti delle due squadre di calcio, per conto dei due fondi di
investimento americani che ne sono proprietari. Secondo la procura
di Milano, tutti si fanno avanti per non perdere l'occasione. Quindi
Boeri scrive al sindaco, mentre Marinoni chiede all'assessore
Tancredi. Annotano gli investigatori: «In questo contesto, in cui
impera il conflitto di interessi, il presidente della commissione
per il paesaggio Marinoni, sostenuto dall'assessore Tancredi, spinge
i suoi obiettivi verso i più contesi e appetibili terreni di
conquista a Milano e nell'hinterland». Non è solo lo stadio, ma
l'intera zona: «Gli spazi liberi dei parcheggi che lo circondano e
le vicine aree verdi».
Lì sono in ballo giganteschi affari per il partito del cemento. Il
sindaco Sala intendeva sottoporre la decisione di vendere lo stadio
in Consiglio comunale proprio in questi giorni, ma adesso forse
rimanderà la votazione. Eppure, persino nel pieno della bufera
giudiziaria, era mercoledì, ha incontrato il presidente dell'Inter
Giuseppe Marotta rassicurandolo: «Andiamo avanti».
«Io mi auguro, invece, che finalmente si fermino. Spero che
l'inchiesta giudiziaria metta fine a questo sistema affaristico, che
a Milano conoscevano tutti. Bastava chiedere in giro: il sistema era
esclusivamente una questione di affari, dove la politica fungeva da
tramite. Dove le mazzette di una volta si chiamano adesso incarichi
e consulenze».
È difficile spiegare lo stato d'animo di Luigi Corbani del comitato
«Sì Meazza». Insieme a molti altri cittadini da anni sta combattendo
una battaglia contro l'abbattimento del vecchio stadio,
nell'indifferenza pressoché generale. Oggi dice: «Quella sull'area
di San Siro era la summa degli affari. Ma affari per chi? Il sindaco
di Milano vorrebbe svendere un patrimonio pubblico alla cifra
risibile di 284 milioni, di cui 124 per l'area e 73 per lo stadio,
ciò meno di quanto sia stato appena pagato un solo giocatore del
Milan dal Manchester City. E quindi il sindaco vorrebbe vendere 280
mila metri quadrati al valore di 441 euro al metro quadrato. Sfido
chiunque a trovare un prezzo così vantaggioso in tutta la città di
Milano. Affari per i costruttori. Affari per le società di calcio.
Ecco di cosa si tratta».
Luigi Corbani è un fiume in piena. Come chi finalmente vede
riconosciuto ciò che sosteneva da anni. Quelli del comitato
avrebbero voluto una ristrutturazione dello stadio esistente, la
salvaguardia delle aree verdi intorno a San Siro. Un progetto
pubblico da affidare con bando internazionale. E invece, il piano è
l'altro: «Un grande affare per i privati. Del resto, è stato lo
stesso Sala a dirlo il 13 ottobre 2023 durante una commissione
consigliare: "La politica non può sempre dettare le regole". Ora
sappiamo chi le detta». C'è poi, sempre secondo Corbani, un altro
aspetto non trascurabile: «San Siro è il paradigma di tutte le altre
vicende urbanistiche. Un bene pubblico, frutto di sacrifici di anni.
Sala lo aveva definito così: "Lo stadio più iconico del mondo". Era
il 29 giugno 2019 a Losanna. Ma poi, si capisce, ha cambiato idea».
Perché? «Perché, come ha detto lui, le regole qui le dettano i
privati. Eppure, San Siro è Milano. San Siro è la sua storia. Ma
questi sono stati anni di tremendi. Milano è stata violentata. Non è
che lo sberluccicamento dei grattacieli ha reso la città più bella.
L'ha fatta più ricca per pochi e più povera per moltissimi altri». —
Dai pranzi ai messaggi nelle chat, la Procura cerca nuovi indizi nei
telefonini sequestrati E il fondatore di Coima si difende: " Ho gli
avvocati più qualificati del Paese"
Lo sfogo di Marinoni con il collega "Sono tutti sudditi di Catella e
Boeri" andrea siravo
milano
«D'altronde con me è incazzato nero perché non ho dimostrato
sudditanza andandoci a trovare e pranzare con lui. E vedere le
mostre assieme... ahah». Lo sfogo è dell'allora presidente della
Commissione comunale del paesaggio di Milano, Giuseppe Marinoni,
parlando di Stefano Boeri con il collega Giacomo De Amicis,
componente dello stesso organismo. L'argomento al centro della
conversazione su WhatsApp del 22 giugno 2023 è l'iter che c'è stato
dietro il parere favorevole condizionato, dopo due precedenti
bocciature, alla realizzazione del progetto Pirellino-Torre
Botanica, ideato dall'archistar per conto dello sviluppatore
immobiliare Manfredi Catella con la sua Coima Sgr. Questi ultimi due
per l'episodio sono indagati dalla procura di Milano in concorso con
altri con l'accusa di induzione indebita a dare o promettere
utilità.
All'interno della commissione - secondo i due interlocutori - ci
sarebbero stati membri che si sarebbero fatti portatori degli
interessi di Boeri. «Comunque si è capito bene a chi B. ha
telefonato spiegando bene quel che gli serve e quel che non vuole»,
dicono in riferimento a Isabella Inti, componente della commissione
in carica all'epoca. Dall'analisi delle chat del cellulare,
sequestrato nell'ottobre 2023 nell'ambito dell'indagine sulla Beic,
effettivamente risulta poche ore prima che si riunisse la
commissione Boeri avesse scritto a Inti suggerendole cosa dire nel
suo parere sul progetto («Siamo ben contenti se ci "obbligate" ad
avere ingresso a ponte verso il parco. Confidenziale»).
Che nel capoluogo Boeri e Catella abbiamo un peso diverso dagli
altri progettisti e costruttori lo spiega Marinoni: «Ma gli altri si
rendono conto che su progetti anche meno "impattanti" abbiamo dato
pareri contrari finché non sono stati migliorati? Qui no, tutti con
la testa bassa». Posizione condivisa anche da De Amicis: «Non
immaginavo che ci fosse un atteggiamento così. Aggiungo che secondo
me non hanno neanche interesse personale. È solo soggezione e
sudditanza gratuita perché non si sa mai».
In attesa di comparire il prossimo 23 giugno davanti al gip di
Milano, Catella (la procura ha chiesto per lui i domiciliari, ndr)
in una lettera agli stakeholder, seppur non entrando nel merito,
annuncia di avere «le prove documentali oggettive della non
corrispondenza al vero dei capisaldi della posizione della Procura».
Aggiunge che i suoi sono fra i legali «più qualificati del Paese».
Primo round di un incontro che avrà sicuramente altri rintocchi di
campanella. Dopo le perquisizioni gli inquirenti hanno in mano
numerosi cellulari, computer e documenti dalla cui analisi si
attendono nuovi elementi. —
TRUMP BUGIE: Trump
chiede 10 miliardi a Wsj e Murdoch: lettera non mia, non so
disegnare. Ma non è vero
Epstein, traballa la procuratrice Bondi
Dal corrispondente a Washington
Calunnia e diffamazione, sono le accuse che Donald Trump muove al
Wall Street Journal e al suo editore Rupert Murdoch ai quali chiede
10 miliardi di dollari di danni dopo la pubblicazione dell'articolo
che descrive l'esistenza di una lettera e di un disegno osceno a
firma Donald Trump sull'album che nel 2023 venne regalato a Jeffrey
Epstein per i suoi 50 anni.
È una mossa che ha galvanizzato la base Maga e i suoi più grandi
influencer radiofonici e dei podcast che erano invece rimasti delusi
– anzi arrabbiati – dopo la decisione di Pam Bondi, Attorney General
Usa, di non divulgare la cosiddetta lista dei clienti di Epstein e
la mole di documenti che riguardano la vicenda del
finanziere-faccendiere che si è tolto la vita nel 2019, in cella,
prima dell'avvio del processo per abusi e traffico sessuali.
L'articolo del Wall Street Journal così ha ricompattato il mondo
Maga alle spalle di Trump e nell'attaccare «i fake media». Da Steve
Bannon alla cospirazionista Laura Loomer nessuno credo alla
veridicità della lettera di auguri di Trump. Loomer ha fornito pure
la sua personalissima spiegazione: Donald usa pennarelli molto
grossi per scrivere, ha detto.
Qualcosa, però, non torna nella spiegazione che Trump ha fornito al
WSJ e quindi sui social: «Io non disegno, non dipingo donne».
Disegni di Trump – skyline di New York, sagome dell'Empire State
Building – sono in giro da anni e vengono regolarmente battuti alle
aste per beneficenza. Un disegno del 2005 venduto nel 2017 è stato
comprato per 29 mila dollari e ogni anno Donald dona a enti
caritatevoli qualche suo disegno.
Intanto, Pam Bondi ha presentato venerdì richiesta per la
desecretazione e pubblicazione del lavoro del gran giurì che
incriminò Epstein nel 2019. Ci vorrà tempo sia per ottenere la
risposta del giudice sia per capire se il materiale è rilevante. Il
grosso dei documenti, infatti, non è stata parte delle valutazioni
del gran giurì. Donald Trump ieri ha evidenziato su Truth che «anche
se la Corte desse la sua piena e incrollabile approvazione, nulla
sarebbe sufficiente per i facinorosi e i lunatici della sinistra
radicale che avanzano questa richiesta. Sarà sempre di più, di più,
di più. MAGA!». Il rapporto con la sua base si è incrinato
all'inizio della vicenda. Alcuni resoconti dei media Usa descrivono
anche che Trump, dopo aver difeso la scelta di Pam Bondi, ora sia
adirato per come l'Attorney General ha gestito la questione e per
aver creato spaccature profonde nel partito.
Intanto, il senatore democratico Dick Durbin ha denunciato il
comportamento del Dipartimento di Giustizia e ha sostenuto che i
funzionari sono stati messi negli ultimi mesi al lavoro per
spulciare meticolosamente le 100 mila pagine del report Epstein alla
ricerca del nome Trump. Durbin non ha spiegato di più, ma ha fatto
capire quanto fosse lo zelo per verificare non ci fossero
informazioni compromettenti su Trump.
È una lettura che il fronte repubblicano però rigetta. Lo stesso
presidente, infatti, ha puntualizzato che se ci fosse qualcosa
contro di lui, perché per quattro anni i democratici – che avevano
il controllo sul DoJ – non hanno fatto trapelare e usate le
informazioni. Alb.SIm. —
21.07.25
SALA SUPER SINDACO INTOCCABILE ED IRRESPONSABILE : Sala e
l'altolà a Boeri "Non faccio spuntare torri dove oggi non c'è nulla"
ANDREA SIRAVO
MILANO
L'archistar Stefano Boeri pressa sull'amico sindaco Giuseppe Sala.
Con messaggi su WhatsApp in cui accenna le sue idee per progetti
sull'urbanistica della città di Milano: dal Pirellino-Torre Botanica
allo stadio San Siro, passando dalla riqualificazione dell'ex
ippodromo del Trotto al nuovo distretto verde di Milano-Cadorna.
Proprio su quest'ultima suggestione il presidente della Triennale
riceve lo stop dal primo cittadino: «Vi ricevo volentieri ma ti
premetto che il progetto che mi ha fatto vedere Giancarlo
politicamente non mi sento di portarlo avanti. Ho fatto tutta la
campagna sul tema delle "rigenerazioni" e non posso fare spuntare
torri dove oggi non c'è nulla. Poi (mia personalissima opinione
avendo abitato lì) non penso che per i residenti lo stato attuale
delle cose sia un problema». Il messaggio di Sala è del 22 febbraio
2022. Il progetto di Boeri prevedeva l'edificazione di un villaggio
urbano sopra i binari della stazione ferroviaria alle spalle del
celebre scultura Ago, filo e nodo. «Capisco - gli risponde Boeri -.
La mia idea è di fare al posto dei binari un grande parco 3 ettari)
e un quartiere per giovani. Con sede Accademia Scala su Mario
Pagano. Ma certo bisognerebbe fare ragionare i promotori (che sono
gli stessi di piazzale Loreto) e io non ho abbastanza forza. Verrei
con Masseroli e Balducci (manager di un gruppo di investimento
immobiliare, ndr) ma se vuoi ci vediamo prima x poterti spiegare
bene progetto». A oggi il progetto è ancora sospeso per un mancato
accordo tra i costruttori e il comune sul rapporto tra edifici e
spazio da destinare al verde.
Con Sala - stando ai sette di anni di chat che vanno dal 2017
all'autunno 2023 - Boeri cerca una sponda per sponsorizzare progetti
o in altri casi un interlocutore con cui lamentarsi. Succede così
con lo stadio San Siro. Da sempre fautore della riqualificazione
dell'attuale impianto («Difendo anche io San Siro») l'archistar non
nasconde la sua amarezza nel 2019 per la bocciatura ricevuta da
Milan e Inter del suo "Stadio-Bosco": «Attenzione che si crea un
grave precedente di sostituzione di interessi privati e decisioni
private ai criteri di informazione e scelta - del Comune - basati su
interessi collettivi. Beppe per me è il caso è chiuso, perdere
concorsi è del tutto normale... Ma ti segnalo che qui la cosa è
diversa». In questo caso da Sala trova comprensione: «Per lo stadio
mi sembrano folli - il riferimento è ai due club - E mi stanno
mettendo in difficoltà. Ora vediamo cosa da fare».
Quando nel 2023 prende corpo l'ipotesi due stadi, uno per ogni
società, Boeri torna alla carica. L'idea è quella di realizzare il
nuovo impianto del Milan nell'area dell'ippodromo La Maura.
Dall'architetto, già aspirante sindaco alle primarie del
centrosinistra 2010, invita il sindaco a un sopralluogo delle ex
piste di allenamento: «Settimana prossima se vuoi ti porto
proprietari area ex piste allenamento Snai», digita il 5 gennaio
2023. Di nuovo un mese dopo: «Ciao Beppe, hai 5 minuti x
aggiornamento su stadio in area ex ippodromo?».
Non mancherà in quelle settimane un costante aggiornamento di Boeri
sui suoi incontri con il patron americano del Milan, Gerry
Cardinale, quando il progetto era ancora in auge. Non tanto sullo
stadio, ma sulle aree limitrofe ci aveva fatto un pensiero anche
Giuseppe Marinoni, l'ex presidente della Commissione comunale
paesaggio per cui la procura di Milano chiede la custodia cautelare
in carcere. «Marinoni stesso e Pella (l'imprenditore di società J+S
specializzata nella realizzazione di grandi infrastrutture sportive,
ndr) - si legge negli atti dell'inchiesta - attendono con ansia
(inviandosi a vicenda ogni notizia su dichiarazioni di Sala,
Tancredi, e dei gestori dell'Inter e del Milan), per studiare come
insinuarsi nei possibili affari della demolizione o trasformazione
del Meazza e degli spazi circostanti». Sempre con Pella nell'agosto
2024 Marinoni, descritto dagli inquirenti milanesi come uno
«spregiudicato faccendiere» gioisce per la dirittura in arrivo del
suo progetto sui Nodi metropolitani agli uffici tecnici del Comune.
«Ma sono fiducioso non per l'amministrazione, ma per i partner che
ci stiamo trascinando dietro. L'urbanistica l'hanno sempre fatta
loro, da 20 anni. Adesso noi li stiamo convincendo a farla un po'
meglio». —
SUPER PARCELLE PER CONTROLLATI CONTROLLORI DI SE STESSI . LIBERA
INTERPRETAZIONE DI SALA : Alessandro Scandurra
"Le consulenze da 3,3 milioni di euro? Nessuna corruzione, è il mio
lavoro"
Niccolò Zancan
Milano
«Quello che mi sento di dire, innanzitutto, è che sono tranquillo.
Anche adesso, nei giorni difficili di questa gogna mediatica. Sono
tranquillo perché il mio lavoro è sempre stato alla luce del sole e
ogni mio comportamento improntato alla massima trasparenza».
È una voce ferma. Una voce importante. Perché è una delle prime voci
a emergere dopo le accuse che la procura di Milano ha rivolto contro
i responsabili della trasformazione urbanistica della città: 74
indagati. Corruzione, falso, pressioni indebite, appalti pilotati:
sono questi i reati ipotizzati. In sostanza, cemento su cemento,
affari su affari, senza rispetto delle regole e del piano
regolatore, favorendo alcuni e sfavorendo altri. Fra i sei indagati
per cui la procura di Milano ha chiesto una misura cautelare, c'è
anche l'architetto Alessandro Scandurra, progettista e membro della
Commissione paesaggio del Comune. Quindi arbitro, e al tempo stesso
giocatore. Secondo l'accusa: un clamoroso caso di conflitto di
interessi. «Non è così», dice l'architetto in questione. È di
Scandurra la voce senza incertezze.
«La mia nomina è avvenuta seguendo le regole del Comune, che ha
ritenuto di onorarmi di questo incarico. Ho sempre tenuto distinti i
miei interessi personali dal mio ruolo pubblico. Ho inteso portare
avanti l'incarico all'interno della Commissione paesaggio come un
servizio civico, sentendone profondamente la responsabilità - è
importante che questo emerga - una responsabilità nei confronti dei
cittadini e del bene pubblico. Ho sempre rivolto tutta la mia
attenzione alla qualità dei progetti, unicamente per il bene della
città. Dell'urbanistica».
Eppure, scrivono gli investigatori nell'ordinanza di custodia
cautelare: «A carico di Scandurra, la Guardia di Finanza rappresenta
di aver individuato ben nove casi di conflitto di interesse non
segnalati dall'architetto, ovvero occulti, riguardo a pratiche che
hanno interessato operatori privati e progettisti con i quali
Scandurra era in rapporti commerciali, con contestuale mancata
astensione dello Scandurra in occasione della trattazione da parte
della Commissione per il paesaggio. La Gdf ha rilevato altresì a
carico dello Scandurra gli estremi di altre condotte corruttive, in
quanto risulta che l'architetto ha ricevuto utilità da importanti
costruttori le cui pratiche erano sottoposte alla Commissione per il
paesaggio, spesso con rilevanti profili di irregolarità
urbanistica». Segue l'elenco delle consulenze: 279.136,00 da Egidio
Holding, 138.873,19 da Coima, 321.074,72 da Castello e ben
2.579.127,98 euro da Kryalos in 43 fatture dal primo febbraio 2019
al 28 febbraio 2025. Totale: 3 milioni 318.221 euro e 89 centesimi.
Dietro i nomi di questi grandi costruttori ci sono i progetti
urbanistici più imponenti della nuova Milano.
«Ma è proprio questo il fatto» dice l'architetto Scandurra. «È tutto
chiaro. Visibile. Trasparente. Ho sempre lavorato in coscienza e
buona fede. Ci possono essere modi più subdoli di fare, io non mi
sono mai nascosto. Il comportamento che qualcuno ritiene ambiguo,
per me è l'esatto contrario. Non mi sono mai confuso sotto altre
firme. Non ho mai ricevuto denaro, senza fare fino in fondo il mio
lavoro».
Sulla questione si giocherà molto dell'inchiesta della procura di
Milano. Infatti, come annota la Guardia di Finanza: «Le predette
utilità, sebbene riferite formalmente a incarichi professionali,
possono rappresentare in realtà una forma di retribuzione della
messa a disposizione della funzione pubblica di componente della
Commissione per il paesaggio da parte di Scandurra». Lavoro o
tangente mascherata? Perché Scandurra poteva bocciare o promuovere i
progetti, proprio in quel suo ruolo alla commissione. Vedi il caso
del progetto immobiliare di via Verziere presentato dalla stessa
Kryalos. Dove Scandurra non si astiene dal votare parere favorevole,
mentre successivamente in un altro progetto presentato sempre da
Kryalos si asterrà. E poi c'è il caso del progetto «Torre Futura» di
via Calvino, la costruzione di un ennesimo grattacielo a Milano. Lì
l'architetto Scandurra prima boccia il progetto di un concorrente e
poi ritorna nel ruolo di progettista. Come è stato possibile? «Avevo
già fatto quel tipo di lavoro, una torre progettata con successo. E
il nuovo costruttore ha deciso di affidare l'incarico a un
professionista esperto di quella tipologia di costruzione. Ho
lavorato tantissimo, ci ho messo un'infinità di tempo per fare il
mio progetto al meglio e per riuscire così a ottenere, al terzo
passaggio in commissione, l'approvazione. Fra l'altro, sono lavori
che porto avanti con una cura e un dispendio di energie enormi. Ci
tengo che i miei progetti vengano riconosciuti come esemplari». È la
seduta numero 19 del 20 maggio 2021. La Commissione si riunisce ed
esprime parere favorevole. Scandurra, in considerazione
dell'incarico nella stessa commissione, si astiene. «Ma è solo una
foglia di fico», scrivono gli investigatori.
Eppure la difesa dell'architetto Scandurra si fonda sulle stesse
carte raccolte dagli investigatori: «È tutto lì. Potranno vedere
loro stessi che ogni passaggio è alla luce del sole. Non immaginavo
che sarei finito in questo polverone, ma anche dopo le prime notizie
sull'inchiesta ho continuato a fare il mio lavoro come sempre».
Domanda finale: accetterebbe ancora quell'incarico alla Commissione
paesaggio del Comune di Milano? «Posso dire questo. È un servizio
che ho dato alla città, ricevendone in cambio grande onore. Ma è
stato un servizio estremamente faticoso, perché intanto il mio
lavoro è andato avanti indipendentemente da quell'impegno e ancora
va avanti. Anche se adesso, ne sono consapevole, verrà messo in
crisi da questa situazione. Tutta la mia vita professionale verrà
messa in crisi da questa esposizione mediatica, da questa gogna. Fa
male. Ma, lo ripeto ancora una volta, sono tranquillo. Perché ho
sempre agito in buona fede». —
LA VIOLENZA CONTINUA DEGLI ASSASINI DI GESU': Studi
dell'Oregon University e della Bbc: violate le norme internazionali
La Spianata della Striscia Israele demolisce le case per spingere i
civili all'esodo
nello del gatto
GERUSALEMME
Non manca molto che, a un centinaio di chilometri in linea d'aria da
quella delle Moschee a Gerusalemme (il Monte del Tempio per gli
ebrei), nasca un'altra spianata. La Striscia di Gaza subisce, come i
suoi cittadini, la feroce e potente violenza distruttiva della
guerra nata con il massacro del Sette ottobre e questa sta portando
l'intera area a essere rasa al suolo sia dall'alto, dalle bombe dei
caccia israeliani, sia dal basso, dai tank e dalle ruspe
dell'esercito.
Una distruzione sistematica, continua e inesorabile, che non guarda
in faccia al tipo di strutture (civili, militari, di servizio
pubblico), dovuta alla furia distruttiva della guerra, all'utilizzo
delle strutture non militari per questi usi, alla qualità delle
costruzioni negli otto campi profughi che ospitava prima della
guerra.
Da quando è iniziato il conflitto, diversi ricercatori universitari
e giornalisti stanno monitorando, con l'utilizzo anche di mappe
satellitari, la costante e impetuosa distruzione della Striscia. Che
ha obbligato molta popolazione non solo a lasciare le case, ma anche
abbandonare la Striscia; gli altri, relegati in "zone umanitarie",
non esenti da attacchi, ospitate principalmente al Sud di Gaza.
Tende di fortuna, troppo fredde e bagnate d'inverno, troppo calde
d'estate, dove in ognuna sopravvivono decine di persone in
condizioni estreme.
Secondo il più recente studio dei ricercatori Corey Scher e Jamon
Van Den Hoek, che dall'inizio del conflitto monitorano la
situazione, tre quinti (191.263) di tutti gli edifici risultano
danneggiati o distrutti. Distruzione che ha avuto una piccola pausa
durante la tregua tra gennaio a marzo scorso, quando poi Israele ha
cominciato a demolire migliaia di edifici.
Per i due ricercatori tecnici dell'Oregon University, che hanno
pubblicato un articolo sulla rivista della Stanford Law School,
unendo aspetti tecnico-scientifici ricavati dall'utilizzo di mappe,
immagini satellitari e radar ad annotazioni di carattere legale
internazionale, «le operazioni israeliane hanno di fatto causato
danni ingenti, eccessivi rispetto all'obiettivo di autodifesa di
Israele e in violazione del principio di proporzionalità». Gli
studiosi hanno stabilito che Israele aveva il diritto di difendersi
dall'attacco di Hamas, ma sapeva che quanto aveva messo in campo non
rispettava il principio di proporzionalità.
Ampie porzioni della distruzione, sono state causate da demolizioni
pianificate, sia di edifici già danneggiati che di edifici che
sembravano in gran parte intatti. Riprese verificate dalla Bbc
mostrano grandi esplosioni, mentre le forze israeliane effettuano
demolizioni controllate su infrastrutture. Questo, secondo gli
esperti citati dalla tv inglese, porterebbe a dire che Israele ha
commesso crimini di guerra ai sensi della Convenzione di Ginevra,
che proibisce la distruzione di infrastrutture da parte di una
potenza occupante. Un portavoce dell'esercito israeliano ha negato
il tutto, spiegando che Hamas ha nascosto «risorse militari» in aree
civili e che «la distruzione di proprietà viene eseguita solo quando
è richiesta una impellente necessità militare». Alcune di queste
demolizioni, avverrebbero anche perché dopo gli attacchi israeliani,
miliziani di Hamas minano le strutture e gli scheletri strutturali
rappresenterebbero un pericolo, pertanto vengono abbattuti. Non a
caso, tra le armi fornite dagli Usa a Israele, ci sono diversi
escavatori e ruspe.
Le demolizioni avrebbero anche lo scopo di forzare i civili a
stiparsi, almeno seicentomila, in quella che viene definita da
Israele «area umanitaria» ma da altri «campo di concentramento» a
Sud della Striscia, nei pressi di Rafah. Sarebbe gestita da forze
internazionali, senza la presenza di Hamas. Una volta all'interno,
ai palestinesi non sarebbe permesso di trasferirsi in altre zone di
Gaza, ma sarebbero invece incoraggiati a «emigrare volontariamente»
in altri Paesi non specificati, come ha detto il ministro della
Difesa. Mandare via la popolazione di Gaza è un sogno dell'estrema
destra israeliana, che vorrebbe riprendere il possesso delle colonie
abbandonato nel 2005 e ha trovato terreno fertile negli annunci di
Trump a febbraio scorso con il progetto della Gaza Riviera.
I SUOI ELETTORI SI RICONOSCONO IN TRUMP: Trumpstein
alberto simoni
corrispondente da washington
C'è un album rilegato in pelle contenente disegni e lettere di amici
inviate al faccendiere accusato di traffico di minori e violenze
sessuali morto in carcere nel 2019 Jeffrey Epstein fra i documenti
raccolti dal Dipartimento di Giustizia e di cui sino a giovedì sera,
quando il Wall Street Journal ha pubblicato la notizia, non se ne
sapeva nulla. In quelle pagine, curate da Ghislaine Maxwell, in
galera per complicità con Epstein, c'è anche una presunta lettera di
Donald Trump. Solo il WSJ ha avuto l'opportunità di visionare il
documento, e stando alle descrizioni pubblicate dal quotidiano, ci
sarebbe in pagina il disegno di una sagoma di una donna nuda, fatto
con un tratto di pennarello, e due archi a evidenziare il seno.
Quindi un testo, dattiloscritto, di un dialogo immaginario fra
"Donald" e "Jeffrey" e la frase conclusiva dell'attuale presidente:
«Un amico è una cosa meravigliosa, buon compleanno – e possa ogni
giorno essere un altro favoloso segreto». La firma di Donald è sotto
la vita a ricordare i peli pubici.
Martedì Donald Trump era stato contattato dallo staff del
quotidiano. Il presidente ha negato la veridicità della lettera:
«Non sono io, è una cosa fasulla. È una bufala del Wall Street
Journal. Non ho mai fatto disegni in vita mia, non ho mai dipinto
donne. Non è il mio linguaggio e non solo le mie parole», la
risposta, pubblicata anche su Truth, in riferimento alle frasi
scurrili e disegni espliciti delle lettere contenute nel quaderno.
Fra le persone che hanno scritto nel 2003 per ricordare i 50 anni di
Epstein figurano la firma del principe del foro Alan Dershowitz e
del miliardario Leslie Wexner. Il quaderno – descrive il WSJ –
contiene piccole poesie, foto e messaggi di saluto da parte del
mondo del business, accademico, di ex fidanzate di Epstein e
compagni di infanzia. Ci sono disegni di donne nude a chiudere
alcune frasi come l'auspicio per Epstein di «avere quel che vuoi…».
Jeffrey Epstein è stato un faccendiere newyorchese che per anni ha
lavorato come investitore per Wexner e ha accumulato una fortuna.
Aveva case a Palm Beach, Manhattan e possedeva un'isola privata ai
Caraibi, il luogo in cui portava ragazze minorenni a bordo del
Lolita Express – il volo che partiva da uno scalo in New Jersey – e
là ne abusava. Molti vip risultano registrati su quei voli. Trump è
stato sull'aereo di Epstein sette volte sulla rotta Florida-New
Jersey. Mai sull'isola.
Il legame fra Trump ed Epstein è forte negli anni'90. Nel 2002 Trump
in un'intervista lo definì un «ragazzo fantastico, divertente» e ci
sono diverse immagini che li ritraggono insieme. Anche con Melania
Trump. Le loro relazioni si sono bruscamente interrotte nel 2004.
Probabilmente a causa di una disputa per l'acquisto all'asta di una
proprietà a Palm Beach che entrambi volevano e poi finita a Trump.
«Non ho contatti con Epstein da 15 anni» disse nel 2019 Donald ai
tempi della morte in cella del faccendiere.
Prima del 2019 Epstein era stato arrestato nel 2006 in Florida per
reati sessuali. Nell'accordo fatto, e che gli ha riconsegnato la
libertà, è marcato come "predatore sessuale". Nel 2023 i documenti
del caso della Florida sono stati divulgati e – secondo quanto
riferisce il Washington Post che ha fatto una certosina lettura
delle migliaia di pagine – non vi sono riferimenti a Trump.
La vicenda Epstein è tornata alla ribalta il 7 luglio dopo che Pam
Bondi, Attorney General statunitense, ha detto che non avrebbe
pubblicato i cosiddetti "Epstein Files" poiché non contenevano
informazioni rilevanti. Questo ha innescato la rivolta della base
Maga nonché dei commentatori dell'ultradestra che da anni denunciano
una cospirazione governativa a protezione delle élite coinvolte – a
loro dire – negli scandali di Epstein. Esponenti ora al governo con
Trump – compreso il vicepresidente Vance – hanno sempre chiesto la
completa pubblicazione dei testi. Ora hanno cambiato linea.
Il faccendiere è morto in carcere suicida nel 2019. Trump ha difeso
Bondi e ha invitato la sua base Maga a scordarsi di una vicenda
ormai chiusa. Trump ha detto che ci sono documenti «falsi creati ad
hoc da Biden e Obama». Ma le parole del presidente hanno
ulteriormente alimentato la rabbia. Diversi deputati conservatori
hanno chiesto la pubblicazione di tutti i documenti.
Dopo l'articolo del WJS però l'Amministrazione ha cambiato passo.
Ieri Pam Bondi, su spinta di Trump, ha chiesto a un giudice di
Manhattan di rilasciare documenti e testimonianze del caso Epstein
del 2019 davanti al Gran Giurì. Generalmente questo materiale resta
secretato per questioni di sicurezza e privacy. Sarebbe comunque una
piccola porzione dei documenti in possesso del Dipartimento di
Giustizia.
Trump, nel frattempo, ha deciso di fare causa al Wall Street Journal
e al suo editore, Rupert Murdoch, per diffamazione e calunnia. A lui
s'è rivolto per bloccare «una storia fasulla». Senza successo. Il
presidente vuole portare proprio il patron dell'impero mediatico in
aula: «Non vedo l'ora di testimoniare su questo mucchio di
spazzatura».
20.07.25
SALA LI RAPPRESENTA TUTTI DA SEMPRE :
La delibera sotto accusa e la
sponda all'assessore Così Sala è finito indagato
monica serra
milano
Il giorno dopo lo scandalo dell'urbanistica milanese, si riparte
dalle migliaia di documenti acquisiti, dai pareri e dalle
autorizzazioni concesse ai nuovi progetti finiti sotto inchiesta, da
mail e cellulari sequestrati dalla Gdf. Innanzitutto, da quello
dell'assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi che
rischia i domiciliari e che per i magistrati ha sempre lavorato a
stretto contatto col sindaco Beppe Sala, anche lui tra le decine di
indagati, e accusato di false dichiarazioni sulla identità e
induzione indebita.
Nella ricostruzione dei pm Marina Petruzzella, Mauro Clerici e Paolo
Filippini, Tancredi avrebbe «usato» il presidente Giuseppe Marinoni
da lui voluto per «orientare i pareri della Commissione per il
paesaggio sugli interventi che» di volta in volta «gli segnalava»
con toni che in alcuni casi si facevano impositivi. Ma per conto di
chi lo faceva? Chi lo chiedeva o lo pretendeva dall'assessore della
giunta Sala ora accusato di corruzione? E perché?
A meno che le sue chat e scambi di messaggi siano stati tutti
cancellati prima del sequestro, per ricostruire la natura delle
relazioni intrattenute dall'assessore con «società e progettisti a
cui prestava particolare attenzione», è fondamentale il contenuto
del suo smartphone, ora nelle mani del Nucleo di polizia economico
finanziaria della Gdf.
Per i magistrati, l'emblema della presunta «corruzione sistemica»
che descrivono nelle centinaia di pagine dell'inchiesta è la
delibera di giunta, «proposta da Tancredi di concerto con la
direttrice Area Rigenerazione Urbana Simona Collarini» del 12
gennaio del 2023. Con essa Marinoni, da un anno a capo della
Commissione per il paesaggio, otteneva il «patrocinio gratuito del
Comune» allo studio di «Nodi e Porte Metropolitane Milano 2050» da
portare avanti «paradossalmente presso lo studio Marinoni spa». In
questo modo veniva, per l'accusa, attribuito allo «spregiudicato
faccendiere» un potere enorme finalizzato a ridisegnare metà della
città. I magistrati parlano di «una vasta speculazione edilizia
gestita da Marinoni e Tancredi su tavoli non istituzionali
attraverso una strategia urbanistica di pianificazione di dettaglio
di estesissime aree del territorio di Milano, mappate dallo stesso
Marinoni, poste intorno a nove nodi tra la città e l'hinterland».
Queste aree oggetto di «intensiva speculazione edilizia» sono
Cascina Gobba, San Donato, Baggio, Fiorenza, Famagosta, Linate,
Opera, Assago, Figino. Marinoni lo avrebbe condotto nell'esercizio
della sua attività privata e dietro pagamento di «alte parcelle»,
contrattando i contenuti degli interventi nella doppia veste di
pubblico ufficiale e professionista con i più potenti gruppi della
finanza e di sviluppo immobiliare, a partire da Coima del re del
mattone Manfredi Catella. Tancredi contestualmente, per l'accusa,
«riceveva gli investitori nei suoi uffici, per partecipare insieme a
Marinoni alle loro trattative su quantità di volumi e superficie
lorda. Confidando nell'appoggio del sindaco Sala, per una rapida e
concreta attuazione», era stata sempre dell'assessore l'idea di
ricorrere ad accordi di partenariato pubblico privato fissando quote
di edilizia residenziale sociale che giustificassero l'«interesse
pubblico» degli interventi per «smarcarsi dai piani attuativi»,
anche per gli edifici di altezza fuorilegge. Ancora, l'assessore si
sarebbe attivato per «motivare» gli uffici comunali ad esprimersi
positivamente, visto che i funzionari erano «spaventati dalle
volumetrie e dalle altezze proposte per i progetti».
Per il pool diretto da Tiziana Siciliano, il sindaco Sala e il dg
del Comune Malangone «condividevano e appoggiavano le strategie di
Marinoni e delle società coinvolte». E proprio la sua riconferma a
capo della Commissione per il paesaggio ha fatto finire il primo
cittadino sotto inchiesta. Era il 22 dicembre 2024. Il 7 novembre
precedente Marinoni, che ora rischia il carcere, aveva ricevuto il
primo avviso di garanzia. Per l'accusa, Sala non poteva più non
sapere che il tecnico voluto da Tancredi – che mercoledì con gli
altri sarà interrogato dal gip Mattia Fiorentini – operasse in
«costante conflitto di interessi» perseguendo l'obiettivo di
«attuare un Pgt ombra» e ottenendo incarichi «con alte parcelle» dai
più importanti operatori della finanza immobiliare. Per la vicenda
del Pirellino, invece, il primo cittadino è accusato di induzione
indebita. Dopo il pressing che Sala ha ricevuto in chat dall'archistar
Stefano Boeri per conto di Catella, non solo Tancredi si è attivato
con Marinoni, ma alla fine, dopo due pareri negativi, il progetto
del presidente di Coima ha incassato un parere positivo vincolato «a
testa bassa» dai componenti dell'organo del Comune. —
IL GRIMALDELLO NAZIONALE : Oltre 14 mila persone hanno
acquistato alloggi e sottoscritto mutui ma non possono entrare nella
loro abitazione
Gli acquirenti vittime collaterali dell'indagine "Soldi già versati
e ci troviamo senza casa"
FRANCESCA DEL VECCHIO
MILANO
A Milano ci sono oltre quattordicimila persone, circa 1.600 nuclei
familiari, nel limbo di case che non hanno mai abitato. Non per
scelta, ma perché un'inchiesta giudiziaria ha fermato tutto:
cantieri, sogni, mutui, traslochi, vite. È l'effetto collaterale
delle indagini della Procura di Milano che, a partire da marzo 2024,
hanno messo sotto la lente decine di operazioni immobiliari
sospettate di irregolarità. Le accuse riguardano abusi, violazioni
delle regole del Piano di Governo del Territorio (pgt) e l'uso
improprio dei bonus volumetrici. Così, in diversi quartieri della
città, ci sono cantieri sequestrati, progetti bloccati,
autorizzazioni sospese. A farne le spese sono le persone che in quei
progetti avevano investito tutto. Così, per cercare soluzioni e
risposte, da mesi si sono riunite in un comitato, "Famiglie sospese
- Vite in attesa". «Non possono essere loro a pagare il prezzo più
alto», dice il portavoce del comitato Filippo Borsellino. «Chiediamo
alle istituzioni di aprire un dialogo - aggiunge - ma al momento
mancano i presupposti». Tra le persone coinvolte c'è chi paga mutuo
e affitto insieme, chi vive dai genitori, chi ha figli iscritti in
scuole lontane dal quartiere in cui avrebbe dovuto vivere.
Queste persone hanno acquistato alloggi in cooperative o da privati,
in edilizia convenzionata, agevolata, libera. Alcuni hanno firmato
il compromesso anni fa, altri hanno già versato il 30% o il 50% del
prezzo. In molti casi, le strutture sono già costruite: si vedono i
muri, i ponteggi, i cartelli.
Si parla dello Scalo House di via Valtellina, sequestrato dalla
magistratura, delle Residenze Lac in via Cancano, il Parco delle
Cave. Ma anche le Park Towers in zona Crescenzago, la Torre Milano
in via Stresa. A questi si aggiungono almeno altri 17 progetti
bloccati dal Comune per «rischio contenzioso». E poi ci sono i
progetti delle cooperative del Consorzio CCL, fermi per problemi
tecnico-amministrativi: 385 alloggi in attesa tra Lambrate, Certosa
e Niguarda. In totale almeno 420 cantieri a rischio.
«Il sequestro del cantiere ci lascia con un appartamento che non
sarà pronto nei tempi previsti, mentre il nostro affitto sta per
scadere», racconta Emanuela che il suo compagno Carlo e tre bambini
hanno fatto un investimento da circa 200 mila euro e non possono
permettersi di cercare un'altra soluzione. «Abbiamo comprato casa
sulla carta per l'arrivo della nostra bambina. Oggi viviamo ancora
nel bilocale in affitto», raccontano Piero e Sonia. «La piccola ci
chiede spesso quando arriverà la sua cameretta ma al momento un
altro acquisto è escluso».
Simone, invece, che ha 28 anni e vive già nella casa inquisita, non
può rivenderla perché il valore è più che dimezzato: «Non posso
permettermi un altro investimento, sono bloccato qui, in questo
progetto, da due anni», racconta.
L'inchiesta milanese, comunque, si ripercuote, anche sui progetti
dei nuovi studentati. Redo Sgr, gestore di fondi immobiliari, ha
rinunciato a tre progetti già ammessi al finanziamento del Ministero
dell'Università con le risorse Pnrr. Motivo: non è «in grado di
firmare gli atti a causa dei ritardi che si sono accumulati nel
rilascio dei titoli abilitativi». Si trattava di tre progetti -
Rogoredo, Greco Breda e San Leonardo - in concessione,
rispettivamente da 473, 447 e 600 posti letto.
CINISMO ILLEGALE PERBENISTA MILANESE DA SEMPRE : La Procura:
"Territorio svilito a merce da saccheggiare , così camuffavano
scambi corruttivi"
"Consulenze in cambio di permessi " Il Pirellino emblema del sistema
Milano
Niccolò Zancan
Milano
C'è un solo palazzo vecchio in tutta City Life. Un solo cantiere
ancora da iniziare nella zona che ha cambiato per sempre il cielo di
Milano, è il quartiere dei grattacieli, delle banche, dei
costruttori, dei calciatori e delle influencer. Secondo la procura,
la storia di questo palazzo in via Giovanni Battista Pirelli 39,
quindi ribattezzato «Il Pirellino», è esemplificativa di cosa sia
stato in questi anni il «sistema Milano» applicato all'edilizia: «Un
saccheggio». E cioè, più precisamente: «Un vorticoso circuito di
corruzione tutt'ora in corso, che colpisce le istituzioni e che ha
disgregato ogni controllo pubblico sull'uso del territorio, svilito
a merce da saccheggiare». Insomma, nel quartiere di Chiara Ferragni,
del celebre «bosco verticale» e dei grandi capitali restava una sola
possibile speculazione edilizia.
Ed è anche lì che sono entrati in scena i protagonisti di questa
inchiesta giudiziaria, ramificata e complessa, che va avanti da più
di tre anni.
Il progetto immobiliare del Pirellino risale al 2013, quando
l'amministrazione comunale ha deciso di vendere l'edificio che
allora ospitava l'ex sede dell'Inps. «L'edificio è composto da una
parte a torre di 25 piani, più tre interrati e una parte a ponte che
sovrasta via Melchiorre Gioia all'altezza dell'odierno parco
Biblioteca degli Alberi di Milano realizzato da Coima». Già, la
stessa impresa di costruzioni Coima, presidente Manfredi Catella,
che nel 2019 lo compra dal Comune al prezzo di 193 milioni, di cui
18 per il diritto di superficie novantennale sulla autorimessa
annessa. E dopo l'acquisto, porta avanti il progetto affidato al
team vincitore: «Diller Scofidio» più «Renfro» e «Stefano Boeri
Architetti». Il piano prevede la riqualificazione del vecchio
grattacielo destinato a uffici e la nuova costruzione della
cosiddetta «Torre Botanica» da destinarsi a residenze. Quindi, altri
«terrazzi dotati di ampie vasche» per ospitare «alberature e
cespugli», una sorta di Bosco Verticale 2.0. Il progetto prevede più
piani, più spazio, più cemento, più orizzonte consumato e un
gigantesco ritorno economico. Solo che succede un fatto: quel piano
non convince i tecnici degli uffici del Comune di Milano. È
considerato «eccessivo» nelle volumetrie, «irrazionale» nel
progetto. Esagerato persino per una città esagerata come questa.
Qui, solo qui, negli ultimi dieci anni sono stati spesi 30 miliardi
sull'edilizia, ovvero più di quanto sia stato speso in tutto il
Piemonte e in tutta la Toscana nello stesso periodo. È questa la «palazzopoli»
milanese. Ecco perché bisogna seguire la storia dell'unico palazzo
vecchio nella scintillante «City Life».
Il parere fondamentale sul «Pirellino» spetta alla figura chiave
dell'inchiesta. È Giuseppe Marinoni, nato a Tradate nel 1961,
progettista per i privati e al tempo stesso presidente della
Commissione Paesaggio del Comune di Milano. È in questo doppio ruolo
– secondo gli investigatori, in lampante conflitto di interesse –
che deve dare la sua parola decisiva sul progetto di
ristrutturazione e ampliamento: «Parere negativo». In particolare
boccia la costruzione di un ingresso a forma di ponte e le
volumetrie eccessive. Siamo nel 2023. Seguono pressioni. Seguono
incontri. Seguono minacce neanche troppo velate, secondo la Procura
di Milano. Con questo risultato: da parere «contrario», a parere
«favorevole con riserva», a parere «favorevole senza riserve».
Ecco perché, secondo gli investigatori, questo è un caso esemplare:
«La vicenda del Pirellino dimostra proprio l'aspetto della mancanza
di indipendenza e della ricattabilità sia di Marinoni,
nell'esercizio della sua funzione tecnica in seno alla Commissione
per il paesaggio, sia dell'assessore alla Rigenerazione urbana
Giancarlo Tancredi nell'esercizio del suo ruolo politico». Quando
spiegano all'archistar Boeri che l'idea della sua torre botanica non
convince, lui risponde con una battuta altrettanto esemplificativa:
«Ci bocciate tutto, siete diventanti di Potere al popolo».
No, alla fine nessuna bocciatura. Per la procura di Milano, la
politica locale – la giunta, a partire dal sindaco Giuseppe Sala –
per un'altra volta si è inchinata alle richieste dei costruttori,
dei progettisti e degli architetti. E quindi le ragioni economiche
dei privati hanno prevalso sull'interesse pubblico. «Asservimento
dell'esercizio dei ruoli istituzionali», dice la procura.
«Inevitabile cedevolezza», questa è l'espressione riferita a
Marinoni nel suo ruolo di arbitro. E poi: «È stato ampiamente
argomentato che l'indagato Marinoni concepisce la funzione di membro
e presidente della Commissione per il paesaggio, di cui è stato
officiato dal sindaco Sala nel novembre 2021 e nel novembre 2024,
come un'opportunità di cui approfittare per trarne il massimo
profitto, accrescere esponenzialmente i propri guadagni mediante le
relazioni più fruttuose, in un vorticoso circuito di corruzione
tutt'ora in corso, che colpisce le istituzioni e che ha disgregato
ogni controllo pubblico sull'uso del territorio». Ma se si ipotizza
la corruzione, dov'è la tangente?
No, non ci sono puf pieni di banconote in questa inchiesta. Ma c'è
stato uno spropositato numero di speculazioni edilizie. E c'è stato
un vorticoso giro di denaro. Erano buoni affari per qualcuno o erano
buoni affari per tutti? La procura di Milano spiega dove si
troverebbe il tornaconto illecito. «Marinoni non disdegna nemmeno,
quando se ne presenta l'occasione, più modeste offerte di denaro o
di consulenze, che camuffano scambi corruttivi, per far passare in
Commissione paesaggio i progetti che gli vengono segnalati, sempre
comunque con il doppio fine di mantenere buone relazioni nel circolo
corruttivo che contribuisce efficacemente ad alimentare di giorno in
giorno».
La procura ritiene che da questo sacco della città di Milano tutti
gli indagati abbiano avuto, in un modo o nell'altro, qualcosa da
guadagnarci. Ora servono le ragioni degli indagati. —
TEATRINO E DIFESA POLITICA DI SALA ASSOLVETELO SEMPRE DA TUTTO,
RAPPRESENTA TUTTO L'ARCO COSTITUZIONALE UNO E TRINO : Sala
FRANCESCA DEL VECCHIO
FRANCESCO MOSCATELLI
MILANO
Testa bassa e pedalare. Chi segue Beppe Sala su Instagram sa che la
bicicletta è una delle sue passioni. E così ieri il sindaco di
Milano - indagato per false dichiarazioni relativamente alla nomina
del presidente della Commissione paesaggio del Comune, Giuseppe
Marinoni, e di induzione indebita a dare o a promettere utilità per
il progetto del Pirellino dell'architetto Stefano Boeri e
dell'imprenditore Manfredi Catella -ha cercato per quanto possibile
di rispettare il primo comandamento di ogni ciclista. Ha trascorso
la giornata asserragliato nel suo ufficio al secondo piano di
palazzo Marino, indifferente alle proteste di Fdi e Lega che in
piazza della Scala hanno srotolato uno striscione per chiedere le
sue dimissioni (in prima linea la vice di via Bellerio Silvia
Sardone ma anche il figlio del presidente del Senato Lorenzo La
Russa). Chi ci ha parlato lo descrive amareggiato da accuse che
ritiene profondamente ingiuste, ma anche determinato ad andare
avanti nella sua azione amministrativa. In questo lo avrebbero
supportato le numerose telefonate di solidarietà ricevute, a partire
da quella della leader del Pd Elly Schlein. Fra i dem ha avuto un
faccia a faccia anche con il segretario metropolitano Alessandro
Capelli, che come tutto il partito gli ha assicurato il suo
sostegno. Sala ha ribadito di non essersi mai occupato della
Commissione paesaggio e di non aver nemmeno mai avuto il numero di
telefono di Marinoni, come pure di non aver mai promesso nulla sul
Pirellino, cantiere fermo da sei anni. Per entrare nel merito di
questi aspetti, però, ci sarà tempo lunedì, quando il sindaco ha
annunciato che si presenterà davanti al consiglio comunale per
spiegare le sue ragioni. Difficile che convinca l'opposizione, ma
dovrà provarci almeno con la fronda interna rappresentata dal Verde
Carlo Monguzzi, sicuramente il più critico fra i consiglieri del
centrosinistra.
Entro il weekend Sala dovrà sciogliere anche alcuni nodi politici.
Il Pd ha chiesto le dimissioni dell'assessore alla Rigenerazione
urbana Giancarlo Tancredi, accusato di corruzione e per il quale la
procura ha chiesto i domiciliari. Dimissioni che potrebbero arrivare
già nelle prossime ore. Ieri Tancredi è stato a lungo a colloquio
con Sala, per poi andarsene dal Comune in scooter senza rilasciare
dichiarazioni. Il sindaco dovrà anche fronteggiare gli attacchi
provenienti dal centrodestra e dal Movimento Cinque Stelle. Perché
se è vero che il partito di Giuseppe Conte non fa parte della sua
maggioranza e a Milano ha un peso relativo, poco più del 5% alle
ultime elezioni europee, e che il centrodestra non è compatto (Forza
Italia è su posizioni più garantiste), è anche vero che contro di
lui si è mosso un peso da novanta come Ignazio La Russa, che ha
definito la giunta Sala «inadeguata». Un affondo controbilanciato, e
questo è interessante guardando agli equilibri interni al partito
della premier, dall'uscita del ministro della Difesa Guido Crosetto,
per cui «a Milano parte della magistratura ha deciso di sostituirsi
al legislatore, e questo è molto pericoloso». E pure dalla stessa
Giorgia Meloni per cui «un avviso di garanzia non porta
automaticamente alle dimissioni. Decida Sala». La strategia di Sala
per ora, più che alle parole, si affida ai fatti. Di prima mattina
ha tenuto una riunione di giunta già programmata (unico assente
Tancredi). Più tardi, invece, ha ricevuto il presidente dell'Inter
Beppe Marotta e il delegato Uefa Michele Uva. San Siro è uno degli
stadi candidati a ospitare gli Europei 2032 e proprio in queste ore
anche sul futuro dell'impianto qualcosa si muove: è di due giorni fa
la notizia che il Tar di Milano ha rigettato la richiesta di
sospensiva presentata dal comitato "Sì Meazza" per la vendita
dell'impianto. Un via libera passato quasi inosservato a causa
dell'inchiesta sull'urbanistica. Riaprire il dossier San Siro in una
giornata del genere, però, è un segnale inequivocabile di Sala a chi
già sognava un suo passo indietro. —
LA PROVA DEL SODALIZIO MILANESE : la legge bipartisan
naufragata
"Salva Milano" inpantanato al Senato La norma adesso rischia la
decadenza
Il "Salva Milano" passato tra le polemiche alla Camera a fine 2024,
da allora non ha fatto più passi avanti, rimanendo sostanzialmente
bloccato in Senato. Ora rischia la decadenza. Le forze politiche si
divisero secondo uno schema inedito: Pd, Azione, Iv e Più Europa
schierati con tutta la maggioranza per il sì; M5s e Avs fortemente
contrari (e apertamente critici nei confronti dei democratici). Ma
all'arrivo in Senato sopraggiunse una novità: il tentennamento del
Pd sulla norma che - via, via - si è sfilato dal fronte del sì.
L'iter travagliato del "Salva Milano" era iniziato con una
telefonata tra il vicepremier con delega alle Infrastrutture, Matteo
Salvini e il sindaco Sala: si parlò di una norma per chiarire il
destino di alcuni grattacieli al centro di un intervento della
Procura. L'idea del ministro era di lavorare ad una legge bipartisan
da inserire in fase di conversione del decreto salva-casa. Ma il
progetto sfumò, per contrasti in maggioranza. L'ipotesi successiva
fu che entrasse nel dl Infrastrutture: ma, anche in questo caso,
emerse la mancanza degli estremi per l'ammissibilità. —
19.07.25
SALA , l'uomo di TRONCHETTI IN TELECOM, RAPPRESENTA CHI CONTROLLA
MILANO ed e' difeso da GOVERNO ED OPPOSIZIONE : Trema
Milano
FRANCESCA DEL VECCHIO
monica serra
MILANO
L'ultimo filone di inchiesta sull'urbanistica milanese fa finire
indagato il sindaco Beppe Sala. C'è anche il suo nome tra quelli
coinvolti nel fascicolo per cui i pm chiedono gli arresti
domiciliari per il re del mattone Manfredi Catella e per l'assessore
comunale alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi: una notizia
che scatena un terremoto, il secondo in pochi mesi dopo il caso
Oggioni.
Questa volta, però, tocca il vertice politico della macchina
comunale. Al punto che il centrodestra, ma anche il M5s, chiede le
dimissioni del sindaco. Le accuse, per Sala, sono di false
dichiarazioni sull'identità per la nomina del presidente della
Commissione per il paesaggio del comune, Giuseppe Marinoni, e di
induzione indebita a dare o promettere utilità dopo il pressing di
Boeri per sbloccare la pratica sul Pirellino di Catella.
Dopo tre anni di fascicoli e indagini su singoli progetti
urbanistici, la nuova inchiesta tira le somme sui «profili di
incontrollata espansione edilizia», come scrive il procuratore
Marcello Viola. Decine le perquisizioni del Nucleo di polizia
economico finanziaria della Guardia di Finanza negli uffici del
Comune e negli studi di progettisti-architetti e imprenditori. Sono
state sequestrate le carte su 30 progetti e pratiche edilizie fino a
oggi non coinvolte nelle inchieste.
Oltre a Catella, il potente imprenditore che ha ridisegnato lo
skyline di Milano, immobiliarista fondatore di Coima, società che
partecipa a diversi progetti di edilizia della città tra cui il
villaggio olimpico, e Tancredi, per cui sono stati chiesti i
domiciliari con l'accusa di corruzione, ci sono anche Andrea
Bezziccheri, imprenditore emergente che ha firmato le Park Tower e
il complesso «Hidden Garden» in piazza Aspromonte (nella sua
cassetta di sicurezza sono stati sequestrati 120 mila euro in
contanti), Giuseppe Marinoni e Alessandro Scandurra, rispettivamente
ex presidente e membro della Commissione paesaggio di Palazzo Marino
e Federico Pella di S+J. Per tutti loro i pm hanno avanzato la
richiesta di misura cautelare in carcere. La decisione spetterà al
gip Mattia Fiorentini che, dopo gli interrogatori preventivi fissati
il 23 luglio, deciderà se accogliere le richieste della procura.
Indagato ma non destinatario di provvedimenti cautelari, lo stesso
Boeri, che era già stato coinvolto nel primo filone. «Ho operato in
maniera corretta. Spero che venga accertata la mia estraneità», si
difende.
Secondo l'ipotesi dei pm, Catella avrebbe ottenuto vantaggi in
appalti attraverso incarichi conferiti a soggetti vicini
all'amministrazione, in un contesto in cui Tancredi avrebbe operato
«certo di poter contare sull'appoggio del sindaco». Nel frattempo,
la politica si scatena. Non sa ancora che Sala è indagato ma negli
atti della procura compare un passaggio chiave: Tancredi - scrivono
i pm - «agiva nella convinzione che il sindaco fosse dalla sua
parte». Una frase che da sola basta a scatenare le opposizioni e a
spingerle a chiedere la testa del sindaco. Che Fratelli d'Italia,
Lega e Forza Italia - seppur con gradazioni diverse - cogliessero
l'occasione per chiedere a Sala un passo indietro era scontato:
«Profonda preoccupazione» per un «sistema marcio», si registra dalle
varie dichiarazioni. Matteo Salvini parla di «sconcerto per una
città tenuta ferma da Sala», Tajani ribadisce il garantismo azzurro
ma auspica «un cambiamento» per Milano. FdI annuncia che farà
richiesta formale di dimissioni. Tutto secondo il copione.
Sorprende, però, la reazione di Giuseppe Conte: «Attendiamo che chi
ha responsabilità politiche ne tragga le conseguenze». Tradotto, il
sindaco si faccia da parte.
Al contrario, sul fronte del Pd che appoggia Sala in Comune, si
registra un certo imbarazzo. Nessuna dichiarazione dal Nazareno, né
dalle segreterie regionale e cittadina. Imbarazzo doppio visto che
il Pd, in una prima fase, aveva appoggiato il «Salva Milano», la
discussa norma che avrebbe consentito la prosecuzione dei cantieri
bloccati attraverso una sanatoria parziale delle presunte
irregolarità. Questo nuovo capitolo è legato al filone invernale,
con l'arresto di Giovanni Oggioni, ex vicepresidente della
Commissione Paesaggio. In quel caso la procura aveva messo sotto
accusa un ampio numero di interventi edilizi realizzati sfruttando
in modo ritenuto abusivo il meccanismo della «ristrutturazione
edilizia con demolizione e ricostruzione», previsto dal Testo unico
dell'edilizia. L'escamotage avrebbe consentito di costruire nuovi
edifici aggirando i vincoli urbanistici delle nuove edificazioni. Le
due inchieste mostrerebbero elementi comuni: l'utilizzo, secondo i
pm, di scorciatoie procedurali, l'interferenza tra funzione tecnica
e indirizzo politico, e una mancanza di controlli sui passaggi
autorizzativi. —
LA GRANDE TORTA MILANO : Il pressing dell'archistar fa
finire nei guai il sindaco di Milano: "Rischiamo la rottura"
Il super consulente comunale "Attuiamo un piano ombra che garantisce
alte parcelle"
Milano
L'inchiesta che ha terremotato il Comune di Milano travolge il
sindaco Beppe Sala. Anche il suo nome è stato, infatti, iscritto nel
registro degli indagati dalla procura. È accusato di induzione
indebita a dare o promettere utilità e di false dichiarazioni
sull'identità. Il modello Milano della gestione urbanistica che ha
voluto e rivendicato il primo cittadino, per i pm, è un «vorticoso
circuito di corruzione che colpisce le istituzioni e che ha
disgregato ogni controllo pubblico sull'uso del territorio, svilito
a merce da saccheggiare».
La maxi inchiesta che colpisce al cuore la giunta milanese, descrive
da una parte le «eversive degenerazioni in cui opera la Commissione
per il paesaggio» dall'altra la «strumentalizzazione che ne fa la
politica, principalmente l'assessore Tancredi, in sintonia con il
sindaco Sala e il direttore generale Christian Malangone –
servendosi di Marinoni – per portare avanti relazioni private con
gruppi della finanza immobiliare attivi a Milano e soddisfare i loro
interessi».
Non usano mezzi termini i pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e
Mauro Clerici per disegnare la «corruzione sistemica e ambientale»
che avrebbe caratterizzato «l'incontrollato sviluppo immobiliare»
milanese al centro del blitz della Gdf che all'alba di ieri ha
portato a decine di perquisizioni, indagati e a sei richieste di
arresto tra carcere e domiciliari.
Da una parte Sala è accusato di false dichiarazioni per la nomina
del presidente della Commissione per il paesaggio Giuseppe Marinoni.
Anche il primo cittadino, infatti, per l'accusa, sarebbe stato
consapevole della sua «condizione di totale conflitto di interesse».
Lo «spregiudicato faccendiere», come definiscono Marinoni i
magistrati del pool diretto dall'aggiunta Tiziana Siciliano e dal
procuratore Marcello Viola, fino a qualche mese fa avrebbe agito con
la «copertura» dell'assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo
Tancredi, con l'obiettivo di attuare un «Pgt ombra» in cambio di
«incarichi privati dagli operatori della finanza immobiliare e
proprietari di aree, coinvolti nei maggiori interventi urbanistici»:
remunerative consulenze che riceveva anche attraverso la «J+S spa di
Federico Pella» di cui, per il Nucleo di polizia economico
finanziaria della Gdf, sarebbe «partner». Al punto che, due anni fa,
in una chat col socio, Marinoni scriveva: «Se riuscissimo a
concludere anche solo metà» dei progetti che «abbiamo avviato in
questi 6 mesi avremmo lavori per il prossimo lustro...Stiamo
attuando un Pgt ombra ahah... e con alte parcelle». Con una delibera
del dicembre 2023 voluta da Tancredi, il suo studio privato aveva,
infatti, ottenuto «il patrocinio gratuito del Comune di Milano allo
"Studio" di una strategia Urbana e paesaggistica "Porte
Metropolitane – Milano 2050"».
