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Marco Bava è un economista, consulente finanziario e spesso attivo nel panorama italiano come esperto di economia e finanza. È noto per le sue opinioni critiche su temi come la gestione della finanza pubblica italiana, le banche e la situazione economica generale del Paese. Inoltre, in passato è stato coinvolto in varie iniziative politiche e civiche, dove ha cercato di sensibilizzare l'opinione pubblica su questioni legate alla trasparenza economica e alla gestione del debito pubblico.

 

Dal Vangelo secondo Luca Lc 21,5-19
“In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». 
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».”

 

La gangster
che si fece
suora

pierangelo sapegno
Le due vite di Angela Corradi sono finite adesso. Quella della donna gangster con la svastica tatuata sulla schiena e della suora laica che ha dedicato la sua vita ai disperati e agli sconfitti. La notizia l'ha data su Facebook Tino Stefanini, uno degli ultimi superstiti della famigerata mala della Comasina: «Resterai per sempre nei nostri cuori». Ma di Angela Corradi, morta a 73 anni, resta qualcosa di più anche per tutti noi, il mistero della vita e dei suoi peccati, la sottile linea di demarcazione che può dividere il bene dal male sulle strade del dolore. Tutto quello che non possiamo vedere e facciamo fatica a capire. Una volta le chiesero come aveva fatto a scoprire Dio. «Perché ho sentito la sua voce», aveva risposto. «Mi disse "Io ci sono". Mi disse solo questo». Era una sera che Angela Corradi aveva un mitra in mano e una pistola infilata nei calzoni e stava uscendo dalla sua casa di via Osculati ad Affori per andare a uccidere qualcuno. Ma qualche anno dopo, aveva il velo e degli occhiali a goccia che nascondevano uno sguardo che levigava il tempo e anche le sue ferite, perché non si vive la sua vita senza perdere pezzi e portarne le cicatrici. Allora le chiesero come faceva a essere così sicura che fosse la voce di Dio. «Lo so e basta», disse con tono di nuovo duro. Il fatto è che pure quando sposò Dio e si fece terziaria francescana non perse mai la forza del suo carattere. Era scritta nei suoi occhi, quella forza. Era la pupa del gangster, la «pupa della banda Vallanzasca», come titolavano i giornali, la compagna inseparabile di Vito Pesce, il braccio destro del bel René, che la chiamava «la sorellina» e di lei diceva che non era solo bella e coraggiosa: «Angelina è stata la donna che in quanto a palle dava dei punti e tanti maschietti cazzuti. Una forza della natura. Fondamentalmente, era una femmina da sballo. Bella, intelligente, simpatica, capace di essere dolcissima. Ma quando c'era da dimostrare il suo carattere, persino il suo uomo faceva bene a non contraddirla».
Era un giorno di luglio del 1978 quando venne folgorata da Cristo, mentre doveva andare a vendicare «uno sgarro fatto ai miei compagni in carcere». Lo raccontò cinque anni dopo esatti, al meeting di Cl a Rimini: «Io posso solo tentare di farvi vedere una scena. Sono in casa, sono armata fino ai denti e quando varcherò quella porta so che l'unica cosa che devo fare è uccidere qualcuno. E sono molto determinata a farlo. È in quel momento che mi si è presentato il Signore. Non Lui, io mento se dico Lui. Ma la sua voce. E l'ho sentita benissimo. Ha solo detto "ci sono". Non ha detto altro. E io mi sono terrorizzata. Non avevo mai avuto paura di niente. Ma quella volta sì». Prima di cambiare la sua vita, Angela era stata tutto quello che poteva essere una nata come lei nella nebbia dell'anonimato ai margini della metropoli. Era stata commessa, e poi modella prima di approdare nella banda di Vallanzasca per un «atto di ribellione». Si era tatuata sulla schiena una svastica e su un dito la «N» di nazista con una croce sovrapposta. Diventò una protagonista di quegli anni di violenza e finì anche in carcere, cinque anni a San Vittore. Era una donna bellissima, hanno sempre ripetuto quelli che l'avevano conosciuta. I suoi lavoravano nel circo. Il padre faceva il giro della morte in motocicletta. Poi un gravissimo incidente l'aveva paralizzato e da allora anche la madre, Bruna, acrobata, lasciò il tendone. I suoi cercarono di avviarla agli studi, ma non ci fu verso. Angela voleva scappare, andare via da quella prigione di case grigie e uguali, dalle pene della sua famiglia. A sedici anni fuggì di casa e dopo poco tempo si legò ai ragazzi della mala che in quegli anni stavano scalando le gerarchie di Milano a mitra spianati, lasciando una scia di morte dietro di loro. Diventò la compagna di Vito pesce, uno degli uomini più spietati della banda Vallanzasca. I giornali, raccontando i corpi senza vita sparsi sulle strade, tutte quelle esplosioni di violenza e le sparatorie, li chiamavano «i killer drogati. La più feroce gang del Dopoguerra». In quegli anni morì suo padre, mentre lei veniva arrestata. Di San Vittore ricordò la vita vuota e arida dietro a quelle sbarre.
La conversione avvenne all'improvviso, quando era già una suora laica, la sua auto, una A112, venne crivellata di colpi in piena notte e lei rimase quasi in fin vita con ferite sul volto. «Gesù, Gesù aiutami...», ripeteva ai medici del Niguarda. Sua madre Bruna raccontò che «era uscita per andare a portare aiuto ai bisognosi». In realtà, quell'episodio rimase un mistero senza risposta.
Un po' come il suo viso, conservato negli archivi della cronaca nera e nelle foto che la immortalarono col velo. Non aveva più i capelli tinti di biondo e lo sguardo sprezzante. Ma gli occhi sono lo specchio dell'anima. E non sono cambiati. Erano troppo duri, quand'era ragazzina, ma anche adesso erano gli occhi di una che aveva sempre dovuto combattere nella sua vita, farsi largo tra le infinite e irrisolte violenze delle periferie, fra quegli edifici nudi che nascondevano tutti le stesse miserie e le stesse rabbie, in quelle ripetizioni di facciate sempre uguali e in quel piatto e uniforme plurale di una sconfitta comune, dove ogni finestra apparteneva solo alle nebbie della disperazione, un disegno senza altri colori che non fossero quelli dei sogni di chi vuole scappare. Alla fine però Angela Corradi è tornata qui e ci è rimasta fino alla sua morte, a 73 anni, per dedicarsi alle anime perse dei drogati, dei detenuti, dei più deboli, di tutti quelli rimasti senza speranze nella battaglia della vita. È ritornata da dov'era partita, nella terra di mezzo, nei luoghi di tutti quelli che continuano a perdere.

 

 

NEL 2024 HO CERCATO DI CONVINCERE IL MINISTRO URSO, IL GOVENATORE DEL PIEMONTE CIRIO A PROPORRE ALLA BMW DI COSTRUIRE IL SUO NUOVO STABILIMENTO PER LE AUTO H2 IN ITALIA . RISULTATO : MI HANNO IGNORATO PER CUI: Nel 2028 il Gruppo Bmw diventerà il primo produttore al mondo a mettere in vendita un veicolo premium a celle a combustibile, offrendo ai propri clienti un'altra opzione di mobilità a zero emissioni. A tal fine si sta rafforzando la cooperazione con Toyota Motor Corporation. Entrambi i partner - è stato sottolineato a margine della conferenza - svilupperanno congiuntamente il sistema fuel cell per le autovetture, che verrà poi utilizzato in modo specifico per i marchi dei due produttori.
    Programmi ambiziosi che hanno evidentemente fatto crescere negli ultimi anni gli investimenti (come il nuovo stabilimento in Ungheria per la Neue Klasse) e la spesa per ricerca e sviluppo.

 

 

TO.03.02.23

 

Ill.mo Signor Presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera

Ill.mo Capo dello Stato Sergio Mattarella

Ill.mo Presidente del Senato

Ill.mo Presidente della Camera

Ill.ma Presidente del Consiglio

 

In questi giorni e’ in approvazione l’atto della Camera: n.1515 , Senato n.674. - "Interventi a sostegno della competitività dei capitali e delega al Governo per la riforma organica delle disposizioni in materia di mercati dei capitali recate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e delle disposizioni in materia di società di capitali contenute nel codice civile applicabili anche agli emittenti" (approvato dal Senato) (1515) .

L’articolo 11 (Svolgimento delle assemblee delle società per azioni quotate) modificato al Senato, consente, ove sia contemplato nello statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società. In tale ipotesi, non è consentita la presentazione di proposte di deliberazione in assemblea e il diritto di porre domande è esercitato unicamente prima dell’assemblea. Per effetto delle modifiche apportate al Senato, la predetta facoltà statutaria si applica anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione; inoltre, sempre per effetto delle predette modifiche, sono prorogate al 31 dicembre 2024 le misure previste per lo svolgimento delle assemblee societarie disposte con riferimento all’emergenza Covid-19 dal decreto-legge n. 18 del 2020, in particolare per quanto attiene l’uso di mezzi telematici. L’articolo 11 introduce un nuovo articolo 135-undecies.1 nel TUF – Testo Unico Finanziario (D. Lgs. n. 58 del 1998) il quale consente, ove sia contemplato nello statuto, che le assemblee delle società quotate si svolgano esclusivamente tramite il rappresentante pagato e designato dalla società. Le disposizioni in commento rendono permanente, nelle sue linee essenziali, e a condizione che lo statuto preveda tale possibilità, quanto previsto dall’articolo 106, commi 4 e 5 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che ha introdotto specifiche disposizioni sullo svolgimento delle assemblee societarie ordinarie e straordinarie, allo scopo di contemperare il diritto degli azionisti alla partecipazione e al voto in assemblea con le misure di sicurezza imposte in relazione all’epidemia da COVID-19. Il Governo, nella Relazione illustrativa, fa presente che la possibilità di continuare a svolgere l’assemblea esclusivamente tramite il rappresentante designato tiene conto dell’evoluzione, da tempo in corso, del modello decisionale dei soci, che si articola, sostanzialmente, in tre momenti: la presentazione da parte del consiglio di amministrazione delle proposte di delibera dell’assemblea; la messa a disposizione del pubblico delle relazioni e della documentazione pertinente; l’espressione del voto del socio sulle proposte del consiglio di amministrazione. In questo contesto, viene fatta una affermazione falsa e priva di ogni fondamento giuridico: che  l’assemblea ha perso la sua funzione informativa, di dibattito e di confronto essenziale al fine della definizione della decisione di voto da esprimere. Per cui non e’ vero che la partecipazione all’assemblea si riduca, in particolar modo, per gli investitori istituzionali e i gestori di attività, nell’esercizio del diritto di voto in una direzione definita ben prima dell’evento assembleare, all’esito delle procedure adottate in attuazione della funzione di stewardship e tenendo conto delle occasioni di incontro diretto, chiuse ai risparmiatori,  con il management della società in applicazione delle politiche di engagement.

Per cui in questo contesto, si verrebbe ad applicare una norma di esclusione dal diritto di partecipazione alle assemblee degli azionisti da parte di chi viene tutelato, anche attraverso il diritto  alla partecipazione alle assemblee dall’art.47 della Costituzione oltre che dall’art.3 della stessa per una oggettiva differenza di diritti fra cittadini azionisti privati investitori che non possso piu’ partecipare alle assemblee e ed azionisti istituzionali che invece godono di incontri diretti privati e riservati con il management della società in applicazione delle politiche di engagement.

Il che crea una palese ed illegittima asimmetria informativa legalizzata in Italia rispetto al contesto internazionale in cui questo divieto di partecipazione non sussiste. Anzi gli orientamenti europei vanno da anni nella direzione opposta che la 6 commissione presieduta dal sen.Gravaglia volutamente dimostra di voler ignorare.

Viene da chiedersi perche’ la maggioranza ed il Pd abbiano approvato questo restringimento dei diritti costituzionali ?

Tutto cio’ mentre Elon Musk ha subito una delle più grandi perdite legali nella storia degli Stati Uniti questa settimana, quando l'amministratore delegato di Tesla è stato privato del suo pacchetto retributivo di 56 miliardi di dollari in una causa intentata da Richard Tornetta che ha fatto causa a Musk nel 2018, quando il residente della Pennsylvania possedeva solo nove azioni di Tesla. Il caso è arrivato al processo alla fine del 2022 e martedì un giudice si è schierato con Tornetta, annullando l'enorme accordo retributivo perché ingiusto nei suoi confronti e nei confronti di tutti i suoi colleghi azionisti di Tesla.

La giurisprudenza societaria del Delaware è piena di casi che portano i nomi di singoli investitori con partecipazioni minuscole che hanno finito per plasmare il diritto societario americano.

Molti studi legali che rappresentano gli azionisti hanno una scuderia di investitori con cui possono lavorare per intentare cause, afferma Eric Talley, che insegna diritto societario alla Columbia Law School. Potrebbe trattarsi di fondi pensione con un'ampia gamma di partecipazioni azionarie, ma spesso si tratta anche di individui come Tornetta.

Il querelante firma i documenti per intentare la causa e poi generalmente si toglie di mezzo, dice Talley. Gli investitori non pagano lo studio legale, che accetta il caso su base contingente, come hanno fatto gli avvocati nel caso Musk.

Tornetta beneficia della vittoria della causa nello stesso modo in cui ne beneficiano gli altri azionisti di Tesla: risparmiando all'azienda i miliardi di dollari che un consiglio di amministrazione asservito pagava a Musk.

Gli esperti hanno detto che persone come Tornetta sono fondamentali per controllare i consigli di amministrazione. I legislatori e i giudici desiderano da tempo che siano le grandi società di investimento a condurre queste controversie aziendali, poiché sono meglio attrezzate per tenere d'occhio le tattiche dei loro avvocati. Ma gli esperti hanno detto che i gestori di fondi non vogliono mettere a repentaglio i rapporti con Wall Street.

Quindi è toccato a Tornetta affrontare Musk.

"Il suo nome è ora impresso negli annali del diritto societario", ha detto Talley. "I miei studenti leggeranno Tornetta contro Musk per i prossimi 10 anni". Questa e’ democrazia e trasparenza vera non quella votata da maggioranza e Pd.

Infatti da 1 anno avevo chiesto di essere udito dal Senato che mi ignorato nella totale indifferenza della 6 commissione . Mentre lo sono stati sia il recordman professionale dei rappresentanti pagati degli azionisti , l’avv.Trevisan , sia altri ispiratori e sostenitori della modifica normativa proposta. Per cui mi e’ stata preclusa ogni osservazione non in linea con la proposta della 6 commissione del Senato che ha esaminato ed emendato il provvedimento e questo viola i principi di indipendenza e trasparenza delle camera e senato: dov’e’ interesse pubblico a vietare le assemblee agli azionisti per ragioni pandemiche nel 2024 ?

La prova più consistente che tale articolo non ha alcuna ragione palese per essere presentato e’ che sono state di fatto rese permanenti le misure introdotte in via temporanea per l’emergenza Covid-19 In sintesi, il menzionato articolo 106, commi 4 e 5 - la cui efficacia è stata prorogata nel tempo e, da ultimo, fino al 31 luglio 2023 dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228 - prevede che le società quotate possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante designato, previsto dall'articolo 135-undecies TUF, anche ove lo statuto preveda diversamente; inoltre, la medesima disposizione consente alle società di prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale potevano essere conferite deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF. L'articolo 135-undecies del TUF dispone che, salvo diversa previsione statutaria, le società con azioni quotate in mercati regolamentati designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono conferire, entro la fine del secondo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l'assemblea, anche in convocazione successiva alla prima, una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno. La delega ha effetto per le sole proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto, è sempre revocabile (così come le istruzioni di voto) ed è conferita, senza spese per il socio, mediante la sottoscrizione di un modulo il cui contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento. Il conferimento della delega non comporta spese per il socio. Le azioni per le quali è stata conferita la delega, anche parziale, sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea mentre con specifico riferimento alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto, le azioni non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle delibere. Il soggetto designato e pagato come rappresentante è tenuto a comunicare eventuali interessi che, per conto proprio o di terzi, abbia rispetto alle proposte di delibera all’ordine del giorno. Mantiene altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al medesimo dovere di riservatezza. In forza della delega contenuta nei commi 2 e 5 dell'articolo 135-undecies del TUF la Consob ha disciplinato con regolamento alcuni elementi attuativi della disciplina appena descritta. In particolare, l'articolo 134 del regolamento Consob n. 11971/1999 ("regolamento emittenti") stabilisce le informazioni minime da indicare nel modulo e consente al rappresentante che non si trovi in alcuna delle condizioni di conflitto di interessi previste nell'articolo 135-decies del TUF, ove espressamente autorizzato dal delegante, di esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso si verifichino circostanze di rilievo, ignote all'atto del rilascio della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da ARTICOLO 11 42 far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte all'assemblea. Più in dettaglio, per effetto del comma 4 dell'articolo 106, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno, anche ove lo statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì prevedere, nell’avviso di convocazione, che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione della specifica condizione del rappresentante designato dalla società, esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Le disposizioni in materia di assemblea introdotte dalle norme in esame non sono state approvate dal M5S il cui presidente , avv.Conte, aveva introdotto tali norme esclusivamente per il periodo Covid. Per cui l’articolo 11 in esame, come anticipato, introduce un nuovo articolo 135- undecies.1 nel Testo Unico Finanziario, ai sensi del quale (comma 1) lo statuto di una società quotata può prevedere che l’intervento in assemblea e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società, ai sensi del già illustrato supra articolo 135-undecies. A tale rappresentante possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell'articolo 135-novies, in deroga all'articolo 135-undecies, comma 4. La relativa vigilanza è esercitata, secondo le competenze, dalla Consob (articolo 62, comma 3 TUF e regolamenti attuativi) o dall’Autorità europea dei mercati finanziari – ESMA.

L’ESMA non e’ stata mai sentita dal sen.Gravaglia su questo articolo mentre la Consob ha espresso parere contrario che sempre lo stesso ha ignorato. Ma i soprusi non finiscono qui : il comma 3 del nuovo articolo 135-undecies.1 chiarisce che, nel caso previsto dalle norme in esame. il diritto di porre domande (di cui all’articolo 127-ter del TUF) è esercitato unicamente prima dell’assemblea. La società fornisce almeno tre giorni prima dell’assemblea le risposte alle domande pervenute. In sintesi, ai sensi dell’articolo 127-ter, coloro ai quali spetta il diritto di voto possono porre domande sulle materie all'ordine del giorno anche prima dell'assemblea. Alle domande pervenute prima dell'assemblea è data risposta al più tardi durante la stessa. La società può fornire una risposta unitaria alle domande aventi lo stesso contenuto. L’avviso di convocazione indica il termine entro il quale le domande poste prima dell'assemblea devono pervenire alla società. Non è dovuta una risposta, neppure in assemblea, alle domande poste prima della stessa, quando le informazioni richieste s

 

iano già disponibili in formato "domanda e risposta" nella sezione del sito Internet della società ovvero quando la risposta sia stata pubblicatma 7, del TUF relativo allo svolgimento delle assemblee di società ed enti. Per effetto delle norme introdotte, al di là delle disposizioni contenute nell’articolo in esame che vengono rese permanenti (v. supra), sono prorogate al 31 dicembre 2024 tutte le altre misure in materia di svolgimento delle assemblee societarie – dunque non solo quelle relative alle società quotate – previste nel corso dell’emergenza Covid-19. Questo che e’ un capolavoro di capziosità di un emendamento della sen.Cristina Tajani PD , ricercatrice e docente universitaria, di indifferenziazione parlamentare negli obiettivi : dal momento che le misure previste dall’art.11 in oggetto prevedono per essere applicabili il loro recepimento statutario, lo stesso viene ottenuto nel 2024 per ragioni di Covid,  con il rappresentante pagato , che ovviamente non porrà alcuna opposizione neppure verbale.

Illustri Presidenti se questa non e’ una negazione degli art.47 e 3 della Costituzione,  contro la democrazia e trasparenza societaria , cos’e ?

Al termine di questa mia riflessione vorrei capire se in questo nostro paese esiste ancora uno spazio di rispettosa discussione democratica o di tutela giuridica nei confronti di una decisione arbitraria di una classe dirigente qui’ palesemente opaca.

Confido in una vs risposta costruttiva di rispetto della libertà progressista di un paese evoluto ma stabile e garante nei diritti delle minoranze . Anche perché quello che ho anticipato con Edoardo Agnelli sul futuro della Fiat dal 1998 in poi si e’ tristemente avverato, e solo oggi, forse,  e’ diventato di coscienza comune ,  anche se a me e’ costato pesanti ritorsioni personali da parte degli organi di polizia e giustizia torinese e della Facolta’ di Economia Commercio di Torino . Ed ad Edoardo Agnelli la morte. Non e’ impedendomi di partecipare alle assemblee che Fiat & C ritorneranno in Italia, perché nel frattempo non esistono più a causa anche di chi a Torino e Roma gli ha concesso di fare tutto quello che di insensato hanno fatto dal 1998 in poi anche contro se stessi oltre che i suoi lavoratori ed azionisti, calpestando brutalmente chi osava denunciarlo pubblicamente nel tentativo, silenziato, di fermare la distruzione di un orgoglio e una risorsa nazionale. Giugiaro racconta che quando la Volkswagen gli chiese di fare la Golf gli presento’ la Fiat 128 come esempio inarrivabile. Oggi Tavares si presenta in Italia come il nuovo Napoleone , legittimato da Yaky e scortato dalla DIGOS per difenderlo da Marco BAVA che vorrebbe solo documentargli che l’industria automobilistica italiana ha una storia che gli errori di 3 persone non debbono poter cancellare. Anche se la storia finora ha premiato chi ha consentito il restringimento dei diritti in questo paese la frana del futuro travolgerà tutti.

Basta chiederlo a Montezemolo che tutto questo lo sa e lo ha vissuto direttamente.

 

UNA ATTUALIZZAZIONE DEL:

DISCORSO DEL 30.05.1924
Giacomo Matteotti
Matteotti: «Onorevoli colleghi, se voi volete contrapporci altre elezioni, ebbene io domando la testimonianza di un uomo che siede al banco del Governo, se nessuno possa dichiarare che ci sia stato un solo avversario che non abbia potuto parlare in contraddittorio con me nel 1919».
Voci: «Non è vero! Non è vero! » .
Finzi, sottosegretario di Stato per l'interno: «Michele Bianchi! Proprio lei ha impedito di parlare a Michele Bianchi! » .
Matteotti: «Lei dice il falso! (Interruzioni, rumori) Il fatto è semplicemente questo, che l'onorevole Michele Bianchi con altri teneva un comizio a Badia Polesine. Alla fine del comizio che essi tennero, sono arrivato io e ho domandato la parola in contraddittorio. Essi rifiutarono e se ne andarono e io rimasi a parlare. (Rumori, interruzioni)».
Finzi: «Non è così! » .
Matteotti: «Porterò i giornali vostri che lo attestano».
Finzi: «Lo domandi all'onorevole Merlin che è più vicino a lei! L'onorevole Merlin cristianamente deporrà».
Matteotti: «L'on. Merlin ha avuto numerosi contraddittori con me, e nessuno fu impedito e stroncato. Ma lasciamo stare il passato. Non dovevate voi essere i rinnovatori del costume italiano? Non dovevate voi essere coloro che avrebbero portato un nuovo costume morale nelle elezioni? (Rumori) e, signori che mi interrompete, anche qui nell'assemblea? (Rumori a destra)».
Teruzzi: «È ora di finirla con queste falsità».
Matteotti: «L'inizio della campagna elettorale del 1924 avvenne dunque a Genova, con una conferenza privata e per inviti da parte dell'onorevole Gonzales. Orbene, prima ancora che si iniziasse la conferenza, i fascisti invasero la sala e a furia di bastonate impedirono all'oratore di aprire nemmeno la bocca. (Rumori, interruzioni, apostrofi)».
Una voce "Non è vero, non fu impedito niente (Rumori)".
Matteotti: «Allora rettifico! Se l'onorevole Gonzales dovette passare 8 giorni a letto, vuol dire che si è ferito da solo, non fu bastonato. (Rumori, interruzioni) L'onorevole Gonzales, che è uno studioso di San Francesco, si è forse autoflagellato! (Si ride. Interruzioni) A Napoli doveva parlare... (Rumori vivissimi, scambio di apostrofi fra alcuni deputati che siedono all'estrema sinistra)».
Presidente: «Onorevoli colleghi, io deploro quello che accade. Prendano posto e non turbino la discussione! Onorevole Matteotti, prosegua, sia breve, e concluda».
Matteotti: «L'Assemblea deve tenere conto che io debbo parlare per improvvisazione, e che mi limito...».
Voci: «Si vede che improvvisa! E dice che porta dei fatti! » .
Gonzales: «I fatti non sono improvvisati! » .
Matteotti: «Mi limito, dico, alla nuda e cruda esposizione di alcuni fatti. Ma se per tale forma di esposizione domando il compatimento dell'Assemblea... (Rumori) non comprendo come i fatti senza aggettivi e senza ingiurie possano sollevare urla e rumori. Dicevo dunque che ai candidati non fu lasciata nessuna libertà di esporre liberamente il loro pensiero in contraddittorio con quello del Governo fascista e accennavo al fatto dell'onorevole Gonzales, accennavo al fatto dell'onorevole Bentini a Napoli, alla conferenza che doveva tenere il capo dell'opposizione costituzionale, l'onorevole Amendola, e che fu impedita... (Oh, oh! – Rumori)».
Voci da destra: «Ma che costituzionale! Sovversivo come voi! Siete d'accordo tutti! » .
Matteotti: «Vuol dire dunque che il termine "sovversivo" ha molta elasticità! » .
Greco: «Chiedo di parlare sulle affermazioni dell'onorevole Matteotti».
Matteotti: «L'onorevole Amendola fu impedito di tenere la sua conferenza, per la mobilitazione, documentata, da parte di comandanti di corpi armati, i quali intervennero in città.. .».
Presutti: «Dica bande armate, non corpi armati! » .
Matteotti: «Bande armate, le quali impedirono la pubblica e libera conferenza. (Rumori) Del resto, noi ci siamo trovati in queste condizioni: su 100 dei nostri candidati, circa 60 non potevano circolare liberamente nella loro circoscrizione!» .
Voci di destra: «Per paura! Per paura! (Rumori – Commenti)».
Farinacci: «Vi abbiamo invitati telegraficamente! » .
Matteotti: «Non credevamo che le elezioni dovessero svolgersi proprio come un saggio di resistenza inerme alle violenze fisiche dell'avversario, che è al Governo e dispone di tutte le forze armate! (Rumori) Che non fosse paura, poi, lo dimostra il fatto che, per un contraddittorio, noi chiedemmo che ad esso solo gli avversari fossero presenti, e nessuno dei nostri; perché, altrimenti, voi sapete come è vostro costume dire che "qualcuno di noi ha provocato" e come "in seguito a provocazioni" i fascisti "dovettero" legittimamente ritorcere l'offesa, picchiando su tutta la linea! (Interruzioni)».
Voci da destra: «L'avete studiato bene! » .
Pedrazzi: «Come siete pratici di queste cose, voi! » .
Presidente: «Onorevole Pedrazzi! » .
Matteotti: «Comunque, ripeto, i candidati erano nella impossibilità di circolare nelle loro circoscrizioni! » .
Voci a destra: «Avevano paura! » .
Turati Filippo: «Paura! Sì, paura! Come nella Sila, quando c'erano i briganti, avevano paura (Vivi rumori a destra, approvazioni a sinistra)».
Una voce: «Lei ha tenuto il contraddittorio con me ed è stato rispettato».
Turati Filippo: «Ho avuto la vostra protezione a mia vergogna! (Applausi a sinistra, rumori a destra)».
Presidente: «Concluda, onorevole Matteotti. Non provochi incidenti! » .
Matteotti: «Io protesto! Se ella crede che non gli altri mi impediscano di parlare, ma che sia io a provocare incidenti, mi seggo e non parlo! » (Approvazioni a sinistra – Rumori prolungati)
Presidente: «Ha finito? Allora ha facoltà di parlare l'onorevole Rossi...».
Matteotti: «Ma che maniera è questa! Lei deve tutelare il mio diritto di parlare! lo non ho offeso nessuno! Riferisco soltanto dei fatti. Ho diritto di essere rispettato! (Rumori prolungati, Conversazioni)».
Casertano, presidente della Giunta delle elezioni: «Chiedo di parlare».
Presidente: «Ha facoltà di parlare l'onorevole presidente della Giunta delle elezioni. C'è una proposta di rinvio degli atti alla Giunta».
Matteotti: «Onorevole Presidente! . ..».
Presidente: «Onorevole Matteotti, se ella vuoi parlare, ha facoltà di continuare, ma prudentemente».
Matteotti: «Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente! » .
Presidente: «Parli, parli».
Matteotti: «I candidati non avevano libera circolazione... (Rumori. Interruzioni)».
Presidente: «Facciano silenzio! Lascino parlare! » .
Matteotti: «Non solo non potevano circolare, ma molti di essi non potevano neppure risiedere nelle loro stesse abitazioni, nelle loro stesse città. Alcuno, che rimase al suo posto, ne vide poco dopo le conseguenze. Molti non accettarono la candidatura, perché sapevano che accettare la candidatura voleva dire non aver più lavoro l'indomani o dover abbandonare il proprio paese ed emigrare all'estero (Commenti)».
Una voce "Erano disoccupati! ".
Matteotti: «No, lavorano tutti, e solo non lavorano, quando voi li boicottate».
Voci da destra: «E quando li boicottate voi? » .
Farinacci: «Lasciatelo parlare! Fate il loro giuoco! » .
Matteotti: «Uno dei candidati, l'onorevole Piccinini, al quale mando a nome del mio gruppo un saluto... (Rumori)».
Voci: «E Berta? Berta!».
Matteotti: «Conobbe cosa voleva dire obbedire alla consegna del proprio partito. Fu assassinato nella sua casa, per avere accettata la candidatura nonostante prevedesse quale sarebbe – stato per essere il destino suo all'indomani. (Rumori) Ma i candidati – voi avete ragione di urlarmi, onorevoli colleghi – i candidati devono sopportare la sorte della battaglia e devono prendere tutto quello che è nella lotta che oggi imperversa. lo accenno soltanto, non per domandare nulla, ma perché anche questo è un fatto concorrente a dimostrare come si sono svolte le elezioni. (Approvazioni all'estrema sinistra) Un'altra delle garanzie più importanti per lo svolgimento di una libera elezione era quella della presenza e del controllo dei rappresentanti di ciascuna lista, in ciascun seggio. Voi sapete che, nella massima parte dei casi, sia per disposizione di legge, sia per interferenze di autorità, i seggi – anche in seguito a tutti gli scioglimenti di Consigli comunali imposti dal Governo e dal partito dominante – risultarono composti quasi totalmente di aderenti al partito dominante. Quindi l'unica garanzia possibile, l'ultima garanzia esistente per le minoranze, era quella della presenza del rappresentante di lista al seggio. Orbene, essa venne a mancare. Infatti, nel 90 per cento, e credo in qualche regione fino al 100 per cento dei casi, tutto il seggio era fascista e il rappresentante della lista di minoranza non poté presenziare le operazioni. Dove andò, meno in poche grandi città e in qualche rara provincia, esso subì le violenze che erano minacciate a chiunque avesse osato controllare dentro il seggio la maniera come si votava, la maniera come erano letti e constatati i risultati. Per constatare il fatto, non occorre nuovo reclamo e documento. Basta che la Giunta delle elezioni esamini i verbali di tutte le circoscrizioni, e controlli i registri. Quasi dappertutto le operazioni si sono svolte fuori della presenza di alcun rappresentante di lista. Veniva così a mancare l'unico controllo, l'unica garanzia, sopra la quale si può dire se le elezioni si sono svolte nelle dovute forme e colla dovuta legalità. Noi possiamo riconoscere che, in alcuni luoghi, in alcune poche città e in qualche provincia, il giorno delle elezioni vi è stata una certa libertà. Ma questa concessione limitata della libertà nello spazio e nel tempo – e l'onorevole Farinacci, che è molto aperto, me lo potrebbe ammettere – fu data ad uno scopo evidente: dimostrare, nei centri più controllati dall'opinione pubblica e in quei luoghi nei quali una più densa popolazione avrebbe reagito alla violenza con una evidente astensione controllabile da parte di tutti, che una certa libertà c'è stata. Ma, strana coincidenza, proprio in quei luoghi dove fu concessa a scopo dimostrativo quella libertà, le minoranze raccolsero una tale abbondanza di suffragi, da superare la maggioranza – con questa conseguenza però, che la violenza, che non si era avuta prima delle elezioni, si ebbe dopo le elezioni. E noi ricordiamo quello che è avvenuto specialmente nel Milanese e nel Genovesato ed in parecchi altri luoghi, dove le elezioni diedero risultati soddisfacenti in confronto alla lista fascista. Si ebbero distruzioni di giornali, devastazioni di locali, bastonature alle persone. Distruzioni che hanno portato milioni di danni».
Una voce a destra: «Ricordatevi delle devastazioni dei comunisti! » .
Matteotti: «Onorevoli colleghi, ad un comunista potrebbe essere lecito, secondo voi, di distruggere la ricchezza nazionale, ma non ai nazionalisti, né ai fascisti come vi vantate voi! Si sono avuti, dicevo, danni per parecchi milioni, tanto che persino un alto personaggio, che ha residenza in Roma, ha dovuto accorgersene, mandando la sua adeguata protesta e il soccorso economico. In che modo si votava? La votazione avvenne in tre maniere: l'Italia è una, ma ha ancora diversi costumi. Nella valle del Po, in Toscana e in altre regioni che furono citate all'ordine del giorno dal presidente del Consiglio per l'atto di fedeltà che diedero al Governo fascista, e nelle quali i contadini erano stati prima organizzati dal partito socialista, o dal partito popolare, gli elettori votavano sotto controllo del partito fascista con la "regola del tre". Ciò fu dichiarato e apertamente insegnato persino da un prefetto, dal prefetto di Bologna: i fascisti consegnavano agli elettori un bollettino contenente tre numeri o tre nomi, secondo i luoghi (Interruzioni), variamente alternati in maniera che tutte le combinazioni, cioè tutti gli elettori di ciascuna sezione, uno per uno, potessero essere controllati e riconosciuti personalmente nel loro voto. In moltissime provincie, a cominciare dalla mia, dalla provincia di Rovigo, questo metodo risultò eccellente».
Finzi: «Evidentemente lei non c'era! Questo metodo non fu usato! » .
Matteotti: «Onorevole Finzi, sono lieto che, con la sua negazione, ella venga implicitamente a deplorare il metodo che è stato usato».
Finzi: «Lo provi».
Matteotti: «In queste regioni tutti gli elettori».
Ciarlantini: «Lei ha un trattato, perché non lo pubblica? » .
Matteotti: «Lo pubblicherò, quando mi si assicurerà che le tipografie del Regno sono indipendenti e sicure (Vivissimi rumori al centro e a destra); perché, come tutti sanno, anche durante le elezioni, i nostri opuscoli furono sequestrati, i giornali invasi, le tipografie devastate o diffidate di pubblicare le nostre cose. Nella massima parte dei casi però non vi fu bisogno delle sanzioni, perché i poveri contadini sapevano inutile ogni resistenza e dovevano subire la legge del più forte, la legge del padrone, votando, per tranquillità della famiglia, la terna assegnata a ciascuno dal dirigente locale del Sindacato fascista o dal fascio (Vivi rumori interruzioni)».
Suardo: «L'onorevole Matteotti non insulta me rappresentante: insulta il popolo italiano ed io, per la mia dignità, esco dall'Aula. (Rumori – Commenti) La mia città in ginocchio ha inneggiato al Duce Mussolini, sfido l'onorevole Matteotti a provare le sue affermazioni. Per la mia dignità di soldato, abbandono quest'Aula. (Applausi, commenti)».
Teruzzi: «L'onorevole Suardo è medaglia d'oro! Si vergogni, on. Matteotti». (Rumori all'estrema sinistra).
Presidente: «Facciano silenzio! Onorevole Matteotti, concluda! » .
Matteotti: «lo posso documentare e far nomi. In altri luoghi invece furono incettati i certificati elettorali, metodo che in realtà era stato usato in qualche piccola circoscrizione anche nell'Italia prefascista, ma che dall'Italia fascista ha avuto l'onore di essere esteso a larghissime zone del meridionale; incetta di certificati, per la quale, essendosi determinata una larga astensione degli elettori che non si ritenevano liberi di esprimere il loro pensiero, i certificati furono raccolti e affidati a gruppi di individui, i quali si recavano alle sezioni elettorali per votare con diverso nome, fino al punto che certuni votarono dieci o venti volte e che giovani di venti anni si presentarono ai seggi e votarono a nome di qualcheduno che aveva compiuto i 60 anni. (Commenti) Si trovarono solo in qualche seggio pochi, ma autorevoli magistrati, che, avendo rilevato il fatto, riuscirono ad impedirlo».
Torre Edoardo: «Basta, la finisca! (Rumori, commenti). Che cosa stiamo a fare qui? Dobbiamo tollerare che ci insulti? (Rumori – Alcuni deputati scendono nell'emiciclo). Per voi ci vuole il domicilio coatto e non il Parlamento! (Commenti – Rumori)».
Voci: «Vada in Russia! »
Presidente: «Facciano silenzio! E lei, onorevole Matteotti, concluda! » .
Matteotti: «Coloro che ebbero la ventura di votare e di raggiungere le cabine, ebbero, dentro le cabine, in moltissimi Comuni, specialmente della campagna, la visita di coloro che erano incaricati di controllare i loro voti. Se la Giunta delle elezioni volesse aprire i plichi e verificare i cumuli di schede che sono state votate, potrebbe trovare che molti voti di preferenza sono stati scritti sulle schede tutti dalla stessa mano, così come altri voti di lista furono cancellati, o addirittura letti al contrario. Non voglio dilungarmi a descrivere i molti altri sistemi impiegati per impedire la libera espressione della volontà popolare. Il fatto è che solo una piccola minoranza di cittadini ha potuto esprimere liberamente il suo voto: il più delle volte, quasi esclusivamente coloro che non potevano essere sospettati di essere socialisti. I nostri furono impediti dalla violenza; mentre riuscirono più facilmente a votare per noi persone nuove e indipendenti, le quali, non essendo credute socialiste, si sono sottratte al controllo e hanno esercitato il loro diritto liberamente. A queste nuove forze che manifestano la reazione della nuova Italia contro l'oppressione del nuovo regime, noi mandiamo il nostro ringraziamento. (Applausi all'estrema sinistra. Rumori dalle altre parti della Camera). Per tutte queste ragioni, e per le altre che di fronte alle vostre rumorose sollecitazioni rinunzio a svolgere, ma che voi ben conoscete perché ciascuno di voi ne è stato testimonio per lo meno (Rumori)... per queste ragioni noi domandiamo l'annullamento in blocco della elezione di maggioranza. Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l'autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l'intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. (Interruzioni a destra) Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l'opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni».
Terminato così il suo intervento, Matteotti dice ai suoi compagni di partito: «Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me». —