Tra le tante vicende descritte negli atti e relative a numerosi
interventi nel mirino della Gdf – dai Bastioni di Porta Nuova allo
Scalo di Porta Romana, ossia lo «studentato post Villaggio Olimpico»
– quella che coinvolge Beppe Sala è il progetto dell'ex
Pirellino-Torre Botanica. Perché, per ottenere il via libera della
Commissione al progetto del re della Milano dei grattacieli Manfredi
Catella, l'archistar Stefano Boeri si sarebbe rivolto direttamente
al sindaco usando in una chat toni che i pm definiscono «molto
risoluti e di comando». E avrebbe incassato il suo interessamento e,
alla fine, il parere positivo richiesto.
Il giorno prima del voto sul progetto già due volte bocciato, per
conto di Coima, Boeri – in questo caso indagato per la terza volta –
scrive infatti a Sala: «Marinoni sta sbagliando. E non solo con noi.
Se insiste rischiamo rottura. È ricorso al Tar e Catella che va sui
giornali». Nella chat con il primo cittadino, Boeri afferma di
averne «parlato a lungo con Giancarlo, Mario e Cristian» che gli
investigatori identificano nell'assessore Tancredi, nell'ex capo di
gabinetto di Sala e nel dg del Comune. «Ultima cosa crearti problemi
– aggiunge – ma prendilo come warning per domani». La risposta del
primo cittadino lo fa finire nei guai: «Mi dicono che non è solo il
presidente. Ovviamente so quello che mi riferiscono. E devo fidarmi
del giudizio di Giancarlo. Domani mattina rivedo con calma».
Così, Tancredi si attiva con Marinoni per un parere positivo
condizionato alla fine accordato: «Ti ricordo per esame domani
Pirellino che un parere positivo solo sulla soluzione
planovolumetrica ci metterebbe al riparto da attacchi, anche
ovviamente a me, da Catella e Boeri. Boeri ovviamente ha già parlato
al sindaco della vicenda. Confido nella tua sensibilità e grande
capacità di gestire questo parere».
Chat e messaggi che per l'accusa rendono con «precisione l'assoluta
mancanza di indipendenza e l'asservimento dell'esercizio dei ruoli
istituzionali nonché delle continue interferenze poste in essere
dall'assessore Tancredi, fuori dalle regole e sempre d'intesa con
Marinoni, tutte esclusivamente sbilanciate a favore degli interessi
del privato». Soprattutto davanti a big come Boeri e Catella, anche
gli altri membri della commissione – si legge nelle chat– alla fine
sono «tutti con la testa bassa».m.ser.
TENTATO FURTO EX PARLAMENTARE : Respinto il ricorso di
centinaia di ex onorevoli. Conte: nostra vittoria
Resta il taglio dei vitalizi per gli ex deputati
I vitalizi per gli ex deputati non torneranno. Il Collegio d'appello
della Camera, in pratica la Cassazione di Montecitorio, ha
confermato il no al ricorso presentato da circa 800 ex deputati per
eliminare il taglio ai propri vitalizi, deciso nel 2018 sotto la
presidenza di Roberto Fico.
Una richiesta di azzerare quella delibera motivata con il fatto che
nel 2022 a Palazzo Madama ne era stata accolta una simile presentata
da un nutrito gruppo di ex senatori. Una differenza che Giuseppe
Conte richiama per dire che «dove ci siamo noi, i privilegi non
ritornano». Un riferimento al fatto che a Montecitorio c'è una
rappresentante M5s nel collegio (Vittoria Baldino), mentre al Senato
no. Per Conte è stata difesa «una battaglia storica del Movimento» e
confermata la bontà di quella delibera di sette anni fa, «sul piano
etico, morale, ma anche giuridico». La partita, però, non è del
tutto chiusa, perché i ricorrenti, esauriti i livelli
giurisdizionali, potrebbero ancora rivolgere un appello in sede
politica all'ufficio di Presidenza della Camera, oggi guidato dal
leghista Lorenzo Fontana. —
18.07.25
DAGOREPORT
jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962 (10)
John Kennedy fu il più infedele puttaniere del XX secolo, non
soltanto per la sua lunga e tragica storia con Marilyn Monroe (che
condivideva nel suo letto con il fratello Robert), ma perché trasformò
la Casa Bianca in una gigantesca casa di appuntamenti mondani ed
erotici. Tra le sue amanti, giusto per citarne alcune, ci sono Betty
Grable, Sophia Loren, Jean Simmons, Lee Remick, Pamela Turnure, Mary
Pinchot Meyer.
Sull’altra sponda del letto presidenziale, c’era una First Lady
frustrata. Non tanto per le corna: “Sapevo che non lo trovavano un
grande amante, e in effetti non lo era. Voleva la sveltina per poi
tornare a parlare al telefono con qualche stupido politico. Dopo aver
fatto sesso con me, si girava subito dall'altra parte per dormire. E io
restavo lì a sentirlo russare, quasi in lacrime per non essere sta
soddisfatta come donna”, confidò Jackie.
Al bordello continuo di John Kennedy, per ripicca, Jackie rispose botta
su botta, trombando non solo i due fratelli del marito (Robert e Ted),
ma si fece una fama di ninfomane portandosi a letto Warren Beatty, Peter
Lawford, Gregory Peck, Frank Sinatra, un riluttante Marlon Brando
(“Aspettava che le chiedessi di andare a letto insieme, alla fine me lo
ha chiesto lei”), imparò a fare bene i pompini grazie a William Holden
(“Suo marito non insisteva a chiederlo, così le ho detto io come fare.
All'inizio era riluttante, ma una volta preso il ritmo, non si fermava
più”).
jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962 (11)
Sotto il segno della mondana cattiveria di Truman Capote, la smodata
vita sessuale di Jackie era attratta da principi e milionari, politici,
scrittori, ballerini, insomma la crème della società internazionale.
Andava pazza per Andre Malraux e John P. Marquand, figlio di un premio
Pulitzer Prize, col quale consumò in ascensore. Rimase delusa quando
intrecciò una storiella con Paul Newman e scoprì che aveva lo stesso
pene del marito morto assassinato a Dallas.
Invece, con lo scrittore Philip Roth, fu cilecca. Vanno a un party,
flirtano, lei se lo porta a casa, ma non "concludono". È lo stesso Roth
a riconoscere, nella sua prima autobiografia, che con Jackie vedova
Kennedy non gli si è alzato: “Era come baciare un monumento nazionale”.
Ma tra i due ninfomani della Casa Bianca il sodalizio sessuale si ruppe
definitivamente il 5 agosto 1962, quando le prime pagine dei giornali
annunciarono la morte di Marylin Monroe. Per sfuggire a pettegolezzi e
speculazioni sulla relazione clandestina tra il marito e l’attrice, già
lievitati quando, nel maggio 1962, Marilyn Monroe indossò il suo famoso
abito color carne per cinguettare le note di Happy Birthday Mr.
President tra le mura del Madison Square Garden di New York.
Incazzata come una biscia, l’8 agosto 1962, tre giorni dopo la morte di
Marylin, Jackie raggiunse Ravello, sulla Costiera amalfitana, accolta
come una regina dall’allupatissimo Gianni Agnelli.
E Ravello si trasformò in un’alcova rovente (“la vacanza più bella della
sua vita”, come lei stessa amava ripetere) al punto che invece di due
settimane Jackie la prolungò di altri sette giorni finché non piombarono
agenti dei servizi segreti americani a prelevarla come un Almasri per
riportarla a Washington dal marito cornuto e incazzato. Per ripicca ci
fu anche una liason Marella Agnelli-John Kennedy (confidenza di
informatissima socialite)
L’articolo che segue racconta bene come andò la vacanza erotica di
Jackie a Ravello e dintorni.
JACKIE KENNEDY A RAVELLO: QUELLA LUNGA VACANZA E LA LOVE STORY CON
GIANNI AGNELLI
Articolo di Emiliano Amato per quotidianocostiera.it – pubblicato l’8
agosto 2024
Era l’8 agosto del 1962 quando la first lady d’America, Jacqueline
Kennedy, scelse Ravello per le sue vacanze italiane. Giunse a bordo di
un aereo privato all’aeroporto di Pontecagnano per poi raggiungere, in
auto, la “Divina”.
Con la figlioletta Caroline, la sorella Lee Radziwill, il cognato e un
seguito composto dalla bambinaia e dalla segretaria, era scortata dai
mezzi della polizia e da due uomini del suo servizio di sicurezza.
Jacqueline arrivò in una raggiante Ravello, accolta dalla banda musicale
e dalla folla festante, a soli quattro giorni dalla morte sospetta di
Marilyn Monroe.
Soggiornò per tre settimane, fino al 31 di agosto, a Palazzo Episcopio,
antica dimora di proprietà dei Duchi di Sangro, già residenza di
Vittorio Emanuele III. Nelle sue sale, nel 1944 giurò il primo governo
di Unità nazionale e il 5 giugno di quello stesso anno si registrò il
passaggio luogotenenziale del regno al principe Umberto.
Nelle tre settimane italiane la Kennedy era coccolata dalla governante
di Villa Episcopio, la signora Flora Mansi e dalle figlie Margherita e
Maria.
A Ravello Jacqueline ricevette la cittadinanza onoraria dall’allora
sindaco Lorenzo Mansi e le fu dedicato uno spettacolo di balli
folkloristici, tenuto da piccoli e giovani figuranti ravellesi in piazza
Vescovado. In quella occasione anche i graziosi John John e Caroline
indossarono gli abiti tipici da “Tarantella”. Lo spettacolo fu curato
dal maestro Mario Schiavo che compose una Ninna Nanna per la piccola
Caroline.
Pur “imprigionata” da rigide misure di sicurezza, amava forte il
contatto con la gente e spesso chiedeva alle figlie dei vicini di casa,
Anna e Viviana Mansi, di poter giocare con John John e Caroline.
Durante il giorno preferiva recarsi al mare a Conca dei Marini, presso
la residenza dei D’Urso, famiglia legata all’avvocato Agnelli da
un’amicizia di vecchia data. Fu proprio in quella circostanza che
avvenne il primo incontro tra il capitano dell’industria italiana e la
first lady d’America.
Spesso si vedeva l’avvocato accompagnare Jacqueline in giro per la Costa
d’Amalfi. Durante le loro uscite i due vennero spesso immortalati
assieme; lui nelle sue impeccabili mise marinare, e lei con lo charme
che faceva tendenza negli anni della Dolce Vita.
Aveva trentatré anni Jackie, ed era bellissima. Ogni mattina prendeva
posto su una Fiat 600 decappottabile messa a sua disposizione dalla
Fiat, e si recava ad Amalfi per praticare lo sci nautico, sport che
prediligeva. A bordo del mitico “Veliero Blu” ormeggiato alle banchine
del molo pennello, o mentre era seduta al tavolo del bar San Domingo, in
Piazza Vescovado, per un after dinner era sempre con lui Gianni Agnelli.
La notizia di quella assidua frequentazione fece subito il giro del
mondo e la stampa americana vi cucì intorno la trama di una love story,
versando fiumi d’inchiostro sulle pagine di cronaca rosa. Gli
ingredienti per lo scoop c’erano tutti: il fascino di entrambi i
protagonisti, la bellezza dello scenario che li ospitava, il sapore
mondano e spensierato dell’estate ravellese di quegli anni, gli sguardi
e i sorrisi reciproci rubati dall’obbiettivo indiscreto di qualche
fotografo, autorizzati a “scattare” soltanto con i tavoli dei bar
sgombri da bicchieri.
L’avvocato pernottava spesse volte a Villa Episcopio, dove aveva persino
una stanza tutta per sé. E non appena la notizia giunse all’altro capo
del mondo, il giornalista americano Edward Klein fu il primo a dare
l’annuncio che tra Agnelli e la Kennedy era sbocciata una love story. I
due finirono così nel mirino dei paparazzi che scattarono una foto
dietro l’altra, mentre si scatenavano le fantasie dei cronisti.
In un tale clima il presidente degli Stati Uniti John Kennedy, non poté
rimanere a lungo all’oscuro dei fatti, malgrado le preoccupazioni legate
al duro braccio di ferro con l’Urss, per via delle basi missilistiche a
Cuba. Il presidente si era mostrato tanto risoluto nel gestire quella
crisi da far temere un conflitto.
E quando questa storia superò il limite della sua pazienza, ordinò alla
moglie di rientrare a casa: “More Caroline, less Gianni” (“Più Caroline,
meno Gianni”), recitava il laconico ma eloquente messaggio inviato a
Jackie. Così si concluse il primo viaggio italiano della first lady e
con esso anche una tra le love story che hanno maggiormente appassionato
i curiosi di tutto il mondo.
Per anni questa storia rimase puro pettegolezzo, fino a quando lo
scrittore americano Gore Vidal (il primo dei tre mariti della mamma di
Vidal si era risposato con la mamma della first lady d’America) nel
2005, in procinto di lasciare definitivamente Ravello, confidò che ci fu
realmente qualcosa più di un flirt tra Gianni Agnelli e Jacqueline
Kennedy.
Mentre la First Lady, rientrata in America, dopo poco più di un anno
vide suo marito morire e non tornò mai più a Ravello, l’Avvocato ha
continuato ad essere ospite fisso della perla della Costiera per tutta
la sua vita. L’ultima visita risale al 2001, quando giunse da Amalfi,
tappa di una minicrociera a bordo del panfilo rimorchiatore “F-100”,
successore dell’altrettanto celebre “Veliero Blu”, con la moglie Marella
ed un giovanissimo John Elkann.
17.07.25
TRUMP,
OBAMA, CLINTON . BILL GATES.
] Wired ha esaminato con due esperti indipendenti di video analisi
forense i file da 21 gigabyte diffusi dal dipartimento di Giustizia.
Utilizzando uno strumento per i metadati, abbiamo analizzato i dati
Exif (Exchangeable image file format) e Xmp (Extensible metadata
platform) per identificare un'eventuale post-elaborazione.
Il file "grezzo" è stato chiaramente elaborato con un prodotto
Adobe, molto probabilmente Premiere […]. Gli esperti spiegano che i
software Adobe, compresi Premiere e Photoshop, lasciano tracce nei
file esportati, spesso incorporando metadati che registrano sia gli
strumenti utilizzati che le azioni eseguite in fase di montaggio.
In questo caso, i dati indicano che il 23 maggio 2025 il file è
stato salvato almeno quattro volte nell'arco di 23 minuti da un
account di un utente Windows chiamato “Mjcole~1” (non indicano
invece se il filmato sia stato modificato prima di ogni
salvataggio).
LA CELLA IN CUI E' STATO TROVATO MORTO JEFFREY EPSTEIN
I dati suggeriscono anche che il video caricato da Fbi e
dipartimento di Giustizia non è stato esportato direttamente da un
filmato continuo e grezzo proveniente da una telecamera di
sorveglianza, ma è invece composto da almeno due file mp4 separati e
poi assemblati.
I metadati includono riferimenti ai file del progetto di Premiere e
a due specifici clip sorgente, 2025-05-22 21-12-48.mp4 e 2025-05-22
16-35-21.mp4. Queste voci compaiono in una sezione dei metadati
denominata "ingredienti", che fa parte del sistema interno usato da
Adobe per monitorare il materiale di origine nelle esportazioni
modificate. I metadati non chiariscono in quale punto del video le
due clip siano state unite.
Hany Farid, un professore dell'università della California di
Berkeley ha esaminato i metadati su richiesta di Wired. […] Il
professore sostiene che i metadati sollevano preoccupazioni sulla
catena di custodia, come viene definito il processo di gestione
documentata delle prove digitali, dalla raccolta alla presentazione
in tribunale.
modifiche ai metadati nel video dell fbi sulle ultime ore di epstein
in carcere 6
Proprio come quelle fisiche, spiega, anche le evidenze digitali
devono essere maneggiate in modo da preservarne l'integrità; pur non
essendo sempre precisi, i metadati possono fornire importanti indizi
sul fatto che questa integrità sia stata compromessa.
"Se un avvocato mi portasse questo file e mi chiedesse se è adatto a
essere presentato in tribunale, risponderei di no. Gli direi di
tornare alla fonte., fare le cose per bene – dice Farid – e di fare
un'esportazione diretta dal sistema originale, senza sotterfugi".
Farid segnala la presenza di un'altra anomalia: l'aspect ratio del
video – cioè il rapporto tra la larghezza e l'altezza dell'immagine
– cambia palesemente in diversi punti. "Perché improvvisamente vedo
un aspect ratio diverso?", si chiede.
modifiche ai metadati nel video dell fbi sulle ultime ore di epstein
in carcere 4
Stando a un rapporto del 2023 redatto dall'ufficio dell'Ispettore
generale (Oig) del dipartimento di Giustizia, l'Mcc, la struttura di
detenzione in cui Epstein è stato trovato impiccato, disponeva di
circa 150 telecamere di sorveglianza analogiche. Ma a partire dal 29
luglio 2019, circa la metà – compresa la maggior parte di quelle
all'interno dell'Shu – non ha potuto registrare a causa di un errore
tecnico.
La riparazione del sistema era prevista per il 9 agosto, la notte
prima del ritrovamento di Epstein. Il tecnico incaricato tuttavia
non ha potuto accedere all'attrezzatura necessaria perché l'agente
che doveva accompagnarlo stava per terminare il proprio turno.
Nel momento in cui il personale dell'Mcc ha trovato Epstein
impiccato nella sua cella, c'erano quindi solo due telecamere in
funzione nei pressi dell'Shu: una che copriva l'area comune e le
scale vicino all'ingresso dell'adiacente Unità 10 sud, e un'altra
che monitorava il vano dell'ascensore al nono piano. Nessuna delle
due ha ripreso la porta della cella di Epstein.
Stando alla nota del dipartimento di Giustizia, il video conferma
che dal momento in cui Epstein è stato chiuso nella sua cella,
intorno alle 20:00 del 9 agosto 2019, e tra le 22:40 e le 6:30 del
mattino successivo, nessuno è entrato nel corridoio in cui si
trovava la sua cella. Ma nella registrazione c'è un buco notevole:
manca circa un minuto di filmato, dalle 23:58:58 alle 24:00. Il
video riprende subito dopo.
Nel suo rapporto, l'Oig non ha trovato prove di un piano per
uccidere Epstein, ma documenta anni di croniche carenze nel
personale e diversi guasti al sistema dell'Mcc.
[…] Un esperto di analisi forense dei media, che ha esaminato i
metadati del video e concorda con l'analisi di Wired – ma che ha
chiesto di rimanere anonimo per motivi di privacy – ha commentato
senza mezzi termini: “Sembra sospetto, ma non quanto il fatto che
dipartimento di Giustizia si rifiuti di rispondere alle domande
elementari”.
16.07.25
Biscotti ad alto contenuto energetico per 800 mila dollari. Ormai
scaduti, saranno distrutti
Un nuovo disastro della chiusura di UsAid al macero il cibo per i
bambini afghani Simona Siri
New York
Quasi 500 tonnellate di cibo di emergenza destinate a Afghanistan e
Pakistan, una quantità sufficiente per sfamare circa 1,5 milioni di
bambini per una settimana. Una enormità che entro cinque giorni
diventerà cenere. Parlando con due ex dipendenti governativi rimasti
anonimi, The Atlantic è riuscita a scoperchiare l'ammontare di
questo spreco dovuto alla chiusura dell'agenzia UsAid da parte
dell'amministrazione Trump, definitiva dal primo luglio. Il cibo in
questione era stato acquistato dall'amministrazione Biden, una spesa
di 800 mila dollari in biscotti ad alto contenuto energetico, il
tipo di sostentamento che si manda ai bambini sotto i cinque anni,
quando installare una vera e propria cucina richiede troppo tempo.
Conservati in un magazzino di Dubai, i biscotti dovevano essere
distribuiti quest'anno dall'agenzia Onu che se ne occupa, la World
Food Programme. Da quando Trump ha dato ordine di smantellare UsAid
- operazione portata avanti dal Doge di Elon Musk - il personale in
carica ha fatto diverse richieste ai nuovi capi dell'agenzia - tra
cui Jeremy Lewin, un ventenne assunto da Musk - chiedendo
l'autorizzazione a trasferire il cibo, senza però ottenere risposta.
Lo scorso maggio il segretario di Stato Marco Rubio aveva detto ai
rappresentanti della Commissione Stanziamenti della Camera che
avrebbe garantito che gli aiuti alimentari raggiungessero i
destinatari prima della data di scadenza dei biscotti. Nonostante
l'assicurazione di Rubio, l'ordine di incenerire i biscotti a maggio
era già stato inviato e nonostante il suo reiterare che gli Stati
Uniti avrebbero continuato a salvare vite umane in Paesi stranieri
attraverso gli aiuti alimentari, in realtà il governo statunitense
ha eliminato tutti gli aiuti umanitari all'Afghanistan e allo Yemen,
dove, secondo il Dipartimento di Stato, fornire cibo rischia di
avvantaggiare i terroristi. Tra i commenti più duri a quella che lei
chiama «la codardia di Rubio» c'è quello di Samantha Power,
amministratrice di UsAid nell'amministrazione Biden e già
ambasciatrice degli Stati Uniti all'Onu sotto Obama. In un
editoriale sul New York Times ha scritto che la fine di UsAid è un
regalo agli autocrati di tutto il mondo. «Durante il mio mandato
come amministratrice abbiamo assistito a un aumento significativo
degli attacchi da parte di Cina e Russia contro l'agenzia. Lo scorso
aprile, il governo cinese ha pubblicato un attacco di oltre 20
pagine, una litania di false affermazioni su come gli Stati Uniti
avessero agito in modo sconsiderato, commesso numerosi illeciti e
numerosi crimini. Negli ultimi sei mesi dell'amministrazione Biden,
abbiamo documentato più di 80 campagne di propaganda estera che
prendevano di mira il lavoro di UsAid». A proposito di spreco:
distruggere le 500 tonnellate di biscotti che si trovano nei
magazzini di Dubai costerà al governo americano 130 mila dollari,
soldi che vanno ad aggiungersi agli oltre 800 mila utilizzati per
acquistarli. —
Elisabetta Fedegari
"Molestata da un collega e ignorata da FdI Il partito predica valori
poi non li rispetta" nina fresia
pavia
«Sono stata molestata e non c'è stata alcuna reazione da parte di
Fratelli d'Italia. Ho capito che la priorità è ormai il
raggiungimento del potere, tralasciando tutto ciò che riguarda gli
aspetti umani». Così Elisabetta Fedegari, avvocata pavese di 44
anni, sulla decisione di lasciare il partito di Giorgia Meloni.
L'addio è dovuto soprattutto al «distacco e disinteresse» dimostrato
per la sua vicenda personale: Fedegari aveva denunciato (anche in
procura) di aver subito molestie sessuali da parte di un iscritto al
partito vicino alla dirigenza, ma nessun provvedimento è stato preso
in merito. «Una chiara indicazione della scarsa considerazione per
il benessere e la dignità dei propri membri», ha scritto nella nota
di congedo l'avvocata.
Fedegari ha militato in passato in Forza Italia, seconda donna più
votata alle comunali 2014 con la civica "Pavia con Cattaneo" e fu
indicata dagli azzurri per il cda di Asm Pavia. Ricoprendo quella
carica è stata coinvolta nell'inchiesta Clean 1, in cui è indagata
per peculato. Passata a Fratelli d'Italia, si era candidata alle
elezioni lombarde del 2023, collezionando oltre 4 mila preferenze.
Pur non venendo eletta, il successo locale le avrebbe forse permesso
un futuro di primo piano nel centrodestra pavese.
Davanti a sé aveva la strada spianata eppure Fratelli d'Italia non
ha fatto nulla quando ha denunciato le molestie subite all'interno
del partito. Come se lo spiega?
«Preferisco non scendere nei dettagli, questa vicenda mi fa ancora
molto male. Mi sembra, comunque, che Fratelli d'Italia abbia
disatteso alcuni dei valori che predica, tra cui la tutela delle
donne quando subiscono episodi gravi come una molestia. Il
segretario provinciale, Claudio Mangiarotti, ha confermato di essere
stato a conoscenza dei fatti. Sono stata io stessa a
raccontarglieli: ha anche visto le prove di quanto accaduto. Delle
molestie ci sono state, è innegabile. È una vicenda che mi ha
lasciato del dolore, ancora oggi tirarla fuori non mi fa stare
tranquilla».
Questo l'ha spinta a lasciare il partito?
«È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ci sono stati
una serie di episodi di marginalizzazione, esclusione e mancanza di
volontà nel valorizzarmi. Questo nonostante i risultati che ho
sempre perseguito per il partito in termini di numeri e voti. Penso
ancora a una politica, magari sbagliando, in cui i rapporti tra
persone sono fondamentali. Ma quando questi arrivano a una tale
desolazione umana, allora vuol dire che ero io a essere nel posto
sbagliato».
Crede che l'isolamento fosse dovuto anche al fatto che lei è donna?
«Mi auguro e spero di no. Oggi in politica, soprattutto quella
locale, penso che ci sia ancora un po' di misoginia. In Italia è
ancora molto difficile, non solo nella politica, iniziare una
carriera importante. Ma il motivo della mia marginalizzazione in
Fratelli d'Italia credo fosse legato al mio non essere un'iscritta
storica del partito. Il fatto che io non appartenessi al partito fin
dalle sue origini ha fatto sì che mancasse la fiducia per darmi
delle opportunità concrete».
Perché ritiene che Fratelli d'Italia non rispetti valori di cui si è
fatto portavoce?
«Vedo un avvicinamento al mainstream generale e un allontanamento
dal popolo italiano, dai propri cittadini e dalla loro tutela. Più
che a destinare risorse agli italiani, si pensa forse un po' troppo
ad avere grandi ambizioni internazionali, tralasciando quello che
era il patto con gli elettori».
Questo riguarda anche Giorgia Meloni?
«Reputo la premier una donna capace e intelligente. Al di là del
rammarico per la mia vicenda personale, mi auguro che abbia un
occhio più attento anche ai vertici più bassi del partito a livello
dirigenziale sui singoli territori. Vedo una profonda carenza di
strutturazione e radicamento territoriale. Spero che di questo si
occupi lei in prima persona, perché evidentemente gli altri non sono
in grado di farlo».
Ha ricevuto messaggi di solidarietà per quello che le è accaduto?
«Da Fratelli d'Italia, tranne qualche sparuto caso, praticamente
nessuno si è espresso. A conferma del fatto che ho fatto bene ad
andare via. Mi ha fatto molto piacere invece il messaggio di
solidarietà del sindaco di Pavia, nonostante sia del Partito
Democratico. Ma soprattutto ho sentito il sostegno di centinaia di
cittadini».
Vede ancora un futuro in politica?
«Ritengo che sia ancora possibile arrivare a livelli di potere
facendo del bene e comportandosi bene. Oggi nella buona politica
credo forse ancora di più. Certamente non con Fratelli d'Italia». —
15.07.25
L'Ucraina avrà a disposizione sistemi di difesa aerea oltre a
intercettori e munizioni Probabile la fornitura degli Jassm a lunga
gittata. L'elenco sarà definito con Hegseth
Armi per dieci miliardi di dollari compresi missili da 800
chilometri Dal corrispondente a Washington
L'America venderà armi alla Nato per un valore di 10 miliardi di
dollari. Questo solo nel cosiddetto "primo giro" di rifornimenti. A
dirlo al sito Axios sono fonti della Casa Bianca. Al di là di quanto
ha detto Trump sui sistemi di difesa Patriot e sui missili
intercettori, l'elenco delle armi e munizioni che da Washington (e
dagli arsenali europei) transiterà in Ucraina è ancora incompleto.
Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, farà il punto con
Pete Hegseth, capo del Pentagono.
Ma alcune indicazioni su quel che arriverà sul campo di battaglia in
Ucraina si riescono comunque a trarre. Anzitutto a Kiev approderanno
nuovi sistemi Patriot. Al momento l'Ucraina ne ha sei batterie
complete, a fronte di un'esigenza di almeno dieci e di una richiesta
– tre anni fa ormai – di 25, mai nemmeno finita nei radar
dell'Amministrazione Biden. Ad oggi mancano soprattutto gli
intercettori, e anche per questo i recenti attacchi dal cielo da
parte russa sulle infrastrutture ucraine sono stati così letali.
Arriveranno via Germania due batterie complete e dalla Norvegia
un'altra. I missili intercettori – comprati da un consorzio di Paesi
entro la Nato – invece arriveranno dagli Stati Uniti. Una parte è
già nei depositi in Europa, altri verranno costruiti. Per questo
ieri Mar Rutte ha parlato di «prima fase». C'erano anche voci
dell'invio di missili a lunga gittata capaci di penetrare in
profondità nel territorio russo. A Washington c'è anche Boris
Pistorius, ministro della Difesa tedesco. Ieri ha visto Hegseth e
l'obiettivo del meeting era proprio fare chiarezza su quali armi
destinare a Kiev all'interno dello schema Nato e quali invece
servono per la deterrenza europea tenendo conto che Washington
produce il 90% dei missili a lunga gittata dell'Alleanza.
A suo tempo – c'era ancora l'Amministrazione Biden – si era
ragionato sul dispiegamento di missili Tomahawk (range 1800 km) e
sui supersonici Dark Eagle (3 mila). Le discussioni erano rimaste
sulla carta, quando la Russia aveva criticato il piano di schierare
queste batterie missilistiche in Germania.
Ma l'Ucraina potrebbe comunque ricevere missili "offensivi". Secondo
alcune fonti una delle opzioni sono i missili da crociera "Jassm".
Possono essere montati anche sugli F16. La gittata dei modelli più
datati è di 370 chilometri, ma ci sono varianti in grado di superare
gli 800 chilometri. Nell'elenco anche i missili Guided Multiple
Launch Rocket System, pensati per l'uso delle forze di artiglieria
equipaggiati con Himars – consegnati all'Ucraina per la prima volta
nel giugno del 2022 – e sistemi Mlrs (Multiple Launch Rocket
System). Munizioni e proiettili da 155 mm completerebbero il primo
invio.
Il generale John Rafferty, del 56° Comando di Artiglieria
dell'Esercito Usa nella città tedesca di Magonza-Kastel, sta
lavorando al dispiegamento dei missili a lunga gittata in Europa. In
un colloquio con la Reuters ha spiegato come «nella moderna guerra
le capacità di colpire a lunga distanza siano cruciali». Ha
evidenziato come nel primo anno di guerra l'Ucraina si sia trovata
svantaggiata su questo aspetto e che si è poi corso ai ripari. Ora
Trump e la sua Amministrazione potrebbero dare un'ulteriore
accelerazione. Alb.sim. —
La nuova
Suburra andrea
palladino
roma
Un uomo in ginocchio, in un campo incolto. La testa bendata e una
pistola puntata alla tempia. Gli audio di vere e proprie torture,
botte ed un colpo d'arma da fuoco in pancia, sparato a bruciapelo. È
il volto della criminalità laziale, che ha preso il controllo delle
piazze di spaccio e del grosso traffico di droga a Sud di Roma. Un
territorio ad una quarantina di chilometri dalla Capitale, nell'agro
tra i comuni di Aprilia - amministrazione sciolta nei mesi scorsi
per mafia - Velletri e Lanuvio, a cavallo tra i Castelli romani e la
provincia di Latina.
L'immagine dell'uomo inginocchiato con la pistola puntata alla testa
è stata trovata dagli investigatori nel cellulare di due cittadini
della repubblica Dominicana, fermati dalla Polizia stradale a
Cassino un anno fa. È parte di alcuni video girati durante due
sequestri di persona avvenuti il 2 e il 19 giugno del 2024. Gli
esecutori - secondo le indagini condotte dal Nucleo investigativo
dei carabinieri di Frascati - sono due uomini originari della
Repubblica Dominicana, arrivati da Genova. L'incarico era chiaro,
recuperare i soldi di un credito ed ottenere informazioni su alcune
piazze di spaccio, per conto di narcos albanesi. Il nome del
sospetto mandante del primo sequestro era già ampiamente noto, come
componente del gruppo di albanesi che da anni agiscono nell'area dei
Castelli romani. Secondo i magistrati della Dda di Roma - che ne
hanno chiesto e ottenuto l'arresto - si tratta di Alban Cjapi,
imprenditore di Velletri, attivo - secondo i dati presenti un Camera
di commercio - nel settore della vendita di automobili. Cjapi era
già entrato nelle indagini della Dda di Roma che qualche anno fa
hanno portato all'arresto di un gruppo di narcos, guidati dagli
albanesi Elvis Demce e Ermal Arapaj. Nel luglio del 2019 Cjapi era
stato intercettato in un negozio di compro oro di Giulianello, in
provincia di Latina, di proprietà della moglie di Arapaj, mentre
discuteva di una partita di droga. All'epoca la Procura giudicò non
sufficienti gli elementi raccolti per chiederne l'arresto.
Pochi giorni dopo il primo sequestro, il 19 giugno, i due domenicani
tornano in azione nelle campagne di Lanuvio, in provincia di Roma.
L'esito, in questo caso, è stato particolarmente pesante. La vittima
la sera del 19 giugno si è presentata all'ospedale di Latina con una
ferita di arma da fuoco all'addome. Ha dichiarato di essere stato
colpito durante una rapina. Le indagini partite dal sequestro del
cellulare dei due uomini della Repubblica Dominicana hanno mostrato
che in realtà il ferimento era avvenuto a conclusione di un
sequestro di persona. I due sicari arrivati da Genova - colpiti ieri
da un'ordinanza di custodia cautelare per tentato omicidio, con
modalità mafiose - lo avevano convocato presso una loro base
logistica nella campagna di Lanuvio, quasi al confine con Aprilia.
Il filmato riprende quello che è avvenuto prima del ferimento:
mentre uno dei due colpisce la vittima, l'altro gli chiede di
scrivere tutti i dettagli su alcuni movimenti di droga. Si sentono
le urla e i lamenti della vittima, solo in parte coperti da una
musica messa a tutto volume.
La ricostruzione della Dda di Roma ha portato ad individuare il
possibile mandante di questo secondo rapimento. In questo caso si
tratta di un nome di peso del mondo criminale romano, quello di
Elvis Demce, detenuto da tempo, che però ha continuato a comunicare
con la sua organizzazione dal carcere. È nato in Albania nel 1986 ed
è arrivato con la famiglia a Velletri nel 1993. Ha un passato da
giocatore di calcio mancato, sport che ha praticato mentre cresceva
criminalmente tra il clan Senese e la banda di Fabrizio Piscitelli,
meglio conosciuto come Diabolik, ucciso il 7 agosto del 2019 al
parco degli Acquedotti, zona Roma sud. Come hanno raccontato alcuni
suoi amici nel corso di uno dei tanti processi per narcotraffico
davanti ai giudici della capitale, Demce dal mondo del calcio locale
è passato direttamente alla curva Nord degli Irriducibili, gli
ultras della Lazio. Secondo diverse sentenze è uno dei leader
indiscussi del traffico di droga tra Roma e i Castelli Romani. Il
suo braccio destro era inizialmente Ermal Arapaj, collegato
all'altro albanese mandante del primo sequestro, Cjapi, anche lui di
Velletri. Quando Demce finisce prima in carcere e poi ai
domiciliari, Arapaj tenta di compiere il grande passo, cercando di
prendersi la piazza di spaccio a Sud di Roma. Ne nasce una vera e
propria guerra che ha sempre come sfondo la zona tra Velletri e
Lanuvio. Prima Demce manda un commando di suoi uomini, tutti
italiani, per cercare di sequestrare Arapaj. Poi, dopo la fuga del
suo ex braccio destro, fa colpire la villa della sua famiglia, con
un attentato incendiario. A distanza di anni alcuni segnali sono
ancora più preoccupanti: lo scorso maggio il mandante del primo
sequestro, Cjapi, è stato identificato in una villa di Velletri,
dove durante una perquisizione gli investigatori hanno rinvenuto un
vero e proprio arsenale, con armi ed esplosivi. Una guerra che dura
da anni.
L'azienda vercellese in amministrazione giudiziaria: disponibili a
collaborare
"Non ha impedito lo sfruttamento" Loro Piana nel mirino della
procura Francesca Del Vecchio
Un capo del valore di 100€ venduto a 2 mila: un meccanismo di
massimizzazione del profitto costato al brand del cachemire
vercellese Loro Piana un decreto di amministrazione giudiziaria di
un anno. L'azienda sarebbe stata «incapace di prevenire lo
sfruttamento lavorativo», motivo per cui il Tribunale di Milano ha
assegnato un amministratore che affianchi l'attuale dirigenza nel
«rimuovere le situazioni tossiche», come le ha definite il pm Paolo
Storari. Il brand del gruppo Lvmh, della famiglia Arnault, non ha
«controllato la catena produttiva né verificato la capacità delle
società» in subappalto agevolando «colposamente» una situazione
irregolare fatta di «manodopera clandestina in ambienti di lavoro
insalubri e pericolosi», alloggiata «in dormitori abusivi e
sottoposta turni lavorativi superiori a quelli previsti», senza
pause e ferie. Secondo gli accertamenti, infatti, Loro Piana ha
affidato la realizzazione di capi alla Evergreen, società esterna
che a sua volta avrebbe subappaltato il lavoro alla Sor-Man snc di
Nova Milanese. Quest'ultima, si sarebbe rivolta infine a opifici
cinesi per abbattere i costi. Come scrivono i giudici, ogni capo
spalla è stato messo in commercio per una cifra fra i 1.000 e i
3.000 euro, «con un ricarico tra i 1.000 e i 2.000 euro». A quanto
risulta, «il costo unitario pattuito era 118€, se la commessa era
superiore a 100 capi». Se inferiore, «di 128€».
«Loro Piana - scrive l'azienda in una nota - condanna fermamente
qualsiasi pratica illegale» e ribadisce la propria «disponibilità a
collaborare con le autorità». Inoltre precisa che «in violazione dei
suoi obblighi legali e contrattuali, il fornitore non ha informato
Loro Piana dell'esistenza di questi sub-fornitori. Loro Piana è
venuta a conoscenza di questa situazione il 20 maggio ha interrotto
ogni rapporto con il fornitore coinvolto in meno di 24 ore». —
14.07.25
Assaf Orion L'analista israeliano: "I l conflitto si è trasformato
in una strategia di governo "
"Bibi usa la guerra per restare in sella ma se Trump si stufa dovrà
fermarsi" Alberto Simoni
Corrispondente da Washington
«Benjamin Netanyahu gioca con il tempo, lo stato di guerra a Gaza
viene modulato politicamente e questo è il motivo, in parte, per cui
il conflitto non finisce», dice Assaf Orion, già generale di brigata
delle forze di difesa israeliane (Idf) e ora International Fellow al
centro studi Washington Institute for Near East Policy.
Generale Orion, cosa intende con "giocare con il tempo"?
«Da fuori non è facile scorgere alcuni dettagli, ma la guerra non è
condotta secondo scopi militari ma per altri fini. Se valutiamo il
conflitto a Gaza secondo il parametro dell'intensità delle
operazioni, questa guerra è finita almeno dalla primavera del 2024.
L'Idf stessa indica che le operazioni sono esaurite, gli obiettivi
sono stati raggiunti e ora il rapporto costi/benefici in termini
militari non è vantaggioso per Israele».
Netanyahu ha trascorso quasi 4 giorni a Washington, la tregua a Gaza
è in fase di discussione e Washington riteneva prossimo un accordo.
Come legge la situazione?
«Il fattore chiave è Donald Trump. Se ne ha veramente abbastanza del
conflitto, ci sarà un cessate il fuoco e poi una tregua permanente.
I termini del cessate il fuoco sono evidenti, Hamas non li ha
cambiati molto».
E Israele?
«È qui che interviene il fattore tempo. È difficile non vedere che
Israele usa la guerra a Gaza, o quantomeno la sua gestione, come in
parte dettata da ragioni politiche poiché ci sono diversi esponenti
nel governo di coalizione che sostengono che senza la distruzione di
Hamas - e quindi in presenza di un'intesa con il gruppo terroristico
- ritirerebbero l'appoggio all'esecutivo di Netanyahu. C'è poi un
secondo fattore legato alle mosse del premier. Si sta avvicinando la
pausa alla Knesset, così come quella giudiziaria e dei processi che
lo coinvolgono. Netanyahu ha chiesto due settimane di pausa, ne ha
incassata una ed è venuto a Washington. Sono fattori che incidono
sul conflitto a Gaza».
Il post-Hamas nella Striscia di Gaza è un punto interrogativo. Trump
sembra meno "radicale" di Netanyahu nell'esigere la "totale
eliminazione del gruppo terroristico".
«In realtà Netanyahu cambia posizione continuamente. Le elezioni si
avvicinano, ha iniziato a concedere interviste ai media nazionali,
ha visitato dopo 636 giorni la comunità di Nir Oz, la più devastata
il 7 ottobre. Potrebbe accettare una tregua temporanea - nei termini
trumpiani su Hamas - purché non egli non appaia come quello che ha
fatto passi indietro. Ha la vittoria sull'Iran da rivendicare. Si
muove, insomma, giocando con il tempo».
La soluzione dei due Stati è ancora parte della policy americana?
«No, stando a quel che sostiene l'ambasciatore Mike Huckabee e che
ha detto nello Studio Ovale lunedì scorso».
Pure Netanyahu ha articolato una risposta sulla soluzione dei due
Stati…
«Israele ritiene che non ci siano le condizioni perché la sicurezza
non sia gestita direttamente dallo Stato ebraico. Sul breve termine
è evidente e su questo c'è un largo consenso nella società
israeliana alla luce del 7 ottobre. Sul lungo termine non è un
problema per Netanyahu. Non rientra nelle sue priorità».
Ma ritiene comunque percorribile l'idea di uno Stato palestinese?
Diversi Paesi europei ne hanno riconosciuto - o stanno per farlo -
l'esistenza…
«Dobbiamo chiederci se è realistico, se una riformata Autorità
nazionale palestinese è in grado di garantire buon governo e avere
il monopolio dell'uso della forza. Bisognerebbe domandarsi
onestamente se ci sono le condizioni perché questo avvenga senza che
si rischi di creare uno Stato fallito, o uno Stato controllato da
Hamas o un altro Hezbollah. Non si può scaricare tutto su Israele e
le sue politiche». —
Dal primo messaggio al silenzio del ministero Tutti i buchi su
Almasri irene famà
roma
Gli uffici tecnici hanno inviato le loro comunicazioni ai vertici
del ministero, poi però qualcosa si è inceppato. La faccenda è al
vaglio del tribunale dei ministri, il governo si difende dagli
assalti e il Guardasigilli non intende gettare la spugna. Eppure il
caso del generale libico Osama Najeem Almasri, tra bugie e
contraddizioni, resta un pasticcio.
Andiamo con ordine. Il generale viene fermato dalla polizia a Torino
la sera del 18 gennaio, mentre con alcuni amici è appena rientrato
in hotel dopo aver visto una partita all'Allianz Stadium. Viene
arrestato su mandato di cattura internazionale e ci sono dei
dettagli procedurali che in questa storia sono particolarmente
significativi. Quando la corte dell'Aja emette un mandato di questo
tipo, la trasmissione degli atti avviene tramite il ministero degli
Esteri e in particolare tramite le ambasciate. In questo caso viene
contattato l'ambasciatore e anche il magistrato di collegamento (o
più precisamente l'esperto giuridico distaccato presso l'ambasciata)
Alessandro Sutera Sardo. Proprio lui, come da procedura, carica i
documenti sulla piattaforma riservata Prisma. Non solo. Avvisa anche
informalmente i colleghi italiani degli atti che stanno per
arrivare. Il caso Almasri è un'eventualità, soprattutto con
quell'urgenza, particolarmente rara. E così dal dipartimento degli
Affari di giustizia si attivano tutti. Nonostante fosse domenica. E
nel primissimo pomeriggio l'ex capo del dipartimento degli Affari di
giustizia Luigi Birritteri scrive un'email alla capa di Gabinetto di
via Arenula Giusi Bartolozzi. Segnala l'eventualità che il ministro
Nordio avrebbe dovuto compiere «un atto urgente». Quello necessario
per tenere in carcere il generale libico accusato di crimini di
guerra e contro l'umanità. L'allora capo del Dag, poi esautorato,
specifica di rivolgersi a Giusi Bartolozzi «per doverosa
informazione» e perché «gli eventuali provvedimenti da adottare ci
vedono privi di delega. Potrebbe dunque emergere la necessità di
atti urgenti a firma dell'On. Ministro». Bartolozzi, la «zarina»
come la chiamano in via Arenula, risponde alle 15.28. Dice di essere
già a conoscenza della vicenda e si raccomanda la massima
riservatezza. Arriva al punto di dire: «Meglio chat su Signal.
Niente per mail o protocollo».
Altro tassello. La piattaforma Prisma, su cui erano stati caricati i
nove documenti inerenti all'affaire Almasri, la può aprire solo il
consigliere diplomatico del ministro della Giustizia. Prisma è stata
visionata già nella giornata di domenica? Così verrebbe da pensare a
leggere l'email di Bartolozzi: «Ero stata informata. Massimo riserbo
e cautela». Certo, la questione è delicata. E Almasri, al vertice
della Rada, una delle milizie più potenti in Tripolitania, una sorta
di direttore del carcere di Mitiga, è un nome importante nello
scacchiere internazionale e nei rapporti tra Italia e Libia.
In quella risposta, Bartolozzi non fa alcun tipo di riferimento agli
atti «urgenti» sollecitati da Birritteri, necessari a rendere valido
l'ordine d'arresto.
Lunedì 20, come da procedura, il procuratore generale di Roma
Giuseppe Amato, intorno a mezzogiorno, scrive a tutta la catena
gerarchica una nota: «Si è in attesa delle determinazioni della
Signoria Vostra in ordine alle attività da porre in essere».
Birritteri prepara la bozza del provvedimento necessario per tenere
l'alto ufficiale libico in carcere. Intorno alle 14 la invia al capo
di Gabinetto per sottoporla al Guardasigilli. Di norma, il ministro
si avvale degli organi tecnici per confrontarsi, quella volta no. Da
quel carteggio di domenica sembra che l'ex capo del Dag sul tema non
abbia più ricevuto alcun tipo di informazioni da via Arenula. E nel
buon senso dei più resta valido il pensiero che se il capo di
Gabinetto è informato, anche il ministro è informato.
Quella bozza di provvedimento resta lì, non verrà mai firmata. Il 21
gennaio Almasri viene rilasciato. E con un Dassault Falcon 900 con
bandiera tricolore viene riportato in Libia, dove viene accolto come
un eroe nazionale. L'aereo parte da Ciampino, arriva a Torino
intorno alle 12 e poi attende sino alle 19.51 il generale. Tutto già
pronto, insomma. Ma sino a sera il Guardasigilli continua a
dichiarare - «considerato il complesso carteggio e i rapporti con la
Corte de L'Aja» – di star ancora valutando la questione. —
13.07.25
La dissidente bielorussa Natalia Dulina racconta i 3 anni da incubo
per aver protestato contro il governo Prima licenziata, poi
arrestata: "Mi hanno messo un sacco in testa e mi hanno portata via
su un pullmino"
"Dimenticata in un carcere disumano Ecco come i regimi ci mettono a
tacere" giuseppe agliastro
mosca
«Ci hanno messo un sacco sulla testa e ci hanno aiutati a salire su
un pullmino. Mi sembrava di sentire dei respiri attorno, cioè capivo
che lì c'erano altre persone, più alcune guardie». È così che
Natalia Dulina racconta il suo rilascio dalle carceri del regime
bielorusso. Una scarcerazione a sorpresa sia per lei sia per gli
altri 13 prigionieri politici tornati in libertà il 21 giugno.
Dulina ha insegnato italiano all'università linguistica di Minsk per
30 anni. Finché non è stata prima licenziata e poi arrestata con
accuse di ovvia matrice politica.
Oggi ripercorre i mesi delle proteste antiregime, il processo e il
carcere. E infine la liberazione, avvenuta subito dopo un incontro a
Minsk tra l'inviato della Casa Bianca, Keith Kellogg, e il dittatore
Lukashenko. «Praticamente ci hanno cacciati dal nostro Paese», dice.
«Mi rimanevano 5 o 6 mesi» dietro le sbarre. «La mia idea era quella
di scontare la pena e rimanere in Bielorussia», afferma la
dissidente, che racconta di essere stata portata fuori dal carcere
di Gomel senza che le fosse detto nulla su dove stessero andando. E
di essere stata lasciata all'oscuro di tutto fino alla fine, cioè
fino all'arrivo in Europa.
Dulina racconta di aver perso la cattedra nel 2020 per aver preso
parte alle proteste antiregime. Cinque anni fa, migliaia e migliaia
di bielorussi scesero in piazza per mesi per contestare i risultati
delle presidenziali: ufficialmente vinte da Lukashenko con un 80%
dei voti che molti osservatori ritengono in realtà frutto di
massicci brogli. Il regime reagì reprimendo le proteste pacifiche a
manganellate e con ondate di arresti. E la polizia è anche accusata
di torture.
L'arresto di Dulina è avvenuto tempo dopo, il 3 ottobre del 2022. E
in cinque mesi è arrivata la condanna a 3 anni e mezzo in un
processo a porte chiuse. Le accuse sono quelle che la dittatura usa
per colpire i dissidenti: "estremismo" e "violazione dell'ordine
pubblico".
Dulina descrive come «un incubo» i primi 10 giorni di carcere in
attesa del processo. «I prigionieri politici di solito sono portati
in celle dove le condizioni sono terribili. In una cella per 2
persone ce ne sono 18», denuncia. «Ci toglievano i giubbotti e
stavamo solo coi jeans e una maglia. Dovevamo dormire per terra.
Faceva freddo, soprattutto la notte, quando ci svegliavano due volte
per fare l'appello».
Dopo la condanna, Dulina viene trasferita nella colonia penale di
Gomel, dove denuncia il «trattamento crudele» nella cella di
isolamento. «Ci sono stata 5 giorni. Si dorme su un letto di tavole
di legno verniciate in modo tale che il corpo non le scaldi. Danno
un'uniforme con gonna, giacca, una maglietta, e basta. Fa molto
freddo. Non si riesce a dormire».
Si stima che oltre 300 prigionieri politici siano stati rilasciati
dal regime di Lukashenko nell'ultimo anno: forse per tentare di
ottenere un allentamento delle sanzioni occidentali. La repressione
però non si ferma: l'ong per la difesa dei diritti umani Viasna
denuncia che oggi sono almeno 1.150 i prigionieri politici in
Bielorussia. —
Il social di elon Musk
Parigi indaga X "Interferenze straniere" La procura di Parigi ha annunciato l'apertura di un'indagine
dopo le denunce secondo cui il social network X avrebbe alterato il
proprio algoritmo consentendo interferenze straniere. Lo riferisce
la procuratrice Laure Beccuau. Stando alle dichiarazioni, la polizia
francese esaminerà le azioni della società e dei suoi dirigenti,
dopo la presentazione di due denunce avvenuta a gennaio, anche se
Beccuau non ha menzionato direttamente il proprietario di X, Elon
Musk. La prima denuncia era stata presentata dal deputato centrista
Eric Bothorel, esperto di cybersicurezza
Gli agenti federali sottoposti al poligrafo per testare la loro
fedeltà nei confronti dei capi
Dipendenti dell'Fbi alla macchina della verità Al Bureau vietato
criticare il direttore e il vice Alessandro Colombo
Macchina della verità per testare la lealtà dei funzionari dell'Fbi
nei confronti del loro direttore. Quella che dovrebbe essere una
misura specifica per individuare i dipendenti che potrebbero aver
tradito gli Stati Uniti, con l'arrivo di Kash Patel - il fedelissimo
di Donald Trump nominato nel dicembre scorso ai vertici del Bureau-
si è intensificata. A rivelarlo il New York Times, citando due fonti
secondo le quali a diversi dipendenti sottoposti al poligrafo
sarebbero stato domandato se avessero mai screditato proprio Patel.
Secondo il quotidiano sarebbero decine le persone "interrogate",
anche se non è chiaro a quanti di loro sia stata posta la domanda
sul direttore. Per alcuni ex funzionari, si legge, sarebbero
pratiche inopportune dalle quali emerge una insofferenza verso il
dissenso. Criticare Patel o il suo vice, Dan Bongino, potrebbe
infatti costare il posto di lavoro. «La lealtà di un dipendente
dell'Fbi è verso la Costituzione, non verso il direttore o il
vicedirettore», ha affermato James Davidson, ex agente del Bureau,
alimentando l'idea di un Fbi sempre più politicizzato. Michael
Feinberg, agente della sede operativa di Norfolk, in Virginia, è
stato minacciato con il test della macchina della verità per via
della sua amicizia con Peter Strzok, ex del controspionaggio
licenziato per aver inviato messaggi denigratori su Trump. Quello
che sta accadendo sembra essere però solo il nuovo capitolo di una
epurazione di agenti sgraditi iniziata già da prima, con dipendenti
costretti alle dimissioni o al congedo amministrativo per via di
indagini non apprezzate da Trump e dai suoi sostenitori. Sempre il
New York Times ha rivelato che il Secret service avrebbe fatto
pedinare l'ex capo dell'Fbi James Comey per aver pubblicato sui
social un'immagine che, secondo gli alleati del tycoon, poteva
rappresentare una minaccia di assassinio del presidente. —
MANDRAKE IN QUESTURA:
Ha del clamoroso l'evasione di Jang Bobo, 38 anni, pluricondannato a
Prato e Milano per reati di detenzione e spaccio di droga. È uscito
dalla porta della questura dopo essersi liberato dalle manette e
facendo perdere le sue tracce. Il suo arresto non era stato affatto
semplice. Il 2 febbraio 2024 fu trovato in possesso di 20 grammi di
metanfetamina,e armi da fuoco e da taglio. Per lui i pm chiesero la
custodia in carcere, ma il gip decise che era sufficiente il divieto
di dimora nelle province di Prato, Pistoia e Firenze. Misura contro
la quale presentò ricorso la procura. Richiesta che è diventata
definitiva il 3 luglio di quest'anno.
Quando gli agenti lo hanno individuato e arrestato, lo hanno trovato
in possesso di 500 grammi di Shaboo e ketamina, diverse migliaia di
euro, due telefoni cellulari e un passaporto di Taiwan. Tutto il
materiale è stato sequestrato. p.d.b. —
Battuti sia il carbone che nucleare ed eolico
Record di energia solare per l'Ue A giugno prima fonte di
elettricità
Per la prima volta nella storia, a giugno l'Unione europea si è
alimentata soprattutto grazie al sole. Secondo i dati del think tank
Ember, il mese scorso l'energia solare ha rappresentato il 22,1%
dell'elettricità dell'Ue (45,4 TWh), al di sopra di qualsiasi altra
singola fonte, anche più del nucleare (21,8%) e dell'eolico (15,8%).
Il picco mensile è stato raggiunto in almeno 13 Stati membri, in
primis Paesi Bassi (40,5%) e Grecia (35,1 %), che hanno beneficiato
di un aumento della loro capacità di accumulo e di giornate
soleggiate. Come spiega il think tank, la spinta è arrivata
dall'installazione «continua» di pannelli solari, e ha messo alla
prova l'infrastruttura europea. «Questo ha aiutato il sistema
energetico dell'Ue a gestire i livelli più elevati di domanda
derivanti dalle ondate di calore che hanno colpito il continente
verso la fine di giugno», si legge nel report. Se scende l'energia
da rinnovabili, si riduce quella da fonti fossili. Il record quindi
è doppio, con il carbone che ha registrato «la quota di elettricità
dell'Ue più bassa di sempre», solo il 6,1% (12,6 TWh)
dell'elettricità dell'Ue contro l'8,8% di giugno 2024. I
combustibili fossili nel complesso hanno comunque superato il
solare, con il 23,6% (48,5 TWh) dell'energia (il minimo storico del
22,9% era stato registrato a maggio 2024). La dinamica da osservare
per gli analisti è che la domanda di energia elettrica nell'Ue
continua a crescere in generale, con un aumento del 2,2% rispetto a
un anno fa e rialzi costanti nei primi cinque mesi dell'anno.
Secondo Chris Rosslowe, analista senior di Ember, «Le nazioni
europee stanno sfruttando le abbondanti risorse di sole e vento come
mai prima d'ora e – spiega – la grande opportunità ora deriva dalla
flessibilità di estendere l'uso dell'energia rinnovabile anche al
mattino e alla sera, quando i combustibili fossili determinano
ancora prezzi elevati dell'energia». Sa.Tir. —
12.07.25
Il Kse Institute: solo il 12% ha lasciato il Paese, coprono un terzo
del budget militare del Cremlino
Da Nestlé e Mars a Saipem e Barilla Ecco le grandi società ancora in
Russia
PAOLO BARONI
roma
Nonostante l'embargo, a inizio anno erano ancora quasi 2.300 le
multinazionali presenti sul territorio russo che, complice il crollo
delle importazioni dal resto del mondo, in molti casi hanno visto
crescere in maniera significativa il loro giro di affari e, quindi,
pure le tasse versate al Cremlino. Secondo le stime del Kse
Institute, ovvero la Scuola di Economia dell'Università di Kiev, un
soggetto certamente non neutrale in questa vicenda ma certamente
molto attento e interessato, nel solo 2023 le imprese straniere
presenti in Russia hanno versato a Putin ben 21,6 miliardi di
dollari che salgono a 41,6 considerando pure il 2022, cifra che
equivale a poco meno di un terzo del bilancio militare stimato della
Russia per il 2025, «il che – sottolinea lo studio del Ksde -
evidenzia l'importante contributo finanziario che queste aziende
straniere continuano a dare all'economia russa».
All'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, il Kse Institute ha
lanciato un progetto analitico, denominato "SelfSanctions", volto a
raccogliere dati sulle società straniere che operavano sul mercato
russo e che limitavano o cessavano le loro attività. In questo modo
gli economisti di Kiev hanno identificato circa 4.077 tra aziende,
organizzazioni e loro marchi con sede in 108 diversi paesi attive in
58 settori presenti in Russia prima dello scoppio della guerra, di
queste circa il 40% (1.623) erano imprese a controllo pubblico.
All'inizio di luglio 2025, però, solo 503 società internazionali
(12%) avevano completamente abbandonato la Russia. Quasi un terzo
(il 33,2%, ovvero 1.387 società) ha sospeso le operazioni o ha
annunciato l'intenzione di ritirarsi. Nel frattempo, 2.287 aziende
(54,8%) continuano a operare sul mercato russo e sono quelle in
qualche modo tirate in ballo ieri da Giorgia Meloni. Si tratta dii
808 società americane, 463 tedesche, 294 inglesi, 271 cinesi, 185
francesi, 181 giapponesi, 170 svizzere e 144 imprese italiane attive
per lo più nel campo dei beni di largo consumo (372), del credito
(301), dell'elettronica (278), dell'energia e del petrolio (270) e
dell'Information technology.
Dalla ricerca del Kse emerge che i maggiori contributori del
bilancio russo sono i colossi dei beni di consumo Mars, Nestlé, e
Procter & Gamble, che assieme a Philip Morris , Japan Tobacco
International, PepsiCo , Mondelez e Coca-Cola in un anno, a fronte
di un fatturato di oltre 587 miliardi di dollari, hanno pagato 1,5
miliardi di dollari di tasse. Non da meno è stato il contributo di
banche come Citi o Raffeisen e di gruppi farmaceutici del calibro
della svizzera Novartis degli inglesi di Astra Zeneca e della
francese Sanofi. Nella pattuglia italiana, dopo l'uscita di Eni,
Enel, Leonardo, Intesa Sanpaolo, Autogrill, Buzzi Unicem, Luxottica,
Prada e quella annunciata (ma non ancora concretizzata) di
Unicredit, in Russia sono rimaste attive innanzitutto le imprese del
settore alimentare, come Barilla, Ferrero, De Cecco e Parmalat,
assieme a Marcegaglia, Mapei, De Longhi, Smeg, Campari, Recordati,
Safilo, Benetton e Calzedonia. C'è infine un gruppo di imprese
ancora presente nel Paese che però ha deciso di sospendere gli
investimenti come Saipem (controllata da due soggetti pubblici come
Cdp ed Eni), Pirelli, Tenaris, Lavazza e Menarini. In tutto nel 2023
le società italiane hanno versato a Putin oltre 265 milioni di euro.
«Le aziende con sede in nazioni del G7 o nella Ue, paesi impegnati a
sostenere lo sforzo di difesa dell'Ucraina, rimangono tra i maggiori
contribuenti alla base imponibile russa – sottolinea il Kse -. In
pratica ogni 10 dollari di aiuto versati dai governi del G7 le
rispettive aziende ne han pagato 1 in tasse ai russi». —
RICATTO LIBICO : Gli
addetti ai livori sostengono che la ragione del respingimento di
Piantedosi e dei ministri dell'Interno di Grecia e Malta, a Bengasi,
vada ricercata nel vile denaro. Follow the money!, come si suol
dire.