 

 

 

LO SFASCIO DI JAKY-MARCHIONNE:

 

https://www.la7.it/100minuti/rivedila7/100-minuti-autostop-30-04-2024-539867

 

Cara Giovanna Boursier

Ho visto il suo ottimo servizio ben documentato e non di parte .

La storia della targa della Ferrari Testarossa  grigia cabrio di GA che stava nel garage di Frescot entrando sulla destra e' che io come azionista Ifi l'avevo trovata nelle immobilizzazioni, chiesi a GA che ci stava a fare e lui la fece reimatricolare a suo nome con quella targa. Non la usava perche' mi disse che la trovava scomoda e preferiva le Fiat. L'uso' Giovanni Alberto Agnelli che ebbe un'incidente sulla Torino-Milano. Così mi disse Edoardo a cui il padre non la fece mai guidare. Edoardo aveva le Ferrari  in uso direttamente da Enzo Ferrari.

Chi sta chiudendo la Marelli e'  KKR che vorrebbe comprare la rete Tim pagandola 6 volte il suo valore come Enimont quando fu venduta da Gardini ad Eni.

A Carlo De Benedetti avevo proposto di acquisire la Fiat prima che arrivasse Marchionne, mi ha riso al TELEFONO.

Bianca Carretto forse dimentica che prima della Peugeot la Fiat fu offerta da Jaky a Renault a cui l'ho fatta saltare grazie a Nissan. Infatti poi i rapporti fra Nissan e Renault sono cambiati.

Poi Peugeot ha pagato la Fiat 2,9 miliardi rispetto ai 5 richiesti perché non c'era nessuno che volesse comprare FIAT.

Non e' vero che Marchionne ha saputo gestire la Fiat. Non capiva nulla di auto. Infatti non ha investito su LANCIA , come invece sta facendo Tavares. Maserati in 5 anni non poteva fare concorrenza a Porsche  che investe da 50 anni ! 

Marchionne non ha mai saputo scegliere un 'auto nelle presentazioni, chiedeva di farlo a chi lo avrebbe dovuto assistere !

La chimera del progetto fabbrica italiana ve la siete dimenticata tutti ?

Come le condanne per atteggiamento antisindacale a cui è stato condannato piu' volte Marchionne ?

Come De Benedetti non ne capisce nulla di computer visto che aveva il padre del Surface con Quaderno e ne' lui ne' Passera lo hanno capito.

Infatti il progetto della 500 elettrica e' sbagliato e voluto da Marchionne e realizzato da Jaky  investendo tanti soldi .

Proposte d'investimento agli Agnelli e De Benedetti vengono fatte da sempre da chi guadagna le commissioni, per cui quello che fa Jaky lo facevano anche Gabetti ed altri a NY con IFINT.

Inoltre i rapporti diretti internazionali sono tantissimo. Io in un we a Garavicchio a casa di Carlo Caracciolo mi sono trovato in piscina ed a tavola con il marito di Margherita, Giovanni Alberto, Edoardo e Carlo Caracciolo che mi ha chiesto come poteva difendersi da Carlo De Bebedetti. Io gli suggerii di entrare in Cofide e lui lo fece. 3 mesi dopo GA, dandomi il 5,  mi soprannominò in pubblico Mark Spitz,  per comunicarmi che sapeva tutto .

Il patrimonio di Gianni Agnelli io lo stimo in 100 miliardi , con dei parametri approvati da Grande Stevens, per cui a MARGHERITA hanno dato l'1%.

Il patrimonio di G.A lo gestivano Gabetti e Bormida.

Margherita e' come sua madre , prende tempo per allargarsi . Edoardo no infatti e' stato ucciso perche' non voleva rinunciare ai suoi diritto ereditari sulla Dicembre, a cui il Pm di Mondovi, Bausone non credeva , quando glielo dissi 2 giorni dopo l'omicidio di Edoardo.

L'ex Bertone finirà come Termoli.

IL RESTO glielo allego come anticipazione di un libro che forse uscira'.

La proposta del Marocco e' stata fatta ai fornitori gia' a Torino all'Hotel Ambasciatori nelle stesse ore in cui a 200 metri all'Hotel Concorde c'era il ministro Pichetto, a cui l'ho detto senza ricevere alcuna risposta, come per la mia proposta del progetto dell'H2 per autotrazione che rilancerebbe l'intera economia nazionale, produzione auto compresa che allego.

Tenete conto che dietro ogni persona c'e' un uomo nero, quello di Jaky per me e' a voi noto :Griva.

Resto a Sua disposizione per ogni chiarimento e documentazione,

Buon lavoro.

Marco BAVA

 

"L'Avvocato voleva adottare John Il controllo della Dicembre non cambia"
Jennifer Clark
"

Il libro
Così su La Stampa
Un rapporto difficile, quello dei tre fratelli Elkann con la madre Margherita, un problema «nato ben prima che lo scontro arrivasse nelle aule dei tribunali». Jennifer Clark, giornalista, già caporedattrice per l'Italia di Dow Jones dopo le esperienze a Bloomberg e Reuters, ha seguito per anni le vicende degli Agnelli. Recentemente ha pubblicato per Solferino "L'ultima dinastia" sulla loro saga famigliare.
Clark, in una intervista ad Avvenire John Elkann parla per la prima volta di "un clima di violenza fisica e psicologica" subìto da lui e dagli altri due fratelli Elkann da parte della madre. Da dove nasce, secondo lei, quella tensione?
«Per scrivere il libro ho parlato a lungo con gli esponenti della famiglia, a partire da John. Il problema dei figli Elkann con la madre viene da lontano perché, in un certo senso, è la conseguenza dei problemi di Margherita ed Edoardo con i genitori, in particolare con il padre, l'Avvocato».
Lei scrive che Gianni Agnelli era un padre poco affettuoso. Che rapporto c'è tra questo e lo scontro di Margherita con i tre figli Elkann?
«Lo squilibrio diviene palese quando Margherita divorzia da Alain Elkann e si risposa con Serge de Phalen. Due mondi quasi opposti: dallo scrittore parigino bohemien al nobile russo che sogna il ritorno della grande Russia dei Romanov. Margherita si converte alla religione ortodossa. Inizia a dipingere icone. E vorrebbe che diventassero ortodossi anche John, Lapo e Ginevra. Li costringe a dire le preghiere e a partecipare ai campi estivi dei nostalgici zaristi in Francia che ogni mattina li fanno assistere all'alza bandiera con lo stendardo imperiale dell'aquila a due teste. I figli del secondo matrimonio sono russi a tutti gli effetti e vivono a loro agio in quel mondo. I figli Elkann no. A questo punto intervengono i nonni».
In che modo?
«Chiamando sempre più spesso i tre nipoti a trascorrere lunghi periodi con loro. Per sottrarli a quel mondo estraneo. Per questo John dice oggi che è stata decisiva per lui e i fratelli la protezione dei nonni. Ma questo ha finito per rendere i rapporti tra Margherita e i suoi genitori ancora più difficili».
Il nonno aveva dato ai nipoti l'affetto che era mancato alla figlia come se l'affettività avesse saltato una generazione?
«Esattamente. Il rapporto tra i nipoti e il nonno è diventato sempre più stretto al punto che un giorno l'Avvocato accarezzò l'idea di adottare John. Come si sa poi non se ne fece nulla».
Se i rapporti erano tanto tesi perché allora, alla morte dell'Avvocato, Margherita accettò di rinunciare alle quote della Dicembre in cambio di denaro?
«Lei ha sempre sostenuto di averlo fatto nel tentativo di riportare la pace in famiglia. È anche vero che conosceva l'atto notarile con cui l'Avvocato, fin dal 1999, consegnava a John la gestione della Dicembre e quindi deve avere pensato che, persa la partita per il potere, tanto valeva giocarsi quella del denaro. Del resto, quell'atto del '99 era stato firmato da tutti i familiari, anche da lei».

NON E' VERO : EDOARDO NON LO HA MAI FIRMATO. PER QUESTO LO HANNO UCCISO. Mb
Lei ha poi tentato, e lo sta facendo ancora oggi, di rimettere in discussione quella scelta…
«Certo e questo è uno dei nodi delle cause legali. Ma la scelta di non partecipare alla Dicembre ha finito per isolare ancora di più Margherita. Si diceva che avesse confidato a Lupo Rattazzi le sue perplessità su futuro della Fiat: "Rischia di fare la fine della Parmalat". Erano gli anni in cui il fallimento della Parmalat aveva fatto molto rumore. Come se lei avesse scelto di scendere dalla nave nel momento di massima difficoltà dell'azienda. Già nel 2004, al matrimonio di John e Lavinia, la presenza di Margherita era stata incerta fino all'ultimo».
Da allora in poi la frattura si è andata allargando. Le battaglie in tribunale contro la madre Marella e ora contro i figli Elkann hanno aggravato la situazione. Quali conseguenze potranno avere secondo lei?
«Dal punto di vista della governance della Dicembre, la società che controlla la Giovanni Agnelli e, per il tramite di questa, Exor non credo che ci potranno essere conseguenze. L'atto notarile del 1999 non lascia scampo. Diverso è il discorso se passiamo dalla governance alle quote. È in teoria possibile che, se venisse accolta la tesi dei legali di Margherita, si riconosca il diritto della figlia di Gianni Agnelli ad avere la sua quota di legittima e dunque un pacchetto di azioni della Dicembre. Ma non credo proprio che questo impedirebbe a John di governare come fa oggi».

Si perché perderebbe il controllo in quanto il 75% passerebbe a Margherita ed il 25% Jaky 20% . Mb

 

 

 

 

 

TAVARES E  JAKY NEL 23

 

Un compenso da 36,5 milioni è adeguato per il ceo di una società capace di generare 18,6 miliardi di profitti e di versare ai soci quasi 8 miliardi? Per i proxy advisor […] no. In vista dell’assemblea del 16 aprile, […] Glass Lewis e Iss hanno raccomandato agli azionisti di Stellantis di votare contro gli stipendi percepiti […] dai manager del gruppo.



A loro giudizio, la paga del ceo Carlos Tavares è «eccessiva»: vale 518 volte il salario medio dei dipendenti di Stellantis che, intanto, sta attuando massicci piani di esuberi […].



[…] Iss ha criticato anche il benefit da 430 mila euro accordato al presidente John Elkann che ha potuto utilizzare l’aereo aziendale per scopi personali. I suggerimenti dei proxy sono di norma accolti dai fondi internazionali. Se al loro si aggiungesse il «no» del governo francese, socio di Stellantis al 9,9%, la relazione sui compensi potrebbe incorrere in una sfiducia. Dal valore consultivo, è vero; ma fortemente simbolico.

 

 

IL 10.12.23 PROGRAMMA TELEVISIVO SU L'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI SU  PIAZZA LIBERTA', il programma di informazione condotto da Armando Manocchia,  su BYOBLU CANALE 262 DT CANALE

https://www.byoblu.com/2023/12/10/piazza-liberta-di-armando-manocchia-puntata-87/

https://youtu.be/_DJONMxixO8?si=rKoapPc2-8JtHha8

https://youtu.be/B05tTBK-w0E?si=O5XxvZFIr61tYU7w

https://www.youtube.com/watch?v=t0OrCSg1IZc

https://www.youtube.com/watch?v=Mhi-IY_dfr4

 

https://www.youtube.com/watch?v=ej0LPowV9YI

 

OSSERVAZIONI

  1. IL GRANDE AMICO DI EDOARDO CON CUI FECE VIAGGI ERA LUCA GAETANI
  2. EA NON FECE MAI NESSUNA CESSIONE DEI SUOI DIRITTI EREDITARI
  3. NE' EBBE ALCUN DISSIDIO CON GIOVANNI ALBERTO AGNELLI, DA CUI SOGGIORNAVA ANDANDO E TORNANDO DA GARAVICCHIO.
  4. INFATTI QUANDO CI FU L'EPISODIO DEL KENIA FU GIOVANNI ALBERTO AGNELLI AD ANDARLO A TROVARE.
  5. I LEGAMI CON LA SORELLA MARGHERITA NON EERANO STRETTI COME QUELLI CON I CUGINI LUPO RATTAZZI ED EDUARDO TEODORANI FABBRI. INFATTI NON ESISTONO LETTERE FRA EDOARDO E MARGHERITA .
  6. DEL CAMBIO DELLA SUCCESSIONE DA GIOVANNI ALBERTO A JAKY EA LO HA SAPUTO DALLA MADRE CHE NE HA CONVITO GIANNI PER NON PERDERE I PRIVILEGI DELLA PRESIDENZA FIAT,
  7. L'INTERVISTA AL MANIFESTO FU PROPOSTA DA UN GIORNALISTA DI REPUBBLICA PERCHE' LUI L'AVREBBE VOLUTA FARE MA NON GLIELO PERMETTEVANO.
  8. NON CI SONO PROVE CHE EA FOSSE DEPRESSO,
  9. LA PATENTE DI EA LA TENEVA LA SCORTA E NON ERA SUL CRUSCOTTO MA NEL CASSETTO DELLA CROMA EX DELL'AVVOCATO CON MOTORE VOLVO E CAMBIO AUTOMATICO, NON BLINDATA.
  10. LE INDAGINI SULL'OMICIDIO DI EA SONO TUTT'ORA APERTE PRESSO LA PROCURA DI CUNEO.

 

 

GRIVA QUANDO ENTRA IN SCENA ?

L’IMPERO DI FAMIGLIA: ECCO PERCHÉ ADESSO RISCHIA DI CROLLARE TUTTO

Estratto dell’articolo di Ettore Boffano per “il Fatto quotidiano”

È l’attacco al cuore di un mito: quello degli Agnelli. E a pagarne le conseguenze più dure potrebbe essere lui, l’erede che non porta più quel cognome, John Elkann.
A rischio di veder messo in ballo il ruolo che suo nonno gli aveva assegnato: la guida dei tesori di famiglia. Tutto passa per la Svizzera, dove Marella Caracciolo, vedova dell’avvocato, ha sempre dichiarato di avere la residenza sin dagli anni 70.
E con la cui legge successoria ha poi regolato i conti con la figlia: per escludere Margherita dalla propria eredità e, soprattutto, permettere al nipote di diventare il nuovo capo della dinastia.
[…] quella residenza […] ora piomba nell’inchiesta per frode fiscale della Procura di Torino. E i pm hanno poteri di accertamento rapidi e quasi immediati […]. Vediamo, punto per punto, che cosa c’è e che cosa indica quel documento e come potrebbe segnare i clamorosi sviluppi delle indagini.



1) La residenza svizzera. È decisiva: per stabilire se sono validi sia l’accordo e il patto firmati da Marella con la figlia a Ginevra nel 2004, sulla successione dell’avvocato e sulla sua, sia il testamento e le due aggiunte con i quali ha indicato come eredi i nipoti John, Lapo e Ginevra.
E infine per accertare la possibile evasione fiscale sul suo patrimonio. Trevisan spiega che la vedova dell’avvocato, dal 2003 sino alla morte nel 2019, non ha mai vissuto in Svizzera i 180 giorni all’anno necessari per poter mantenere quel diritto. “Ha trascorso ogni anno, in media, oltre 189 giorni in Italia, 94 in Marocco e solo circa 68 in Svizzera”. Se tutto saltasse, Margherita tornerebbe in campo nel controllo dell’impero Agnelli.



2) Gli “espedienti” sulla residenza. Il legale indica anche le presunte mosse per mascherare la permanenza di Marella in Italia. […] “Occorreva non far risultare intestate a Marella Caracciolo le utenze degli immobili in Italia e i relativi rapporti di lavoro... Un appunto del commercialista Gianluca Ferrero suggeriva che non fossero a lei riconducibili né dipendenti né animali, facendo risultare che i domestici fossero alle dipendenze di Elkann […]”.



3) Il personale delle ville. La ricostruzione di Trevisan […] sembrerebbe confermare i “consigli” di Ferrero. I magistrati […] stanno […] ascoltando le testimonianze di chi gestiva le residenze di famiglia. Il legale di Margherita ha contato oltre 30 dipendenti […]. I contratti erano intestati formalmente a Elkann, ma loro erano sempre al servizio della nonna.

4) I testamenti, veri o falsi. Nell’esposto, Trevisan affida alla Procura […] il compito di esaminare l’autenticità del testamento di Marella Caracciolo e delle due “aggiunte”, redatti dal notaio svizzero Urs von Grunigen. […] il legale aveva già sostenuto che, secondo due diverse perizie grafiche, almeno nella seconda “aggiunta” la firma della signora “appare apocrifa, con elevata probabilità”. Giovedì pomeriggio, la Guardia di Finanza si è presentata alla Fondazione Agnelli, proprio per acquisire vecchi documenti firmati da Marella e confrontare le firme.



5) Le fiduciarie di famiglia. Le Fiamme Gialle hanno anche prelevato migliaia e migliaia di pagine e documenti legati a quattro diverse fiduciarie, tutte citate nell’esposto di Trevisan. Due di esse, la Simon Fiduciaria e la Gabriel Fiduciaria facevano riferimento, un tempo, all’avvocato Franzo Grande Stevens e oggi sono state assorbite nella Nomen Fiduciaria della famiglia Giubergia e nella banca privata Pictet di Ginevra.
Che cosa può nascondersi in quegli “scrigni” votati alla riservatezza? Due cose, entrambe importanti. La prima […] riguarda il fatto se in esse sia potuto transitare denaro proveniente da 16 società offshore delle Isole Vergini britanniche, tutte intestate o a Marella Agnelli o a “membri della famiglia”, come la “Budeena Consulting Inc.” che, da sola, aveva in cassa 900 milioni dollari.
La seconda riguarda la possibilità che gli inquirenti possano trovare le tracce degli scambi azionari, tra la nonna e i nipoti, della “Dicembre”, la società semplice creata dall’avvocato nel 1984 per custodire il tesoro di famiglia e che oggi consente a John Elkann di gestire, a cascata, i 25,5 miliardi di patrimonio della holding Exor.


2. INCHIESTA ELKANN: LA GDF A CACCIA DI SOCIETÀ OFFSHORE

Estratto dell’articolo di Marco Grasso per “il Fatto quotidiano”

IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME
IL TESTAMENTO DI MARELLA CARACCIOLO CON LE INTEGRAZIONI E LE FIRME

Margherita Agnelli […] dà la caccia ai capitali offshore di famiglia, che le sarebbero stati occultati nell’accordo sull’eredità. La Procura di Torino cerca i redditi, potenzialmente enormi, che sarebbero stati occultati al Fisco, attraverso fiduciarie collegate a paradisi fiscali.

Questi due interessi potrebbero convergere se cadesse il baluardo che finora ha protetto la successione della dinastia più potente d’Italia: la presunta residenza elvetica di Marella Caracciolo, moglie di Gianni e madre di Margherita. Se saltasse questo cardine, le autorità italiane potrebbero contestare reati tributari e sanzioni fiscali agli Elkann, e questa storia, come una valanga, potrebbe travolgere anche i contenziosi civili sull ’eredità, aperti in Svizzera e in Italia.

Sono tre gli indagati nell’in chiesta condotta dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Giulia Marchetti: Gianluca Ferrero, commercialista della famiglia Agnelli e presidente della Juventus; Robert von Groueningen, amministratore dell’eredità di Marella Agnelli (morta nel 2019); John Elkann, nipote di Marella, presidente di Stellantis ed editore del gruppo Gedi.

L’ipotesi è di concorso in frode fiscale e in particolare di dichiarazione infedele al Fisco per gli anni 2018-2019. In base all’intesa sulla successione di Gianni Agnelli nel 2004 […] Margherita accetta l’estromissione dalle società di famiglia in cambio di 1,2 miliardi; ottiene l’usufrutto su vari beni immobiliari e si impegna a versare alla madre Marella un vitalizio mensile da 500 mila euro. Di questi soldi non c’è traccia nei 730, da cui mancano in altre parole 8 milioni di euro (3,8 milioni di tasse).

Il perché gli investigatori si concentrino su quel biennio è presto detto: per chi indaga Marella Caracciolo, malata di Parkinson, era curata in Italia. La Procura ritiene che passasse gran parte del tempo a Villa Frescot, a Torino, oltre 183 giorni l’anno, la soglia dopo la quale il Fisco ritiene probabile che una residenza estera sia fasulla. Per questo ieri il Nucleo di polizia economico finanziaria di Torino […] ha sentito sei testimoni vicini alla famiglia: personale che di fatto lavorava al servizio di Marella, ma che era stato assunto dopo la morte del nonno da John Elkann o da società a lui riconducibili, un artificio che avrebbe rafforzato la tesi della residenza estera della nonna.

Questo è l’anello che mette nei guai l’erede della casata. Per i pm il commercialista Ferrero avrebbe disposto le dichiarazioni dei redditi infedeli, mentre l’esecutore testamentario svizzero le avrebbe controfirmate.

Ci sono inoltre le indagini commissionate da Margherita Agnelli all’investigatore privato Andrea Galli, confluite in un esposto in mano alla Procura. Lo 007 ha ricostruito le spese nella farmacia di Lauenen, villaggio nel cantone di Berna in cui sulla carta viveva Marella Caracciolo: dalle fatture fra il 2015 e il 2018 emergerebbe che le spese mediche coprivano il solo mese di agosto. […]

GLI INQUIRENTI cercano di ricostruire il flusso di redditi, la riconducibilità dei patrimoni e documenti originali in grado di verificare la validità delle firme sui testamenti. Se dovesse essere rimessa in discussione la residenza di Marella, si aprirebbe un nuovo scenario: il Fisco potrebbe battere cassa e contestare mancati introiti milionari per Irpef, Iva, successione e Ivafe (tassa sui beni esteri). Gli Elkann sono pronti a difendersi dalle accuse, e hanno sempre contestato la ricostruzione di Margherita.

 

 

DOPO 25 ANNI MARGHERITA HA PENSATO AI FRATELLI DI YAKY, LAPO E GINEVRA , COME GLI AVEVA DETTO EDOARDO:

Margherita Agnelli vuole costringere per via giudiziaria i suoi tre figli Elkann a restituire i beni delle eredità di Gianni Agnelli (morto nel 2003) e Marella Caracciolo (2019).

Un’ordinanza della Cassazione pubblicata a gennaio mette in fila, sintetizzando i «Fatti in causa», le pretese della madre di John Elkann nella sua offensiva legale. Il punto d’arrivo è molto in alto nel sistema di potere dei figli: l’assetto della Dicembre, la cassaforte (60% John e 20% ciascuno Lapo e Ginevra Elkann) azionista di riferimento dell’impero Exor, Stellantis, Ferrari, Juventus, Cnh ecc. (35 miliardi).


[…] La Corte suprema nella sua ordinanza si occupa di una questione tecnica laterale, annullando parzialmente […] la decisione del tribunale di Torino di sospendere i lavori in attesa dei giudici svizzeri. […] la Cassazione […] sintetizza in modo neutrale le richieste di Margherita e cioè, innanzitutto, «che sia dichiarata l’invalidità o l’inefficacia del testamento della madre».



E dunque «che sia aperta la successione legittima, sia accertata in capo all’attrice (Margherita ndr) la sua qualità di unica erede legittima della madre, sia accertata la quota della quale la madre poteva disporre e […] sia accertata la lesione della quota di riserva a essa spettante». A questo punto ci deve essere «la conseguente reintegra della quota mediante riduzione delle donazioni, anche dirette e dissimulate, e condanna dei convenuti (gli Elkann, ndr) alle restituzioni».

Il tema delle donazioni è fondamentale perché potrebbero essere i «mattoni» con cui si è costruita la governance a trazione John nella Dicembre. Margherita «in ogni caso ha chiesto la dichiarazione della sua qualità di erede del padre (...) e la condanna dei convenuti a restituire i beni dell’eredità del padre».



La manovra legale è dunque tesa ad azzerare tutto, proiettando Margherita nel ruolo di unica erede legittima della madre. E nell’eventuale riconteggio dell’eredità materna entrerebbero le donazioni anche «indirette e dissimulate».



JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON LAVINIA BORROMEO
JOHN ELKANN CON LA MADRE MARGHERITA AGNELLI AL SUO MATRIMONIO CON LAVINIA BORROMEO

Nella costruzione dell’attuale assetto della Dicembre con John al comando sono state decisive alcune transazioni con la nonna Marella dopo la morte (2003) di Gianni Agnelli. Secondo i figli de Pahlen, […] per il calcolo della quota legittima, nel perimetro ereditario della nonna Marella dovrebbe entrare anche il «75% della Dicembre, per il caso in cui si accertasse la simulazione degli atti di compravendita, il cui valore è stimato in euro 3 miliardi». Sostengono anzi che la nonna abbia «effettuato donazioni delle partecipazioni della Dicembre al nipote John per (...) circa 3 miliardi».



John Elkann e la madre Margherita entrano nella cassaforte come soci nel 1996, con Gianni Agnelli al comando. Nel ’99 l’Avvocato modifica lo statuto e detta il futuro: «se manco o sono impedito — è il senso — tutti i poteri vanno a John» che, alla morte del nonno, sale al 58%.
L’anno dopo (2004) Margherita vende per 105 milioni il 33% alla madre ed esce dalla Dicembre sulla base del patto successorio. Subito dopo la nonna cede tutto ai nipoti, tenendo l’usufrutto: John si consolida al 60%, una leadership che nel suo entourage giudicano «inattaccabile», a Lapo e Ginevra il resto. È l’assetto attuale di cui però s’è avuta notizia ufficiale nel 2021, dopo 17 anni di carte, transazioni e patti tenuti nascosti. Un bug temporale a dir poco anomalo per una delle più influenti società in Europa, inspiegabilmente tollerato per anni dalla Camera di Commercio di Torino. Anche su questo fa leva la strategia di Margherita per «scalare» il sancta sanctorum degli Elkann.

 

«La costruzione di una residenza estera fittizia» in Svizzera di Marella Caracciolo «ha avuto una duplice e concorrente finalità: da un lato, sotto il profilo fiscale, evitare l’assoggettamento a tassazione in Italia di ingenti cespiti patrimoniali e redditi derivanti da tali disponibilità; dall’altro, sotto il profilo ereditario, sottrarre la successione» della vedova dell’Avvocato «all’ordinamento italiano»: lo scrivono i magistrati di Torino nel decreto di sequestro che ha portato al blitz di ieri (7 marzo) della guardia di finanza, nell’ambito dell’inchiesta sull’eredità Agnelli e sulle presunte «dichiarazioni fraudolente» dei redditi di Marella Caracciolo. Per questo, è scattata anche una nuova ipotesi di reato: «truffa aggravata ai danni dello Stato e di ente pubblico (Agenzia delle entrate)».

Eredità Agnelli, i 734 milioni di euro lasciati da Marella e l'appunto sulla residenza svizzera: «Una vita di spostamenti»
CRONACA
Eredità Agnelli, i pm e gli appunti della segretaria di Marella Agnelli: «Sono la prova che non viveva in Svizzera»
Tra i beni in questione - secondo il Procuratore aggiunto Marco Gianoglio e i pubblici ministeri Mario Bendoni e Giulia Marchetti - ci sarebbero 734.190.717 euro, «derivanti dall’eredità di Marella Caracciolo».