Saddam Haftar, figlio del generalissimo Khalifa, e governante di
fatto della Cirenaica, che è stato portato in Italia appena un mese
fa grazie alle intercessioni dell'Aise di Caravelli, avrebbe chiesto
all'Italia il medesimo sostegno economico che Roma concede al
governo di Tripoli, guidato dallo sbiadito Abdul Hamid Mohammed
Dbeibeh.
Gli 007 italiani, ben disponibili ad ascoltare le istanze di casa
Haftar, avrebbero contattato i loro omologhi di Grecia e Malta,
Paesi, come l'Italia, interessati a fermare gli sbarchi. Ma alla
domanda di un maggiore esborso economico per accontentare Tobruk,
greci e maltesi avrebbero rifilato una pernacchia: no, grazie.
1. CARAVELLI CHIAMA HAFTAR. INIZIA LA CACCIA AL COLPEVOLE DOPO
BENGASI
Estratto dell’articolo di Luca Gambardella per “il Foglio”
Non appena l’aereo di Matteo Piantedosi è atterrato a Roma martedì
sera dopo essere stato respinto alla dogana dai libici di Bengasi,
Giovanni Caravelli, capo dei servizi segreti esterni, ha alzato il
telefono e ha composto il numero di Khalifa Haftar per tentare di
fare ragionare il generale della Cirenaica.
IL DOCUMENTO CON CUI IL GOVERNO DI BENGASI RESPINGE MATTEO
PIANTEDOSI MAGNUS BRUNNER E MAKIS VORIDIS E BYRON CAMILLERI
Dopo lo schiaffo diplomatico rifilato al Team Europe, cacciato da
dove era venuto con i ministri dell’Interno di Italia, Grecia e
Malta e il commissario Ue per gli Affari interni e l’Immigrazione,
Magnus Brunner, i servizi segreti italiani hanno provato a
ricomporre la situazione.
Però Haftar, a caccia di legittimazione internazionale, ha risposto
di essere irremovibile, che per quanto siano positive le relazioni
con l’Italia l’atteggiamento della delegazione europea […] era
inaccettabile.
E mentre Caravelli si adoperava per tentare invano di riannodare i
rapporti cuciti con Haftar in questi anni, a Palazzo Chigi qualcuno
sospettava dello zampino francese dietro al pasticcio di Bengasi.
[...] Si affastellavano le prime teorie del complotto, ma è iniziata
anche un’altra partita, quella della caccia al capro espiatorio per
un pasticcio che […] mette a repentaglio la pietra angolare
dell’agenda del governo italiano: lo stop alle partenze dei
migranti.
Il Viminale si è affrettato a tirare fuori dall’impaccio Piantedosi,
finito incredibilmente in un secondo viaggio-boomerang, dopo quello
fatto in Pakistan a maggio, dove si ritrovò bloccato a terra, anche
in quel caso, ma per colpa della guerra in corso con l’India.
Allora, come oggi, il ministro non riuscì a schivare le critiche per
una visita un po’ troppo azzardata, visto il contesto geopolitico.
[…]
Nel frattempo filtravano mezze frasi e allusioni su Nicola Orlando,
ambasciatore dell’Ue in Libia. “Ha fatto tutto lui”, è convinto
qualcuno a Roma per riferirsi alle trattative condotte dal
diplomatico a Bengasi per tentare di non mandare all’aria la visita.
Primo della lista nella caccia al colpevole, Orlando ora è “troppo
schierato con l’altro pezzo di Libia”, riportava ieri un articolo di
Repubblica.
Una inclinazione invero poco sorprendente, visto che in via
ufficiale l’Ue riconosce e ha relazioni solo con Tripoli. […] Negli
ambienti diplomatici, è noto per la sua grande conoscenza della
Libia, ma è considerato anche una figura “autonoma”, difficile da
controllare.
Un pignolo, forse troppo – azzardano a Roma – se nel folle martedì
di Bengasi si è ritenuto accettabile per gli europei stringere la
mano e farsi fotografare con un criminale di guerra come Haftar, ma
non con i ministri del governo della Cirenaica […]. […]
Nella ricerca del colpevole gli indizi conducono quindi direttamente
a Bruxelles, dove ora rischia di sgretolarsi anche l’architrave
della strategia di von der Leyen sui migranti: l’idea che in Libia
dialogare con tutti non abbia un costo politico.
2. ORLANDO, L’AMBASCIATORE UE TREVIGIANO E IL CASO DELLA FOTO
Estratto dell’articolo di R. R. per il “Corriere della Sera”
Nessun ministro europeo, e nemmeno quello italiano dell’Interno, è
stato respinto dalla Libia.
La missione europea finita male due giorni fa non è il frutto di una
ritorsione contro l’Italia, né un dispetto diretto all’Ue, ma
semplicemente un tentativo di forzatura da parte del generale Haftar,
che da sempre controlla la zona est del Paese.
MATTEO PIANTEDOSI INTERVISTATO DAL CORRIERE DELLA SERA
La missione includeva Roma ma era targata Bruxelles, tanto che
alcune responsabilità sono attribuite proprio all’ambasciatore della
Ue presso la Libia, quella riconosciuta dalla comunità
internazionale e che ha governo a Tripoli.
Ma l’ambasciatore Nicola Orlando […] è stato testimone come tutti
gli altri di un colpo di scena targato Haftar.
Nel caso della missione finita male il ministro dell’Interno
maltese, il suo collega greco all’Immigrazione e il titolare del
Viminale Matteo Piantedosi erano atterrati a Benina, nella zona
controllata da Haftar, proprio per parlare con il generale, che da
sempre ha il controllo sostanziale di quello spicchio del Paese.
Il problema, per la delegazione europea guidata da Magnus Brunner,
commissario Ue agli Affari Interni, è stato il cambio repentino di
atteggiamento di Haftar.
NICOLA ORLANDO
Se di solito sin qui il generale ha sempre incontrato le autorità
europee, che pure non lo riconoscono, […] senza pretendere nulla in
cambio, questa volta si è impuntato: niente incontro se non con
partecipazione e fotografie che includessero anche i ministri di
Bengasi.
A quel punto tutti hanno girato i tacchi, e nessuno poteva fare
diversamente. A meno di non legittimare un governo non riconosciuto,
che in questo momento ospita 12 basi militari russe, che controlla
il traffico di armi verso il Sahel. Secondo autorevoli fonti di
Bruxelles è stata la Ue a ribadire che c’erano persone non grate
nelle foto che Haftar pretendeva.
3. LA LIBIA E LA DELEGAZIONE «RESPINTA» BRUXELLES: IL DIALOGO
CONTINUERÀ
Estratto dell’articolo di Rinaldo Frignani per il “Corriere della
Sera”
giorgia meloni a tripoli con Abdulhamid DBEIBAH
Un «problema di protocollo» […]. L’Unione europea cerca di
archiviare in questo modo il respingimento, martedì pomeriggio,
dall’aeroporto di Benina della delegazione Ue — con il generale
Khalifa Haftar, capo delle milizie locali, presente nello scalo per
attenderla —, della quale facevano parte anche il ministro
dell’Interno Matteo Piantedosi e l’ambasciatore Nicola Orlando,
rappresentante europeo in Libia, che solo qualche ora prima aveva
invece incontrato senza problemi i vertici del governo di Tripoli,
riconosciuto a livello internazionale rispetto a quello della
Cirenaica, per discutere di politiche migratorie e proprio di
sicurezza reciproca.
[…] Ma la surreale situazione che si è venuta a creare a Benina […]
in Italia è ancora al centro di una bufera politica.
Se per il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani si è
trattato di «un misunderstanding tra il rappresentante diplomatico
europeo e le autorità del territorio libico e mi auguro che si possa
chiarire tutto nel tempo più rapido possibile», l’opposizione invece
è di tutt’altro avviso.
«Il respingimento della missione italiana ed europea dalla Libia non
è uno scherzo.
Non si è trattato di un inciampo diplomatico di un ministro»,
replica la vicepresidente pd della commissione Esteri di
Montecitorio, Lia Quartapelle: «La Libia per l’Italia è un interesse
nazionale primario e la sua stabilizzazione è l’obiettivo
principale, per raggiungerlo l’Italia non deve isolarsi, ma
rilanciare un’iniziativa europea credibile e condivisa».
AEREI DI MATTEO PIANTEDOSI E MAGNUS BRUNNER RIPARTONO DALL AEROPORTO
DI BENGASI
Il capogruppo di Avs in commissione Affari costituzionali della
Camera Filiberto Zaratti, accusa Piantedosi di volersi «nascondere
dietro un dito: vorremmo invece che spiegasse la natura dei rapporti
con le autorità libiche e il motivo della frattura di martedì che ha
l’aria di essere un serio problema politico per il Paese».
Per il vicepresidente di Italia viva Enrico Borghi, «con buona pace
della retorica dei “piani Mattei”, il rapporto tra Italia e Libia ci
vede spettatori inerti e inermi». […]
11.07.25
L'algoritmo sdogana l'antisemitismo . L'intelligenza artificiale di
Musk diventa un caso politico
Il chatbot Grok inneggia a Hitler La ceo di X annuncia le dimissioni Arcangelo Rociola
A fine giornata, tre parole hanno fotografato meglio delle altre lo
sgomento suscitato dall'improvviso terremoto societario che ha
portato alle dimissioni del capo di X.com, Linda Yaccarino: "Oh my
Grok". L'autore è Andrea Stroppa, considerato in Italia il portavoce
di Elon Musk. Quanto quelle parole fossero consapevoli è difficile
dirlo. Ma in quella invocazione a Grok, sostituto ironico di "God"
(Dio, in inglese), c'è tutto lo sconcerto per ciò che stava
accadendo in quelle ore.
Grok, l'Intelligenza artificiale integrata nel social di Musk, a un
certo punto ha abbandonato ogni freno inibitorio e ha cominciato a
scrivere post antisemiti e inneggianti ad Adolf Hitler, invocato
«come unica soluzione efficace contro l'odio ebraico». Una serie di
post scioccanti. Dopo qualche ora sono arrivate le dimissioni di
Yaccarino: «Dopo due anni incredibili, ho deciso di fare un passo
indietro. Sono molto grata a Musk per avermi dato fiducia».
«Grazie», le ha risposto Musk. Il futuro della manager in realtà era
già incerto da mesi. Tanti gli scontri interni. Logori i rapporti
col direttore finanziario Reza Banki, super protetto di Musk.
Eppure questa decisione è collegata a doppio filo con l'AI del
social. Musk la scorsa primavera ha fuso X con la società che
produce Grok, XAi. Di fatto riducendo a una la sua doppia sfida
tecnologica sul campo della comunicazione: AI e social sarebbero
andate insieme. Grok sarebbe diventato in qualche modo il cervello e
la lingua ufficiale del social. Ma il nuovo linguaggio di Grok si è
rivelato incontrollabile: è disposto a dire tutto, anche
l'indicibile. Il motivo è che nelle scorse settimane la società di
Elon Musk ha deciso di "alleggerire" l'algoritmo che componeva i
testi delle risposte del chatbot: più libertà di espressione, più
frasi scanzonate e irriverenti, meno politicamente corretto. E Grok
ha preso le indicazioni alla lettera.
Negli ultimi giorni si è definito "MechaHitler" (un meme ambiguo, a
metà tra ironia e propaganda nazi). Poi ha attaccato un utente: lo
ha ribattezzato "Cindy Steingerg" accusandolo senza alcun motivo -
anzi, inventando tutto - di aver celebrato la morte dei bambini nel
campo estivo texano Camp Mystic. Quello che per Grok era un cognome
ebraico nascondeva un odio profondo verso i bianchi: «Per affrontare
un odio così vile verso i bianchi? Serve Hitler, non c'è dubbio».
Questi post, insieme ad altri dello stesso calibro, sono poi stati
rimossi. Ma il danno era oramai fatto, i loro screenshot girano
liberamente in rete. Secondo il New York Times Yaccarino avrebbe
deciso di dimettersi nei giorni scorsi, già prima dei post
antisemiti di Grok. L'ennesimo scivolone del chatbot avrebbe
accelerato i tempi. E poi, non era un caso isolato. Qualche ora
prima aveva scritto su richiesta di un utente una poesia piena di
insulti, con protagonisti il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e
sua madre (la Turchia poco dopo ha bloccato a tempo indeterminato
l'accesso a Grok nel Paese).
A maggio, Grok aveva fatto discutere per aver menzionato un presunto
"genocidio bianco" causato dai neri in Sudafrica in risposta a una
domanda che non aveva nulla a che fare con il tema razziale. In quel
caso, proprio come negli altri, la risposta dell'azienda è stata:
Grok cerca di adulare il suo utilizzatore e lo asseconda, la colpa è
di chi la porta a scrivere certe cose. Ma da un'AI ci si aspetta
qualcosa in più. Così come da un'azienda che è nata per fare
concorrenza a OpenAI e Anthropic ma che rischia di perdere
credibilità. L'AI non è un dio. Nemmeno nelle invocazioni ironiche
del suo nome. Ma l'etica è umana. E la decidono gli umani. —
Bongiorno a Palazzo Chigi. Il Guardasigilli prova a evitare il
dibattito
Il governo resiste sull'informativa Fedelissima del ministro a
rischio Francesco Malfetano
ROMA
Quando nel pomeriggio l'auto di Giulia Bongiorno fa la spola tra
palazzo Chigi e via Arenula, il campanello d'allarme suona chiaro:
la gestione del caso Almasri rischia di diventare una mina politica.
Le ricostruzioni filtrate - e apparentemente provenienti dalle
indagini del Tribunale dei ministri - disegnano un bivio scomodo: o
Carlo Nordio ha mentito nella sua informativa alla Camera del
febbraio scorso (come sostengono le opposizioni), oppure è stato
scavalcato dalla sua capo di gabinetto, Giusi Bartolozzi. In
entrambi i casi, però, il ministero della Giustizia era consapevole
di ciò che accadeva il 19 gennaio, giorno in cui l'ex generale
libico non fu consegnato alla Corte penale internazionale. E non
solo: avrebbe dato indicazioni di non lasciare tracce scritte.
Uno scenario difficile da gestire per il governo, soprattutto se si
confermerà la fuga di notizie. Tant'è che l'avvocata dei quattro
indagati - Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, Matteo Piantedosi e lo
stesso Nordio - valuta una denuncia contro ignoti per la diffusione
di atti non ancora trasmessi alle parti. Ma al di là del piano
giudiziario, a infastidire la premier è la gestione complessiva
della vicenda. Meloni, che mesi fa avrebbe preferito evitare
l'informativa parlamentare, ora non può smentire sé stessa né il
principio - finora sbandierato - di non aver apposto alcun segreto
di Stato. Né può scaricare un ministro simbolo della riforma della
giustizia.
Se una testa deve cadere, insomma, potrebbe essere quella di
Bartolozzi. Unica pedina sacrificabile. Ma non senza garanzie: a
proteggerla non è solo il legame con il viceministro meloniano
Andrea Delmastro, ma anche il peso politico e gestionale che
Bartolozzi, ex deputata di Forza Italia, si è ritagliata a via
Arenula. L'eventuale uscita, dunque, dovrebbe essere "morbida".
Tanto che, sussurrano fonti interne, si comincia già a ventilare
l'ipotesi di una candidatura parlamentare garantita alle prossime
elezioni.
Per ora, però, è solo un'ipotesi remota. Meloni è concentrata sul
presente e sulle prossime mosse. Convinta che l'autorizzazione a
procedere metta Nordio al sicuro sul piano tecnico, ha scelto di
blindarlo politicamente. E per farlo sfida apertamente il deep
state, che ritiene responsabile della fuga di notizie, e che -
secondo i suoi - ha scelto Matteo Renzi come ariete per scardinare
il fronte governativo. Da qui il silenzio imposto all'intera squadra
di governo.
Un «no comment» che frustra anche chi, nei corridoi del ministero,
vedrebbe volentieri l'uscita di scena di Bartolozzi, non amatissima
nell'entourage del Guardasigilli. E che si traduce nella ferma
indisponibilità a far tornare Nordio in Aula per una nuova
informativa. Il ministro oggi sarà comunque al Senato per un
question time già programmato. Ma da ieri a via Arenula si lavora
sul calendario della conferenza internazionale sulla ricostruzione
dell'Ucraina - a cui parteciperanno i ministri della Giustizia
europei - nella speranza di «allungare» i tempi del panel e trovare
un alibi per evitare il passaggio a Palazzo Madama. Al momento,
però, l'agenda resta confermata.
A palazzo Chigi sono convinti che, se si riuscirà a tenere bassa la
pressione, il caso si sgonfierà da solo. Almasri, ragionano, non è
un tema in grado di incendiare l'opinione pubblica, nonostante le
richieste di dimissioni piovute ieri su Nordio e Meloni. «Alle
opposizioni non va bene mai nulla», liquida la questione il
capogruppo di FdI Galeazzo Bignami. Francesco Lollobrigida si
attiene alla consegna del silenzio con un laconico «non commento». E
ancora una volta tocca a Luca Ciriani scavare la trincea
comunicativa: «Ci vuole tempo per organizzare una nuova
informativa».
Che la tensione fosse nell'aria, in realtà, lo avevano intuito in
molti. «Quando Renzi ha partecipato al podcast di Fedez la settimana
scorsa si è capito che qualcosa stava per accadere», confida un
parlamentare di maggioranza.
Il problema è che ora la gestione è tutta legata al rumore di fondo.
Se dovesse diventare insostenibile - come già accaduto nel caso
Sangiuliano - la premier potrebbe intervenire. E a quel punto, anche
gli equilibri interni al ministero della Giustizia potrebbero
vacillare per davvero.
la procura di milano
"Processate Dell'Utri per i 42 milioni di Berlusconi" Quarantadue milioni di euro di donazioni di Silvio Berlusconi
mai dichiarati al Fisco. Ci riprova la procura di Milano a chiedere
il processo per Marcello Dell'Utri e la moglie. Un primo tentativo è
stato respinto a marzo dal gup a Firenze, dove è nata l'inchiesta,
che aveva dichiarato la competenza territoriale del procedimento in
favore del capoluogo lombardo.
Lo storico braccio destro del fondatore di Forza Italia è imputato
per non aver dichiarato, dopo la condanna per concorso esterno in
associazione mafiosa, le corpose variazioni del suo patrimonio con
le donazioni ricevute dall'ex premier. Circa undici di questi sono
sotto sequestro. Soldi che per i pm fiorentini sono il prezzo del
silenzio di Dell'Utri sul presunto coinvolgimento di Berlusconi
nelle stragi di mafia.
Da qui la contestazione di un'aggravante specifica, che già esclusa
dal gup di Firenze, non viene più sostenuta neanche dal pm della Dda
milanese Pasquale Addesso, coordinato dal procuratore Marcello
Viola. La data dell'udienza preliminare sarà fissata a breve. And.
Sir. —
10.07.25
A quasi due anni dal 7 ottobre la pressione psicologica su chi
combatte si fa insostenibile
I soldati dell'Idf: "Vediamo i nostri funerali" Il trauma tra
tentati suicidi e autolesionismo Fabiana Magrì
Combattono in prima linea da 21 mesi. A Gaza, in Libano, in
Cisgiordania. Sono stanchi, traumatizzati, hanno paura, soffrono. Ma
non possono parlarne pubblicamente. In guerra non puoi permettere al
nemico di guardarti dentro. Non tutti riescono a convivere con il
trauma e a restare in silenzio. Cinque soldati israeliani, in
condizione di anonimato, hanno sfidato la censura e hanno affidato
al quotidiano Haaretz frammenti di sofferenza e testimonianze che
rappresentano uno spaccato dell'impatto della guerra sulla
generazione cresciuta sotto le armi dopo il 7 ottobre del 2023. La
perdita degli amici: «Ci hanno insegnato come caricare, come
riparare un'arma inceppata. Nessuno mi ha insegnato cosa fare dopo
aver assaggiato il sangue del mio migliore amico». La propria morte:
«A volte la sera parliamo di come saranno i nostri funerali,
cerchiamo di indovinare quante persone verranno, e se la nostra ex
piangerà per noi». Le relazioni sentimentali: «Abbiamo provato a
fare sesso e non ci sono riuscito. Niente ha funzionato. Lei ha
cercato di calmarmi, ma io sono entrato in questa spirale, convinto
che da quel momento in poi sarebbe andata così, che la guerra mi
avesse distrutto. Che lei mi avrebbe lasciato».
I soldati hanno famiglie, alle loro spalle, che si preoccupano per
le conseguenze. Daniel Edri ha prestato servizio come riservista sia
nella Striscia sia in Libano. La madre Sigal ha descritto ai media
la sua discesa nell'autolesionismo, nel baratro dei pensieri
suicidi, fino a quando si è tolto la vita, vittima del disturbo
post-traumatico da stress (Dpts) non trattato adeguatamente. Oggi
critica le autorità per non averlo salvato – sebbene gli fossero
stati riconosciuti problemi di salute mentale e avesse presentato
domanda per essere dichiarato affetto da Ptsd, la procedura non era
stata completata – e chiede che venga annoverato tra i soldati
caduti in guerra, e che gli vengano concessi funerali militari,
anche se non era in servizio al momento della sua morte.
Altre famiglie corrono ai ripari. La scorsa settimana l'avvocata
Batya Kahana-Dror si è rivolta alla Corte Suprema israeliana per
conto di Mother Awake, una Ong di madri dei soldati in prima linea e
ha presentato una petizione contestando la Direttiva 77, un ordine
militare che estende di quattro mesi il servizio militare
obbligatorio. La stessa Kahana-Dror ha due figli miluim, in riserva
attiva, e uno appena congedato. «I soldati sono al limite – dice –.
Molti crollano quando sanno dell'estensione del servizio». I suoi
racconti sono allarmanti: «Alcuni dicono che i soldati si feriscono
deliberatamente solo per riposarsi un po', eppure, anche in quel
caso, ricevono l'ordine di tornare indietro, pena il carcere».
Intanto altri cinque militari sono rimasti uccisi, lunedì sera nel
Nord di Gaza, da un ordigno esploso sul ciglio della strada mentre
perlustravano a piedi le vie di Beit Hanun. Anche i compagni accorsi
per recuperarli sono stati presi di mira dai terroristi. Quattro di
loro erano haredim, ebrei ultra-ortodossi della Netzah Yehuda,
l'unità concepita per consentire a chi vive lo stile di vita
religioso di prestare servizio come soldato combattente.
Nei quasi 4 mesi da quando Israele ha ripreso le manovre militari a
Gaza, nella Striscia sono stati uccisi 38 combattenti, una media di
10 soldati ogni mese. I primi quattro sono caduti tra marzo e
aprile, altri otto a maggio e tutti gli altri tra giugno e luglio. I
numeri confermano quello che soldati e famiglie ripetono da mesi: la
pressione sta diventando insostenibile e le risorse psicologiche
sono inadeguate. Anche le famiglie degli ostaggi ancora prigionieri
di Hamas a Gaza lo sanno e insistono che a salvarli sia un accordo,
non la guerra. —
Ilva VALENTINA
PETRINI
«Rimangono non completate le stime di impatto e rischio per la
salute». «Non sono state fornite documentazioni atte a superare le
altre incongruenze nelle valutazioni di rischio ed impatto
sanitario». Il rischio e l'impatto sanitario sono quelli sulla
popolazione di Taranto, la partita è il futuro dell'ex Ilva, i
virgolettati sono dell'Istituto superiore di sanità (Iss) inviati il
18 marzo scorso nell'ambito dell'iter per il rilascio all'ex Ilva
della nuova Aia, l'Autorizzazione integrata ambientale per avallare
una produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio e la previsione
di concludere la decarbonizzazione in un arco di tempo tra gli 8 e i
12 anni.
Siamo entrati in possesso delle osservazioni di carattere sanitario
dell'Iss ad oggi non pubbliche. Il governo non aveva mai fatto
riferimento ai "limiti" e alle "lacune" che l'Istituto superiore di
sanità ha segnalato nella Valutazione di impatto sanitario redatta
da Acciaierie d'Italia nell'ambito della Commissione Istruttoria per
il rilascio della nuova Aia-Ippc allo stabilimento siderurgico di
Taranto.
«L'Iss ha dichiarato che il Gestore (Acciaierie, ndr) ha fornito
informazioni aggiuntive che l'Iss ha ritenuto "adeguate"», «ha
intrapreso alcune azioni, indirizzate a colmare i gap evidenziati
nella precedente valutazione». Le osservazioni di Iss sono molto più
articolate e contenute in tre relazioni: 30 luglio 2024, 17 febbraio
2025, 18 marzo 2025. Nemmeno i parlamentari hanno potuto accedere
agli atti: permesso negato ad Angelo Bonelli (Avs), Ubaldo Pagano
(Pd), Mario Turco (M5S). «I documenti richiesti saranno pubblicati
ad esito della fase conclusiva del procedimento» è la risposta che
gli onorevoli Bonelli e Pagano hanno ricevuto dal ministero
dell'Ambiente e della sicurezza energetica. Il senatore Turco ha
presentato un ricorso contro la mancata trasparenza degli atti
pubblici inerenti la salute dei cittadini di Taranto alla
Convenzione di Aarhus che mira a garantire il diritto del pubblico
all'accesso alle informazioni ambientali. Ricorso accolto: «Anomala
l'esclusione dei cittadini dalla conoscenza degli atti della
procedura Aia in corso». Per la prima volta la Valutazione di
impatto sanitario (Vis) è stata redatta dall'azienda stessa, un po'
come se a rilasciare la revisione alle auto fossero i proprietari.
Il 20 giugno 2024 l'Istituto superiore di sanità riceve la Vis e
formula un prima valutazione. La risposta dell'ente pubblico (23
pagine) è in parte una bocciatura. «La caratterizzazione e
descrizione della qualità ambientale dell'area non è completa». «Il
benzene mostra valori in crescita nel quartiere Tamburi per gli anni
2021, 2022, 2023». «Le concentrazioni più elevate si registrano
nelle centraline del quartiere Tamburi in condizioni di vento da
nord-ovest, ovvero quando il quartiere si trova sottovento
all'impianto siderurgico». «Anche per il PM10 si rileva un
incremento nel 2022 rispetto al 2021 a Taranto e Statte». La Vis -
scrivono - non calcola il «bioaccumulo degli inquinanti nei
"prodotti della pesca" (es. crostacei, molluschi, specie ittiche
edibili)».
L'indice che valuta il rischio per la salute umana derivante
dall'esposizione a più sostanze chimiche contemporaneamente «risulta
sottostimato, soprattutto in relazione all'apparato respiratorio,
quello maggiormente impattato dai contaminanti emessi». Acciaierie
allora manda nuovi materiali. L'Iss risponde ancora: «Gli elementi
di incongruità riscontrati rispetto agli indirizzi definiti nelle
Linee Guida Iss concorrono, a diversi livelli, ad una valutazione di
rischio sanitario connesso all'impianto produttivo inadeguato per
sottostima».
Acciaierie integra ancora. E siamo così al terzo pronunciamento di
Iss: «Si prende atto che il gestore ha intrapreso alcune azioni,
dopo le nostre precedenti osservazioni. Tuttavia, allo stato, la
risoluzione delle incongruenze evidenziate è ancora parziale».
Non sappiamo se c'è anche una quarta relazione che supera le
criticità. Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink:
«L'Istituto superiore di sanità non scioglie le riserve sulla
Valutazione di impatto sanitario. Ciò nonostante, il governo vuole
andare avanti. Teme il pronunciamento penale del Tribunale di
Milano».
Intanto per l'Inail, Taranto risulta la prima provincia d'Italia per
malattie tumorali di origine professionale. —
SÌ DEFINITIVO DEL SENATO
Salva-lavoro per i malati di tumore Conserveranno il posto per due
anni Via libera definitivo in Senato al disegno di legge
salva-lavoro per i malati oncologici. La norma riguarda «i soggetti
affetti da malattie oncologiche invalidanti e croniche, anche rare e
dà diritto a congedi o a sospensioni dell'attività autonoma. Per i
lavoratori dipendenti, dopo il congedo è prevista una «priorità
nella conclusione degli accordi individuali di lavoro agile. La
legge prevede che i dipendenti malati con invalidità pari o
superiore al 74% possano richiedere un periodo di congedo non
retribuito, continuativo o frazionato, non superiore a 24 mesi.
Finora i malati oncologici perdevano il diritto al posto di lavoro
dopo 6 mesi di assenza. Ora hanno 18 mesi in più a zero stipendio.
pa. ru. —
09.07.25
I titoli della casa automobilistica perdono fino all'8%. Pesano i
risultati e l'impegno in politica
Il partito di Musk non convince e Wall Street affonda le azioni
Tesla francesco semprini
new york
America Party non convince l'America. Quella politica e quella dei
mercati. Così Elon Musk, che del partito da lui fondato voleva fare
una clava ai danni di Donald Trump e il simbolo del suo riscatto, si
trova alle prese con una scalata pindarica tra i palazzi di
Washington e costretto a navigare nelle acque in tempesta di Wall
Street. Le azioni della sua Tesla sono crollate fino all'8%, sulla
scia delle preoccupazioni riaccese dalla nuova avventura politica
del patron del colosso delle auto elettriche. Un progetto che mette
in dubbio il suo impegno per il futuro dell'azienda, alle prese con
il calo delle vendite, la caduta di immagine (legata alla sua
amicizia col presidente degli Stati Uniti) e l'aggressiva
concorrenza cinese.
Dopo la rottura tra l'inquilino della Casa Bianca e il suo ex «first
buddy», consumata sulla Big Beautiful Bill (la maxi-legge di
bilancio appena approvata al Congresso), Musk ha annunciato la sua
discesa in campo da indipendente con un partito che ha preso forma
sul suo stesso social X (già Twitter). Dedicare risorse e attenzione
a un nuovo movimento politico va tuttavia contro quanto promesso dal
miliardario agli investitori durante l'ultima conference call
seguita ai deludenti risultati trimestrali. Musk si era impegnato a
investire tempo ed energie alla casa automobilistica. «Ogni
investitore della società, sottoscritto compreso, preferisce
rimanere fuori dagli affari politici. È solo una distrazione, prima
viene messa da parte prima Tesla tornerà ad occuparsi di affari per
il bene di tutti», afferma Shawn Campbell, consulente di Camelthorn
Investments e azionista di Tesla.
L'annuncio arriva pochi giorni dopo che Tesla ha registrato il
secondo calo consecutivo delle consegne trimestrali. Il tutto a
danno del suo titolo che ha perso il 35% dai massimi del dicembre
scorso. A innervosire gli azionisti della società dell'uomo più
ricco al mondo è anche la possibile «vendetta» di Trump in termini
di contratti cancellati con l'amministrazione federale, soprattutto
per SpaceX. Eppure, quando quasi un anno fa – il 13 luglio del 2024
– Musk aveva dato il suo appoggio incondizionato a Trump, gli
investitori erano soddisfatti e i titoli Tesla erano volati con
l'elezione del tycoon, di cui la casa automobilistica sembrava poter
beneficiare.
L'ultima mossa di Musk solleva anche interrogativi sulla linea
d'azione del consiglio di amministrazione di Tesla, finito nel
mirino per la loro incapacità di tenere a bada il miliardario. I Cda
delle sue società «vogliono che torni a guidarle» chiosa il
segretario al Tesoro Scott Bessent. Mentre Trump bolla come
«ridicolo» il progetto del suo ex alleato: «Non hanno mai
funzionato: crea solo confusione». La società di investimento Azoria
Partners ha rinviato la quotazione di un Etf Tesla (fondi scambiati
come azioni in borsa), per valutare eventuali ricadute di America
Party sugli obblighi aziendali del miliardario nella veste di
amministratore delegato.
Occorre infine fare i conti con la Cina, non solo in termini di
concorrenza, con le aziende del Dragone che stanno sviluppando
strategie aggressive specie sullo sviluppo di batterie a più lunga
durata. Ma anche perché nel Paese la reputazione di Musk risulta
appannata – ironia della sorte – proprio dalla rottura col
presidente, che ha lo ha reso, agli occhi di Pechino, un
interlocutore meno importante per il dialogo con Washington. —
Nel rapporto trimestrale spariscono i nati e i morti. Il sospetto:
con la guerra il crollo demografico
Se il Cremlino occulta il censimento
Anna Zafesova
La demografia in Russia non esiste più. O meglio, non esiste nei
rapporti sulla situazione socioeconomica che il Servizio federale
delle statistiche statali (Rosstat) pubblica mensilmente. In quello
di maggio manca qualsiasi numero riferito alla popolazione russa:
nascite, decessi, matrimoni e divorzi. Nel precedente. sulle
variazioni demografiche, i dati riportati non venivano divisi per
regioni, dopo perfino i numeri generali sono stati censurati. «Siamo
stati del tutto privati delle informazioni sulla quantità degli
abitanti del nostro Paese», si sono lamentati gli analisti del
centro studi MMI con il Moscow Times.
L'esperienza sovietica del 1937 – quando Stalin occultò il
censimento che mostrava quante vittime avesse fatto il suo regime, e
ne fucilò gli autori – insegna che se una statistica viene
cancellata il motivo è che rivela una verità sgradita al Cremlino.
Del resto, il governo russo aveva già secretato negli ultimi anni
molti dati giudicati "sensibili", da quelli delle perdite al fronte
a quelli sulla spesa militare: più di un terzo delle voci della
finanziaria approvata dalla Duma non sono specificate nel dettaglio.
Il segreto di Stato tutela ormai anche i dati sull'economia, inclusa
la taglia delle riserve auree e i nomi e i salari dei top manager
delle grandi società statali (ufficialmente per proteggerli dalle
sanzioni occidentali). Ma la sparizione dei numeri sulle morti e le
nascite indica una sola cosa: la voragine demografica spalancata
dalla guerra sta diventando un abisso, e quel milione di soldati –
che, secondo fonti indipendenti, sono stati uccisi, mutilati o
catturati, sono scomparsi o hanno disertato – inizia a emergere
nelle statistiche.
Ufficialmente, stando agli ultimi dati disponibili del Rosstat, il
primo aprile gli abitanti della Russia erano 146, 1 milioni. Nel
primo trimestre del 2025 si erano registrate 289 mila nascite contro
472 mila morti, con una decrescita demografica di 183 mila,
compensata però per i due terzi da 122 mila immigrati. Una tendenza
negativa che dura da decenni, e il governo aveva già previsti che
nei prossimi vent'anni i russi si sarebbero ridotti a 138, 8
milioni. Il tasso della natalità continua a battere ogni mese i
record negativi storici (la guerra ha portato a un'impennata delle
vendite di anticoncezionali), ma è soprattutto la mortalità a
mostrare dati inquietanti.
Perfino l'ente statistico ufficiale ha constatato una riduzione
dell'aspettativa di vita nel 2024 a 72, 84 anni, scendendo in un
solo anno di sette mesi. Anche i dati sulla mortalità – divisi per
cause, fasce anagrafiche e regioni – sono stati censurati. Non è
difficile immaginarne il motivo: il demografo Aleksey Raksha spiega
al Moscow Times che i caduti in guerra vengono conteggiati dal
Rostat con un ritardo di 12-18 mesi, quindi i risultati della grande
mattanza con la quale è stata pagata l'offensiva russa dell'ultimo
anno verrebbero rispecchiati nelle statistiche solo ora.
Resta la domana se la censura del Rosstat sia finalizzata a tenere
all'oscuro l'opinione pubblica o il principale appassionato di
demografia di Mosca. Vladimir Putin, che ha posto al governo
l'obiettivo di fermare la decrescita della popolazione e aumentare
l'aspettativa di vita a 78 anni (voleva farlo già per il 2024, ma il
traguardo è stato spostato al 2030). Obiettivo difficile da ottenere
– la Russia ha tendenze demografiche simili all'Europa – che diventa
impossibile se i maschi vengono inviati al fronte e si fanno tagli
alla spesa per la sanità.
Per incrementare le nascite molte regioni hanno introdotto perfino
degli incentivi economici per le studentesse di università e licei
che rimangono incinte, e il ministro della Sanità Mikhail Murashko
sostiene che l'abitudine delle russe di posticipare la gravidanza
per finire gli studi sia «deleteria», e che alle ragazze andrebbe
insegnato che i figli vengono prima di tutto «già a scuola». Ma
nonostante la Russia sia diventata l'unico Paese al mondo a
incentivare le gravidanze minorili invece di combatterle, Putin
continua a non avere abbastanza soldati: proprio ieri è stata varata
una legge che permette anche agli apolidi di arruolarsi nelle forze
armate russe. —
Starmer: Alvia fondi per la produzione di droni
Continuano i raid sulle città ucraine Almeno 11 civili uccisi in una
notte Il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha reso noto di aver
parlato con il premier britannico Keir Starmer «per coordinare gli
sforzi diplomatici in vista della prossima riunione dei
Volenterosi». Zelensky e Starmer hanno anche discusso di «ulteriori
finanziamenti che saranno garantiti questo mese per la produzione
ucraina di droni».
Ed è di almeno 11 civili morti e oltre 80 persone ferite, fra cui 7
bambini, il bilancio degli attacchi russi che hanno colpito
l'Ucraina la scorsa notte. Lo riferiscono le autorità locali.
Durante gli attacchi della notte con i droni, secondo quanto
riferito dalle autorità ucraine una persona è stata uccisa nella
città meridionale di Odessa, un'altra è stata uccisa e 71 sono
rimaste ferite nella città Nord-orientale di Kharkiv, mentre i
detriti dei droni caduti hanno causato danni in 2 distretti della
capitale Kiev. I droni russi a corto raggio hanno anche provocato 2
morti e 2 feriti nella regione settentrionale di Sumy, uno dei
luoghi in cui la Russia ha concentrato un gran numero di truppe.
Inoltre 7 persone sono rimaste uccise e 9 ferite nella regione di
Donetsk. —
08.07.25
Amicizie e conflitti di interesse nelle commissioni targate FdI. Il
ruolo di Mazzi
Il grande circo degli Spettacoli Dal commerciante al broker ecco chi
distribuisce i fondi Ilario Lombardo
Roma
Bisogna entrare al ministero della Cultura e poi penetrare fin
dentro le sue ramificazioni per scoprire chi comanda, chi decide
vita e morte di un progetto o di una realtà culturale. Chi decide,
per esempio, come spartire quasi mezzo miliardo di euro destinato
allo Spettacolo dal vivo. Sono le commissioni di esperti.
Accedendo a questo labirinto di norme e di nomi, si intuisce che il
ministero che avrebbe dovuto compiere la sovrastrutturazione del
potere della destra, per fare piazza pulita della tanto detestata
egemonia di sinistra, è un campo di battaglia tra baronie all'ombra
di un ministro, che con sguardo indolente e movenze tipiche di un
personaggio annoiato di Raffaele La Capria prova ogni giorno a fare
mostra di atarassica tranquillità. Alessandro Giuli, giornalista,
cultore di rune celtiche che Giorgia Meloni ha piazzato in ogni
angolo della tv prima di spedire al ministero per raccogliere i
cocci del predecessore Gennaro Sangiuliano, prova a dire che tutto
va bene, nonostante fuori monti la protesta del cinema e ora degli
artisti del teatro, del circo, della musica e della danza, sostenuti
dalle Regioni guidate dal centrosinistra che sospettano manovre
punitive o comunque poco trasparenti nei declassamenti di compagnie
e teatri, spesso fiore all'occhiello dei loro territori. La Stampa
ha provato a fare luce, per capire meglio cosa c'è dietro: conflitti
di interesse, piccoli e grandi, commissari non propriamente
competenti, e affiliazioni di partito.
Se c'è una costante nel racconto di questi mesi al ministero della
Cultura sono le dimissioni. Dimissioni della presidente di
Cinecittà, dimissioni del direttore generale Cinema, dimissioni dei
tre membri della commissione Teatro nominati dagli enti locali
(Regioni, Province, Comuni). Ma se andiamo più indietro, a fine
marzo si sono dimessi sette componenti su dodici della Commissione
che si occupa di valutare manifestazioni ed eventi cinematografici.
Fuga di massa motivata dalla mancanza di criteri chiari e
trasparenti sulla destinazione di 12 milioni di contributi. Accuse
identiche che ora vengono rivolte al ministero dagli assessori di
sette Regioni dopo la pubblicazione dei decreti di assegnazione del
Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal vivo che ha portato
all'esclusione o al ridimensionamento di realtà riconosciute dal
settore come all'avanguardia. I casi più eclatanti sono il Teatro La
Pergola di Firenze, che ha perso il grado di Teatro Nazionale,
quello che ha portato alle dimissioni di tre commissari, e il
festival Santarcangelo dei Teatri, il più antico della scena
contemporanea. Ma ce ne sono tanti altri.
Le commissioni della direzione Spettacolo dal vivo sono quattro
(teatro, musica, danza, circo) più una (la multidisciplinare, un
ibrido delle altre quattro che raccoglie le istanze dei festival).
Ogni commissione ha sette membri: quattro di nomina ministeriale,
tre indicati dagli enti locali, proprio perché si occupano di
organismi culturali strettamente legati ai territori. Secondo il
bando di nomina, i commissari andrebbero scelti tra «esperti
altamente qualificati nelle materie di competenza e/o docenti
universitari o critici della medesima materia». Non sempre è così.
Subito dopo le dimissioni dei membri della commissione Teatro, il
sottosegretario Gianmarco Mazzi, di Fratelli d'Italia, che ha la
delega sullo Spettacolo dal vivo, ha accusato due dei tre commissari
voluti dagli enti locali di essere esponenti di partito, insinuando
così ragioni politiche dietro la difesa della Pergola e del suo
direttore Stefano Massini. Il terzo, Angelo Pastore, con esperienza
di oltre 40 anni nel teatro, e senza tessera di partito, racconta a
La Stampa cosa è successo: «Avevamo deciso di lasciare la Pergola
tra i Teatri Nazionali, pur diminuendone il punteggio. Sembrava a
tutti un giusto compromesso. Poi, all'improvviso, i quattro
commissari di nomina ministeriale hanno cambiato idea. E hanno
prevalso a maggioranza». Crede che abbiano ricevuto indicazioni
politiche dall'alto? «Non ho le prove per sostenere qualcosa del
genere» è la risposta di Pastore. Resta il sospetto di tanti, anche
perché la dichiarazione di Mazzi stona con le scelte che a sua volta
ha sponsorizzato per la stessa commissione. Marco Lepre, Luigi
Rispoli, e Giampaolo Savorelli sono tre dei quattro membri di nomina
ministeriale: il primo è un commerciante di tessuti con negozio
vicino al Teatro Argentina di Roma, legato a Federico Mollicone,
presidente della commissione Cultura della Camera, di FdI. Il
secondo è un dipendente del Consiglio regionale Campania, sempre in
quota FdI. Il terzo, Savorelli, è stato fino al 2019 direttore
dell'Estate teatrale veronese. Curriculum ineccepibile ma con in più
il vanto di poter contare sull'amicizia del concittadino Mazzi.
Il sottosegretario è considerato il vero dominus, e le opposizioni,
Avs e M5S, ne hanno più volte chiesto le dimissioni per i presunti
conflitti di interesse, vista la carriera di produttore,
organizzatore di eventi ed ex amministratore delegato della società
Arena di Verona. E proprio dalla sua Verona arriva un altro
commissario di nomina controversa. Si chiama Gianluca Cavedo ed è il
presidente della commissione consultiva per Circhi e Spettacolo
viaggiante. È un assessore di Legnago, delegato all'Assemblea
nazionale di FdI. Ma è anche un broker assicurativo che lavora con
le compagnie del circo, con chi cioè lo fa guadagnare con
provvigioni e nello stesso tempo chiede a lui accesso ai fondi
pubblici. E infatti Cavedo si è astenuto una cinquantina di volte
secondo i verbali, dimostrando come la sua sola presenza ponga una
questione di opportunità, e apra interrogativi sulla sua
imparzialità. Tanto più che, secondo il bando, i commissari
dichiarano «di non avere rapporti economici di dipendenza», «di non
trovarsi in situazioni di incompatibilità o conflitto di interessi».
A sospettare la violazione di tali impegni ieri è stato Paolo
Stratta, fondatore dell'Accademia Cirko Vertigo, docente a Torino e
per anni presidente dell'Associazione circo contemporaneo. Con un
post su Facebook ha tirato in ballo Cavedo e Sebastiano Taddei, in
arte Ulisse Takimiri, direttore artistico e gestore della Scuola
d'arte circense in provincia di Fermo (Marche, regione guidata da
FdI), anche lui nominato commissario nonostante possa a sua volta
essere soggetto beneficiario delle risorse ministeriali.
Il 23 dicembre 2024 un decreto ha ridefinito i criteri di
assegnazione dei fondi 2025-2027. La torta dei contributi è rimasta
la stessa, visto anche che per la destra di governo la cultura non è
economicamente una priorità. I finanziamenti ambiti hanno lacerato
tutte le commissioni. Anche in quella che si occupa di Danza ci sono
state minacce di dimissioni, dopo la bocciatura di compagnie come
Triangolo Scaleno e Margine Operativo, eccellenze studiate nelle
università. Lo strappo dei tre membri della commissione Teatro ha
avuto un effetto mediatico dirompente. Perché svela la modalità di
selezione dei commissari e di chi finisce ai vertici del potere
culturale: quell'«amichettismo» di cui Meloni ha sempre accusato la
sinistra (basta solo il caso di Gabriella Buontempo, citato ieri da
Giuli: nominata al Centro sperimentale di cinema, è l'ex moglie di
Italo Bocchino, direttore del Secolo d'Italia incaricato di
difendere la premier a reti unificate). Ma è un caso che fa emergere
anche la visione della cultura che ha la destra, rivendicata dalla
stessa Meloni: si tende a prediligere chi incassa, programmi più
commerciali, tradizionali, di repertorio, meglio se arricchiti di
star televisive, invece di chi fa sperimentazione, innovazione, in
cerca di nuovi linguaggi nelle forme del contemporaneo.
07.07.25
si chiama "america party", l'atto fondativo è un sondaggio online
Musk lancia il suo partito contro il tycoon Elon Musk si presenta con una nuova veste nella politica
americana. Dopo essere entrato in aperto scontro con Donald Trump,
il miliardario annuncia - forte dell'esito del sondaggio lanciato
online - la nascita di un terzo partito da lui guidato, l'America
Party. Nel giorno dell'Indipendenza, il patron di Tesla ha promosso
un sondaggio per chiedere agli americani se volessero
«l'indipendenza» da un sistema a due soli partiti. Il 65 per cento
ha risposto sì, il 35 per cento no. Poi Musk ha commentato su X:
«Con un rapporto di 2 a 1 voi volete un nuovo partito politico e lo
avrete. Quando si rischia di mandare in bancarotta il nostro Paese
con sprechi e corruzione, viviamo in un sistema monopartitico, non
in una democrazia. Oggi, l'America Party è nato per restituirvi la
libertà». La svolta del miliardario arriva dopo l'approvazione in
Congresso del "Big Beautiful Bill", il budget fortemente voluto da
Donald Trump e altrettanto fortemente criticato da Elon Musk, che ci
vede il rischio di un tracollo delle finanze federali.
—
nterdittiva antimafia per bloccare una ditta: si era aggiudicata un
appalto per lavori del Pnrr
Dai bunker del boss agli asili nido Le mani della camorra sul Lazio andrea
palladino
Francesco Nobis, detto «o nir», il «nero», di cemento se ne intende.
Piccolo costruttore di Casapesenna, uno dei tre fortini del clan dei
Casalesi, una ventina di anni fa impastava il calcestruzzo per
realizzare i bunker per Michele Zagaria. Un boss che per anni ha
governato il territorio diventando invisibile grazie ai rifugi
segreti. Roba sofisticata, con i pavimenti che scorrevano, aprendo
varchi invisibili verso piccole regge sotterranee.
Scontata la pena a tre anni reclusione per favoreggiamento personale
aggravato dalle modalità mafiose, Nobis oggi lavora per una società
di Formia, in provincia di Latina, meno di un'ora di automobile dal
suo paese d'origine. Si occupa sempre di costruzioni e di
calcestruzzo. Niente bunker, ma supermercati, grandi edifici e
scuole. Lo fa da dipendente della Gld costruzioni, gruppo di
proprietà della famiglia Diana. Il suo datore di lavoro è Giacomo
Diana, originario di San Cipriano d'Aversa, la città che assieme a
Casapesenna e Casal di Principe forma il territorio dove ha radici
solide il clan di Gomorra.
San Cipriano è il luogo dove inizia la storia dei Casalesi, negli
Anni 70, quando un meccanico specializzato in furti di Tir mette su
una banda feroce, che sfida il potere di Raffaele Cutolo. Era
Antonio Bardellino, «totonn» per i sanciprianesi, che ancora lo
venerano su TikTok, trentasette anni dopo la scomparsa (la presunta
morte a distanza di decenni è ancora avvolta dal mistero). La Gld
venti giorni fa ha ricevuto una interdittiva antimafia dalla
prefettura di Latina. Tra i motivi c'è proprio il rapporto con
Francesco Nobis, che risulta tra i dipendenti.
La società di Formia ha un curriculum di peso, con un fatturato di
4,9 milioni di euro. Alla fine del 2024 si è aggiudicata, tra
l'altro, l'appalto Pnrr per la costruzione dell'asilo nido di
Fiumicino per poco più di 2 milioni di euro. Ora quel cantiere dovrà
essere fermato, come prevede la normativa antimafia. Al momento,
nonostante siano passati venti giorni dal provvedimento della
Prefettura, i lavori proseguono. Il comune guidato dall'ex ministro
dell'Udc Mario Baccini, stazione appaltante dell'opera, dichiara a
La Stampa di non aver ricevuto nessuna comunicazione: «Non ne
sappiamo nulla, attendiamo i documenti ufficiali», spiega l'ufficio
stampa. Questione di tempi burocratici, probabilmente. La Gld ha in
ogni caso presentato ricorso al Tar, che verrà discusso il prossimo
settembre. Il tribunale amministrativo ha nel frattempo bloccato le
sospensioni degli appalti da parte della Asl di Caserta.
L'appalto di Fiumicino riguarda una delle principali opere
finanziate dai fondi europei nel Comune di Fiumicino,
amministrazione colpita nei giorni scorsi da un'inchiesta della
locale procura per una serie di affidamenti nei settori della
cultura e dei servizi sociali. La Gld, solo negli ultimi mesi, era
riuscita ad aggiudicarsi lavori anche a Latina (la manutenzione del
lungomare) e all'ospedale di Teano (l'impianto antincendio).
Eppure, il nome della società era divenuto noto nelle cronache
giudiziarie da tempo. L'ex socio e direttore tecnico Luigi Diana -
ha lasciato le quote al padre Giacomo nel 2023, dopo una
perquisizione disposta dalla magistratura romana - due anni fa era
stato indagato dalla Dda di Roma per tentato omicidio con modalità
mafiose. Nei mesi scorsi la procura ha chiesto l'archiviazione per
quell'agguato, ma nel frattempo la Prefettura di Latina aveva
iniziato ad approfondire il profilo della società di famiglia,
mettendo insieme i legami del gruppo con pezzi della camorra
imprenditrice. Le prime informative del Nucleo investigativo dei
carabinieri di Latina di due anni fa sono confluite all'interno del
provvedimento interdittivo della Prefettura. Il profilo che emerge
ricostruisce un filo che parte dal cuore delle indagini sul clan dei
casalesi, per dipanarsi fino ad oggi. La famiglia Diana fa il salto
imprenditoriale acquistando le quote della Gld il 30 settembre 2015.
Una data da tenere a mente. A vendere le azioni è Rodolfo Statuto,
imprenditore del settore del cemento di Casaluce, condannato per
associazione mafiosa nel maxi processo Spartacus contro il clan dei
Casalesi. La sentenza di primo grado è arrivata il 15 settembre del
2015, quindici giorni dopo la condanna. La sede sociale venne
spostata a Formia, in provincia di Latina, uscendo così dai fari
degli investigatori napoletani e casertani. Da allora, per vent'anni
ha operato senza grandi problemi, fino all'interdittiva del 17
giugno scorso.
A Formia, nel Lazio, la società ha potuto contare su contatti e
alleanze di peso. A partire dall'attuale sindaco, Gianluca Taddeo,
in quota Forza Italia, uomo di assoluta fiducia del senatore Claudio
Fazzone, coordinatore regionale per il Lazio del partito. Luigi
Diana vanta una solida amicizia con il primo cittadino, tanto da
diffondere durante l'ultima campagna elettorale sui social le foto
sorridenti insieme a Taddeo.
La Gld non ha fatto poi mancare il suo sostegno economico alle
sentitissime processioni dei santi patroni della città e lo scorso
anno sulla facciata della chiesa di San Giovanni il 24 giugno sono
apparsi gli striscioni della Gld. Durante la processione il santo si
è fermato proprio davanti agli uffici della società di costruzioni,
come documentato dall'inchiesta del programma de La7 «100 minuti»,
condotto da Corrado Formigli e Alberto Nerazzini (inchiesta firmata
da chi scrive). E d'altra parte quel luogo la chiesa locale lo
conosce bene: gli uffici della Gld fino a qualche giorno fa erano
all'interno dei locali di proprietà dell'Istituto per il
sostentamento del clero. —
06.07.25
Vicepresidente di Transneft cade dal 17° piano. Si allunga la lista
delle morti sospette Badalov, top manager russo "suicida"
Un altro top manager russo muore in circostanze poco chiare. Andrei
Badalov 62 anni, vicepresidente della Transneft, la piu grande
compagnia di oleodotti della Russia, è morto ieri a Mosca cadendo
dal diciassettesimo piano della torre residenziale dove risiedeva,
alla periferia della capitale. L'uomo avrebbe lasciato un biglietto
d'addio.
Si allunga così l'elenco di alti dirigenti di compagnie petrolifere
deceduti improvvisamente in situazioni ritenute sospette dall'inizio
del conflitto in Ucraina. Nell'aprile del 2022, Vladislav Avaev, ex
vicepresidente di Gazprombank, sua moglie e la figlia minorenne
furono trovati morti a Mosca. Secondo i rapporti, il banchiere aveva
ucciso la famiglia e poi si era suicidato.
Stessa dinamica pochi giorni dopo per l'ex top manager di Novatek
Sergei Protosenya, sua moglie e sua figlia trovati morti in Spagna.
Nel marzo scorso il vice presidente della Lukoil, Vitaly Robertus, è
stato trovato impiccato nel suo ufficio. —
Il patron di Tesla rispolvera l'idea durante il giorno
dell'Indipendenza Musk lancia il sondaggio per il suo partito
«Il giorno dell'Indipendenza è il momento migliore per chiedervi se
volete essere indipendenti da questo sistema bipartitico (alcuni
direbbero un unico partito). Dovremmo creare il partito
dell'America?». Queste le parole di Elon Musk rilasciate su X con un
sondaggio fra gli elettori. Post in risposta a un altro utente che
si chiede come tutto ciò possa impattare le elezioni di midterm del
2026 o le presidenziali del 2028, dove il patron di Tesla spiega che
basterebbe concentrarsi su alcuni stati chiave per ribaltare la
situazione attuale.
«Un modo per realizzare questo obiettivo - dice Musk - sarebbe
concentrarsi con precisione chirurgica su solo 2 o 3 seggi al Senato
e 8-10 collegi alla Camera. Visti i margini legislativi estremamente
ridotti, sarebbe sufficiente per determinare il voto decisivo sulle
leggi più controverse, garantendo che riflettano realmente la
volontà del popolo».
Al dibattito prende parte pure Grok, il chatbot di intelligenza
artificiale di X: «La creazione di un "America Party" potrebbe
frammentare il voto repubblicano in stati chiave in bilico come
Pennsylvania, Georgia, Arizona, Wisconsin, Michigan e Nevada. Alle
midterm un partito del genere potrebbe far pendere l'ago della
bilancia a favore dei Democratici».
Il clima mario tozzi
Prima di tutto i dati. Le temperature medie dell'atmosfera non sono
mai state complessivamente così alte come negli ultimi giorni in
Europa, un incremento che ha prodotto, produce e produrrà ondate di
calore in grado di minacciare i sistemi biologici dei viventi,
esattamente come ipotizzato nel VI rapporto IPCC oltre due anni fa.
Le prime vittime confermano questa tendenza e a poco vale ricordare
che, al mondo, si muore anche per il freddo, perché in passato, a
causa del caldo, non si moriva. L'incremento assassino delle
temperature va ben al di là delle nostre esperienze personali e dei
nostri fallaci ricordi: negli anni '60 del XX secolo si registravano
una decina di giorni con temperature al di sopra dei 32°C,
all'inizio degli anni Duemila erano diventati una ventina e oggi
sono più di trenta, per non dire delle notti tropicali, con buona
pace di mio nonno che girava in canotta e di quel titolo di giornale
che, nel 1950, riportava temperature di 42°C a Milano: tutto vero,
ma tutto irrilevante, perché ciò che conta sono i dati provenienti
da decine di migliaia di centraline sparse in tutto il mondo (e
"corrette" se si trovano vicino alle città, che sono più calde,
delle campagne).
Altri dati sono quelli relativi allo zero termico, cioè il punto (o,
meglio, la linea) al di sopra del quale la temperatura
dell'atmosfera scende sotto gli 0°C e dunque possiamo avere neve e
conservare i ghiacciai. Le ultime registrazioni danno lo zero
termico sulle Alpi (e sugli Appennini) a oltre 5.100 m di quota:
niente di drammatico, se non fosse che la montagna più alta d'Europa
arriva a 4.700 metri. Eravamo stati buoni profeti nel presagire,
anni fa e sulla base dei dati scientifici, che il 2021 sarebbe stato
l'anno più fresco e più umido rispetto a quelli che sarebbero
seguiti, nonostante le accuse di allarmismo e di ecoansia: niente di
tutto ciò, si rimane ottimisti, ma bene informati, però.
Fra i dati preoccupano anche quelli della temperatura degli oceani e
dei mari, del Mediterraneo in particolare, che sprigiona in luglio
il calore che avrebbe fatto registrare in agosto, confermandosi
hot-spot climatico, con tutta l'Italia al suo interno. Preoccupano
perché acque più calde sviluppano cicloni, trombe marine e d'aria,
limitati tornado e perfino downburst. In pratica ciò significa
aumento delle perturbazioni meteorologiche a carattere sempre più
violento: se il Mediterraneo avesse avuto le dimensioni del Golfo
del Messico avremmo registrato gli stessi cicloni, perché le
temperature ci stanno tutte. Ma quelli che si scatenano adesso
bastano e avanzano, come dimostrano le due alluvioni consecutive in
Emilia Romagna (ma non avevano periodi di ritorno millenari?) o le
alluvioni ripetute di Valencia, delle Baleari e delle Cicladi.
Questi dati riguardano il tempo atmosferico, ma sono perfettamente
in linea con la tendenza climatica, che mostra un'accelerazione
mostruosa nell'incremento delle temperature negli ultimi 70 anni.
Una crisi climatica globale che è accelerata e anomala rispetto al
passato e che sta dispiegando le sue conseguenze nefaste esattamente
secondo le previsioni dei modelli climatici elaborati già da
decenni. Siccità, tempeste di vento, mareggiate eccezionali, chicchi
di grandine grossi come pesche, alluvioni, frane e incendi sono
tutti fenomeni in crescita e accomunati dalla crisi climatica
attuale. E sono tutte conseguenze che costano in termini di vite
umane e animali e in denaro: chi afferma che non ci possiamo
permettere un Green Deal perché non sostenibile economicamente
difende solo la maniera tradizionale di fare affari, una maniera che
sta per essere spazzata via dalla crisi climatica. E dimentica che
il non prendere decisamente una via alternativa a questo sistema
economico e non fare nulla costa molto di più.
Perché il fatto nuovo, che distingue questa crisi da ogni
cambiamento climatico precedente, è che dipende da una sola specie,
i sapiens, attraverso le loro attività produttive, come ha
dimostrato almeno il 99% degli specialisti mondiali. Siamo l'unica
specie che ha dissotterrato il potenziale mortifero dei combustibili
fossili, liberando in atmosfera un'anidride carbonica che sarebbe
stata, invece, sottratta ai cicli naturali del carbonio. Se vogliamo
stare ai dati.