Per la truffa aggravata sono indagati i tre fratelli Elkann, John, Ginevra e Lapo, lo storico commercialista della famiglia Gianluca Ferrero e Urs Robert von Gruenigen, il notaio svizzero che curò la successione testamentaria.
Gli investigatori - emerge dal decreto - hanno messo le mani anche su un documento di quattro pagine «riepilogante in forma schematica i giorni di effettiva presenza in Italia di Marella Caracciolo»: morale, nel 2015 la moglie di Gianni Agnelli dimorò «in Svizzera meno di due mesi», contro i 298 giorni passati in Italia. Nel 2018 il conto è di 227 giorni in Italia e 138 all’estero. Significativa anche la denominazione dell’ultima pagina del documento: «Una vita di spostamenti».

 

Un secondo "round" si è combattuto ieri davanti al tribunale del riesame di Torino tra la Procura subalpina e lo staff di avvocati che difendono i fratelli Elkann, indagati per truffa ai danni dello Stato per non aver pagato la tassa di successione su una porzione di eredità della nonna, pari a 734 milioni di euro.



I penalisti hanno impugnato il decreto con cui i pm il 6 marzo hanno disposto un nuovo sequestro dei documenti […] già acquisiti dai finanzieri durante le perquisizioni del 7 febbraio. E gli inquirenti hanno risposto depositando ai giudici materiale investigativo finora inedito, tra cui delle intercettazioni e soprattutto i tredici verbali del personale al "servizio" di Marella Caracciolo.



La tesi accusatoria - secondo cui John Elkann avrebbe fatto figurare che domestici e infermiere lavoravano per lui, «al fine di non compromettere la possibilità che la defunta nonna fosse effettivamente residente in Svizzera» - «appare largamente confermato dalle dichiarazioni» degli ex dipendenti sentiti come testimoni in Procura. In sostanza, quasi tutti hanno confermato che prestavano assistenza alla signora Agnelli quando lei risiedeva nelle dimore torinesi, ossia per la maggior parte dell'anno.

Nel locale caldaie dell'abitazione del pupillo di Gianni Agnelli, […] i militari del nucleo economico finanziario di Torino hanno trovato una ventina di faldoni con i documenti di «domestici, cuochi, autisti, governante, guardarobiera, maggiordomi». Per realizzare quella che i pm ritengono esser una «strategia evasiva», ossia non pagare le tasse sull'eredità in Italia, John avrebbe assunto formalmente il personale delle residenze di Villa Frescot, Villa To e Villar Perosa che «assisteva di fatto Marella Caracciolo».


A sommarie informazioni è stata sentita anche Carla Cantamessa, che si occupava della gestione amministrativa delle abitazioni riconducibili alla famiglia Angelli-Elkann. […] «al momento della perquisizione (del 7 febbraio, ndr) contattava immediatamente Gianluca Ferrero (il commercialista di famiglia indagato, ndr), avvisandolo dell'arrivo della Finanza e mostrando timore e preoccupazione per documenti che avrebbe dovuto "nascondere"».



In quel momento, però, i finanzieri stavano bussando anche alla porta del commercialista, che quindi ha subito riagganciato il telefono. Tra il materiale che le è stato sequestrato ci sono anche documenti sui «giardinieri dismessi dal 2020», ossia successivamente alla morte di Marella. La "prova del nove" è che quasi tutti i dipendenti assunti da John sono stati licenziati dopo che sua nonna, il 23 febbraio 2019, è deceduta.


Secondo i legali degli Elkann non esistono gli estremi del reato di truffa ai danni dello Stato nel caso di mancato pagamento della tassa di successione. Avvalendosi anche di un parere del professore Andrea Perini, docente di diritto penale tributario, hanno specificato […] che al massimo si tratta di un illecito amministrativo. Per i pm, invece, gli «artifizi e i raggiri» previsti dal reato di truffa si sono concretizzati proprio nel trucco della residenza in Svizzera di Marella, con il quale i tre nipoti avrebbero «indotto in errore» l'Agenzia delle entrate […], e così facendo avrebbero tratto «l'ingiusto profitto» di risparmiare tra i 42 e i 63 milioni di euro di tasse.



Tra l'altro, la «strategia evasiva» è esplicitata nel cosiddetto «vademecum della truffa» redatto da Ferrero, in cui si consiglia a chiare lettere «di non sovraccaricare la posizione italiana di Marella Caracciolo», facendo assumere i suoi dipendenti al nipote maggiore. L'altro punto su cui insistono le difese è il «ne bis in idem», il principio in base al quale non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto.

Ma la truffa ai danni dello Stato era già stata ipotizzata dalla Procura torinese prima che venisse eseguito il secondo sequestro, ora impugnato dagli Elkann e da Ferrero. I giudici, dopo quasi quattro ore di udienza, si sono riservati di decidere entro sabato prossimo. […]

EREDITÀ AGNELLI, 'I QUADRI SONO CUSTODITI AL LINGOTTO'

Francesca Brunati e Igor Greganti per l’ANSA

Sarebbero tutte rintracciate e rintracciabili, e donate dalla nonna ai nipoti Elkann, le 13 opere d'arte, parte del tesoro lasciato da Gianni Agnelli, e che un tempo arredavano Villa Frescot e Villar Perosa a Torino e una residenza di famiglia a Roma, e ora reclamate dalla figlia Margherita, unica erede dei beni immobili dopo la morte della madre e moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di Castagneto, la quale ne aveva l'usufrutto.



E' quanto risulta in sintesi da una relazione depositata alla Procura di Milano dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf nell'inchiesta che ha portato il gip Lidia Castellucci ad archiviare la posizione di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore accusati di ricettazione e a disporre, su suggerimento di Margherita nella sua opposizione alla richiesta di archiviazione, ulteriori accertamenti.

L'informativa delle Fiamme Gialle è stata redatta in base alle testimonianze, riportate nell'atto, di Paola Montalto e Tiziana Russi, persone di fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate degli inventari dei beni ereditati. Le due donne, sentite come una terza persona al servizio della moglie dell'Avvocato, hanno ricostruito che quelle tele di artisti del calibro di Monet, Picasso, Balla e De Chirico erano alle pareti dell'appartamento romano a Palazzo Albertini-Carandini, di cui Margherita ha la nuda proprietà, e che furono poi donate ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra dalla nonna.

Dichiarazioni, queste, a cui è stato trovato riscontro: come è emerso successivamente alle tre deposizioni, quasi tutte le opere d'arte sono state trovate al Lingotto durante una ispezione della Guardia di Finanza, delegata dalla Procura torinese nell'indagine principale sull'eredità. Una invece sarebbe in una casa a St. Moritz e una sua copia nella pinacoteca di via Nizza.

Dalle consultazioni di una serie di banche dati "competenti", in particolare quelle del ministero della Cultura e la piattaforma S.u.e. (Sistema uffici esportazione) è stato appurato che non ci sono state movimentazioni illecite né esistono particolari vincoli sui quadri e che il Monet, che si sospettava fosse falso, è stato sottoposto a una perizia che ne ha acclarato l'autenticità.



Visto gli esiti delle nuove indagini, i pm milanesi coordineranno con i colleghi di Torino, ai quali, non si esclude potrebbero trasmettere gli atti per competenza. Sul caso fonti vicine a Margherita chiariscono che "i quadri oggetto di denuncia nel procedimento di Milano (che prosegue) non possono essere stati donati, in quanto Marella non ne aveva la proprietà.



Peraltro, non risulta ad oggi formalizzato alcun documento di donazione. Comunque, qualora le indiscrezioni fossero confermate, vi sarebbero atti invalidi e verrebbe richiesta l'immediata restituzione delle opere che sono e restano di proprietà di Margherita Agnelli". Una questione, quella della proprietà, che potrà sciogliere solo la magistratura.


FAIDA EREDITÀ AGNELLI: IL GIALLO DEI 13 QUADRI E DEGLI ORIGINALI SPARITI

Estratto dell’articolo di Ettore Boffano e Manuele Bonaccorsi per “il Fatto quotidiano”



Diventa un giallo milionario […] la verità sulle opere della Collezione Agnelli finite nell'inchiesta penale sull'eredità della vedova dell’avvocato, Marella Caracciolo.



Secondo un’annotazione della Guardia di Finanza di Milano, consegnata al procuratore aggiunto milanese Luca Fusco, 13 di quei quadri non sarebbero infatti scomparsi dalle dimore italiane della dinastia (come ha denunciato la figlia di Gianni Agnelli, Margherita), ma sarebbero state donate dalla nonna Marella ai tre nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann e ora sarebbero “rintracciati e rintracciabili” in un caveau della Fiat Security al Lingotto e in Svizzera.

Molto diverso, invece, ciò che emergerebbe dalle indagini che stanno svolgendo la Procura e la Gdf di Torino, dopo un esposto di Margherita contro i tre figli. Un fascicolo, al quale nei prossimi giorni sarà allegato quello di Milano, che ha portato i pm torinesi a indagare i tre Elkann per i “raggiri e gli artifizi” messi in opera per costruire una “inesistente residenza svizzera” della nonna.



Nei sequestri effettuati lo scorso 8 febbraio, i finanzieri avevano visitato anche un caveau nella palazzina storica Fiat del Lingotto, dove erano conservati arredi di valore un tempo presenti nelle residenze dell’avvocato di Villar Perosa, di Villa Frescot a Torino e nell’appartamento di Palazzo Albertini davanti al Quirinale.



Il Fatto Quotidiano e Report […] hanno ricostruito però che gli inquirenti torinesi hanno rinvenuto al Lingotto solo due originali, La Chambre di Balthus e il Pho Xai di Gérome, e invece tre copie di modesto valore di altri tre capolavori: il Glacons effect blanc di Monet, La scala degli addii di Balla e il Mistero e malinconia di una strada di De Chirico.
Ma dove sono gli originali? Secondo gli Elkann, […] sarebbero sempre stati a Sankt Moritz, nella villa Chesa Alkyon dell’avvocato. Per il momento, la Procura torinese sta approfondendo soprattutto le vicende legate alla residenza svizzera di Marella e agli eventuali resti fiscali. Ma è probabile che in un secondo tempo, […] i pm ordinino una perizia per accertare l’esatta datazione delle copie.



Se emergesse, infatti, che esse sono state realizzate dopo il 24 gennaio 2003, giorno della morte di Gianni Agnelli, allora le indagini potrebbero estendersi a verificare quando e come gli originali hanno lasciato l’italia per la Svizzera e sostituiti con le copie. Se fosse mai dimostrato che i tre quadri si trovavano in Italia, allora potrebbe trattarsi di un reato. E anche piuttosto grave: esportazione illecita di opere d’arte, punito dal Codice dei beni culturali con una pena dai 2 a 8 anni di reclusione.
Tutto potrebbe essere prescritto: ciò che invece non si prescriverà mai è il diritto da parte dello Stato di rivendicare il rientro delle opere in Italia, con un sequestro. A sostegno delle tesi degli Elkann, secondo la Gdf di Milano, ci sarebbero anche le testimonianze di due segretarie di Marella, Paola Montaldo e Tiziana Russi, e di un altro domestico che avrebbero confermato come la nonna avesse donato quei quadri ai nipoti.

Qualcosa che contraddice l’elenco delle opere acquisito dal procuratore aggiunto Fusco nel 2009, in un’altra inchiesta sull’eredità Agnelli, e di cui Report e il Fatto Quotidiano sono entrati in possesso. Una lista ritenuta veritiera da due personaggi chiave: colui che l’ha redatta, Stuart Thorton, storico maggiordomo inglese di Agnelli, ed Emmanuele Gamna, ex avvocato di Margherita che trattò la suddivisione delle opere tra madre e figlia nel 2004.



Il documento riporta quotazione (assai al ribasso) e collocazione delle opere. Il De Chirico si trovava a Roma: valore 7 milioni. Il Balla anch’esso era nella Capitale: 2 milioni. C’era infine il Monet che risultava essere a Villa Frescot: 8 milioni. L’originale non si sa dove si trovi.



I quadri di Roma […] erano lì almeno fino al 2018, quando un trasportatore, il torinese Giorgio Ghilardini, li prelevò: la bolla del trasporto è stata sequestrata dai pm torinesi. Infine, il professor Lorenzo Canova, direttore scientifico della fondazione De Chirico, ricorda che il suo maestro, l’insigne storico dell’arte Mauro Calvesi, aveva visto l’originale di Mistero e melanconia di una strada nell’appartamento romano dell’avvocato.

“Me lo presterebbe per una mostra”, chiese il critico ad Agnelli. “Preferirei di no, i quadri a volte voglio scambiarli, questo non voglio sia notificato al ministero”, avrebbe risposto il “signor Fiat”.

[…] Margherita Agnelli ritiene […]che le opere le siano state sottratte dall’eredità della madre Marella e, comunque, chiederà la nullità della presunta donazione ai figli. Ma il punto non è questo. Quelle opere, a chiunque spettino, devono rimanere in Italia. Così almeno dice la legge […]
 

 

 

 

 

LA FRAGILITA' UMANA DIMOSTRA LA FORZA  E L'ESISTENZA DI DIO: le stesse variazioni climatiche e meteriologiche  imprevedibili dimostrano l'esistenza di DIO.

Che lo Spirito Santo porti buon senso e serenita' a tutti gli uomini di buona volonta' !

CRISTO RESUSCITA PER TUTTI GLI UOMINI DI VOLONTA' NON PER QUELLI DELLO SPRECO PER NUOVI STADI O SPONSORIZZAZIONI DI 35 MILIONI DI EURO PAGATI DALLE PAUSE NEGATE AGLI OPERAI ! La storia del ricco epulone non ha insegnato nulla perché chi e morto non può tornare per avvisare i parenti !  Mb 05.04.12; 29.03.13;

 

 

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Marco Bava ABELE: pennarello di DIO, abele, perseverante autodidatta con coraggio e fantasia , decisionista responsabile.

Sono quello che voi pensate io sia (20.11.13) per questo mi ostacolate.(08.11.16)

La giustizia non esiste se mi mettessero sotto sulle strisce pedonali, mi condannerebbero a pagare i danni all'auto.

(12.02.16)

TO.05.03.09

IL DISEGNO DI DIO A VOLTE SI RIVELA SOLO IN ALCUNI PUNTI. STA' ALLA FEDE CONGIUNGERLI

PADRE NOSTRO CHE SEI NEI CIELI SIA SANTIFICATO IL TUO NOME VENGA IL TUO REGNO, SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ COME IN CIELO COSI IN TERRA , DAMMI OGGI  IL PANE E LA ACQUA QUOTIDIANI E LA POSSIBILITA' DI NON COMMETTERE ERRORI NEL CERCARE DI REALIZZARE NEL MIGLIOR MONDO POSSIBILE IL TUO VOLERE, LA PACE NEL MONDO, IL BENESSERE SOCIALE E LA COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI. TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E FIGLI.

TU SEI GRANDE ED IO NON SONO CHE L'ULTIMO DEI TUOI SERVI E DEI TUOI FIGLI .

SIGNORE IO NON CONOSCO I TUOI OBIETTIVI PER ME , FIDUCIOSO MI AFFIDO A TE.

Difendo il BENE contro il MALE che nell'uomo rappresenta la variabile "d" demonio per cui una decisione razionale puo' diventare irrazionale per questa ragione (12.02.16)

Non prendo la vita di punta faccio la volonta' di DIO ! (09.12.18)

La vita e' fatta da cose che si devono fare, non si possono non fare, anche se non si vorrebbero fare.(20.01.16)

Il mondo sta diventando una camera a gas a causa dei popoli che la riempiono per irresponsabilità politica (16.02.16)

I cervelli possono viaggiare su un unico livello o contemporaneamente su plurilivelli e' soggettivo. (19.02.17)

L'auto del futuro non sara' molto diversa da quella del presente . Ci sono auto che permarranno nel futuro con l'ennesima versione come : la PORSCHE 911, la PANDA, la GOLF perche' soddisfano esigenze del mercato che permangono . Per cui le auto cambieranno sotto la carrozzeria con motori ad idrogeno , e materiali innovativi. Sara' un auto migliore in termini di sicurezza, inquinamento , confort ma la forma non cambierà molto. INFATTI la Modulo di Pininfarina la Scarabeo o la Sibilo di Bertone possono essere confrontate con i prototipi del prossimo salone.(18.06.17)

La siccità e le alluvioni dimostrano l'esistenza di Dio nei confronti di uomini che invece che utilizzare risorse per cercare  inutilmente nuovi pianeti dove Dio non ha certo replicato l'esperienza negativa dell'uomo, dovrebbero curare l'unico pianeta che hanno a disposizione ed in cui rischiano di estinguersi . (31.10.!7)

L'Italia e' una Repubblica fondata sul calcio di cui la Juve e' il maggiore esponente con tutta la sua violenta prevaricazione (05.11.17)

La prepotenza della FIAT non ha limiti . (05.11.17)

I mussulmani ci comanderanno senza darci spiegazioni ne' liberta'.(09.11.17)

In Italia mancano i controlli sostanziali . (09.11.17)

Gli alimenti per animali sono senza controllo, probabilmente dannosi,  vengono utilizzati dai proprietari per comodita', come se l'animale fosse un oggetto a cui dedicare il tempo che si vuole, quando si vuole senza alcun rispetto ai loro veri bisogni  alimentari. (20.11.17)

Ho conosciuto l'avv.Guido Rossi e credo che la stampa degli editori suoi clienti lo abbia mitizzato ingiustificatamente . (20.11.17)

L'elicottero di Jaky e' targato I-TAIF. (20.11.17)

La Coop ha le agevolazioni di una cooperativa senza esserlo di fatto in quanto quando come socio ho partecipato alle assemblee per criticare il basso tasso d'interesse dato ai soci sono stato o picchiato o imbavagliato. (20.11.17)

Sono 40 anni che :

1 ) vedo bilanci diversi da quelli che vedo insegnati a scuola, fusioni e scissioni diverse da quelle che vengono richieste in un esame e mi vengono a dire che l'esame di stato da dottore commercilaista e' una cosa seria ?

2) faccio esposti e solo quello sul falso in bilancio della Fiat presentato da Borghezio al Parlamento e' andato avanti ?

 (21.11.17)

La Fornero ha firmato una riforma preparata da altri (MONTI-Europa sono i mandanti) (21.11.17)

Si puo' cambiare il modo di produrre non le fasi di produzione. (21.11,17)

La FIAT-FERRARI-EXOR si sono spostate in Olanda perche' i suoi amministratori abbiano i loro compensi direttamente all'estero . In particolare Marchionne ha la residenza fiscale in Sw (21.11.17)

La prova che e' il femore che si rompe prima della caduta e' che con altre cadute non si sono rotte ossa, (21.11.17)

Carlo DE BENEDETTI un grande finanziere che ha fallito come industriale in quanto nel 1993 aveva il SURFACE con il nome QUADERNO , con Passera non l'ha saputo produrre , ne' vendere ne' capire , ma siluro' i suoi creatori CARENA-FIGINI. (21.11.17)

Quando si dira' basta anche alle bufale finanziarie ? (21.11.17)

Per i consiglieri indipendenti l'indipendenza e' un premio per tutti gli altri e' un costo (11.12.17)

La maturita' del mercato finanziario e' inversamente proporzionale alla sottoscrizione dei bitcoin (18/12/17)

Chi risponde civilmente e penalmente se un'auto o un robot impazziscono ? (18/12/17)

Non e' la FIAT filogovernativa, ma sono i governi che sono filofiat consententogli di non pagare la exit-tax .(08.02.18) inoltre la FIAT secondo me ha fatto più danni all'ITALIA che benefici distruggendo la concorrenza della LANCIA , della Ferrari, che non ha mai capito , e della BUGATTI (13.02.18).

Infatti quando si comincia con il raddoppio del capitale senza capitale si finisce nella scissione

Tesi si laurea sull'assoluzione del sen.Giovanni Agnelli nel 1912 dal reato di agiotaggio : come Giovanni Agnelli da segretario della Fiat ne e' diventato il padrone :

https://1drv.ms/b/s!AlFGwCmLP76phBPq4SNNgwMGrRS4

 

Prima di educare i figli occorre educare i genitori (13.03.18)

Che senso ha credere in un profeta come Maometto che e'un profeta quando e' esistito  Gesu' che e' il figlio di DIO come provato  per ragioni storiche da almeno 4 testi che sono gli evangelisti ? Infatti i mussulmani  declassano Gesu' da figlio di DIO  a profeta perché riconoscono implicitamente l'assurdità' di credere in un profeta rispetto al figlio di DIO. E tutti gli usi mussulmani  rappresentano una palese involuzione sociale basata sulla prevaricazione per esempio sulle donne (19.03/18)

Il valore aggiunto per i consulenti finanziari e' solo per loro (23.03.18)

I medici lavorerebbero gratis ? quante operazioni non sono state fatte a chi non aveva i soldi per pagarle ? (26.03.18 )

lo sfregio delle auto di stato ibride con il motore acceso, deve finire con il loro passaggio alla polizia  con i loro autisti (19.03.18)

Se non si tassa il lavoro dei robot e' per la mancata autonomia in termini di liberta' di scelta e movimento e responsabilita' penale personale . Per cui le auto a guida autonoma diventano auto-killer. (26.04.18)

Quanto poco conti l'istruzione per l'Italia e' dimostrato dalla scelta DEI MINISTRI GELMINI FEDELI sono esempi drammatici anche se valorizzati dalla FONDAZIONE AGNELLI. (26.04.18) (27.08.18).

Credo che la lotta alla corruzione rappresenti sempre di piu' un fattore di coesione internazionale perche' anche i poteri forti si sono stufati di pagare tangenti (27/04/2018)

Non riusciamo neppure piu' a produrre la frutta ad alto valore aggiunto come i mirtilli....(27/04/2018)

Abbiamo un capitalismo sempre piu' egoista fatto da managers che pensano solo ad arraffare soldi pensando che il successo sia solo merito loro invece che di Dio e degli operai (27.04.18)

Le imprese dell'acqua e delle telecomunicazioni scaricano le loro inefficienze sull'utente (29.05.18)

Nel 2004 Umberto Agnelli, come presidente della FIAT,  chiese a Boschetti come amministratore delegato della FIAT AUTO di affidarmi lo sviluppo della nuova Stilo a cui chiesi di affiancare lo sviluppo anche del marchio ABARTH , 500 , A112, 127 . Chiesi a Montezemolo , come presidente Ferrari se mi lasciava utilizzare il prototipo di Giugiaro della Kubang che avrebbe dovuto  essere costruito con ALFA ROMEO per realizzare la nuova Stilo . Mi disse di si perche' non aveva i soldi per svilupparlo. Ma Morchio, amministratore delegato della FIAT, disse che non era accettabile che uno della Telecom si occupasse di auto in Fiat perche' non ce ne era bisogno. Peccato che la FIAT aveva fatto il 128 che si incendiava perche' gli ingegneri FIAT non avevano previsto una fascetta che stringesse il tubo della benzina all'ugello del carburatore. Infatti pochi mesi dopo MORCHIO  venne licenziato da Gabetti ed al suo posto arrivo' Marchionne a cui rifeci la proposta. Mi disse di aspettare una risposta entro 1 mese. Sono passati 14 anni ma nessuna risposta mi e' mai stata data da Marchionne, nel frattempo la Fiat-Lancia sono morte definitivamente il 01.06.18, e la Nissan Qashai venne presentata nel 2006 e rilancia la Nissan. Infatti dal 2004 ad oggi RENAULT-NISSAN sono diventati i primi produttori al mondo. FIAT-FCA NO ! Grazie a Marchionnne nonostante abbia copiato il suo piano industriale dal mio libro . Le auto Fiat dell'era CANTARELLA bruciavano le teste per raffredamento insufficente. Quella dell'era Marchionne hanno bruciato la Fiat. Il risultato del lavoro di MARCHIONNE e' la trasformazione del prodotto auto in prodotto finanziario, per cui le auto sono diventate tutte uguali e standardizzate. Ho trovato e trovo , NEI MIEI CONFRONTI, molta PREPOTENZA cattiveria ed incompetenza in FIAT. (19.12.18)

(   vedi :  https://1drv.ms/w/s!AlFGwCmLP76pg3LqWzaM8pmCWS9j ).

La differenza fra ROMITI MARCHIONNE e' che se uno la pensava diversamente da loro Romiti lo ascoltava, Marchionne lo cacciava anche se gli avesse detto che aumentando la pressione dei pneumatici si sarebbero ridotti i consumi.

FATTI NON PAROLE E FUMO BORSISTICO ! ALFA ROMEO 166 un successo nonostante i pochi mezzi utilizzati ma una richiesta mia precisa e condivisa da FIAT : GUIDA DIRETTA.  Che Marchionne non ha apprezzato come un attila che ha distrutto la storia automoblistica italiana su mandato di GIANLUIGI GABETTI (04.06.18).

Piero ANGELA : un disinformatore scientifico moderno in buona fede  su auto elettrica. auto killer ed inceneritore  (29.07.18)

Puoi anche prendere il potere ma se non lo sai gestire lo perdi come se non lo avessi mai avuto (01.08.18)

Ho provato la BMW i8 ed ho capito che la Ferrari e le sue concorrenti sono obsolete ! (20.08.18)

LA Philip Morris ha molti clienti e soci morti tra cui Marchionne che il 9 maggio scorso, aveva comprato un pacchetto di azioni per una spesa di 180mila dollari. Briciole, per uno dei manager più ricchi dell’industria automotive (ha un patrimonio stimato tra i 6-700 milioni di franchi svizzeri, cifra che lo fa rientrare tra i 300 elvetici più benestanti).E’ stato, però, anche l’ultimo “filing” depositato dal manager alla Sec, sul cui sito da sabato pomeriggio è impossible accedere al profilo del manager italo-canadese e a tutte le sue operazioni finanziarie rilevanti. Ed era anche un socio: 67mila azioni detenute per un investimento di 5,67 milioni di dollari (alla chiusura di Wall Street di venerdì 20 luglio 2018 ). E PROSSIMAMENTE  un'uomo Philip Morris uccidera' anche la FERRARI .   (20.08.18) (25.08.18)

verbali assemblee italiane azionisti EXOR :

https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76pg3Y3JmiDAW4z2DWx

verbali assemblee italiane azionisti FIAT :

https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76phApzYBZTNpkGlRkq

 

Prodi e' il peccato originale dell'economia italiana dal 1987 (regalo' l'ALFA ROMEO alla FIAT) ad oggi (25.08.18)

L'indipendenza della Magistratura e' un concetto teorico contraddetto dalle correnti anche politiche espresse nelle lottizzazioni delle associazioni magistrati che potrebbe influenzarne i comportamenti. (27.08.18)

Ho sempre vissuto solo con oppositori irresponsabili privi di osservazioni costruttive ed oggettive. (28.08.18)

Buono e cattivo fuori dalla scuola hanno un significato diverso e molto piu' grave perche' un uomo cattivo o buono possono fare il bene o il male con consaprvolezza che i bambini non hanno (20.10.18) 

Ma la TAV serve ai cittadini che la dovrebbero usare o a chi la costruisce con i nostri soldi ? PERCHE' ?

Un ruolo presidenziale divergente da quello di governo potrebbe porre le premesse per una Repubblica Presidenziale (11.11.2018)

La storia occorre vederla nella sua interezza la marcia dei 40.000 della Fiat come e' finita ? Con 40.000 licenziamenti e la Fiat in Olanda ! (19.11.18)

I SITAV dopo la marcia a Torino faranno quella su ROMA con costi doppi rispetto a quella francese sullo stesso percorso ? (09.12.18)

La storia politica di Fassino e' fatta dall'invito al voto positivo per la raduzione dei diritti dei lavoratori di Mirafiori. Si e' visto il risultato della lungimiranza di Fassino , (18.12.18)

Perche' sono investimenti usare risorse per spostare le pietre e rimetterle a posto per giustificare i salari e non lo sono il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni ? perche' gli 80 euro a chi lavora di Renzi vanno bene ed i 780 euro di Di Maio a chi non lavora ed e' in pensione non vanno bene ? (27.12.18)

Le auto si dividono in auto mozzarella che scadono ed auto vino che invecchiando aumentano di valore (28.12.18)

Fumare non e' un diritto ma un atto contro la propria salute ed i doveri verso la propria famiglia che dovrebbe avere come conseguenza la revoca dell'assistenza sanitaria nazionale ad personam (29.12.18)

Questo mondo e troppo cattivo per interessare altri esseri viventi (10.01.19)

Le ONG non hanno altro da fare che il taxi del mare in associazione per deliquere degli scafisti ? (11.02.19)

La giunta FASSINO era inutile, quella APPENDINO e' dannosa (12.07.19)

Quello che l'Appendino chiama freno a mano tirato e' la DEMOCRAZIA .(18.07.19)

La spesa pubblica finanzia le tangenti e quella sullo spazio le spese militari  (19.07.19)

AMAZON e FACEBOOK di fatto svolgono un controllo dei siti e forse delle persone per il Governo Americano ?

(09.08.19)

LA GRANDE MORIA DI STARTUP e causato dal mancato abbinamento con realta' solide (10.08.!9)

Il computer nella progettazione automobilistica ha tolto la personalizzazione ed innovazione. (17.08.19)

L' uomo deve gestire i computer non viceversa, per aumentare le sue potenzialita' non annullarle  (18.08.19)

LA FIAT a Torino ha fatto il babypaking a Mirafiori UNO DEI POSTI PIU' INQUINATI DI TORINO ! Non so se Jaky lo sappia , ma il suo isolamento non gli permette certo di saperlo ! (13.09.19)

Non potro' mai essere un buon politico perche' cerco di essere un passo avanti mentre il politico deve stare un passo indietro rispetto al presente. (04.10.19)

L'arretratezza produttiva dell'industria automobilistica e' dimostrata dal fatto che da anni non hanno mai risolto la reversibilità dei comandi di guida a dx.sx, che costa molto (09.10.19)

IL CSM tutela i Magistrati dalla legge o dai cittadini visti i casi di Edoardo AGNELLI  e Davide Rossi ? (10.10.19).

Le notizie false servono per fare sorgere il dubbio su quelle vere discreditandole (12.10.19)

L'illusione startup brucia liquidita' per progetti che hanno poco mercato. sottraendoli all'occupazione ed illude gli investitori di trovare delle scorciatoie al alto valore aggiunto (15.10.19)

Gli esseri umani soffrono spesso e volentieri della sindrome del camionista: ti senti piu' importante perche' sei in alto , ma prima o poi dovrai scendere e cedere il posto ad altri perche' nessun posto rimane libero (18.10.19)

Non e' logico che l'industria automobilistica invece di investire nelle propulsione ad emissione 0 lo faccia sulle auto a guida autonoma che brucia posti di lavoro. (22.10.19)

L'intelligenza artificiale non esiste perche' non e' creativa ma applicativa quindi rischia di essere uno strumento in mano ai dittatori, attraverso la massificazione pilotata delle idee, che da la sensazione di poter pensare ad una macchina al nostro posto per il bene nostro e per farci diventare deficienti come molti percorsi dei navigatori  (24.11.19)

Quando ci fanno domande per sapere la nostra opinione di consumatori ma sono interessati solo ai commenti positivi , fanno poco per migliorare (25.11.19)

La prova che la qualità della vita sta peggiorando e' che una volta la cessione del 5^ si faceva per evitare i pignoramenti , oggi lo si fa per vivere (27.11.19)

Per combattere l'evasione fiscale basta aumentare l'assistenza nella pre-compilazione e nel pagamento (29.11.19)

La famiglia e' come una barca che quando sbaglia rotta porta a sbattere tutti quanti (25.12.19)

Le tasse sull'inquinamento verranno scaricate sui consumatori , ma a chi governa e sa non importa (25.12.19)

Il calcio e l'oppio dei popoli (25.12.19)

La religione nasce come richiesta di aiuto da parte dei popoli , viene trasformata in un tentativo di strumento di controllo dei popoli (03.01.20)

L'auto a guida autonoma e' un diversivo per vendere auto vecchie ed inquinanoroti , ed il mercato l'ha capito (03.01.20)ttadini

Il vero potere della burocrazia e' quello di creare dei problemi ai cittadini anche se il cittadino paga i dipendente pubblico per risolvere dei problemi non per crearli.  Se per denunciare questi problemi vai fuori dal coro deve essere annientato. Per cui burocrazia=tangente (03.01.20)

Gli immigrati tengono fortemente alla loro etnina a cui non rinunciano , piu' saranno forti le etnie piu' queste  divideranno l'Italia sovrastando gli italiani imponendoci il modello africano . La mafia nigeriana e' solo un esempio. (05.01.20)

La sinistra e la lotta alla fame nel mondo sono chimere prima di tutto per chi ci deve credere come ragione di vita (07.01.20)

Credo di avere la risposta alla domanda cosa avrebbe fatto Eva se Adamo avesse detto di no a mangiare la mela ?  Si sarebbe arrabbiata. Anche oggi se non fai quello che vogliono le donne si mettono contro cercando di danneggiarti. (07.01.20)

Le sardine rappresenta l'evoluzione del buonismo Democristiano  e la sintesi fra Prodi e Renzi,  fuori fa ogni logica e senza una proposta concreta  (08.01.20)

Un cavallo di razza corre spontaneamente e nessuno puo' fermarlo. (09.01.20)

PD e M5S 2 stampelle non fanno neppure una gamba sana (22.01.20)

non riconoscere i propri errori significa sbagliare per sempre (12.04.20)

la vera ricchezza dei ricchi sono i figli dei poveri, una lotteria che pagano tutta la loro vita i figli ai genitori che credono di non avere nulla da perdere  ! (03.11.21)

GLI YESMEN SERVONO PER CONSENTIRE IL MANTENIMENTO E LO SVILUPPO E L'OCCULTAMENTO DEGLI INTERESSI OCCULTI DEL CAPITALISMO DISTRUTTIVO. (22.04.22)

DALL'INTOLLERANZA NASCE LA GUERRA (30.06.22)

L'ITALIA E' TERRA DI CONQUISTA PER LE BANDE INTERNE DEI PARTITI. (09.10.22)

La dimostrazione che non esista più il nazismo e' dimostrato dalla reazione europea contro Puntin che non ci fu subito contro Hitler (12.10.22)

Cara Meloni nulla giustifica una alleanza con la Mafia di Berlusconi (26.10.22)

I politici che non rappresentano nessuno a cosa servono ? (27.10.22)

Di chi sono Ambrosetti e Mckinsey ? Chi e' stato formato da loro ed ora e' al potere in ITALIA ?
Lo spunto e' la vicenda Macron . Quanti Macron ci sono in Italia ? E chi li controlla ? Mckinsey e' una P2 mondiale ?
Mb

Piero Angela ha valutato che lo sbarco sulla LUNA ancora oggi non e' gestibile in sicurezza ? (30.12.22)

Le leggi razziali = al Green Pass  (30.03.23)

Dopo 60 anni il danno del Vaiont dimostra il pericolo delle scelte scientifiche come il nucleare, giustificato solo dalle tangenti (10.10.23)

 

 

 

LA mia CONTROINFORMAZIONE ECONOMICA  e' CONTRO I GIOCHI DI POTERE,  perche' DIO ESISTE,  ANCHE SOLO per assurdo.