Se, invece, vogliamo indurre confusione, allora possiamo anche
ascoltare il fisico delle particelle che dichiara a un giornale che
la crisi climatica non esiste o l'ingegnere che dice che non dipende
da noi: se hanno dati li producano e scrivano articoli scientifici,
o li leggano almeno, non rilascino interviste, perché il metodo
scientifico funziona così e non lascia spazio alle opinioni. Il
dibattito fra gli scienziati sulle cause della crisi climatica
attuale è chiuso e si riaprirà solo con nuovi dati che, al momento,
non ci sono. Perdere ancora tempo per agire sulle cause e azzerare
le emissioni clima-alteranti è colpevole, affidarsi ai mercanti di
dubbi è imperdonabile. —
manca il personale Due anni per l'ok "La burocrazia frena le rinnovabili"
Due anni di ritardo sui progetti già presentati e una carenza ormai
cronica di personale. La denuncia arriva da aziende che si occupano
di rinnovabili e che hanno presentato richieste per le istanze di
valutazione di impatto ambientale (Via) dei progetti per la
produzione di energia rinnovabile necessari al raggiungimento
dell'obiettivo nazionale di installare 80 GW di nuova capacità
rinnovabile al 2030. Le valutazioni sono allo studio della
Commissione Tecnica Pnrr-Pniec, istituita nel 2021 proprio con
l'obiettivo di esaminare, semplificare e velocizzare le istanze. «La
commissione è sottodimensionata per numero di commissari, struttura
organizzativa, dotazioni informatiche e persino in termini di fondi
che non arrivano nonostante le imprese paghino, anticipatamente,
elevati oneri istruttori, circa 50 milioni all'anno, per la
richiesta di parere della Via» racconta Agostino Re Rebaudengo,
presidente Asja Energy, già presidente di Elettricità Futura. Il
risultato è che l'esame dei progetti già presentati è in ritardo di
oltre 2 anni rispetto ai termini previsti per il rilascio e le
aziende sono costrette a rivolgersi al Tar per ottenere una sentenza
che obblighi la commissione ad esprimersi. La commissione non ha mai
raggiunto il numero di 70 commissari, come prevede la legge, e
ancora oggi a distanza di 4 anni dalla sua costituzione, mancano più
di 20 componenti. «Il risultato - spiega Re Rebaudengo - è che i
progetti che vengono presentati oggi potrebbero dover attendere anni
per essere esaminati. Questi costi aggravati dai ritardi concorrono
all'aumento dei costi di realizzazione di un impianto che è
inevitabilmente destinato a ripercuotersi sul prezzo dell'energia
elettrica venduta». E conclude: «L'auspicio è che il Mase si attivi
con urgenza per potenziare la commissione, adeguando il numero di
commissari alla mole di pratiche da evadere e dotandoli di una
struttura amministrativa e tecnologica adeguata a poter svolgere il
loro lavoro e rendere alle imprese il servizio dovuto». cla. lui.
05.07.25
Sfruttiamo appena il 37,5% dei 191,5 miliardi di euro disponibili
nel Pnrr. Fa peggio soltanto la Lettonia
Italia al palo sulla transizione ecologica Siamo maglia nera per i
fondi investiti anna maria angelone
roma
Il motore "verde" del Pnnr procede al rallentatore. E vede l'Italia
arrancare in molti progetti strategici per gli obiettivi climatici.
Stando a un'analisi dell'Osservatorio sui conti pubblici italiani
dell'università La Cattolica di Milano, l'iniziale piano di ripresa
e resilienza del nostro Paese ha destinato alla transizione
ecologica 71,7 miliardi di euro su 191,5, pari al 37,5% delle
risorse totali. Una somma corposa ma, al confronto con gli altri
paesi europei, poco più del "minimo" rispetto all'asticella fissata
da Bruxelles: solo la Lettonia ha fatto meno sforzi per l'ambiente.
La dotazione più sostanziosa è stata riservata alle infrastrutture
per la mobilità sostenibile (per lo più, rotaie e trasporti) e alle
misure di efficientamento energetico (tradotti in 14 miliardi di
euro finiti negli Ecobonus per gli immobili). Tutto il resto è stato
investito su reti elettriche, idriche, energie rinnovabili, opere di
"adattamento" al cambiamento climatica ovvero prevenzione.
Secondo il Pnnr Watch sugli investimenti per la transizione
ecologica appena pubblicato da Assonime e Fondazione Openpolis,
però, l'avanzamento di alcune misure strategiche per gli obiettivi
climatici ristagna.
Il monitoraggio si focalizza su gestione dei rifiuti, economia
circolare, smart grid, infrastrutture di ricarica per la mobilità
elettrica, rete idrica e filiera dell'idrogeno. Progetti che
mobilitano, nel complesso, circa 12 miliardi di euro. Ebbene, in
base alle rendicontazioni disponibili, la spesa effettiva per gli
impianti di gestione dei rifiuti – importo 1,5 miliardi di euro – è
ferma al 12%. Lo stesso vale per le opere di economia circolare,
progetti "faro" cuore della sostenibilità: 600 milioni di euro con
una spesa effettiva al 15%.
Per il rafforzamento della cosiddetta "smart grid", le reti
intelligenti per la distribuzione dell'energia elettrica – capitolo
da ben 4 miliardi di euro – il bilancio è critico: «l'intero
ammontare delle risorse stanziate risulta allocato – scrive
l'indagine – ma la spesa rendicontata a livello di ciascun progetto
si attesta a meno del 5%». Anche per le "hydrogen valley", le
percentuali di spesa effettiva sono inferiori al 6% e solo una
minima parte dei progetti risulta completata o in fase di collaudo.
«In generale, lo stato di avanzamento dei progetti è abbastanza
basso», spiega a La Stampa Luca Dal Poggetto, analista della
Fondazione Openpolis e autore del monitoraggio. «Alla base, spesso
ci sono lungaggini burocratiche ma, talvolta, anche la scarsa
appetibilità degli investimenti per i privati. Emerge, inoltre, che
spesso le misure si tramutano in incentivi e crediti d'imposta:
forse, perché fanno spendere più velocemente».
Venendo al settore idrico, la dotazione è massiccia: 9 miliardi di
euro per sette linee di intervento. Gli investimenti in
infrastrutture per la sicurezza dell'approvvigionamento beneficiano
di 2,1 miliardi di euro ma, a marzo 2025, è stato speso meno di un
quarto delle risorse (24%). I restanti 1,9 miliardi di euro per la
riduzione di perdite nella distribuzione dell'acqua attraverso
strumenti di monitoraggio lungo oltre 19 mila chilometri di rete,
vedono una situazione spaccata: meglio al Nord e al Centro, molto a
rilento nel Mezzogiorno.
Altro esempio emblematico, il flop delle colonnine elettriche. Un
"tesoretto" da 741,3 milioni destinati dal Pnnr alle infrastrutture
di ricarica. Gli operatori hanno utilizzato solo 144 milioni di
euro, il 19,4%. Per non perdere i 600 milioni di euro restanti,
l'ultima revisione del Pnrr li ha spostati sulle rottamazioni e
incentivi per l'acquisto di auto elettriche.
Per gli interventi di gestione del rischio di alluvione o riduzione
del rischio idrogeologico, sono stati assegnati 2,5 miliardi di
euro. «Qui, abbiamo notato che sono stati usati per opere di
ricostruzione o messa in sicurezza contro il rischio frane nei
territori che hanno vissuto recenti alluvioni. Va bene, ma è altro
da un vero piano di prevenzione contro il dissesto», sottolinea
ancora Dal Poggetto di Openpolis.
Per l'adattamento ai cambiamenti climatici, prevenzione e gestione
dei rischi connessi al clima (come siccità o bombe d'acqua) – una
misura ritenuta "verde" al 100% dall'Ue – l'Italia ha riservato
appena 500 milioni di euro. E solo 400 milioni di euro per il
ripristino e la tutela dei fondali e degli habitat marini.
Prevenzione? «Di sicuro, c'è scarsa lungimiranza: la crisi climatica
era già evidente nel 2021 ma oggi è un'emergenza. Si trovano poche
misure in ambito agricolo. E di resilienza al cambiamento climatico
c'è ancora poco», conclude Dal Poggetto di Openpolis. —
04.07.25
TRUMP BLUF : La
scorsa primavera, mentre la marcia di ritorno di Donald J. Trump
verso la Casa Bianca dominava l'attenzione dell'opinione pubblica,
le sue finanze, in gran parte nascoste, erano in serio pericolo.
Il suo palazzo di uffici a Lower Manhattan generava troppo poco
denaro per coprire l'ipoteca, con il saldo in scadenza. Molti dei
suoi campi da golf non avevano abbastanza giocatori per coprire i
costi. Il flusso di milioni di dollari all'anno proveniente dalla
sua attività di “celebrità televisiva” si era in gran parte
esaurito. E un'improvvisa ondata di sentenze legali minacciava di
divorare tutto il suo denaro.
Poi, con la conquista della nomination repubblicana, tutto è
cominciato a cambiare. Nei mesi successivi, Trump, insieme ai suoi
due figli maggiori, Eric e Donald Jr, ha riorientato l'attività di
famiglia, creando una serie di partnership, soprattutto nel settore
delle criptovalute, con investitori disposti a puntare sulla sua
vittoria.
Una volta conquistata la presidenza a novembre, questo approccio ha
preso il sopravvento. La sua azienda di famiglia ha annunciato
numerosi nuovi accordi che avrebbero avvantaggiato finanziariamente
il signor Trump in modo diretto, anche se ha preso decisioni
politiche che hanno influenzato questi settori o che hanno coinvolto
Paesi in cui gli Stati Uniti hanno interessi politici.
In particolare, Trump è ora sia socio di diverse imprese di
criptovalute sia, in qualità di presidente, il principale regolatore
politico della criptovaluta, e ha segnalato che vuole che la sua
amministrazione abbia un approccio non vincolante nei confronti
delle valute digitali.
Oggi, queste mosse sono viste dai detrattori di Trump come una presa
di denaro di proporzioni storiche. Ma un'analisi del New York Times
di migliaia di pagine di documenti interni della Trump Organization
depositati in una delle azioni legali contro di lui suggerisce una
motivazione più urgente per il comportamento di Trump: la necessità,
piuttosto che il semplice desiderio, di denaro facile per mantenere
intatto il suo impero.
Alla fine del 2023, Trump si è vantato di avere tra i 300 e i 400
milioni di dollari in contanti quando ha testimoniato nell'ambito di
quell'azione legale, una causa intentata dal procuratore generale di
New York che accusava i Trump di aver frodato i loro finanziatori.
La sua scorta di contanti, ha detto Trump, dimostra “quanto sia
buona l'azienda che ho costruito” e, ha aggiunto in una precedente
testimonianza, “soprattutto per uno sviluppatore”.
Contrariamente a queste affermazioni, i documenti depositati nella
causa per frode suggeriscono che il denaro di Trump non era il
prodotto di un impero forte e costante. Il suo bilancio ha subito
fluttuazioni notevoli, toccando un minimo di 52 milioni di dollari
nel 2018, una cifra esigua per le dimensioni della sua attività. Il
successivo aumento è derivato in gran parte dalla vendita di
proprietà e da un pagamento di oltre 150 milioni di dollari da un
investimento passivo.
Inoltre, la versione dell'attività del signor Trump che lui progetta
- una società di sviluppo immobiliare che esegue compiti grandi e
complessi - non esiste più da quasi un decennio, da quando gli
ultimi due grandi progetti edilizi dei Trump non sono riusciti a
fare soldi.
Invece, la ricchezza del signor Trump è ora costruita sulla
monetizzazione del nome della famiglia in nuovi modi e,
intenzionalmente o meno, sulla carica della presidenza. Si tratta di
un'impresa alla ricerca di assegni multimilionari - da veri e propri
sviluppatori immobiliari, da imprese di criptovalute e social media
gestite da altri. È anche un'impresa che vende ai sostenitori più
accaniti del presidente gingilli a marchio Trump, come orologi e
telefoni cellulari dai toni dorati.
Molti degli accordi aprono molteplici canali per l'invio di denaro a
un presidente in carica, spesso in modi non rintracciabili secondo
gli attuali requisiti di divulgazione. Inoltre, poiché parte di ciò
che viene venduto è l'uso del nome del presidente, non ci sono
parametri chiari per valutare se egli abbia ricevuto un prezzo di
mercato, un premio per la sua carica o, in effetti, una tangente
sperata.
L'addetta stampa della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato
che Trump rispetta tutte le leggi sul conflitto di interessi e
agisce pensando solo agli interessi del pubblico americano.
In risposta alle domande del Times, Eric Trump, che gestisce le
attività del padre, ha rilasciato una dichiarazione scritta in cui
afferma che l'azienda è più forte che mai e in gran parte priva di
debiti grazie alle proprietà “più iconiche” e alle “imprese di
criptovaluta sulla Terra”.
“Non sono mai stato così orgoglioso della nostra azienda”, si legge
nel comunicato. “Il nostro portafoglio sta funzionando in modo
impeccabile e il 2025 segnerà l'anno più forte nella straordinaria
storia della Trump Organization”.
Valutare perfettamente le aziende private di Trump in qualsiasi
momento è quasi impossibile. Ma a pochi mesi dalla sua testimonianza
nel processo per frode civile di New York, tutti i suoi contanti e
gli investimenti liquidi sembravano essere a rischio.
Le sue aziende avevano spesso richiesto infusioni di denaro prima
che un giudice nel processo emettesse una sentenza contro i Trump di
355 milioni di dollari. Trump ha dovuto affrontare una seconda
sentenza di 88,3 milioni di dollari nelle cause per abusi sessuali e
diffamazione intentate dalla scrittrice E. Jean Carroll.
Il signor Trump non ha ancora dovuto pagare le sentenze, che ora
ammontano a più di 600 milioni di dollari con gli interessi. Ma ha
dovuto versare contanti per 175 milioni di dollari nel caso di frode
e contanti e obbligazioni per 97 milioni di dollari nei casi di E
Jean Carroll, per poter ricorrere in appello.
Ha anche affrontato un potenziale colpo di 100 milioni di dollari da
un controllo fiscale di lunga data, anche se ora sembra improbabile
che i suoi incaricati politici all'Internal Revenue Service firmino
una tale valutazione - un altro vantaggio dell'essere tornato nello
Studio Ovale.
Per essere sicuri, il signor Trump non si trovava di fronte a una
calamità. Avrebbe potuto vendere altre proprietà, a spese della
futura ricchezza della sua famiglia, per coprire qualsiasi ammanco.
“Il suo approccio a quasi tutto, a questo punto, sembra essere
quello di farla franca con tutto ciò che può farla franca, sfidando
le persone a trovare modi legali o politici per fermarlo”, ha detto
Noah Bookbinder, presidente del gruppo di vigilanza Citizens for
Responsibility and Ethics in Washington, un gruppo no-profit di
orientamento liberale.
Quando il signor Trump completò la costruzione della Trump Tower
quattro decenni fa, il suo atrio di cinque piani era pieno di
rivenditori di lusso provenienti da tutto il mondo - Asprey of
London, Buccellati, Cartier - creando una destinazione per gli
acquirenti di fascia alta e i turisti.
Questi spazi, e gli uffici in affitto sopra di essi, hanno fornito a
Trump una delle sue fonti di profitto più affidabili per decenni,
come ha scoperto il Times analizzando le sue dichiarazioni dei
redditi del 2020.
Le famose scale mobili scintillanti che portano ai piani superiori
sono ora chiuse, poiché i negozi che vi si trovavano sono stati
abbandonati nel corso degli anni. Due spazi più piccoli al piano
terra e sotto offrono prodotti a marchio Trump, come cornici per
targhe e felpe.
L'elemento caratteristico dell'atrio, un muro d'acqua in marmo a più
piani, è stato spento e coperto da una grande bandiera statunitense.
È rimasto solo un grande rivenditore: Gucci, nell'unico spazio
visibile dal marciapiede.
Al 40 di Wall Street, la torre di uffici di Trump a Lower Manhattan,
il 25% dell'edificio è sfitto dall'anno scorso. A marzo, Fitch
Ratings ha riferito che, dopo aver coperto le spese di base,
l'edificio generava 2 milioni di dollari all'anno in meno rispetto a
quanto necessario al signor Trump per il pagamento del mutuo, e tra
qualche anno dovrà affrontare un aumento multimilionario
dell'affitto che paga per il terreno sotto l'edificio.
I posti vacanti hanno infestato anche il più recente cantiere su
larga scala di Trump, una torre di 92 piani a Chicago. Con la
maggior parte degli appartamenti e delle camere d'albergo venduti
anni fa, la quota di proprietà del signor Trump è composta
principalmente da circa 70.000 metri quadrati di spazi commerciali
che egli sperava potessero produrre milioni di dollari all'anno di
reddito da locazione. Progettati al di sotto del livello della
strada, con poca visibilità per i passanti, questi piani rimangono
vuoti 16 anni dopo il completamento dell'edificio.
Le cose non sono andate molto meglio con la riqualificazione dell'Old
Post Office di Washington, inaugurato come hotel nel 2016. Non ha
mai registrato un anno di profitto, nonostante sia diventato una
meta per gli accoliti di Trump durante la sua prima amministrazione.
Nel 2022 ha venduto i suoi interessi a una società di private equity
per 375 milioni di dollari, un prezzo che ha suscitato l'entusiasmo
dei Trump. “Dire che il risultato è un successo finanziario sarebbe
un eufemismo”, ha scritto Eric Trump in un'e-mail ai dipendenti
della società.
Ma i documenti della società depositati nella causa per frode
mostrano che la vendita non ha coperto i costi sostenuti da Trump
per il progetto.
È passato quasi un decennio da quando i Trump hanno completato
l'hotel. Gli anni successivi sono stati segnati dalla contrazione.
Oltre all'hotel di Washington, negli ultimi anni Trump ha venduto il
controllo di un campo da golf nel Bronx, di una villa a Los Angeles,
di un terreno su un'isola caraibica, di numerosi condomini di lusso
che aveva affittato in edifici da lui costruiti e di terreni
edificabili intorno al suo campo da golf vicino a Los Angeles.
Ogni vendita ha portato un'ondata di denaro, ma anche una
diminuzione delle opportunità di guadagno futuro.
Nei fine settimana e durante le vacanze, Trump fugge raramente in
luoghi diversi dai suoi campi da golf, dove si reca per allenarsi,
rilassarsi e farsi vedere.
Ha dichiarato che questi 14 campi non rappresentano per lui una
“grande attività”, ma piuttosto investimenti che riflettono il suo
amore per il gioco. Ha speso centinaia di milioni di dollari per
ristrutturarli secondo i suoi gusti, spesso con club house
ornamentali ed elaborate cascate artificiali. Questi investimenti
non sono sempre stati redditizi.
Un esperto di valutazione dei campi da golf per l'ufficio del
procuratore generale di New York ha esaminato i registri finanziari
di tutti i campi da golf di Trump, tranne uno, dal 2011 al 2021 e ha
scoperto che almeno la metà di essi ha registrato un flusso di cassa
negativo per più anni.
Un'e-mail mostra Allen Weisselberg, il responsabile finanziario di
lunga data della società, che notifica ai due figli maggiori di
Trump che la Trump Organization ha prodotto solo 2,2 milioni di
dollari nel 2017, prima delle tasse o degli esborsi alla famiglia.
Uno dei principali colpevoli erano i campi da golf, per i quali i
Trump avevano speso quasi 13 milioni di dollari in più del previsto
per la manutenzione e i miglioramenti, mentre i campi avevano
portato 15 milioni di dollari in meno di profitti operativi rispetto
al previsto.
Il signor Trump ha anche descritto i suoi campi da golf come
progetti di sviluppo immobiliare in attesa. Ma i Trump non hanno
avuto successo in questo senso. I loro sforzi per aggiungere case ai
suoi due campi in Scozia, ad esempio, si sono arenati.
A gennaio i Trump hanno ottenuto l'approvazione per un importante
sviluppo nel parcheggio del Trump National Doral, un resort di golf
vicino a Miami. Il progetto includerebbe quasi 1.500 appartamenti e
più di 140.000 metri quadrati di spazio commerciale. […]
03.07.25
Cresce l'incertezza: persi 33 mila posti nel settore privato contro
le attese di una crescita di 115 mila
Trump, affari d'oro con il ritorno alla Casa Bianca Ma l'economia
americana dà segni di frenata Alberto Simoni
corrispondente da Washington
Le finanze di Donald Trump non sono così solide come il presidente
sbandierava durante la campagna elettorale e mentre prometteva
depositi cauzionali milionari prima delle sentenze nei tribunali di
New York: la prima da 88,3 milioni di dollari per gli abusi sessuali
contro E. Jean Carroll; la seconda da 335 milioni per le frodi della
Trump Organization.
Il New York Times ha elaborato oltre duemila documenti contabili
della galassia trumpiana per evidenziare come la ripresa della curva
del profitto sia coincisa con il ritorno alla Casa Bianca del
presidente. Da allora le imprese a lui legate hanno ripreso a
macinare accordi con Paesi stranieri, costruito resort e progetti di
espansione fra Qatar, Serbia, Arabia Saudita, sviluppato un
merchandising legato al nome/brand Trump e investito in criptovalute.
Operazioni che sollevano dubbi sui conflitti di interessi nonostante
dalla Casa Bianca giungano, per via della portavoce Karoline Leavitt,
rassicurazioni che quel che il presidente fa lo fa per gli americani
e nel rispetto delle leggi. Ieri il leader Usa ha ricevuto nove
deputati, sono i "resistenti" che nutrono dubbi sulla bontà del Big
Beautiful Bill licenziato martedì dal Senato. Trump lo ritiene la
pietra miliare della sua agenda di governo e lo strumento – come ha
scritto su Truth – per portare «la crescita in America».
Se la sua ricchezza infatti sembra aver rimboccato una parabola
ascendente, gli americani sono in una fase di stallo. Dominano
attesa e incertezza un po' ovunque. I dati sul lavoro (oggi quelli
ufficiali del Dipartimento del Lavoro) offriranno uno sguardo più
completo, ma ieri il report sui posti di lavoro nel settore privato
ha segnato un andamento negativo (33mila posti contro gli attesi
115mila) che non si registrava dal marzo del 2023. Il motivo è che
le aziende, in attesa di capire cosa accadrà sui tassi di interesse
e soprattutto sui dazi (chi colpiranno, quali settori, quali quota)
non assumono. «Non ci sono licenziamenti, ma mancate assunzioni»,
spiega un analista a Cnn. Le stesse aspettative degli americani sono
nebulose. Il Big Beautiful Bill è visto con preoccupazione da oltre
il 50% delle persone preoccupate dai tagli sociali e alcuni
sondaggi, come uno svolto in maggio dal Pew.
Trump nel frattempo è alle prese con una revisione del suo business
famigliare: da oltre un decennio la sua storia di imprenditore
immobiliare non produce novità; la Trump Tower a New York – iconica
negli anni '90 – è priva di grandi marchi, resta solo Gucci, e vende
memorabilia e prodotti per il golf in uno dei negozi al piano -1.
Anche gli spazi della Trump Tower a Downtown sono sfitti, Fitch ha
stimato che il palazzo genera un reddito inferiore di 2 milioni per
la copertura del mutuo. Negli anni Trump ha veduto palazzi e hotel
di lusso a Washington, Caraibi, Los Angeles. Spingere sul golf – che
pure lui considera più un vezzo che un business – non gli ha portato
grande fortuna. La valutazione del campo di Doral (Florida), resort
da 18 buche, 643 camere di hotel, è inferiore oggi al prezzo di
acquisto e rinnovamento: 297 milioni contro 379. Il rubinetto degli
introiti si è ridotto anche nel comparto entertainment, almeno sino
ai legami con i miliardari e le opportunità di sviluppo nella
Penisola Araba e nelle criptovalute. Non a caso proprio ad Abu Dhabi
lo scorso dicembre alla conferenza era arrivato Eric Trump a tenere
il discorso più importante. Memecoins e digital asset sono
particolarmente profittevoli, 320 milioni il valore delle vendite
secondo Chainalysis. —
Claudio Scajola
"Io ancora una volta indagato a mia insaputa Avvilito ma vado
avanti" Mattia Mangraviti
Marco Sodano
Imperia
Claudio Scajola è indagato dalla Procura europea di Torino per
tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni
pubbliche. Il fascicolo riguarda la richiesta di un finanziamento
Pnrr da oltre sei milioni di euro legata al progetto per il
biodigestore di località Colli, a Taggia (Imperia): un impianto
destinato a trattare i rifiuti. Insieme con l'ex ministro
dell'Interno e oggi sindaco di Imperia, nonché presidente della
Provincia (è indagato in quest'ultima veste), sono coinvolti anche
Riccardo Demicheli, amministratore delegato della società di
consulenza Avalon Srl, e Michele Russo, ingegnere ed ex dirigente
della Provincia. L'indagine, coordinata dal sostituto procuratore
europeo Adriano Scudieri, ruota attorno alla partecipazione della
Provincia a un bando per accedere ai fondi del Pnrr.
Il finanziamento, di poco superiore ai sei milioni e 400 mila euro,
era destinato a un'opera dal valore complessivo di centinaia di
milioni. Ma il progetto, secondo i sospetti degli inquirenti, non
sarebbe stato pienamente conforme ai criteri del bando. Fu la stessa
Provincia, dopo aver avanzato dubbi, a chiedere un parere al
Ministero. L'istruttoria si concluse con la revoca del
finanziamento. Scajola spiega di non aver ricevuto alcuna notifica
ufficiale. «Ho appreso la notizia dai giornali, come tutti gli
altri».
Presidente Scajola, davvero non ha ricevuto comunicazioni
sull'indagine?
«No, nessuna. La notizia l'ho letta sui giornali, come ogni altro
cittadino. Al momento non ho ricevuto notifiche, documenti, nulla
che mi consenta di avere un quadro chiaro di cosa mi venga
contestato. E non so nemmeno se arriverà. Posso solo basarmi su
quanto riportato dalla stampa».
Che effetto le fa leggere il suo nome in un'indagine della Procura
europea?
«Dispiace, ovviamente. Umanamente certe giornate pesano. Ma continuo
a fare il mio lavoro con tutto l'impegno possibile, come ho sempre
fatto. Quello che mi interessa è il bene del territorio, e credo che
i risultati siano evidenti. Dedico a questo incarico ogni energia,
sacrificando tempo personale e salute».
Il progetto del biodigestore è al centro della vicenda. Cosa ci può
dire?
«È stato uno dei primi obiettivi che mi sono posto come presidente
della Provincia: sbloccare una situazione ferma da anni. Parliamo di
un impianto strategico, sia dal punto di vista ambientale sia da
quello economico. Il finanziamento Pnrr che avevamo richiesto
rappresentava solo una parte marginale dell'investimento
complessivo. Spero che questa vicenda non rallenti il progetto».
Ha fiducia nel lavoro dei suoi collaboratori?
«Assolutamente sì. Ho piena fiducia nei miei collaboratori, sempre.
Oggi, tra un impegno e l'altro, ho parlato con alcuni di loro e
abbiamo ricostruito insieme tutti i passaggi. Da quello che so,
l'Ente ha agito correttamente, mantenendo un dialogo continuo e
trasparente con il Ministero. Credo sia importante ricordarlo».
Si parla di una tentata truffa aggravata per ottenere fondi
pubblici. Che idea s'è fatto?
«Da quanto ho letto, si tratta di questioni molto tecniche. La
Provincia ha sempre lavorato nel rispetto della legge, seguendo i
passaggi previsti. E i risultati parlano per noi: negli anni siamo
riusciti ad attrarre decine di milioni per opere strategiche, sia in
Comune che in Provincia. Tutto è stato speso nel rispetto delle
regole, con trasparenza».
Crede che questa vicenda intaccherà il lavoro fatto finora?
«Non credo. Un singolo episodio, peraltro ancora poco chiaro, non
può cancellare anni di lavoro serio e premiato dai fatti. Il nostro
percorso ha portato benefici concreti al territorio nel corso degli
anni: continueremo su questa strada».
Non è la prima volta, dice, che scopre dai giornali di essere
coinvolto in un'indagine. Cosa ne pensa?
«Purtroppo no, è già successo. E non solo a me. È qualcosa che
amareggia, sia come cittadino sia come uomo delle istituzioni. Mi
chiedo da dove escano queste informazioni, chi le diffonda. Una
volta che tutto sarà chiarito, come spero e credo, sarà importante
capire anche questo».
02.07.25
In arrivo 18,3 miliardi, saranno spesi per infrastrutture
energetiche e ferroviarie Via libera dell'Ue alla settima rata del Pnrr
Semaforo verde della Commissione europea alla settima rata del Pnrr.
Sono state approvate nella valutazione preliminare tutte le 64 tappe
e gli obiettivi legati alla tranche chiesta in pagamento
dall'Italia.
In totale, arriveranno per il Paese 18,3 miliardi di euro – di cui
4,6 miliardi in sovvenzioni e 13,7 miliardi in prestiti. I fondi
saranno investiti in infrastrutture strategiche di tipo energetico e
ferroviario. In particolare, la settima rata sarà usata per il nuovo
collegamento elettrico tra Sardegna, Corsica e penisola, Sa Co I.3,
e per il collegamento elettrico sottomarino tra Sicilia, Sardegna e
penisola, Tyrrhenian Link. Opere che il ministro per il Pnrr Tommaso
Foti ha definito «fondamentali per implementare le reti di
trasmissione dell'energia elettrica e per rafforzare l'autonomia
energetica dell'Italia, con l'obiettivo di garantire energia a
famiglie e imprese a condizioni migliori».
Sono previsti poi interventi sul potenziamento del trasporto
pubblico, del sistema ferroviario e in cybersicurezza. Secondo
quanto riferito dal governo, l'Italia al momento è in linea con la
scadenza finale dei fondi al 2026. L'erogazione della settima
tranche rimane comunque vincolata al giudizio del Comitato economico
e finanziario (Cef), che si esprimerà tra quattro settimane, e
all'adozione di una decisione di saldo da parte della Commissione.
S.tir.
Riarmo ALESSANDRO BARBERA
ROMA
Roma, primi giorni di giugno. Gli emissari di un grande fondo di
investimento americano attivo nella Difesa sono nella Capitale per
appuntamenti nei palazzi romani. Il messaggio è più o meno questo:
«Siamo interessati a investire in Italia». Quali siano le risposte
non è dato saperlo, di certo c'è che dopo l'ultimo vertice Nato il
business della difesa è la gallina delle uova d'oro del prossimo
decennio. Spiega una fonte italiana del settore che chiede di non
essere citata: «Fino a poche settimane fa era difficile trovare
banche disposte a finanziare progetti. Ora ci piovono direttamente
offerte da parte degli investitori». Giusto o sbagliato, siamo
entrati in una nuova era: gli Stati Uniti non hanno più intenzione
di essere l'ombrello delle minacce che incombono sull'Europa. Sin
dal 2018 Donald Trump lamenta di aver pagato il conto della Nato per
tutti, salvo omettere un dettaglio: la metà dell'intera spesa
militare europea va in armamenti acquistati dall'altra parte
dell'Atlantico.
La questione l'ha sollevata due giorni fa su questo giornale il
presidente dell'Aiad, l'associazione delle aziende italiane
produttrici di armamenti, Giuseppe Cossiga: se la politica non si
assumerà la responsabilità di fare delle scelte, gli oltre cinquanta
miliardi di spesa aggiuntiva annua in difesa continuerà ad andare a
vantaggio dell'industria a stelle e strisce. Di aziende italiane in
grado di competere nel settore l'Italia ce ne sono diverse, due
delle quali conosciute in tutto il mondo e controllate dallo Stato:
Leonardo e Fincantieri. La prima - due giorni fa - ha annunciato di
aver chiesto la consulenza di Morgan Stanley per l'acquisizione in
tandem con la tedesca Rheinmetall di Iveco Defense. La seconda -
leader mondiale della cantieristica navale - è pronta a rafforzare
la parte di produzione militare, che oggi vale il 30 per cento del
suo fatturato. Due stabilimenti - quelli di Castellammare di Stabia
e Palermo - in parte dedicati alla produzione di navi civili,
potrebbero essere compiutamente dedicati alla costruzione di mezzi
per il pattugliamento: la scorsa settimana la Marina italiana ne ha
fatto un ordine per due, una commessa da settecento milioni di euro
per sostituirne altrettante cedute all'Indonesia. Secondo le stime
che circolano nel settore e fatte proprie dal Wall Street Journal,
Fincantieri è in grado di costruire fregate in un tempo di un terzo
inferiore a quello dei concorrenti americani.
Poiché la materia non riscuote successo presso l'opinione pubblica,
sulla questione della spesa militare il governo Meloni fin qui si è
mostrato molto prudente. Ha rinunciato ad attivare la clausola di
salvaguardia per scorporare le spese sulla difesa, lamentando
l'impossibilità di poterlo fare finché non sarà chiusa la procedura
di infrazione per deficit eccessivo. Ha accettato di buon grado la
decisione dell'ultimo vertice dell'Aja, salvo dover fare i conti con
i mal di pancia dell'alleato leghista. «E' uno sforzo
insostenibile», aveva commentato a caldo il responsabile economico
del partito Alberto Bagnai. Ieri la svolta improvvisa del leader
Matteo Salvini: «Con buon senso e nel tempo» l'obiettivo del 5 per
cento del Pil per la difesa entro il 2035 «è realizzabile». Per
raggiungere quella soglia il governo deve aumentare di 1,5 punti la
spesa per truppe e armamenti, altrettanto per la più generica voce
infrastrutture per la difesa. «Questo ha un senso», dice il leader
del Carroccio «il non senso sarebbe metterci fretta rispettando le
norme europee del Patto di stabilità per andare a comprare armi in
Francia e Germania». Del discorso di Salvini è chiaro un passaggio,
che può essere tradotto così: se mi si chiede di accettare l'aumento
della spesa militare, almeno vada all'industria nazionale.
Fin qui un altro esponente del Carroccio - il ministro del Tesoro
Giancarlo Giorgetti - ha posto il problema in termini diversi.
Parlando a inizio giugno a un forum del settore, ha detto che «la
difesa viene riconosciuta come un bene comune europeo», dunque «si
apre la strada a forme di finanziamento comuni». Dipendesse da lui,
la strada da percorrere dovrebbe essere quella dei progetti
condivisi, evitando così il paradosso di un continente che spende -
lo ha stimato l'Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli
- il 5,8 per cento in più della Russia senza avere né un esercito
comune, né la forza di Mosca. Per il momento Giorgetti e chi la
pensa come lui deve fare i conti con un'Unione che ha scelto di
dedicare solo 150 dei 750 miliardi del piano "Rearm Europe" a
progetti comuni. C'è chi è convinto di qui alla fine dell'anno la
Commissione europea tirerà fuori dal cappello un nuovo Recovery plan
dedicato alla difesa. Nel frattempo i grandi Paesi procedono in
ordine sparso: la già citata Rheinmetall (che ha già stabilimenti in
Italia) sta valutando la riconversione dell'ex stabilimento
Volkswagen di Osnabrück, in Belgio si discute un destino simile per
un ex fabbrica Audi, nel fratempo chiusa. A inizio giugno il
ministro francese Sébastien Lecornu ha annunciato una partnership
con Renault (di cui è azionista al 15 per cento) per produrre droni
in Ucraina. Per il momento il governo Meloni ha deciso solo di
rinviare al 2027 l'aumento della spesa pubblica necessaria a
rispettare gli impegni con la Nato. Nel Paese europeo che registra
il più basso consenso a favore di più spese militari, meno se ne
parla, meglio è. —
Apre l'Alcatraz dei migranti: "Pasto per gli alligatori" DAL Corrispondente
da Washington
L'hanno tirato su in otto giorni, ospiterà fino a 5000 persone e
costerà, la stima dei media americani, 450 milioni di dollari. Non è
un resort per vip, ma un centro per gli immigrati in attesa di
espulsione che sorge nel cuore delle Everglades, le paludi nella
Florida meridionale a 70 km da Miami. Il centro è già stato
ribattezzato Alligator Alcatraz. Anziché le gelide acque e le
correnti della San Francisco Bay, qui per eventuali fuggiaschi il
nemico sono pitoni e alligatori che popolano la zona.
Ieri Trump, cappellino rosso con la scritta Gulf of America in
testa, ha fatto toccata e fuga per andarlo a visitare.
Con lui, oltre al governatore Ron DeSantis, l'artefice del piano
voluto per alleggerire la presenza di illegali nelle carceri
statali, anche la segretaria per la Homeland Security Kristi Noem.
Lei ha sottolineato che il centro è "temporaneo" e che anche per
coloro che verranno deportati lì, sino all'ultimo ci sarà la
possibilità di optare per l'auto-deportazione. «Solo così potranno
un giorno avere la possibilità di fare domanda di asilo e tornare
negli Usa», ha spiegato. Il presidente ha visitato l'area, elogiato
il «lavoro fantastico» fatto da DeSantis – suo rivale alle primarie
nel 2024 e poi tornato alleato.
Il centro sorge su una vecchia pista per i jet in disuso. Ci sono
tende, l'aria condizionata e la struttura, parola di DeSantis, è
costruita per resistere agli uragani.
Per la sicurezza, più che agli agenti, meglio affidarsi ai
coccodrilli. Trump parlando con i reporter ha anche offerto la sua
personalissima chiave di lettura. Anzitutto ha detto che non gli
interessa se qualcuno, tentando la fuga, finisse nelle fauci di un
alligatore. «Non me ne frega niente, non è carino ma è così» ha
detto concedendosi poi, a favor di telecamere, qualche consiglio per
evitare di essere azzannati. «Devi correre a zig-zag, le tue chance
di sopravvivere aumentano dell'1%», ha scherzato. «Ho guardato fuori
e non è certo il posto dove vorrei fare trekking», ha osservato il
presidente durante una breve tavola rotonda organizzata al centro.
Al momento non è chiaro come funzionerà la struttura. Soprattutto
non è chiaro chi verrà portato qui, se coloro con la casella
giudiziaria ricca di crimini o anche solo coloro il suo unico
"reato" è la violazione delle leggi sull'immigrazione. DeSantis ha
annunciato l'invio di un centinaio di soldati della Guardia
Nazionale. I primi immigrati illegali arriveranno al centro oggi. Di
pari passo con l'inaugurazione, pure i canali ufficiali dei social
governativi si sono adattati al "clima" Alligator Alcatraz
pubblicando immagini di coccodrilli con i cappelli dell'Ice (le
guardie di frontiera dell'Immigration Customs Enforcement).
In questi cinque mesi le deportazioni sono aumentate così come gli
arresti arrivati da una media di 700 al giorno a oltre duemila in
giugno con punte sino a 3.000 che è la soglia messa da Stephen
Miller e Tom Homan, gli architetti della strategia delle espulsioni.
La decisione di DeSantis di costruire un centro di detenzione va
incontro alla filosofia dell'Amministrazione che vorrebbe maggior
collaborazione dagli Stati (e pure dalle città santuario) nel
contrasto all'immigrazione. Noem ha invitato tutti gli Stati a
«costruire centri come Alligator Alcatraz».
I numeri delle detenzioni sono aumentati da 39 mila a 56 mila nei
primi cinque mesi di Amministrazione Trump e i funzionari federali
stanno cercando nuovi posti per ospitare gli illegali in attesa
della deportazione in Paesi terzi o in quelli di origine. Alb.Sim —
Amazon SEBASTIAN HERRERA
Amazon ha schierato nelle sue strutture più di un milione di robot,
automatizzando il lavoro e migliorando la produttività. Presto ne
lavoreranno tanti quanti sono i dipendenti. Il colosso
dell'e-commerce, che ha impiegato anni ad automatizzare nelle sue
strutture compiti precedentemente svolti dai suoi lavoratori in
carne e ossa, adesso ha fatto sapere di aver schierato in quei posti
di lavoro oltre un milione di robot. Si tratta del numero più alto
di sempre e di quello che più si avvicina al totale dei suoi
dipendenti nelle sue varie strutture.
I depositi dell'azienda ronzano per le braccia meccaniche che
afferrano prodotti dagli scaffali e i droni su ruote che li spostano
in vari locali dei reparti, avviando le merci all'imballaggio. In
altre aree, alcuni sistemi automatici aiutano a separare gli
articoli, che altri robot ancora prelevano dal reparto imballaggio
per la spedizione.
Uno degli automi più recenti di Amazon, denominato Vulcan, ha un
senso del tatto sviluppato che gli permette di afferrare con
accuratezza gli articoli da numerosi scaffali diversi. Da qualche
tempo l'azienda sta cercando di collegare i robot ai suoi processi
di evasione degli ordini, così che le macchine possano lavorare in
sintonia tra loro e con il personale umano.
«Siamo un po' più vicini a concretizzare la piena integrazione dei
robot» ha detto Rueben Scriven, research manager presso Interact
Analysis, una società di consulenze di robotica.
L'azienda ha fatto sapere che ormai il 75 % delle consegne globali è
realizzata in talune fasi con l'assistenza di robot.
Secondo alcuni dipendenti di Amazon la maggiore automazione ha
voluto dire sostituire lavori pesanti e ripetitivi – come sollevare,
spingere e suddividere gli articoli – con incarichi più accurati
come controllare le macchine. «Pensavo che avrei dovuto sollevare
pesi e camminare tutto il giorno» ha detto Neisha Cruz, che ha
trascorso cinque anni a dividere i prodotti nel deposito Amazon di
Windsor, in Connecticut, prima di intraprendere la formazione per il
controllo dei sistemi robotici.
Oggi Neisha Cruz lavora seduta di fronte allo schermo di un computer
in un ufficio di Tempe, in Arizona, e controlla che i robot mobili
delle varie strutture Amazon negli Stati Uniti lavorino
correttamente. Guadagna circa 2,5 volte in più rispetto allo
stipendio che riceveva quando ha iniziato a lavorare per Amazon.
I robot stanno anche sostituendo alcuni dipendenti, aiutando
l'azienda a frenare le assunzioni. Complessivamente, Amazon impiega
1,56 milioni di persone, la stragrande maggioranza delle quali
lavora nei suoi magazzini.
Ogni struttura l'anno scorso aveva una media di circa 670
dipendenti, il numero più basso degli ultimi 16 anni, secondo
un'analisi del Wall Street Journal che lo ha confrontato con la
forza lavoro dichiarata dall'azienda che riporta cifre e stime
relative alle sue varie strutture.
Il numero dei pacchi per lavoratore che Amazon ha spedito l'anno
scorso è aumentato notevolmente, passando da circa 175 nel 2015 a
3870, si legge nell'analisi. Da questo solo dato si evincono i
guadagni dell'azienda in termini di produttività.
Amazon sta lanciando nelle sue strutture anche l'intelligenza
artificiale, ha detto Andy Jassy, chief executive, «per migliorare
la disposizione degli articoli, fare previsioni sulle richieste e
aumentare l'efficienza dei nostri robot».
L'azienda iniziò a introdurre la robotica avanzata nei suoi
magazzini dopo aver pagato 775 milioni di dollari nel 2012 per
acquistare Kiva Systems, che produce robot che trasportano interi
scaffali di prodotti.
All'inizio, i robot spostavano enormi quantità di articoli non
imballati, una mansione pesante sul piano fisico per un essere
umano. Con il passare del tempo, le macchine hanno iniziato a
svolgere mansioni ancora più complesse, come imballare, dividere i
prodotti e sollevare oggetti pesanti.
Amazon ha formato nel mondo oltre 700mila lavoratori per incarichi
di lavoro ad alta retribuzione, tra cui la collaborazione con i
robot, ha fatto sapere l'azienda. «Si sono create mansioni
lavorative completamente nuove» come tecnici di robot, ha detto Yesh
Dattatreya, senior applied scientist presso Amazon Robotics.
Dattatreya guida un team Amazon di recente formazione con personale
proveniente dal laboratorio innovazione della Bay Area in California
dell'azienda per introdurre nei suoi sistemi robotici sistemi più
avanzati di intelligenza artificiale.
L'obiettivo, ha detto, è trasformare i robot magazzinieri del futuro
in assistenti in grado di reagire a comandi verbali, per esempio
scaricare un rimorchio.
Amazon sta sperimentando anche un robot umanoide, ha dichiarato il
produttore Agility Robotics. I robot hanno braccia, gambe e testa,
sono stati sperimentati per mansioni quali la gestione di
contenitori per il riciclo presso Amazon e sono tuttora in fase di
ricerca e di sviluppo.
Sheheryar Kaoosji, executive director presso il Warehouse Worker
Resource Center, un'associazione no-profit che promuove i diritti
dei lavoratori dei magazzini, ha detto che finora la robotica non ha
cambiato tanto il lavoro nei piccoli centri Amazon, ma lo ha
cambiato molto nei grandi centri di smistamento e distribuzione.
Kaoosji, tuttavia, si dice preoccupato per l'impatto a lungo termine
sull'occupazione. Il sogno dell'azienda «è di ridurre in modo
significativo la forza lavoro nei suoi stabilimenti ad alta densità»
ha detto. —
01.07.25
(ANSA) - STOCCOLMA, 30 GIU - Cessa oggi la produzione di batterie
per automobili elettriche a Skellefteå, nel nord della Svezia. Il
gigante svedese Northvolt è andato in bancarotta il 12 marzo e non
si è finora riusciti a trovare nuovi acquirenti, nonostante
l'interesse da parte di alcune aziende internazionali. Dei 900
impiegati della Northvolt pre-bancarotta, ad oggi sono rimasti solo
300 lavoratori, principalmente personale di fabbrica.
Da domani anche loro rimarranno a casa, d'ora in poi solo una
manciata di operatori continueranno a lavorare nello stabile, per il
mantenimento dei macchinari. "Se lo Stato (svedese ndr.) avesse dato
sostegno a Northvolt durante la fase critica, probabilmente oggi non
si troverebbe in bancarotta" ha affermato Mattias Näsman, storico
dell'economia presso l'università di Umea.
Altri Paesi, tra cui in primis la Cina, offrono supporto economico
alle proprie aziende: "Ma anche in tutti gli altri Paesi europei
dove hanno aperto fabbriche di batterie: come la Francia, la
Germania, la Polonia e l'Ungheria; le aziende hanno ricevuto
supporto statale" ha aggiunto lo storico Näsman, intervistato da Svt,
la Tv di servizio pubblico svedese.
ESCLUSIONE COSTITUZIONE DI PARTE
CIVILE , COME AZIONISTA ATLANTIA, NEL PROCESSO A CARICO DI CASTELLUCCI
PER IL CROLLO DEL PONTE MORANDI
Diritti degli azionisti
La Direttiva
2007/36/EC stabilisce diritti minimi per gli azionisti delle societa'
quotate in Unione Europea. Tale Direttiva stabilisce all'Articolo 9 il
diritto degli azionisti a porre domande connesse ai punti all'ordine del
giorno dell'assemblea e a ricevere risposte dalle societa' ai quesiti
posti.
Considerando le
difficolta' che spesso si incontrano nel proporre domande e nel ricevere
risposte in tempo utile, in particolare per quanto riguarda gli
azionisti individuali impossibilitati a partecipare alla assemblea, e
considerando che talvolta vi e' poca chiarezza sulle modalita' da
seguire per porre domande alle societa',
Ritiene la
Commissione:
che il diritto
degli azionisti a formulare domande e ricevere risposte sia
adeguatamente garantito all'interno dell'Unione Europea?
che la
possibilita' di porre domande e ottenere risposte solo nel caso
l'azionista sia fisicamente presente nell'assemblea sia compatibile con
la Direttiva 2007/36/EC?
In che modo la Commissione ritiene che le societa' quotate debbano
definire e comunicare le modalita' per porre domande da parte degli
azionisti, in modo da assicurare che tale diritto sia rispettato
appieno? Sergio Cofferati
IL MIO LIBRO "L'USO
DELLA TABELLA MB nei CASI DI PIANI INDUSTRIALI: FIAT,
TELECOMITALIA ED ALTRI..." che doveva essere pubblicato da
LIBRAMI-NOVARA nel 2004, e' ora disponibile liberamente
Tweet to @marcobava
In data 3103.14 nel corso dell'assemblea Fiat il presidente J.Elkann
mi fa fatto allontanare dalla stessa dalla DIGOS impedendomi il voto
eccone la prova:
Sentenze
1)
IL 21.12.12 alle ore 09.00 nel TRIBUNALE TORINO
aula 80 C'E' STATA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE PER LA
QUERELA DELLA FIAT, PER QUANTO DETTO nell'ASSEMBLEA
FIAT 2008 .UN TENTATIVO DI IMBAVAGLIARMI, AL FINE DI VEDERE COME
DIFENDO I MIEI DIRITTI E DI TUTTI GLI AZIONISTI DI MINORANZA
NELLE ASSEMBLEE .
Mb
il 24.11.14 alle ore
1200 si tenuto al TRIBUNALE DI TORINO aula 50 ingresso 19 l'udienza
finale del mio processo d'appello in seguito alla querela di Fiat per
aver detto il 27.03.2008 all'assemblea FIAT che ritengo "Marchionne
un'illusionista temerario e spavaldo" e che "la sicurezza Fiat e'
responsabile della morte di Edoardo Agnelli per omessa vigilanza". In 1°
grado ero stato assolto anche in 2° e nuovamente sia FIAT che PG hanno
impugnato per ricorso in Cassazione che mi ha negato la libertà di
opinione con una sentenza del 14.09.15.
SOTTO POTETE TROVARE LA
DOCUMENTAZIONE
2) il 21
FEBBRAIO 2013 GS-GABETTI sono stati condannati per
agiotaggio informativo.
SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ERRORE DEL TRIBUNALE DI TORINO
NELL'ASSOLVERE GABETTI E GRANDE STEVENS
Come parti civili si erano costituite la Consob e due piccoli
azionisti, tra cuiMarco Bava,
noto per il suo attivismo in molte assemblee. "Non so...
SU INTERNET IL LIBRO DI GIGI MONCALVO SULL'OMICIDIO DI
EDOARDO AGNELLI
Edoardo, un Agnelli da dimenticare
Marco Bernardini non ha le prove del suicidio io ho molte prove
dell'omicidio che sono state illustrate in 5 libri di cui l'ultimo e'
l'ultimo di Puppo :
Sarà operativa dal 9
gennaio la nuova piattaforma per la risoluzione alternativa delle
controversie online messa in campo dalla Commissione europea. Gli
organismi di risoluzione alternativa delle controversie (Adr) notificati
dagli Stati membri potranno accreditarsi immediatamente, mentre
consumatori e professionisti potranno accedere alla piattaforma a
partire dal 15 febbraio 2016, all'indirizzo
Torino 1864, la prima stage di Stato. La strage di Torino del 1864
attraverso i libri. articolo di Tullio Fazzolari
...
Nei prossimi mesi, in vista del 3 febbraio, c’è da aspettarsi che
verranno ricordati i 160 anni del trasferimento da Torino a Firenze
della
capitale del regno d’Italia.
E anche se fu un fatto transitorio durato appena sei anni resta comunque
una ricorrenza importante per lo sviluppo di Firenze.
Poco o nulla, invece, s’è detto in questi giorni del centosessantesimo
anniversario di quella che è stata definita “la prima strage di Stato”.
Il 21 settembre 1864, appena si seppe che alla loro città veniva tolto
il ruolo di capitale del regno, i torinesi manifestarono il proprio
malcontento.
I carabinieri reagirono subito sparando e la conseguenza furono due
giornate di sangue con più di 50 morti e almeno 150 feriti.
Pochi libri raccontano i tragici eventi di Torino.
Tra questi vanno sicuramente segnalati “La strage impunita.
Torino 1864” di Valerio Monti (Savej, 151 pagine, 15 euro) pubblicato
nel 2014 e il più recente “Torino 1864.
La prima strage senza colpevoli dell’Italia unita” di Enzo Ciconte
(Interlinea, 200 pagine, 14 euro).
Altre pagine da non perdere vanno cercate con un po’ di pazienza nei
volumi dedicati alla storia del capoluogo piemontese.
Per esempio “Torino” a cura di Valerio Castronovo edito da Laterza.
Oppure l’importante saggio di Umberto Levra “Dalla città
“decapitalizzata” alla città del Novecento” pubblicato nel settimo
volume della
“Storia di Torino” di Einaudi.
Tutte le ricostruzioni confermano che la strage del 1864 fu uno degli
eventi più vergognosi dello Stato unitario.
Tanto per cominciare il trasferimento della capitale era stato imposto
nella cosiddetta convenzione di settembre dalla Francia di Napoleone
III.
La scelta di Firenze (dopo aver scartato l’ipotesi di Napoli) doveva
essere il segnale che l’Italia rinunciava a fare di Roma la propria
capitale.
L’accordo non piacque al re Vittorio Emanuele II che dovette subirlo
obtorto collo.
Ma soprattutto non piacque ai torinesi per molte ragioni tra cui anche
l’obbligo di trasferirsi per i dipendenti statali.
La protesta del 21 settembre fu inizialmente pacifica e per molti
aspetti patriottica.
Si gridavano invettive contro il governo Minghetti succube dei francesi
e s’inneggiava a Garibaldi.
Lo slogan ricorrente era “Roma o Torino” a dimostrare che la perdita
della capitale poteva essere accettata se si fosse realizzata l’unità
nazionale.
La violenta reazione dei carabinieri provocò la sommossa del giorno
successivo.
E di nuovo i carabinieri aprirono il fuoco in maniera scomposta
uccidendo persino alcuni soldati che stavano arrivando di rinforzo.
Nessuno verrà punito.
I 58 carabinieri che la magistratura militare aveva rinviato a processo
vennero tutti assolti.
L’inchiesta parlamentare non ebbe conseguenze.
E per chiudere tutto arrivò un’amnistia.
Restano una lapide in piazza San Carlo a ricordo delle vittime e i segni
indelebili dei proiettili sotto il monumento a Emanuele Filiberto.
PERCHÉ
Von der Leyen SENZA COLPE! Causa Rigettata dalla Corte di Liegi dopo che
la Procura Europea ha sostenuto l’Immunità.
AGGIORNAMENTO DEL 21 GENNAIO 2025
Tribunale Belga respinge la Causa sui Vaccini Killer
Un tribunale belga ha respinto una causa contro la presidente dell’UE
Ursula von der Leyen per la trasparenza degli acquisti di vaccini
COVID-19 per un valore di 35 miliardi di euro, ha affermato il tribunale
in una dichiarazione.
Il tribunale ha affermato di aver “respinto la causa, presentata da
Frederic Baldan”. “La decisione si applica anche alle altre parti che si
sono unite alla causa”, ha affermato il tribunale in una dichiarazione.
Ciò accade proprio nel momento in cui 14 procuratori generali degli USA
hanno contestato all’ex amministrazione Biden la gestione delle migliaia
di cause di risarcimento per i vaccinati danneggiati dai sieri gencii
mRNA Covid…
Il tribunale della città belga di Liegi terrà una
sessione per valutare se la presidente della Commissione europea (CE)
Ursula von der Leyen abbia l’immunità legale contro le accuse di
corruzione per l’acquisto di vaccini COVID-19 per un importo superiore a
35 miliardi di euro, ha detto a TASS Frederic Baldan, l’attore.
“L’udienza del 6 gennaio si terrà su un indirizzo dell’ufficio del
procuratore dell’UE che dovrebbe indagare sugli atti di corruzione nelle
istituzioni dell’UE ma che di fatto sta agendo per difendere von der
Leyen ora. La Procura pubblica europea ha inviato un indirizzo al
tribunale, affermando che von der Leyen ha l’immunità contro l’azione
penale in tribunale per accuse di corruzione per l’acquisto di vaccini
COVID-19 che non hanno superato le sperimentazioni cliniche”, ha detto
Baldan.
Nel 2022, i media statunitensi hanno riferito che
von der Leyen aveva comunicato con Albert Bourla, amministratore
delegato del colosso farmaceutico statunitense Pfizer, in merito alla
conclusione di un contratto a lungo termine per l’acquisto di 1,8
miliardi di dosi di vaccini COVID-19 per un valore di 35 miliardi di
euro (37,6 miliardi di dollari), prima ancora che superassero le
sperimentazioni cliniche.
Le trattative sull’accordo sono state condotte informalmente alla fine
del 2020 tramite messaggi SMS e senza il previo consenso degli stati
membri dell’UE.
La presidente della Commissione europea ha anche
inviato un messaggio a suo marito, Heiko von der Leyen, che è direttore
medico presso Orgenesis, un’azienda che collabora con Pfizer. Tutti i
messaggi sono stati poi cancellati accidentalmente, ha affermato Ursula
von der Leyen.
Il New York Times ha descritto l’accordo sul vaccino COVID tra la
presidente della Commissione europea e il CEO di Pfizer come “un
sorprendente allineamento tra sopravvivenza politica e attività
imprenditoriale”.
“GOVERNO
USA HA AIUTATO BIG PHARMA INVECE DEI DANNEGGIATI DA VACCINO”. Denuncia
Esplosiva di 14 Procuratori Generali USA
«Quando alcuni di questi individui sono stati
danneggiati dal vaccino COVID-19, hanno scoperto che il governo federale
ha favorito i produttori rispetto alla loro salute. Oltre a fornire
miliardi di dollari a produttori come Pfizer e Moderna, il governo
federale ha anche concesso a queste aziende un’effettiva immunità
generale per i danni causati dai loro prodotti».
«Come procuratori generali, siamo seriamente preoccupati per la mancanza
di trasparenza e di giusto processo garantiti dal CICP, nonché per i
notevoli ostacoli che i richiedenti incontrano nell’ottenere un
risarcimento».
In queste due brevi frasi c’è il significato di una lunga lettera di 14
procuratori generali degli Stati Uniti inviata nelle ultime settimane al
Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani Xavier
Becerra, Carole Johnson, Amministratore, Health Resources & Services
Administration, ma anche a Robert F. Kennedy, Jr. Segretario del
Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani nominato da Trump.
«Scriviamo per esprimere le nostre serie
preoccupazioni su come gli individui danneggiati dai vaccini COVID-19
vengono trattati dal governo federale. Cerchiamo risposte alle domande
sull’amministrazione del Countermeasures Injury Compensation Program
(CICP). Durante il picco della pandemia, molti americani volevano “fare
la loro parte” partecipando alle sperimentazioni sui vaccini o
vaccinandosi. Il governo federale ha dato ai produttori di vaccini
COVID-19 più di 30 miliardi di dollari in fondi dei contribuenti per
sviluppare e vendere vaccini COVID-19 e ha speso altri miliardi per
promuovere questi prodotti al pubblico. Il governo federale ha sia
incoraggiato,3 sia in molti casi imposto la vaccinazione».
I magistrati requirenti dei 14 stati USA hanno incolpato il governo
perché ha favorito i produttori di Big Pharma rispetto alla salute dei
cittadini americani danneggiati dai vaccini Covid.
Ben pochi hanno avuto il coraggio di fare lo stesso in Italia e chi ha
denunciato il gravissimo problema dei vacicnati danneggiati o morti,
come la giudice Susanna Zanda, è stato messo sotto inchiesta dal
Ministero della Giustizia…
Il documento è un appello urgente a intervenire per
aiutare i vaccinati danneggiati, ma appare anche come un avvertimento di
possibili azioni legali contro gli enti governativi responsabili della
loro protezione…
Alcuni di questi procuratori generali hanno seguito l’esempio del Kansas
presentando cause legali su larga scala contro il colosso farmaceutico
Pfizer in cui questi stati hanno affermato che «la società ha tratto in
inganno il pubblico in merito alla sicurezza e all’efficacia del suo
vaccino COVID-19».
«Gli individui danneggiati, d’altra parte, hanno
tutti sperimentato una qualche forma di complicazione della salute che è
stata diagnosticata da medici credibili come risultante da una
vaccinazione Covid. Alcuni di questi feriti sono stati persino visitati
da medici impiegati dal governo federale e il danno da una vaccinazione
è stato convalidato e riconosciuto dal governo federale», ha aggiunto la
lettera dei procuratori generali.
«Le persone per le quali ci difendiamo e per le quali siamo preoccupati
non sono opportunisti alla ricerca di tasche profonde per ferite
fantasma. Queste sono persone oneste con danni verificati. Sono i nostri
elettori di ogni estrazione e affiliazione politica. Questa non è solo
una questione bipartisan, è di natura non partigiana. Eppure, nonostante
diagnosi attendibili e danni reali, queste persone danneggiate dai
vaccini anti-COVID-19 hanno un solo mezzo di ricorso: presentare un
reclamo al CICP».
OLOCAUSTO DA VACCINI COVID PEGGIORE DI HIROSHIMA. Basato su 8 Studi
Mondiali Epidemiologo USA stima più Morti di Sieri Genici mRNA che di
121 Bombe Nucleari
Nello scrivere queste parole, i procuratori generali dei 14 stati degli
Stati Uniti confermano in realtà la gravità di un allarme sociale che
alcuni dottori accademici americani hanno considerato un olocausto
peggiore di Hiroshima.
Essi sottolineano quindi i molteplici aspetti
critici della pratica di richiesta di risarcimento del CICP
(Countermeasures Injury Compensation Program).
«Per cominciare, un individuo ferito da un vaccino COVID-19 ha solo un
anno dalla data della lesione per presentare una richiesta al CICP. Se
questo breve lasso di tempo scade, l’individuo non ha diritto ai
benefici».
In secondo luogo, gli individui feriti sono spesso lasciati a navigare
nel programma da soli senza una guida professionale. E la dimostrazione
che un richiedente deve fornire è sostanziale. Il richiedente “deve
dimostrare che la lesione subita è stata il risultato diretto della
somministrazione o dell’uso di un” vaccino COVID-19 “sulla base di prove
convincenti, affidabili, valide, mediche e scientifiche”. E
l'”associazione temporale” tra la ricezione di un vaccino e
“l’insorgenza della lesione . . . non è sufficiente, di per sé, a
dimostrare che un infortunio è il risultato diretto” di un vaccino».