IL MONDO HA BISOGNO DI DIO MA NON LO SA, E' TALMENTE CATTIVO CHE IL BENE NON PUO' CHE ESISTERE FUORI DA QUESTO MONDO E DA QUESTA VITA !

PER QUESTO IL MIO MESTIERE E' CAMBIARE IL MONDO !

LA VIOLENZA DELLA DISOCCUPAZIONE CREA LA VIOLENZA DELLA RECESSIONE, con LICIO GELLI che potrebbe stare dietro a Berlusconi. 

IL GOVERNO DEGLI ANZIANI, com'e' LICIO GELLI,  IMPEDISCE IL CAMBIAMENTO perche' vetusto obsoleto e compromesso !

E' UN GIOCO AL MASSACRO dell'arroganza !

SE NON CI FOSSERO I SOLDATI NON CI SAREBBE LA GUERRA !

TU SEI UN SOLDATO ?

COMUNICAMI cio' pensi !

email

 

 

Riflessioni ....

Sopravvaluta sempre il tuo avversario , per poterlo vincere  .Mb  15.05.13

Torino 08.04.13

Il mio paese l'Italia non crede nella mia teoria economica del valore che definisce

1) ogni prodotto come composto da energia e lavoro:

Il costo dell'energia può tendere a 0 attraverso il fotovoltaico sui tetti. Per dare avvio la volano economico del fotovoltaico basta detassare per almeno 20 anni l'investimento, la produzione ed il consumo di energia fotovoltaica sui tetti.

2) liberalizzazione dei taxi collettivi al costo di 1 euro per corsa in modo tale da dare un lavoro a tutti quelli che hanno un 'auto da mantenere e non lo possono piu fare per mancanza di un lavoro; ed inoltre dare un servizio a tutti i cittadini.

3) tre sono gli obiettivi principali della politica : istruzione, sanita', cultura.

4) per la sanità occorre un centro acquisti nazionale  ed abolizione giorni pre-ricovero.

vedi PRESA DIRETTA 24.03.13

chi e' interessato mi scriva .

Suo. MARCO BAVA

 

I rapporti umani, sono tutti unici e temporanei:

  1. LA VITA E' : PREGHIERA, LAVORO E RISPARMIO.(02.02.10)
  2. Se non hai via di uscita, fermati..e dormici su. 
  3. E' PIU'  DIFFICILE  SAPER PERDERE CHE VINCERE ....
  4. Ciascun uomo vale in funzione delle proprie idee... e degli stimoli che trova dentro di se...
  5. Vorrei ricordare gli uomini piu' per quello che hanno fatto che per quello che avrebbero potuto fare !
  6. LA VERA UMILTA' NON SI DICHIARA  MA SI DIMOSTRA, AD ESEMPIO CONTINUANDO A STUDIARE....ANCHE SE PURTROPPO L'UNIVERSITÀ' E' FINE A SE STESSA.
  7. PIU' I MEZZI SONO POVERI X RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO, PIU' E' CAPACE CHI LO RAGGIUNGE.
  8. L'UNICO LIMITE AL PEGGIO E' LA MORTE.
  9. MEGLIO NON ILLUDERE CHE DELUDERE.
  10. L'ITALIA , PER COLPA DI BERLUSCONI STA DIVENTANDO IL PAESE DEI BALOCCHI.
  11. IL PIL CRESCE SE SI RIFA' 3 VOLTE LO STESSO TAPPETINO D'ASFALTO, MA DI FATTO SIAMO TUTTI PIU' POVERI ALMENO 2 VOLTE.
  12. LA COSTITUZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO E QUELLA ITALIANA GARANTISCONO GIA' LA LIBERTA',  QUANDO TI DICONO L'OVVIETÀ'  CHE SEI LIBERO DI SCEGLIERE  E' PERCHE' TI VOGLIONO IMPORRE LE LORO IDEE. (RIFLESSIONE DEL 10.05.09 ALLA LETTERA DEL CARDINALE POLETTO FATTA LEGGERE NELLE CHIESE)
  13. la vita eterna non puo' che esistere in quanto quella terrena non e' che un continuo superamento di prove finalizzate alla morte per la vita eterna.
  14. SOLO ALLA FINE SI SA DOVE PORTA VERAMENTE UNA STRADA.
  15. QUANDO NON SI HANNO ARGOMENTI CONCRETI SI PASSA AI LUOGHI COMUNI.
  16. L'UOMO LA NOTTE CERCA DIO PER AVERE LA SERENITA' NOTTURNA (22.11.09)
  17. IL PRESENTE E' FIGLIO DEL PASSATO E GENERA IL FUTURO.(24.12.09)
  18. L'ESERCIZIO DEL POTERE E' PER DEFINIZIONE ANDARE CONTRO NATURA (07.01.10)
  19. L’AUTO ELETTRICA FA SOLO PERDERE TEMPO E DENARO PER ARRIVARE ALL’AUTO AD IDROGENO (12.02.10)
  20. BERLUSCONI FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI (17.03.10)
  21. GESU' COME FU' TRADITO DA GIUDA , OGGI LO E' DAI TUTTI I PEDOFILI (12.04.10)
  22. IL DISASTRO DELLA PIATTAFORMA PETROLIFERA USA COSA AVREBBE PROVOCATO SE FOSSE STATA UNA CENTRALE ATOMICA ? (10.05.10)
  23. Quante testate nucleari da smantellare dovranno essere saranno utilizzate per l'uranio delle future centrali nucleari italiane ?
  24. I POTERI FORTI DELLE LAUREE HONORIS CAUSA SONO FORTI  PER CHI LI RICONOSCE COME TALI. SE NON LI SI RICONOSCE COME FORTI SAREBBERO INESISTENTI.(15.05.10)

  25. L'ostensione della Sacra Sindone non puo' essere ne' temporanea in quanto la presenza di Gesu' non lo e' , ne' riservata per i ricchi in quanto "e' piu' facile che in cammello passi per la cruna di un ago ..."

  26. sapere x capire (15.10.11)

  27. la patrimoniale e' una 3^ tassazione (redditi, iva, patrimoniale) (16.10.11)

  28. SE LE FORZE DELL'ORDINE INTERVENISSERO DI PIU'PER CAUSE APPARENTEMENTE BANALI CI SAREBBE MENO CONTENZIOSO: CHIAMATO IL 117  PER UN PROBLEMA BANALE MI HA RISPOSTO : GLI FACCIA CAUSA ! (02.04.17)

  29. GRAN PARTE DEI PROFESSORI UNIVERSITARI SONO TRA LE MENTI PIU' FRAGILI ED ARROGANTI , NON ACCETTANO IL CONFRONTO E SI SENTONO SPIAZZATI DIVENTANO ISTERICI ( DOPO INCONTRO CON MARIO DEAGLIO E PIETRO TERNA) (28.02.17)

  30. Spesso chi compera auto FIAT lo fa solo per gratificarsi con un'auto nuova, e basta (04.11.16)

  31. Gli immigrati per protesta nei centri di assistenza li bruciano e noi dobbiamo ricostruirglieli  affinché  li redistruggono? (18.10.20)

  32. Abbiamo più rispetto per le cose che per le persone .29.08.21

  33. Le ragioni  per cui Caino ha ucciso Abele permangono nei conflitti umani come le guerre(24.11.2022)

  34. Quelli che vogliono l'intelligenza artificiale sanno che e' quella delle risposte autmatiche telefoniche? (24.11.22)

L'obiettivo di questo sito e una critica costruttiva  PER migliorare IL Mondo .

  1. PACE NEL MONDO
  2. BENESSERE SOCIALE
  3. COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI.
  4. LA DEMOCRAZIA AZIENDALE

 

L'ASSURDITÀ' DI QUESTO MONDO , E' LA PROVA CHE LA NOSTRA VITA E' TEMPORANEA , OLTRE ALLA TESTIMONIANZA DI GESU'. 15.06.09

 

DIO CON I PESI CI DA ANCHE LA FORZA PER SOPPORTALI, ANCHE SE QUALCUNO VORREBBE FARMI FARE LA FINE DI GIOVANNI IL BATTISTA (24.06.09)

 

IL BAVAGLIO della Fiat nei miei confronti:

 

IN DATA ODIERNA HO RICEVUTO: Nell'interesse di Fiat spa e delle Societa' del gruppo, vengo informato che l'avv.Anfora sta monitorando con attenzione questo sito. Secondo lo stesso sono contenuti in esso cotenuti offensivi e diffamatori verso Fiat ed i suoi amministratori. Fatte salve iniziative autonome anche davanti all'Autorita' giudiziaria, vengo diffidato dal proseguire in tale attivita' illegale"
Ho aderito alla richiesta dell'avv.Anfora, veicolata dal mio hosting, ricordando ad entrambi le mie tutele costituzionali ex art.21 della Costituzione, per tutelare le quali mi riservo iniziative esclusive dinnanzi alla Autorita' giudiziaria COMPETENTE.
Marco BAVA 10.06.09

 

TEMI SUL TAVOLO IN QUESTO MOMENTO:

 

IL TRIBUNALE DI  TORINO E LA CONSOB NON MI GARANTISCONO LA TUTELA DEL'ART.47 DELLA COSTITUZIONE

Oggi si e' tenuta l'assemblea degli azionisti Seat tante bugie dagli amministratori, i revisori ed il collegio sindacale, tanto per la Consob ed il Tribunale di Torino i miei diritti come azionista di minoranza non sono da salvaguardare e la digos mi puo' impedire il voto come e quando vuole, basta leggere la sentenza SENT.FIAT Mb

 

08.03.16

 

TEMI STORICI :

 

VIDEO DELLA TRASMISSIONE TV
Storie italiane
Puntata del 19/11/2019

SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI

https://www.raiplay.it/video/2019/11/storie-italiane-504278c4-8e8c-4b79-becc-87d5c7a67be6.html

 

10° Convegno
 
La grafopatologia in ambito giudiziario
L’applicazione della grafologia in criminologia, nelle malattie neurologiche e psichiatriche nel contesto giudiziario
 
Roma, 7 Dicembre 2019
 
Auditorium Facoltà Teologica “S. Bonaventura”
Via del Serafico 1 - Roma

 
alle ore 17,50
 
Vincenzo Tarantino
Gino Saladini
 
Elio Carlos Tarantino Mendoza Garofani
Grafologo giudiziario, esperto in fotografia forenseGiornalista, Criminologo
 
Il “suicidio” di Edoardo Agnelli: aspetti medico-legali criminologici e grafopatologici.

 

Edoardo Agnelli è stato ucciso?" - Guarda il video

I VIDEO DELLE PRESENTAZIONI GIA' FATTE LI TROVI SOTTO

LA PARTE DEDICATA AD EDOARDO AGNELLI SU QUESTO SITO

 PERCHE' TORINO HA PAURA DI CONOSCERE LA VERITA' SULLA MORTE DI EDOARDO AGNELLI ?

Il prof.Mario DE AGLIO alcuni anni fa scrisse un articolo citando il "suicidio" di EDOARDO AGNELLI.  Gli feci presente che dai documenti ufficiali in mio possesso il suicidio sarebbe stato incredibile offrendogli di esaminare tali documenti. Quando le feci lui disconobbe in un modo nervoso ed ingiustificato : era l'intero fascicolo delle indagini.

A Torino molti hanno avuto la stessa reazione senza aver visto ciò che ha visto Mario DE AGLIO ma gli altri non parlano del "suicidio" di Edoardo AGNELLI ma semplicemente della suo morte.

Mb

02.04.17

 

 

grazie a Dio , non certo a Jaky,  continua la ricerca della verità sull'omicidio di Edoardo Agnelli , iniziata con i libri di Puppo e Bernardini, il servizio de LA 7, e gli articoli di Visto,  ora il Corriere e Rai 2 , infine OGGI  , continuano un percorso che con l'aiuto di Dio portera' prima di quanti molti pensino alla verita'. Mb -01.10.10

 

LIBRI SULL’OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI

www.detsortelam.dk

www.facebook.com/people/Magnus-Erik-Scherman/716268208

 

ANTONIO PARISI -I MISTERI DEGLI AGNELLI - EDIT-ALIBERTI-

 

CRONACA | giovedì 10 novembre 2011, 18:00

Continua la saga della famiglia ne "I misteri di Casa Agnelli".

Il giornalista Antonio Parisi, esce con l'ultimo pamphlet sulla famiglia più importante d'Italia, proponendo una serie di curiosità ed informazioni inedite

 Per dieci anni è stato lasciato credere che su Edoardo Agnelli, precipitato da un cavalcavia di ottanta metri, a Fossano, sull'Autostrada Torino - Savona, fosse stata svolta una regolare autopsia.

Anonime “fonti investigative” tentarono in più occasioni di screditare il giornalista Antonio Parisi che raccontava un’altra versione. Eppure non era vero, perché nessuna autopsia fu mai fatta.

Ora  Parisi, nostro collaboratore, tenta di ricostruire ciò che accadde quel giorno in un’inchiesta tagliente e inquietante, pubblicando nel libro “I Misteri di Casa Agnelli”, per la prima volta documenti ufficiali, verbali e rapporti, ma anche raccogliendo testimonianze preziose e che Panorama di questa settimana presenta.

Perché la verità è che sulla morte, ma anche sulla vita, dell’uomo destinato a ereditare il più grande capitale industriale italiano, si intrecciano ancora tanti misteri. Non gli unici però che riguardano la famiglia Agnelli.

Passando dalla fondazione della Fiat, all’acquisizione del quotidiano “La Stampa”, dalla scomparsa precoce dei rampolli al suicidio in una clinica psichiatrica di Giorgio Agnelli (fratello minore dell’Avvocato), dallo scandalo di Lapo Elkann, fino alla lite giudiziaria tra gli eredi, Antonio Parisi sviscera i retroscena di una dinastia che, nel bene o nel male, ha dominato la scena del Novecento italiano assai più di politici e governanti.

Il volume edito per "I Tipi", di Aliberti Editore, presenta sia nel testo che nelle vastissime note, una miniera di gustose e di introvabili notizie sulla dinastia industriale più importante d’Italia.

 

 

Mondo AGNELLI :

Cari amici,

Grazie mille per vostro aiuto con la stesura di mio libro. Sono contenta che questa storia di Fiat e Chrysler ha visto luce. Il libro e’ uscito la settimana scorsa, in inglese. Intanto e’ disponibile a Milano nella librerie Hoepli e EGEA; sto lavorando con la distribuzione per farlo andare in piu’ librerie possibile. E sto ancora cercando la casa editrice in Italia. Intanto vi invio dei link, spero per la gioia in particolare dei torinesi (dov’e’ stato girato il video in You Tube. )

http://www.youtube.com/watch?v=QLnbFthE5l0

Thanks again,

Jennifer

Un libro che riporta palesi falsita' sulla morte di Edoardo Agnelli come quella su una foto inesistente con Edoardo su un ponte fatta da non si sa chi recapitata da ignoto ad ignoti. Se fosse esistita sarebbe stata nel fascicolo dell'inchiesta. Intanto anche grazie a queste falsita' il prezzo del libro passa da 15 a 19 euro! www.marcobava.it

 

17.12.23

Il Sole 24 Ore:
 

La Giovanni Agnelli Bv ha deciso di rivedere anche il sistema di governance. Le nuove disposizioni, […] identificano tre interlocutori chiave tra gli azionisti: il Gruppo Giovanni Agnelli, il Gruppo Agnelli e il Gruppo Nasi. Si tratta di tre blocchi che raggruppano a loro volta gli undici rami famigliari storici. Il primo quello della Giovanni Agnelli coincide con la Dicembre e dunque pesa per il 40%. Segue il gruppo Agnelli con il 30% e il gruppo Nasi a cui fa capo il 20%. I componenti del cda della GA BV sono espressione proprio di questi tre “macro” gruppi famigliari della dinastia torinese.
Ognuno di loro esprime due rappresentanti nel board della Giovanni Agnelli Bv e uno nel board di Exor. Oggi il Gruppo Giovanni Agnelli ha indicato nel board della società olandese Andrea Agnelli e Alexander Von Fürstenberg. E questo nonostante Andrea Agnelli, che nel frattempo vive stabilmente ad Amsterdam, di fatto faccia parte di un altro blocco, quello del Gruppo Agnelli.
Per quest’ultimo i due membri del board sono Benedetto della Chiesa e Filippo Scognamiglio. Infine, per il gruppo Nasi Luca Ferrero Ventimiglia e Niccolò Camerana. I consiglieri del Cda della Bv sono nominati ogni 3 anni e decadono automaticamente al compimento di 75 anni. Ogni gruppo inoltre esprime un proprio rappresentante nel Cda di Exor che oggi sono Ginevra Elkann (Gruppo Giovanni Agnelli), Tiberto Ruy Brandolini D’Adda (Gruppo Agnelli) e Alessandro Nasi (Gruppo Nasi). Accanto al cda dell Bv resta in vita il Consiglio di famiglia, organo non deliberativo ma consultivo e formato da 32 membri.


Questa la nuova struttura societaria della
Giovanni Agnelli Bv per quote di possesso.

Dicembre (John Elkann , Lapo e Ginevra): 39,7%

Ramo Maria Sole Agnelli: 11,2%

Ramo Agnelli (Andrea Agnelli e Anna Agnelli): 8,9%

Ramo Giovanni Nasi: 8,7%

Ramo Laura Nasi-Camerana: 6%

Ramo Cristiana Agnelli: 5,05%

Ramo Susanna Agnelli: 4,7%

Ramo Clara Nasi-Ferrero di Ventimiglia: 3,4%

Ramo Emanuele Nasi: 2,5%

Ramo Clara Agnelli: 0,28%

Azioni proprie: 8,2%

 

Dovranno andare avanti le indagini della Procura di Milano con al centro il tesoro di Giovanni Agnelli, 13 opere d'arte che arredavano Villa
Frescot e Villar Perosa a Torino e una residenza di famiglia a Roma, sparite anni fa e ora reclamate dalla figlia Margherita unica erede dopo
la morte della madre e moglie dell'Avvocato, Marella Caracciolo di Castagneto, la quale aveva l'usufrutto dei beni.
Mentre riprenderà a Torino la battaglià giudiziaria sull' eredità lasciata dall'Avvocato, il gip milanese Lidia Castellucci, accogliendo in parte
i suggerimenti messi nero su bianco da Margherita nell'opposizione alla richiesta di archiviazione dell'inchiesta, ha indicato al pm Cristian
Barilli e al procuratore aggiunto Eugenio Fusco di raccogliere le testimonianze di Paola Montalto e Tiziana Russi, entrambe persone di
fiducia di Marella Caracciolo, le quali si sono occupate degli inventari dei beni ereditati, e di consultare tutte le banche dati «competenti»
comprese quelle del Ministero della Cultura e la piattaforma S.U.E.
(Sistema Uffici Esportazione).
Secondo il giudice, che invece ha archiviato la posizione di un gallerista svizzero e di un suo collaboratore indagati per ricettazione in base
alla deposizione di un investigatore privato a cui non sono stati trovati riscontri (secondo lo 007 avrebbero custodito in un caveau a Chiasso il
patrimonio artistico), gli ulteriori accertamenti potrebbero essere utili per identificare chi avrebbe fatto sparire la collezione composta da
quadri di Monet, Picasso, Balla, De Chirico, Balthus, Gérome, Sargent, Indiana e Mathieu.
Collezione di cui Margherita ha denunciato a più riprese la scomparsa, gettando ombre anche sui tre figli del primo matrimonio: John, Lapo e
Ginevra Elkann, e in particolare sul primogenito.
I quali «della sorte o delle ubicazioni di tali opere», hanno saputo «riferire alcunché».
E poiché ora lo scopo è recuperarle dopo che, per via dei vari traslochi, si sono volatilizzate, «appare utile procedere all'escussione» delle due
donne che «si sono occupate degli inventari degli immobili» e che, quindi, «potrebbero essere a conoscenza di informazioni rilevanti» in
merito agli spostamenti dei quadri e alla «eventuale presenza di inventari cartacei da esse redatti».
E poi per «verificare le movimentazioni di tali opere, appare opportuno» compiere accertamenti sulle banche dati comprese quelle del
ministero.
Infine, per effetto di un provvedimento della Cassazione, torna ad essere discusso in Tribunale a Torino il procedimento penale, promosso da
Margherita nei confronti dei figli John, Lapo e Ginevra Elkann per una questione legata all'; eredità di suo padre.
Il processo era stato sospeso in attesa dell'esito di due cause in Svizzera, ma ieri la Suprema Corte ha respinto il ricorso degli Elkann, come
hanno fatto sapere fonti legali vicine alla loro madre, e ha stabilito essere «pienamente sussistente la giurisdizione italiana», annullando l'ordinanza torinese.
«Nella verifica che tali giudici saranno chiamati ad effettuare - sottolineano gli avvocati - si dovrà tener conto anche della residenza abituale
di Marella Caracciolo», che a loro dire era in Italia, «e della opponibilità dell'accordo transattivo del 2004 nella successione Agnelli, con
possibili rilevanti ripercussioni sugli assetti proprietari della Dicembre», la società che fa capo agli eredi.

 

 

Fiat Nuova 500 Cabrio
Briosa e chic en plein air

Piacevole da guidare, la Fiat Nuova 500 Cabrio è una citycar elettrica dallo stile elegante e ricercato. Comoda solo davanti, ha una discreta autonomia e molti aiuti alla guida. Ma dietro si vede poco o nulla.

Quando lo dicevo io a Marchionne lui mi sfotteva dicendo che ci avrebbe fatto un buco. Ecco come ha distrutto l'industria automobilistica italiana grazie al potentissimo Fassino, grazie ai suoi elettori da 40 anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ULTIMO AGGIORNAMENTO 26/04/2025 00.43.39

 

 

UN GRANDE E FORTE PAPA FRANCESCO CI HA AVVISATO CHE E' INIZIATA LA 3^ GUERRA MONDIALE, LASCIANDO AL SUO SUCCESSORE FRANCESCO 2  ZUPPI, IL COMPITO DI FERMALA.

 

 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,47-54

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: "Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno", perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l'avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca

 

PUTIN ENTRA DEFINITIVAMENTE ALL'INFERNO E    Alexei Navalny IN PARADISO 

In linea con l'omicidio di Gesu' Israele continua ad uccidere e dal patto con DIO e' passata a quello con satana.

PROPOSTA AI PARTITI DI COSTITUIRE IL FRONTE ANTIFASCISTA GIACOMO MATTEOTTI PER LA TRIOLOGIA DELLA PACE:

  1. PACE NEL MONDO
  2. BENESSERE SOCIALE
  3. COMUNIONE DI TUTTI I POPOLI

 

 

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LA VERITA' SULLA FIAT E LA FAMIGLIA AGNELLI,  PERCHÉ QUELLA CHE FINORA E' STATA PRESENTATA NON E' LA VERITA':

  1. GABETTI, GRANDE STEVENS, DONNA MARELLA, MARCHIONNE E JAKY HANNO SFASCIATO TUTTO.

  2. L'AVVOCATO ED UMBERTO NON HANNO CAPITO I DANNI CHE POTEVANO CAUSARE ED HANNO CAUSATO GABETTI GRANDE STEVENS E DONNA MARELLA.

  3. GABETTI CON MARCHIONNE e DONNA MARELLA CON JAKY hanno danneggiato  la FIAT.

  4. GIANNI AGNELLI FREQUENTAVA BOBBIO , YAKY ELON MUSK.

  5. CARO YAKY GESU' AVEVA AUTOREVOLEZZA NON AUTORITA' ed il fatto che citi piu' spesso Marchionne che tuo nonno dimostra quanto poco avevate in comune.

https://torinocronaca.it/video/cronaca/482424/stellantis-john-elkann-alla-camera-ecco-l-audizione-in-diretta.html

 

 

LE LETTERE DI EDOARDO AGNELLI

- messa commemorazione 15.11.25 Chiesa S.MARIA GORETTI TORINO V COSSA ang V.ACTIS

BOSSI PRODI DE BENEDETI GIANNI AGNELLI SCALFARI 1 SCALFARI 2 PANELLA GIANNI AGNELLI 2

ORIGINALI CUSTODITI DALLA BIBLIOTECA DI SETTIMO TORINESE  LETTERA SETT.T

SE VUOI AVERE UNA COPIA  DELLE LETTERE DI EDOARDO AGNELLI  :

 https://1drv.ms/f/s!AlFGwCmLP76pgSdXDIwzmDgGSLkE

 

COMODATO EA COMODATO D'USO DI VILLA SOLE DOVE VIVEVA EDOARDO AGNELLI

DOCUMENTi SULLA DICEMBRE SOCIETA' SEMPLICE CHE CONTROLLA JUVE, FERRARI, STELLANTIS

 

DICEMBRE 2021

DICEMBRE 1984

 

RINVIO GIUDIZIO TRIBUNALE ROMA DI ANDREA AGNELLI 2024

RINVIO AA 24

 

 

il mio libro sui Piani INDUSTRIALI  FIAT.  OLIVETTI, PININFARINA, BUZZI...

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LA MIA TESI DI LAUREA IN GIURISPRUDENZA SUL PROCESSO AL SENATORE AGNELLI  PER AGIOTAGGIO

CON SENTENZA NEL 1912

TESI SEN AGNELLI

VEDETE  COME LAVORA UIBM   CHE MI HA BLOCCATO OGNI ATTIVITA' MENTRE CON EUIPO RIESCO A LA LAVORARE NORMALMENTE  

CACAO&MIELE\7228-REG-1547819845775-rapp di ricerca.pdf

 

Presentazione del libro “JUVENTUS SEGRETA”, autore Gigi MONCALVO

Martedì 5 marzo, alle ore 18, nella Sala Musica del Circolo dei Lettori di Torino

VIDEO:

https://youtu.be/jfPFSm35_W0

ALTRI VIDEO SULL'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI :

 

https://www.byoblu.com/2023/12/10/piazza-liberta-di-armando-manocchia-puntata-87/

https://youtu.be/_DJONMxixO8?si=rKoapPc2-8JtHha8

https://youtu.be/B05tTBK-w0E?si=O5XxvZFIr61tYU7w

https://www.youtube.com/watch?v=t0OrCSg1IZc

https://www.youtube.com/watch?v=Mhi-IY_dfr4

 

 

Perché Crosetto intuisce l'omicio di Edoardo Agnelli che Minoli nega ?

 

Buonasera
SIGNOR AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA RAI
Sono stato amico di Edoardo Agnelli , ed ho fatto esposti per omicidio, per incompatibilità tra lesioni riportate e caduta da 84 metri, . Il 09.03.25 sul Corriere Guido Crosetto afferma su EA : Non ho mai creduto al fatto che si sia suicidato. E non sono il solo.
Nessun canale di informazione Rai l'ha ripreso . Giudichi lei se era di rilevanza informativa questa dichiarazione  e se non crede sia giunta l'ora di realizzare un servizio obiettivo sulla morte di EA visto che Minoli , non puo' ignorare i fatti, come e' avvenuto nella puntata di La storia siamo noi, con un medico legale che deduce le lesioni da delle foto, ed il gen Garofalo che nega a priori la testimonianza di un pastore. Soprattutto visto che dopo questa informazione di parte, Minoli e' diventato
Presidente del Museo d'arte contemporanea del castello di Rivoli
Resto in attesa di una sua risposta.
Buon lavoro.
Marco BAVA


Intervista di Crosetto:
«Se ci sarà la missione Onu, potrebbe esserci anche l’italia»
• Corriere della Sera
• 9 Mar 2025
• Di Aldo Cazzullo e Tommaso Labate
Ministro Guido Crosetto, cuneese, 61 anni, dal 2022 guida la Difesa. Da allora ha lasciato le aziende di cui era azionista, attive nel campo del lobbying e delle armi
L’odore del letame, la morte del padre, i due matrimoni, gli incontri con Edoardo Agnelli — «non credo al suicidio» —, Ferrero, Marchionne. L’addio a Berlusconi: «Ci disse che Giorgia poteva andarsene ma io dovevo restare». Le liti e l’affetto con Meloni. Guido Crosetto anticipa al Corriere la sua autobiografia. E sull’ucraina: «Prima o poi andrà l’onu, e l’Italia ha sempre partecipato alle missioni Onu».

Le amicizie: Edoardo Agnelli.
«Lo conobbi una sera a una festa a Torino. Diventammo amici e in certe giornate condivisi le idee, la cultura e anche le inquietudini di quel ragazzo così colto, educato, cortese e così introverso da essere l’opposto del padre, l’avvocato. Lo dico senza problemi: non sono in possesso di una verità alternativa ma non ho mai creduto al fatto che Edoardo si sia suicidato. E non sono il solo».

 

 

TO.10.07.24

 

Intervento fatto al Collegio Carlo Alberto di Torino sulla censura assembleare dell’art.11 del Decreto Capitali

  • E’ sempre positiva una analisi storica democratica.
  • Qui in p.za Arbarello a TORINO c'era la Facolta' di Economia ed ho imparato l’ economia industriale  dal prof Goss Pietro.
  • Che dai 25 anni ho potuto applicare concretamente direttamente con Gianni Agnelli.
  • L’invidia dei docenti di Economia di TORINO per questa mia esperienza  formativa , mi e’ costata 16 anni di blocco per la laurea in Economia a Torino , ottenuta poi in 16 mesi a Novara, a cui e’ seguita una 2^ laurea in giurisprudenza a Torino per riabilitarmi con il prof.Dezzani di Economia e Commercio a Torino. Altri 20 anni mi blocca Economia e Commercio di Torino per l'esame da dottore Commercialista  che poi supero a Roma.
  • A 30 anni proposi a Gianni Agnelli  superFIAT, LA FUSIONE IFI FIAT , che mi chiese di portare a Cuccia, e che Gabetti e Galateri , con cui collaboravo, ed a cui chiesi un aiuto, mi bloccarono.
  • Umberto Agnelli attraverso Boschetti mi propose di rifare la Stilo, ma Morchio si oppose .
  • Muoiono Edoardo Agnelli  Gianni Agnelli  e Umberto Agnelli ,  Gabetti ,attraverso donna Marella e Yaky sceglie Marchionne  che privo di conoscenze automobilistiche, ha lasciato a  Yaky la sola scelta di VENDERE la Fiat che sta progressivamente riducendo la produzione negli stabilimenti italiani.
  • A cui Cirio,Urso e Pichetto rispondono rifiutando l’esame del mio PROGETTO H2 PER AUTOTRAZIONE. Lo trovate sul mio sito www.marcobava.it. Mentre DENORA ne REALIZZA uno suo IN LOMBARDIA programmando il più importante stabilimento europeo di elettrolizzatori per produrre H2 , affiancata da  SNAM dopo che se ne parlato nell’assemblea aperta di Snam 1 mese fa, in cui viene convita del futuro della produzione dell’H2 con elettrolizzatori che fara’ appunto con De Nora in Lombardia. Ed io prevedo che seguira’ la produzione  delle auto ad H2 in Lombadia invece che in Piemonte , che forse saranno finanziate da Unicredito e S.PAOLO. Queste sono visioni strategiche.
  • Tutto cio’ mentre a Torino ed in Italia il presidente del S.PAOLO ispirando l’art.11 fascista del Decreto capitali, censura, in Italia, unica nel mondo, la democrazia nelle assemblee, pero’ non applicata da Snam che forse non e’ un importante cliente di S.PAOLO.
  • Prof Goss Pietro E’ COSCIENTE dei danni che questa sua censura democratica sta provocando e provocherà rispetto alla storia del paese che avete illustrato ?
  • Perche’ lo sta facendo viste le conseguenze di impoverimento regionale e nazionale ?
  • Qual’e’ il fine ?  il POTERE FINE A SE STESSO come mi risposte anni fa Grande Stevens ?
  • La stessa decadenza si manifesta anche attraverso le assemblee Juventus in cui, anche se non sono state mai chiuse ,  sono stato aggredito 2 volte dallo staff. Tutto cio’ non puo’ che portare alla vendita della Juve come e’ successo per Fiat portando sempre piu’ il Piemonte verso la deriva democratica ed economica.
  • Senza democrazia in economia non ci può essere sviluppo. Siete d’accordo ?                                      

Per confermare quale fosse il grado di conoscenza che avevo con GA che mi ha insegnato dare il 5 posso aggiungere che :

  1. soffriva di insonnia per cui leggeva ed alle 12 aveva sonnolenza
  2. amava la boxe
  3. quando aveva una influenza si curava con la penicellina

Sul prof.GP posso invece ricordare:

  1. che ho concordato l'appoggio alla sua prima nomina a presidente di Intesa S.PAOLO con il prof.Bazoli in cambio di una sua presidenza onoraria con partecipazione alle decisioni strategiche;
  2. che gli ho proposto una fusione di Unicredito in Intesa S.Paolo
  3. IL GIUDIZIO SPREZZANTE DEL PROF.GROSS PIETRO:

  GP2

                                                                                                    Mb

 

 

25.04.25
  1. Ore drammatiche a Torino Le fabbriche sono occupate ma i partigiani non arrivano
    «Oggi di nuovo circolano ogni sorta di voci: generale, quella dell'imminenza dell'azione partigiana su Torino. Stanotte, più probabilmente: i camion tedeschi continuano a partire a gran forza». Così scrive l'industriale antifascista Carlo Chevallard nel suo diario alla data 25 aprile 1945 (pubblicato nel 1974 come "Cronache del tempo di guerra"). Ottant'anni fa, Torino vive una giornata drammatica e confusa: dovrà aspettare fino al 28 aprile per definirsi davvero libera dai nazifascisti.
    Nel 1947 il governo De Gasperi stabilì per legge il 25 Aprile come giornata celebrativa della fine della guerra e della Liberazione del Paese. In realtà non tutte le città del Nord Italia si sono liberate in quella data: il 21 aprile è stata la volta di Bologna, il 22 di Modena, il 24 di Reggio Emilia, La Spezia, Genova, il 25 di Savona e Milano. E infatti nel capoluogo lombardo – dai microfoni clandestini di una radio – mercoledì 25 aprile 1945 il socialista Sandro Pertini, destinato a diventare presidente della Repubblica dal 1978 al 1985, legge l'ordine di insurrezione contro i nazifascisti: «Cittadini, lavoratori, sciopero generale contro l'occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma "arrendersi o perire"».
    Questo è il proclama ufficiale emanato dal Comitato di Liberazione Alta Italia, del quale fanno parte liberali, democristiani, azionisti, socialisti, comunisti e ufficiali rimasti fedeli al re. Che, nel frattempo, era tornato a Roma, mentre il governo, con gli stessi partiti del ClnAi, ha come presidente del Consiglio l'avvocato 70enne Ivanoe Bonomi, liberale. Nei cortili delle fabbriche occupate dai militanti antifascisti, lungo i viali industriali, tra le biciclette dei sappisti e i fucili nascosti sotto i cappotti, si aspetta la rinascita della città dopo 600 giorni di guerra civile. A Torino l'alba segna l'inizio della rivolta. Nei capannoni della Fiat, alle Ferriere, alla Grandi Motori, alla SPA, alla Lancia, alla Incet, le sirene non suonano per il cambio turno: suonano per chiamare alla lotta. Secondo l'ordine "Aldo dice 26 x 1", l'insurrezione dovrebbe scattare all'una di notte dell'indomani, ma la città ha anticipato. Alle 9 del 25 aprile le prime fabbriche sono occupate. Alle 14, la Grandi Motori è in mano ai sappisti. Alle 16, i rapporti parlano chiaro: le principali officine del gruppo Fiat sono presidiate dai lavoratori in armi.
    I combattimenti si estendono a nord della città. I sappisti della VII brigata difendono la stazione Dora. Requisiscono un convoglio di viveri e fanno prigionieri diciotto soldati tedeschi. Ilio Baroni, "Moro", e Florindo Terzuolo, "Baritono", guidano i distaccamenti. La battaglia intorno al nodo ferroviario è feroce: i tedeschi accerchiano i partigiani. Una staffetta corre alle Ferriere. Baroni non esita: guida il contrattacco, sblocca l'accerchiamento, ma cade sotto il fuoco nemico, come Baritono. I loro corpi rimangono tra le rotaie. Ma la stazione è salva. Le fabbriche sono diventate roccaforti. I sappisti entrano ed escono per delle sortite offensive. Nella carrozzeria Garavini, cinquanta operai si chiudono dentro e trasformano una 1100 Fiat in un mezzo da combattimento. Le portiere diventano scudi. La guerriglia si sposta nelle strade.
    Le donne non restano a guardare. Nelle fabbriche ci sono molte operaie. I Gruppi di Difesa organizzano le case popolari in centri di primo soccorso. A Borgo Vittoria, in Barriera di Milano, nelle cucine si medicano i feriti. Nelia Benissone, la "Vittoria", attraversa Torino in bici sotto le pallottole, coordina, distribuisce armi, dà ordini. Ma mentre gli operai sono in armi, le forze partigiane sono ferme. È il grande giallo di quel giorno. Tremila uomini della Garibaldi, 1.500 della Matteotti, altrettanti delle formazioni di Giustizia e Libertà e gli Autonomi sono pronti a intervenire, ma un messaggio li blocca: «Non procedere verso gli obiettivi in città, se non dietro specifico ordine del Comando Piazza».
    È scesa la sera, sono le 21. Barbato, cioè il comandante Garibaldino Pompeo Colajanni, legge il telegramma con sgomento. Il messaggio è firmato da ufficiali britannici della missione Soe (i servizi segreti di Sua Maestà: Special Operations Executive) e viene giustificato con il timore di un'offensiva tedesca delle 34° e 5° Divisione Wehrmacht, forti di 35 mila uomini, mezzi corazzati, artiglieria, comandate da un veterano, il generale Ernst Schlemmer. Torino sarebbe troppo esposta, «rischia di fare la fine di Varsavia» (la capitale polacca nel 1944 pagò con 16 mila morti una rivolta anticipata rispetto all'arrivo delle truppe sovietiche). In realtà, gli inglesi temono l'insurrezione, hanno paura che la città cada «nelle mani dei comunisti». Non vogliono che Torino diventi una seconda Varsavia. E inoltre c'è un drammatico precedente ad Atene. Il contrordine che ferma i partigiani, infatti, è firmato dal colonnello del Soe, John Melior Stevens, che nel 1944 si era fatto paracadutare in Piemonte, dopo essere stato un anno in Grecia, dove aveva vissuto la guerra civile tra comunisti e altre forze democratiche. È probabilmente quell'esperienza che lo convince a diffidare del Pci. Del resto Churchill era stato molto imbarazzato dai fatti di Atene, quando le truppe di Sua Maestà furono costrette ad aprire il fuoco sui partigiani, nel gennaio 1945. Togliatti però in Italia aveva dato altre disposizioni al partito: si deve mantenere l'unità nazionale antifascista, senza velleità di conquista del potere proletario.
    Sulle colline intorno a Chieri sarà di nuovo il coraggio del comandante Barbato a far superare l'empasse: l'indomani darà l'ordine di avanzare. Ma potrebbe essere troppo tardi. Torino aspetta. Nelle vie ancora buie, si avvertono gli echi lontani dei colpi. Qualcuno canta piano "Fischia il vento". Qualcun altro dorme su una giacca arrotolata, tra le presse e i torni. L'alba porterà la verità: se l'insurrezione avrà successo o se sarà stata tradita. —
  2. Domodossola, sindaco vicino ai dem annulla il corteo del 25 aprile
    niccolò carratelli
    francesca del vecchio
    roma-milano
    Talmente «sobrie» da venire annullate. O ridotte a un breve momento istituzionale. In molti Comuni italiani le celebrazioni della Festa della Liberazione risentono del lutto nazionale proclamato per la morte di papa Francesco e della raccomandazione del governo alla compostezza. Ma ci sono tanti sindaci che si dimostrano più realisti del re, in questo caso del ministro Nello Musumeci.
    A Domodossola Lucio Pizzi, un passato in Forza Italia, ora civico vicino al Pd e figlio di un partigiano, ha annullato il corteo dal municipio al monumento della Resistenza con il gonfalone della città, medaglia d'oro al valore militare per l'impegno nella lotta partigiana. Niente banda musicale, inni o canzoni. Confermati solo i discorsi delle autorità e l'orazione ufficiale. L'Anpi locale, in segno di protesta, comunque organizzato una passeggiata partigiana. «Mi auguro che il 25 aprile diventi una festa dove davvero si festeggia, dove si balla, si canta per le strade, si fanno tutte quelle cose che erano vietate da un regime», è l'auspicio in controtendenza del presidente del Piemonte Alberto Cirio. Ma nella sua regione ci sono polemiche anche a Biella, altra medaglia d'oro al valor militare per la Resistenza. E città del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Lì la Liberazione è stata festeggiata ieri, visto che nel 1945 la città si era liberata con un giorno di anticipo. Questa volta, però, la celebrazione si è svolta sottovoce, senza accompagnamento musicale: non si è suonato nemmeno l'inno nazionale. Disposizione dell'amministrazione comunale, guidata dal sindaco di Fratelli d'Italia, Marzio Olivero, contro il quale si scaglia l'Anpi, parlando di una «decisione squallida». Olivero difende una scelta «ponderata e condivisa con altri comuni come Vercelli. E comunque la celebrazione si è svolta, mentre altrove nemmeno quello».
    Su questo ha ragione: in due paesi della Val Camonica, in provincia di Brescia, Ono San Pietro e Cividate Camuno, le manifestazioni sono state annullate. Il fatto che entrambi siano amministrati dal centrodestra e che nel secondo il sindaco sia il coordinatore locale di FdI non deve trarre in inganno. Perché nella vicina Leno, a guida Pd, tutto è stato ridotto a una messa, un breve corteo e la deposizione di una corona d'alloro. Stessa scelta a Ponte San Nicolò, provincia di Padova, dove il sindaco di centrosinistra ha confermato la commemorazione pubblica, ma ha rinviato il concerto di canzoni della Resistenza. In generale, è la musica a venire tagliata. A voler pensar male, nel mirino c'è "Bella ciao". A Romano di Lombardia, provincia di Bergamo, il Comune prescrive di evitare durante il corteo «brani musicali, inni e canti, ad eccezione del Silenzio e dell'Attenti»: gli alunni delle scuole medie avrebbero dovuto cantare "Bella Ciao" sotto la targa dei partigiani. Restando in zona, a Cinisello Balsamo vietate le bandiere delle associazioni e ridotti gli interventi dal palco, compresi quelli dell'Anpi. A Trieste il Comune ha negato il patrocinio alle iniziative per la Festa della Liberazione. Mentre a Orbetello, in Toscana, non è stata concessa l'occupazione di suolo pubblico per la manifestazione dell'Anpi, che parla di «rappresaglia». E il sindaco di Genazzano, provincia di Roma, ha annullato il tradizionale corteo, «come mai avvenuto in 80 anni», protesta il Pd locale. Secondo Marta Bonafoni, consigliera regionale del Lazio e coordinatrice della segreteria di Elly Schlein, si tratta di una «decisione inaccettabile e per nulla sobria». Il leader di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, paragona i sindaci in questione a «caricature delle Sturmtruppen. Il loro è un revisionismo ottuso e volgare». Il fatto è che la raccomandazione arrivata da Chigi e dalle prefetture, in cui si dispone che «tutte le cerimonie pubbliche si svolgano in modo sobrio e consono alla circostanza», lascia ampio spazio alle personali interpretazioni. Spesso dettate dalla propria sensibilità politica. —
  3. Né fascista né antifascista perché il fascismo non c'è più"
    LAURA SECCI
    «Chiariamoci subito. Io non sono fascista. Perché il fascismo non esiste più». Stefania Sterpetti, la garante dei detenuti di Asti finita nella bufera per i post un cui inneggia al Duce e augura la morte a Cesare Battisti, risponde con quel piglio che gli analisti chiamerebbero passivo–aggressivo. «Non ho mai fatto male a una mosca io. Non mi merito questa macchina del fango. Mi danno della fascista. Ma come potrei esserlo. Il fascismo è morto».
    Perché allora ha postato una foto che inneggia a Mussolini sul suo profilo Fb? È morto anche lui. ..
    «Ma infatti è una cosa vecchia di anni».
    Vecchia, ma non così tanto...
    «Ma non è di oggi. Pensi che manco me la ricordavo più. È stata tirata fuori ad arte dall'opposizione per attaccarmi visto che sono di destra».
    Comunque ha rimosso i post. Un modo per dissociarsi da quanto pensava?
    «Io non ho rimosso proprio nulla! Stavo guardano la partita quando è scoppiata questa polemica. Sono andata a vedere sulla mia pagina perché non riuscivo a capire a cosa si riferissero gli attacchi. E non ho trovato nulla. Dicevo, ma dov'è? Cerca qui, cerca lì. Non c'era niente».
    Che partita stava guardando?
    «Genoa –Lazio. Mi piace il calcio».
    Tiriamo a indovinare... tifa per la Lazio
    «E certo. Sono romana».
    I post chi può averli rimossi secondo lei?
    «Non ne ho idea, vorrei saperlo anche io. Qualcuno di sicuro è entrato nel mio profilo. Farò denuncia alla polizia postale per scoprire chi è stato. Sono vittima di una violazione gravissima».
    Lei non li avrebbe mai rimossi?
    «Certo che no. Sarebbe stato da cretini».
    In che senso?
    «Mi dica lei che senso avrebbe rimuoverli dopo? Semmai uno li toglie prima che scoppi la bufera mica quando ormai è tardi. Sarebbe da stupidi e io non mi reputo una persona stupida».
    Venendo ai contenuti. In uno dei post ha augurato la morte a Cesare Battisti che aveva iniziato lo sciopero della fame.
    «Io da medico con 40 anni di onorata carriera non ho mai augurato la morte a nessuno. Non mi ricordo neanche che cosa ho scritto».
    Glielo ricordiamo. Ha scritto: "Visto che non c'è la pena di morte, fosse la volta buona che si toglie di mezzo da solo…
    «Ma sarà stata una cosa buttata lì di getto».
    In qualità di medico e nuovo garante dei detenuti, adesso vuole precisare qualcosa su queste parole "buttate lì di getto"?
    «Sì. Che sono state strumentalizzate dalla sinistra. Perché è pure il 25 aprile e devono sempre soffiare sul fuoco attaccando la destra. Lo fanno tutti i giorni con la Meloni su qualunque cosa».
    A proposito di 25 aprile. Lei non è fascista. Può dirsi antifascista?
    «No. Perché dovrei? Se il fascismo non esiste non ha senso dirsi antifascisti. Poi basta con queste discussioni della sinistra su chi lo dice e chi no».
    Però festeggia?
    «Cosa devo festeggiare? »
    L'anniversario della Liberazione dal nazifascismo.
    «Sì quello sì. Sono come tutti gli italiani. Festeggiano tutti».
    Lei in che modo?
    «Guardi io ho una famiglia. Dei nipoti e tante cose serie a cui pensare».
    Tra queste di certo c'è il suo nuovo incarico. Cosa intende fare per migliorare le condizioni dei detenuti del carcere di Asti? La struttura è fatiscente, le celle sovraffollate.
    «Ho in molte cose, ma non le posso riassumere così in una telefonata».
    Ce ne dica una?
    «Ne parleremo più avanti. L'argomento è talmente vasto. E adesso devo andare. Ho una visita medica».
    Un'ultima domanda. L'hanno accusata di essere razzista. Lo è?
    «Io? Ma se ho un sacco di amici di colore. Di tutte le nazionalità, rumeni…».
    Ha scritto che i migranti sono "ciarpame" e, citando Mussolini, che vengono prima gli italiani...
    «Non me lo ricordo. Ma mi sento di dirle che non sono parole mie! ».
    Erano riferite alla sanità. Il Duce nell'immagine che lei ha postato rivendicava il merito di "aver dato agli italiani la sanità gratuita". Un settore che, da medico, lei ben conosce.
    «E certo. Chiunque può confermarlo, io sono sempre stata in favore della sanità pubblica. Non di quella privata. La salute è un diritto di tutti che dobbiamo garantire».
    Prima agli italiani? O garantire a tutti?
    «Questa è una domanda cattiva. La saluto. E si ricordi: non sono una cattiva persona, mi creda». —

 

 

24.04.25
  1. La Santa Sede chiede a Taipei di inviare un rappresentante di basso profilo
    Il patto Vaticano-Taiwan sui funerali Niente presidente per non irritare la Cina
    Ilario Lombardo
    Roma
    Non c'è dubbio che ai funerali di Papa Bergoglio si misurerà anche lo stato di salute dei rapporti tra potenze globali. Una radiografia di queste relazioni sarà contenuta nell'elenco dei presenti, nel loro peso, nella decisione dei governi da chi farsi rappresentare. Taiwan, per esempio, invierà l'ex vicepresidente ed ex premier Chen Chien-jen. Una scelta di basso profilo che dovrebbe sorprendere se non si conoscesse il motivo. Rivelano, infatti, fonti diplomatiche altamente accreditate che è stato il Vaticano a chiederlo a Taipei per evitare di irritare la Cina. Per capire la portata di questa notizia basti pensare che il Vaticano non riconosce la Repubblica popolare cinese, non ha formalmente un presidio diplomatico all'interno del gigante asiatico (il nunzio apostolico è stato mandato via nel 1951 dopo la presa del potere di Mao Tse-Tung), mentre è uno dei dodici Paesi che riconoscono Taiwan.
    Il favore concesso ai cardinali dal governo dell'isola, che Pechino rivendica come parte inalienabile del proprio territorio, serve a stemperare le tensioni che avrebbe ulteriormente alimentato la presenza, prevista fino a ieri mattina, del presidente Lai Ching-te. È stato il viceministro degli Esteri Francois Wu a chiarire che dopo un primo contatto con le autorità vaticane, orientato a ottenere un invito per il leader, il governo di Taiwan ha concordato sull'opportunità di tenere «in considerazione le dinamiche della diplomazia internazionale».
    A questo punto la Cina dovrebbe a sua volta sciogliere la riserva su chi inviare alle esequie di Bergoglio, il pontefice che forse più di tutti si è impegnato per migliorare le relazioni con il regime comunista. Pechino ha pubblicato con un giorno di ritardo un breve comunicato di cordoglio per la morte di Papa Francesco e poi ha atteso di conoscere la decisione di Taiwan per rendere noti maggiori dettagli sulla propria partecipazione.
    L'obiettivo della diplomazia vaticana sin dall'inizio è stato quello di ottenere comunque la presenza di un delegato cinese, proprio come segno di riconoscimento verso un faticoso lavoro di disgelo portato avanti dal papa argentino. La guerra dei dazi, la sfida a più livelli con gli Stati Uniti e le ambizioni egemoniche e militari di Pechino, rendono quella fetta di Estremo Oriente, secondo la quasi totalità degli analisti, il confine geografico di un possibile nuovo conflitto. Il fronte non è solo uno dei più caldi su scala globale, ma è anche vitale per le politiche di evangelizzazione della Chiesa. Con oltre dieci milioni di cattolici stimati, la Cina è una culla di fedeli irrinunciabile. Una priorità diplomatica, in cima all'agenda del pontificato di Francesco. Il Papa è morto senza compiere la tanto attesa missione a Pechino, e senza riuscire nemmeno a incontrare il presidente Xi Jinping. Nel 2024 però è stato rinnovato per quattro anni – e non più per due come in passato – l'accordo siglato nel 2018 tra il Vaticano e il regime che prevede di lasciare alla Santa Sede l'ultima parola sulla nomina dei vescovi.
  2. Chiusa l'indagine che vede 25 persone indagate . A rischiare il processo, tra gli altri, c'è l'ex direttore La Valle : "Sono certo del mio operato"
    Anni di bilanci truccati alla Città della salute Chiesto il rinvio a giudizio per otto manager
    elisa sola
    Milioni di euro di rosso. Buchi e voragini nei conti. Crediti non incassati da anni. Conti che sembravano puliti ma che non lo sarebbero stati affatto. Sono otto i manager e gli ex direttori della sanità piemontese che adesso rischiano il processo per i presunti falsi in bilancio relativi agli ultimi dieci anni di gestione della Città della salute.
    I pm Mario Bendoni e Giulia Rizzo hanno chiuso l'indagine, che vede 25 persone indagate. E hanno chiesto il rinvio a giudizio al gup per otto persone. Si tratta, tra gli altri, di Giovanni La Valle, ex direttore generale della Città della salute e attualmente direttore della Asl To3, delle ex direttrici amministrative Beatrice Borghese e Andreana Bossola, quest'ultima attualmente presidente della fondazione scientifica Azienda ospedaliera Ordine Mauriziano e degli ex direttori generali Silvio Falco e Gian Paolo Zanetta, che oggi riveste il ruolo di direttore dell'ospedale Cottolengo.
    La Valle, difeso dall'avvocata Natascia Taormina, non nasconde il suo disappunto: «Si è lavorato intensamente e lealmente per scardinare un sistema di disordine amministrativo accumulato, rappresentandolo anzitempo a tutte le autorità, nessuna esclusa. Siamo certi del nostro operato e dell'attività condotta in favore di Città della salute».
    È probabile che riguardo ai restanti 17 indagati (ad eccezione della posizione di una persona, recentemente deceduta) la procura chieda al gip l'archiviazione.
    Molti di questi, nei giorni successivi alla chiusura delle indagini, si erano fatti interrogare per difendersi.
    Tra le figure che potrebbero essere archiviate, ci sono gli ex direttori sanitari e alcuni componenti dei collegi sindacali, tra cui quelli operativi nell'ultimo periodo. Erano stati loro a presentare in procura un esposto per denunciare il presunto «parziale disordine amministrativo e contabile, frutto di negligenze ed omissioni» che si sarebbero protratte per anni nel colosso della sanità piemontese.
    Durante gli interrogatori gli ex direttori sanitari si sono battuti per dimostrare la loro presunta innocenza, spiegando ai pm che loro, di conti e di bilanci, non si occupavano. Pare che la loro tesi, al momento, potrebbe avere convinto la procura.
    «Per quanto riguarda il mio assistito, l'ex direttore sanitario Maurizio Dall'Acqua - afferma l'avvocato difensore Gian Maria Nicastro - fin da subito si è fatto interrogare, spiegando dettagliatamente che non aveva né l'autorità né le competenze per poter controllare il lavoro degli uffici deputati alla formazione del bilancio».
    Invece, riguardo alle posizioni degli ex direttori generali e amministrativi, la procura ha ritenuto che vi siano forti elementi di prova per dimostrare al processo, se ci sarà, i presunti falsi in bilancio.
    L'indagine è stata lunga e complessa e ha scandagliato i conti di un decennio di attività sanitaria. È durata quasi un anno. Dopo i primi mesi di lavoro, e la notifica dell'atto di chiusura indagini, i pm Bendoni e Rizzo hanno chiesto una proroga di sei mesi per approfondire nuovi spunti investigativi e per fare ulteriori verifiche sui conti in rosso del passato. E così hanno continuato a scavare, in maniera sempre più capillare. Fino ai giorni scorsi.
    Ammonterebbero a quasi dieci milioni di euro i buchi non dichiarati dei conti della sanità pubblica della Città della salute. E sarebbero numerosi i crediti mai incassati, per anni. Eppure, in apparenza, i bilanci sembravano puliti, anche se per la procura non sarebbero stati regolari. Gli indagati, secondo quanto viene loro contestato, avrebbero indotto «i destinatari delle comunicazioni sociali, compresi i cittadini, a celare il reale andamento economico e patrimoniale dell'azienda».
    «Ho deciso di risistemare un Titanic», aveva detto in procura, mesi fa, La Valle, uno dei primi indagati a presentarsi spontaneamente ai magistrati per spiegare la propria versione dei fatti. «Ma spostare di un millimetro questa macchina costa veramente molta fatica», aveva aggiunto. —
  3. Franca Fagioli
    l'intervista
    "Il privato non fa per me L'ospedale è centrale"
    alessandro mondo
    «Ho scelto questa strada molti anni fa e non mi pento». Ci sono medici che svolgono attività privata in ospedale, altri all'esterno. E anche coloro che, come la professoressa Franca Fagioli, direttore Oncoematologia pediatrica del Regina Margherita, la libera professione non l'hanno mai considerata
    Alla Città della Salute, invece, in parecchi la esercitano. E un numero crescente, opta per l'extramoenia, la libera professione fuori dagli ospedali.
    «Non giudico chi ha deciso diversamente».
    Perchè lei no?
    «Non svolgo attività libero-professionale perché sono un'oncologa pediatrica. I tumori in età pediatrica sono patologie rare e ad alta complessità, che richiedono, sia per la diagnosi che per il trattamento, un approccio altamente specializzato e multidisciplinare. Prendersi cura di un bambino o di un adolescente malato di tumore significa affrontare un percorso terapeutico che può durare da uno a due anni, con frequenti ospedalizzazioni, controlli ravvicinati e cure continuative».
    Il che non esclude consulti da parte di singoli specialisti.
    «Sì, ma devono sempre avvenire in un contesto ospedaliero di eccellenza: solo in strutture altamente qualificate è possibile garantire continuità assistenziale, confronto tra professionisti e un livello di cura che rispecchi gli standard nazionali e internazionali. La multidisciplinarietà non è un'opzione, ma un requisito essenziale nella cura dei tumori infantili».
    E' solo un discorso di tipo organizzativo?
    «No. La malattia oncologica colpisce duramente l'intera famiglia, anche dal punto di vista economico, indipendentemente dal livello socio-economico di partenza. Spesso ho detto che il cancro pediatrico genera povertà. In Italia, i protocolli di cura per i minori sono garantiti dal servizio sanitario nazionale e non prevedono costi diretti per le terapie. Tuttavia, esistono costi accessori spesso significativi: spese di viaggio per raggiungere i centri specializzati, soggiorni prolungati lontano da casa, perdita o riduzione del reddito da parte del caregiver, che nella maggior parte dei casi è la madre».
    Un sacrificio a lungo termine, oltretutto.
    «E' vero. Molti costi proseguono anche dopo la fine delle cure attive: fisioterapia, logopedia, supporto psicologico, farmaci non coperti, integratori, e molto altro. Sebbene alcuni di questi servizi siano teoricamente garantiti, nella pratica spesso sono erogati in modo disomogeneo, discontinuo o con tempi d'attesa incompatibili con i bisogni reali. Ciò costringe molte famiglie a ricorrere al privato».
    Una scelta consapevole, quindi.
    «Non ho mai svolto attività privata, né per pazienti piemontesi né per quelli provenienti da altre regioni. Ho sempre scelto di impegnarmi per garantire, attraverso il servizio pubblico, cure gratuite, tempestive e di qualità per tutti. In aggiunta, le attività cliniche, la presa in carico personalizzata di ogni paziente, la ricerca scientifica e gli impegni istituzionali richiedono un'enorme quantità di tempo, energia e responsabilità. Con sincerità, non saprei proprio quando potrei dedicarmi anche a un'attività libero-professionale, senza che questo tolga spazio e attenzione a ciò che per me resta prioritario: garantire a ogni bambino e alla sua famiglia le migliori cure possibili all'interno del sistema pubblico».