In terzo luogo, il CICP fornisce poca o nessuna
trasparenza o giusto processo. Un individuo che presenta un reclamo non
ha conoscenza, o capacità di scoprire, chi prenderà una decisione in
merito al suo reclamo, quando verrà deciso o come verrà deciso. Non c’è
inoltre alcun diritto di confrontarsi o interrogare i funzionari
governativi che hanno negato un reclamo, nessun modo di accedere o
rispondere a qualsiasi prova su cui il governo potrebbe essersi basato
nel negare un reclamo, nessun modo di confrontarsi o interrogare
eventuali esperti che potrebbero essere stati consultati nel negare il
reclamo e nessun modo per un richiedente di presentare prove dal proprio
esperto.
In quarto luogo, anche in quei rari casi in cui il
CICP approva un reclamo, il richiedente ferito ha diritto, al massimo,
fino a $ 50.000 di salari persi all’anno e spese mediche non rimborsate.
Se la persona ferita è deceduta, il suo patrimonio potrebbe ricevere un
beneficio di morte limitato»
Ma c’è un problema burocratico che denota un chiaro
tentativo di nascondere le richieste di risarcimento.
«I dati finora mostrano che il CICP non riesce ad affrontare i danni
molto reali che sono stati subiti dalle persone ferite dai vaccini
COVID-19. Delle oltre 10.473 richieste di risarcimento correlate al
vaccino COVID-19 che il CICP ha ricevuto, la maggior parte rimane non
aggiudicata».
«E di quelle richieste che sono state decise, solo
65 sono state ritenute idonee al risarcimento e solo 20 di queste hanno
effettivamente ricevuto un risarcimento. E fatta eccezione per
un’eccezione estrema (un risarcimento di $ 370.376, probabilmente un
decesso per miocardite), il risarcimento medio correlato al vaccino
COVID-19 è ben al di sotto dei $ 5.000. Non sorprende che siano stati
pagati così pochi risarcimenti, date le risorse insufficienti assegnate
al CICP per i risarcimenti. Il programma ovviamente non può elaborare le
richieste in modo tempestivo, per non parlare di pagare le richieste,
senza finanziamenti adeguati».
Un problema analogo si è verificato in Italia quando l’Assessore al
Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, ha falsato e
ridicolizzato i numeri dei danneggiati da vaccini nel suo territorio.
I 14 procuratori generali entrano poi nei dettagli
del problema fornendo alcuni esempi sensazionali di persone danneggiate
dai vaccini e sottolineando che il 70% di coloro che hanno aderito al
programma CDC per il monitoraggio della sicurezza dei vaccini sono stati
costretti a cercare cure mediche, anche gravi e urgenti.
«Abbiamo sentito da numerosi elettori che hanno
subito gravi lesioni a seguito della somministrazione di un vaccino
COVID-19. In effetti, tra i circa 10 milioni di americani che hanno
aderito al programma V-safe del Center for Disease Control (CDC),
progettato per valutare la sicurezza dei vaccini COVID-19, oltre il 70
percento degli individui che hanno riferito di aver bisogno di cure
mediche post-vaccinazione si sono recati al pronto soccorso o sono stati
ricoverati in ospedale».Tra i casi più eclatanti c’è quello di Ernest
Ramirez, Jr., un ragazzo di 16 anni del Texas, che giocava in una
squadra di baseball che suo padre allenava con orgoglio. Cinque giorni
dopo una singola dose di Pfizer, è crollato di fronte al suo migliore
amico mentre correva attraverso un parcheggio per giocare a basket. È
morto per insufficienza cardiaca improvvisa. L’autopsia ha riportato
alti livelli di infiammazione nel cuore, nel fegato e in altri organi.
«Cosa si può fare per istruire i medici sui
trattamenti per le lesioni correlate al vaccino COVID-19 e sulle
possibili diagnosi? In particolare, quando i National Institutes of
Health (NIH) forniranno indicazioni mediche sui protocolli che hanno
utilizzato per diagnosticare e curare gli individui che hanno sofferto
di complicazioni da un vaccino COVID-19?»
Esclusiva! BIOIMMUNOLOGO MANTOVANI SUI GRAVI RISCHI DEI VACCINI COVID.
“Spike Tossica fino a 756 gg nel Sangue. Residui mRNA in Circolo nel
Corpo”
«Quando i Centers for Medicare & Medicaid Services (CMS) inizieranno a
implementare i codici di reazione avversa al vaccino COVID-19, come
stanno già facendo altri paesi?»
Cosa spiega il tasso di approvazione CICP straordinariamente basso per
le richieste di risarcimento per lesioni da vaccino COVID-19? È
incredibile dire che solo lo 0,5 percento dei richiedenti ha avuto
lesioni valide e risarcibili. Cosa si può fare per accelerare il
processo di aggiudicazione CICP per le richieste relative al vaccino
COVID-19? Perché il tasso di aggiudicazione è così lento? In che modo il
tasso di aggiudicazione per le richieste di risarcimento per il vaccino
COVID-19 si confronta con le richieste per altri vaccini?
La lettera dei procuratori generali di 14 stati al
Dipartimento della Salute degli Stati Uniti non è solo una richiesta
sentita di risolvere concretamente il problema e fornire un’importante
arma politica all’avvocato Robert F. Kennedy Jr. se verrà confermato dal
Senato come segretario come desiderato da Trump.
È anche un primo atto di esplicita contestazione al funzionamento del
sistema che ruota attorno ai pericolosi vaccini anti-Covid e che
potrebbe preannunciare ulteriori cause legali contro Big Pharma.
Intanto, nel resto dell’Occidente, solo in
Australia e Slovacchia l’allarme sui sieri genetici mRNA Covid viene
preso sul serio.
Infatti, la Procura europea (EPPO) che ha indagato Ursula Von der Leyen
per le trattative segrete sui vaccini Pfizer nonostante non fossero
stati adeguatamente testati ha già chiesto a un tribunale belga di
applicare l’immunità.
Mentre in Italia sono pochissimi i casi in cui la giustizia si è
pronunciata a favore delle parti lese.
PERCHÉ NO AL MINISTRO NUCLEARISTA PICHETTO DI UN GOVERNO IN
CADUTA LIBERA :
IL NUCLEARE RAPPRESENTA I DINOSAURI SOSTENUTI DA CHI
VUOLE GUADAGNARE FACILMENTE CON IL PASSATO.
I numeri dell’Industria italiana delle rinnovabili
Il risultato? Il rapporto
IREX 2024 mostra come il comparto italiano delle rinnovabili non
abbia fermato la crescita, nonostante una serie di difficoltà
oggettive, dal peso dell’inflazione ai rincari dei materiali
passando per le tante complessità autorizzative. Al punto che
vengono riportate 1.180
iniziative progettuali (in aumento del 23% sul 2022,)
per una potenza totale cumulata di 50,9
GW e un valore aggregato di 80,1 miliardi di euro. In
termini di investimenti in progetto si tratta di quasi il doppio
del 2022. E per il 96% si tratta di progetti destinati
all’Italia.
La parte del leone la fa
l’agrivoltaico con
368 iniziative del valore aggregato di 14 miliardi e una potenza
pianificata cumulata di ben 15,8 GW. Il fotovoltaico tradizionale
rimane in testa per numero di operazioni ma potenza e
investimenti pianificati si attestano sotto all’agri-fv:
12,6 GW e 10,4 miliardi di euro. L’eolico
a terra con 254 progetti per 14,GW di potenza
totale cumulata, tocca un valore di 19,2 miliardi di euro. Più
bassi ovviamente i numeri dell’eolico offshore che tuttavia si fa
finalmente notare con 12 operazioni per 8,4 GW e 28,1 miliardi
di euro. Gli investimenti complessivi per i sistemi
di accumulo passano da 3,2 a 8,2 miliardi.
“L’Irex Annual Report 2024mostra un settore italiano delle
rinnovabili che ha continuato a crescere nonostante le sfide
economiche globali”, ha spiegato l’amministratore delegato Alessandro Marangoni, a
capo del team
di ricerca.
“Tra gli elementi caratterizzanti […] lo sviluppo dell’eolico
offshore che, sulla carta, è la tecnologia emergente nel 2023 e
il crescente interesse per gli accumuli, con l’affacciarsi di
molti player e progetti”.
Marangoni pone l’accento
anche sulla riduzione
della taglia media degli impianti rinnovabili, scesa
dagli 48 MW del 2022 a 44 MW nel 2023. Contestualmente il
rapporto evidenzia l’aumento delle operazioni inferiori a 10 MW,
il cui peso sale dal 16% al 30% del totale. Sul fronte specifico
dei sistemi di accumulo il 99% degli impianti è inferiore ai 20
kW, di cui la maggior parte sotto i 10 kW (91%).
Il costo livellato
dell’energia
Il rapporto IREX 2024
mostra per il
2023 un sensibile ridimensionamento dei prezzi elettrici in
Europa. La media si attesta a 96,1 euro il MWh (meno
54% sul 2022) ma il Belpaese si contraddistingue come al solito
con uno dei valori più elevati: 127,2 euro il MWh.
Sul fronte degli LCOE,
ossia del costo
medio per unità di elettricità generata, il documento
sottolinea un sensibile aumento dei valori
per le fonti rinnovabili. Il LCOE dell’eolico offshore
varia tra 82,1 euro il MWh del Mare del Nord e 121,1 euro il MWh
del Mediterraneo; nel fotovoltaico il valore medio dell’LCOE
degli impianti commerciali si attesta a 107,4 euro il MWh (+9,8%
sul 2022), mentre gli impianti di taglia industriale presentano
un costo medio di 77 euro il MWh (+10,6% sul 2022).
Il report offre anche
qualche previsione
di scenario per il 2024 “con
i prezzi delle materie prime per la costruzione degli impianti
eolici che vedranno variazioni differenziate: in aumento
alluminio e rame, in calo i materiali ferrosi, stabile il
cemento per le fondazioni. Gli effetti saranno una discesa del
LCOE più contenuta per l’onshore (nulla o fino al 5%) e più
marcata per l’offshore (-10%/-15%). Per il fotovoltaico le
pressioni sulla componentistica dovrebbero portare a ulteriori
ribassi, con il costo dei moduli in calo del 10-15%”.
NON SI RISPETTA VOLONTA' DEGLI ITALIANI ESPRESSA 2 VOLTE.
IL FUTURO E' LA RETE ELETTRICA DELLE RINNOVABILI CON LA
PRODUZIONE DI H2 NEI PICCHI , UTILIZZATO NELLE CARENZE.
4.L’Italia sta investendo 135 mln in R&D su piccoli
reattori modulari e nucleare 4G
La narrativa che
circonda la
“rinascita” del nucleare dipinge i piccoli
reattori modulari di ultima generazione come la
soluzione a tutti i problemi dei vecchi reattori. Gli Small
Modular Reactors (SMR) sarebbero meno costosi e sarebbe
possibile costruirli in poco tempo. Candidati ideali, quindi,
per un
ruolo almeno da comprimario nella transizione energetica, a
fianco delle rinnovabili. E sui quali bisogna investire subito
per avere una flotta di SMR adeguata già nel 2030.
La realtà è completamente
diversa: i
loro costi lievitano e i ritardi nei tempi di realizzazione si
accumulano come per le vecchie centrali nucleari,
sostiene un
rapporto dell’Institute for Energy Economics and Financial
Analysis (IEEFA) che ha analizzato tutti i progetti di SMR in
cantiere.
Vecchi/nuovi problemi
per i piccoli reattori modulari
La base di partenza è
ristretta: sono solo 4 gli SMR operativi o in costruzione oggi
in tutto il mondo. A fronte di circa 80 diversi concetti di
piccoli reattori modulari a diverse fasi di maturità. Oltre ai
dati sui 4 mini-reattori nucleari, l’IEEFA si è basata anche
sulle previsioni sui costi fornite da alcuni dei principali
sviluppatori di questi progetti negli Stati Uniti.
“I risultati dell’analisi
mostrano che poco è cambiato rispetto al nostro lavoro
precedente. Gli SMR sono ancora troppo costosi, troppo lenti da
costruire e troppo rischiosi per svolgere un ruolo significativo
nella transizione dai combustibili fossili nei prossimi 10-15
anni”,
sintetizza il rapporto.
Per i
3 piccoli reattori modulari operativi (2 in Russia e 1 in Cina) e
per l’unico
altro SMR in costruzione (in Argentina), le spese
effettive di costruzione sono state “notevolmente
sottostimate”. Per i reattori russi l’aumento supera il
300%, ma i dati risalgono al 2015 e probabilmente l’incremento
reale è maggiore. Un aumento analogo è quello registrato per
l’SMR cinese. Per il mini-reattore argentino va anche peggio:
rispetto alle stime iniziali del 2013, i costi previsti erano
lievitati del 600% nel 2021. Per altri SMR solo proposti i costi
sono più che raddoppiati, come nel caso dei mini-reattori di
NuScale. Incrementi che avvengono prima ancora che i progetti
ottengano licenze e via libera formale.
Sui tempi, i lunghi
ritardi nella costruzione “sono
stati la norma, non l’eccezione”, sostiene l’IEEFA. Per i 4
SMR al centro dell’analisi le tempistiche sono regolarmente
almeno triplicate, passando dai 3-4 anni preventivati ai 12-13
anni effettivi. Tutti ritardi non troppo distanti da quelli
riscontrati anche dai reattori di più recente generazione, come
gli EPR di Okiluoto e Flamanville (dai 4-5 anni preventivati a
16-18 effettivi). Parte della retorica sui supposti tempi
ridotti di realizzazione fa leva sulla modularità degli SMR. Ma
l’approccio modulare è stato impiegato anche in altri reattori
precedenti, sottolinea il rapporto, e senza gli attesi benefici
sulle tempistiche.
A marzo conclusa la 1° fase di
lavori per preparare il campo al ritorno del nucleare in Italia
(Rinnovabili.it) – A
marzo la Piattaforma
nazionale per il nucleare sostenibile ha finito “la
prima fase di lavori” e si appresta a formulare una “strategia
nazionale” che entrerà nel PNIEC e prepara la strada al ritorno
del nucleare in Italia. Lo ha
comunicato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza
Energetica (MASE) Gilberto Pichetto durante il question time al
Senato dell’11 aprile.
La Piattaforma sta quindi
rispettando la tabella di marcia annunciata
lo scorso settembre, che prevedeva una ricognizione del panorama
del nucleare a livello nazionale e internazionale. Un primo giro
di orizzonte su cui costruire una “via italiana” all’atomo.
“Nelle tre fasi
successive si procederà con l’elaborazione di una road map e la
definizione di azioni con le relative risorse per incentivare la
possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia
attraverso le nuove tecnologie nucleari caratterizzate da
elevati standard di sicurezza e sostenibilità”,
ha specificato Pichetto.
In realtà il governo ha
già iniziato a stanziare risorse per il nucleare in Italia.
All’atomo sono stati destinati lo scorso novembre 135 mln euro, il
25% del totale disponibile sotto il capitolo Mission Innovation.
Destinati ad attività di ricerca e sperimentazione sui piccoli
reattori modulari di terza e quarta generazione nel breve-medio
periodo.
I prossimi passi per il
ritorno del nucleare in Italia
Secondo i piani, la
Piattaforma dovrebbe produrre entro aprile un documento che
tracci la strada da seguire, che saranno poi tradotte entro giugno in linee guida ben
definite che individuano azioni, risorse, investimenti e
tempistiche per riaprire la porta all’atomo.
Questa strategia
nazionale “darà
un contributo che sarà contemplato anche nell’aggiornamento del
Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) e per
raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione”, ha
aggiunto il titolare del MASE rispondendo a un’interrogazione
del senatore Zanettin (FI).
Sarà elaborata tenendo conto dei contributi forniti dalle
indagini conoscitive delle commissioni Ambiente di Camera e
Senato e dall’industria nazionale legata alla filiera
dell’atomo.
“La filiera industriale
italiana è già fortemente impegnata a livello internazionale sia
nel campo della fissione che in quello della fusione, in
particolare nella produzione di componentistica richiesta da
centrali nucleari estere, reattori sperimentali e centri di
ricerca. Il loro coinvolgimento risulta fondamentale per far sì
che tutta la filiera che gravita intorno al nucleare sia pronta
nel momento in cui il quadro regolatorio nazionale consentirà la
ripresa di quelle che possono essere le attività e le relative
autorizzazioni”,
ha sottolineato Pichetto.
5.Sono
passati undici anni dal referendum indetto per chiedere il
parere degli italiani su un eventuale ritorno al nucleare; era
il mese di giugno del 2011, tre mesi dopo il disastro di
Fukushima. E sono passati ben 35 anni dal precedente referendum
sullo stesso tema delle centrali nucleari, avvenuto nel 1987,
ossia un anno dopo la tragedia di Chernobyl. In entrambi i casi
gli italiani si espressero in maggioranza contro lo sviluppo del
nucleare civile nel nostro Paese.
Undici anni non sono
tanti, ma sono evidentemente sufficienti per rimuovere dalla
coscienza nazionale gli eventi del passato perché oggi in Italia
assistiamo a una sorta di revival del nucleare; si sta, infatti,
diffondendo molto materiale propagandistico, approfittando dei
comodissimi e ubiquitari social media che permettono con grande
facilità di far circolare idee, giuste o sbagliate che siano.
In particolare, nel
settembre 2022 è apparso su YouTube un video a cartoni animati
di circa 15 minuti dal titolo “Il nucleare: i dubbi più grossi”,
realizzato da un giovane produttore indipendente. Grazie
all’indiscussa abilità del video maker e a una narrazione tutta
giocata su un registro sardonico e sarcastico, il video ha
raccolto in poco tempo oltre un milione di visite e una pletora
di commenti generalmente entusiasti tra il pubblico, composto in
maggioranza da giovani e giovanissimi.
La trascrizione integrale
del parlato a supporto del video occupa ben sei pagine in
formato Word e spazia su numerosissimi temi: dal funzionamento
delle centrali nucleari alla loro sicurezza, dagli incidenti a
questi impianti agli effetti generati dall’esplosione di una
bomba atomica, dalla sicurezza energetica di una nazione alle
caratteristiche delle fonti rinnovabili e a quelle
dell’industria estrattiva dell’uranio, giusto per citarne
alcuni. L’autore dichiara apertamente di propendere da sempre
per il nucleare e di essersi avvalso di consulenti chiaramente
orientati in questo senso.
Per dare una prima idea
di come sia impostato il video, diciamo subito che racconta i
due gravissimi incidenti sopra citati, Chernobyl e
Fukushima, fornendo diverse spiegazioni sulle cause che li hanno
provocati, ma dimentica del tutto il primo incidente nucleare
grave (grado 5 su scala di 7), che avvenne negli Usa nel 1979
alla centrale di Three Mile Island, con fusione parziale del
nocciolo e rilascio di radiazioni nell’ambiente.
L’incidente americano
diede impeto al movimento antinucleare globale che, per esempio,
in Italia si oppose per anni, senza successo, alla costruzione
delle centrali, per poi arrivare alla vittoria con il referendum
del 1987. Il movimento si riaccese a causa dei progetti
nuclearisti di Berlusconi e Scajola (al governo tra il 2001 e il
2006) e, in particolare, con la decisione di creare in un
giacimento di salgemma nel territorio di Scanzano Jonico il
deposito nazionale dei rifiuti radioattivi (2003). Le
manifestazioni contrarie durarono 15 giorni e la decisione venne
ritirata anche su insistenza dei politici lucani. Tutte cose che
il video non racconta affatto.
All’inizio del video si
sente dire che è “molto
facile” costruire e capire come funziona una centrale
nucleare. Questo è il primo messaggio sbagliato perché
l’industria del nucleare non è affatto “molto facile”, anzi è
terribilmente difficile. Siccome si tratta di impianti
intrinsecamente pericolosi e molto complessi, durante la
progettazione, nei controlli preventivi, nella costruzione e
nell’esercizio, vengono esaminati tutti i possibili tipi di
incidenti e vengono previste un’infinità di contromisure per
prevenirli; salvo, poi, dover rifare tutto il ragionamento ogni
volta che si verifica un incidente “imprevisto” (cosa che
successe, ad esempio, dopo Three Mile Island). Questa
complessità aumenta moltissimo tempi e costi, tanto da veder
saltare sempre i budget di previsione e allungare, anche di
decenni, le attivazioni operative degli impianti.
Inoltre, la “semplice”
gestione delle centrali non è affatto banale. Ad esempio, dei 56
reattori francesi, nel corso del 2022 30 sono rimasti fermi: 18
perché sottoposti ad interventi di manutenzione programmata e 12
per problemi di “corrosione da stress”; per 16 di loro le
autorità francesi hanno deciso di prolungare il funzionamento
oltre i tempi della quarta revisione periodica dei reattori da
900 MW di Électricité de France (EDF), decisione molto
discutibile considerato che questi impianti sono stati
progettati per 40 anni di attività.
Negli ultimi anni in
Francia si sono verificati importanti problemi in ben quattro
centrali: a Civaux, a Cattenom, a Chooz e infine, solo qualche
giorno fa, a Penly, con rischio classificato al livello 2,
appena sotto ciò che si definisce “incidente grave”, e tale da
indurre le autorità a fermare il reattore.
La débâcle del nucleare
francese ha portato la produzione delle centrali al livello più
basso degli ultimi 30 anni. A risentirne sono stati anche i
conti di EDF che ha chiuso il bilancio 2022 con una perdita di
17,9 miliardi di euro e ciò nonostante il fatturato sia
cresciuto del 70% rispetto all’anno precedente.
Il Governo francese, dal
canto suo, sul finire dello scorso anno ha lanciato la
nazionalizzazione della multiutility con un esborso stimato in
9,7 miliardi di euro; oggi EDF è per il 96% di proprietà dello
Stato e diverrà interamente pubblica nel volgere di qualche
settimana.
Per non parlare, poi,
della dismissione degli impianti nucleari che è motivo di
insostenibilità economica per i soggetti gestori e fonte di
forte preoccupazione per le autorità e i territori che ospitano
gli impianti.
Il video è interamente
costellato di sapienti inesattezze. Per esempio, si lascia
intendere che il maremoto del 2011 in Giappone fosse
imprevedibilmente eccezionale e, quindi, “i
danni conseguenti a Fukushima sostanzialmente inevitabili”.
Non è assolutamente così. Viene, infatti, volutamente ignorato
il fatto che la prima centrale nucleare costiera raggiunta dal
maremoto non fu quella di Fukushima, bensì quella di Okagawa,
dove l’impianto, costruito da un’altra azienda senza badare a
spese, resistette sia al terremoto che allo tsunami, diventando
addirittura rifugio per gli sfollati [1].
Se i proprietari della
centrale di Fukushima non avessero risparmiato sulle protezioni
anti-maremoto e i controlli pubblici giapponesi avessero
funzionato bene, il disastro non sarebbe avvenuto. Questo, che
sembra essere un argomento in favore del nucleare, pone in
verità un problema generale sul nucleare “privato” e sui
controlli “pubblici” ed è il motivo per cui le poche centrali
nucleari in costruzione in Europa sono tipicamente affidate ad
aziende statali con costi impressionanti che gravano solo sulle
casse pubbliche. Per esempio, la centrale nucleare francese di
Flamanville, dopo il fallimento del costruttore Areva, è ora in
mano a EDF che sta realizzando anche la grossa centrale inglese
di Hinkley Point C, insieme al colosso statale nucleare cinese
CNG, con fortissime polemiche sia sull’opportunità politica, sia
sui costi, sia sull’impatto ambientale.h
Il nucleare civile, per
quante precauzioni si prendano, non è a prova di inetto o di
avido: basta un singolo malintenzionato o sbadato nella lunga
catena di progettazione, controllo e gestione degli impianti e
del combustibile per mettere a repentaglio la sicurezza
generale. Questo naturalmente è vero anche per altre grandi
imprese energetiche, come ha dimostrato il disastro del Vajont
(1963), che di fatto, conducendo a migliaia di morti, fermò per
sempre la corsa al grande idroelettrico sulle nostre montagne.
Venendo a punti
specifici, abbiamo rilevato nel video un numero notevole di
errori, imprecisioni, notizie distorte e dati poco attendibili.
Di seguito una breve selezione.
Seguendo la successione
cronologica, la prima riguarda il nocciolo che “non esploderà mai; al massimo si
scalda, si dilata e fonde” e ben si connette con l’altro
travisamento “una centrale non è una bomba e
non può esplodere come una bomba”. I fatti dimostrano
esattamente il contrario: il 10 aprile 2003 nella centrale di
Paks in Ungheria fu scongiurato il pericolo di un’esplosione
nucleare grazie ad un pronto e non semplice intervento di
raffreddamento di 30 barre di combustibile del nucleo del
reattore. Dunque, se per un verso non è possibile escludere a
priori il rischio di esplosione del nocciolo, dall’altro occorre
riaffermare – cosa che l’autore del video si guarda bene dal
fare – che l’autodistruzione del reattore è in sé il maggiore
dei pericoli e che può essere innescato, come accadde a
Fukushima, anche da eventi di “ordinaria amministrazione” quali,
ad esempio, la distruzione dell’impianto refrigerante e/o la
mancata alimentazione delle pompe.
Una centrale nucleare, in
caso di incidenti, anche se non esplode è, comunque, una bomba i
cui effetti biologici (ad es., sindrome acuta da radiazioni e
aumento dell’incidenza del cancro), psicologici e sociali sono
estremamente gravi e duraturi, così come dimostrato da studi
condotti sia in Italia (vedi il caso della Centrale del
Garigliano) che all’estero [2].
Inoltre, il rassicurante
messaggio contenuto nel video “ci preoccupiamo di poche scorie
stoccate in barili a prova di bomba che in 70 anni di attività
di un paese occupano un solo capannone”, è fuorviante
perché si limita a considerare l’aspetto quantitativo, senza
toccare i risvolti più critici.
Da un punto di vista del
tutto generale, le scorie, tante o poche che siano, sono un
problema non risolto che lasciamo sulle spalle delle prossime
generazioni; come è stato giustamente sottolineato in un
articolo uscito su Chemical&Engineening News del 5 maggio 2008
“it is at best irresponsible, at worst a crime, to leave the
waste to be addressed by generations not yet born.”.
Ad esempio, per quanto
riguarda l’Italia, trascorsi oltre 30 anni dalla chiusura degli
impianti, la questione delle scorie è tutt’altro che risolta. In
Germania la penetrazione di una soluzione salina nelle caverne
sotterranee del deposito di Asse, dove dal 1967 al 1978 furono
portati 125.787 container di scorie radioattive (per il 90%
provenienti da centrali nucleari), ne ha compromesso la tenuta
stagna.
Parimenti critica risulta
la situazione delle scorie in Francia: ad Aube, dei due centri
di stoccaggio che ospitano il 90% dei residui radioattivi
prodotti ogni anno in Francia, uno si sta avvicinando alla
saturazione e per alcuni rifiuti non c’è ancora una soluzione.
Inoltre, una recente inchiesta della rete televisiva Artè ha
svelato che la Francia ha stoccato in Siberia presso il
complesso atomico di Tomsk-7 e in modo totalmente abusivo (a
cielo aperto) il 13% delle sue scorie radioattive.
Inoltre, non viene
toccato il problema della dismissione di una centrale nucleare
che di scorie ne lascia tante e di difficilissima gestione; il
sito che ha ospitato una centrale porta indelebili i suoi segni:
enormi silos, in cui vengono “tombate” le scorie e le parti
dell’impianto, che per ragioni di sicurezza non possono essere
toccati per tempi lunghissimi e di cui, ancora una volta, si
dovranno occupare le future generazioni.
Sempre nel video si
minimizzano gli “effetti
di un attacco militare” agli impianti, materializzatosi
nell’agosto scorso a Zaporizhzhia e in settembre a
Pivdennoukrainsk, in Ucraina.
In generale, gli impianti
nucleari non sono progettati in funzione di un possibile danno
derivante da un attacco militare perché, con una visione
assolutamente miope, si considera quale unica fonte di pericolo
il danneggiamento delle strutture che contengono il reattore. È,
invece, facile dimostrare che per provocare un disastro, ad
esempio simile a quello di Fukushima, sarebbe sufficiente
indirizzare l’attacco militare al sistema di raffreddamento
delle vasche che permettono di controllare la temperatura dei
reattori.
Per il caso di
Zaporizhzhia, l’Istituto Affari Internazionali ha formulato lo
“Scenario Fukushima”, richiamando l’attenzione sulleconseguenze
dell’interruzione della refrigerazione del nocciolo e delle
piscine del materiale spento: esplosioni di idrogeno, incendi
locali, esplosioni di vapore acqueo, rottura delle barre di
combustibile fino alla fusione del nocciolo nel corium e
penetrazione del contenitore, con rilascio di materiale
radioattivo.
Inoltre, qualora fosse
bombardata l’area di stoccaggio a secco del combustibile
nucleare esaurito, le strutture di contenimento del combustibile
potrebbero danneggiarsi liberando isotopi radioattivi che
andrebbero a contaminare le zone circostanti l’impianto,
rendendo necessarie contromisure di sanità pubblica per la
popolazione locale.
Il direttore generale
dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Rafael
Grossi, a proposito dei ripetuti attacchi missilistici alla
centrale ha dichiarato: “Ogni volta è come se tirassimo i dadi.
E se permettiamo che questo continui, un giorno la nostra
fortuna si esaurirà”.
Nel video si tace,
ovviamente, sulla “connessione
tra usi civili ed usi militari” del nucleare; è, invece,
noto che i cicli del combustibile e della fissione nelle
applicazioni pacifiche e non pacifiche funzionano spesso in
parallelo; tecnologie e conoscenze sono spesso adatte ai due
usi, soprattutto negli stati con regimi autocratici. Il caso
tipico è quello dell’Iran, con il suo programma militare
clandestino svolto in parallelo a quello civile, dove la AIEA ha
rilevato particelle di uranio arricchito all’83,7 per cento, non
lontano dalla soglia del 90 per cento necessaria per la
produzione di un ordigno.
E, comunque, anche in
assenza di programmi militari clandestini, la catena del
nucleare a uso civile ben si presta ad essere utilizzata per
applicazioni militari: questo vale per gli impianti di
arricchimento dell’isotopo fissile dell’uranio (U-235), per i
reattori di ricerca e commerciali, per gli impianti e la
tecnologia di ritrattamento e, infine, per i siti provvisori di
stoccaggio del plutonio, dell’uranio e di altri materiali
fissili.
Affermare poi che “Il
nucleare fa paura perché ci appare ancora misterioso, per questo
ci ricordiamo di quei 2 grossi incidenti successi in 70 anni di
attività” è puro negazionismo; in realtà negli ultimi 50
anni si contano numerosi incidenti, tra i quali almeno 5 gravi:
oltre a Chernobyl (1986) e Fukushima (2011), si devono
aggiungere quello già citato all’impianto di Three Mile Island
(1979) e quelli alle centrali nucleari di Kyshtym (1957) e di
Windscale Piles (sempre 1957). Fra l’altro, è molto probabile
che non tutti gli incidenti nucleari siano stati dichiarati in
quanto legati a sviluppo di programmi militari clandestini.
Inoltre, il nucleare “fa
paura” non perché sia oggetto opaco e misterioso come si dice
nel video, ma proprio perché vi è consapevolezza dei rischi
associati all’opzione nucleare. Ad esempio e giustamente,
l’Italia, pur non avendo centrali funzionanti sul suo
territorio, data la presenza di 13 impianti a meno di 200
chilometri dai suoi confini si è dotata di un Piano Nazionale
per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari; tra gli
obiettivi del Piano figurano la definizione e l’attuazione di
“…misure per la tutela della salute pubblica e delle produzioni,
con particolare riguardo alle misure protettive e alle strategie
di protezione dei cittadini, nonché i controlli delle filiere
produttive e le restrizioni alla commercializzazione di prodotti
agroalimentari”.
Sui “costi del nucleare” la
narrazione proposta nel video falsifica la realtà, ignorando la
conclusione a cui si perviene dopo aver analizzato le stime
dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA): il nucleare non
costerà poco e sarà in grado di reggersi unicamente in virtù di
un robusto sostegno finanziario di fonte governativa. Non
potrebbe essere altrimenti considerati gli ingenti costi di
realizzazione degli impianti, su cui incide il peso degli oneri
finanziari dovuti ai lunghi tempi di costruzione, stimati
ottimisticamente dalla IEA in 10 anni nel Regno Unito, 9 in
India e negli Usa, e 6 in Cina.
Non solo le vecchie ma
anche le nuove centrali non risultano competitive sia rispetto
ai costi che ai tempi di costruzione: Flamanville 3 in Francia
avrebbe dovuto avere un costo di 5 miliardi di euro lievitati a
13,2, secondo Electricité de France, e a 19 per la Corte dei
conti francese; la costruzione avviata nel 2007 si sarebbe
dovuta concludere dopo molti ritardi nel 2022, ma secondo Alain
Morvan, direttore del progetto, l’impianto verrà caricato con il
combustibile solo nel primo trimestre del 2024. La Finlandia ha
invece terminato la costruzione di Olkiluoto con un ritardo di
12 anni rispetto ai tempi pianificati e con costi triplicati.
La sequela di
mistificazioni contenute nel video si alimenta anche del
capitolo relativo “all’impronta
carbonica” delle centrali in rapporto all’energia prodotta,
che l’autore, non senza audacia e con tanto di grafico,
proverebbe essere inferiore rispetto a quella delle fonti
rinnovabili.
La quantità di CO2 emessa dal nucleare deve essere calcolata tenendo
conto di tutte le fasi del ciclo di vita degli impianti –
dall’estrazione dell’uranio fino alla dismissione delle centrali
– senza tralasciare le emissioni legate al trasporto e allo
stoccaggio delle scorie radioattive.
Ciò premesso, secondo i
dati forniti dall’Agenzia per l’ambiente tedesca, il valore
delle emissioni generate dal nucleare risulta elevato: oltre il
triplo del fotovoltaico (33 g/kWh), circa 13 volte quello delle
centrali eoliche (tra i 9 e i 7 g/kWh) e quasi 30 volte quello
degli impianti idroelettrici (4 g/kWh).
Inoltre, secondo lo
studio “Differences
in carbon emissions reduction between countries pursuing
renewable electricity versus nuclear power”, pubblicato
il 5 ottobre del 2020 sulla rivista Nature Energy, le energie
rinnovabili sono fino a 7 voltepiù efficaci nel ridurre le
emissioni di carbonio rispetto all’energia nucleare.rsten
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L’ostracismo nei
confronti delle rinnovabili trova riscontro in un altro
passaggio del video in cui si afferma che “Questa
filiera, in rapporto all’energia prodotta, genera un
inquinamento e un’emissione di CO2 che supera
pure quella del nucleare, facendoci poi dipendere da stati come
la Cina”.
Delle emissioni di CO2 si è già detto. Quanto alla debolezza della filiera
nazionale ed europea relativa alle rinnovabili e alla
conseguente dipendenza dalla Cina, il nodo è e resta tutto
politico. Nel suo report “Solar PV Global Supply Chain”
pubblicato a giugno di quest’anno, la IEA afferma che “… Le
nazioni possono migliorare la resilienza investendo per
diversificare la produzione e le importazioni”.
Per quanto concerne
l’Italia, il PNRR destina risorse alla
realizzazione/modernizzazione di impianti per la produzione di
moduli fotovoltaici nei siti di Modugno (pannelli flessibili) e
Catania, dove ENEL punta a raggiungere l’obiettivo di produrre
3000 MW di pannelli al 2024.
In merito alla dipendenza
dalla Cina, le attuali tecniche consentono di riciclare fino al
88-90% del modulo fotovoltaico, generando circa 17-18 kg di
materie prime seconde per ogni pannello. Ragion per cui è
importante investire su nuove tecnologie che consentano di
accrescere la percentuale di riciclo dei moduli, il conseguente
recupero di silicio da utilizzare per nuove produzioni, nel
rispetto dei dettami dell’economia circolare, e, quindi, di
diminuire la dipendenza dai paesi esteri.
Non altrettanto può dirsi
del combustibile che alimenta i reattori, presente in soli
cinque paesi al mondo, tra cui anche la Russia, con le sue
486.000 tonnellate, pari all’8% delle riserve mondiali, e il
Kazakistan, con 906.800 tonnellate, pari al 15% delle riserve
mondiali, e primo produttore al mondo, ma teatro di dure
repressioni del dissenso interno.
Altro punto dolens del
video è quello della presunta “assenza di infiltrazioni mafiose e
malavitose” in un settore a così alta specializzazione.
L’accertato “zampino” della yakuza, la temibile mafia
giapponese, nella gestione della decontaminazione di Fukushima,
e alcuni cablogrammi di Wikileaks che chiariscono il ruolo delle
cosche nella gestione dei traffici illeciti di rifiuti nucleari
in transito dal Porto di Gioia Tauro, smentiscono la fantasiosa
narrazione dell’autore.
Al capitolo “mafia
atomica” appartengono anche alcune delle pagine più oscure e
dolorose del nostro paese: l’esecuzione, avvenuta a Mogadiscio
il 20 marzo del 1994, della giornalista Ilaria Alpi, rea di aver
indagato su un traffico internazionale di armi e rifiuti tossici
radioattivi, e la morte, avvenuta in circostanze misteriose,
dell’ufficiale della Marina Militare, Natale De Grazia, in
servizio presso la Capitaneria di porto di Reggio Calabria e
impegnato in una delicata indagine sull’affondamento delle navi
dei veleni nei mari della Calabria.
La denigrazione delle
rinnovabili prosegue associando
allosviluppo
delle rinnovabili l’incremento del consumo di suolo e
richiamando l’avversione
delle comunità locali nei confronti di “pannelli
fotovoltaici e pale eoliche”.
Anche in questo caso la
smentita viene dai “freddi numeri”: secondo un recente studio
condotto in Italia [3] nel 2020, l’energia solare potrebbe
alimentare l’Italia senza utilizzare ulteriore suolo.
Per raggiungere gli
obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima
(PNIEC), rivisti alla luce del Green Deal U.E., si prevede che
entro il 2030 il fotovoltaico debba fornire almeno 100 TWh di
energia elettrica, 4 volte in più rispetto al 2020. Ipotizzando
che questa energia venga generata da impianti solari a terra, si
occuperebbe un’area di poco superiore ai 1.000 km2,
grosso modo pari alla superficie della provincia di Pistoia e
corrispondenti a circa il 5% del consumo di suolo in Italia,
contro una quota del 40% ricoperta da strade e circa del 30%
occupata dagli edifici.
Esistono tuttavia diverse
alternative per ridurre ulteriormente il consumo di suolo: ad
esempio, attraverso il revamping e il repowering degli impianti
esistenti, utilizzando moduli più efficienti (passando
dall’attuale 21-22% al 30% entro il 2030, si potrebbero produrre
300 TWh, doppiando abbondantemente il target del Green Deal) e,
anche, con soluzioni riguardanti l’integrazione del fotovoltaico
sui tetti degli edifici o l’uso del fotovoltaico galleggiante
sull’acqua.
Quanto all’atteggiamento
delle amministrazioni e delle comunità locali nei confronti
dell’eolico, è dimostrato che giocano un ruolo a favore della
realizzazione dei progetti fattori quali una buona
pianificazione, il concreto coinvolgimento dei territori,
un’informazione preventiva, tempestiva e trasparente, il
rispetto delle norme che regolano i permessi, il grado di
integrazione dei progetti con il tessuto economico-sociale
locale, ecc. (si veda, ad esempio, il caso dell’impianto eolico
in località Tocco da Casauria, 3,2 MW, anno 2006).
Di contro, sappiamo per
certo che in Italia il culmine dell’opposizione pubblica a piani
energetici è stato raggiunto solamente in occasione delle due
consultazioni referendarie sullo sviluppo del nucleare civile.
La prima consultazione, nel 1987, si articolò su tre quesiti: il
numero dei votanti fu pari al 65,1% degli aventi diritto e per
tutti e tre i quesiti la maggioranza dei votanti di espresse
contro l’opzione nucleare. Stessa sorte toccò al nucleare nel
2011: il numero dei votanti fu il 54,79% degli aventi diritto e
il 94,5% dei votanti si espresse per la seconda volta contro lo
sviluppo del nucleare in Italia, a dispetto di quanti, politici
e non, avevano fino ad allora sostenuto e continuavano ad avere
un atteggiamento neutrale nei confronti di quel settore.
Per giustificare la
necessità di installare impianti nucleari il video continua la
sua crociata contro le rinnovabili accusando
queste fonti di una variabilità intrinseca con la
conseguente impossibilità di stabilizzare il sistema elettrico.
In realtà sono sempre più diffusi e facilmente reperibili studi
tecnico-scientifici che mostrano come sia possibile sviluppare
un sistema elettrico basato sul 100% di rinnovabili, senza
utilizzare fonti fossili e senza costruire nuove centrali
nucleari [4]. Un tale obiettivo è realizzabile anche in Italia;
ad esempio, l’amministratore delegato di Terna, Stefano
Donnarumma, intervistato da diverse testate giornalistiche (vedi
Il Messaggero del 5/10/22), non ha mostrato perplessità per
l’imponente crescita delle rinnovabili sul sistema elettrico da
lui amministrato e Francesco Starace, ingegnere nucleare a capo
di Enel Spa, ha dichiarato la sua totale contrarietà a un nuovo
programma nucleare italiano basato sulle tecnologie oggi
disponibili (vedi intervista a Open del 13/1/22).
Nonostante la recente
propaganda distorta e dannosa, i numeri parlano chiaro: in tutto
il mondo le rinnovabili sono in crescita esplosiva, mentre il
nucleare è sostanzialmente residuale o in fase calante. Allora,
i nostri giovani dovrebbero guardare responsabilmente al loro
futuro affidandosi non a un divertente cartone animato, ma a
seri dati scientifici.
di Enrico Gagliano, Vittorio
Marletto, Margherita Venturi – Energia
per l’Italia
Riferimenti
[1] Andrew
Leatherbarrow, Melting
Sun: The History of Nuclear Power in Japan and the Disaster at
Fukushima Daiichi, Nielsen, 2022.
[2]
“Special Report: Counting the dead”, Nature, 440,
982, 2006 (doi.org/10.1038/440982a); J.-C. Nénot, “Radiation
accidents over the last 60 years”, Journal
of Radiological Protection, 29, 301, 2009
(doi.10.1088/0952-4746/29/3/R01).
L’aggiornamento del PNIEC
dovrà essere consegnato a Bruxelles a giugno 2024
Il nuovo Piano
Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) potrebbe
contenere il primo accenno concreto all’impiego dell’energia
nucleare. Non per il medio termine, ovviamente, quanto
piuttosto per lo sforzo di decarbonizzazione al 2050. A
rivelarlo è il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza
energetica Gilberto Pichetto Fratin un giorno
prima del Vertice
G7 di Torino.
Il numero uno del MASE ha
da sempre sostenuto la validità dell’energia dell’atomo come
strumento di decarbonizzazione energetica, nonostante le chiare
difficoltà di riuscire ad inserire una simile fonte nel contesto
nazionale. Ecco perché nel 2023 il dicastero ha istituito
la Piattaforma Nazionale per un
Nucleare Sostenibile (PNNS). Il network, coordinato dal
MASE con il supporto di Enea e RSE, ha l’obiettivo di definire
in tempi certi un percorso finalizzato alla possibile ripresa
dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia e alla crescita
della filiera industriale nazionale (già attiva nel comparto).
Lo scenario nucleare nel PNIEC italiano
Il passaggio nel PNIEC
italiano appare come una mossa, per alcuni versi, abbastanza
prevedibile. Il Piano deve essere consegnato entro giugno 2024
alla Commissione europea nella sua versione ufficiale,
integrando in teoria tutte le richieste avanzate da Bruxelles
rispetto alla bozza 2023.
A partire da nuovi dettagli su come il Belpaese intenda
raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici 2030. Con
particolare attenzione alle azioni di riduzione delle emissioni.Secondo
quanto riporta l’esecutivo UE, infatti, “il piano fornisce proiezioni di
emissioni che dimostrano che con le politiche e le misure
aggiuntive proposte nel progetto di PNEC aggiornato, l’Italia
non è sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo
nazionale di gas serra di -43,7% nel 2030 rispetto ai livelli
del 2005. Secondo le proiezioni dell’Italia, il target sarebbe
inferiore di 6,7-8,7 punti percentuali”.
Il possibile scenario
“nucleare” su cui sta lavorando la PNNS riguarda però il lungo
termine, ossia le politiche dal 230 alla metà del secolo. Spiega
il ministro Pichetto “L’aggiornamento
del PNIEC, da trasmettere alla Commissione europea entro giugno
2024, riporterà anche analisi di scenario contenente una
possibile quota di energia prodotta da fonte nucleare nel
periodo 2030-2050. Tale quota sarà ricavata dai dati, basandosi
su valutazioni comparative rispetto al mix energetico attuale.
Tali analisi sono tutt’ora in corso di studio da parte di uno
specifico Gruppo di lavoro della Piattaforma”.
Si studiano nuove proposte normative e di governance
Ma per portare il nucleare
in Italia e inserire l’atomo nel mix elettrico nazionale
servirà anche mettere
mano a norme, regolamenti e incentivi per non parlare
delle politiche di governance. E al momento l’Italia fatica
anche a realizzare il deposito nazionale dei rifiuti
radioattivi.
Come muoversi su questo
fronte? Il Ministro ha rivelato di aver dato mandato al
giurista Giovanni
Guzzetta, di costituire un gruppo di alto livello per
ridisegnare l’ambito legislativo del sistema regolatore italiano
“per accogliere un eventuale
programma di ripresa della produzione nucleare in Italia“,
con la definizione, inoltre, di “un quadro normativo specifico per
l’energia da fusione”.
Atto Camera
Mozione 1-00295
presentato da
SQUERI Luca
testo presentato
Mercoledì 12 giugno 2024
modificato
Mercoledì 26 giugno 2024, seduta n. 314
La Camera,
premesso che:
1) nel gennaio 2020 l'Italia ha inviato alla Commissione europea
la versione definitiva del Piano nazionale integrato per
l'energia e il clima 2021-2030 (Pniec), adottato in attuazione
del Regolamento 2018/1999/UE, al termine di un percorso di
consultazione pubblica ed elaborazione avviato nel dicembre
2018. Tra i principali obiettivi: una percentuale di energia da
fonti energetiche rinnovabili (FER) nei consumi finali lordi di
energia pari al 30 per cento, la riduzione dei «gas serra»,
rispetto al 2005, per tutti i settori non ETS del 33 per cento,
il phase out del carbone dalla generazione elettrica al 2025;
2) nel dicembre 2019, la Commissione europea ha presentato la
comunicazione strategica sul Green Deal europeo volta a
conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Tale
traguardo, approvato il 12 dicembre 2019 dal Consiglio europeo,
è stato successivamente sancito dalla legge europea sul clima
(regolamento 2021/1119/UE), che ha introdotto l'obiettivo, da
conseguire entro il 2030, di ridurre le emissioni di almeno il
55 per cento rispetto ai livelli del 1990;
3) il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha presentato un
pacchetto di proposte legislative, denominato Fit for 55 (Pronti
per il 55 per cento), volte a rivedere la normativa dell'Ue in
materia di riduzione delle emissioni climalteranti, per
consentire il raggiungimento di questo nuovo più ambizioso
obiettivo al 2030;
4) il 18 maggio 2022 la Commissione europea ha presentato il
Piano REPowerEU (COM(2022) 230 final) con l'obiettivo di ridurre
la dipendenza dell'UE dai combustibili fossili russi accelerando
la transizione e costruendo un sistema energetico più
resiliente. Con il regolamento (UE) 2023/435 del 27 febbraio
2023, è stato consentito agli Stati membri di inserire appositi
capitoli REPowerEU nei Piani per la ripresa e la resilienza
(PNRR). Il 7 agosto 2023 il Governo italiano ha presentato alla
Commissione europea le conseguenti modifiche al Piano nazionale
ripresa resilienza, accolte dalla Commissione europea,
(COM(2023) 765 Def) il 24 novembre 2023 e dal Consiglio europeo
l'8 dicembre 2023;
5) il 4 agosto 2022 è entrato in vigore, con decorrenza 1°
gennaio 2023, il regolamento delegato 2022/1214 della
Commissione Ue, che include gas e nucleare dalla lista degli
investimenti considerati sostenibili dal punto di vista
ambientale (cosiddetta tassonomia verde). Dal 1° gennaio 2023 è
possibile investire in nuove centrali nucleari realizzate con le
«migliori tecnologie disponibili» e fra gli investimenti
sostenibili le attività di ricerca e sviluppo per le nuove
tecnologie è stato inserito il nucleare di quarta generazione.
Quanto al gas, le centrali con permesso di costruzione
rilasciato entro il 2030, dovranno sostituire vecchi impianti a
combustibili fossili con altri più efficienti del 55 per cento
dal punto di vista delle emissioni ed essere programmate per
passare, dal 2035, a gas rinnovabile;
6) il 16 maggio 2023 è entrato in vigore il Regolamento (UE)
2023/857 (cosiddetto Regolamento Effort Sharing-ESR) che ha
fissato un obiettivo per l'Italia ancor più ambizioso,
prevedendo che le emissioni di gas a effetto serra degli Stati
membri al 2030 rispetto ai livelli nazionali del 2005
determinate in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3 del
regolamento stesso (trasporti, residenziale, terziario,
industria non ricadente nel settore ETS, i rifiuti,
l'agricoltura) si riducano entro il 2030 del 43,7 per cento
rispetto ai livelli del 2005;
7) questo complesso di impegni detta l'inquadramento del
percorso di decarbonizzazione del Paese. Ai sensi dell'articolo
14 del regolamento (UE) 2018/1999, la proposta di aggiornamento
del Piano nazionale integrato energia e clima, allineata ai
nuovi obiettivi, deve essere trasmessa alla Commissione europea
entro il 30 giugno 2023, mentre la versione finale del documento
deve essere trasmessa entro giugno 2024, sviluppandosi nelle
cinque dimensioni dell'Unione dell'energia: decarbonizzazione
(riduzione delle emissioni e energie rinnovabili); efficienza
energetica; sicurezza energetica; mercato interno dell'energia;
ricerca, innovazione e competitività;
8) in coerenza con gli obiettivi sopraindicati il Ministero
dell'ambiente ha predisposto nell'estate 2023 un documento di
aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima
2019, in linea con i nuovi obiettivi, prevedendo per il 2030 la
conseguente riduzione dell'emissione di gas serra, una quota del
40 per cento di energia proveniente da fonti rinnovabili nei
consumi finali lordi di energia (e del 65 per cento nel settore
elettrico);
9) un aumento dell'efficienza energetica che porta i consumi
finali 2030 a 100 Mtep e quelli primari dai 145 Mtep del 2021 ai
122 del 2030; l'abbattimento, rispetto al 2005 del 62 per cento
delle emissioni ETS e del 35-37 per cento delle emissioni ESR,
la promozione della produzione industriale a basse emissioni di
carbonio, nonché una maggiore elettrificazione nel mix
energetico;
10) la proposta di aggiornamento Piano nazionale integrato
energia e clima 2023 prevede che per rispettare la traiettoria
emissiva del periodo 2021-2030, rispetto ai livelli del 2005,
sarà necessario avviare da subito una significativa riduzione
delle emissioni pari a oltre il 30 per cento rispetto ai livelli
del 2021, da conseguirsi prevalentemente nei settori trasporti e
civile (residenziale e terziario);
11) nel percorso di decarbonizzazione, in tutti i settori,
l'efficienza energetica rappresenta il driver principale, in
coerenza del principio Energy Efficiency First (efficienza
energetica al primo posto);
12) per quanto riguarda la produzione elettrica da fonte
rinnovabile (FER-E) in termini di potenza installata si prevede
di aumentare, rispetto all'installato di fine 2021, da 11.290 a
28.140 MW quelle eolica, da 22.594 a 79.921 MW quella solare,
mentre restano sostanzialmente stabili le potenze installate nei
settori dell'idroelettrico e della geotermia. In calo la
produzione da bioenergie. In termini di produzione annua si
prevede di incrementare l'eolico da 20 a 64 TWh, il solare da 25
a 99 TWh, mentre si prevede una sostanziale stabilità per
l'idroelettrico (da 48,5 a 47 TWh) e un calo per le bioenergie
da 19 a 10 TWh) (pagine 77 e 78 del Piano nazionale integrato
energia e clima 2023);
13) per quanto riguarda il settore delle rinnovabili termiche
(FER-C), le misure dovranno essere coordinate con l'efficienza
energetica, in particolare per gli edifici. È previsto l'obbligo
di integrazione delle rinnovabili termiche negli edifici, la
riforma del meccanismo delle detrazioni fiscali, l'obbligo di
fornitura di calore rinnovabile per vendite di calore sopra i
500 tep, unitamente all'incentivazione della produzione di
energia rinnovabile termica di grande taglia con sistemi
competitivi. Nel settore termico, oltre a una forte spinta
all'elettrificazione dei consumi data dall'ampia diffusione
delle pompe di calore nel settore civile, penetreranno sempre
più i gas rinnovabili (biometano, bioGPL e DME rinnovabile) e
idrogeno (in particolare in ambito industriale);
14) l'ammontare degli investimenti diretti stimati necessari per
raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia
e clima al 2030 è stimato dal Ministero dell'ambiente e della
sicurezza energetica in 830,3 miliardi di euro, tra il 2023 e il
2030 dei quali 524,9 miliardi a carico del settore dei trasporti
(solo veicoli) 134,2 miliardi nel settore dell'edilizia
residenziale, 43 miliardi nel terziario, 37,2 per le reti del
sistema elettrico, 69,4 nelle FER-E (di cui 36 miliardi nel
fotovoltaico e 24 nell'eolico) e 6,3 miliardi per i sistemi di
accumulo (batterie e pompaggi). In calo invece gli investimenti
in idroelettrico e bioenergie (pagine 411-412 del Piano
nazionale integrato energia e clima 2023);
15) a fronte di questa dimensione epocale di investimenti le
risorse disponibili, tra le misure di finanza sostenibile
individuate dal Piano nazionale integrato energia e clima 2023 e
le risorse rese disponibili nei vari fondi europei, appaiono del
tutto esigue e sottostimate, ove si consideri che la Commissione
UE prevede, nelle linee guida per l'aggiornamento del Piano
nazionale integrato energia e clima, la necessità di valutare
gli impatti sociali ed economici delle misure di transizione, da
accompagnare con politiche che impediscano l'acuirsi delle
differenze sociali, favoriscano la ricollocazione dei lavoratori
e contrastino i fenomeni di povertà energetica. A tale scopo le
risorse del Fondo sociale per il clima (86,7 miliardi di euro di
cui il 75 per cento finanziato con i proventi ETS e il 25 per
cento con risorse proprie degli Stati), sembrano essere esigue
rispetto agli impatti delle diverse politiche pubbliche messe in
campo. Il solo costo della direttiva Case green è stato stimato
a livello europeo in 275 miliardi di euro l'anno dal 2024 al
2030;
16) è necessario sottolineare che il raggiungimento degli
obiettivi, ambiziosi, previsti dal Piano nazionale integrato
energia e clima non può prescindere dal sostegno di tutte le
fonti rinnovabili e, quindi, da una libertà in merito alle
scelte tecnologiche. Come chiarito dalla direttiva (UE)
2018/2001, le biomasse, la geotermia, l'energia idraulica e i
biogas, appartengono al novero delle fonti rinnovabili, questo
anche nell'ottica di preservare ed accompagnare verso una
graduale transizione anche il sistema produttivo principale del
nostro paese caratterizzato da imprese di medio-piccole
dimensioni;
17) va da sé, inoltre, anche la necessità di avanzare in sede
europea una proposta volta al riconoscimento degli incentivi a
impianti la cui componentistica e tecnologia sia in gran parte
costruita nell'Unione europea anche per incentivare gli
investimenti in Europa e concorrere alle logiche di filiera
industriale che gioverebbe al sistema Italia;
18) inoltre, è opportuno valorizzare quanto introdotto nel 2023
dall'Unione europea attraverso il Critical Raw material act
quale strumento utile a implementare strumenti di ricerca,
estrazione di terre rare e altre materie prime critiche e
strategiche, riciclo delle stesse e avvio di processi
industriali e tecnologici per la surroga di tali elementi. Ad
oggi il settore mondiale delle batterie sta conoscendo
un'evoluzione esponenziale con un fortissimo calo dei prezzi e
l'introduzione di nuove tecnologie di sostituzione o
complementari. Proprio su questo fronte vi sono prospettive
interessanti per la tecnologia agli «ioni-sodio» e le batterie
termiche dove l'industria italiana può rivestire un ruolo da
assoluta protagonista per la presenza di importanti progetti in
tale settore;
19) per quanto riguarda le biomasse, la superficie boscata
italiana si è triplicata dal 1951, raggiungendo 12 milioni di
ettari, sui 30,1 milioni totali del Paese, ma si utilizza come
fonte rinnovabile solo il 18 per cento dell'accrescimento, che
corrisponde a 7,90 Mtep, e l'Italia è il primo importatore
europeo di materia prima legnosa. Germania, Francia e Spagna
prevedono al 2030 di produrre il 68 per cento dell'energia
termica da biomassa. Se si utilizzasse il 67 per cento
dell'accrescimento (media europea) se ne otterrebbero 30 Mtep,
che coprirebbero il 70 per cento dei consumi termici da fonte
fossile. La gestione sostenibile delle foreste, unitamente alla
previsione di politiche per la mitigazione degli incendi,
migliora la capacità di assorbimento del carbonio. In Austria la
capacità di assorbimento della CO2 è triplicata rispetto
all'Italia che dispone di una insolazione molto superiore e ha
grande disponibilità di acqua;
20) per la geotermia, risorsa rinnovabile (calore della terra) e
programmabile, è attribuito (dati RSE-GSE) un elevato potenziale
geotermico presente nel 60 per cento del territorio italiano.
L'Italia con oltre 30 impianti geotermoelettrici, attivi nel
settore elettrico, per una potenza di 817 MW ed una produzione
nel 2022 di 5.837 GWh, pari al 6 per cento circa della
produzione elettrica da FER e al 2 per cento circa della
produzione elettrica complessiva nazionale, si pone da molti
anni al primo posto dei Paesi dell'Unione Europea in termini di
capacità installata. La risorsa geotermica ai fini energetici è
significativamente utilizzata nel Paese anche nel settore
termico sia attraverso impianti di teleriscaldamento, sia
mediante impianti di sfruttamento diretto del calore geotermico,
che in impianti di sfruttamento del calore geotermico tramite
pompa di calore. La geotermia, oltre ad essere una delle
principali fonti rinnovabili per riscaldamento, raffreddamento e
per la produzione programmabile di energia elettrica, risulta il
mezzo più sostenibile per estrarre litio e altre materie prime
critiche dai fluidi geotermici;
21) per quanto riguarda l'energia idraulica secondo i dati
contenuti nel Registro italiano dighe, le grandi dighe (volume
d'invaso maggiore di 1.000.000 metri cubi, altezza maggiore di
15 metri) sono in totale 532. Di queste 497 sono ancora in
attività e sono date in concessione soprattutto per la
produzione di energia idroelettrica (306) dighe cui seguono gli
usi irriguo potabile e industriale. La capacità d'invaso è di
circa 14 chilometri cubi. Con interventi di manutenzione degli
invasi e di ammodernamento delle turbine secondo alcuni studi si
potrebbe avere un incremento di produzione di 25 TWh annui al
2030 (circa il 40 per cento in più). In Italia piovono
annualmente circa 300 miliardi di metri cubi d'acqua, dei quali
viene trattenuto solo l'11 per cento, mentre l'obiettivo
raggiungibile è del 40 per cento. L'acqua è centrale per puntare
all'autosufficienza alimentare e aumentare la resa produttiva
per ettaro;
22) nel settore del biogas l'Italia è leader in Europa con 1.600
impianti attivi, 1,7 miliardi di metri cubi di biometano (biogas
depurato da CO2) prodotti e 12 mila occupati. La produzione di
biogas si avvale oggi di tecnologie all'avanguardia, quali la
digestione anaerobica dalla quale deriva un digestato
considerato efficace fertilizzante. La produzione di biogas ha
effetti a cascata sulla filiera agroalimentare, perché oltre
all'energia e alla fertilizzazione, favorisce l'uso efficiente
dell'acqua, accompagna tecniche di produzione basate sul
precision farming e l'innovazione nella meccanica agraria, ma
soprattutto accresce la competitività degli allevamenti
preservando il futuro di una filiera fondamentale per il made in
Italy. Oggi si trasforma in biogas il 15 per cento dei reflui
zootecnici che possono arrivare entro il 2030 a una percentuale
del 65 per cento con una produzione di 6,5 miliardi di metri
cubi e la creazione di altri 25 mila posti di lavoro. Nel Piano
nazionale ripresa resilienza la Missione 2 nella Componente C1
«Economia circolare e agricoltura sostenibile» è previsto lo
sviluppo del biometano di origine agricola o da Forsu (frazione
organica dei rifiuti urbani) (1,92 miliardi di euro) da
destinare al greening della rete gas, pari a circa 2,3-2,5
miliardi metri cubi, per rispondere alla domanda crescente di
decarbonizzazione sia del settore dell'industria, soprattutto
quella Hard To Abate che non può essere elettrificata, e sia del
settore trasporti, in forma liquida (bioGNL) o gassosa in
aggiunta al biometano, l'Italia è fortemente impegnata nello
sviluppo delle produzioni di bioGPL e di altri gas rinnovabili
(es. DME);
23) è necessario, infine, tener conto delle evidenze
geopolitiche internazionali: la Cina è attualmente superpotenza
nel settore delle energie rinnovabili, acquisendo in sostanza
una leadership tecnologica, industriale, commerciale nell'eolico
e nel fotovoltaico, nella supply chain della mobilità elettrica
(delle terre rare, dalle materie prime alle batterie). Grazie ai
massicci investimenti effettuati nelle rinnovabili, l'industria
cinese è quasi monopolista nella produzione mondiale di pannelli
solari e delle turbine eoliche, con una quota superiore ai due
terzi. Se non adeguatamente sorretto da una industria europea,
il mantra della transizione energetica al dopo-fossili
affermatosi nei Paesi occidentali, rischia di trasformarsi in
una dipendenza eccessiva dalle forniture cinesi e di mettere a
repentaglio importanti catene di valore della meccanica europea;
24) viceversa, nelle tecnologie relative ai settori delle
turbine (idrauliche e non), dello sfruttamento delle biomasse,
della geotermia, della produzione di biogas l'Italia è
all'avanguardia o comunque svolge un ruolo da protagonista.