 

 

 

 

 

23.04.25
  1. Il presidente contrattacca: "Che posti fantastici l'Accademia di West Point e l'ateneo evangelico dell'Alabama"
    Oltre 150 università Usa alzano il muro contro Trump Lettera dopo la causa di Harvard: "Basta ingerenze"
    francesco semprini
    new york
    Negli Stati Uniti parte la controffensiva accademica nei confronti di Donald Trump su quelle che vengono definite le sue ingerenze in programmi e procedure degli atenei, specie per quanto riguarda le politiche inclusive. L'azione delle università a stelle e strisce è capitanata da Harvard che ha fatto causa all'amministrazione in merito alle sue minacce di tagliare miliardi di dollari di finanziamenti per la ricerca in nome di una presunta lotta verso l'antisemitismo nei campus. Secondo il New York Times l'università più antica d'America accusa il governo di aver scatenato una guerra come «strumento per ottenere il controllo del processo decisionale accademico dell'ateneo». L'azione legale, presentata in un tribunale federale del Massachusetts, menziona tra le controparti alcuni importati membri dell'esecutivo come Robert F. Kennedy Jr. , segretario alla Salute e il ministro della Giustizia Pam Bondi. Harvard è stata di esempio a oltre 150 college Usa, inclusi diversi atenei della Ivy League, i cui rettori hanno firmato una lettera che condanna «l'abuso di potere del governo» nel tentativo di dettare le linee politiche degli istituti privati in cambio dei finanziamenti federali. Lapidaria la replica di Trump: su Truth annuncia che terrà il discorso di fine anno accademico in «due posti davvero fantastici: l'Università dell'Alabama e West Point». Il primo è un ateneo nel Deep South con elevata presenza di studenti evangelici e cattolici, la seconda è la storica Accademia militare dell'esercito.
    Harvard denuncia che «il governo non può riconoscere alcun collegamento razionale tra le preoccupazioni sull'antisemitismo e quelle in materia di ricerca scientifica, tanto da congelare gli sforzi per salvare vite americane, promuovere il successo americano, preservare la sicurezza americana e mantenere la posizione dell'America come leader mondiale nell'innovazione». L'ateneo protesta per le «significative conseguenze che il congelamento di miliardi di dollari di finanziamenti federali per la ricerca avrà sui programmi di di Harvard».
  2. Una famiglia del Monferrato ricorda l'incontro di Pasqua: "Ha fatto fermare l'auto per noi"
    La carezza a Tommaso, l'ultima benedizione I genitori del bimbo di 3 mesi: ci ha scelti lui
    giulia di leo
    alessandria
    «Gli racconterò che, se è stato scelto tra migliaia di altri bambini, non è un caso. Che c'è un senso più profondo. Tommaso è stato un bimbo tanto desiderato. È arrivato quando, ormai, avevamo perso le speranze di avere un altro figlio. Da credente, dietro quel gesto così emozionante e improvviso vedo un disegno più grande di noi». Il piccolo Tommaso Barbero, tre mesi il 30 aprile, stava dormendo quando Papa Francesco l'ha scelto. A lui, la domenica di Pasqua, ha dato la sua benedizione con una carezza sulla testa.
    Con quel semplice gesto il bebè, nato a Frassineto, piccolo paese del Monferrato in provincia di Alessandria, ha già un incredibile aneddoto da raccontare quando sarà grande: è stato l'ultimo bambino benedetto in diretta televisiva da Papa Bergoglio. Che a sorpresa nel giorno della Domenica di Pasqua ha salutato i fedeli, prima affacciandosi dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro, poi passando tra loro in piazza.
    Tra quelle 35 mila persone c'erano Anastasia Balestriero e Niccolò Barbero, i genitori di Tommaso. «Non ci aspettavamo che passasse tra la gente – racconta lei –. Era un continuo via vai. Vedevamo la sicurezza chiedere di fare spazio, domandavamo speranzosi ma la risposta era sempre la stessa: "Dipende dalla volontà del Papa"».
    Proprio all'ultimo momento il Pontefice decide di salutare la sua gente. Balestriero è in prima fila, appoggiata alle transenne per alleggerire il peso del bimbo che dorme tra le sue braccia. Per lei è una tradizione di famiglia, sin da quando è piccola. La nonna di Tommaso abita a Roma, a pochi passi dal Vaticano. Ha sempre portato lì le figlie nelle occasioni di festa e Anastasia ha continuato per devozione da adulta, prima col marito e il primogenito Domenico, ora anche con l'ultimo arrivato in famiglia.
    L'abitudine non è comunque bastata ad affievolire l'emozione di domenica mattina. «Non me lo sarei mai immaginata – conferma ancora incredula la donna –. È stato un insieme di coincidenze incredibili. La prima vera sorpresa è stato il passaggio del Papa in piazza». Poi la scelta. Tommaso dorme, non si agita né si fa notare eppure Papa Francesco lo vede da lontano. Lo indica e chiede alla sicurezza di fermare la Papamobile al ritorno. «Quello che mi ha stupito – dice Balestriero – è che ci ha scelti ancor prima di fare il giro per tornare verso la piazza. Quando è arrivato davanti a noi ha chiesto di fermare l'auto e farsi portare il bambino».
    È stato un attimo: da quei semplici segnali Anastasia aveva già intuito che sarebbe successo qualcosa, ma l'emozione ha preso il sopravvento. «Non ci ho capito più niente», racconta tra lacrime e sorrisi. Il bimbo torna la sue braccia e diventa quasi una reliquia per i fedeli che lo sfiorano con la mano. Anastasia non guarda più il grande schermo, ma è certa che il percorso del Papa sia quasi finito e il suo bimbo particolarmente fortunato. «Essere scelti in quel modo è stata un'emozione incredibile – commenta ora con un po' di tristezza nel cuore –. Nemmeno ventiquattro ore dopo apprendevamo la notizia della morte. Mi ha scossa, ero frastornata. Domenica l'avevo visto sofferente, ma non aveva l'ossigeno. Pensavo fosse venuto tra la folla quasi per dire "sto meglio". Però non era sorridente come sempre e anche per questo il suo gesto mi ha sorpresa: poteva solo salutare, invece ha scelto di accarezzare il mio bambino. Non lo dimenticherò mai». —
  3. L'America impone dazi al 3.521% sui pannelli solari del Dragone. Pechino studia nuove ritorsioni
    Con le terre rare la Cina piega l'America Bessent: "Ora un'intesa, situazione difficile"
    Fabrizio Goria
    L'imposizione di dazi al 3.521% sui pannelli solari dall'Asia sono l'ultimo esempio della guerra commerciale statunitense, che ha come primo obiettivo la Cina. Le terre rare, di cui gli impianti fotovoltaici sono pieni, rappresentano da mesi la frontiera più calda delle fibrillazioni internazionali.
    Il gruppo di 17 elementi chimici comprendenti scandio, ittrio e i 15 lantanoidi, come ricordato da Nicholas Kristof sul New York Times la scorsa settimana, rappresentano il boomerang - in potenza - più distruttivo per la credibilità del presidente americano Donald Trump. Il "Liberation Day" del 2 aprile doveva essere l'inizio della nuova "Età dell'Oro" per l'America. La risposta della Cina non si è fatta attendere, e il Fondo monetario internazionale ha tagliato le stime di crescita globali. Con lo spostamento dell'arena di gioco sul fronte tecnologico, i malcontenti potranno aumentare. Come fa notare Kristof, Pechino può permettersi di aspettare più che Washington. Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, prevede una de-escalation, , dato che considera la situazione come «insostenibile», parlando agli investitori a un evento organizzato da J.P. Morgan Chase a Washington. Ma i fatti - per ora - non sono dalla sua.
    Che il nemico pubblico numero uno, per Trump e il suo consigliere economico Peter Navarro, fosse la Cina era noto dal 2014. Vale a dire, due anni prima dell'insediamento del tycoon alla Casa Bianca nel gennaio 2016. In questi anni, tuttavia, intelligenza artificiale e digitalizzazione hanno raggiunto livelli di presenza nei piani industriali delle società che «non è pensabile alcuna retromarcia», come sottolineato da Wells Fargo. «La Cina acquista prodotti agricoli e aerei dagli Stati Uniti, e può quasi certamente procurarseli altrove. Ma dove troveranno gli Stati Uniti i minerali delle terre rare, essenziali per l'industria americana e per la base militare-industriale?», domanda Kristof. I dati sono dalla sua, come riportato dalla World Bank: «Attualmente dipendiamo dalla Cina per il 72% dei 17 metalli noti come terre rare, usati in tutto, dal vetro alla ceramica, ai convertitori catalitici. E nel sottogruppo delle terre rare pesanti, la Cina è l'unico produttore mondiale di sei di esse». Trovare un'alternativa nel breve periodo, per Washington, non sarà facile.
    Qualora ci fosse un'altro giro di vite da parte dell'amministrazione Trump, in una prova di forza che rischia di fare più danni che benefici, la risposta di Beijing non si farebbe attendere. Primo, con ritorsioni dirette, come è stato finora. Secondo, come rimarca Kristof, con un'azione coordinata sui Treasuries. «La Cina potrebbe anche vendere in massa i titoli di Stato americani per qualche giorno, facendo andare nel panico il mercato obbligazionario e indebolendo il dollaro», spiega. E sottolinea: «Dubito che la Cina lo farebbe a lungo, perché ci perderebbe anch'essa, ma potrebbe essere soddisfacente per il Politburo ricordare a Trump con chi ha a che fare». Un modo per chiudere le porte a chi pensa che Xi Jinping non abbia pazienza.
    Le parole di Bessent sulle correnti tensioni sino-americane non sono state le sole di ieri. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha reso noto che i negoziati su un possibile accordo fra Usa e Cina «stanno andando bene». Dal Dragone, tuttavia, arrivano segnali contrastanti. Secondo quanto riporta il South China Morning Post, Pechino ha messo a punto un piano d'azione per promuovere lo yuan e i sistemi di pagamento a esso collegati su scala internazionale. L'obiettivo è duplice. Da un lato, una riduzione della dipendenza dal dollaro statunitense. Dall'altro, il rafforzamento nel Sud-Est Asiatico delle transazioni in divisa cinese.
    Fra terre rare, deprezzamento valutario e spinta diplomatica contro la moneta a stelle e strisce, Pechino è consapevole di poter giocare un ruolo da pivot sul commercio globale. Allo stesso tempo, Washington sa che le ritorsioni cinesi potranno avere un impatto sulla domanda interna e ridurre il potenziale di crescita statunitense. L'opposto, in pratica, di quanto promesso da Trump al suo elettorato. —
  4. EDUCATI ALL'EGIOSMO E MENEFREGHISMO:    Fuga dai trapianti
    valentina arcovio
    roma
    Nonostante la Rete nazionale trapianti sia un'eccellenza del nostro servizio sanitario, e che gli italiani negli anni si siano dimostrati estremamente generosi con le donazioni, la propensione a donare i propri organi non è mai stata così bassa negli ultimi 10 anni. Nei primi tre mesi del 2025, su 950mila persone che hanno rinnovato la carta d'identità, il 40% si è esplicitamente opposto alla donazione degli organi. Mai così tanti da quando vengono raccolti i dati delle dichiarazioni di volontà sottoscritte al momento del rinnovo dei documenti. Non stupisce la preoccupazione del Centro Nazionale Trapianti, che coordina la distribuzione degli organi donati negli ospedali italiani: il timore è di un calo della disponibilità e, quindi, della possibilità di salvare migliaia di persone in lista d'attesa.
    I cittadini maggiorenni possono esprimere consenso o dissenso alla donazione di organi e tessuti dopo la morte attraverso diverse modalità. È possibile indicare la propria volontà presso l'ufficio anagrafe del proprio Comune al momento del rilascio o del rinnovo della carta d'identità, compilando il modulo dell'Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule (Aido). Oppure, rivolgendosi alla propria Asl. O ancora, esprimendo semplicemente il proprio consenso su un foglio bianco (con data e firma) da custodire tra i propri documenti personali. Se in vita non viene rilasciata alcuna dichiarazione, il prelievo di organi e tessuti è consentito solo se i familiari sono favorevoli alla donazione.
    Secondo il report del Centro nazionale trapianti, da gennaio a marzo 570mila persone hanno dato il consenso al prelievo degli organi (60,3%) e 380mila hanno scelto di opporsi (39,7%). I cittadini che si sono astenuti sono stati 680mila, il 41,6% di quanti hanno rinnovato il documento nei primi 90 giorni dell'anno.
    In questo momento nel Sistema informativo trapianti sono depositati 22,3 milioni di dichiarazioni: 15,5 milioni di consensi e 6,8 milioni di opposizioni. Nel primo trimestre di quest'anno i «no» alla donazione sono saliti del 3,4% rispetto al 2024 mentre le astensioni sono diminuite dello 0,6%. I più propensi davanti all'ipotesi di donare gli organi dopo la morte sono i 40-50enni, tra i quali si registra quest'anno il 68,6% di consensi e il 31,4% di opposizioni. I più dubbiosi sono soprattutto gli Over 60 (48,4% di «no», erano il 45,5% nel 2024), ma anche i 18-30enni, tra i quali le opposizioni sono passate dal 33,6% del 2024 al 37,9% del primo trimestre 2025.
    «Negli ospedali del nostro Paese non sono mai stati realizzati tanti trapianti e prelievi di organi come nell'ultimo anno, grazie alla generosità dei tanti donatori, mentre nei Comuni non accennano a diminuire i nostri concittadini che scelgono di dire "no" alla donazione», dichiara il direttore del Centro nazionale trapianti, Giuseppe Feltrin. «Da un lato, la nostra rete trapiantologica migliora dal punto di vista clinico-scientifico e sotto il profilo organizzativo, ed è in grado di individuare un numero crescente di donatori potenziali, anche grazie alla donazione a cuore fermo. D'altro canto, soprattutto in alcune fasce d'età, tante persone faticano a dichiarare la propria volontà di donare mentre rinnovano il documento e finiscono per registrare un "no" che, pur revocabile, potrebbe in futuro rischiare di condizionare in negativo la nostra capacità di trovare organi compatibili per i tantissimi in attesa di trapianto. Un dato sul quale dobbiamo lavorare è quello dei perplessi, ai quali probabilmente non è arrivato correttamente il messaggio sul valore del dono. Sarà questo uno dei nostri impegni».
    La propensione alla donazione differisce in base al Comune. «C'è un'Italia generosa che sceglie di dire "sì" alla donazione senza timore», continua Feltrin. Come gli abitanti di Verceia, piccolo borgo della Valchiavenna (Sondrio), che nel 2024 è risultato il Comune più generoso d'Italia in tema di donazione. Su 158 cittadini che hanno rinnovato la carta d'identità elettronica si sono espressi in 139 (19 astenuti): 138 sì e un solo no. Sul podio della generosità dopo Verceia quest'anno ci sono Cinte Tesino (Trento) e Longano (Isernia), mentre dopo tre anni in testa alla classifica si attesta al quarto posto Geraci Siculo (Palermo), dove su 205 carte d'identità emesse sono stati raccolti 152 «sì», nessun «no», ma con le astensioni al 26%. —
  5. Pecore fantasma
    elisa sola
    Pecore sparite in val di Susa. E ricomparse in Valle d'Aosta. Pecore marchiate con un orecchino speciale, il segno d'appartenenza di un progetto per la biodiversità. E poi, anche loro, scomparse. O trovate morte.
    La presunta grande truffa degli ovini fantasma è finita con l'assoluzione di due dei quattro allevatori imputati- e delle loro due società - accusati di avere simulato compra vendite di greggi per intascare i contributi erogati dall'Unione europea, circa 300mila euro in tutto.
    «Il fatto non sussiste», ha stabilito il collegio presieduto da Immacolata Iadeluca (a latere le giudici Federica Florio e Milena Chiara Lombardo). Per il tribunale è «plausibile» che gli imputati, difesi dagli avvocati Silvia Bregliano e Mauro Carena, abbiano «simulato la compravendita degli ovini». «Vi era - scrivono le giudici nelle motivazioni della sentenza - un anomalo flusso di animali venduti a inizio stagione e riacquistati al termine e questa singolarità suggeriva che vi potessero essere delle manovre truffaldine finalizzate a ricevere contributi europei».
    Ma queste vendite simulate di bestiame, «alla luce di quanto già emerso in ordine alla normativa di settore valdostana» sarebbero «prive di rilievo penale». «La normativa, non nazionale ma regionale valdostana - precisa il tribunale - consente totalmente e senza limiti il pascolo per conto terzi, attese le specificità del territorio valdostano. Neppure occorre che il pastore sia valdostano perché possa condurre presso un alpeggio della Regione anche il gregge di altri. Persino un pastore siciliano potrebbe portare le pecore di un terzo, a propria volta non valdostano, nei territori della Regione».
    Quindi, al contrario di quanto contestava il procuratore europeo Stefano Castellani, uno dei magistrati in Italia che indaga sui reati a danno dell'Ue, «gli imputati potevano portare nel pascolo valdostano pecore altrui e usarle per ottenere contributi comunitari anche senza esserne proprietari». Gli allevatori non avrebbero nemmeno dovuto impegnarsi a fingere le compra vendite. In valle d'Aosta tutti i pastori hanno diritto agli aiuti, purché vadano in prima persona a pascolare le pecore. E gli imputati, nella regione a statuto speciale, erano stati avvistati.
    Sono stati invece condannati a due anni e nove mesi altri due allevatori imputati, accusati di peculato. Dovranno anche risarcire di 30mila euro l'ente parco Alpi Cozie. È il 2021 quando gli ispettori dell'Asl To 3, durante un controllo nella loro azienda, si accorgono che mancano 326 ovini e 156 caprini. Il titolare sporge denuncia per smarrimento. Ma è sospetta. Se c'erano 400 animali, come possono essere spariti quasi tutti? Cercando le pecore scomparse, gli investigatori scoprono che alcune sono state vendute. Altre sono state mandate in trasferta forzata a Courmayeur dopo compra vendite fittizie. Eppure, non si trattava di pecore normali. Ma delle 150 pecore speciali affidate agli imputati dall'ente parco Alpi Cozie nell'ambito di un progetto «di conservazione e recupero dell'habitat naturale dei territori della Valle di Susa». Le pecore speciali avevano tutte un orecchino particolare, e per questo sono state individuate. Avrebbero dovuto pascolare a Mompantero e Bussoleno. Senza il loro intervento la biodiversità della zona non si preserva. Ma qui, come hanno scoperto gli investigatori, le pecore non sono mai state portate. Se ne sono accorti i carabinieri al primo sopralluogo. L'erba era alta. Un segnale inequivocabile: nessun animale aveva brucato qui. Nonostante l'accordo tra ente parco e imputati lo prevedesse espressamente.
    Dov'erano finite quindi, le pecore sparite? I militari ne hanno trovate alcune, poche decine, in Val d'Aosta. «Incustodite, libere di girare per tutta la valle». Altre, una decina, morte. E le altre cento? Gli imputati hanno tentato di difendersi: «Sono state attaccate dai lupi e sono scappate in Francia». Per il tribunale non sarebbe vero. Gli ovini sarebbero stati venduti e macellati «senza mai domandare l'assenso all'ente parco». E siccome l'ente e le sue pecore sono beni pubblici, il reato di peculato può definirsi consumato. —

 

 

22.04.25
  1. i negoziati con le grandi catene retail
    A Washington la riunione con i big della distribuzione
    Fabrizio Goria
    Il presidente statunitense Donald Trump ha incontrato lunedì alla Casa Bianca i vertici di alcune delle principali catene di distribuzione statunitensi per discutere l'impatto potenziale del suo piano di tariffe doganali sui modelli di business del settore retail, in gran parte dipendenti dalle importazioni, come Walmart o Lowe's.
    All'incontro, non segnalato in agenda ufficiale e anticipato in giornata da Bloomberg, hanno partecipato il ceo di Walmart, Doug McMillon, e l'amministratore delegato di Target, Brian Cornell, oltre ad alti dirigenti di Home Depot e Lowe's. L'elenco completo dei partecipanti non è stato reso noto. Al termine del colloquio, tre delle quattro aziende coinvolte hanno diffuso dichiarazioni pressoché identiche, definendo la riunione «produttiva» e «costruttiva».
    Uno dei portavoce di Walmart ha spiegato alcuni dettagli. «Abbiamo avuto un incontro produttivo con il presidente Trump e il suo team, e abbiamo apprezzato l'opportunità di condividere le nostre osservazioni», ha dichiarato. Allo stesso tempo, Target ha sottolineato di rimanere «impegnata a offrire valore ai consumatori americani» e di aver discusso «il percorso futuro in materia di commercio» assieme ai colleghi del settore. Home Depot, invece, ha definito il confronto «informativo e costruttivo», aggiungendo di voler proseguire il dialogo con l'amministrazione. Nessun commento è arrivato invece da Lowe's. Le negoziazioni continueranno nei prossimi giorni.
  2. l'analisi
    Ignoriamo l'energia di sole e vento che può salvare il Pianeta a costo zero

    Mario Tozzi
    È difficile immaginare un momento meno propizio per la Giornata della Terra 2025 di quello che stiamo vivendo. Soprattutto visto il tema ufficiale: «Our Power, Our Planet», che possiamo leggere come un invito imperativo a riconoscere la responsabilità globale dei sapiens nel guidare l'indispensabile cambiamento ambientale ormai non più procrastinabile. In un mondo in cui si stenta a credere alle nostre responsabilità nel causare la crisi climatica, come sarà mai possibile prendersi quella di uscirne fuori? Mentre gli accordi internazionali come quello di Parigi (2015) non vengono rispettati al punto che il limite di 1,5°C di incremento delle temperature medie atmosferiche nel prossimo futuro è stato allegramente superato, facendoci viaggiare verso + 2,7°C, mentre gli Stati Uniti e altri Paesi minori si sfilano da quegli accordi, ecco che noi pretendiamo che quegli stessi politici si prendano altre responsabilità. Ma in quale mondo e quando?
    Inoltre alla guida della nazione più importante del mondo siede un negazionista convinto, non importa se più bugiardo o più ignorante, comunque portatore di un messaggio inequivocabile: continuiamo a estrarre e bruciare combustibili fossili come se non ci fosse un domani e intacchiamo anche i santuari protetti della Groenlandia e dell'Alaska. Quando gli scienziati dichiarano che, per restare dentro la fatidica soglia di + 1,5°C, sarebbe necessario lasciare sottoterra il 90% del carbone e il 60% di tutti gli idrocarburi. E quando il focus principale dell'Earth Day di quest'anno sarebbe l'accelerazione della transizione energetica basata sulle energie rinnovabili, pulite e inesauribili, capaci di ridurre drasticamente le emissioni di CO? e la dipendenza dai combustibili fossili.
    È chiaro agli occhi di tutti che il modello economico liberista senza regole non riesce ad essere la soluzione alla crisi climatica, anzi: è parte integrante del problema. Ma nessuno vuole sentirsi dire di cambiare abitudini e i più forti e prepotenti non sono disposti a negoziare il proprio stile di vita, neppure in vista di una garanzia futura per i propri discendenti. Allora ecco che, per non sentirsi mortalmente in colpa come dovremmo, cerchiamo nuovi nemici come l'auto elettrica, la carne coltivata, la farina di grilli o i pannelli fotovoltaici, che certo non risolvono interamente il problema, ma almeno sono un tentativo di invertire la rotta.
    Adottare modelli energetici basati su fonti rinnovabili non è solo un'opzione ambientale, ma anche una grande opportunità economica e sociale: significa stimolare l'innovazione tecnologica, creare migliaia di nuovi posti di lavoro verdi, abbattere i costi energetici a lungo termine e rafforzare la sicurezza energetica. Non possono esserci molte obiezioni su questo, eppure, quando va bene, si vagheggia di una nuova energia nucleare «pulita» (ma quando mai è stata sporca?) e di minireattori, esistenti, al momento, solo nella mente di chi li propone. Tutto fuorché scegliere con convinzione prima il risparmio e l'efficienza e poi il Sole e il vento che, al di là delle loro intrinseche problematiche già da tempo risolte, hanno come principale caratteristica quella di uscire fuori dagli schemi centralizzati dell'energia: sono ubiqui, democratici e gratis, cosa che non va ai veri poteri forti del pianeta, le corporation Oil & Gas.
    La Giornata della Terra 2025 cade in un contesto che più negativo non si può: da un lato la destra sovranista e estremista che vede il Green come fumo agli occhi senza nemmeno capirne le potenzialità economiche, dall'altro la perdita dell'unica voce autorevole che, a livello mondiale, in questi anni si è battuta contro la crisi climatica appoggiandosi ai valori della scienza. Papa Francesco che, in due encicliche memorabili, aveva stigmatizzato i comportamenti delle nazioni ricche che non si rendono conto di quanto la crisi climatica non abbia confini e di quale divaricazione sociale sia in grado di portare. Mancherà la sua voce a questa giornata. —

 

 

21.04.25
  1. tra gli accusati anche il filosofo bhl: "complotto contro saied"
    La Tunisia condanna intellettuali e reporter
    parigi
    È un processo senza precedenti quello che si è concluso ieri all'alba in Tunisia, dove sono state pronunciate pene che vanno fino a 66 anni nei confronti di una quarantina di persone accusate di complotto contro il presidente Kaïs Saïed. Nella lista figurano oppositori, giornalisti, politici e intellettuali. Secondo quella comunicata da alcuni degli avvocati, tra i nomi c'è anche il filosofo francese Bernard Henri-Lévy, condannato a 33 anni di carcere come altri imputati che si trovano all'estero. Stando a Le Figaro, l'intellettuale non sarebbe mai stato ufficialmente informato del suo capo di imputazione. Il processo è stato criticato da diverse ong come Human Rights Watch, che ha denunciato il fatto che nel corso delle tre udienze non è mai stata sentita la difesa. Già a febbraio l'Alto commissariato dell'Onu per i diritti dell'Onu aveva denunciato la «persecuzione degli oppositori" in Tunisia».
  2. Virus respiratori, l'epidemia non finisce
    L'incidenza si riduce, anche se di poco, rispetto alla settimana precedente e prmai risulta in linea con i valori della stagione scorsa: il virus del raffreddore è il più frequente. I virus respiratori stagionali hanno allentato la presa - l'incidenza ha raggiunto i 4,8 casi ogni mille assistiti -, ma non sono nemmeno usciti di scena, con tutto che siamo nella seconda metà di aprile. Conferma il Servizio di epidemiologia regionale (Seremi). Si stima che da metà ottobre i piemontesi con sindrome simil-influenzale siano stati circa 989 mila, di cui circa 20 mila nella quindicesima settimana dell'anno. La Sorveglianza virologica RespiVirNet del Piemonte segnala nella settimana dal 7 al 13 aprile, in ordine di frequenza decrescente, a: Rhinovirus, Metapneumovirus, Adenovirus, Virus Influenzali, Virus Parainfluenzali, Rsv, Sars-CoV-2. Dove Rsv sta per Virus respiratorio sinciziale. ale.mon .

 

 

 

20.04.25
  1. Gli Usa vogliono far saltare le regole nazionali ed europee sulle aziende digitali straniere: "No a discriminazioni, a rischio la fiducia"
    Il pressing di Trump su Starlink e Web tax
    Ilario Lombardo
    Inviato a Washington
    Donald Trump ha idee precise su cosa vuole dall'Italia e da Giorgia Meloni. Glielo ha chiesto durante la parte privata del bilaterale alla Casa Bianca e lo hanno messo nero su bianco nel comunicato congiunto finale. Approfondendo i singoli capitoli, si intuisce a cosa puntano gli americani e cosa la premier ha sostenuto di poter offrire. La Cina non viene mai citata ma è il vero obiettivo. Nel contesto della sfida globale a Pechino, Trump pretende che gli alleati facciano una scelta di campo.
    Web tax e Starlink
    Sono le due richieste più pressanti dell'amministrazione Usa. E forse le più problematiche per Meloni. «Abbiamo convenuto – scrivono - che un ambiente non discriminatorio in materia di tassazione dei servizi digitali è necessario per favorire gli investimenti delle aziende tecnologiche». A Washington gli americani sono tornati a spingere per il superamento della web tax italiana e delle norme europee, a partire dal Digital service act, che colpiscono Big Tech, e cioè l'oligarchia di ultramiliardari Usa padroni delle nuove tecnologie come Elon Musk e Mark Zuckerberg. Quello che ha fatto Meloni è condividere il principio che «la tecnologia dell'informazione» è necessaria «per sostenere l'impresa libera attraverso l'Atlantico». Quello che invece può fare è lavorare a Bruxelles per indebolire le barriere innalzate dall'Ue contro il rischio di monopolio e di inquinamento del dibattito politico. Alla fine, come previsto, Musk era presente all'arrivo di Meloni alla Casa Bianca. Il magnate di Tesla è consigliere del presidente ma è anche interessato a una fetta del business tra Italia e Usa. Quando le è stato chiesto di Starlink, durante lo "spray" allo Studio Ovale, la premier ha sostenuto che non è stata argomento del colloquio. Ma nel comunicato c'è un passaggio che coinvolge anche la costellazione satellitare di Musk. La protezione delle infrastrutture e delle tecnologie critiche a livello nazionale, c'è scritto, spetta «a fornitori affidabili di queste reti». Non è solo una presa di posizione contro le tentazioni tecnologiche cinesi (da anni gli Usa chiedono di liberarsi delle reti Huawei), ma anche un invito a guardare a fornitori Usa: «Non esiste fiducia maggiore di quella della nostra alleanza strategica, e perciò non può esserci alcuna discriminazione nei confronti di fornitori statunitensi o italiani». In questo passaggio è contenuta tutta l'irritazione verso i limiti normativi e il lungo dibattito politico che, a partire dal decreto Spazio, frenerebbe l'ingresso in Italia di Starlink, in nome di una sovranità nazionale sui dati.
  2. Per l'erede della famiglia 9 anni e 6 mesi in appello
    Sedici anni di processo tra prescrizioni e assoluzioni Condanna confermata per Schmidheiny ma pena ridotta
    Dopo la sentenza della Corte D'Assise di Novara, che aveva deciso di considerare i fatti non più come omicidio volontario ma come omicidio colposo aggravato causato da gravi violazioni delle norme sulla sicurezza sul lavoro (sapendo che il rischio di morte era concreto), la Corte di Assise di Appello di Torino ha confermato ieri la condanna per Stephan Schmidheiny ma ha ridotto la pena a 9 anni e 6 mesi di reclusione. L'imprenditore svizzero imputato nel processo Eternit bis, relativo alle morti per esposizione all'amianto a Casale Monferrato, è stato giudicato responsabile per la scomparsa di 392 persone, delle quali 62 lavoratori dell'Eternit e 330 residenti delle zone vicine alla fabbrica.
    Il Processo Eternit – dal nome dell'azienda produttrice dei più venduti prodotti di cemento amianto – è cominciato nel 2009 per rendere giustizia alle tantissime vittime di mesotelioma.
    L'amianto, anche chiamato asbesto, è un minerale cancerogeno che provoca gravi malattie ad esito quasi sempre infausto. —
  3. Il danno e la beffa
    "
    Il processo Eternit una farsa teatrale Alla fine in prigione andranno solo i morti
    Bebo Storti
    Era il 1904. Troppo lontano? Può darsi, ma la storia parte da lì, agli inizi del secolo scorso. Non c'era la Repubblica e figuriamoci neppure la televisione quando chimici e scienziati dell'epoca sancirono che l'amianto provocava gravi danni alla nostra salute. Di più, è il responsabile del mesotelioma. Un cancro che non ti lascia respirare e ti uccide nemmeno troppo lentamente (almeno che questo non sia un bene). A causa della malattia sono morte nella zona del Monferrato, dove operava Eternit, 392 persone. Certificate. Non possiamo escludere che ve ne siano di più ma finora mai quantificate. Certo è, che ogni volta che se si spegne un uomo se ne vanno con lui parte della famiglia, un pezzo intero di una comunità che in quell'area con il tempo si è assottigliata sempre più anche nella speranza di giustizia. Da molto tempo, in quelle zone, nei teatri, nelle sale faccio letture sulle morti di amianto. Provo nel mio piccolo, insieme al teatro della Juta di Arquata Scrivia a far ardere un lumicino di attenzione che si accende in Piemonte per raccontare tutti i luoghi in Italia contaminati dall'amianto. Il mio prossimo spettacolo di novembre, sempre lì, nel Monferrato sarà una sintesi di quei dolori immensi, di risposte non date a domande innocenti. Sarà poco elegante dire che il killer torna sempre sul luogo del delitto, ma se io ho un alibi "loro" no anche perché in quelle zone l'orrore - per la sua vastità - non ha ancora trovato i suoi confini. Se non tutti sapevano, molti sì, in Paese, nelle istituzioni, in fabbrica ma molti tacevano. Cosa rispondere allora alle domande innocenti di una bambina che in un agosto assolato chiedeva con stupore alla nonna, «Guarda sui tetti c'è la neve. Sono tutti bianchi». E la nonna con un filo di tristezza ma con la dolcezza che solo le nonne sanno avere spiegava, «No amore, quella non è la neve è amianto, è cattivo è brutto fa male alle persone». E perché lo lasciano lì? «È una gran bella domanda, tu sei piccola, sei ingenua ma anche molto saggia: hai fatto la domanda più importante perché è ancora lì e continuerà ad essere lì…». L'Italia è fatta di misteri che vengono sistematicamente seppelliti. Ci sono ma vanno e vengono come l'armadio della vergogna coi crimini nazifascisti e che è rimasto nascosto in una stanza del consiglio superiore della magistratura militare per anni. Ma questa è un'altra storia come molte altre che racconto nelle mie letture teatrali come per esempio, quelle di tante giovani coppie che a Broni comprano casa, a prezzi stracciati, inconsapevoli che nei loro appartamenti respiravano la polvere di amianto che veniva dalla fabbriche circostanti.
    Ora sono 21 anni che nelle aule giudiziarie si celebra il processo Eternit: oltre due decenni, tra prescrizioni, assoluzioni, riduzioni di pena. Nelle fasi iniziali il processo riguardava la morte di 392 persone. In primo grado, nel 2023, Stephan Ernest Schmidheiny l'imprenditore svizzero patron di Eternit, fu condannato per 147 casi e assolto da 46; altri 199 furono dichiarati prescritti. In appello l'imprenditore è stato assolto da ulteriori 29 perché "il fatto non sussiste". La prescrizione è scattata per altri 29. Con la sentenza sono stati ridimensionati i risarcimenti alle parti civili, che in primo grado superavano i 100 milioni. In ogni passaggio c'è stata una riduzione di pena ma soprattutto di colpe. Sono scese le responsabilità su decine di vittime come se per la stessa malattia (il mesotelioma) ci fossero vittime di serie A e vittime di serie B. Gli avvocati dell'imprenditore svizzero anche per la sentenza di ieri l'altro hanno annunciato che ricorreranno in Cassazione. Certo, è un loro diritto, fanno il loro mestiere, la legge lo consente e probabilmente avranno un altro ulteriore sconto di pena per il loro cliente. Viste come sono andate sino ad oggi le cose credo che anche altre vittime finiranno nell'elenco dei "prescritti", diminuiranno i reati e diminuiranno i risarcimenti. Come al mercato: tanto al chilogrammo. Ma se tanto ci rende tanto, la conclusione del processo sarà ancora più amara: in prigione rischieranno di finire le bare con i morti nel cimitero. Il lieto fine in questa storia non c'è. La consolazione peggiore è quella di far credere anche a noi che sui tetti del Monferrato non c'era l'amianto come spiegava la nonna alla nipote ma la neve di agosto che faceva gioire la bambina.
  4. L'attacco di Ravinale (Avs): "Investiti 315 mila euro in eventi ideologici" Dura la replica di Marrone: "Per la sinistra Ztl la cultura non è sociale"
    Veneziani e Tolkien con i soldi del welfare È scontro in Regione

    giulia ricci
    Dall'Universo Tolkeniano all'evento "Samsara" con Marcello Veneziani, dall'associazione Logos e Persona che offre «corsi di formazione e catechesi a tema» fino allo Shiatsu in campo oncologico. Sono quasi 315 mila euro le risorse che l'assessore al Welfare Maurizio Marrone ha destinato, su bando, a undici associazioni (e relativi progetti) per iniziative «in materie socio assistenziali». «Ed il punto è proprio qui – attacca la capogruppo di Avs, Alice Ravinale –, l'assessore di FdI continua a usare le risorse messe a bilancio per pagare eventi pseudo-culturali che nulla hanno a che vedere con i servizi sociali». Dura la replica dell'assessore: «Per la sinistra da Ztl portare la letteratura nelle periferie urbane non ha risvolti sociali».
    Secondo Ravinale si starebbe ripetendo «ciò che è già successo con Giovani Adulti». La kermess a Mirafiori Nord, che era stata finanziata da 100 mila euro (e che verrà rifinanziata per quest'anno), era finita nelle polemiche un po' per quelli ritenuti «richiami neofascisti», un po' per l'accusa di «mascherare da festival per i ragazzi un evento di propaganda di destra»: «E ad oggi non abbiamo ricevuto né la rendicontazione da parte degli organizzatori, né il numero delle scuole partecipanti», sottolinea Ravinale. A quell'evento, diretto dal giornalista Francesco Borgonovo, avevano partecipato Beatrice Venezi, Giuseppe Cruciani, don Ambrogio Mazzai. Ma anche Moni Ovadia e l Dino Giarrusso.
    Una manifestazione che ricorda (seppur in piccolo) quella organizzata dal Comune di Carmagnola e finanziata, nell'ultima determina, con 100 mila euro. Si intitola "Samsara-Il ciclo delle idee", si terrà dal 20 al 22 giugno e sarà anticipato dall'incontro con l'autore Marcello Veneziani, con il libro Senza eredi, il 24 aprile (giorno in cui verrà diffuso il programma) e da quello con il direttore del Circolo dei Lettori, Giuseppe Culicchia, che il 29 maggio presenterà Uccidere un fascista. Entrambi dialogheranno con il direttore artistico del festival, Sebastiano Caputo: presidente della casa editrice Magog, fondatore della rivista online Dissipatio, collaboratore de Il Giornale. Lui e Marrone hanno partecipato insieme, nel 2017, ad un dibattito su "Il ruolo centrale della Russia nel futuro dell'Europa". Il festival da lui diretto, che prende il nome da un concetto che in sanscrito significa "ciclo vitale", è definito «una mappa per orientarsi tra le onde inquiete della contemporaneità. Attraverso presentazioni di libri, dialoghi e dibattiti, questa rassegna culturale offrirà l'opportunità di confrontarsi con pensatori, scrittori e artisti, creando un ponte tra territorio e universalità delle idee».
    Per la consigliera di Avs Valentina Cera «Marrone farebbe meglio ad impiegare le risorse per rispondere alle tante richieste lasciate senza ascolto delle persone più fragili, a partire da tutto il tema sociale della non autosufficienza, invece di continuare ad usare fondi pubblici, che appartengono ai piemontesi, per farsi i suoi festival pseudo-culturali (che servono solo a diffondere la sua ideologia) con gli amici». Sulle mura delle case popolari di corso Tazzoli e via Dina, sono apparsi i manifesti di Samsara: «Il tutto nella parte dedicata ai cartelloni politico-ideologici», sottolinea Ravinale. Che aggiunge: «Ho fatto accesso agli atti per conoscere i progetti di questi bandi e anche chi è rimasto fuori. E proporrò un emendamento nell'Omnibus che sostiene come i progetti sperimentali vanno bene, purché abbiano a che fare con materie ricomprese nei servizi sociali».
    E poi 50 mila euro a Vibrazioni e Paesaggi, progetto dedicato ai ragazzi per attività sportive e musicali (e presentato con l'onorevole di FdI Augusta Montaruli), 10 mila per la camminata non competitiva dalla Sindone alla Sacra organizzata dall'associazione Logos e Persona (che sul suo sito attacca Askatasuna e i preti pro eutanasia) e 6.570 per l'associazione Sentieri Tolkeniani, la cui finalità è «diffondere la visione antropologica, la spiritualità e i valori radicati nella cultura cristiana e cattolica» dell'autore tanto caro a Giorgia Meloni e a tutti i Fratelli d'Italia: i fondi sarebero serviti per costruire pannelli in braille durante la mostra alla Reggia di Venaria.
    Dura la replica di Marrone: «Che la sinistra non ritenga politiche sociali portare cultura e letteratura nelle periferie urbane e rurali del nostro Piemonte a contatto con cittadini estranei ai salotti buoni della Ztl non è una novità, tanto che in quei quartieri e territori rischia la marginalità quando non l'estinzione. Ma prendersela con associazioni che rendono leggibile in braille ai ragazzi non vedenti autori amati da tutto il pubblico solo perché si tratta di Tolkien – aggiunge l'assessore – mi sembra una meschineria senza precedenti. Magari preferirebbero la corazzata Potëmkin al posto del Signore degli anelli, ma dubito che avrebbe granché successo: risuonerebbe probabilmente il commento di fantozziana memoria». —

 

 

 

19.04.25
  1. BUCO BY SALVINI: Scontro ai vertici dell’Inps. Il presidente Gabriele Fava, il cda e la direttrice generale, Valeria Vittimberga, contestano la delibera con la quale il Civ, Consiglio di indirizzo e vigilanza dello stesso istituto, li sollecita a chiedere al governo un intervento, a carico della «fiscalità generale», per riportare nelle casse dell’inps 6,6 miliardi di euro che verrebbero a mancare in seguito ai ripetuti condoni («saldo e stralcio» delle cartelle fino a mille euro e fino a 5mila euro) decisi dai vari governi (Conte 1, Draghi, Meloni) che hanno riguardato non solo le tasse ma anche i contributi previdenziali evasi e notificati tra il 2000 e il 2015.

    Presidente, cda e direttrice generale, si legge in una nota, assicurano «che non esiste alcun “buco” nei conti dell’Inps e che, invece, le operazioni di eliminazione dei crediti contributivi sono state improntate al rigoroso rispetto» di norme e criteri contabili. «Nel corso degli anni - prosegue il testo - i crediti eliminati erano già stati opportunamente “svalutati” in quanto inesigibili». [...]
  2. Il processo d'appello al magnate svizzero per l'amianto a Casale Monferrato. I familiari delle vittime: "Speriamo che la Cassazione confermi"
    Eternit a Casale, altre morti prescritte Per Schmidheiny pena ridotta a 9 anni

    giuseppe legato
    adelia pantano
    L'impianto accusatorio della procura di Torino contro il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, condannato in primo grado a Novara a 12 anni e 6 mesi per la drammatica e silenziosa strage causata dall'amianto, ha retto anche di fronte alla Corte d'Assise d'Appello. La pena complessiva è stata ridotta dal collegio di togati e popolari a nove anni e sei mesi di carcere, ma il senso della contestazione (omicidio colposo plurimo) non è cambiato nel transito tra i due gradi di giudizio. Al vaglio delle toghe c'era l'ondata di morti a Casale Monferrato (Alessandria) provocata, secondo l'accusa, dall'amianto lavorato nello stabilimento locale della società. La fabbrica chiuse definitivamente nel 1986, ma gli effetti delle polveri killer si sarebbero – questa la tragica verità emersa in aula – trascinati nell'ambiente per decenni. La procura avrebbe voluto l'applicazione del reato di omicidio con dolo eventuale e, se questa tesi fosse stata accolta, per Schmidheiny sarebbe potuta arrivare una condanna all'ergastolo. I giudici d'appello, così come i loro colleghi di Novara, hanno optato per l'omicidio colposo.
    Nelle fasi iniziali erano contestati 392 decessi. In primo grado Schmidheiny fu riconosciuto colpevole di 147 casi e assolto da 46, mentre 199 furono dichiarati prescritti. Oggi l'imprenditore è stato assolto da altri 29 singole contestazioni di morte da amianto. La prescrizione è scattata per ulteriori 32. E così è maturato lo sconto di pena che non sposta comunque, come detto, il senso di quanto ipotizzato in aula dai pm Gianfranco Colace e Maria Teresa Giovanna insieme alla sostituta della procura generale sara Panelli.
    «I trionfalismi non appartengono all'ufficio del pubblico ministero» ha spiegato Lucia Musti, procuratore generale del Piemonte, che ha ascoltato la lettura del dispositivo accanto ai magistrati che hanno sostenuto l'accusa nelle varie fasi del procedimento. «Voglio aggiungere – prosegue – che la procura di Torino, la procura di Vercelli e la procura generale hanno lavorato bene, con scienza e coscienza». In aula c'erano, come sempre, decine di casalesi, questa volta insieme al presidente del consiglio comunale cittadino, Gianni Filiberti, in fascia tricolore. «La conferma della condanna è il dato più rilevante – afferma Bruno Pesce, dell'associazione dei familiari delle vittime – e ora speriamo che tenga anche in Cassazione».
    Ora la palla passa alla Cassazione e tutti in aula si sono augurati che l'attesa per celebrare questo processo non sia lunga visto e considerato che il cronometro delle prescrizioni sulle singoli morti di ex operai e abitanti di casale continua a scorrere inesorabilmente.
    Per i giudici di primo grado, il cui ragionamento ha trovato sponda nei colleghi di appello, «Schmidheiny aveva dimostrato di detenere tutti gli strumenti conoscitivi necessari per prevedere le incombenti morti dei lavoratori ed era ben consapevole della problematica legata alla diffusione delle polveri di amianto all'interno degli stabilimenti tanto da costituire organismi interni». Era deputato ad effettuare misurazioni sull'inquinamento aziendale. La soglia di attenzione è durata un anno tanto che le «osservazioni sono state fornite soltanto nel 1977 in occasione della redazione del primo rapporto». Poi basta, fine. Dicevano che «si era di fronte a uno stabilimento modello». Macché. L'inquinamento creato dalle fibre d'amianto a Casale è stato «estremo e insostenibile», scrivono i giudici. E il patron avrebbe «dovuto accorgersene in virtù di diverse segnalazioni prevenute in quegli anni». Tra tutte «quelle dell'Ispettorato del Lavoro di Alessandria che a partire dal luglio del '76 aveva comminato 67 prescrizioni sul tema della polverosità». Eppure – si legge in sentenza – di cose da fare per mitigare il rischio ce ne sarebbero state tante. Una lavatrice industriale – ad esempio – per lavare le tute degli operai «che avrebbe consentito di frenare una delle vie di circolazione delle polveri all'esterno della fabbrica quando i dipendenti rientravano nelle loro abitazioni ancora imbrattatati». Si è deciso invece di investire nel "Mulino di Hazemag" costruito – questo sì – dall'azienda e con ottimi risultati di profitto economico, «in un periodo in cui era certa la micidialità di grandi esposizioni a microfibre di amianto».
  3. Nel 1965 si è trasferito a Casale Monferrato: "Mia mamma spazzava sempre una polvere bianca"
    Carlo e la diagnosi dopo cinquant'anni "È come sentire la fine che ti rincorre"

    Giulia Di Leo
    Alessandria
    «È come sentire la morte che ti rincorre. Ero una bomba a orologeria e non lo sapevo». Carlo Cazzaniga aveva solo 7 anni quando da Monza è arrivato a Casale Monferrato: nel 1965 il padre era stato trasferito da una raffineria milanese a quella casalese La Maura, poi chiusa. «Ho il ricordo di una bella città, immersa tra le colline. Andavo all'oratorio, mi divertivo con gli amici. Percorrevo la strada di casa in bici e a piedi. Mi tornano alla mente il cinema, la Sinagoga stupenda, piazza Castello».
    Oggi ricordare è faticoso. Tutto quel bello è stato spazzato via da una parola: mesotelioma. A maggio dell'anno scorso Cazzaniga ha scoperto di avere la malattia dell'amianto, lui che alla fabbrica dell'Eternit – che a Casale aveva lo stabilimento più grande d'Europa – non si era mai avvicinato, nemmeno la sua famiglia. «Quando l'ho scoperto non ci credevo. Ci ho messo mesi per accettarlo. Ho incolpato mio padre, poi me la sono presa con Casale ma ho capito che non aveva senso». Sono bastati undici anni per ammalarsi, quelli delle scuole elementari, medie e del liceo, il Sobrero. Nel 1976 il servizio militare, poi il ritorno a Monza con la famiglia. Cazzaniga è diventato tecnico informatico. «Ho sempre lavorato in ufficio – ripercorre –, mai avrei pensato di ammalarmi. Un po' il timore c'era quando sentivo parlare di Casale: poi passavano gli anni e con loro anche la paura».
    Alla fine la diagnosi, cinquant'anni dopo. Gli oncologi dell'ospedale Niguarda di Milano hanno capito subito. «Non gli avevo detto di aver vissuto a Casale – confessa –, stupidamente, per non condizionarli. Quando l'ho ammesso, non hanno avuto dubbi: mi sono ammalato lì». Camminando per le vie di Casale, quella città in cui si era sentito coccolato e dove ha voluto tornare, virtualmente, con un post sulla pagina Facebook. Ha lanciato un appello ai coetanei, quelli della leva 1958, per sapere se qualcun altro stesse vivendo lo stesso dramma. Centinaia di like, commenti: cerca un Marchisio, in due rispondono che Mauro e Carlo sono morti. È una strage. «Qui bastava respirare», scrive Lella Carpenedo. Rintraccia un ex compagno, Carlo Balbo. Gli dice che un altro si è ammalato e, più o meno, in due su 25 che frequentavano il loro liceo hanno avuto o hanno il mesotelioma.
    È stata una catena di abbracci virtuali, amari. «Non è facile ripensare a quegli anni, allora sereni e ora così drammatici. Se non mi fossi mai trasferito a Casale, non mi sarei ammalato. E se mi fossi ammalato di un altro tumore, avrei potuto sperare di guarire. Andare via da quella città non è bastato per salvarmi. Me lo ripeto spesso, faccio fatica ad accettare questa sorte dolorosa: sembra così scientifica e programmata. Il mesotelioma era lì, pronto ad acciuffarmi».
    Dopo lo sconforto Cazzaniga ha provato a ricostruire. Ha preso Google Maps e ha guardato la distanza tra casa sua e la fabbrica: solo due chilometri e mezzo in linea d'aria, senza barriere per quella polvere che volava ovunque. All'improvviso un flash: «Vedevo mia mamma pulire continuamente il balcone per spazzare via una polvere bianca. Allora non sapevo cosa fosse, nessuno sapeva». Quando ha rimesso insieme i pezzi, si è arreso al destino. «Ho chiesto quanto mi resta da vivere: gli oncologi non lo possono prevedere. Così, oggi, continuo a combattere con la testa e col corpo».
  4. Inchiesta della procura e perquisizioni della Finanza sulla stazione appaltante della Regione. Iscritti il presidente Corio e la consigliera del cda Vitale
    "Pressioni indebite per favorire un' impresa" Indagati per concussione i due vertici di Scr

    andrea bucci
    giuseppe legato
    Un terremoto giudiziario si abbatte sulla principale centrale di committenza che supporta la Regione Piemonte nelle principali – e milionarie – gare pubbliche di opere e servizi, ossia Scr. Dall'altroieri mattina il presidente Domenico Massimo Coiro e il principale (in realtà anche l'unico dopo le dimissioni, alcuni mesi fa, di Daniele Borioli formalizzate los corso febbraio) membro del cda Raffaella Vitale sono indagati dalla procura di Torino per tentata concussione.
    Ieri mattina gli investigatori della guardia di Finanza si sono presentati, decreto alla mano firmato da un giudice per le indagini preliminari, in più sedi per effettuare una serie di perquisizioni. Hanno sequestrato diversi documenti, nonché ascoltato altre figure chiave della società di capitali interamente partecipata dalla Regione, nata nel 2007 con la missione di rendere la spesa pubblica più efficiente e ottimizzare le procedure per la scelta degli appaltatori pubblici nei settori chiave (infrastrutture, trasporti, telecomunicazioni e sanità). E proprio su quest'ultimo ambito si annidano i dettagli e il la genesi dell'inchiesta dei pm di Torino interni al pool che indaga sui reati contro la pubblica amministrazione. Secondo l'ipotesi accusatoria i due vertici di Scr indagati (Corio e Vitale) avrebbero cercato di concutere, quindi fare pressioni, su alcuni dipendenti della stessa partecipata regionale che avevano come obiettivo quello di favorire un operatore economico che aveva già in affido contratti di ristorazione su aziende del servizio sanitario regionale. Il "piatto" sul quale sarebbero cadute le pressioni è uno di quei super-lotti (milionari) che riguardano le mense di personale delle Asl e degli ospedali.
    L'indagine, con alta probabilità, è nata da un esposto che potrebbe essere stato inviato all'autorità giudiziaria o da alcuni dei dipendenti che in ipotesi d'accusa avrebbero subito delle pressioni a favorire un'impresa oppure da una stessa realtà imprenditoriale venuta a conoscenza di possibili trattamenti di favore verso i suoi competitor sulle forniture di servizi. Sia come sia l'inchiesta è agli albori, i contorni non sono ancora del tutto definiti ma è un fatto che ieri la Guardia di Finanza di Torino ha acquisito diverso materiale che passerà ora al setaccio dei controlli incrociati. Ci sono stati anche dei sequestri. Scr, va ricordato, un istituto centrale (e anche molto apprezzato) collabora con una vasta rete di enti e istituzioni sul territorio: dai comuni alle aziende, alle scuole e alle università, ma anche con enti e aziende sanitarie regionali. Svolgendo funzioni di centrale di committenza a supporto degli enti piemontesi nella gestione di gare pubbliche per beni, servizi e lavori, attraverso gare aggregate e singole, promuovendo acquisti centralizzati e procedure efficienti. —

 

 

 

18.04.25
  1. Sabato vertice Usa-Iran con Oman e Italia. Teheran vicina all'atomica
    Nucleare iraniano, colloqui a Roma
    Federico Capurso
    Roma
    Il difficile negoziato sul nucleare iraniano proseguirà a Roma, sabato prossimo, quando arriveranno nella Capitale l'inviato americano Steve Witkoff, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e quello omanita, Badr Albusaidi, accolti dal padrone di casa, Antonio Tajani.
    Il titolare della Farnesina è riuscito a evitare che il secondo giro di trattative, dopo quello in Oman del 12 aprile, saltasse a causa dell'indurimento delle posizioni di Washington e Teheran sul delicato tema dell'arricchimento dell'uranio. L'obiettivo dell'Italia, che gioca di sponda con la Casa Bianca, è quello di permettere all'Iran di proseguire la sua linea politica in Medio Oriente, magari allentando le sanzioni sul Paese, purché desista dall'idea di avere l'atomica. Un punto che invece, per gli iraniani, «non è negoziabile». D'altronde, quando ieri pomeriggio il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) Rafael Grossi è atterrato a Teheran per visitare i siti nucleari, ha constatato che l'Iran «non è lontano dall'avere la bomba atomica». E non vuole, quindi, rinunciare a pochi metri dal traguardo.
    La mediazione "indiretta" in questo momento è affidata all'Oman perché le parti, ufficialmente, ancora non si parlano. Eppure - risulta a La Stampa - cinque giorni fa a Muscat, la capitale omanita, al termine del primo round di negoziati Witkoff e Aragchi hanno avuto modo di confrontarsi faccia a faccia. Segno che il canale comunicativo, lentamente, inizia ad aprirsi.

 

 

17.04.25
  1. una pena di 5 anni e mezzo in un processo a porte chiuse
    Mosca condanna quattro giornalisti russi "Estremisti, collaboravano con Navalny"
    Mosca
    Non si ferma la morsa contro ogni forma di opposizione all'interno della Federazione russa. Un tribunale ha condannato 4 giornalisti per estremismo, accusandoli di aver lavorato per un gruppo anti-corruzione fondato da Alexei Navalny, e li ha condannati a 5 anni e mezzo di carcere ciascuno. I quattro - Antonina Favorskaya, Kostantin Gabov, Sergey Karelin e Artyom Kriger - sono stati giudicati colpevoli di coinvolgimento in un gruppo etichettato come estremista. Tutti e 4 hanno sostenuto la loro innocenza e affermano di essere stati perseguiti per aver svolto il loro lavoro di giornalisti. Il loro processo a porte chiuse rientra nella repressione delle autorità russe nei confronti del dissenso, che ha raggiunto una portata senza precedenti dopo l'invasione russa dell'Ucraina a febbraio del 2022. Le autorità hanno preso di mira esponenti dell'opposizione, giornalisti indipendenti, attivisti per i diritti umani e semplici cittadini russi critici nei confronti del Cremlino, imprigionandone centinaia e spingendone migliaia a fuggire dal Paese per evitare di essere perseguiti. —
  2. Milano, il tribunale: riscrivere i capi d'imputazione
    Santanchè, altro esposto contro Visibilia
    La procura di Milano aprirà un nuovo fascicolo d'indagine sul gruppo Visibilia, fondato da Daniela Santanchè. Ieri, proprio nel giorno della prima udienza del processo in cui i pm contestano alla ministra del Turismo e ad altri 16 imputati una serie di falsi in bilancio, dal 2019 al 2023, per presunte irregolarità nei conti delle società, l'imprenditore e socio di minoranza di Visibilia Editore, Giuseppe Zeno, ha depositato un nuovo esposto in cui mette in discussione l'operazione che avrebbe dovuto portare Wip Finance, società svizzera ora sotto indagine amministrativa nel Paese elvetico, ad acquisire il 75% del capitale di Athena Pubblicità, partecipata da Immobiliare Dani e dalla stessa ministra e che a sua volta controlla il 90% di Visibilia Editore. Prima di ipotizzare nuovi illeciti i magistrati procederanno con un fascicolo esplorativo, senza ipotesi di reato né indagati.
    Nel frattempo, però, nel corso del processo che si è aperto ieri, il Tribunale ha chiesto ai pm Marina Gravina e Luigi Luzi, coordinati dall'aggiunto Roberto Pellicano, di riformulare in vista della prossima udienza del 13 maggio i capi d'imputazione. Cioè di specificare ogni singola responsabilità per ciascuna annualità, per permettere ai giudici una valutazione più puntuale nel corso del dibattimento. And. Sir. —
  3. La finanza negli uffici di Deloitte, partner e fornitore di servizi del progetto olimpico
    "False fatturazioni" La nuova inchiesta su Milano-Cortina

    monica serra
    milano
    «Il nuovo amministratore delegato ha deciso di dare il sito per sei mesi alla... diciamo... irrisoria cifra di quattro milioni e mezzo a Deloitte», diceva intercettato il 23 aprile di un anno fa l'imprenditore Luca Tomassini all'ex numero uno della Fondazione Milano Cortina Vincenzo Novari, che aveva già lasciato il suo posto ad Andrea Varnier. Nessuno dei due sapeva di essere sotto inchiesta per corruzione e turbativa d'asta. «Se loro lo hanno dato obiettivamente a Deloitte a quattro milioni, voglio dire, per tre anni, che ne so... – rispondeva Novari – vuol dire che più o meno stiamo parlando di centomila euro al mese, no? Poi ti racconto che cosa c'è dietro…».
    Proprio per capire che cosa c'è dietro ieri gli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf sono andati negli uffici di Deloitte per l'audizione di manager e dipendenti del colosso di servizi di consulenza e l'acquisizione di documenti e contratti stipulati con la Fondazione in vista delle Olimpiadi del 2026.
    Si tratta del primo atto di una nuova inchiesta aperta dal pool Anticorruzione della procura di Milano, diretto dall'aggiunta Tiziana Siciliano, che questa volta ipotizza l'accusa di emissione di false fatturazioni. Un'inchiesta al momento senza indagati che si concentra su presunte fatture gonfiate da Deloitte nella sua doppia veste di partner esclusivo e sponsor del progetto olimpico Milano Cortina da una parte e fornitore di servizi di vario tipo (da quelli digitali alla revisione) dall'altra. Anche attraverso il già finito al centro delle indagini contratto «Pisa», ossia «Particularised Service Agreement», per circa 176 milioni di dollari che avrebbe provocato, segnala negli atti la Gdf, «un ingente stato debitorio in capo alla Fondazione».
    Il nuovo fascicolo nasce da uno stralcio di quello principale, aperto dai pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis, che si è impantanato a seguito del decreto legge con cui il governo, nel corso delle indagini, a giugno, ha ribadito che la Fondazione Milano Cortina non è un organismo di diritto pubblico ma una società privata. Una legge già contestata dai magistrati in sede di Riesame e definita «di una gravità inaudita» che di fatto stoppa ogni accusa di corruzione.
    In uno dei capitoli contenuti nell'informativa della Gdf all'epoca depositata dai pm emergeva la traccia della nuova inchiesta su presunte fatture false appena aperta dalla procura diretta da Marcello Viola. Si intitola «La seconda gara per i servizi digitali, il ruolo di Deloitte e il presunto giro di mazzette». E, nelle intercettazioni, a riferirsi «esplicitamente a verosimili fenomeni corruttivi», ponendo «l'attenzione su un giro di mazzette» che coinvolgerebbe «quantomeno un manager di Deloitte» era il dirigente della Fondazione Milano Cortina Massimiliano Zuco, anche lui indagato, mentre parlava dell'appalto tolto alla Quibyt, di Tomassini, e affidato al colosso ora finito al centro degli approfondimenti degli inquirenti: «Tutto sto giro qua si tiene intorno a Deloitte» si legge nelle intercettazioni. E ancora: «Si, butta trentamila euro e spendine quattro per far contenta Deloitte, ma come si fa?»; «La gara (di assegnazione del nuovo appalto, ndr.) è stata falsific... diciamo... gestita col cu...».
    Nelle intercettazioni, riassume la Gdf, si fa riferimento al «maggior costo per la Fondazione di quattro milioni di euro, dovuti dall'ente a Deloitte per produrre ex novo il sito - lavoro già svolto da Quibyt - e conseguentemente gestirlo». Un portale per di più definito «impresentabile» dagli stessi responsabili della Fondazione: «Preferisco il vecchio sito che il nuovo bacato – dice uno di loro – con questo facciamo una figuraccia». —
  4. Le aziende che spostano merci su ferro dopo la decisione dello stop alle attività dell'Autostrada Ferroviaria Alpina: "Danno economico e ambientale"
    Chiude la mini Tav, rivolta autotrasporto "Una follia logistica stoppare i Tir sui treni"
    leonardo di paco
    Lo stop alle attività dell'Autostrada Ferroviaria Alpina – progetto di trasporto intermodale che collega Italia e Francia attraverso il tunnel ferroviario storico del Frejus – metterà in seria difficoltà le aziende di logistica e trasporto merci.
    La decisione, dovuta al taglio dei finanziamenti da parte dei governi italiano e francese, ha interrotto un collegamento strategico per il traffico merci transalpino. Le imprese sono così costrette a deviare i propri carichi su percorsi stradali più lunghi e onerosi, come quello attraverso Ventimiglia. Il servizio era gestito da una società partecipata in parti uguali da Trenitalia e Sncf, attiva lungo la tratta tra i terminal attrezzati di Torino-Orbassano e Bourgneuf-Aiton, in Savoia.
    «Per noi il treno non era solo una scelta logistica: era la scelta giusta. Più sostenibile, più efficiente e decisamente più sicura, considerando che trasportiamo rifiuti pericolosi» spiega Francesca Doria, manager dei trasporti alla Star, azienda specializzata nel trasporto di prodotti chimici e rifiuti speciali. «Usavamo l'Autostrada Ferroviaria Alpina da anni, caricavamo a Orbassano per consegnare in diverse aree della Francia, soprattutto tra Lione e il nord del Paese, dove ci sono i siti di smaltimento. Era una rotta collaudata, fondamentale per la nostra attività».
    La sospensione definitiva del servizio ha colto tutti di sorpresa. «Dopo la frana del 2023, abbiamo continuato a usare la strada, ma aspettavamo la riapertura. I segnali erano positivi, ci dicevano che si sarebbe ripartiti. Invece no. »
    L'impatto si fa sentire su più fronti. «Certo, c'è una ricaduta ambientale, ma anche economica. Se si guarda al costo per tonnellata trasportata, la gomma è più cara. E poi c'è il tema della capacità: il treno ci permetteva di spostare volumi più grandi in un solo viaggio. »
    L'azienda sta ora valutando delle alternative. «Abbiamo saputo che alcuni servizi ferroviari merci sono ripartiti in direzione Parigi. Vedremo se sarà possibile integrarli almeno in parte nella nostra logistica. Ma resta l'amarezza per un'occasione persa: quel servizio funzionava, e noi eravamo pronti».
    Anche Enrico Falcioni, responsabile sviluppo commerciale di Marenzana Spa, azienda attiva nel trasporto di prodotti chimici liquidi – pericolosi e non – mette in evidenza i costi della chiusura. «Questa situazione ci penalizza fortemente. Il trasporto su gomma è più costoso, meno efficiente e limita i volumi. Prima, con l'intermodale, caricavamo quantità maggiori. Oggi siamo fermi al limite delle 40 tonnellate lorde su strada. »
    Ma non è solo una questione di numeri. «Trasportiamo rifiuti pericolosi: perossidi, solventi, sostanze acide. Alcuni – come i perossidi al 70% – non possono nemmeno transitare sotto il tunnel. Siamo costretti a deviare per Ventimiglia, allungando tempi e costi. Inoltre dobbiamo impiegare autisti, risorsa sempre più rara e difficile da reperire. »
    Anche l'ambiente paga un prezzo salato. «Una volta facevamo fino a 7 mila viaggi l'anno su treno. Ora quegli stessi viaggi sono tutti su strada. È un enorme passo indietro, sotto ogni punto di vista». I costi inevitabilmente aumentano «con il risultato che le aziende italiane stanno perdendo terreno sui mercati esteri».
    Alla difficoltà logistica si aggiunge l'incertezza comunicativa. «Non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione ufficiale da parte dell'Afa che confermi la chiusura definitiva. Siamo in contatto, ma finora non è stata indicata alcuna data per una possibile riapertura. E l'assenza di una data non significa che il servizio non tornerà. Però, intanto, ci tocca riorganizzare tutto da capo» rimarca Falcioni.
    «Dopo la frana, due anni fa, abbiamo già dovuto reinventare la logistica. Avevamo due terminal ben strutturati, uno a Orbassano e uno ad Aiton. Ci siamo ritrovati a dover tornare al trasporto su gomma, azzerando anni di lavoro su sostenibilità e riduzione delle emissioni». E conclude con amarezza: «Tutte belle parole, certo. Ma alla fine, l'unico treno che davvero faceva la differenza è stato lasciato morire » . —

 

 

 

 

16.04.25
  1. GAS RUSSO  FANTASMA OGGI :   Cominciano dall’ultimo anno pre-guerra in Ucraina. Partiamo dai numeri perché con quelli non si sbaglia mai. La Russia nel 2021 fornì il 38% del nostro fabbisogno di gas: 29 miliardi di metri cubi di metano. Nel 2022, primo anno di guerra, l’Italia era riuscita a diminuire fortemente la dipendenza da Mosca ma eravamo ancora lontani dall’autosufficienza e dall’indipendenza energetica.



    Avevamo ridotto al 18% la quota di import russo sul totale: a fine anno 2022 pompammo circa 13-14 miliardi di metri cubi di importazione russa dal punto di accesso della rete Snam a Tarvisio, in Friuli […].

    […] Appena cominciò l’invasione russa dell’Ucraina, l’Europa (con l’Italia in testa) ha immaginato un lungo piano di disimpegno dal gas russo diversificando i contratti di fornitura di metano.



    L’Italia decise di sostituire quella materia prima con il gas azero ed algerino via gasdotto e con grandi quantità di gas naturale liquido (Gnl) da rigassificare nei nostri impianti italiani.



    Il governo Draghi stipulò contratti di fornitura, per buona parte via gasdotto da Algeria e Azerbaijan (via Tap) e per la restante parte grazie alle forniture di Gnl firmate dall’Eni per conto dell’Italia con Qatar, Angola, Egitto, in piccola parte Mozambico e la stessa Algeria […]

    […] Si massimizzò anche la produzione delle centrali a carbone che ora si avviano a completo spegnimento per questioni ambientali. Con un piano di riduzione dei consumi che fu concordato con Bruxelles.



    […] Nei fatti la fornitura di metano della Russia verso l’Europa però non si è mai interrotta nonostante la chiusura della rotta ucraina che approvvigionava proprio l’Italia. Se lo stop alle forniture nel 2022 imponeva pesanti piani di razionamento a famiglie ed industrie, scenario che non si è verificato anche perché a Mosca è sempre convenuto da un punto di vista finanziario abbeverare l’Europa col metano (qui cosa scrivemmo all’epoca), ora la situazione sarebbe più tranquilla.

    E invece scopriamo che nel 2024 l’importazione di gas russo in Europa è aumentata del 18%, sostiene l’ultimo rapporto di Ember […] che evidenzia come questo dato confligga con l’obiettivo dichiarato da Bruxelles.



    […] Le importazioni di gas russo sono aumentate del 18% nel 2024 (da 38 a 45 miliardi di metri cubi), soprattutto a causa dell’aumento delle importazioni in Italia (+4 miliardi di metri cubi), in Repubblica Ceca (+2 miliardi di metri cubi) e Francia (+1,7 miliardi di metri cubi).



    E, secondo il think tank energetico globale con sede nel Regno Unito, le importazioni russe sono destinate a crescere nel 2025, rileva il Sole 24 Ore. La stessa Commissione ha annunciato lo slittamento a data da destinarsi della pubblicazione - prevista per il 26 marzo - della road-map verso lo stop all’import russo, anche visti gli attuali scenari di possibile tregua in Ucraina fortemente favoriti dalla presidenza Trump.

    […] L’aumento è stato in gran parte determinato dalle crescenti importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) russo. Questa tendenza continua nel 2025, con una media di 74,3 milioni di metri cubi al giorno di importazioni di gas russo a febbraio, con un aumento mensile dell’11%.



    Il gas di Mosca arriva in Europa a bordo delle cosiddette «navi fantasma». Una rete complessa (e segreta) di navi, armatori, porti e passaggi sicuri dominati da Paesi disposti a trattare con la Russia. Una rete opaca fatta di intermediari, di carichi nascosti privi di coperture contro i danni ambientali, polizze fantasma, trasbordi di metano liquido in mezzo agli Oceani da una nave all’altra. Una rete costituita da navi gasiere battenti bandiere di comodo, con triangolazioni in Europa tra Cipro e Malta (ne avevamo scritto qui tempo anche per le importazioni di petrolio bannate dalla Ue e gli Usa).


    Ci sono personaggi sconosciuti che hanno comprato navi vecchie per costruire questo mercato parallelo. Componendo una flotta «dark», che naviga nell’ombra. È il caso della Germania, che è riuscita ad aggirare il divieto di acquistare direttamente gas da Mosca, continuando ad importarlo attraverso altri porti europei.