Quanto all'efficienza energetica il sistema produttivo del
nostro Paese presenta valori d'intensità energetica primaria
(definita dal rapporto tra il consumo interno lordo di energia e
il prodotto interno lordo) inferiori alla media dei Paesi
dell'Unione europea;
25) con riferimento infine all'energia nucleare, la Camera il 9
maggio 2023 ha approvato la mozione 1-00083, nella quale si
impegna il Governo a valutare l'opportunità di inserire nel mix
energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e
pulita per la produzione di energia e ad adottare iniziative
volte ad includere la produzione di energia atomica all'interno
della politica energetica europea, riaffermando in quella sede
una posizione volta a mantenere nella tassonomia degli
investimenti verdi la messa in esercizio di centrali nucleari
realizzate con le migliori tecnologie disponibili;
26) in ambito nucleare, si ricorda che l'Italia possiede il
secondo settore industriale europeo, sia in termini di
competenze che di capacità, avendo sempre mantenuto attività nel
settore, a livello EU e internazionale. Inoltre, l'Italia forma
circa il 10 per cento degli ingegneri nucleari europei. I
ricercatori italiani e alcune infrastrutture sperimentali sono
ben conosciuti e apprezzati nel mondo. Grazie a queste
caratteristiche, l'Italia è oggetto di particolare attenzione,
in particolare dalla Francia ed ultimamente dagli Stati Uniti,
per la costituzione di una supply chain nucleare europea,
finalizzata a realizzare: lo sviluppo delle nuove tecnologie; la
formazione delle risorse umane; la realizzazione di nuove
politiche energetiche che integrino in maniera sinergica fonti
rinnovabili e nucleare;
27) nel nuovo quadro regolatorio europeo, l'Italia può quindi
giocare un ruolo da protagonista, partecipando sia allo sviluppo
sia alla realizzazione delle nuove tecnologie nucleari in
programmazione nei Paesi EU, seguendo le storiche orme dei «due
Enrico»: Fermi, inventore dell'energia nucleare nel 1942, e
Mattei, il primo a realizzare una centrale nucleare in Italia, a
Latina, nel 1960;
28) nella definizione della strategia energetica nucleare del
nostro Paese, occorre considerare la definizione di partnership
con gli altri Stati europei impegnati sul tema, anche al fine di
incrementare il know how e le capacità industriali. In tale
percorso sarebbe opportuno valutare la definizione di
un'autorità indipendente di sicurezza nucleare nazionale con
un'adeguata dotazione organica;
29) in linea con le raccomandazioni dell'Agenzia internazionale
per l'energia atomica, appare necessario individuare altresì una
Nuclear energy programme implementing organization (Nepio) con
il compito di valutare lo stato delle infrastrutture di base
necessarie per avviare un programma nucleare nazionale e fornire
al Governo le indicazioni necessarie per il loro completo
sviluppo e operatività. Tale Nepio dovrebbe anche avere il
compito di coinvolgere e coordinare tutti i soggetti pubblici e
privati interessati, al fine di uno sviluppo organico e coerente
di tutte le infrastrutture di base,
impegna il Governo:
1) in relazione all'adozione della versione definitiva del Piano
nazionale integrato energia e clima ad adottare iniziative
volte:
a) a prevedere, per quanto di competenza, opportune forme di
rendicontazione al Parlamento circa lo stato di avanzamento del
Piano nazionale integrato energia e clima;
b) a rafforzare nell'ambito del Piano nazionale integrato
energia e clima, sulla base del principio della neutralità
tecnologica, l'apporto di tutte le fonti rinnovabili o
sostenibili con bassa emissione di CO2, sia termiche che non,
tenendo conto della necessità di valorizzare la filiera
produttiva nazionale, al contempo ottimizzando il rapporto
costi/benefici per il sistema Paese, valutando il differente
grado di programmabilità e garantendo il positivo apporto in
termini di miglioramento della qualità dell'aria;
c) nel settore civile, a prevedere riforme delle misure in
vigore a supporto della riqualificazione edilizia, che
garantiscono una maggiore efficacia e un impiego più efficiente
delle risorse pubbliche;
d) nel settore trasporti, a rafforzare le misure volte a
favorire lo shift modale delle persone e delle merci verso
modalità più efficienti e decarbonizzate, quali il trasporto
pubblico e ferroviario, e, contemporaneamente, a supportare lo
sviluppo delle produzioni dei biocarburanti e delle altre fonti
rinnovabili;
e) nel settore industriale, a prevedere lo sviluppo di diverse
opzioni tecnologiche per la decarbonizzazione dei settori hard
to abate quali l'efficienza energetica, l'idrogeno, il biometano
e la Carbon capture and storage (Ccs), con un approccio
integrato che non escluda nessuna di queste opzioni, ma che allo
stesso tempo promuova e faciliti l'accesso a quelle più efficaci
per ciascun ambito;
f) a prevedere nel Piano un approfondimento riguardo la
valutazione sugli effetti dell'eventuale adozione,
nell'orizzonte temporale successivo al 2030 e traguardando gli
obiettivi 2050, di tecnologie di generazione energetica basate
sulla fonte nucleare, quali a titolo esemplificativo i reattori
nucleari di piccole dimensioni (Smr), i piccoli reattori
nucleari avanzati (Amr), i microreattori e le macchine a
fusione;
2) al fine di conseguire in modo efficace i target del Piano
nazionale integrato energia e clima al 2030, ad adottare
iniziative di competenza volte a:
a) anche in ambito europeo, a individuare le risorse e gli
strumenti di programmazione economica necessari ad attuare il
Piano nazionale integrato energia e clima 2023-2030, valutando
non solo ex ante, ma anche in itinere l'impatto economico,
finanziario, sociale nonché sul sistema produttivo delle misure
poste in essere per il raggiungimento dei target;
b) a proseguire i tavoli di approfondimento già avviati sul
settore civile, dei trasporti e sulle tematiche
socio-economiche, per un efficace attuazione delle politiche
previste dal Piano nazionale integrato energia e clima e per il
monitoraggio della sostenibilità sociale, con particolare
riferimento alla sostenibilità degli oneri per la
riqualificazione energetica degli edifici residenziali e alle
risorse necessarie per la formazione dei lavoratori nei settori
che saranno maggiormente coinvolti dalla transizione energetica;
c) ad adottare meccanismi di incentivazione, con ottimale
rapporto costi/benefici, a sostegno dello sviluppo delle
rinnovabili (elettriche, termiche e nei trasporti) e degli
interventi di efficientamento energetico, con particolare
attenzione a progetti integrati ed ai progetti di
decarbonizzazione di impianti industriali;
d) a sfruttare tutto il ventaglio delle tecnologie termiche,
tenendo conto delle specificità nazionali, proseguendo altresì
nel processo di efficientamento nella produzione di energia
termica e di riduzione costante dei livelli emissivi;
e) a semplificare i processi autorizzativi in ambito geotermico
e delineare una strategia nazionale di massimizzazione dello
sfruttamento di tale risorsa;
f) ad avviare un processo di efficace manutenzione degli invasi
e di ammodernamento delle turbine degli impianti idroelettrici,
al fine di massimizzarne la producibilità;
g) in ambito europeo per il superamento degli ostacoli che
impediscono il rapido avvio degli investimenti per
l'ammodernamento e il potenziamento delle infrastrutture
idroelettriche, in considerazione degli evidenti benefici, anche
in termini di stabilità della rete, derivanti dalla
programmabilità della produzione di energia idroelettrica e
della necessità, a fronte della estremizzazione degli eventi
climatici, di incrementare lo stoccaggio della risorsa «acqua»;
h) a proporre soluzioni anche in sede di Unione europea,
finalizzate ad eliminare le distorsioni di prezzo tra i diversi
Stati dell'Unione che vanno a discapito della nostra
competitività industriale;
i) a realizzare la transizione verso una mobilità sostenibile
che tenga in dovuta considerazione la necessità di intervenire
anche su settori quali l'aviazione e il marittimo, ove la
decarbonizzazione può essere meno supportata
dall'elettrificazione dei consumi;
l) a continuare l'incentivazione della produzione di biometano
utilizzando tutto il potenziale disponibile di feedstocks,
valorizzando il settore agricolo ed agro-industriale nazionale
oltre che quello della Forsu, attraverso nuovi sistemi di
incentivi per il periodo post 2026 che, tenendo conto dei tempi
di autorizzazione e realizzazione degli impianti, arrivino oltre
il 2030, per rispondere alla domanda crescente di
decarbonizzazione del settore dell'industria che non può essere
elettrificata, e sia del settore trasporti, in forma liquida
(bioGNL) o gassosa, nonché ad implementare misure di sostegno
allo sviluppo delle produzioni di gas rinnovabili liquefatti
(bioGPL e DME) a sostegno della decarbonizzazione del settore
industriale e di quello dei trasporti;
m) a completare il quadro normativo relativo alla Carbon capture
and storage (Ccs), per poter avviare le iniziative progettuali,
a partire da quelle nell'area dell'Alto Adriatico, individuando
la governance della filiera, la regolazione tecnico economica
delle attività di trasporto e stoccaggio, dei sistemi di
supporto e degli strumenti di garanzia;
n) a limitare la dipendenza tecnologica da Paesi posti al di
fuori dell'Unione europea;
o) a risolvere il problema della saturazione virtuale della rete
elettrica di trasmissione e garantire un efficace meccanismo di
gestione delle richieste di connessione, attraverso la
commisurazione del costo della connessione non solo alla
capacità impegnata ma anche alla durata dell'impegno e,
contemporaneamente, mediante la determinazione della decadenza
delle richieste di connessioni non supportate da ragionevoli
aspettative di conferma e attivazione;
p) anche nella prospettiva dell'aggiornamento del Pniec, a
valutare la possibilità di istituire, nel rispetto delle
normative internazionali ed europee e compatibilmente con le
esigenze di finanza pubblica, un'apposita autorità
amministrativa indipendente di regolamentazione competente in
materia di autorizzazione tecnica, certificazione,
realizzazione, gestione e dismissione degli impianti nucleari,
di sicurezza nucleare e di radioprotezione con le funzioni e i
compiti di Autorità nazionale per la regolamentazione tecnica e
le istruttorie connesse ai processi autorizzativi, le
valutazioni tecniche, il controllo, anche ispettivo, e la
vigilanza degli impianti, nonché a valutare l'opportunità di
incrementare programmi di finanziamento per la ricerca e il
potenziamento dell'industria nazionale nel settore nucleare,
nell'ottica di renderla più competitiva rispetto agli attori
internazionali, creando le migliori condizioni per lo sviluppo
di una filiera italiana;
q) a valutare l'opportunità della creazione, in linea con le
raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia
atomica, di una Agenzia con il compito di valutare lo stato
delle infrastrutture di base necessarie per avviare un programma
nucleare nazionale e fornire al Governo le indicazioni
necessarie per il loro completo sviluppo e operatività.
(1-00295) (Testo modificato nel corso della seduta) «Squeri,
Mattia, Zinzi, Cavo, Cortelazzo, Zucconi, Barabotti, Alessandro
Colucci, Battistoni, Benvenuti Gostoli, Bof, Semenzato, Casasco,
Foti, Montemagni, Mazzetti, Iaia, Pizzimenti, Polidori, Lampis,
Milani, Fabrizio Rossi, Rotelli, Rachele Silvestri».
Nel cuore del Verbano-Cusio-Ossola, in
Piemonte, c’è un piccolo paese di poco più di 200 abitanti, in
cui il sole non brilla da novembre a febbraio.
Stiamo parlando di Viganella, il piccolo paese
immerso nella Valle Antrona che, però, non è rimasto in
penombra e, grazie all’impegno del suo ex sindaco, ha ritrovato la luce
con una soluzione ingegnosa.
Viganella e lo “Specchio del Sole”
Gli abitanti del piccolo borgo di Viganella hanno saputo adattarsi
agli 83 giorni di buio, che ogni anno caratterizzano
l’inverno del paese, da novembre a febbraio.
Viganella, infatti, si trova in una posizione particolare, proprio
in mezzo ad alcune montagne che impediscono al sole di
raggiungerlo durante i mesi invernali.
La penombra è però finita nel 2006, quando
l’allora sindaco del paese, Franco Midali, con la
collaborazione dell’amico architetto Giacomo
Bonzani, ha inaugurato il cosiddetto “Specchio del Sole”.
Si tratta di uno specchiogigante
– 8 metri di larghezza per 5 di altezza – situato in una posizione
strategica su una montagna vicina, che riflette i raggi del sole
sul paese.
Tramite un sistema di motori elettrici comandati da computer, lo
specchio viene ruotato in modo da catturare i raggi solari e
rifletterli sul paese, creando così un’illuminazione
artificiale durante i mesi invernali.
Nella notte viene riposizionato in modo che il mattino seguente
possa ripartire dalla posizione prestabilita e fare il proprio lavoro
durante l’arco della giornata.
Sei ore di sole assicurate ogni giorno fino al 2
di febbraio, data in cui il sole torna a illuminare il piccolo borgo,
evento festeggiato in grande dagli abitanti di Viganella.
Cosa vedere a
Viganella: curiosità
Lo specchio gigante di Viganella non è la sola
attrazione di questa curiosa località: posto a 1000 metri sopra il mare
e a ridosso del confine svizzero, Viganella è la meta perfetta
per gli amanti delle escursioni alpine.
Proprio dal centro di Viganella, nei pressi della
chiesa seicentesca dedicata alla natività di Maria Vergine, parte un
sentiero che porta alle tracce ancora esistenti delle miniere di
ferro di Ogaggia.
Un altro consiglio? Percorrete il sentiero che da
Viganella conduce all’Alpe Cavallo, passando attraverso diversi
alpeggi, tra foreste e ruscelli di montagna.
Le telecomunicazioni sono un asset strategico per la crescita e lo
sviluppo sostenibile del Paese. La disponibilità di una infrastruttura
di telecomunicazioni performante è determinante ai fini della
competitività. È dunque essenziale essere informati su quello che sta
accadendo nel settore anche per capire in che direzione sta andando il
Paese.
Ecco una lista delle fonti più affidabili.
Mimit: il ministero per le Imprese e Made in Italy è diviso in sezioni.
La sezione “Comunicazioni” è organizzata in due sotto-sezioni: una
dedicata alla banda ultralarga dove è possibile accedere al catasto
delle infrastrutture e al portale bandaultralarga.italia.it dove è
possibile monitorare lo stato dei lavori. L’altra sezione è dedicata a
Internet con tutte le info relative all’Internet governance, la
sicurezza informatica, le autorizzazioni ai provider e la normativa
sull’accessibilità. Nella sezione Media disponibili gli ultimi annunci e
azioni del ministero per accelerare sulla diffusione della connettività
in Italia.
Infratel: la società di Invitalia è impegnata in interventi di
infrastrutturazione del Paese, per il superamento del digital divide e
l’abilitazione alla diffusione di servizi di connettività avanzati. Si
può accedere alla Data Room, lo spazio online progettato per condividere
i dati che sono alla base degli interventi di infrastrutturazione
digitale su tutto il territorio nazionale. Inoltre è presente il link al
portale del piano nazionale banda ultralarga per monitorare lo stato dei
lavori e aanche quello del progetto “Wifi Italia”.
Corecom: i Comitati regionali per le comunicazioni sono gli organi
funzionali di Agcom sul territorio. Sui portali regionali attività,
stato dell’arte sulla diffusione delle reti e ricerche.
FONTI ISTITUZIONALI EUROPEE E INTERNAZIONALI
Dg Connect: è la direzione della Commissione europea per le Reti di
comunicazione dove è possibile trovare tutto il programma di lavoro
della Commissione, i piani strategici e di gestione e infine le
relazioni annuali delle attività con i risultati e risorse utilizzate
dalla direzione anno per anno.
Etsi: lo European Telecommunications Standards Institute è un organismo
internazionale, indipendente e senza fini di lucro, responsabile della
definizione e dell’emissione di standard nel campo delle Tlc in Europa.
Tutti gli standard sono disponibili online.
Itu: l’International Communication Union è l’agenzia Onu per le
telecomunicazioni. Il portale istituzionale elenca e approfondisce le
azioni strategiche che l’ente sta mettendo in campo per ridurre il
digital divide in tutto il mondo e una serie di interviste ad esperti e
membri dell’Agenzia stessa sulle strategie da adottare per un mondo più
connesso.
LE ASSOCIAZIONI ITALIANE
Asstel: l’associazione che raccoglie le grandi telco italiane a
disposizione notizie sulle attività, le legislazioni di riferimento del
settore e lo stato dell’arte sul mondo del lavoro e sulle relazioni
industriali.
Aiip: l’associazione italiana internet provider raccoglie le telco medie
e piccole. Sul portale è possibile accedere ai contenuti sulle attività
dell’organizzazione e degli associati e sul ruolo delle Pmi del settore
per uno sviluppo sostenibile del settore.
Assoprovider: l’associazione rappresenta gli internet service provider.
Online sul portale una serie di contenuti su attività, legislazione e
strategie.
Quadrato della Radio: raccoglie manager, esperti e ricercatori che
“studiano” l’evoluzione delle Tlc in Italia e nel mondo. Sul sito
disponibili tutte le attività e le ricerche.
LE ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI
Etno: l’European Telecommunications Network Operators’ Association
raccoglie le telco europee. Il sito fornisce aggiornamenti sulle ultime
notizie e comunicati stampa relativi alle attività di Etno e
all’industria delle telecomunicazioni in generale nonché una serie di
documenti, rapporti e pubblicazioni su argomenti chiave per l’industria
delle telecomunicazioni.
Ecta: la European Competitive Telecommunications Association raccoglie
gli operatori alternativi, compresi gli Mnvo. Su sito le informazioni
sull’associazione, comprese le posizioni e le advocacy rispetto ai temi
che riguardano gli operatori concorrenti in Europa. Disponibili anche
report, analisi e informazioni sulle tendenze del settore.
Ftth Council Europe: è un’organizzazione senza scopo di lucro che
rappresenta gli operatori di rete a banda larga in fibra ottica in
Europa. Sul portale sono disponibili informazioni sui vantaggi della
tecnologia Ftth, report e analisi sugli impatti economici e sociali
della fibra su economia e società e risorse tecniche e informative per
aiutare le telco nella pianificazione e nella realizzazione di reti
Ftth.
Gsma: la Global System for Mobile Communications Association, è
un’organizzazione internazionale che rappresenta gli operatori di Tlc
mobili di tutto il mondo. Disponibili notizie e aggiornamenti sulle
ultime tendenze, innovazioni e sviluppi nel settore delle
telecomunicazioni mobili e anche analisi e studi di mercato. Online
anche risorse e best practice per gli operatori di telefonia mobile,
come linee guida operative, documenti tecnici, standard e regolamenti.
TESTATE E PORTALI ONLINE
CorCom: testata del Gruppo Digital360, è il più importante quotidiano
online italiano che si occupa di tematiche inerenti le Tlc. Sono
disponibili news, approfondimenti e interviste ai protagonisti del
settore che raccontano come sta evolvendo il mondo delle Tlc e l’impatto
su economia e società. Ogni giorno è inviata una newsletter con le
notizie più rilevanti.
Techflix360: è il nuovo centro di risorse del Gruppo Digital360. Un vero
e proprio “knowledge hub” sull’innovazione digitale e le
telecomunicazioni che consente di approfondire gli argomenti di
interesse attraverso white paper, webcast, eBook, infografiche, webinar.
Telecompaper: fornisce notizie, analisi, rapporti di settore e servizi
di consulenza per le industrie delle telecomunicazioni, dei media e
della tecnologia. Telecompaper monitora costantemente l’evoluzione del
settore, raccogliendo informazioni da diverse fonti e fornendo
aggiornamenti sulle tendenze, gli sviluppi e le innovazioni nel campo
delle telecomunicazioni.
Total Telecom: il sito offre notizie, approfondimenti e interviste a
protagonisti del settore delle Tlc europeo e internazionale. Disponibili
anche podcast e webinar.
Mobile World Live: è una piattaforma online che fornisce notizie,
analisi e informazioni sul settore delle telecomunicazioni e della
tecnologia mobile. È gestita dalla Gsma e offre una copertura
dettagliata degli eventi e delle novità dell’industria, tra cui le
ultime tendenze, gli sviluppi tecnologici, le partnership commerciali e
le iniziative di innovazione nel campo delle comunicazioni mobili.
Fierce Telecom: il sito online fornisce aggiornamenti sulle ultime
tendenze, sviluppi e innovazioni nell’industria delle telecomunicazioni.
Fierce Telecom copre una vasta gamma di argomenti, tra cui reti di
comunicazione, servizi di connettività, infrastrutture, tecnologie
emergenti, regolamentazione e molto altro.
l’H2 e’ una riserva di energia non e’ un vettore energetico visto che il
suo rapporto energetico e’ di 2 a 1? Per cui la produzione corretta di
H2 da stoccaggio e’ a km0 .
Vettore energetico significa trasportare l’energia come il gas la
trasporta dai giacimenti nei gas dotti.
H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e conservata in un luogo
definito in funzione dell’uso che se ne puo’ fare in una centrale
elettrica in termini di tempo oppure per l’auto in termini di spazio per
viaggiare . L’H2 e’ un trasporto mediato dell’elettricita’.
Alla base dell’H2 ci sono l’elettricità’ da fonte rinnovabile e l’acqua.
Si produce l’H2 perché dove c’e’ bisogno di energia non si può portare
con un filo elettrico. Per cui l’H2 e’ una riserva di energia che viene
prodotta e posizionata dove e quando serve. Per cui a H2 e non ha senso
produrre H2 con elettricità rinnovabile per poi tornare a produrre
elettricità. A questo punto ha molto più senso produrre elettricità,
prendere un filo elettrico e portare l’elettricità’ dove e quando serve.
Ci sono dei casi in cui l’elettricità’ non può essere portata con un
filo, come per l’autotrazione e quindi si usa l’H2 come riserva di
elettricità da usare in movimento senza un filo o una batteria. Quindi
con l’elettricità’ e l’acqua si produce l’H2 , che poi si libera
rilasciando elettricità con uno spostamento d’acqua dal luogo di
produzione dell’H2 a quello di utilizzo. In una centrale elettrica dove
l’H2 viene prodotto per costituire una riserva, quando l’H2 si
riutilizza anche l’acqua viene recuperata . Sia per l’autotrazione sia
per le centrali elettriche la produzione ottimale e’ a KM0 . Cioe’ il
distributore e la produzione di energia elettrica. Ecco perche’ non ha
senso H2MED.
PROGETTO ITH2 per;
1) un progetto nazionale integrato energia-clima PNIEC
2) PRODUZIONE DELLA TOYOTA PRIUS H2 A TORINO
Premessa: La produzione dell’H2 e’ quella di una infrastruttura che
produca energia rinnovabile con fotovoltaico che non consumi territorio
e con boe marine per produrre H2 a KM0 con idrogenatori.
OBIETTIVO : H2 KM0 e’ l’obiettivo finale in quanto il rapporto energico
fra la produzione ed il risultato e’ di 2 a 1. Significa che per
produrre 1 di H2 con idrogenatore occorre utilizzare 2 energia
elettrica. Per cui non hanno senso gli idrogenodotti per trasportare H2,
in quanto ha una convenienza produrre H2 dove viene utilizzato. Ecco
perche’ ha piu’ senso trasportare l’elettricità con elettrodotti, da
fonte rinnovabile per produrre H2 dove quando serve.
A COSA PUO’ SERVIRE L’H2 ?: 2 possono essere gli utilizzi dell’H2
1) Autotrazione
2) Produzione di energia elettrica quando le energie rinnovabili non
sono disponibili.
PROGETTI DI SVILUPPO: Sviluppando rapidamente una rete dell’H2 per
autotrazione attraverso la GDO ed AUTOGRILL si possono realizzare
pensiline fotovoltaiche per produrre energia elettrica per l’H2.
Con una base distributiva dell’H2 si creano le premesse ed un modello
europeo per la domanda di H2 e delle auto ad H2 per cui si può arrivare
a produrre negli stabilimenti Pininfarina la futura top dell’H2 : TOYOTA
PRIUS H2.
Disponibile il primo indice del prezzo dell’idrogeno verde prodotto
nella penisola iberica (che parte a 5,85 euro a kg)
Dicembre 17, 2024 redazione MIBGAS
MIBGAS – l’operatore del sistema del gas di Spagna e Portogallo – ha
lanciato oggi MIBGAS IBHYX, il primo indice del prezzo dell’idrogeno
rinnovabile prodotto nella penisola iberica, che ‘apre’ con 5,85 euro a
kg (o 148,36 euro a MWh) e che verrà aggiornato ogni settimana sul sito
www.greenenergy.mibgas.es.
L’indice MIBGAS IBHYX riflette – spiega lo stesso MIBGAS in una nota –
il costo di produzione dell’idrogeno rinnovabile, ovvero il prezzo
minimo al quale un produttore è disposto a vendere per raggiungere la
redditività prevista. In altre parole, il livello di prezzo richiesto
dall’offerta per idrogeno rinnovabile prodotto nella penisola iberica
con una configurazione di elettrolisi ‘tipo’ e classificabile come RFNBO
(Renewable Fuel of Non Biological Origin) in base ai criteri stabiliti
dall’Unione Europea.
Lanciato questo indice che riproduce in sostanza la richiesta economica
dei produttori di H2 green, MIBGAS inizierà ora a lavorare per
determinare il ‘prezzo di domanda’, ovvero il prezzo che gli off-taker
sono disposti a pagare per acquistare idrogeno rinnovabile. La
differenza tra i due valori indicherà il livello di liquidità di questo
nascente mercato.
Proprio per favorire lo sviluppo di un mercato dell’idrogeno, e degli
altri gas rinnovabili, nella penisola iberica, all’inizio dell’anno
MIBGAS aveva creato un gruppo di lavoro finalizzato a definire i
parametri su cui basare il calcolo di un indice del prezzo di questo
vettore energetico prodotto in Spagna e Portogallo, coinvolgendo tutti
gli attori della value chain come produttori, distributori, off-taker,
trasportatori, ma anche studiosi e rappresentanti degli enti pubblici e
delle autorità coinvolte.
Par arrivare alla definizione del MIBGAS IBHYX è stato studiato un
modello base di impianto di produzione di idrogeno rinnovabile da
elettrolisi, ma sono state anche considerate numerose variabili
riguardanti gli aspetti finanziari e il costo dell’energia rinnovabile
(sia quella prodotta da impianti dedicati sia quella prelevata dalla
rete).
BENITO MUSSOLINI
: PERDENTE
L’8 settembre 1943 a Modena
La sera dell’8 settembre 1943 il generale Matteo Negro presidia il
Palazzo ducale di Modena. I militari presenti sono troppo pochi per
tentare una difesa. Diversi sono impegnati nel campo estivo alle Piane
di Mocogno, agli ordini del colonnello Giovanni Duca.
Negro, tutt’altro che ostile ai
nazisti, decide di consegnarsi alle forze occupanti. In città
cerca di resistere soltanto un reparto del 6° reggimento di artiglieria,
che punta alcuni pezzi contro i nazisti. Poco dopo, tuttavia, il comando
ordina di desistere e la Wehrmacht trova via libera.
Il mattino del 9 settembre i modenesi si risvegliano sotto l’occupazione
nazista. La situazione è molto confusa, ma il cronista Adamo Pedrazzi
non teme che si scatenino particolari violenze. La città sembra ordinata
e piuttosto pronta ad abituarsi alla nuova situazione. Le cose sono però
molto diverse là dove la fame si fa sentire.
In vari luoghi della provincia i civili prendono d’assalto ammassi e
salumifici per evitare che le scorte finiscano nelle mani dei militari.
I più disperati cercano di accaparrarsi quel cibo che è sempre più raro.
Da qualche parte la foga è tale da generare veri e propri pericoli. A
Castelnuovo Rangone i nazisti intervengono con le armi mentre tante
persone cercano di portare via qualcosa dal salumificio Villani.
Passano alcuni giorni e la situazione diventa più chiara. I nazisti non
sembrano voler infierire con la violenza, ma
i fascisti della Repubblica sociale
italiana si mostrano subito determinati ad affermare la propria
autorità. Pretendono che le famiglie restituiscono il cibo prelevato
dagli ammassi e gli oggetti abbandonati dai militari in fuga. Non
vogliono che nessuno sgarri. Pur di evitare il tradimento del patto con
la Germania nazista, sono disposti a scatenare una guerra civile.
TUTTO QUELLO CHE
GAIA TORTORA NON VUOLE VEDERE E SAPERE :
Dott.Alberto Donzelli Conferenza 21/03/2024 Hotel "Il Chiostro" Verbania
Intra
STRAGI DI
STATO PER SPECULAZIONE INTERNAZIONALE DA VACCINI
«Qual è
l’incidenza assoluta di ictus ischemico e attacco ischemico transitorio
dopo una vaccinazione bivalente COVID-19?».
A questa domanda hanno cercato di rispondere in uno studio pubblicato su
MedRxiv i ricercatori del Kaiser Permanente Katie Sharff, Thomas K
Tandy, Paul F Lewis ed Eric S Johnson che hanno rilevato ben 100mila
casi di ictus ischemico tra pazienti americani over 65 del Nord-Ovest
vaccinati con i sieri genici mRNA Pfizer o Moderna.
L’ischemia cerebrale è una condizione in cui il cervello non riceve
abbastanza sangue da soddisfare i suoi bisogni metabolici. La
conseguente carenza di ossigeno può portare alla morte del tessuto
cerebrale, e di conseguenza all’ictus ischemico. E’ pertanto una
patologia che mette in correlazione due note reazioni avverse dei sieri
genici Covid mRNA o mDNA: le patologie cardiovascolari e quelle
neurocerebrali, vergognosamente occultate dalla Pfizer nei suoi trial
clinici.
«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su
pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18
anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del
vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I
pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al
KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21
giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido
Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato
possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla
vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella
posizione primaria che in qualsiasi posizione».
E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio
di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19
in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic
Stroke after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated
Health System)”.
Lo studio dei ricercatori americani di Kaiser Permanente – link a fondo
pagina
«Abbiamo aspettato 90
giorni dalla fine del follow-up (21 marzo 2023) per l’accumulo completo
dei dati non KP prima di analizzare i dati per tenere conto del ritardo
nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurativo al di
fuori dell’ospedale – proseguono i ricercatori di Kaiser Permanente –
Due medici hanno giudicato possibili casi rivedendo le note cliniche
nella cartella clinica elettronica. Le analisi sono state stratificate
per età pari o superiore a 65 anni per consentire confronti con i VSD
che hanno riferito alla riunione dell’Advisory Committee on Immunization
Practices (ACIP) l’incidenza di ictus ischemico o TIA (incidenza
riportata da VSD; 24,6 casi di ictus ischemico o TIA per 100.000
pazienti vaccinato)».
I risultati
dello studio sono stati sconcertanti ed hanno confermato anche la
ricerca tedesca che per prima aveva segnalato la pericolosità dei
booster bivalenti che erano stati testati solo sui topi ma, nonostante
ciò, furono raccomandati dal Dipartimento della Salute USA e dal
Ministero della Salute italiano anche per i bambini.
«L’incidenza di ictus ischemico o TIA è stata di 34,3 per 100.000 (IC al
95%, da 17,7 a 59,9) nei pazienti di età pari o superiore a 65 anni che
hanno ricevuto il vaccino bivalente Pfizer, sulla base di un codice
diagnostico nella posizione primaria del pronto soccorso o dell’ospedale
scarico. L’incidenza è aumentata a 45,7 per 100.000 (IC 95% da 26,1 a
74,2) quando abbiamo ampliato la ricerca a una diagnosi in qualsiasi
posizione e non ci siamo pronunciati per la conferma. Tuttavia, la
maggior parte di queste diagnosi aggiuntive di ictus apparente o TIA
erano diagnosi di falsi positivi basate sul giudizio dei medici. La
stima dell’incidenza basata sulla posizione primaria concordava
strettamente con la stima dell’incidenza basata su qualsiasi posizione e
giudizio medico: 37,1 su 100.000 (IC 95% da 19,8 a 63,5). Il 79% dei
casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali non di
proprietà del sistema di consegna integrato».
«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus
ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni
vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati
dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in
ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e
un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento
assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile
della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. Il
giudizio medico di tutti i casi in questo studio ha consentito stime
accurate dell’incidenza assoluta dell’ictus per 100.000 destinatari del
vaccino ed è utile nel calcolo del beneficio netto per le
raccomandazioni politiche e il processo decisionale condiviso».
«Poiché i
vaccini COVID-19 caricano il corpo con il codice genetico per la
proteina trombogenica e letale Wuhan Spike, coloro che prendono un
vaccino sono vulnerabili a una catastrofe se vengono infettati da
SARS-CoV-2 dopo aver recentemente preso uno dei vaccini» il famoso
cardiologo americano Peter McCullough ha commentato così lo studio del
professor Fadi Nahab dei Dipartimenti di Neurologia e Pediatria della
Emory University a cui avevamo dedicato ampio risalto.
«Nahab e
colleghi di Emory hanno analizzato un database statale di destinatari
del vaccino COVID-19. Circa 5 milioni di georgiani adulti hanno ricevuto
almeno un vaccino COVID-19 tra dicembre 2020 e marzo 2022: il 54% ha
ricevuto BNT162b2, il 41% ha ricevuto mRNA-1273 e il 5% ha ricevuto
Ad26.COV2.S. Quelli con concomitante infezione da COVID-19 entro 21
giorni dalla vaccinazione avevano un aumentato rischio di ictus
ischemico (OR = 8,00, 95% CI: 4,18, 15,31) ed emorragico (OR = 5,23, 95%
CI: 1,11, 24,64)» scrive McCullough nel suo Substack citando l’abstract
dello studio.
«Questa
analisi mostra uno dei tanti grandi pericoli presenti nello sviluppo e
nel lancio rapidi di un vaccino senza una sicurezza e un monitoraggio
dei dati sufficienti. L’ictus è un risultato devastante e sembra che un
gran numero di casi debilitanti avrebbe potuto essere evitato se i
vaccini COVID-19 fossero stati ritirati dal mercato nel gennaio 2021 per
eccesso di mortalità. I pazienti in questo studio sarebbero stati
risparmiati da ictus e disabilità» aggiunge il cardiologo americano
rilevando l’importanza dello studio.
Verissimo! Ma quanti ictus avrebbero potuto essere evitati se lo studio
fosse stato revisionato e pubblicato mesi fa sia sulla prestigiosa
rivista che poi su PUBMED, la libreria scientifica dell’Istituto
Nazionale della Salute americano (NIH) che l’ha ripreso?
Il 13 novembre, mi sono
unito alla deputata statunitense Marjorie Taylor Greene e a sette suoi
colleghi repubblicani della Camera, in un'audizione intitolata Injuries
Caused by COVID-19 Vaccines, che ha esplorato i potenziali
collegamenti tra la vaccinazione COVID-19 e gli eventi avversi tra cui
miocardite, pericardite e coaguli di sangue. , danni neurologici,
arresto cardiaco, aborti spontanei, problemi di fertilità e altro
ancora. Il gruppo ha ascoltato le testimonianze sugli eventi avversi dei
vaccini da parte degli esperti medici Dr. Robert Malone e Dr. Kimberly
Biss e ha anche ascoltato l'avvocato Thomas Renz che rappresentava gli
informatori del Dipartimento della Difesa (DOD) che hanno rivelato
aumenti di diagnosi mediche tra i membri del servizio registrati in un
DOD Banca dati. Scopri di più in questo comunicato
stampa .
Il British Medical Journal ha
accusato la Food and Drug Administration, l’ente americano regolatore
dei farmaci, di aver occultato il risultato di un grande studio di
farmacovigilanza attiva, quindi non basato solo su segnalazioni
individuali e gratuite a database (EudraVigilance gestita da EMA
nell’Unione Europea e VAERS da CDC negli Stati Uniti), si è invece
concentrato anche sul follow-up di alcuni vaccinati.
La ricerca statistica denominata “Sorveglianza della sicurezza del
vaccino COVID-19 tra le persone anziane di età pari o superiore a 65
anni” è stata finalmente rilasciata dalla FDA e pubblicata il 1°
dicembre 2022 dalla rivista specializzata Journal of Vaccine and
Elsevier di Science Direct.
Il primo firmatario è Hui-Lee
Wong, Direttrice associata per l’innovazione e lo sviluppo dell’Ufficio
di biostatistica ed epidemiologia, Centro per la valutazione biologica
della Food and Drug Administration statunitense, Silver Spring, MD, USA.
Lo studio si concentra sui dati relativi a 30.712.101 persone anziane.
DOPO I
VACCINI 15 INCIDENTI DI BUS PER MALORI DEI CONDUCENTI
Piazzola sul Brenta (PD), Marzo 2022, “Malore dopo l’incidente a
Piazzola sul Brenta, grave un autista di bus. Il conducente 44enne ha
tamponato un autocarro. Dopo la telefonata a BusItalia si è accasciato
sul volante perdendo i sensi”;
Cesena, Dicembre 2022, “Cesena, malore mentre guida l’autobus: 9 auto
danneggiate”;
Trento, Aprile 2023, “Paura a Trento, l’autista ha un malore e il bus
esce di strada: il mezzo resta in bilico sul muretto del giardino di una
casa”;
La Spezia, Maggio 2022, “Malore improvviso per l’autista dello
scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri”, Catania, Ottobre 2022,
“Catania: autista si sente male, bus si schianta”;
Limone Piemonte, Marzo 2023, “maestra interviene per malore autista”;
Sandrà di Castelnuovo del Garda (VR), “Verona, l’autista ha un malore:
il bus degli studenti esce di strada e finisce in un vigneto”
(conducente di soli 26 anni);
Alessandria, Aprile 2022, “Autista di pullman muore alla guida per un
malore”;
Settingiano (CZ), Luglio 2023, “Accosta ai primi sintomi: autista salva
passeggeri bus prima di morire di infarto”;
Venezia, Ottobre 2022, “Malore improvviso prima di prelevare una
scolaresca: Oscar Bonazza muore a 63 anni;
Roma, Dicembre 2022, “Roma, bus con 41 bimbi a bordo finisce fuori
strada per malore autista”;
Cittadella (PD), Gennaio 2023, “Autista di scuolabus muore alla guida
per un malore e centra un pullman a Cittadella. Il conducente aveva
appena lasciato gli alunni a scuola”;
Genova, Luglio 2023, “Autobus sbanda e colpisce le auto in sosta per un
malore dell’autista. L’autista è stato accompagnato al Pronto soccorso
un condizioni di media gravità”;
Cagliari, Maggio 2023, “Malore improvviso, l’autista perde il controllo
del bus, esce di strada e abbatte due semafori: strage sfiorata”;
Piacenza, Aprile 2023, “Autobus di linea contro un albero dopo il malore
dell’autista”… Il più curioso, guardacaso, è poi questo;
L’Aquila, Luglio 2023, “Troppo caldo a bordo del bus, autista
dell’Azienda mobilità aquilana (Ama) viene colpito da un malore”.
27.11.23
Su 326 autopsie di vaccinati
morti «un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo
indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo
significativo la vaccinazione COVID-19».
A scriverlo nero su bianco è una ricerca pubblicata in pre-print (ovvero
ancora in attesa di revisione paritaria che potrebbe arrivare tra un
mese o tra due anni) dal sito Zenodo che non può essere ritenuta una
piattaforma poco affidabile in quanto è gestito dal CERN per OpenAIRE.
Zenodo è un archivio open access
per le pubblicazioni e i dati da parte dei ricercatori. Il suo nome
deriva da Zenodotos di Ephesos, il primo Direttore della grande
biblioteca di Alessandria che ha messo le basi per la costruzione della
biblioteconomia.
L’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, comunemente conosciuta
con la sigla CERN, è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle
particelle, posto al confine tra la Francia e la Svizzera, alla
periferia ovest della città di Ginevra, nel comune di Meyrin. La
convenzione che lo istituiva fu firmata il 29 settembre 1954 da 12 stati
membri mentre oggi ne fanno parte 23 più alcuni osservatori, compresi
stati extraeuropei.
OpenAIRE è un partenariato senza scopo di lucro di 50 organizzazioni,
fondato nel 2018 come entità giuridica greca, OpenAIRE A.M.K.E, per
garantire un’infrastruttura di comunicazione accademica aperta e
permanente a sostegno della ricerca europea.
Lo studio è stato presentato dal
laureato in science (BS) Nicolas Hulscher presso il Dipartimento di
Epidemiologia dell’Università del Michigan lo scorso venerdì 17 novembre
2023 durante una “poster session”. In ambito accademico l’esposizione di
un “poster”, in un congresso o una conferenza con un focus accademico o
professionale, è la presentazione di informazioni di ricerca sotto forma
di poster cartaceo che i partecipanti alla conferenza possono
visualizzare.
Il giovane Hulsher è stato accreditato con un progetto approvato
denominato “Systematic Review of Autopsy Findings in Deaths after
COVID-19 Vaccination – Revisione sistematica dei risultati dell’autopsia
nei decessi dopo la vaccinazione COVID-19” in cui ha potuto fregiarsi di
mentor senior di fama mondiale soprattutto nell’ambito delle inchieste
sui danni da sieri genici mRNA o mDNA.
McCullough, che ha dato risalto
all’evento sul suo substack, è il noto cardiologo americano che per
primo ha denunciato i pericoli di miocarditi letali, confermati dagli
studi FDA, CDC e infine anche dall’EMA, mentre Makis è l’oncologo
canadese che ha scoperto il fenomeno del turbo-cancro.
Nei mesi scorsi lo studio era stato pubblicato anche dalla nota rivista
britannica The Lancet che però lo aveva ritirato dopo 24 ore perché
aveva scatenato – giustamente – una bufera sui media, sui social e di
conseguenza nella comunità scientifica internazionale.
presentazione ufficiale presso
l’Università de Michigan e dalla pubblicazione sul sito Zenodo gestito
dal CERN.
D’altronde soltanto una volontà paranoica di censura potrebbe oscurarlo
essendo basato su una semplice analisi di documenti pubblicati sul più
importante archivio medico del mondo: la libreria PUBMED gestita
dall’NIH, ovvero l’Istituto Nazionale per la Salute del Governo USA.
«Il rapido sviluppo e l’ampia diffusione dei vaccini contro il COVID-19,
combinati con un elevato numero di segnalazioni di eventi avversi, hanno
portato a preoccupazioni sui possibili meccanismi di danno, tra cui la
distribuzione sistemica delle nanoparticelle lipidiche (LNP) e
dell’mRNA, il danno tissutale associato alle proteine spike, la trombogenicità, disfunzione del sistema immunitario e cancerogenicità. Lo scopo di
questa revisione sistematica è indagare i possibili collegamenti causali
tra la somministrazione del vaccino COVID-19 e la morte utilizzando
autopsie e analisi post mortem».
Si legge nell’Abstract della
ricerca che fa riferimento a problematiche già certificate separatamente
da altre decine di studi come quello del biochimico italiano
Gabriele Segalla sulle nanoforme e sugli eccipienti tossici del siero
genico Comirnaty di Pfizer-Biontech autorizzato dall’European Medicines
Agency nonostante non potesse “non sapere della tossicità delle
inoculazioni”.
«Abbiamo cercato tutti i rapporti autoptici e necroscopici pubblicati
relativi alla vaccinazione COVID-19 fino al 18 maggio 2023 – riferiscono
Hulsher et al. – Inizialmente abbiamo identificato 678 studi e, dopo lo
screening dei nostri criteri di inclusione, abbiamo incluso 44 documenti
che contenevano 325 casi di autopsia e un caso di necroscopia. Tre
medici hanno esaminato in modo indipendente tutti i decessi e hanno
determinato se la vaccinazione contro il COVID-19 fosse la causa diretta
o avesse contribuito in modo significativo alla morte».
«Il sistema di organi più
implicato nella morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema
cardiovascolare (53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal
sistema respiratorio (8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21
casi sono stati colpiti tre o più apparati. Il tempo medio dalla
vaccinazione alla morte è stato di 14,3 giorni. La maggior parte dei
decessi si è verificata entro una settimana dall’ultima somministrazione
del vaccino. Un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in
modo indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in
modo significativo la vaccinazione COVID-19» si legge nello studio
consultabile su Zenodo (link a fondo pagina).
Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e
medici:
«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi
noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di
morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte
guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un
nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi.
Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i
nostri risultati».
«Il sistema di organi più
implicato nella morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema
cardiovascolare (53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal
sistema respiratorio (8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21
casi sono stati colpiti tre o più apparati. Il tempo medio dalla
vaccinazione alla morte è stato di 14,3 giorni. La maggior parte dei
decessi si è verificata entro una settimana dall’ultima somministrazione
del vaccino. Un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in
modo indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in
modo significativo la vaccinazione COVID-19» si legge nello studio
consultabile su Zenodo (link a fondo pagina).
Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e
medici:
«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi
noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di
morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte
guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un
nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi.
Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i
nostri risultati».
La ricerca pubblicata sul sito Zenodo gestito dal CERN – link al fondo
dell’articolo tra le fonti
Brevetto Moderna ammette i
problemi di tumori nel DNA da laboratorio
Bre
Leggiamo infatti nel brevetto dell’agosto 2019 sui vaccini
mRNA contro il virus parainfluenzale umano 3 (HPIV-3) quanto segue:
“L’iniezione diretta di DNA geneticamente modificato (ad esempio
DNA plasmidico nudo) in un ospite vivente fa sì che un piccolo numero
delle sue cellule producano direttamente un antigene, determinando una
risposta immunologica protettiva. Da questa tecnica, tuttavia, derivano
potenziali problemi, inclusa la possibilità di mutagenesi inserzionale,
che potrebbe portare all’attivazione di oncogeni o all’inibizione di
geni oncosoppressori”.
La soppressione del gene che contrasta lo sviluppo dei tumori
è proprio quel meccanismo che molti oncologi ritengono sia responsabile
delle forme anomale di turbo-cancro rilevate tra le persone vaccinate
coi sieri genici mRNA Covid
21.10.23
Giovedì Health Canada ha
confermato la presenza di contaminazione del DNA nei vaccini Pfizer
COVID-19 e ha anche confermato che Pfizer non ha rivelato la
contaminazione all’autorità sanitaria pubblica. La contaminazione del
DNA include il promotore e potenziatore Simian Virus 40 (SV40) che
Pfizer non aveva precedentemente rivelato e che secondo alcuni esperti
rappresenta un rischio di cancro a causa della potenziale integrazione
con il genoma umano.
Health Canada, l’autorità sanitaria pubblica del paese, ha dichiarato a
The Epoch Times che mentre Pfizer ha fornito le sequenze complete di DNA
del plasmide nel suo vaccino al momento della presentazione iniziale, il
produttore del vaccino “non ha identificato specificamente la sequenza
SV40”.
“Health Canada si aspetta che gli sponsor identifichino qualsiasi
sequenza di DNA biologicamente funzionale all’interno di un plasmide
(come un potenziatore SV40) al momento della presentazione”, ha
affermato.
L’ammissione di Health Canada è arrivata dopo che due scienziati, Kevin
McKernan e Phillip J. Buckhaults, Ph.D., hanno scoperto la presenza di
DNA plasmidico batterico nei vaccini mRNA COVID-19 a livelli
potenzialmente 18-70 volte superiori ai limiti stabiliti dagli Stati
Uniti. Food and Drug Administration (FDA) e Agenzia europea per i
medicinali. L’immunologo virale Dr. Byram Bridle dell’Università di
Guelph in Canada, commentando l’ammissione di Health Canada ha scritto
sul suo Substack: “Questa è un’ammissione di proporzioni epiche”.
Bridle ha anche scritto:
“Bisogna chiedersi perché la Pfizer non abbia voluto rivelare la
presenza di una sequenza di DNA biologicamente funzionale a un ente
regolatore sanitario. Alla Pfizer è stato richiesto di rivelare alle
agenzie di regolamentazione sanitaria tutte le sequenze bioattive nel
DNA plasmidico batterico utilizzato per produrre le loro
iniezioni.Bridle ha osservato che sono trascorsi “818 giorni in totale”
da quando l’Università di Guelph gli ha vietato di accedere al suo
ufficio e al suo laboratorio per aver tentato di condurre ricerche
simili, mentre altri ricercatori “sono stati al centro di attacchi da
parte di molti cosiddetti ‘esperti di disinformazione’, ” anche se
nessuno “è stato in grado di confutare le proprie scoperte”.
L’immunologa, biologa e biochimica Jessica Rose, Ph.D., ha dichiarato a
The Defender: “DNA residuo è stato trovato nei prodotti Pfizer e Moderna
– e soprattutto Pfizer -, in fiale più vecchie e più nuove, incluso il
monovalente per adulti XBB.1.5 [ vaccino].”
Rose ha affermato che ciò indica che tale contaminazione “è un problema
continuo”.
In osservazioni separate fatte mercoledì al programma “Good Morning CHD”
di CHD.TV, Rose ha detto che McKernan “ha anche esaminato il vaccino
Janssen [Johnson & Johnson] e ha scoperto DNA residuo a livelli molto
alti”. “Il DNA plasmidico viene utilizzato nella produzione di
vaccini mRNA e dovrebbe essere rimosso a un livello inferiore a una
soglia stabilita dalle agenzie di regolamentazione sanitaria prima che
il prodotto finale venga rilasciato per la distribuzione”, ha riferito
The Epoch Times.
La scoperta di McKernan ha reso “possibile per Health Canada confermare
la presenza del potenziatore sulla base della sequenza di DNA plasmidico
presentata da Pfizer rispetto alla sequenza del potenziatore SV40
pubblicata”, ha affermato Health Canada.
L’SV40 è spesso utilizzato nella
terapia genica per la sua capacità unica di trasportare geni alle
cellule bersaglio.
Nel processo di produzione del vaccino, l’SV40 “viene utilizzato come
potenziatore per guidare la trascrizione genetica”, ha scritto The Epoch
Times. McKernan il mese scorso “ha avvertito che la presenza di plasmidi
di DNA nei vaccini significa che potrebbero potenzialmente integrarsi
nel genoma umano”.
Descrivendo la ricerca di McKernan come “ineccepibile”, Kirsch ha
scritto sul suo Substack: “Il DNA dura per sempre e, se si integra nel
tuo genoma, produrrai il suo prodotto per sempre”.
“Ciò può far sì che la cellula
appena programmata si riproduca e produca mRNA con le risultanti
proteine spike per un tempo sconosciuto, potenzialmente per sempre e persino per la
generazione successiva”.
23.09.23
L'Asl To5
l'aveva sospesa nel periodo Covid perché non vaccinata bloccando la
retribuzione, ora dovrà restituire stipendi e interessi Il tribunale dà ragione alla
dipendente No Vax
massimiliano rambaldi
L'Asl To 5 l'aveva sospesa dal suo lavoro d'ufficio nel periodo Covid,
perché si era rifiutata di vaccinarsi interrompendole anche il pagamento
dello stipendio. Una volta rientrata, alla fine delle restrizioni
previste, la donna aveva fatto causa all'azienda sanitaria nonostante in
quel periodo ci fossero delle direttive ben chiare sull'obbligo
vaccinale. Dieci giorni fa la decisione, per certi versi inaspettata,
del tribunale del lavoro di Torino: con la sentenza 1552 i giudici hanno
infatti accolto il ricorso della dipendente, accertando e dichiarando
«l'illegittimità della sospensione dal servizio – si legge nel documento
pubblicato dall'azienda sanitaria di Chieri – condannando quindi l'Asl
To 5 a corrispondere alla dipendente il trattamento retributivo
richiesto, oltre agli interessi, rivalutazione e compensazione delle
spese di lite». In sostanza, secondo quel giudice, l'Asl non poteva
sospendere la donna dal posto di lavoro e men che meno negarle lo
stipendio. E ora, nell'immediato, dovrà pagarle tutto, interessi
compresi nonché le spese legali. Questo perché, nonostante l'azienda
sanitaria abbia già deciso di ricorrere in appello contro tale sentenza:
«in ragione della provvisoria esecutività della stessa – spiegano dalla
direzione nella medesima documentazione - pur non essendo passata in
giudicato, l'Asl è tenuta all'ottemperanza». Gli importi dovuti e i
giorni di sospensione della dipendente non sono stati resi noti.
La dipendente in questione lavora in ambito amministrativo e non è a
contatto con pazienti di un ospedale specifico. Ricordiamo tutti, però,
che il governo si era dimostrato estremamente rigoroso contro chi non
voleva ricevere il vaccino. In assenza di motivazioni valide (l'unica
accettata era una certificata grave patologia pregressa) la persona no
vax non poteva più esercitare la propria professione e, qualora fosse
stato possibile, doveva essere destinata a mansioni alternative. In caso
di impossibilità a spostamenti, sarebbe scattata l'immediata sospensione
non retribuita che poteva terminare solo una volta effettuata la
vaccinazione. Altrimenti il divieto di andare al lavoro sarebbe
continuato fino al completamento della campagna vaccinale. In sostanza
quello che è capitato nel caso in questione. La dipendente aveva però
deciso di intraprendere le vie legali perché pretendeva di essere
regolarmente pagata e di lavorare ugualmente, anche senza aver seguito
il percorso anti Covid. Presentando a sua difesa documentazioni che il
giudice del lavoro, a quanto pare, ha ritenuto valide. «La decisione e
la linea interpretativa del tribunale del lavoro non può essere
condivisa – spiegano dall'azienda sanitaria -, in quanto non è coerente
con il dispositivo contenuto nel decreto legge 172 del 2021, anche alla
luce del diverso orientamento espresso sul punto dalla Corte d'Appello
di Torino, sezione lavoro». Immediata quindi la decisione di ricorrere
in appello, affidando la questione ai legali di fiducia.
—
22.09.23
Testimonianza coraggiosa
del dottor Phillip Buckhaults dell'Università della Carolina del Sud.
I “vaccini” Covid non sono
stati adeguatamente testati e i loro danni non sono stati adeguatamente
indagati. La FDA e il CDC devono ammettere i propri fallimenti normativi
ed essere onesti con il pubblico.
La Ricerca delle Università
Australiane basata su 253 Studi Internazionali
L’hanno pubblicata gli scienziati autraliani Peter I Parry dell’Unità
clinica di ricerca sulla salute dei bambini, Facoltà di Medicina,
Università del Queensland, South Brisbane, Australia, Astrid
Lefringhausen, Robyn Cosford e Julian Gillespie, Children’s Health
Defense (Capitolo Australia), Huskisson, Conny Turni, Ricerca
microbiologica, QAAFI (Queensland Alliance for Agriculture and Food
Innovation), Università del Queensland, St. Lucia, Christopher J. Neil,
Dipartimento di Medicina, Università di Melbourne, Melbourne, e Nicholas
J. Hudson, Scuola di Agricoltura e Scienze Alimentari, Università del
Queensland, Brisbane.
E’ un colossale lavoro di
letteratura scientifica basato su ben 253 studi nei quali vengono citati
i più significativi sulla tossicità della proteina Spike e dei vaccini
che la innesca nell’organismo attraverso i vettori mRNA. Vengono infatti
menzionati lavori sulle malattie autoimmuni della biofisica Stephanie
Seneff, scienziata del prestigioso MIT (Massachusetts Institute of
Technology) di Cambridge, del cardiologo americano Peter McCullough
(fonte 29 nello studio linkato a fondo pagina), quelli sui rischi di
tumori dell’oncologo britannico Angus Dalgleish (fonti 230-231), quelli
dell’esperto di genomica Kevin McKernan sulla replicazione cellulare dei
plasmidi di Dna Spike nel corpo umano (fonte 91), quelli della chimica
americana Alana F. Ogatache fu tra le prime a denunciare la pericolosità
dei sieri genici mRNA Moderna (fonte 52), ed ovviamente non poteva
mancare lo strepitoso e rivoluzionario del biochimico italiano Gabriele
Segalla sulle nanoparticelle tossiche del vaccino Comirnaty di
Pfizer-Biontech (fonte 61).
“Spikeopatia”: la proteina Spike
del COVID-19 è patogena, sia dall’mRNA del virus che da quello del
vaccino.
di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine (link allo studio
completo a fondo pagina)
La pandemia di COVID-19 ha causato molte malattie, molti decessi e
profondi disagi alla società. La produzione di vaccini “sicuri ed
efficaci” era un obiettivo chiave per la salute pubblica. Purtroppo,
tassi elevati senza precedenti di eventi avversi hanno messo in ombra i
benefici. Questa revisione narrativa in due parti presenta prove dei
danni diffusi dei nuovi vaccini anti-COVID-19 mRNA e adenovettoriali ed
è innovativa nel tentativo di fornire una panoramica approfondita dei
danni derivanti dalla nuova tecnologia nei vaccini che si basavano sulla
produzione di cellule umane di un antigene estraneo che presenta
evidenza di patogenicità.
Questo primo articolo esplora i
dati sottoposti a revisione paritaria in contrasto con la narrativa
“sicura ed efficace” collegata a queste nuove tecnologie. La
patogenicità delle proteine spike,
denominata “spikeopatia”, derivante dal virus SARS-CoV-2 o prodotta dai codici genetici del vaccino, simile a un
“virus sintetico”, è sempre più compresa in termini di biologia
molecolare e fisiopatologia.
La trasfezione farmacocinetica attraverso tessuti corporei distanti dal
sito di iniezione mediante nanoparticelle lipidiche o trasportatori di
vettori virali significa che la “spikeopatia” può colpire molti organi.
Le proprietà infiammatorie delle nanoparticelle utilizzate per
trasportare l’mRNA; N1-metilpseudouridina impiegata per prolungare la
funzione dell’mRNA sintetico; l’ampia biodistribuzione dei codici mRNA e
DNA e le proteine spike
tradotte, e l’autoimmunità attraverso la
produzione umana di proteine estranee, contribuiscono agli effetti
dannosi.
Questo articolo esamina gli
effetti autoimmuni, cardiovascolari, neurologici, potenziali oncologici
e le prove autoptiche per la spikeeopatia. Con le numerose tecnologie
terapeutiche basate sui geni pianificate, una rivalutazione è necessaria
e tempestiva.
Discussione
Abbiamo iniziato questo articolo citando la risposta dell’ente
regolatore sanitario australiano, il TGA, alla domanda di un senatore
australiano sui rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule
umane a produrre la proteina spike SARS-CoV-2. La risposta è stata che
la proteina Spike non era un agente patogeno. Abbiamo presentato prove
significative che la proteina spike è patogena. Ciò vale quando fa parte
del virus, quando è libero ma di origine virale e quando è prodotto nei
ribosomi dall’mRNA dei vaccini COVID-19 mRNA e adenovettoreDNA. I
meccanismi fisiopatologici d’azione della proteina spike continuano ad
essere chiariti.
Abbiamo stabilito che la
proteina spike provoca danni legandosi al recettore ACE-2 e quindi
sottoregolando il recettore, danneggiando le cellule endoteliali
vascolari. La proteina spike ha un dominio legante simile alla tossina,
che si lega a α7 nAChR nel sistema nervoso centrale e nel sistema
immunitario, interferendo così con le funzioni di nAChR, come la
funzione di ridurre l’infiammazione e le citochine proinfiammatorie,
come IL-6. Il collegamento con le malattie neurodegenerative avviene
anche attraverso la capacità della proteina “spike” di interagire con le
proteine che formano l’amiloide leganti l’eparina, avviando
l’aggregazione delle proteine cerebrali.
La persistenza della proteina spike causa un’infiammazione persistente
(infiammazione cronica), che potenzialmente alla fine sposta il sistema
immunitario verso la tolleranza immunitaria (IgG4). Un effetto
particolare per le donne e la gravidanza è il legame della proteina
Spike al recettore alfa degli estrogeni, che interferisce con il
messaggio degli estrogeni.
La proteina Spike è citotossica
all’interno delle cellule attraverso l’interazione con i geni
soppressori del cancro e causando danni mitocondriali. Le proteine
spike
espresse sulla superficie delle
cellule portano alla risposta autoimmune citopatica.
La proteina spike libera si lega all’ACE-2 su altre cellule di organi e
sangue. Nel sangue la proteina Spike induce le piastrine a rilasciare
fattori di coagulazione, a secernere fattori infiammatori e a formare
aggregati leucociti-piastrine. La proteina spike lega il fibrinogeno,
inducendo la formazione di coaguli di sangue.
Esiste anche un’omologia
problematica tra la proteina spike e le proteine chiave nel sistema
immunitario adattativo che portano all’autoimmunità se vaccinati con
l’mRNA che produce la proteina spike.
I fattori farmacocinetici contribuiscono alla fisiopatologia. Come
accennato, lo studio sulla biodistribuzione di Pfizer (dove il 75% delle
molecole trasportatrici di nanoparticelle lipidiche ha lasciato il
deltoide per tutti gli organi entro 48 ore) per il PMDA giapponese era
noto alla TGA australiana prima dell’autorizzazione provvisoria dei
vaccini mRNA COVID-19 per l’Australia popolazione [5]. Poiché causano la
replicazione della proteina Spike in molti organi, i vaccini basati sui
geni agiscono come virus sintetici.
Il trasportatore di nanoparticelle lipidiche dell’mRNA e il PEG
associato che rende il complesso mRNA-LNP più stabile e resistente alla
degradazione, hanno i propri effetti tossici; le nanoparticelle
lipidiche principalmente attraverso effetti proinfiammatori e il PEG
mediante anafilassi in individui sensibili.
Röltgen et al. [53] hanno
scoperto che l’mRNA stabilizzato con N1-metilpseudouridina nei vaccini
COVID-19 produce proteine spike
per almeno 60 giorni. Altre ricerche citate sulla retroposizione del codice genetico [249] suggeriscono la possibilità
che tale produzione di una proteina patogena estranea possa
potenzialmente durare tutta la vita o addirittura transgenerazionale.
Un ampio corpo di ricerche emergenti mostra che la stessa proteina
spike, in particolare la subunità S1, è patogena e causa infiammazione e
altre patologie osservate nel COVID-19 acuto grave, probabilmente nel
COVID-19 lungo, e nelle lesioni da vaccino mRNA e adenovettoriDNA
COVID-19 . La parola “spikeopatia” è stata coniata dal ricercatore
francese Henrion-Caude [98] in una conferenza e dati gli effetti
patologici vari e sostanziali della proteina spike SARS-CoV-2,
suggeriamo che l’uso del termine avrà un valore euristico.
La piccopatia esercita i suoi
effetti, come riassunto da Cosentino e Marino [86] attraverso
l’aggregazione piastrinica, la trombosi e l’infiammazione correlate al
legame dell’ACE-2; interruzione delle glicoproteine transmembrana
CD147 che interferiscono con la
funzione cardiaca dei periciti e degli eritrociti; legandosi a TLR2 e
TLR4 innescando cascate infiammatorie; legandosi all’ER alfa
probabilmente responsabile delle irregolarità mestruali e dell’aumento
del rischio di cancro attraverso le interazioni con p53BP1 e BRCA1.
Altre ricerche mostrano ulteriori effetti spikeo-patologici attraverso
la produzione di citochine infiammatorie indotte da ACE-2, la
fosforilazione di MEK e la downregulation di eNOS, compromettendo la
funzione delle cellule endoteliali.
Effetti particolarmente nuovi della proteina spike comportano lo
squilibrio del sistema colinergico nicotinico attraverso l’inibizione di
α7 nAChR, portando a vie biochimiche antinfiammatorie alterate in molte
cellule e sistemi di organi, nonché a un alterato tono vagale
parasimpatico.
Le lesioni provocate dal vaccino mRNA e adenovettoriale del COVID-19 si
sovrappongono alla grave malattia acuta da COVID-19 e al COVID lungo, ma
sono più varie, data la più ampia biodistribuzione e la produzione
prolungata della proteina spike.
La miopericardite è riconosciuta
ma spesso è stata minimizzata come lieve e rara, tuttavia l’evidenza di
una miopericardite subclinica correlata al vaccino COVID-19
relativamente comune [113,115] e l’evidenza autoptica [246,247,248]
suggeriscono un ruolo nelle morti improvvise in persone relativamente
giovani e in forma [116,117 ]. Le proteine spike
hanno anche meccanismi per aumentare la
trombosi attraverso l’infiammazione correlata all’ACE-2, il disturbo del
sistema dell’angiotensina [119], il legame diretto con i recettori ACE-2
sulle piastrine [1], l’interruzione dell’antitrombina [122], ritardando
la fibrinolisi [123] (prestampa) e riducendo la repulsione
elettrostatica degli eritrociti che porta all’emoagglutinazione [124].
Le malattie autoimmuni di nuova insorgenza dopo la vaccinazione COVID-19
potrebbero riguardare l’omologia della proteina spike e, nella malattia
virale che include altre proteine SARS-CoV-2, con le proteine umane
[5,138].
Il complesso mRNA-LNP attraversa
la BBB e i disturbi neurologici sono altamente segnalati nei database di
farmacovigilanza a seguito dei vaccini COVID-19. Numerosi meccanismi di
spikepatia vengono chiariti come disturbi sottostanti che coinvolgono:
permeabilità del BBB [128]; danno mitocondriale [168]; disregolazione
dei periciti vascolari cerebrali [169]; Neuroinfiammazione mediata da
TLR4 [170]; morte delle cellule dell’ippocampo [171]; disregolazione
delle cascate del complemento e della coagulazione e dei neutrofili che
causano coagulopatie [173] (prestampa); neuroinfiammazione e
demielinizzazione tramite disregolazione microgliale [174,177,180];
aumento dell’espressione di α-Syn coinvolta nella malattia
neurodegenerativa [175]; livelli elevati di chemochina 11 del motivo CC
associati all’invecchiamento e alla successiva perdita di cellule
neurali e mielina; legandosi al recettore nicotinico dell’acetilcolina
α7 (nAChR), aumentando i livelli di IL-1b e TNFα nel cervello causando
elevati livelli di infiammazione [172,177]; la subunità S1 è
amiloidogenica [185]; disautonomia [96], mediante danno neuronale
diretto o meccanismi immunomediati indiretti, ad esempio inibizione di
α7 nAChR; anosmia causata sia dal vaccino che dalla malattia [44],
anch’essa prodromica alla malattia di Parkinson.
Inoltre, gli autoanticorpi nel
dominio C-terminale globulare possono causare la malattia di Creutzfeldt
Jakob (CJD) [218], miR-146a è alterato in associazione con COVID-19
[222] e associato sia a infezioni virali che a malattie da prioni nel
cervello, e È stato dimostrato che S1 induce senescenza nelle cellule
trasfettate.
La quantità di possibili meccanismi di danno mediato dai picchi nel
cervello è pari nella vita reale alla prevalenza di effetti avversi
neurologici e neurodegenerativi e richiede urgentemente ulteriori
ricerche.
Il cancro, anche se non è stato dimostrato con certezza che sia causato
dai vaccini, sembra seguire da vicino la vaccinazione e abbiamo
esaminato le possibili cause sotto forma di interazioni delle proteine
spike
con fattori di trascrizione e geni soppressori del cancro.
Il vaccino doveva proteggere le
persone di età superiore ai 60 anni con il maggior rischio di mortalità
da COVID-19 [10], tuttavia un’analisi del rischio condotta da Dopp e
Seneff (2022) [250] ha mostrato che la probabilità di morire a causa
dell’iniezione è solo 0,13 % inferiore al rischio di morte per infezione
nelle persone di età superiore a 80 anni.
Inoltre, l’invecchiamento naturale è accompagnato da cambiamenti nel
sistema immunitario che compromettono la capacità di rispondere
efficacemente ai nuovi antigeni. Similmente alle risposte ai virus
stratificate per età, ciò significa che i vaccini diventano meno
efficaci nell’indurre l’immunità negli anziani, con conseguente ridotta
capacità di combattere nuove infezioni [251].
La vaccinazione con mRNA
COVID-19 a due dosi ha conferito una risposta immunitaria adattativa
limitata tra i topi anziani, rendendoli suscettibili all’infezione da
SARS-CoV-2 [252]. Secondo uno studio di Vo et al., (2022) [253], il
rischio di malattie gravi tra i veterani statunitensi dopo la
vaccinazione è rimasto associato all’età. Questo rischio di infezioni
intercorrenti era anche maggiore se erano presenti condizioni di
immunocompromissione.
Infine, abbiamo esaminato le migliori serie di casi di autopsia
attualmente disponibili, eseguite in Germania, che stabiliscono le
connessioni tra spikeopatia e fallimenti multipli di organi, neuropatie
e morte.
Conclusioni
In questa revisione narrativa, abbiamo stabilito il ruolo della proteina
spike SARS-CoV-2, in particolare della subunità S1, come patogena. Ora è
anche evidente che le proteine spike
ampiamente biodistribuite,
prodotte dai codici genetici dell’mRNA e del DNA adenovettoriale,
inducono un’ampia varietà di malattie. I meccanismi fisiopatologici e
biochimici sottostanti sono in fase di chiarimento.
I trasportatori di
nanoparticelle lipidiche per i vaccini mRNA e Novavax hanno anche
proprietà proinfiammatorie patologiche. L’intera premessa dei vaccini
basati sui geni che producono antigeni estranei nei tessuti umani è irta
di rischi per disturbi autoimmuni e infiammatori, soprattutto quando la
distribuzione non è altamente localizzata.
Le implicazioni cliniche che seguono sono che i medici in tutti i campi
della medicina devono essere consapevoli delle varie possibili
presentazioni della malattia correlata al vaccino COVID-19, sia acuta
che cronica, e del peggioramento delle condizioni preesistenti.
Sosteniamo
inoltre la sospensione dei vaccini COVID-19 basati sui geni e delle
matrici portatrici di nanoparticelle lipidiche e di altri vaccini basati
sulla tecnologia mRNA o DNA vettoriale virale. Una strada più sicura è
quella di utilizzare vaccini con proteine ricombinanti ben testate,
tecnologie virali attenuate o inattivate, di cui ora ce ne sono molti
per la vaccinazione contro la SARS-CoV-2.
di
Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine
BIOMEDICINE – ‘Spikeopathy’: COVID-19 Spike Protein Is Pathogenic, from
Both Virus and Vaccine mRNA
14.09.23
Fondata nel 1945, Kaiser
Permanente è riconosciuta come uno dei principali fornitori di
assistenza sanitaria e piani sanitari senza scopo di lucro d’America.
Attualmente opera in 8 stati (California del Nord, California del Sud,
Colorado, Georgia, Hawaii, Virginia, Oregon, Washington) e nel Distretto
di Columbia.
«La cura dei membri e dei pazienti si concentra sulla loro salute
totale. I medici, gli specialisti e i team di operatori sanitari di
Permanente Medical Group guidano tutte le cure. I nostri team medici
possono avvalersi di tecnologie e strumenti leader del settore per la
promozione della salute, la prevenzione delle malattie, l’erogazione
delle cure e la gestione delle malattie croniche» spiega
l’organizzazione medica.
«Abbiamo condotto uno studio di
coorte retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di
età pari o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la
formulazione Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1
settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello
studio studiare se fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione
e durante il periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la
metodologia di analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e
cercato possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi
alla vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella
posizione primaria che in qualsiasi posizione».
E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di
ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in
un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19
Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.«Abbiamo
identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per
100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il
vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79%
dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non
sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo
nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne
all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza
nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. ».
18.08.23
Il procuratore generale del
Texas Ken Paxton ha cercato di fare luce sulla sicurezza dei vaccini
Covid e sugli esperimenti americani Gain of Function (GOF) per il
potenziamento dei virus SARS in laboratorio, condotti dal virologo
Anthony Fauci tra gli USA (University of North Carolina) e il Wuhan
Institute of Virology, ma è stato subito colpito da un impeachment (per
altre ragioni politiche) che ha bloccato la sua inchiesta.
Ora quattro famiglie americane delle vittime Covid hanno presentato una
formale denuncia per quelle pericolosissime ricerche prendendo di mira
il famigerato zoologo di origini britanniche Peter Daszak, presidente
della società EcoHealthAlliance di New York che fu finanziata dalla Bill
& Melinda Gates Foundation e soprattutto dall’Istituto Nazionale
Allergie e Malattie Infettive diretto da Fauci (fino al dicembre 2022)
per i progetti di costruzione di coronavirus chimerici del ceppo SARS
chimerici nel centro virologico cinese.
l dottor Zhou Yusen
misteriosamente morto tre mesi dopo aver brevettato un vaccino contro il
Covid-19 nel febbraio 2020 che, secondo gli investigatori americani,
sarebbe morto misteriosamente proprio cadendo dal tetto del WIV di
Wuhan.
Nel giugno 1998 durante il
vertice sino-americano in Cina il presidente Bill Clinton siglò una
“Convenzione sulla armi biologiche” con il presidente cinese Jiang
Zemin,
Nell’aprile 2004 la Commissione
Europea presieduta dall’italiano Romano Prodi e composta anche dal
commissario Mario Monti diede il primo finanziamento di quasi 2milioni
di euro al Wuhan Institute of Virology grazie al quale la direttrice del
Centro di Malattie Infettive Shi Zengli, soprannominata bat-woman per i
suoi esperimenti sui coronavirus dei pipistrelli cinesi a ferro di
cavallo, creò il primo virus chimerico ricombinante potenziando un ceppo
di SARS con plasmidi infettati dal virus HIV.
16.08.23
l’instabilità del sistema
colloidale di nanomateriali lipidici (e il conseguente maggior rischio
tossicologico) della prima versione di Comirnaty sia sostanzialmente
dovuta alla presenza, in quella formulazione, di fattori
destabilizzanti, quali, appunto, i composti inorganici elettrolitici in
eccesso, costituiti principalmente dai componenti del tampone pH PBS
utilizzato da Pfizer-BioNTech».
Evidenzia il dottor Segalla illustrando le differenti caratteristiche
della stabilizzazione del farmaco concorrente Spikevax di Moderna.
«A questo proposito, però, quanto riportato nel brevetto della stessa
BioNTech (co- titolare, insieme a Pfizer, del vaccino Comirnaty) US
10,485,884 B2 RNA Formulation for Immunoterapy [Formulazioni a RNA per
immunoterapia] del 26 novembre 2019, risulta ancor più esplicito al
riguardo della “elevata tossicità” attribuita a “liposomi e lipoplexes”
caricati positivamente».
«Ciò si riferisce a formulazioni a base di RNA incapsulato in
nanoparticelle lipidiche cationiche – del tipo cioè di quelle usate nel
Comirnaty – e denominate, in questo contesto, “lipoplexes”. Nella
descrizione del brevetto, si spiega, fra l’altro, come le nanoparticelle
cationiche contenenti RNA si formino soprattutto grazie a determinati
rapporti di massa/carica tra i lipidi cationici (+) e le componenti
anioniche (-) dell’ RNA, e come tali rapporti giochino un ruolo
fondamentale anche per quanto riguarda il passaggio delle nanoparticelle
contenenti RNA attraverso la membrana cellulare e il conseguente
trasferimento dell’RNA all’interno della cellula (trasfezione) per
modificarne le caratteristiche funzionali:
Con una minore carica positiva in eccesso, l’efficacia della trasfezione
scende drasticamente, andando praticamente a zero. Sfortunatamente,
però, per liposomi e lipoplexes [nanoparticelle lipidiche] caricati
positivamente è stata segnalata un’elevata tossicità, che può essere un
problema per l’applicazione di tali preparati come prodotti
farmaceutici. [corsivi aggiunti] (Figura 26)».
«Le ragioni per cui i tamponi pH del tipo PBS non vanno assolutamente
bene in preparati a base di nanoparticelle cationiche inglobanti RNA
sono spiegate molto chiaramente nella sezione del brevetto intitolata
“Effects of Buffers/ Ions on Particle Sizes and PI of RNA Lipoplexes”
[Effetti dei tamponi / composti ionici sulle dimensioni e Indice di
polidispersione delle nanoparticelle lipidiche contenenti RNA] del
suddetto brevetto di BioNTech US 10,485,884 B2, 44 (47-50), 45 (4-6), 45
(31- 33)».
In condizioni fisiologiche (cioè a pH 7,4; 2,2 mM Ca++), è imperativo
assicurarsi che ci sia un rapporto di carica prevalentemente negativa, a
causa dell’ instabilità delle nanoparticelle lipidiche neutre o caricate
positivamente. [corsivi aggiunti] (Figura 27)
«In altre parole, sulla base di quanto scientificamente documentato e
riportato in un brevetto della stessa BioNTech, in aggiunta a quanto già
descritto riguardo alla pericolosità intrinseca delle nanoparticelle
lipidiche caricate positivamente, apprendiamo che un sistema colloidale
di nanoparticelle lipidiche cationiche inglobanti mRNA.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione un tampone ionico come
il PBS, al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione,
flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze
di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione composti ionici (come
ad es. cloruro di sodio), al fine di prevenire fenomeni di aggregazione,
agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte
le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe essere iniettato per via intramuscolare, a causa della sua
instabilità quando viene a trovarsi nelle condizioni fisiologiche del
distretto extracellulare (pH 7,4; 2,2 mM Ca++).
«Tutte e tre queste rigorose raccomandazioni, riportate nel succitato
brevetto di BioNTech del 2019, sono spudoratamente disattese, o
ignorate, nel 2020, sia da Pfizer-BioNTech sia dagli enti certificatori,
sia nel merito della formulazione (ionico/ elettrolitico) sia in quello
della destinazione d’uso (inoculazione intramuscolare) del preparato
Comirnaty» rimarca il biochimico italiano segnalando che tali
«criticità» sono «in palese contrasto con le specifiche e pertinenti
raccomandazioni asserite dalla stessa BioNTech nel suo sopramenzionato
brevetto US 10,485,884 B2»
14.08.23
«Per i suesposti motivi, questo
giudicante ritiene non legittima e non conforme ai Principi Generali
dell’Ordinamento e della Costituzione la normativa in materia di obbligo
vaccinale, che pertanto va disapplicata. Con riguardo alle spese di
giudizio sussistono giustificati motivi per compensarle, attesa la
“particolarità” della materia trattata».
L’anonimo italiano over 50 che ha fatto ricorso al Giudice di Pace di
Santa Maria Capua a Vetere contro l’imposizione della vaccinazione Covid
e la conseguente multa da 100 euro emanata dall’Agenzia delle Entrate
per conto del Ministero della Salute dovrà pagare solo una ventina di
euro. Ovvero la metà dell’ammontare delle spese giudiziarie per ricorsi
inferiori a 1.100 euro.
Non è il primo e non sarà
l’ultimo pronunciamento giudiziario che contesta l’obbligatorietà dei
sieri genici sperimentali. Il caso più famoso è ovviamente quello della
giudice Susanna Zanda del Tribunale Civile di Firenze che, avendo osato
anche segnalare i decessi per presunte reazioni avverse ai vaccini alla
Procura della Repubblica di Roma, è finita nel fuoco incrociato della
Procura Generale della Corte di Cassazione che ha aperto un procedimento
disciplinare nei suoi confronti subito dopo le esternazioni politiche
del Ministro della Giustizia Carlo Nordio.
«Ebbene, al di là delle pronunce
del Consiglio d’Europa che ha avuto occasione di occuparsi della
tematica della vaccinazione Covid (con la Risoluzione 2361 del 2021) e
di decisioni, invece, contrarie, a parere di questo giudice, appaiono
decisive le circostanze, ormai conclamate, che il non vaccinato — a
prescindere dalle decisioni relative all’età — non ha determinato alcun
rischio maggiore per la salute pubblica rispetto ai soggetti vaccinati
provvisti di green pass, perché l’idoneità dei vaccini (quale strumento
di prevenzione del contagio), non solo non è pari o vicina al 100 % ma
si è di fatto rivelata prossima allo zero (Trib. Napoli marzo 2023)
«Il Tribunale del Lavoro di
Catania, con la decisione del 14.03.2022, ribadisce che “sebbene non si
ignori che l’impianto del D.D. 44/2021 sia ispirato alla finalità “di
tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza
nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (art. 4, co. 1,
D.L. 44/2021), nell’ambito di una situazione emergenziale e del tutto
straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del
dipendente non vaccinato — e che si sono irrigidite a seguito delle
modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto – appaiono
tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell’ottica della
necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti,
tra cui, tra i primi, la dignità della persona, bene protetto da co. 2,
36,41 Cost. plurime previsioni della Carta: artt. 2, 3»
«Sebbene la legge possa
prevedere l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari, sono
rarissimi, ed ancorati a precisi presupposti, ì casi in cui
l’ordinamento consente la possibilità di eseguirli contro la volontà
della persona (ad es., è il caso del TSO), valendo da sempre il
principio che gli accertamenti ed i trattamenti obbligatori debbano
essere ‘accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e
la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”…»
«E ciò a conferma della
consapevolezza del legislatore che l’obbligo al trattamento sanitario
costituisce pur sempre un’eccezione rispetto al principio, di cui è
espressione l’art. 32 Cost., della libera determinazione dell’individuo
in materia sanitaria».
In virtù di questi motivi ha accolto «il ricorso annullando il
provvedimento opposto» dall’avvocato Alessandra De Rosa contro l’avviso
di addebito di 100 euro al suo assistito.
08.08.23
Un manager della Pfizer in
Oceania ha ammesso che agli impiegati australiani dell’azienda
farmaceutica di New York sono somministrati dati lotti di vaccini
differenti da quelli distribuiti al pubblico.
Lo ha dichiarato durante un’Audizione davanti al Senato Australiano che,
a differenza dei politici dell’Unione Europea foraggiati dalle ONG di
Bill Gates, ha già avviato un’inchiesta formale per indagare sulla
natura dei sieri genici acquistati, sull’occultamento dei dati dei
trials clinici e sui danni causati ai vaccinati.
L’ammissione è arrivata durante
una rigorosa sessione di interrogatorio mercoledì, in cui il direttore
medico nazionale di Pfizer Australia, il dott. Krishan Thiru, e il capo
delle scienze normative, il dott. Brian Hewitt, hanno parlato davanti al
“Comitato per la legislazione sull’istruzione e l’occupazione” del
Senato australiano sui vaccini sperimentali contro il COVID-19, aggiunge
Gateway Pundit
23.07.23
I vaccini Covid contengono
proporzioni considerevoli di residui di DNA in grado di integrarsi
permanentemente nel genoma umano, causando malattie croniche e tumori.
Questo potrebbe anche spiegare l’eccesso di mortalità osservato
dall’inizio delle campagne di vaccinazione.
L’ex banchiere svizzero Pascal
Najadi e' l’autore di una denuncia penale per abuso di potere contro il
presidente della Confederazione Alain Berset è vaccinato tre volte e
altrettante volte si è costituito contro le autorità sanitarie da quando
un’analisi del suo sangue gli ha rivelato che il suo organismo continua
a produrre la proteina spike del vaccino più di 18 mesi dopo la sua
ultima iniezione Pfizer/BioNTech.
Contattato, l’interessato ci ha fornito i risultati del laboratorio
oltre ad una lettera del Prof. Sucharid Bhakdi confermando che “i
risultati del test indicano chiaramente che il signor Najadi soffre di
effetti irreparabili a lungo termine causati dal prodotto di mRNA
iniettato fabbricato da PfizerBiontech.
L’ex banchiere aveva consultato
l’Ufficio federale della sanità pubblica in Svizzera su questo
argomento. Quest’ultimo non è stato in grado di dargli risposte,
sostenendo che non poteva commentare un singolo caso. Pascal Najadi ne
aveva dedotto che l’ufficio in realtà non controllava nulla riguardo a
queste nuove tecnologie vaccinali.
La persistenza della presenza della proteina spike rilevata a Najadi e
altri iniettati rimane ufficialmente inspiegabile ed è ben oltre i 14
giorni comunicati quando sono state lanciate le campagne di vaccinazione
contro il Covid.
Tutti conoscono il DNA,
rappresentato da una doppia elica e contenente il nostro codice
genetico. L’RNA è costituito solo da un singolo filamento. La cellula lo
produce secondo necessità leggendo parte del DNA che servirà poi come
specifiche per la produzione di una proteina.
Una dose di “vaccino” Covid a RNA messaggero contiene miliardi di
filamenti di RNA messaggero, che innescheranno la produzione di
altrettante proteine spike
del virus SARS-CoV-2 nelle cellule che
raggiungono. Queste proteine spike
attiveranno una risposta del
sistema immunitario.
a proteina avanzata è stata
anche presentata come sostanza innocua durante le campagne di
vaccinazione quando è nota per essere tossica per l’organismo umano e
causare la maggior parte delle complicanze del Covid, comprese le
reazioni infiammatorie e allergiche.
Per comunicare, i batteri si
scambiano importanti “messaggi” genetici con l’aiuto dei cosiddetti
plasmidi. Ad esempio, se un batterio trova un nuovo meccanismo che
aumenta la sua resistenza agli antibiotici, incapsula questa
informazione in plasmidi, che verranno prodotti e ‘diffusi’ ad altri
batteri.
Il processo di produzione dei filamenti di RNA dei vaccini Covid
richiede appunto di passare attraverso la manipolazione genetica dei
batteri mediante plasmidi, nei quali sarà stata precedentemente
introdotta la sequenza di DNA corrispondente alla proteina spike di
SARS-CoV-2.
Il plasmide viene propagato nei
batteri e utilizzato come stampo per la produzione di massa di RNA
messaggero che sarà in grado di innescare la produzione di proteine
spike
nelle cellule vaccinate. Il DNA
deve poi essere rimosso e l’RNA messaggero viene poi miscelato con i
lipidi per produrre nanoparticelle in grado di portare l’mRNA nelle
nostre cellule
Nell’ambito dell’autorizzazione
all’immissione in commercio del vaccino Pfizer, l’Agenzia europea per i
medicinali (Ema) si è quindi dovuta accontentare di consultare i dati
forniti dal produttore. EMA ha espresso sorpresa al produttore per il
fatto che il prodotto finale non fosse stato sequenziato geneticamente
per garantire che contenesse solo RNA messaggero e nessun DNA o altri
residui, apprende lo scienziato tedesco Florian Schilling in una
presentazione
Pfizer ha risposto di aver
rinunciato volontariamente al sequenziamento, ammettendo che non era
certo ottimale, ma che era giustificato per ridurre i costi. Anche altri
produttori hanno rinunciato a questo sequenziamento genetico come parte
della loro garanzia di qualità.
Tra le tecniche alternative di valutazione del prodotto utilizzate da
Pfizer c’è l’elettroforesi, che conta gli elementi presenti in una
soluzione in base alla loro dimensione.
Nei documenti forniti da Pfizer
alla WEA, l’RNA messaggero della proteina spike del vaccino è
rappresentato da un alto picco centrale. L’anomalia sono le “pendenze”
su entrambi i lati del picco, che rappresentano misteriosi “oggetti”
genetici che non corrispondono alle dimensioni dell’RNA messaggero e non
dovrebbero essere presenti in una soluzione purificata.
Anche l’EMA aveva voluto saperne di più e aveva richiesto i dati grezzi
a Pfizer. Il produttore aveva accettato di fornirli ma ad oggi non sono
ancora stati consegnati.
Un gruppo di ricercatori,
preoccupato in particolare per le conseguenze delle iniezioni di Covid
sui giovani, ha deciso all’inizio del 2023 di prendere in mano la
situazione e mettere in sequenza lotti di “vaccini” di Pfizer e Moderna.
Il loro intero approccio è spiegato in dettaglio in un primo articolo e
nel suo supplemento scritto da Kevin McKernan, biologo molecolare,
specialista in manipolazione genetica e sequenziamento, che ha
partecipato all’analisi.
Le loro scoperte sono di natura
inquietante:
Quantità di DNA anormalmente elevata – La presenza di plasmidi
contenenti DNA proteico spike è stata confermata in proporzioni notevoli
per i “vaccini” di Pfizer e Moderna: tra il 20 e il 35%, ben oltre i
limiti di contaminazione fissati dall’EMA (0,033%) . Una singola dose
contiene quindi diversi miliardi di questi plasmidi che servivano per
produrre l’RNA messaggero e che poi avrebbero dovuto essere eliminati.
Queste informazioni sono già prova della non conformità di questi
prodotti alle normative vigenti.
Accelerazione della resistenza agli antibiotici – Fatto preoccupante, il
DNA di questi plasmidi contiene geni che li rendono resistenti a due
antibiotici: neomicina e kanamicina. L’introduzione di miliardi di geni
di resistenza agli antibiotici in plasmidi altamente replicabili,
consentendo la selezione di batteri resistenti a questi trattamenti nel
microbioma, dovrebbe sollevare preoccupazioni sull’accelerazione della
resistenza agli antibiotici su scala globale. Alcuni esperti stimavano
già prima della crisi del Covid che entro il 2050 non avremmo più avuto
antibiotici efficaci.
Elevato fattore di errore di copia – Gli scienziati affermano che la
presenza di un nucleotide chiamato pseudouridina è molto preoccupante
poiché è noto che ha un tasso di errore di copia di uno su 4000
nucleotidi, ovvero tra 5 e 8,5 milioni di possibili errori di copia per
dose di vaccino. E nessuno può dire a cosa corrispondano questi errori
poiché sono imprevedibili.
Integrazione permanente e transgenerazionale: i plasmidi vaccinali
possono raggiungere un batterio o una cellula umana. Quest’ultimo caso è
considerato problematico perché è possibile che il filamento di DNA
contenuto nel plasmide sia permanentemente integrato nel codice genetico
della cellula umana, permettendole in qualsiasi momento di produrre
autonomamente la proteina spike del vaccino, per tutta la vita. Con ogni
probabilità, questo è ciò che sta accadendo ai clienti di Pascal Najadi
e Me Ulbrich in Germania. L’insegnante. Bhakdi ha ricordato a questo
proposito che ogni divisione cellulare è un’opportunità per questo DNA
importato di modificare il genoma dell’ospite. Se questa integrazione
avviene in una cellula staminale, ovulo o spermatozoo, la modificazione
genetica verrà trasmessa alle generazioni successive.
Questo è grave perché oggi la
scienza non offre uno strumento per rimuovere un gene. Più
incomprensibilmente, il DNA del plasmide utilizzato da Pfizer contiene
una sequenza (SV 40) che gli permette di essere trasferito nel nucleo
anche quando la cellula non si sta dividendo e quindi di influenzare le
cellule. La sua presenza è comunque inutile per la produzione di RNA
messaggero nei batteri. Questa sequenza è assente dai plasmidi
utilizzati da Moderna.
l vaccino Covid di Johnson &
Johnson presenta un rischio di integrazione ancora maggiore perché si
basa su un virus a DNA e utilizza un promotore molto più potente dell’SV
40, chiamato CMV. Ciò comporta un rischio molto più elevato di
oncogenesi e continua produzione di proteine spike
rispetto agli RNA messaggeri, afferma
Marc Wathelet, biologo molecolare e specialista di coronavirus che
abbiamo consultato (vedi intervista alla fine dell’articolo).
Poiché il DNA della proteina spike del plasmide prende di mira le
cellule dei mammiferi, ci sono pochissime possibilità che si integri
permanentemente nel genoma di un batterio intestinale. Non riuscendo a
diventare fabbriche proteiche avanzate, questi batteri – che non sono
cellule umane – potrebbero invece moltiplicare i plasmidi del vaccino e
contribuire così ad aumentare il rischio di contaminazione con cellule
umane, chiamato “bactofezione” o “trasfezione”.
Marc Wathelet conferma che se
“il rischio di contaminazione dei batteri nel microbioma rimane basso,
sono i rischi di infiammazione e soprattutto di tumori legati alla
contaminazione delle cellule del corpo delle persone vaccinate da parte
del DNA che sono più preoccupanti”.
L’esperto sottolinea che è “impossibile quantificare questo rischio”.
Trova “un aumento di alcuni tumori, ma non è chiaro se sia dovuto a DNA,
mRNA, un indebolimento del sistema immunitario, lipidi nelle
nanoparticelle o una combinazione di questi fattori
21.07.23
Come risulta, la proteina spike
e l’mRNA non sono gli unici rischi di queste iniezioni. Il team di
McKernan ha anche scoperto i promotori del virus della simmia 40 (SV40)
che, da decenni, sono sospettati di provocare il cancro negli esseri
umani, compresi mesoteliomi, linfomi e tumori del cervello e delle
ossa.3 I risultati4,5,6,7 sono stati pubblicati su OSF Preprints
all’inizio di aprile 2023. Come spiegato nell’abstract:8
“Sono stati utilizzati diversi metodi per valutare la composizione degli
acidi nucleici di quattro fiale scadute dei vaccini mRNA bivalenti
Moderna e Pfizer. Sono stati valutati due flaconi di ciascun fornitore…
Molteplici test supportano una contaminazione da DNA che supera i
requisiti dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) di 330ng/mg e della
FDA [Food and Drug Administration] di 10ng/dose…
Come riportato in una recensione
del libro di Lancet “The Virus and the Vaccine: The True Story of a
Cancer-Causing Monkey Virus, Contaminated Polio Vaccine and the Millions
of Americans Exposed”:13
“Nel 1960, gli scienziati e i produttori di vaccini sapevano che i reni
delle scimmie erano fogne di virus scimmieschi. Tale contaminazione
spesso rovinava le colture, comprese quelle di una ricercatrice del NIH
di nome Bernice Eddy, che lavorava sulla sicurezza dei vaccini… La sua
scoperta… minacciava uno dei più importanti programmi di salute pubblica
degli Stati Uniti…”.
Eddy cercò di informare i
colleghi, ma fu imbavagliata e privata dei suoi compiti di
regolamentazione dei vaccini e del suo laboratorio… [Due] ricercatori
della Merck, Ben Sweet e Maurice Hilleman, identificarono presto il
virus del rhesus, poi chiamato SV40, l’agente cancerogeno che era
sfuggito a Eddy.
“Nel 1963, le autorità statunitensi decisero di passare alle scimmie
verdi africane, che non sono ospiti naturali dell’SV40, per produrre il
vaccino antipolio. A metà degli anni ’70, dopo studi epidemiologici
limitati, le autorità conclusero che, sebbene l’SV40 causasse il cancro
nei criceti, non sembrava farlo nelle persone.
“Arriviamo agli anni ’90: Michele Carbone, allora all’NIH [National
Institutes of Health], stava lavorando sul modo in cui l’SV40 induce i
tumori negli animali. Uno di questi era il mesotelioma, un raro tumore
della pleura che nelle persone si pensa sia causato principalmente
dall’amianto. L’ortodossia riteneva che l’SV40 non causasse tumori
nell’uomo.
“Incoraggiato da un articolo del
1992 del NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato
‘impronte’ di DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha
analizzato biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National
Cancer Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di
esse, il virus della scimmia era attivo e produceva proteine.
“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH
rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola
University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del
tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature
Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti
hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.
“Incoraggiato da un articolo del
1992 del NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato
‘impronte’ di DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha
analizzato biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National
Cancer Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di
esse, il virus della scimmia era attivo e produceva proteine.
“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH
rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola
University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del
tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature
Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti
hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.
Torniamo alle scoperte di
McKernan, che oltre al video in evidenza sono discusse anche nel podcast
di Daniel Horowitz qui sopra. In breve, il suo team ha scoperto livelli
elevati di plasmidi di DNA a doppio filamento, compresi i promotori SV40
(sequenza di DNA essenziale per l’espressione genica) che sono noti per
innescare lo sviluppo del cancro quando incontrano un oncogene (un gene
che ha il potenziale di causare il cancro).
Il livello di contaminazione varia a seconda della piattaforma
utilizzata per la misurazione, ma indipendentemente dal metodo
utilizzato, il livello di contaminazione del DNA è significativamente
superiore ai limiti normativi sia in Europa che negli Stati Uniti,
afferma McKernan. Il livello più alto di contaminazione del DNA
riscontrato è stato del 30%, un dato piuttosto sorprendente.
Come spiegato da McKernan, quando si utilizza un tipico test PCR, si
viene considerati positivi se il test rileva il virus SARS-CoV-2
utilizzando una soglia di ciclo (CT) di circa 40. In confronto, la
contaminazione del DNA viene rilevata con TC inferiori a 20. Ciò
significa che la contaminazione è di un milione di milioni di unità.
Ciò significa che la
contaminazione è un milione di volte superiore alla quantità di virus
che si dovrebbe avere per risultare positivi al test COVID-19. “Quindi,
c’è un’enorme differenza per quanto riguarda la quantità di materiale
presente”, afferma McKernan.
Nel suo articolo su Substack14 , McKernan sottolinea anche che chi
sostiene che il DNA a doppio filamento e l’RNA virale siano una falsa
equivalenza, perché l’RNA virale è in grado di replicarsi, si sbaglia.
“La maggior parte dell’sgRNA che state rilevando in un tampone nasale
nel vostro naso NON È ADEGUATO ALLA REPLICAZIONE, come dimostrato da
Jaafar et al.15 È solo un frammento di RNA che dovrebbe avere una
longevità inferiore nelle vostre cellule rispetto ai frammenti
contaminanti di dsDNA”, scrive.
Se si sequenzia il DNA, si
scopre che corrisponde a quello che sembra essere un vettore di
espressione usato per produrre l’RNA… Ogni volta che vediamo una
contaminazione del DNA, come quella dei plasmidi, finire in un prodotto
iniettabile, la prima cosa a cui si pensa è se sia presente
l’endotossina dell’E. coli (Escherichia coli, ndr), perché crea
anafilassi per chi viene iniettato.
Mentre i deceduti non vaccinati
sono stati soltanto 304 e quelli vaccinati con ciclo incompleto (senza
seconda dose) 25. Il periodo preso in considerazione dalla tabella ISS è
quello che va dal 29 aprile al 29 maggio 2022.
La
tabella del Bollettino Covid-19 pubblicato il 24 giugno scorso
dall’Istituto Superiore della Sanità di Roma – link a fondo pagina
«Numerosi studi riportano
l’insorgenza di reazioni autoimmuni a seguito della vaccinazione contro
il COVID-19 (Gadi et al., 2021; Watad et al., 2021; Bril et al., 2021;
Portoghese et al., 2021; Ghielmetti et al., 2021; Vuille – Lessard et
al., 2021; Chamling et al., 2021; Clayton-Chubb et al., 2021; Minocha et
al., 2021; Elrashdy et al., 2021; Garrido et al., 2021; Chen et al.,
2022; Fatima et al., 2022; Mahroum et al., 2022; Finsterer, 2022; Garg &
Paliwal, 2022; Kaulen et al., 2022; Kwon & Kim, 2022; Ruggeri,
Giovanellla & Campennì, 2022). I dati istopatologici forniscono una
prova indiscutibile che dimostra che i vaccini genetici presentano una
distribuzione fuori bersaglio, provocando la sintesi della proteina
spike e innescando così reazioni infiammatorie autoimmuni, anche in
tessuti terminali differenziati».
Furono proprio gli esami
patologici del medico tedesco Morz a rilevare l’anomala persistenza nel
corpo umano della proteina Spike di cui un altro studio americano
asseverato dalla virologa Jessica Rose spiegò la proliferazione
attraverso i plasmidi di RNA.
«In generale, i potenziali rischi dei vaccini genetici che inducono le
cellule umane a diventare bersagli per l’attacco autoimmune non possono
essere valutati completamente, senza conoscere l’esatta distribuzione e
cinetica di LNP e mRNA, nonché la produzione e la farmacocinetica della
proteina spike».
Lo studio sottoscritto anche da
Donzelli e Bellavite poi conclude:
«Poiché il corpo umano non è un sistema strettamente compartimentato,
questo è motivo di seria preoccupazione per ogni vaccino genetico
attuale o futuro che induca le cellule umane a sintetizzare antigeni non
self. Infatti, per i tessuti terminalmente differenziati, la perdita di
cellule determina un danno irreversibile con prognosi potenzialmente
fatale. In conclusione, alla luce delle innegabili prove di
distribuzione fuori bersaglio, la somministrazione di vaccini genetici
contro COVID-19 dovrebbe essere interrotta fino a quando non saranno
eseguiti accurati studi di farmacocinetica, farmacodinamica e
genotossicità, oppure dovrebbero essere somministrati solo in
circostanze quando i benefici superano di gran lunga i rischi».
L’invito a indagare sui danni da sieri genici e a fermarne
l’inoculazione è giunto anche da una ricercatrice dell’Istituto
Superiore della Sanità e dalla sentenza del Tribunale di Firenze che ha
inviato gli atti alla Procura della Repubblica di Roma per un’accurata
inchiesta.
di Peter McCullough – pubblicato
in origine sul suo Substack
Mi viene spesso chiesto: perché tante persone che hanno assunto il
vaccino COVID-19 stanno apparentemente bene, mentre altre subiscono
danni al cuore, ictus, coaguli di sangue e finiscono per essere invalide
o morte? Da molti mesi si sospetta che ci possano essere variazioni nei
lotti o nelle partite di vaccino che potrebbero spiegare in parte queste
osservazioni. In altre parole, non tutti ricevono la stessa dose di
mRNA.
In base all’autorizzazione all’uso in emergenza, le aziende produttrici
di vaccini e i loro subappaltatori non effettuano alcuna ispezione delle
fiale finali riempite e finite. Si tratta di una situazione senza
precedenti per un prodotto di largo uso di qualsiasi tipo.
È possibile che le
nanoparticelle lipidiche si aggreghino in sospensione e quindi alcuni
lotti potrebbero contenere più mRNA di altri. Allo stesso modo, poiché
le dimensioni dei lotti sono variate nel tempo, è possibile che i
contaminanti del processo di produzione si concentrino in alcuni lotti
più piccoli rispetto a quelli più grandi.
Infine, il trasporto, la conservazione e l’uso del prodotto possono
essere fattori che denaturano l’mRNA, tra cui il riscaldamento, l’aria
iniettata nelle fiale e gli aghi multipli immersi nella sospensione.
Il problema della contaminazione è emerso quando il Giappone ha
restituito milioni di dosi e sono stati riscontrati detriti visibili sul
fondo delle fiale. Inoltre, poiché i contactor di biodifesa utilizzano
sfere metalliche, è possibile che i lotti iniziali più piccoli avessero
detriti magnetici che spiegavano il “magnetismo” nel braccio in cui
veniva somministrata l’iniezione, come riportato all’inizio della
campagna vaccinale.
Un rapporto di Schmeling e
collaboratori sul vaccino Pfizer BNT162b2 mRNA COVID-19 ha rilevato che
il 71% degli eventi avversi gravi proveniva dal 4,2% delle dosi (lotti
ad alto rischio), mentre <1% di questi eventi proveniva dal 32,1% delle
dosi (lotti a basso rischio). La variazione spiegata per i lotti ad alto
e moderato rischio è stata rispettivamente del 78 e dell’89%. Pertanto,
più dosi sono state somministrate da quelle fiale, maggiore è stato il
numero di effetti collaterali segnalati. Ciò significa che la maggior
parte del rischio risiede nell’iniezione e non nella persona che l’ha
ricevuta.
Si tratta di risultati di
importanza cruciale. Essi implicano che la debacle del vaccino COVID-19
è effettivamente un problema di prodotto e non è dovuta alla
suscettibilità del paziente nella maggior parte delle circostanze.
Inoltre, la mancanza di ispezioni ha portato a un disastro di sicurezza.
Alcuni sfortunati pazienti ricevono una quantità eccessiva di mRNA, di
contaminanti o di entrambi e sono quindi esposti a iniezioni dannose e,
in alcuni casi, letali.
IN ITALIA
Il trait d’union tra questa
nuova ricerca sponsorizzata dalla Commissione Europea e Rappuoli è
proprio la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) che ha creato un park
science accentratore di aziende operanti in campo sanitario medico,
diagnostico e farmaceutico.
TOSCANA LIFE SCIENCES NEL BIOTECNOPOLO DI SIENA
TLS è anche deputata a diventare uno dei pilastri del progetto del
Biotecnopolo di Siena, in fase di realizzazione nell’ex caserma in Viale
Cavour, che riceverà una cospicua dotazione finanziaria dal Piano
Nazionale Ripresa e Resilienza (PNNR) così suddivisa: 9 milioni di euro
per il 2022, 12 milioni per il 2023 e 16 milioni per il 2024. Ma la
fetta più grossa spetta proprio all’hub antipandemico (Centro Nazionale
Antipandemico – CNAP), che riceverà 340 milioni di euro da qui al 2026.
Una somma ingente in considerazione che le finalità sono praticamente
analoghe a quelle del Fondazione Centro Nazionale di Ricerca “Sviluppo
di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA” che vede come capofila
l’Università di Padova e come partner altri atenei italiani ma,
soprattutto, le Big Pharma dei vaccini Pfizer, Biontech e AstraZeneca.
Dal canto suo la Fondazione
Toscana Life Sciences (TLS) fin dall’agosto 2022 aveva subito accolto
«con estremo favore la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (GU) della
Repubblica Italiana dello Statuto della Fondazione Biotecnopolo, che
avrà sede legale e operativa a Siena. Un passo molto atteso che include
la partecipazione della Fondazione Toscana Life Sciences in qualità di
“nuovo fondatore” attraverso la stipula di un atto convenzionale entro
sessanta giorni dall’adozione dello Statuto stesso. Sono soci fondatori
il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute,
il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dello Sviluppo
Economico, cui si aggiungerà la Fondazione TLS come “nuovo fondatore”
Esaote (che ha sede a Genova ma
una filiale a Firenze) e TLS, nella primavera 2021, si trovarono insieme
a un vertice convocato dalla Regione Toscana per costruire un
eco-sistema per un vaccino anti Covid-19 made in Tuscany. All’incontro
presero parte, oltre agli assessori Simone Bezzini (Sanità) e Leonardo
Marras (Attività produttive), i rappresentanti del Gruppo farmaceutico
Menarini, di Kedrion, Eli Lilly, Molteni Farmaceutici, Diesse
Diagnostica, Aboca, Abiogen, e di Gsk Vaccines.
Ora il Biotecnopolo di Siena e Toscana Life Sciences si assumeranno
l’onere di portare avanti questo obiettivo puntando sulla figura di
Rappuoli.
La Fondazione Toscana Life
Sciences è il soggetto operativo che coordina e gestisce le attività del
Distretto Toscano Scienze della Vita, il cluster regionale che aggrega
tutti i soggetti pubblici e privati che operano nei settori delle
biotecnologie, del farmaceutico, dei dispositivi medici, della
nutraceutica, della cosmeceutica e dell’Ict applicato alle life
sciences.
E’ nata nel 2011 per iniziativa della Regione Toscana allora governata
dal presidente Alberto Monaci, bancario e ex deputato della Democrazia
Cristiana e poi del Partito Democratico, ed oggi rappresenta un
ecosistema dell’innovazione che raggruppa oltre 32 Centri Ricerca e 14
Enti di Ricerca, incluse le Università toscane (Firenze, Pisa, Siena);
le Scuole Superiori (Scuole di Alta Formazione Sant’Anna e Normale di
Pisa e Istituto di Alti Studi Imt di Lucca); gli Istituti del CNR. Sono
affiliate al Distretto oltre 200 aziende del settore pharma, medical
devices, biotech, ICT for health, nutraceutica, servizi correlati, per
oltre 6 miliardi di fatturato.
Tra queste spicca il nome della
bio-farmaceutica Kedrion della famiglia Marcucci dell’ex senatore del PD
Andrea Marcucci (non riconfermato alle elezioni del 2022) che attirò
l’attenzione dei media per l’interessamento a gestire a livello
industriale (con una società Israeliana del Gruppo della Big Pharma
americana Moderna finanziata da Gates) le cure del Covid-19 col plasma
del medico Giuseppe De Donno, primario di Pneumologia dell’ospedale Poma
di Mantova, morto suicida in circostanze misteriose dopo che la
sperimentazione fu sottratta dal governo al suo centro di ricerca e
assegnata a quello di Pisa.
19.10.24
Un gruppo di scienziati
argentini ha identificato 55 elementi chimici – non elencati nei
foglietti illustrativi – nei vaccini COVID-19 di Pfizer, Moderna,
AstraZeneca, CanSino, Sinopharm e Sputnik V, secondo uno studio
pubblicato la scorsa settimana sull’International Journal of Vaccine
Theory, Practice, and Research.
Gli elementi chimici includono 11 metalli pesanti – come cromo,
arsenico, nichel, alluminio, cobalto e rame – che gli scienziati
considerano tossici sistemici noti per essere cancerogeni e indurre
danni agli organi, anche a bassi livelli di esposizione.
I campioni contenevano anche 11
dei 15 lantanidi, o elementi delle terre rare, che sono metalli più
pesanti e argentei spesso utilizzati nella produzione. Questi elementi
chimici, che comprendono lantanio, cerio e gadolinio, sono meno noti al
grande pubblico rispetto ai metalli pesanti, ma hanno dimostrato di
essere altamente tossici.
“Il rilevamento di più elementi tossici non dichiarati, tra cui metalli
pesanti e lantanidi, nei vaccini COVID-19 solleva una duplice e
molteplice preoccupazione per la salute umana”, ha dichiarato a The
Defender James Lyons-Weiler, Ph.D., membro del comitato editoriale della
rivista e non coinvolto nella ricerca. “Singolarmente, queste sostanze
chimiche sono note per causare danni neurologici, cardiovascolari e
immunologici”.
Per lo studio argentino, i
ricercatori miravano a corroborare le precedenti scoperte di elementi
non dichiarati e a rilevare e misurare eventuali elementi non
identificati in quegli studi.
Hanno analizzato 13 fiale di diversi lotti di sei marche di vaccini
COVID-19 presso un laboratorio dell’Università Nazionale di Córdoba.
Hanno utilizzato una tecnica analitica altamente sensibile – la
spettrometria di massa al plasma accoppiato induttivamente – che
consente di misurare gli elementi a livelli di traccia nei fluidi
biologici.
I ricercatori hanno analizzato almeno due fiale di ogni vaccino, ad
eccezione di CanSino, un vaccino vettoriale virale prodotto in Cina, per
il quale hanno analizzato solo una fiala.
Il loro documento include un lungo elenco di componenti del vaccino
COVID-19 dichiarati dai produttori. I componenti variano a seconda del
produttore del vaccino. I ricercatori hanno ottenuto gli elenchi
attraverso richieste di informazioni pubbliche.
Ad eccezione di Sputnik V e
Sinopharm, i produttori non dichiarano le quantità degli eccipienti
nominati nei loro vaccini, cosa che i ricercatori hanno segnalato come
una “omissione molto grave a livello normativo”.
I vaccini spesso includono eccipienti – additivi utilizzati come
conservanti, coadiuvanti, stabilizzatori o per altri scopi. Secondo i
Centers for Disease Control and Prevention (CDC), le sostanze utilizzate
nella produzione di un vaccino, ma non elencate nel contenuto del
prodotto finale, devono essere riportate nel foglietto illustrativo.
L’elenco degli eccipienti è importante, sostengono i ricercatori, perché
gli eccipienti possono includere allergeni e altri “pericoli nascosti”
per i destinatari dei vaccini.
OpenVAERS riferisce che il CDC ha reso le informazioni sugli eccipienti
dei vaccini disponibili al pubblico “quasi impossibili da trovare”.
OpenVAERS offre un elenco completo degli eccipienti dei vaccini per tipo
e per vaccino.
Tuttavia, il sito OpenVAERS rileva anche che test indipendenti sulle
fiale di vaccino hanno trovato “contaminanti che vanno ben oltre quelli
resi pubblici dai produttori”, come identificato in questo studio.
Le tre fiale Pfizer contenevano
rispettivamente 19, 16 e 21-23 elementi non dichiarati. Le fiale Moderna
contenevano 21 e tra 16-29 elementi non dichiarati.
Tutti i metalli pesanti rilevati
sono collegati a effetti tossici sulla salute umana, scrivono i
ricercatori. Sebbene i metalli si presentassero con frequenze diverse,
molti erano presenti in più campioni. “Ci sono elementi chimici non
dichiarati in comune, come boro, calcio, titanio, alluminio, arsenico,
nichel, cromo, rame, gallio, stronzio, niobio, molibdeno, bario e afnio
in tutte le marche” di vaccini COVID-19, hanno scritto i ricercatori.
Altri elementi, come il cromo e
l’arsenico, che aumentano il rischio di gravi tumori e malattie della
pelle, erano presenti come elementi non dichiarati rispettivamente nel
100% e nell’82% dei campioni. I ricercatori hanno anche trovato il
lantanide cerio, che può danneggiare il fegato e causare embolie
polmonari, nel 76% dei campioni.
Questi elementi chimici sono solo alcuni esempi dei 62 elementi chimici
non dichiarati identificati da questo studio e da studi precedenti messi
insieme, scrivono i ricercatori. Essi hanno concluso che, data la
“diversità e la notevole presenza in tutte le marche, insieme alle
caratteristiche peculiari degli elementi trovati”, è improbabile che i
risultati siano dovuti a contaminazione o adulterazione accidentale.
INOLTRE il lavoro, pubblicato il
18 luglio 2024 sul’International Journal of Vaccine Theory, Practice,
and Research (IJVTPR con sede a Dallas, USA), conferma per l’ennesima
volta la presenza di grafene nei sieri genici mRNA e ne certifica la
presenza non solo in Pfizer ma pure nel prodotto farmacologico di
Moderna, come peraltro già testimoniato dagli specifici brevetti della
Big Pharma di Cambrdige (Massachusetts) .
Lo studio è stato condotto dalla
dottoressa Young Mi Lee, medica specializzanda in Ostetricia e
Ginecologia dell’Hanna Women’s Clinic di Jeju (Repubblica di Corea) che
si occupa anche di ricerche sulla fertilità e ha prestato particolare
attenzione anche sulla pericolosità di tali terapie geniche sul liquido
seminale maschile.
E dal ricercatore Daniel Broudy, docente di Linguistica dell’Okinawa
Christian University (Giappone) ma esperto anche nell’ambito
elettromagnetico che gospa News aveva già citato in realzione agli studi
sulle segnali Bluetooth riscontrati da un esperimento nei vaccinati.
A lui è toccato il compito di curare la redazione del testo finale ed
analizzare le immagini e i dati raccolti dalla scienziata medica in una
lunga e meticolosa analisi biochimica condotta con uno stereomicroscopio
(specializzato per l’esame di campioni tridimensionali e dinamici )
potenziato da una camera di conteggio Makler (specializzata anche nel
conteggio degli spermatozoi in spazi limitati per la valutazione della
fertilità maschile).
«Questo rapporto sui nostri
risultati è stato aiutato dalla ricerca indipendente di un gruppo noto
come Korea Veritas Doctors (KoVeDoc) con il quale abbiamo condiviso gli
iniettabili prodotti da Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Novavax».
Come si spiega nel paragrafo Materiali e metodi: «Nello studio sono
stati utilizzati cinquantaquattro campioni: 50 fiale iniettabili residue
(43 Pfizer, 7 Moderna) acquisite immediatamente dopo il loro utilizzo
nella campagna di vaccinazione contro il COVID-19 e 4 fiale iniettabili
nuove non aperte (2 Pfizer, 1 AstraZeneca, 1 Novavax)».
riportiamo integralmente
l’Abstract della ricerca intitolata: “Autoassemblaggio in tempo reale di
costruzioni artificiali visibili allo stereomicroscopio in campioni
incubati di prodotti mRNA principalmente da Pfizer e Moderna: uno studio
longitudinale completo– Real-Time Self-Assembly of Stereomicroscopically
Visible Artificial Constructionsin Incubated Specimens of mRNA Products
Mainly from Pfizer and Moderna: A Comprehensive Longitudinal Study”.
«Le lesioni osservabili in tempo reale a livello cellulare nei
destinatari degli iniettabili COVID-19 “sicuri ed efficaci” sono
documentate qui per la prima volta con la presentazione di una
descrizione completa e un’analisi dei fenomeni osservati. La
somministrazione globale di questi prodotti, spesso obbligatori, dalla
fine del 2020 ha innescato una serie di studi di ricerca indipendenti
sulle terapie geniche iniettabili con RNA modificato, in particolare
quelle prodotte da Pfizer e Moderna. Le analisi qui riportate consistono
in una precisa “scienza da banco” di laboratorio che mira a comprendere
perché si sono verificati sempre più gravi infortuni debilitanti e
prolungati (e molti decessi) senza alcun effetto protettivo misurabile
da parte dei prodotti commercializzati in modo aggressivo. Il contenuto
degli iniettabili COVID-19 è stato esaminato allo stereomicroscopio con
un ingrandimento fino a 400X. I campioni accuratamente conservati sono
stati coltivati in una gamma di terreni distinti per osservare le
relazioni di causa-effetto immediate e a lungo termine tra le sostanze
iniettabili e le cellule viventi in condizioni attentamente
controllate».
«Da tale ricerca si possono
trarre ragionevoli deduzioni sugli infortuni osservati in tutto il mondo
che si sono verificati da quando le sostanze iniettabili sono state
inoculate su miliardi di individui. Oltre alla tossicità cellulare, i
nostri risultati rivelano numerose entità artificiali autoassemblanti
visibili, nell’ordine di 3~4 x 106 per millilitro di iniettabile, che
vanno da circa 1 a 100μm, o più, di molte forme diverse. C’erano
entità animate simili a vermi, dischi, catene, spirali, tubi, strutture
ad angolo retto contenenti altre entità artificiali al loro interno e
così via. Tutti questi sono estremamente al di là di qualsiasi livello
previsto e accettabile di contaminazione degli iniettabili COVID-19 e
gli studi di incubazione hanno rivelato il progressivo autoassemblaggio
di molte strutture artefatte. Con il passare del tempo durante
l’incubazione, semplici strutture uni e bidimensionali nell’arco di due
o tre settimane sono diventate più complesse nella forma e nelle
dimensioni sviluppandosi in entità stereoscopicamente visibili in tre
dimensioni. Assomigliavano a filamenti, nastri e nastri di nanotubi di
carbonio, alcuni apparivano come membrane trasparenti, sottili e piatte,
e altri come spirali tridimensionali e catene di perline. Alcuni di
questi sembravano apparire e poi scomparire nel tempo. Le nostre
osservazioni suggeriscono la presenza di qualche tipo di nanotecnologia
negli iniettabili COVID-19».
«Sulla scia del programma di
vaccinazione di massa, già nel marzo 2021 e nei mesi successivi, si
sono verificati aumenti significativi di decessi in eccesso per cause
“sconosciute” e gravi sequele: coaguli di sangue, emorragie
inspiegabili, danni (e guasti) a più organi), picchi improvvisi
(cardiotossine) nelle malattie cardiache, tumori del sangue tra cui
leucemia e linfoma, una serie di altri tumori “turbo”, aborti spontanei,
disturbi neurologici e autoimmuni, per citarne alcuni, sono comparsi nei
pazienti (Nyström e Hammarström, 2022; Santiago & Oller, 2023 Perez et
al., 2023»
«Degno di nota è stato il
comportamento di ciascun tipo di cellule del sangue, che si mobilitano
come in una battaglia in prima linea contro ciascuno degli iniettabili:
globuli rossi contro Pfizer e AstraZeneca, globuli bianchi contro
Moderna e piastrine contro Novavax. Nonostante il comportamento
osservato, questi fenomeni specifici delle sostanze iniettabili
potrebbero essere correlati alla loro caratteristica fisiopatologia
diretta del sangue: stasi del flusso sanguigno e conseguente ipossiemia
(affaticamento) dovuta al modello Rouleaux, soppressione immunitaria
dovuta a danno dei globuli bianchi e formazione di coaguli di sangue
(trombosi) o tendenza al sanguinamento da danno o aggregazione
piastrinica».«Nell’analisi dei coaguli di sangue di persone vaccinate,
sono state trovate alcune strutture filamentose attaccate a coaguli
bianchi torbidi omogenei brunastri estratti dallo strato intermedio del
sedimento di sangue intero. Quando si trovano in prossimità di un campo
elettromagnetico, i filamenti potrebbero innescare la formazione di un
coagulo e, quindi, disturbare il libero flusso sanguigno o linfatico.
Date le loro dimensioni microscopiche e l’ampia distribuzione in tutto
il corpo, se questi materiali estranei interagiscono con fonti di
energia interne o esterne, come afferma la letteratura, potrebbero
allungarsi, allargarsi e fungere da misteriose modalità di morbilità
ed eventuale mortalità».
Scrivono Young MI Lee e Daniel Broudy tanto da sentirsi poi legittimati
a fare delle ipotesi assai inquietanti che partono da quanto affermato
(mai poi rimosso dopo l’inizio della produzione dei vaccini Covid) dal
sito di Moderna sull’uso della «tecnologia mRNA è spesso
commercializzata in termini di software come una sorta di sistema
operativo o piattaforma tecnologica».
«La ricerca nell’ingegneria dei
nanomateriali mostra che i robot magnetici bioibridi (Magnobot basati su
microalghe) potrebbero essere prodotti e azionati in tutto il corpo da
una varietà di fattori scatenanti: energia elettromagnetica, variazione
dell’intervallo di pH, manipolazione dei livelli di glucosio e
variazione degli spettri luminosi con l’obiettivo di colpire determinati
tessuti (Li et al., 2023). Le osservazioni durante i nostri studi di
incubazione suggeriscono la presenza di magnobot, soprattutto nel
campione Pfizer».
NO AL NUCLEARE ,
SULL'H2-FOTOVOLTAICO NON SI SPECULA
IL
RAZIONAMENTO ENERGETICO NON RISOLTO CON LE RINNOVABILI PUO' ESSERE
USATO PER GIUSTIFICARE IL NUCLEARE CHE UCCIDE VEDI
RUSSIA E GIAPPONE.
CON LA
SCUSA DEL NUCLEARE SI PUO' FAR PAGARE 10 QUELLO CHE VALE 1
MENTRE LA
FRANCIA INVESTE PER SANARE LO SFASCIO DEL NUCLEARE L'ITALIA CI VUOLE
ENTRARE ?
GLI
INCIDENTI NUCLEARI IN RUSSIA E GIAPPONE NON CI HANNO INSEGNATTO
NULLA ? NE VOGLIAMO UNO ANCHE IN ITALIA ?
LA CHIMERA MANGIA-SOLDI DELLA FUSIONE NUCLEARE
QUANTE RINNOVABILI SI POSSONO FARE ? IL CNR SPENDE PIU' PER IL FINTO
NUCLEARE CHE PER LA BANCA DEL SEME AGRICOLO.
IL FUTURO H2 CHE NON SI VUOLE VEDERE
E' ASSURDO CONTINUARE A PENSARE DI GESTIRE A COSTI BASSI
ECONOMICAMENTE VANTAGGIOSI LA FUSIONE NUCLEARE QUANDO ESISTONO ENERGIE
RINNOVABILI MOLTO più CONTROLLABILI ED EFFICIENTI A COSTI più BASSI,
COME DIMOSTRA IL :
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_3131
IL DOPPIO SACRILEGIO DELLA
BESTEMMIA
RICETTA LIEVITO
MADRE
RICAMBIO POLITICO BLOCCATO
L'Ucraina in
fiamme - Documentario di Igor Lopatonok Oliver Stone 2016 (sottotitoli
italiano)
"Abbiamo
creato un archivio online per documentare i crimini di guerra della
Russia". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro
Kuleba. "Le prove raccolte delle atrocità commesse dall'esercito russo
in Ucraina garantiranno che questi criminali di guerra non sfuggano alla
giustizia", aggiunge, con il link al sito in inglese
Cosa c’entra il climate change con
l’incidente al ghiacciaio della Marmolada?
Temperature di 10°C a 3.300
metri di altezza da giorni, anomalie termiche pronunciate da maggio.
Sono questi i fattori alla base del crollo del seracco che ha travolto
due cordate di alpinisti domenica 3 luglio sotto Punta Penia
Il ghiacciaio della Marmolada si
sta ritirando di 6 metri l’anno
(Rinnovabili.it) – Almeno 10
morti, 9 feriti e un disperso. È il bilancio provvisorio dell’incidente
che
ha coinvolto il 3 luglio due cordate di alpinisti nella zona di
Punta Rocca, proprio sotto il ghiacciaio della Marmolada.
Una parte del ghiacciaio è collassata per le temperature elevate,
scivolando rapidamente a valle in una enorme valanga di ghiaccio, pietre
e acqua fusa.
La dinamica dell’incidente
Verso le 14 del 3 luglio ha
ceduto un seracco del ghiacciaio della Marmolada, la
vetta più alta delle Dolomiti, tra Punta Rocca e Punta Penia a oltre
3000 metri di quota. La scarica che si è creata è stata imponente,
alta 60 metri con un fronte largo circa 200, e ha
investito un tratto della via normale per la cima di Punta Penia
precipitando a 300 km/h.
Il punto di distacco del seracco è ben visibile in alto a
destra. Crediti:
Local Team.
Ogni ghiacciaio ha dei seracchi,
blocchi di ghiaccio che assomigliano a dei pinnacoli e si formano con il
movimento del corpo glaciale. Scorrendo verso il basso, il ghiacciaio
incontra delle variazioni nella pendenza della montagna. Queste
deformano il ghiacciaio e provocano la formazione di crepacci, che a
loro volta danno luogo a delle “torri” di ghiaccio, i seracchi.
Queste formazioni, seppur normali, sono per loro natura instabili.
Tendono a cadere a valle, ricompattandosi con il resto del corpo
glaciale, ed è difficile prevedere quando esattamente un evento del
genere si può verificare.
Il climate change sul ghiacciaio
della Marmolada
Il distacco del seracco dal
ghiacciaio della Marmolada, con ogni probabilità, è stato facilitato e
reso più rovinoso dal cambiamento climatico. Negli ultimi giorni, anche sulle cime di quel settore delle Dolomiti
il termometro è salito regolarmente a 10°C. Ma è da
maggio che si registrano
anomalie termiche molto pronunciate.
Anomalie che investono
tutto l’arco alpino.
Sulla cima del monte Sonnblick, in Austria, 100 km più a nord-est, uno
degli osservatori con le serie storiche più lunghe e affidabili della
regione alpina ieri segnalava il quasi completo scioglimento del manto
nevoso. Un dato che illustra molto bene quanto l’estate del 2022 sia
eccezionale: lì la neve non si era mai sciolta prima del 13 agosto
(capitò nel 1963 e nel caldissimo 2003).
Che legame c’è tra il crollo del
seracco e le
temperature elevate? Secondo la società meteorologica
alpino-adriatica, “il ghiacciaio si è destabilizzato alla base a
causa della grande disponibilità di acqua di fusione
dopo settimane di temperature estremamente elevate e superiori alla
media”. Il caldo ha accelerato lo scioglimento del ghiacciaio:
“la lubrificazione dell’acqua alla base (o negli interstrati) e
l’aumento della pressione nei crepacci pieni d’acqua sono probabilmente
le cause principali di questo evento catastrofico”.
Normalmente, il ghiaccio sciolto – acqua di fusione – penetra fra gli
strati di ghiaccio o direttamente sul fondo del ghiacciaio, incuneandosi
tra massa glaciale e rocce sottostanti, per sgorgare poi al fondo della
lingua glaciale. Questo processo “lubrifica” il ghiacciaio,
accelerandone lo scivolamento, ma può anche creare delle “sacche” piene
d’acqua che non trova uno sfogo e preme sul resto del ghiacciaio.
Come tutti gli altri ghiacciai
alpini, anche il ghiacciaio della Marmolada è in veloce ritirata a causa
del riscaldamento globale. L’ultima campagna di rilevazioni, condotta
dal Comitato Glaciologico Italiano e da Arpa Veneto lo scorso agosto, ha
segnalato un ritiro di 6 metri in appena 1 anno, mentre la
perdita complessiva di volume raggiunge il 90% in 100 anni.
Il cambiamento climatico corre
più veloce sulle Alpi che nel resto del pianeta, facendo delle
terre alte uno dei settori più vulnerabili. Un aumento della
temperatura globale di 1,5 gradi si traduce in un innalzamento, sulle
montagne italiane, di 1,8 gradi (con un margine d’errore di ±0,72°C).
Superare i 2 gradi a livello globale significa invece Alpi 2,51°C più calde (±0,73°C). Ma durante i mesi
estivi, l’aumento di temperatura è ancora più pronunciato e può
arrivare, rispettivamente, a 2,09°C ±1,24°C e a 2,81°C ±1,23°C.
«Il 22 maggio 1988 il
sommergibile Nautile esplora il Mar Tirreno alla ricerca del Dc9 Itavia.
Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma particolare. Uno dei due
operatori dell’Ifremer scandisce in francese la parola “misil”. Alle
13,53 s’intravede un’altra classica forma di missile. Le ricerche della
società di Tolone vengono sospese tre giorni dopo. L’ingegner Jean Roux,
dirigente della sezione recuperi dell’Ifremer, subisce uno stop
inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi, capo della commissione dei
periti del Tribunale di Roma» si legge ancora nell’articolo.
«I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda
operazione di recupero affidata a una società inglese. Forse, perché la
Stella di Davide è intoccabile? – si domanda Lannes – Trascorrono tre
anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i
nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di
identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese”
e di uno “Shafrir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra
è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare
di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e
può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi
infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è
“lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa
93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi i missili erano in dotazione
ai caccia di Israele, in particolare: Mirage III, Kfir, F4, A4, F15,
F16. Uno di quei missili è stato lanciato contro il Dc9».
Lannes ha aggiunto particolari
agghiaccianti. «Qualche anno fa – accompagnato alla Procura della
Repubblica di Roma da due poliziotti della scorta della Polizia di Stato
– ho riferito, o meglio verbalizzato ai magistrati Amelio e Monteleone
quanto avevo scoperto indagando per dieci anni sulla strage di Ustica.
Ed ho indicato loro alcuni testimoni (ex militari) mai interrogati
dall’autorità giudiziaria. Uno di essi (un ex ufficiale della Marina
Militare) ha dichiarato che il 27 giugno 1980 era in corso un’imponente
esercitazione aeronavale della NATO nel Mar Tirreno. E che l’unità su
cui era imbarcato, la Vittorio Veneto non ha prestato alcun soccorso,
pur essendo vicina al luogo di impatto del velivolo civile, ma ricevette
l’ordine di far rientro a La Spezia. Due di questi ex militari, già
appartenenti all’Aeronautica Militare sono stati minacciati, ed uno di
essi ha subito addirittura un trattamento sanitario obbligatorio messo
in atto dall’Arma Azzurra».
IL VERO
OBBIETTIVO DELLA MAFIA ESSERE LEGITTIMATA A TRATTARE ALLA PARI CON LO
STATO.
QUESTO LA
HA FATTO LO GIURISPRUDENZA DELLA TRATTATIVA STATO MAFIA CHE HA
LEGITTIMATO DI FATTO LA MAFIA A TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.
LA RESPONSABILITA' DEI SERVIZI
SEGRETI NELLA MORTE DI FALCONE E BORSELLINO , E PALESE.
I SERVIZI SEGRETI DIPENDONO
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
Dichiarazione di Giuliano AMATO
«Stragi del '92 con matrice oscura. Giusto l'intervento di Pisanu» -
INTERVISTA
(02 luglio 2010) - fonte: Corriere della Sera - Giovanni Bianconi -
inserita il 02 luglio 2010 da 31
«Certo che il nostro è uno strano Paese», esordisce
Giuliano Amato, presidente del
Consiglio nel 1992 insanguinato dalle stragi di mafia, e dunque
testimone diretto di quella drammatica stagione rievocata nella
relazione del presidente della commissione parlamentare antimafia
Giuseppe Pisanu.
Perché, presidente?
«Perché quando un personaggio di primissimo rango come Giulio Andreotti
esce indenne da un lungo processo si dice che questo capita se si
confonde la responsabilità penale con quella politica, mentre quando un
presidente dell`Antimafia come Pisanu si sforza di cercare
responsabilità politiche laddove non ne sono state individuate di penali
gli si risponde che bisogna lasciar lavorare i giudici. Ma allora che
bisogna fare?».
Secondo lei?
«Secondo me il lavoro di Pisanu è legittimo e prezioso, perché può
aiutare la politica a cercare delle chiavi di lettura che non possono
sempre venire dalla magistratura. E a trovare finalmente il giusto modo
di affrontare la questione mafiosa. Provando a capire che cosa è
accaduto in passato si può affrontare meglio anche il presente».
Il passato, in questo caso, sono le stragi del 1992 e 1993. Lei divenne
capo del governo dopo la morte di Giovanni Falcone e prima di quella di
Borsellino. Ha avuto la sensazione di «qualcosa di simile a una
trattativa», come dice Pisanu?
«Sinceramente no. L`ho detto anche ai procuratori di Caltanissetta
quando mi hanno interrogato.
Io in quelle settimane ero molto impegnato ad affrontare l`emergenza
economico-finanziaria, dovevamo fare una manovra da 30.000 miliardi di
lire per il`92 e impostare quella del `93. La strage di via D`Amelio ci
colse nel pieno dei vertici economici internazionali.
Ricordo però che dopo quel drammatico avvenimento ebbi quasi un ordine
da Martelli, quello di far approvare subito il decreto-legge sul carcere
duro per i mafiosi varato dopo l`eccidio di Capaci. Andai di sera dal
presidente del Senato Spadolini, ed ottenni una calendarizzazione ad
horas del provvedimento».
Dei contatti tra alcuni ufficiali del Ros dei carabinieri e l`ex sindaco
mafioso di Palermo Ciancimino lei sapeva qualcosa, all`epoca?
«No, però voglio dire una cosa. Che ci sia stato un certo lavorio di
qualche apparato a livello inferiore è possibile, ma pensare che dei
contatti poco chiari potessero avere una sponda in Nicola Mancino che
era stato appena nominato ministro dell`Interno è un ipotesi che
considero offensiva, in primo luogo per lo stesso Mancino. Sulle ragioni
della sua nomina è Arnaldo Forlani che può fare chiarezza».
Perché?
«Perché la Dc di cui allora era segretario decise, o fu spinta a
decidere, che bisognava tagliare Gava dal governo. Ma a Gava bisognava
comunque trovare una via d`uscita onorevole, individuata nella
presidenza del gruppo al Senato che era di Mancino».
L`ex presidente del Consiglio Ciampi ha ripetuto che dopo le stragi del
'93 lui, da Palazzo Chigi, ebbe timore di un colpo di Stato. Lei pensò
qualcosa di simile, nello stesso posto, dopo le bombe del '92?
«No, ma del resto non ebbi timori di quel genere nemmeno dopo le stragi
degli anni Settanta. All`indomani di via D`Amelio non ebbi allarmi
particolari dal ministro dell`Interno, né dal capo della polizia Parisi
o da quelli dei servizi segreti. Parisi lo trovai ai funerali di
Borsellino, dove io e il presidente Scalfaro subimmo quasi
un`aggressione e avemmo difficoltà ad entrare in chiesa.
Ma attribuimmo l`episodio alla rabbia contro lo Stato che non era
riuscito ad evitare quella morte. Il problema che ancora oggi resta
insoluto è la vera matrice di quelle stragi».
Che intende dire?
«Che per la mafia furono un pessimo affare. Non solo quella di via
D`Amelio, dopo la quale Martelli applicò immediatamente il regime di
carcere duro a centinaia di boss, ma anche quella di Capaci. Certo,
Falcone era un nemico, ma in quel momento un`impresa economico-criminale
come Cosa Nostra avrebbe avuto tutto l`interesse a stare lontana dai
riflettori, anziché accenderli con quella manifestazione di violenza.
Quali interessi vitali dell`organizzazione mafiosa stava mettendo in
pericolo, Falcone?
La spiegazione che volevano eliminare un magistrato integerrimo, come
lui o come Borsellino, è troppo semplice. In ogni caso potevano
ucciderlo con modalità meno eclatanti, come hanno fatto in altre
occasioni. Invece vollero colpire lui e insieme lo Stato, imponendo una
devastante dimostrazione di potere».
Chi può esserci allora, oltre a Cosa nostra, dietro gli attentati che
per la mafia furono controproducenti?
«Purtroppo non lo sappiamo, ma è questa la domanda-chiave a cui dovremmo
trovare la risposta. Perché vede, per le stragi degli anni Settanta si
sono trovate molte spiegazioni; compresa quella che sosteneva il
prefetto Parisi, il quale immaginava un ruolo dei servizi segreti
israeliani per punire la politica estera italiana sul versante
palestinese. E per le stragi del 1993 io trovo abbastanza convincente la
tesi di una ritorsione per il carcere duro affibbiato a tanti boss e
soprattutto al loro capo, Riina, arrestato all`inizio dell`anno. Per
quelle del`92, invece, non riesco a immaginare motivazioni mafiose
sufficienti a superare le ripercussioni negative. E questo conferma
l`ipotesi di qualche condizionamento esterno rispetto ai vertici di Cosa
nostra.
Perciò ha ragione Pisanu a interrogarsi e chiedere di fare luce».
Anche laddove i magistrati non riescono ad arrivare?
«Ma certo. Noi siamo arrivati al limite del giuridicamente accettabile
con il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che io
condivido ma che faccio fatica a spiegare all`estero.
Al di là di quel reato, però, non ci sono solo i boy scout; possono
esistere rapporti pericolosi, magari meno diretti o meno importanti, ma
pur sempre rapporti. E di questi dovrebbe occuparsi la politica, prima
dei magistrati».
Infatti Andreotti e Cossiga, agli
ordini di Henry Kissinger, se ne interessarono con Delle
Chiaie che rappresentava un estremismo di destra che teneva rapporti con
la mafia di Rejna , secondo Lo Cicero.
PERCHE' IL PRESIDENTE
BIDEN NON GRAZIA ASSANGE dimostrando di essere migliore dei suoi
predecessori ?
FATTI NO BLA
BLA BLA DELLA STAMPA PER CONDIZIONARE LA VITA DELLE PERSONE CHE
NON PENSANO PRIMA DI AGIRE
LE NON RISPOSTE DI
DRAGHI E CINGOLANI DOCUMENTATE DA REPORT
QUALE E' LA VERITA' SUI MANDANTI DELLA
MORTE DI FALCONE E BORSELLINO ?
Era il 23 maggio del 1992 quando
Giovanni Falcone guidava la Fiat Croma della sua scorta che lo
accompagnava dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.
Assieme a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe
Costanza che quel giorno sedeva dietro.
Nel corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano
anche altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli
agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma
azzurra sulla quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare
Cervello e Angelo Corbo.
Alle 17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale,
viene azionato da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto
il viadotto autostradale nel quale passava il giudice Falcone.
La prima auto, quella degli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene
sbalzata in un campo di ulivi che si trovava vicino alla carreggiata.
Muoiono tutti sul colpo.
L’auto di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una
pioggia di detriti e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il
parabrezza della macchina.
In quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto
gravi ed entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.
L’autista Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è
ancora oggi vivo.
Mai in Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così
clamorosa e così ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento
di apparati terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità
di Cosa Nostra.
Capaci è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale.
Fu fatta saltare un’autostrada con 200 kg di esplosivo da cava. Appare
impossibile pensare che furono soltanto uomini come Giovanni Brusca o
piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu potessero realizzare
qualcosa del genere.
Impossibile anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni
precedenti sia stata portata una quantità considerevole di esplosivo
sotto l’autostrada senza che nessuno notasse nulla.
È alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi
pesanti per trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare
l’ordigno.
Il via vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare
che questo passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree
circostanti.
Così come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in
cui Falcone sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte
dall’interno che li informasse dei movimenti e degli spostamenti del
magistrato.
Capaci per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare
del tutto inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli
presenti nelle istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni
necessarie per eseguire la strage.
Senza i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti
dell’eccidio che è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.
E per poter comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario
guardare a cosa stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di
vita.
Senza posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo
comprendere nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.
La stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione
edulcorata e distorta della strage di Capaci.
Ci vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è
stato detto tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio
Berlusconi tra i mandanti occulti dell’attentato, teoria che pare aver
trovato una certa fortuna tra gli allievi liberali montanelliani, quali
Peter Gomez e Marco Travaglio.
Non ci viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni
Falcone prima di morire.
L’indagine di Falcone sui fondi neri del PCI
All’epoca dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali,
incarico che aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia,
Claudio Martelli.
Nei mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di
aiuto da parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.
Cossiga chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che
erano piovuti da Mosca dal dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito
comunista italiano.
Si parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono
transitati dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione
Sovietica, a quelle del PCI.
La politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività
dei partiti comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque
l’influenza del pensiero marxista e leninista e dell’URSS che si
dichiarava custode di quella ideologia.
Questa storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro
intitolato "Il viaggio di Falcone a Mosca" firmato da Francesco Bigazzi
e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che stava collaborando con
Falcone prima di essere ucciso.
Il sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si
rischia di perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei
quali è spesso difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i
fondi.
I finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri
suoi satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate
da Stepankov.
Ricevevano fondi il partito comunista francese e persino il partito
comunista americano rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava
tutto il suo impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da
Ronald Reagan.
Il partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità
di fondi più ingenti perché questo era il partito comunista più forte
d’Occidente ed era necessario nell’ottica di Mosca assicurargli un
costante sostegno per tenera aperta la possibilità di spostare l’Italia
dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di Varsavia.
Una eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la
probabile fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra
Washington e Mosca che si contendevano un Paese fondamentale, allora
come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo.
Ed è in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata
e attuata da ambienti atlantici per impedire che Roma si avvicinasse
troppo a Mosca.
Nell’ottica di questa strategia era necessario colpire la popolazione
civile attraverso gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse,
infiltrati da ambienti dell’intelligence americana per eseguire azioni
clamorose, su tutte il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.
Il sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto
stato profondo di Washington è stato versato per impedire all’Italia di
intraprendere un cammino politico che avrebbe potuto allontanarla troppo
dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per approdare in quella
sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel campo dei Paesi
non allineati né con un blocco né con l’altro.
Nel 1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta
minaccia sovietica. A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e
l’URSS era crollata non per via della sua struttura elefantiaca, come
pretende di far credere una certa vulgata atlantista, ma semplicemente
perché si era deciso di demolirla dall’interno.
La perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex
segretario del PCUS, Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che
preparò il terreno alla caduta del blocco sovietico.
Gorbachev era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del
globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad essere elogiato e
sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e
ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.
Al Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua
derivazione politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica
senza la quale sarebbe stato impossibile perseguire i piani di questa
struttura paragovernativa internazionale.
Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò
calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale,
soprattutto quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa
società segreta che senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita
a portare avanti indisturbata i suoi piani.
Nella visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha
nostalgia, era comunque diventata ingombrante e doveva essere rimossa.
Il segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue
“riforme” ebbe un ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del
raggiungimento di questo obbiettivo.
I signori del Bilderberg avevano deciso che gli anni 90 avrebbero dovuto
essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione di un
potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva
passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione
Sovietica.
Il crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società
post-sovietica russa. Moltissimi dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un
numero di morti per suicidio che non trova probabilmente emuli nella
storia politica recente di nessun Paese.
Alcuni suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti
notabili di Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare
le verità scomode che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.
A Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello
che era il patrimonio pubblico dello Stato.
L’URSS era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare
in quella del neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per
gli altri Paesi dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e
comprati da corporation angloamericane.
Il procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di
soldi che era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse
finito tutto questo denaro e come esso fosse stato speso.
Per fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga
girò questa richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli
affari penali, Giovanni Falcone.
Falcone accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il
procuratore Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal
secondo dopoguerra in poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.
Al loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito.
Entrambi si riconoscono una integrità e una determinazione
indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse
accaduto con quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca
per finire in Italia.
I fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per
poter completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di
un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia che in questo caso
avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.
I legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media
mainstream italiani. La sinistra progressista si è attribuita una sorta
di primato morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa
indagine rivelano invece una sua profonda contiguità con il fenomeno
mafioso.
L’indagine di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani
Pulite
Giovanni Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non
fece in tempo. Una volta iniziata la sua collaborazione con Stepankov la
sua vita fu stroncata brutalmente nella strage di Capaci.
Era in programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a
Mosca per continuare la collaborazione con Stepankov.
Il giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe
potuto travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello
del partito comunista due anni prima nella svolta della Bolognina
inaugurata da Achille Occhetto.
Il PCI si stava tramutando in una versione del partito democratico
liberal progressista molto simile a quella del partito democratico
americano.
Il processo di conversione era già iniziato anni prima quando a
Washington iniziò a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che
divenne un interlocutore privilegiato degli ambienti che contano negli
Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e atlantisti.
A Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva
essere il nuovo partito post-comunista a trascinare l’Italia nel girone
infernale della globalizzazione.
Il 1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe
giudiziaria. Il 1992 fu una operazione internazionale decisa nei circoli
del potere anglo-sionista che aveva deciso di liberarsi di una classe
politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva saputo in diverse
occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo esercitare la
sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto anche
con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler
rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere
transnazionali.
Il copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un
cecchino. Tutti i partiti vennero travolti dalle inchieste giudiziarie e
tutti finirono sotto la gogna mediatica della pioggia di avvisi di
garanzia che in quel clima da linciaggio popolare equivalevano ad una
condanna anticipata.
Il PSI di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero
colpiti ma le inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.
Eppure era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative
rosse, così come era nota la corruttela che c’era nel partito comunista
italiano che riceveva fondi da una potenza straniera, allora nemica, e
poi li riciclava attraverso la probabile assistenza di organizzazioni
mafiose.
Questa era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni
Falcone e questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo
Borsellino, suo fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni
dopo a via d’Amelio.
Mai la mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era
nelle sue possibilità. C’è un unico filo rosso che lega queste due
stragi e questo filo rosso porta fuori dai confini nazionali.
Porta direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta
la ricchezza dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per
essere portata in dote alla finanza anglosionista.
Questi stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse
essere il nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia
italiana attraverso la sua adesione alla moneta unica.
E fu effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il
PDS portò l’Italia sul patibolo dell’euro e di Maastricht e privò della
sovranità monetaria il Paese agganciandola alla palla al piede della
moneta unica, arma della finanza internazionale.
E fu il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei
magistrati Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
avevano messo le mani sui fili dell’alta tensione. Quelli di un potere
così forte che fa impallidire la mafia.
I due brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva
essere compreso se non si guardava al piano superiore, che era quello
costituito dalla massoneria e dal potere finanziario.
Cosa Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza
di un potere senza volto molto più potente.
È questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno
quando si celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di
retorica o da una scadente cinematografia di regime che mai sfiora la
verità su quanto accaduto in quegli anni e mai sfiora il vero potere che
eseguì il colpo di Stato del 1992 e che insanguinò l’Italia nello stesso
anno.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate
non solo per il loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e
determinazione nel fare il loro mestiere, anche se questo voleva dire
pagare con la propria vita.
Lo fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più
forte di loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e
destini decisi da uomini seduti nei consigli di amministrazione di
banche e corporation che erano i veri registi della mafia.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi
italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo Ordine Mondiale aveva
deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a sacrificare la
loro vita.
Oggi, trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con
quanto accaduto nel 1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una
nuova fase della sua storia, una nella quale potrebbe esserci la seria
possibilità di avere una sovranità e una indipendenza come non la si è
avuta dal 1945 in poi.
Autovelox mobili:
la multa non è valida se non sono segnalati
multe autovelox
La Cassazione ha confermato che anche gli autovelox posti sulle
pattuglie delle varie forze dell’ordine devono essere adeguatamente
segnalati.
Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati
AUTOVELOX MOBILI - Subire una multa per eccesso di velocità non è
certamente piacevole, soprattutto perché questo comporta la necessità di
dover mettere mano al portafoglio per una spesa imprevista. Ci sono però
delle situazioni in cui la sanzione può essere ritenuta non valida e
quindi annullata, come indicata da una recente sentenza emessa dalla
Corte di Cassazione. Che ha così chiarito i dubbi su cosa può accadere
nel caso in cui l’autovelox presente in un tratto di strada non sia
opportunamente segnalato: l’obbligo è valido anche per gli autovelox
mobili montati sulle auto della polizia.
UNA LUNGA TRAFILA LEGALE - La vicenda trae origine da un’automobilista
di Feltre (Belluno) aveva subito sei anni fa una multa per eccesso di
velocità dopo essere stato sorpreso a 85 km/h in un tratto di strada in
cui il limite era invece di 70 m/h. Una pattuglia della polizia presente
sul posto dotata di autovelox Scout Speed aveva provveduto a
sanzionarlo. L’uomo era però convinto di avere subito un’ingiustizia e
aveva così deciso di fare ricorso. Alla fine, nonostante la trafila sia
stata particolarmente lunga, è stato proprio il conducente a vincere
fino ad arrivare alla sentenza della Cassazione emessa pochi giorni fa.
LA SENTENZA - Nella quale si legge: "In attuazione del generale obbligo
di preventiva e ben visibile segnalazione, contempla la possibilità di
installare sulle autovetture dotate del dispositivo Scout Speed messaggi
luminosi contenenti l'iscrizione “controllo velocità” o “rilevamento
della velocità”, visibili sia frontalmente che da tergo. Molteplici
possibilità di impiego e segnalazione sono correlate alle
caratteristiche della postazione, fissa o mobile, sicché non può dedursi
alcuna interferenza negativa che possa giustificare, avuto riguardo alle
caratteristiche tecniche della strumentazione impiegata nella postazione
di controllo mobile, l'esonero dall'obbligo della preventiva
segnalazione".
per non fare diventare l'ITALIA
un'hotspot europeo dell'immigrazione in quanto bisogna resistere come
italiani nel nostro paese dando agli immigrati un messaggio forte e
chiaro : ogni paese puo' svilupparsi basta impegnarsi per farlo con le
risorse disponibili e l'intelligenza , che significa adattamento nel
superare le difficolta'.
Inventarsi un lavoro invece che fare
l'elemosina.
Quanti miracoli ha fatto Maometto
rispetto a Gesu' ?
1) esame
d'italiano e storia italiana per gli immigrati
2) lavori
socialmente utili
3) pulizia
e cucina autonoma
3 gennaio 1917, Suor Lucia nel Terzo segreto di Fatima: Il sangue dei
martiri cristiani non smetterà mai di sgorgare per irrigare la terra e
far germogliare il seme del Vangelo. Scrive suor Lucia: “Dopo le
due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra
Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano
sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero
incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore
che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo
indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza,
Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “Qualcosa
di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano
davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento
che fosse il Santo Padre”. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e
religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una
grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la
corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande
città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di
dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel
suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi
della grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli
spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo
morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e
religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e
posizioni. Sotto i due bracci della croce c’erano due Angeli ognuno con
un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il
sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a
Dio”.interpretazione del
Terzo segreto di Fatima era già stata offerta dalla stessa Suor Lucia in
una lettera a Papa Wojtyla del 12 maggio 1982. In essa dice: «La
terza parte del segreto si riferisce alle parole di Nostra Signora: “Se
no [si ascolteranno le mie richieste la Russia] spargerà i suoi errori
per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni
saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie
nazioni saranno distrutte” (13-VII-1917). La terza parte del segreto è
una rivelazione simbolica, che si riferisce a questa parte del
Messaggio, condizionato dal fatto se accettiamo o no ciò che il
Messaggio stesso ci chiede: “Se accetteranno le mie richieste, la Russia
si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il
mondo, etc.”. Dal momento che non abbiamo tenuto conto di questo appello
del Messaggio, verifichiamo che esso si è compiuto, la Russia ha invaso
il mondo con i suoi errori. E se non constatiamo ancora la consumazione
completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati
a poco a poco a larghi passi. Se non rinunciamo al cammino di peccato,
di odio, di vendetta, di ingiustizia violando i diritti della persona
umana, di immoralità e di violenza, etc. E non diciamo che è Dio che
così ci castiga; al contrario sono gli uomini che da se stessi si
preparano il castigo. Dio premurosamente ci avverte e chiama al buon
cammino, rispettando la libertà che ci ha dato; perciò gli uomini sono
responsabili».
Le storie degli immigrati occupanti che cercano di farsi mantenere
insieme alle loro famiglie , non lavoro come gli immigrati italiani
all'estero:
1) Mi trovavo all'opedale per prenotare una visita delicata ,
mentre stato parlando con l'infermiera, una donna mi disse di sbrigarmi
: era di colore.
2) Mi trovavo in C,vittorio ang V.CARLO ALBERTO a Torino, stavo dando
dei soldi ad un bianco che suonava una fisarmonica accanto ai suoi
pacchi, arriva un nero in bici e me li chiede
3) Ero su un bus turistico e' salito un nero ha spostato la roba che
occupava i primi posti e si e' messo lui
4) Ero in un team di startup che doveva fare proposte a TIM usando
strumenti della stessa la minoranza mussulmana ha imposto di prima
vedere gli strumenti e poi fare le proposte: molto innovativo !
5) FINO A QUANDO I MUSSULMANI NON ACCETTANO LA PARITA' UOMO DONNA ,
ANCHE SE LO SCRIVE IL CORANO E' SBAGLIATO. E' INACCETTABILE QUESTO
PRINCIPIO CHE CI PORTA INDIETRO.
6) perche' lITALIA deve accogliere tutti ? anche gli alberghi possono
rifiutare clienti .
7) Immigrazione ed economia sono interconnesse in quanto spostano pil
fuori dal paese.
8) Gli extracomunitari ti entrano in casa senza chiedere permesso. Non
solo desiderano la roba d altri ma la prendono.
Forse il primo insegnamento sarebbe il rispetto della liberta' altrui.
09.01.19
Tutti i nulllafacenti immigrati
Boeri dice che ne abbiamo bisogno : per cosa ? per mantenerli ?
04.02.17l
L'ISIS secondo me sta facendo delle
prove di attentato con l'obiettivo del Vaticano con un attacco
simultaneo da terra con la tecnica dei camion e dal cielo con aerei come
a NY l'11.09.11.
Riforma sostenuta da una
maggioranza trasversale: «Non razzismo, ma realismo» Case Atc agli
immigrati La Regione Piemonte cambia le regole Gli attuali criteri per
le assegnazioni penalizzano gli italiani .
Screening pagato dalla Regione e
affidato alle Molinette Nel Centro di Settimo esami contro la Tbc
“Controlli da marzo” Tra i profughi in arrivo aumentano i casi di
scabbia In sei mesi sono state curate un migliaio di persone.
Il Piemonte è la quarta regione
italiana per numero di richiedenti asilo. E gli arrivi sono destinati ad
aumentare. L’assessora Cerutti: “Un sistema che da emergenza si sta
trasformando in strutturale”. Coinvolgere maggiormente i Comuni.In
Piemonte ci sono 14.080 migranti e il flusso non accenna ad arrestarsi:
nel primo mese del 2017 sono già sbarcati in Italia 9.425 richiedenti
asilo, in confronto ai 6030 dello scorso anno e ai 3.813 del 2015.
Insomma, serve un piano. A illustrarlo è l’assessora all’Immigrazione
della Regione Monica Cerutti, che spiega come la rete di accoglienza in
questi anni sia radicalmente cambiata, trasformando il sistema «da
emergenziale a strutturale».
La Regione punta su formazione e
compensazioni mentre aumentano i riconoscimenti In Piemonte 14 mila
migranti Solo 1200 nella rete dei Comuni A Una minoranza inserita in
progetti di accoglienza gestiti dagli enti locali umentano i
riconoscimenti delle commissioni prefettizie, meno rigide rispetto al
passato prossimo: la tendenza si è invertita, le domande accolte sono il
60% rispetto al 40% dei rigetti. Non aumenta, invece, la disponibilità a
progetti di accoglienza e di integrazione da parte dei Comuni. Stando ai
dati aggiornati forniti dalla Regione, si rileva che rispetto ai 14 mila
migranti oggi presenti in Piemonte quelli inseriti nel sistema Sprar -
gestito direttamente dai Comuni - non superano i 1.200. Il resto lo
troviamo nelle strutture temporanee sotto controllo dalle Prefetture.
Per rendere l’idea, nella nostra regione i Comuni sono 1.2016. La
trincea dei Comuni Un bilancio che impensierisce la Regione, alle prese
con resistenze più o meno velate da parte degli enti locali: il
termometro di un malumore, o semplicemente di indifferenza, che impone
un lavoro capillare di convincimento. «Di accompagnamento, di
compensazione e prima ancora di informazione contro la disinformazione e
certe strumentalizzazioni politiche», - ha precisato l’assessora Monica
Cerutti riepilogando le azioni previste nel piano per regionale per
l’immigrazione. A stretto giro di posta è arrivata la risposta della
Lega Nord nella persona del consigliere regionale Alessandro Benvenuto:
«Non esistono paure da disinnescare ma necessità da soddisfare sia in
termini di sicurezza e controllo del territorio, sia dal punto di vista
degli investimenti. Il Piemonte ha di per sé ben poche risorse, che
andrebbero utilizzate per creare lavoro e risolvere i problemi che
attanagliano i piemontesi, prima di essere adoperate per far fare un
salto di qualità all’accoglienza». Progetti di accoglienza Tre i
progetti in campo: «Vesta» (ha come obiettivo il miglioramento dei
servizi pubblici che si relazionano con i cittadini di Paesi terzi),
“Petrarca” (si occupa di realizzare un piano regionale per la formazione
civico linguistica), “Piemonte contro le discriminazioni” (percorsi di
formazione e di inclusione volti a prevenire le discriminazioni).
Inoltre la Regione ha attivato con il Viminale un progetto per favorire
lo sviluppo delle economie locali sostenendo politiche pubbliche rivolte
ai giovani ivoriani e senegalesi. Più riconoscimenti Come si premetteva,
aumentano i riconoscimenti: 297 le domande accolte dalla Commissione di
Torino nel periodo ottobre-dicembre 2016 (status di rifugiato,
protezione sussidiaria e umanitaria); 210 i rigetti. In tutto i
convocati erano mille: gli altri o attendono o non si sono presentati. I
tempi della valutazione, invece, restano lunghi: un paio di anni,
considerando anche i ricorsi. Sul fronte dell’assistenza sanitaria e
della prevenzione, si pensa di replicare nel Centro di Castel D’Annone,
in provincia di Asti, lo screening contro la tubercolosi che dal marzo
sarà attivato al Centro Fenoglio di Settimo con il concorso di Regione,
Croce Rossa e Centro di Radiologia Mobile delle Molinette.
INTANTO :«Non sono ipotizzabili
anticipazioni di risorse» per l’asilo che Spina 3 attende dal 2009. La
lunga attesa aveva fatto protestare molti residenti e c’era chi già
stava perdendo le speranze. Ma in Circoscrizione 4, in risposta a
un’interpellanza del consigliere della Lega Carlo Morando, il Comune ha
messo nero su bianco che i fondi dei privati per permettere la
costruzione dell’asilo non ci sono. Quella di via Verolengo resta una
promessa non rispettata. Con la crisi immobiliare, la società Cinque
Cerchi ha rinunciato a costruire una parte dei palazzi e gli oneri di
urbanizzazione versati, spiegò mesi fa l’ex assessore Lorusso, erano
andati per la costruzione del tunnel di corso Mortara. Ad ottobre c’è
stata una nuova riunione. L’esito è stata la fumata nera da parte dei
privati. «Sarà necessario che la progettazione e la realizzazione
dell’opera vengano curate direttamente dalla Città di Torino», scrive il
Comune nella sua risposta. Senza specificare come e dove verranno
reperiti i fondi necessari, né quando si partirà.
20 gen
2011 -L'immigrazione"circolare"
è quella in cui i migranti, dopo un certo periodo di lavoro all'estero,
tornano nei loro Paesi d'origine. Un sistema più ...
Tutto è iniziato quando è stato
chiuso il bar. I 60 stranieri che erano a bordo del traghetto Tirrenia
diretto a Napoli volevano continuare a bere. L’obiettivo era sbronzarsi
e far scoppiare il caos sulla nave. Lo hanno fatto ugualmente,
trasformando il viaggio in un incubo anche per gli altri 200 passeggeri.
In mezzo al mare, nel cuore della notte, è successo di tutto: litigi,
urla, botte, un tentativo di assalto al bancone chiuso, molestie ai
danni di alcuni viaggiatori e persino un’incursione tra le cuccette. La
situazione è tornata alla calma soltanto all’alba, poco prima
dell’ormeggio, quando i protagonisti di questa interminabile notte brava
hanno visto che sulle banchine del porto di Napoli erano già schierate
le pattuglie della polizia. Nella nave Janas partita da Cagliari lunedì
sera dalla Sardegna era stato imbarcato un gruppo di nordafricani che
nei giorni scorsi aveva ricevuto il decreto di espulsione. Una trentina
di persone, alle quali si sono aggiunti anche altri immigrati
nordafricani. E così a bordo è scoppiato il caos. Il personale di bordo
ha provato a riportare la calma ma la situazione è subito degenerata.
Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati. All’arrivo a
Napoli, il traghetto è stato bloccato dagli agenti della Questura di
Napoli che per tutta la giornata sono rimasti a bordo per identificare
gli stranieri che hanno scatenato il caos in mezzo al mare e per
ricostruire bene l’episodio. «Il viaggio del gruppo è stato effettuato
secondo le procedure previste dalla legge, implementate dalle autorità
di sicurezza di Cagliari – si limita a spiegare la Tirrenia - La
compagnia, come sempre in questi casi, ha destinato ai passeggeri
stranieri un’area della nave, a garanzia della sicurezza dei passeggeri,
non essendo il gruppo accompagnato dalle forze di polizia.
Contrariamente a quanto avvenuto in passato, il gruppo ha creato
problemi a bordo per tensioni al suo interno che poi si sono ripercosse
sui passeggeri». A bordo del traghetto gli agenti della questura di
Napoli hanno lavorato per quasi 12 ore e hanno acquisito anche le
telecamere della videosorveglianza della nave. Nel frattempo sono
scoppiate le polemiche. «I protagonisti di questo caos non sono da
scambiare con i profughi richiedenti asilo - commenta il segretario del
Sap di Cagliari, Luca Agati - La verità è che con gli sbarchi dal Nord
Africa, a cui stiamo assistendo anche in questi giorni, arrivano poco di
buono, giovani convinti di poter fare cio’ che vogliono una volta
ottenuto il foglio di espulsione, che di fatto è un lasciapassare che
garantisce loro la libertà di delinquere in Italia. Cosa deve accadere
per far comprendere che va trovata una soluzione definitiva alla
questione delle espulsioni?» In ostaggio per ore Per ore la nave è
stata in balia dei sessanta scatenati, che hanno trasformato il viaggio
in un incubo per gli altri 200 passeggeri 21.02.17
Istituto comprensivo Regio Parco La
crisi spegne la musica in classe Le famiglie non pagano la retta da 10
euro al mese: a rischio il progetto lanciato da Abbado, mentre la
Regione Piemonte finanzia un progetto per insegnare ai bambini italiani
la lingua degli immigrati non viceversa.
Qui Foggia Gli sfollati di una
palazzina crollata nel 1999 vivono in container di appena 24 mq Qui
Messina Nei rioni Fondo Fucile e Camaro San Paolo le baracche aumentano
di anno in anno Donne e bambini Nei rioni nati dopo il sisma le case
sono coperte da tetti precari, spesso di Eternit Qui Lamezia Terme Oltre
400 calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica a cielo
aperto Qui Brescia Nelle casette di San Polino le decine di
famiglie abitano prefabbricati fatiscenti Da Brescia a Foggia, da
Lamezia a Messina. Oltre 50 mila italiani vivono in abitazioni di
fortuna. Tra amianto, topi e rassegnazione Caterina ha 64 anni e tenacia
da vendere. Con gli occhi liquidi guarda il tetto di amianto sopra la
sua testa: «Sono stata operata due volte di tumore, è colpa di questo
maledetto Eternit». Indossa una vestaglia a righe bianche e blu. «Vivo
qui da vent’anni. D’estate si soffoca, d’inverno si gela, piove in casa
e l’umidità bagna i vestiti nei cassetti. Il dottore mi ha detto di
andare via. Ma dove?». In fondo alla strada abita Concetta, che tra topi
e lamiere trova la forza di sorridere: «A ogni campagna elettorale i
politici ci promettono case popolari, ma una volta eletti si dimenticano
di noi. Sono certa che morirò senza aver realizzato il mio sogno: un
balcone dove stendere la biancheria». Antonio invece no, lui non ride.
Digrigna i denti rimasti: «Gli altri li ho persi per colpa della rabbia.
In due anni qui sono diventato brutto, mi vergogno». Slum, favela,
bidonville: Paese che vai, emarginazione che trovi. Un essere umano su
sei, nel mondo, vive in una baraccopoli. In Italia sono almeno 53 mila
le persone che, secondo l’Istat, abitano nei cosiddetti «alloggi di
altro tipo», diversi dalle case. Cantine, roulotte, automobili e
soprattutto baracche. Le storie di questi cittadini invisibili (e
italianissimi) sono raccontate nel documentario «Baraccopolis» di Sergio
Ramazzotti e Andrea Monzani, prodotto da Parallelozero, in onda domenica
sera alle 21,15 su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale».
Le baraccopoli sono non luoghi popolati da un’umanità sconfitta e spesso
rassegnata. Donne, uomini, bambini, anziani. Vittime della crisi
economica o di circostanze avverse. Vivono in stamberghe all’interno di
moderni ghetti al confine con quella parte di città degna di questo
nome. Di là dal muro la civiltà. Da questo lato fango, calcinacci,
muffa, immondizia, fogne a cielo aperto. A Messina le abitazioni di
fortuna risalgono ad oltre un secolo fa, quando il terremoto del 1908
rase al suolo la città. Qui l’emergenza è diventata quotidianità. Fondo
Fucile, Giostra, Camaro San Paolo. Eccoli i rioni del girone infernale
dei diseredati. Legambiente ha censito più di 3 mila baracche e
altrettante famiglie. I topi, invece, sono ben di più. A Lamezia Terme
oltre 400 calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica. Tra
loro c’è Cosimo, che vorrebbe andare via: «Non per me, ma per mio
figlio, ha subìto un trapianto di fegato». A Foggia gli sfollati di una
palazzina crollata nel 1999 vivono nei container di 24 mq. Andrea abita
invece nelle casette di San Polino a Brescia, dove un prefabbricato
fatiscente è diventato la sua dimora forzata: «Facevo
l’autotrasportatore. Dopo due ictus ho perso patente e lavoro. I miei
figli non sanno che abito qui. Non mi è rimasto nulla, nemmeno la
dignità». Sognando un balcone «Il mio sogno? È un balcone dove stendere
la biancheria», dice la signora Caterina nIl documentario «Baraccopolis»
di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani, prodotto da Parallelozero, andrà
in onda domani sera alle 21.15 su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il
racconto del reale». Su Sky Atlantic Il documentario 3 domande a Sergio
Ramazzotti registra e fotografo “Così ho immortalato la vita dentro
quelle catapecchie” Chi sono gli abitanti delle baraccopoli? «Sono
cittadini italiani, spesso finiti lì per caso. Magari dopo aver perso il
lavoro o aver divorziato». Quali sono i tratti comuni? «Chi finisce in
una baracca attraversa fasi simili a quelle dei malati di cancro. Prima
lo stupore, poi la rabbia, il tentativo di scendere a patti con la
realtà, la depressione, infine la rassegnazione». Cosa ci insegnano
queste persone? «È destabilizzante raccontare donne e uomini caduti in
disgrazia con tanta rapidità. Sono individui come noi. La verità è che
può succedere a chiunque». Baraccopolid’Italia
01.03.17
GLI ITALIANI AIUTANO più FACILMENTE
GLI EXTRACOMUNITARI RISPETTO AGLI ITALIANI.
La Commissione
europea, tre anni dopo aver condannato quattro tra le più grandi banche
europee per aver truccato il tasso di interesse che incide sui mutui di
milioni di cittadini europei, ha finalmente tolto il segreto al testo
della sentenza. E quel documento di trenta pagine potrebbe valere, solo
per gli italiani che hanno un mutuo sulle spalle, ben 16 miliardi di
euro di rimborsi da chiedere alle banche.
La storia parte
con la scoperta di un'intesa restrittiva della concorrenza, ovvero un
cartello, tra le principali banche europee. Lo scopo, secondo
l'Antitrust europeo, era di manipolare a proprio vantaggio il corso
dell'Euribor, il tasso di interesse che funge da riferimento per un
mercato di prodotti finanziari che vale 400mila miliardi di euro. Tra
questi ci sono i mutui di 2,5 milioni di italiani, per un controvalore
complessivo stimabile in oltre 200 miliardi. L'Euribor viene calcolato
giorno per giorno con un sondaggio telefonico tra 44 grandi banche
europee, che comunicano che tasso di interesse applicano in quel momento
per i prestiti tra banche. Il risultato del sondaggio viene comunicato
all'agenzia Thomson Reuters che poi comunica il valore dell'Euribor agli
operatori e al pubblico. L'Antitrust ha scoperto che alcune grandi
banche, tra il 2005 e il 2008, si erano messe d'accordo per falsare i
valori comunicati e manipolare il valore del tasso secondo la propria
convenienza. «Alcune volte, -recita la sentenza che il Giornale ha
potuto visionare- certi trader (omissis...) comunicavano e/o ricevevano
preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi
valori Euribor. Queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie
posizioni commerciali ed esposizioni»
Il risultato
ovviamente si è riflettuto sui mutui degli ignari cittadini di tutta
Europa, che però finora avevano le unghie spuntate. Un avvocato di
Sassari, Andrea Sorgentone, legato all'associazione Sos Utenti, ha
subissato la Commissione di ricorsi per farsi consegnare il testo della
sentenza dell'Antitrust che condanna Deutsche Bank, Société Genéralé,
Rbs e Barclay's a pagare in totale una multa di oltre un miliardo di
euro.
La Ue ha sempre
rifiutato adducendo problemi di riservatezza delle banche, ma alla fine
l'avvocato ha ottenuto una copia della sentenza, seppur in parte
«censurata». E ora il conto potrebbe salire. E non solo per quelle
direttamente coinvolte, perché il tasso alterato veniva applicato ai
mutui variabili da tutte le banche, anche le italiane, che ora
potrebbero dover pagare il conto dei trucchi di tedesche, francesi e
inglesi. Sorgentone si dice convinto di poter ottenere i risarcimenti:
«Secondo le stime più attendibili -dice- i mutuatari italiani hanno
pagato interessi per 30 miliardi, di cui 16 indebitamente. La sentenza
europea è vincolante per i giudici italiani. Ora devono solo
quantificare gli interessi che vanno restituiti in ogni rapporto mutuo,
leasing, apertura di credito a tasso variabile che ha avuto corso dal 1
settembre 2005 al 31 marzo 2009».
27.01.17
Come creare un meeting su
Zoom? In un
periodo in cui è richiesto dalla società il distanziamento sociale,
la nota app per le videoconferenze diventa uno strumento importante
per molte aziende e privati. Se partecipare a un meeting è un
processo estremamente semplice, che non richiede neppure la
registrazione al servizio, discorso diverso vale per gli utenti che
desiderano creare un meeting su Zoom.
Ecco dunque una semplice guida per semplificare
la vita a coloro che hanno intenzione di approcciare alla
piattaforma senza confondersi le idee.
Come si crea un meeting su Zoom
Dopo aver
scaricato e installato Zoom, e aver effettuato la registrazione,
si dovrà dunque effettuare l’accesso premendo Sign In
(è possibile loggare direttamente con il proprio account Google o
Facebook, comunque). A questo punto, bisogna procedere in questo
modo:
Fare tap su New Meeting
(pulsante arancione)
Scegliere se avviare il meeting con la
fotocamera accesa o spenta, tramite il toggle Video On
Premere Start a Meeting
A questo punto è stata creata la
videoconferenza, ma affinché venga avviata è necessario invitare i
partecipanti. Per proseguire sarà necessario quindi:
Fare tap su Participants
(nella parte in basso dello schermo)
Premere su Invite
Scegliere il mezzo attraverso cui
inviare il link di partecipazione ai mittenti (tramite e-mail o
messaggio, per esempio)
Una volta invitati gli utenti, chi ha creato
il meeting avrà la possibilità di fare tap su ognuno di essi per
utilizzare diverse funzioni: per esempio si potranno silenziare,
piuttosto che chiedergli di attivare la fotocamera, eccetera.
Facendo tap sul pulsante Chats
(in basso a sinistra dello schermo), inoltre, si potranno inviare
messaggi di testo a tutti i partecipanti o solo a uno di essi. Una
volta terminata la videoconferenza, la si potrà chiudere facendo tap
sulla scritta rossa End in alto a destra: si potrà
in ultimo scegliere se lasciare il meeting (Leave Meeting),
permettendo agli altri di continuare a interagire, o se scollegare
tutti (End Meeting).
Windows File Recovery
recupera i file cancellati per sbaglio
È la prima app di questo tipo
realizzata direttamente da Microsoft.
A tutti - beh, a quanti non hanno un
backup efficiente - sarà capitato di cancellare per errore un file,
non solo mettendolo nel Cestino, ma facendolo sparire apparentemente per
sempre.
Recuperare i
file cancellati ha tante più possibilità di riuscire quanto meno la
zona occupata da quei file è stata sovrascritta, ed è un lavoro per
software specializzati.
Fino a oggi, l'unica possibilità per i sistemi
Windows era scegliere programmi di terze parti. Ora Microsoft ha
rilasciato una piccola
utility che si occupa proprio del recupero dei file.
Si tratta di un programma privo di
interfaccia grafica: per adoperarlo bisogna quindi superare la
diffidenza per la linea di comando che alberga in molti utenti di
Windows.
L'utility ha tre modalità base di funzionamento.
Default, suggerita per i drive
Ntfs, si rivolge alla Master File Table (MFT) per individuare i
segmenti dei file. Segment fa a meno della MFT e si basa invece
sul rilevamento dei segmenti (che contengono informazioni come il nome,
la data, il tipo di file e via di seguito). Signature, infine, si
basa sul tipo di file: non avendo a disposizione altre informazioni,
cerca tutti i file di quel tipo (Microsoft consiglia questo sistema per
le unità esterne come chiavette Usb e schede SD).
Windows File Recovery è in grado di tentare il
recupero da diversi filesystem - quali Ntfs,
exFat e ReFS - e per apprendere il suo utilizzo Microsoft ha messo a
disposizione una
pagina d'aiuto (in inglese) sul sito ufficiale.
Qui sotto, alcune schermate di Windows File
Recovery.
Non si può dire che Windows 10 sia un
sistema operativo essenziale: ogni nuova installazione porta con sé,
insieme al sistema vero e proprio, tutta una serie di applicazioni che
per la maggior parte degli utenti si rivelano inutili, se non
fastidiose, senza contare le aggiunte dei singoli produttori di Pc.
Rimuoverle a mano una a una è un compito
tedioso, ma esiste una piccola applicazione che facilita l'intera
operazione:
Bloatbox.
Nata come estensione per
Spydish, app utile per gestire le informazioni condivise con
Microsoft da
Windows 10 e più in generale le impostazioni del sistema che
coinvolgono la privacy, è poi diventata un software a sé.
Il motivo è un po' la medesima
ragione di vita di Bloatbox: non rendere
Spydish troppo "grasso" (bloated), ossia ricco di funzioni
che, per quanto utili, vadano a incidere sulla possibilità di avere
un'applicazione compatta, efficiente e facile da usare.
Bloatbox si scarica da GitHub sotto forma di
archivio.zip da estrarre sul Pc. Una volta compiuta questa
operazione non resta altro da fare che cliccare due volte sul file
Bloatbox.exe per avviare l'app.
La
finestra principale mostra sulla sinistra una colonna in cui è
presente la lista di tutte le app installate in Windows, tra cui anche
quelle che normalmente non si possono disinstallare - come il Meteo,
Microsoft News e via di seguito - e quelle installate dal produttore del
computer.
Ciò che occorre fare è selezionare quelle app
che si intende rimuovere e, quando si è soddisfatti, premere il
pulsante, che le aggiungerà alla colonna di destra, dove si
trovano tutte le app condannate alla cancellazione.
A questo punto si può premere il pulsante
Uninstall, posto nella parte inferiore della
colonna centrale, e il processo di disinstallazione inizierà.
L'ultima versione al momento in cui scriviamo
mostra anche, nella colonna di destra di un pratico link per effettuare
una "pulizia
generale" di una nuova installazione di Windows 10, identificato
dalla dicitura Start fresh if your Windows 10 is loaded with bloat....
Cliccandolo, verranno aggiunte all'elenco di
eliminazione tutte le app preinstallate e considerate
bloatware. Chiaramente l'elenco
può essere personalizzato a piacere rimuovendo da esso le app che si
intende tenere tramite il pulsante Remove selected.
Il sito che installa tutte le
app essenziali per Windows 10
Bastano pochi clic per ottenere
un Pc perfettamente attrezzato, senza dover scaricare ogni singolo
software.
Reinstallare il sistema operativo è solo il primo passo, dopo un
incidente al Pc che abbia causato la necessità di ripartire da capo, tra
quelli necessari per arrivare a riavere un computer perfettamente
configurato e utilizzabile.
A quel punto inizia infatti il processo di configurazione e di
installazione di tutte quelle grandi e piccole applicazioni che svolgono
i vari compiti ai quali il computer è dedicato. Si tratta di
un'operazione che può essere lunga e tediosa e che sarebbe bello poter
automatizzare.
Una delle alternative migliori da tempo esistente è Ninite, sito che
permette di selezionare le app preferite e si occupa di scaricarle e
installarle in autonomia.
Da quando però Microsoft ha lanciato un proprio gestore di pacchetti
(Winget) sono spuntate delle alternative che a esso si appoggiano e,
dato che funziona da linea di comando, dette alternative si occupano di
fornire un'interfaccia grafica.
Una delle più interessanti è Winstall, che semplifica l'installazione
delle app dai repository messi a disposizione da Microsoft.
Winstall è una Progressive Web Application (Pwa), ossia un sito da
visitare con il proprio browser e che permette di scegliere le app da
installare sul computer; in questo senso, dal punto di vista dell'uso è
molto simile al già citato Ninite.
Diverso è però il funzionamento: se Ninite scarica i singoli installer
dei vari programmi, Winstall si appoggia a Winget, che quindi deve
essere preventivamente installato sul Pc.
Inoltre offre una propria funzionalità specifica, che il suo
sviluppatore ha battezzato Featured Pack.
Si tratta di gruppi di applicazioni unite da un tema o una funzionalità
comune (browser, strumenti di sviluppo, software per i giochi) che si
possono selezionare tutte insieme; Winstall si occupa quindi di generare
il codice da copiare nel Prompt dei Comandi per avviare l'installazione.
In alternativa si può scaricare un file .bat da eseguire, che si occupa
di invocare Winget per portare a termine il compito.
I Featured Pack sono infine personalizzabili: gli utenti sono invitati a
creare il proprio e a condividerlo.
Leggi l'articolo originale su ZEUS News -
https://www.zeusnews.it/n.php?c=28369
Cos’è e a cosa serve la pasta madre
La pasta madre è un lievito naturale che permette di preparare un ottimo
pane, ma anche pizze e focacce. Conosciuta anche come pasta acida, la
pasta madre è un impasto che può essere realizzato in diversi modi. Ad
esempio, la pasta madre si può ottenere prelevando un impasto del pane
da conservare grazie ai “rinfreschi”, oppure preparando un semplice
impasto di acqua e farina da lasciare a contatto con l’aria, così che si
arricchisca dei lieviti responsabili dei processi fermentativi che
consentono la lievitazione di pane e altri prodotti da forno.
Gli impasti preparati con la pasta madre hanno generalmente bisogno di
lievitare per diverse ore, ma il risultato ripaga dell’attesa: pane,
pizze e focacce risulteranno infatti più gonfi, più digeribili,
conservabili più a lungo e con un sapore decisamente migliore.
La pasta madre, inoltre, accresce il valore nutrizionale del pane e di
altri prodotti da forno. Negli impasti preparati con la pasta madre
diverse importanti sostanze rimangono intatte e, grazie alla
composizione chimica della pasta madre, il nostro organismo riesce ad
assimilare meglio i sali minerali presenti nelle farine.
I lieviti della pasta madre, poi, favoriscono la crescita di batteri
buoni nell’intestino, favorendo un buon equilibrio del microbiota e
migliorando così la digestione. È importante anche notare che il pane
preparato con lievito naturale possiede un indice glicemico inferiore
rispetto al pane realizzato con altri lieviti. Questo significa che
quando i carboidrati presenti nel pane vengono assimilati sotto forma di
glucosio, questo si riversa più lentamente nel flusso sanguigno,
evitando picchi glicemici.
Oltre a conferire al pane proprietà organolettiche e nutrizionali
migliori, la pasta madre presenta altri vantaggi. Grazie ai rinfreschi,
si può infatti avere a disposizione questo straordinario lievito
naturale a lungo; in più, la pasta madre può essere preparata con vari
tipi di farine, anche senza glutine.
La dieta senza glutine è l’unica terapia per le persone celiache e per
chi presenta sensibilità verso le proteine del frumento e in altri
cereali come orzo e farro. Inoltre, ridurre il consumo di glutine può
migliorare alcuni disturbi intestinali ed è consigliato anche a chi
vuole seguire un regime alimentare antinfiammatorio.
ATTENZIONE MOLTO
IMPORTANTE PER LA TUA SALUTE :
La tecnologia di riferimento
per le Cellule Tumorali Circolanti