    Tutto è reso possibile - dicono gli analisti di Ember - dalla mancanza di trasparenza. Alcune informazioni non vengono raccolte, altre che vengono reperite a livello nazionale non sono comparabili a livello europeo perché raccolte in modi diversi, o sono di difficile accesso, registra un’analisi del quotidiano di Confindustria.
    […] Ma anche le importazioni dalla Russia via gasdotto continuano, nonostante il mancato rinnovo dell’accordo di transito per l’Ucraina con la rete Uregony-Pomary-Uzhorod, avvenuto il primo gennaio 2025.



    Nel febbraio 2025 l’Unione Europea ha ricevuto 56 milioni di metri cubi al giorno di gas russo attraverso il gasdotto TurkStream, con un aumento mensile dell’11%. In totale, le importazioni di combustibili fossili russi da parte dei 27 hanno raggiunto 21,9 miliardi di euro nel 2024, superando i 18,7 miliardi di euro di aiuti finanziari forniti all’Ucraina.



    […] Nel 2025, il prezzo di riferimento del gas in Europa, il TTF (Title Transfer Facility), è circa il doppio rispetto ai livelli pre-crisi. Solo nel 2024 è aumentato del 59%, passando da 30 a 48 euro megawattora. Questo ha a sua volta spinto i prezzi dell’energia elettrica in Europa, con l’industria del vecchio Continente che - come messo nero su bianco nel rapporto Draghi - paga il doppio rispetto a Stati Uniti e Cina.

 

 

 

15.04.25
  1. Aponte vuole il controllo dei 43 porti contesi tra Pechino e Washington
    Il gruppo dell'armatore Gianluigi Aponte punta al controllo dei 43 porti di Ck Hutchison acquisiti da un consorzio guidato da Blackrock. Il gruppo Usa agli inizi di marzo ha annunciato l'accordo per acquisire il 90% di Panama Ports, a cui fanno capo i terminali di Balboa e Cristobal sui lati dell'Atlantico e del Pacifico del Canale di Panama, e dell'80% di Hutchison Ports Group, finito nel mirino dell'armatore italiano, secondo quanto riferisce Bloomberg. L'assetto potrebbe favorire il via libera della Cina che, nel frattempo, ha bloccato la transazione del controvalore di 22,8 miliardi di dollari per il ruolo avuto dagli Usa, impegnati su spinta del presidente Donald Trump, a strappare il controllo - a detta del tycoon - a Pechino di un'infrastruttura realizzata dall'America agli inizi del '900. Secondo la ricostruzione di Bloomberg, in base a fonti vicine al dossier, Terminal Investment Ltd (TiL) della famiglia Aponte, con sede a Ginevra, sarebbe destinata a essere l'unica proprietaria dei porti una volta completata la vendita, tranne che per i due di Panama che resterebbero a BlackRock. Che, attraverso la sua Global Infrastructure Partners, avrebbe il 51% di Panama Ports, mentre a TiL il residuo 49%. Le strutture lungo la via d'acqua strategica, oggetto dello scontro tra Usa e Cina, rappresentano circa il 4% del valore totale dell'accordo. —
  2. La procura apre un fascicolo dopo la sollecitazione di un docente. La ministra del Lavoro: "Sono serenissima"
    Le tappe della vicenda
    Calderone, inchiesta sulla laurea quelle tante ombre sui 110 e lode
    irene famà
    roma
    La laurea sprint della ministra Marina Calderone finisce al vaglio della procura di Roma. Il titolo in Economia aziendale conseguito nel 2016, a cinquantuno anni, alla Link Campus della Capitale, gli esami, così racconterebbero i certificati, sostenuti anche due al giorno, anche di domenica, sollevano alcune perplessità. Dopo un esposto, i magistrati di piazzale Clodio hanno formalmente aperto un fascicolo, al momento senza indagati ed ipotesi di reato. La ministra si dice serena: «Per me la storia finisce qui». Poi attacca e minaccia querele: «A questo punto ho il dovere di procedere per diffamazione per ogni malevola illazione contro di me».
    A sollecitare accertamenti, dopo alcuni articoli de "Il fatto quotidiano", è stato il professor Savero Regasto, docente di diritto pubblico comparato a Brescia, che ha presentato un documento di quattro pagine. «Ho chiesto di fare chiarezza su una vicenda che, a leggere sul giornale, mi è sembrata piuttosto singolare», dice. E nell'esposto sottolinea, punto per punto, gli aspetti poco limpidi del percorso di studi della ministra del Lavoro. In particolare i titoli acquisiti nel 2012 e nel 2016. Centodieci e lode in entrambi i casi.
    Calderone ha studiato all'ex "Libera università di Malta", finita in passato al centro di alcune vicende giudiziarie legate alle "lauree facili". Non solo: studiava e insegnava. Così si legge nella querela: «Nel periodo in cui frequentava l'Ateneo in qualità di studentessa, Calderone pare aver ricoperto incarichi di docenza in Università». La stessa Università in cui suo marito, «oggi presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, era sia nel Consiglio d'amministrazione della Link sia titolare di un contratto di docenza con Link Campus». Per di più, almeno così dicono, per l'iscrizione avrebbe pagato pochissimo.
    Altro punto interrogativo. «La laurea triennale dichiarata dall'onorevole Calderone, titolo necessario per l'accesso al percorso universitario successivo, non compare nell'Anagrafe nazionale studenti del ministero dell'Università e della Ricerca». Perché?
    La parola ora passa ai magistrati, al pool coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe De Falco, che dovranno valutare se proseguire negli accertamenti, riconoscere un possibile falso e l'eventuale intervenuta prescrizione o propendere per una archiviazione del fascicolo. Se decidessero di andare avanti, gli inquirenti, come da prassi, acquisiranno in università libretti, attestati e altri documenti relativi al corso di studi di Calderone. E raccoglieranno informazioni sulla presenza della ministra in Ateneo e in che ruolo.
    «È erroneo e fuorviante affermare che la Procura ha aperto un'indagine - dichiara l'avvocato della ministra, il penalista Cesare Placanica - Per la Procura il contenuto dei fatti descritti nell'esposto è stato considerato privo di ogni rilevanza sotto il profilo penale. E se non c'è il reato non c'è e non può esserci l'indagine».
    La ministra continua a respingere accuse e insinuazioni mentre si accende la polemica politica su questioni di opportunità ed eleganza. Da Fratelli d'Italia arriva piena solidarietà solidarietà a Calderone. «È un tentativo di denigrazione, una campagna diffamatoria», dicono. «Si vuole inficiare il suo operato». E ancora. «Calderone sta portando avanti un'importante attività per tutto il mondo del lavoro e continuerà sul percorso tracciato fino a oggi dal governo», aggiunge Walter Rizzetto, deputato di FdI e presidente della commissione Lavoro della Camera.
    Dal Partito Democratico, invece, chiedono chiarimenti. «Nel question time di tre settimane fa, la ministra non ha chiarito un bel niente», dichiara Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera. «Ha solo fatto la vittima, parlando di dossieraggio».
  3. SAVERIO REGASTO Il professore che ha presentato l'esposto
    "Difendo l'immagine degli Atenei non è una questione personale"
    Il professor Saverio Regasto è docente di lungo corso. Da oltre vent'anni. A Brescia, dietro la cattedra di diritto pubblico comparato, insegna con passione, come se fosse una missione. E al buon nome del sistema universitario italiano, spiega, ci tiene «particolarmente». Al punto da presentare un esposto sulla vicenda della discussa laurea della ministra del Lavoro Marina Calderone.
    Come mai questa scelta?
    «Non volevo che questo caso finisse nel dimenticatoio. Non tanto la questione relativa all'onorevole».
    E quale allora?
    «La possibilità che venga danneggiata l'immagine del sistema universitario italiano. Questa è la ragione profonda per cui ho presentato il documento».
    Solo e unicamente una questione d'immagine?
    «Non ho voglia di sentire chi dice che esiste l'università tal dei tali che regala lauree, che in un Ateneo si fanno gli esami a crocette, che in un altro ancora il professore guarda le gambe alle studentesse».
    I maligni potrebbero insinuare una questione di rancore. O comunque privata.
    «Assolutamente no».
    Conosce la ministra?
    «L'ho incontrata una volta sola a Brescia, tanti anni fa. Sarà stato il 2011 o il 2012. Lei sicuramente non si ricorderà di me».
    Che occasione era?
    «All'epoca era presidente del consiglio dei Consulenti del Lavoro e io ero direttore di dipartimento. Mi pare si trattasse di un convegno, di un incontro».
    Cosa vi siete detti?
    «Ci siamo salutati, presentati, stretti la mano. Punto E, per quelle quattro battute che abbiamo scambiato, l'ho trovata una persona molto deliziosa. Però no, non conosco lei, non conosco il marito. E non conosco nemmeno nessuno alla Link. Il punto è un altro».
    Quale?
    «Dopo che il caso è stato sollevato da alcuni articoli di giornale, nessuno mi pare abbia preso posizione. Anzi sulla vicenda è calato il totale silenzio».
    Nell'esposto ha allegato anche quattro decreti ministeriali. Di cosa si tratta?
    «Sono i decreti che riguardano le varie fasi di riconoscimento della Link: è passata da università totalmente privata che rilasciava titoli non riconoscibili a università straniera che rilasciava titoli che potevano essere riconosciuti a università privata legalmente riconosciuta».
    Cosa non la convince della vicenda della ministra Calderone?
    «Mi creda, spero davvero per lei che sia tutto in regola e che abbia conseguito la laurea seguendo i percorsi previsti. Gli esami al sabato e alla domenica, come ho letto, sono però quantomeno inusuali». i.fam. —
  4. Viaggiavano senza pagare con Tirrenia: 40 funzionari pubblici e militari accusati di corruzione
    Biglietti gratis, anche due magistrati indagati
    VALENTINA CAROSINI
    GENOVA
    Viaggi gratis, un'ottantina di biglietti omaggio per Sardegna o Sicilia, carte gold da utilizzare a bordo di traghetti della Cin-Tirrenia per un valore di 20 mila euro. Destinatari, una quarantina tra alti funzionari di prefetture italiane, forze dell'ordine, militari e anche due magistrati. Ora accusati di corruzione. È quanto emerge dall'inchiesta della procura di Genova nel fascicolo che vede iscritti una quarantina di soggetti che avrebbero ricevuto benefit e viaggiato gratis a bordo di motonavi su offerta della compagnia. Un filone bis nato da un'inchiesta principale partita nel 2023 e legata invece a presunte violazioni ambientali nelle emissioni dei traghetti di Cin, la Compagnia Italiana di Navigazione. E che giovedì scorso aveva portato al sequestro di tre navi. Per questa prima tranche sono 13 i soggetti per i quali il pm Walter Cotugno ha chiesto due misure cautelari ai domiciliari e undici misure interdittive tra funzionari portuali e dipendenti della società di navigazione, accusati di frode in pubbliche forniture, falso e corruzione nell'esercizio della funzione. L'ipotesi dopo verifiche sul contratto tra Cin e il Mit per il servizio sulla Genova - Porto Torres a fronte del quale la società di navigazione percepisce risorse pubbliche e per cui avrebbe impiegato navi della flotta prive dei requisiti previsti dalla normativa internazionale in materia ambientale. In particolare motori o componenti manomessi, risultati conformi tramite operazioni fraudolente, per consentire di evitare il fermo della navigazione delle navi. Tra gli iscritti a vario titolo nel filone principale figurano ammiragli ed ex addetti o vice segretari della Difesa, ma anche dirigenti di alcune capitanerie di porto tra cui Venezia o Civitavecchia. Gli atti legati ai due magistrati del filone bis invece sono stati trasmessi a Torino, per competenza territoriale. —
  5. La partigiana celebrata da re Carlo "Eravamo patrioti, lottavamo per tutti"
    "

    Paola Del Din
    Noi c'eravamo dimenticati di lei. Ma non Re Carlo III d'Inghilterra: «So che in questo giorno stiamo tutti pensando a Paola, che ora ha 101 anni. Rendiamo omaggio al suo coraggio».
    Paola Del Din, nata a Pieve di Cadore nel 1923, partigiana della Brigata Osoppo e Medaglia d'Oro al Valor Militare. Si era appena laureata in Lettere all'università di Padova, quando decise di prendere parte alla Resistenza con il fratello Renato. Ma il fratello venne ucciso a Tolmezzo, pochi mesi dopo. Ecco l'origine del nome di battaglia: «Renata». Staffetta partigiana. Raggiunse gli Alleati a Firenze per consegnare documenti strategici, lì chiese di poter frequentare un corso per paracadutisti. Perché paracadutarsi era il modo più veloce per tornare nella sua terra ancora occupata dai nazifascisti. Fu addestrata dal Soe, lo Special Operations Executive britannico. Era la prima donna paracadutista italiana a fare un lancio in guerra. «Missione Bigelow», così si chiamava quel volo. Ecco perché gli inglesi si ricordano di lei.
    Signora Del Din, qual è il ricordo più indelebile della partigiana Renata?
    «Veramente noi ci sentivamo e ci chiamavamo Patrioti, titolo, secondo me, più nobile di Partigiani. Il Patriota combatte per tutti, il Partigiano solo per la sua parte».
    Quando decise, esattamente, di prendere parte alla Resistenza?
    «L'8 settembre 1943, dopo il comunicato radio di Badoglio».
    Era il 9 aprile 1945 quando fu aperto sotto ai suoi piedi il portellone dell'aereo. Di quel primo lancio cosa ricorda?
    «Finalmente riuscivo a tornare in Friuli, dove ancora si combatteva e si combatterà fino a maggio inoltrato e dove mi auguravo che ci fosse, ancora viva, nostra madre. E lo era, seppure dopo essere stata messa in prigione dai tedeschi come ostaggio per noi figli».
    Ha ancora memoria del dolore di quando si fratturò la caviglia all'atterraggio?
    «Veramente al momento non mi ero accorta del male alla caviglia, il dolore al torace era stato fortissimo, come un'esplosione interna. Colpa mia: mi ero dimenticata di levarmi i guanti di lana e le corde del paracadute mi scivolavano tra le mani. Però non potevo fermarmi».
    Lei fu addestrata dalle forze britanniche. Può raccontarci un aneddoto di quella fase della sua vita?
    «La torre che serviva per prova di lancio era collegata, con una lunga corda sulla quale scorreva una carrucola, a un grosso albero: bisognava lasciarsi cadere al momento giusto – ma proprio in quell'istante preciso – per evitare l'albero».
    Sapeva che re Carlo III d'Inghilterra l'avrebbe ricordata nel suo intervento alle Camere riunite come emblema della guerra di Liberazione?
    «Assolutamente no, mi ha sorpreso e emozionato».
    Che effetto le ha fatto quel riconoscimento?
    «Ho pensato che, dato che io sono ancora viva, servisse a dare maggior riconoscimento al sacrifici vissuti da tanti».
    Dopo la guerra, lei si è dedicata all'insegnamento: cosa ha imparato fra gli studenti?
    «Che bisogna avere il coraggio e la forza di guidarli per fare bene e per prepararsi anche alla vita».
    Oggi molti ragazzi e ragazze sono smarriti. Cosa pensa di questo presente di nuovo in guerra?
    «I giovani sono molto smarriti perché sono troppo ridotti al solo materiale, non hanno ideali che li sorreggano e vogliono avere tutti i comodi. Ma è compito dei genitori o di chi li guida di insegnare loro che purtroppo le guerre possono sempre esserci tra gli Stati come nelle società».
    Qualcuno dice che non esistono «guerre giuste». Ma la guerra partigiana contro il nazifascismo lo è stata. Cosa pensa di quello che sta succedendo in Ucraina?
    «Un orrore! ».
    Che fare?
    «Io mi ricordo che quando ero ragazzina i capi di Stato andavano a discutere con Hitler, cercavano di trattare e lui diceva che quell'ennesima cosa abominevole sarebbe stata l'ultima e poi sarebbe andato tutto a posto. Ma intanto continuava a fare quello che aveva deciso, cioè quello che voleva lui. La diplomazia va bene. Ma da sola non basta».
    Qual è stato un giorno felice della sua vita?
    «Quello del mio matrimonio. Quando ho sposato un uomo al quale ho voluto molto bene. Era un uomo molto serio e molto colto, buono e generoso. Oncologo, un medico che non stava a guardare le ore. Faceva il suo lavoro. Era sempre in ospedale. È morto a 93 anni».
    Viene spesso citata una sua frase sull'operazione Gladio – ovvero spionaggio della Cia e strutture paramilitari degli Stati Uniti in Italia contro un eventuale attacco delle forze del Patto di Varsavia – è la frase in cui lei dice: «Pur non avendone fatto parte, io non mi sono mai sentita di esprimere un giudizio negativo». Ha ricevuto molte critiche. Lo direbbe ancora?
    «Si, certo! È stata logica conseguenza di quello che abbiamo operato con la Osoppo».
    Come definirebbe la sua vita attraverso due secoli di Storia?
    «Non noiosa. Perché ho sempre trovato da fare e da costruire».
    Ha un rimpianto?
    «Di aver perso mio fratello così presto. Era il 25 aprile 1944».
    Come immagina quello che verrà dopo?
    «Fammi indovina e ti farò ricco!». —
  6. La giunta Cirio approva la variazione. Chiesta all'Agenzia delle Èntrate la possibilità di non tassare i rimborsi spese da 3.500 euro per Porchietto e Preioni
    Sottosegretari, verso l'aumento di stipendio Dal bilancio 300 mila euro in più per lo staff
    giulia ricci
    Trecento mila euro in più per il proprio staff e il lavorìo per un aumento di stipendio. La giunta accontenta i sottosegretari Claudia Porchietto e Alberto Preioni nella variazione di bilancio, ma si alza il malumore tra i consiglieri (anche di maggioranza).
    Era la fine della scorsa legislatura quando il centrodestra fece approvare una legge ad hoc per istituire la figura dei sottosegretari, sulla scia di quanto fatto già in altre Regioni, che avrebbero dovuto essere il collante tra la giunta e il Consiglio. Il paradosso, però (salvo un cambio di regolamento in fase di discussione già da tempo), è che i due non possono votare, ma soprattutto non possono intervenire al posto degli assessori (spesso assenti) nelle sedute di Palazzo Lascaris. La ex parlamentare di Forza Italia e l'ex capogruppo della Lega si vedono quindi raramente in via Alfieri, dove spesso andrebbero anche dipanate le trattative tra i vari partiti su proposte di legge, mozioni e ordini del giorno. Il loro sembra quindi essere più un ruolo di rappresentanza su vari tavoli, dall'automotive al Vco.
    In compenso, a breve i due sottosegretari potrebbero guadagnare di più anche degli assessori. Cinquemila euro di indennità, più mille euro di indennità di ruolo e 3.500 euro mensili di rimborso spese forfettizzate. Queste ultime, a differenza di quanto viene previsto per legge per gli eletti, vengono loro tassate. Porchietto, però, avrebbe fatto chiedere un parere alle Agenzie delle Entrate per ricevere lo stesso trattamento dei consiglieri (e quindi senza tassazione). Gli stipendi dei due sottosegretari, che originariamente dovevano essere quattro, ad oggi non ricadono però formalmente sul bilancio perché compensate dal taglio di tre consulenti in capo al presidente della giunta, Alberto Cirio.
    La nuova variazione di bilancio approvata nella penultima riunione dell'esecutivo, però, ha cambiato le carte in tavola. Quel che non era previsto, infatti, era un budget per lo staff dei sottosegretari. Inizialmente, qualche risorsa era stata recuperata comunque tagliuzzando (e scontentando) i bilanci degli assessori, una soluzione che però era stata definita pro tempore e sarebbe dovuta durare fino a giugno. I malumori sempre più accesi all'interno dell'esecutivo avrebbero poi fatto propendere, in un primo momento, su un'altra soluzione: trovare delle risorse dal bilancio previsionale approvato a gennaio. Nello stesso emendamento, però, era anche previsto l'adeguamento Istat per i compensi dei consiglieri; un adeguamento bloccato sul nascere dallo stesso Cirio. Di conseguenza, addio anche al budget per lo staff dei sottosegretari.
    Una settimana fa, la soluzione: trecentomila euro nella variazione di bilancio, con una modifica al comma 3 della legge 39 del 1998 che parla delle «risorse finanziarie necessarie all'utilizzo del personale addetto agli uffici di comunicazione della Giunta regionale». Se prima l'importo complessivo era di 2 milioni e 800 mila euro, ora si va a 3 milioni e 100 mila euro. Il tutto accordando qualche risorsa in più per i partiti di maggioranza che non hanno scelto un sottosegretario (e quindi, in particolare, Fratelli d'Italia).
    Una decisione della giunta che, però, non è scontato passi in Consiglio regionale, dove si registra più di un sopracciglio alzato, non tanto per l'aumento in sé, quanto per l'effettiva funzione delle nuove figure. Di certo, a dare battaglia saranno le opposizioni: «Al momento – attacca il M5S – pare siano utilizzati esclusivamente per presenziare ad inaugurazioni in pompa magna. Si tratta dell'ennesima beffa per una Regione sempre più assimilabile all'ufficio di collocamento del centrodestra». Il capogruppo di FI Paolo Ruzzola, invece, difende la scelta: «Corretto che i sottosegretari, per poter lavorare con efficacia, possano contare su un minimo di segreteria o staff». —
  7. Nei guai Luigi Travaglia. Coinvolto anche il pluripregiudicato Moscatiello
    Fatturava lavori edili mai eseguiti frode al Fisco da oltre
    cinque milioni
    caterina stamin
    Per anni ha fatturato con la sua ditta lavori edili. Ristrutturazioni di tetti, facciate, terrazzi per un totale di oltre 2,2 milioni di euro. Peccato che fossero fittizi: nella realtà non aveva eseguito quasi nessuno di quei lavori. Oltre a guadagnarci, l'imprenditore dal genio criminale ha permesso ad altre otto società di evadere le tasse. E non solo: ha anche affidato una parte dei guadagni illeciti a un altro soggetto - già noto alle forze dell'ordine perché ha precedenti per omicidio - che aveva il compito di riciclare i compensi illeciti. Nei guai è finito Luigi Travaglia, titolare della ditta che porta il suo nome: assieme ad altri 9 colleghi è accusato di aver occultato al Fisco oltre 5 milioni di euro.
    A scoprire il giro d'affari è stata la Guardia di Finanza, con l'operazione denominata "Cash flow". Tutto è iniziato da una verifica fiscale sulla C.l.t. di Travaglia Luigi: i militari hanno scoperto che la ditta, in soli quattro anni, aveva evaso più di 2,8 milioni di euro. Ed era anche riuscita a ottenere - senza averne diritto - un finanziamento pubblico di 25 mila euro garantito alle piccole e medie imprese.
    In pratica, la società eseguiva piccoli lavori in alcuni condomini. Ma fatturava importi molto più alti. Tutte le altre prestazioni - effettuate per otto società del Torinese e per un'altra ditta individuale - erano false, non esistevano. Sul conto della ditta risultavano accrediti per circa 4,4 milioni di euro che, quasi in contemporanea, venivano prelevati in contanti. In questo modo, i titolari delle società coinvolte riuscivano a evadere le imposte per circa un milione di euro.
    Sarebbe coinvolto nel giro anche Gianluca Moscatiello, pluripregiudicato con precedenti per omicidio, associazione per delinquere, ricettazione e riciclaggio: avrebbe ricevuto da Travaglia circa 400 mila euro, ovvero parte dei proventi derivanti dalle finte fatturazioni, poi reimpiegati in attività economiche come noleggio di auto e ristorazione.
    Alla fine, il tribunale di Torino ha disposto l'obbligo di dimora per Travaglia e, insieme ai nove rappresentati legali delle aziende coinvolte, anche un sequestro preventivo di circa un milione di euro. Le loro società sono state segnalate e i rappresentanti sono anche stati denunciati per diversi reati fiscali. Nei confronti di Moscatiello è stato emesso un ulteriore decreto di sequestro preventivo, con cui sono state sottratte diverse somme di denaro e nove autovetture. Sulla base di una proposta attivata dalle Fiamme gialle, l'autorità giudiziaria ha avanzato al giudice anche la richiesta di liquidazione giudiziale dell'impresa edile indagata. —

 

 

14.04.25
  1. Le clausole, le sospensioni e i prestiti Come funzionano le regole sul debito
    l1Come funziona lo scorporo delle spese per la Difesa previsto dal piano ReArm Europe?
    Il nuovo Patto di Stabilità prevede due tipi di clausole di salvaguardia. Quella generale sospende l'applicazione delle regole per tutti i Paesi e per tutti i tipi di spese, ma viene attivata soltanto in caso di una grave recessione (come successo durante il Covid). La riforma ha poi introdotto una clausola su base nazionale, che consente a un Paese di deviare dal proprio percorso di aggiustamento, a determinate condizioni e con una serie di limiti ben precisi.
    l2È questa la clausola da usare per le spese militari?
    Sì, la Commissione ha chiesto ai governi di attivarla per poter ottenere la flessibilità necessaria ad aumentare le spese per la Difesa. Dopodiché la Commissione esaminerà la richiesta e proporrà al Consiglio di approvarla: l'ultima parola spetta quindi agli altri governi.
    l3Su quali basi si può chiedere di applicare la clausola?
    Sono necessarie tre condizioni: devono esserci "circostanze eccezionali" al di fuori del controllo dello Stato, queste circostanze devono avere "un impatto significativo sulle finanze pubbliche" nazionali e la deviazione prevista non deve compromette la sostenibilità di bilancio a medio termine.
    l4Quali sono le spese che si possono scorporare?
    C'è un elenco ben preciso, quello previsto dal capitolo "Difesa" della Classificazione internazionale della spesa pubblica per funzione (Cofog).
    l5In caso di via libera, come funziona lo scorporo?
    L'attivazione della clausola consente di escludere dal calcolo della spesa pubblica tutte le spese e tutti gli investimenti "aggiuntivi" nel settore della Difesa, laddove il concetto di "aggiuntivi" è relativo al loro incremento rispetto ai livelli del 2021.
    l6A quanto ammonta la flessibilità di cui si può godere e fino a quando?
    La Commissione ha proposto di fissare un tetto massimo in termini di spesa pari all'1,5% del Pil. Se gli Stati interessati seguissero questa strada, secondo la Commissione si potrebbero mobilitare 650 miliardi di euro in più nel campo della Difesa. Lo scorporo avrebbe una durata di quattro anni.
    l7E al termine di questo periodo che succede?
    La Commissione dice che gli Stati "dovranno prepararsi a sostenere un livello di spesa strutturalmente più elevato dopo tale periodo quadriennale" attraverso "una graduale ridefinizione delle priorità all'interno dei rispettivi bilanci nazionali, al fine di salvaguardare la sostenibilità" dei conti pubblici. Detto diversamente: il peso di quelle spese, tra quattro anni, verrà preso in considerazione.
    l8Entro quando bisogna attivare la clausola di salvaguardia.
    La Commissione ha chiesto agli Stati di farlo entro aprile. Non è una scadenza fissa perché, in teoria, ogni Paese può farlo in qualsiasi momento. Ma Bruxelles vuole che i governi lo facciano tutti insieme, in modo coordinato, anche per evitare eventuali ripercussioni negative sui mercati. E soprattutto perché, come ha ricordato Valdis Dombrovskis al termine dell'Ecofin di sabato, c'è una "urgenza". MA. BRE. —
  2. sensori per tracciare i movimenti
    "La Russia spia sommergibili britannici" L'ambasciatore a Londra non smentisce
    L'ambasciatore russo in Gran Bretagna, Andrei Kelin, non smentisce le accuse rivolte alla Russia di aver piazzato dei sensori in mare nel tentativo di tracciare i movimenti dei sommergibili nucleari britannici. Lo riporta la Bbc dopo un'intervista al diplomatico. L'ambasciatore Kelin si è limitato a sostenere che non si tratta di una minaccia per Londra. «Non lo negherò ma mi chiedo se abbiamo davvero interesse a seguire tutti i sottomarini britannici dotati di vecchie e obsolete testate nucleari. Tutte queste minacce sono estremamente esagerate», ha dichiarato Kelin. Secondo il Times, Mosca avrebbe piazzato sensori per tracciare i movimenti dei quattro sommergibili britannici Vanguard armabili con missili nucleari. «Nego l'esistenza di minacce per il Regno Unito», ha detto l'ambasciatore russo. «Questa minaccia è assolutamente un'invenzione, non esiste nessuna intmidazione al Regno Unito da parte della Russia». Giu.Agl. —
  3. Pubblicati gli esami medici del tycoon dopo test e 14 visite specialistiche: «La sua condizione mentale senza anomalie»
    Le cartelle cliniche del presidente: "Sta in forma Le vittorie a golf lo aiutano, il colesterolo è calato"
    corrispondente da washington
    Il presidente Trump gode di salute "eccellente", le funzioni neurologiche e fisiche sono robuste, bene funzionano cuore e polmoni. A contribuire al suo benessere è il suo stile di vita attivo, fra cui vengono citati gli incontri continui, le apparizioni in pubblico, le interazioni con la stampa e le sue «frequenti vittorie nelle partite di golf».
    È questo il sunto degli esami medici cui il leader statunitense si è sottoposto mercoledì al Walter Reed National Military Medical Center dove è stato sottoposto a test e visite da ben 14 specialisti.
    La Casa Bianca ha diffuso ieri mattina, come aveva anticipato lo stesso Trump, il comunicato con i risultati dei test di laboratorio, gli esami strumentali e le cure cui attualmente è sottoposto il presidente statunitense.
    Salute di ferro a scorrere il riepilogo. Nessun valore fuori norma fra i lipidi con il colesterolo a 140 (limite 200) e i trigliceridi ampiamente sotto la soglia. Nessun cenno di diabete.
    Trump ha sempre sofferto di colesterolo alto, imputato dai suoi medici, anche ad un'alimentazione cui non difetta l'abbondanza di hamburger e patatine.
    Non sono inoltre evidenziate anomalie al cuore e nemmeno all'apparato digerente o al sistema muscolare e motorio.
    Nel luglio del 2024 Trump si era sottoposto a una colonscopia che aveva rivelato un polipo benigno e una diverticolite. Il prossimo controllo in questo campo avverrà fra tre anni. Nello storico, i medici evidenziano, oltre a indici di colesteroli elevanti per i quali prende due statine (Rosuvastatin ed Ezetimibe), anche allergie stagionali.
    C'era soprattutto attesa per i risultati del test cognitivo. Trump venerdì sera sull'Air Force One aveva tranquillizzato i reporter al seguito: «Penso di essere andato bene», aveva commentato.
    Nel referto si legge che «non sono state trovate anomalie nel suo stato mentale» e che le «funzioni cognitive, valutate seguendo il Montreal Cognitive Assessment (MoCA) sono normali».
    Trump ha totalizzato un punteggio di 30 su 30. Qualche lesione di natura benigna sulla pelle, ma che «non destano alcuna preoccupazione» ma per le quali continua a prendere una pomata. Il presidente – si rende noto – è vaccinato e ha le immunizzazioni richieste - e aggiornate - per i viaggi all'estero.
    Quello di ieri è il più completo screening medico diffuso da Trump durante la sua presidenza.
    Generalmente la Casa Bianca si limitava a segnalare che il presidente era in ottima forma ma non aveva mai pubblicato dettagli e particolari dei test clinici e di laboratorio cui il presidente e lo scorso anno il candidato Trump si era sottoposto.
    La questione della salute dei presidenti è diventata particolarmente sensibile nel corso dell'ultima campagna elettorale quando lo staff dell'ex presidente Biden venne accusato di poca trasparenza sulla salute del leader e di nascondere il deterioramento delle condizioni cognitive. Diversi libri, fra cui l'ultimo intitolato Fight scritto da Jonathan Allen ed Amie Parnes, hanno rivelato come attorno a Biden fosse stata creata una cortina di protezione e di come diversi deputati e senatori democratici che avevano incontrato Biden dal 2023 e sino al luglio del 2024 avevano evidenziato preoccupanti vuoti di memoria. alb. sim. —

 

 

 

 

 

 

13.04.25
  1. Torino, detenuta da quattro mesi con una diagnosi di schizofrenia paranoide È assistita solo dalle compagne di cella: "Deve uscire, qui dentro rischia"
    "Invalida al 100% ma chiusa in carcere Ha bisogno di aiuto"
    I legali della donna
    elisa sola
    Torino
    Lo hanno ribadito più volte la Corte di Cassazione e la Corte europea per i diritti dell'uomo. Le persone gravemente malate non possono stare in carcere. L'esecuzione della pena «non può trasformarsi in una condizione inumana e degradante». E nessuno può annientare la soglia minima della «dignità di una persona».
    Eppure, nel carcere di Torino, da quattro mesi vive, o cerca di sopravvivere, una donna invalida al 100 percento. Ha 50 anni. È affetta da una forma grave e non curabile di schizofrenia paranoide. Ormai da dieci anni l'Inps ha dichiarato che è inferma. Totalmente. Il tribunale di sorveglianza di Torino, per due volte, ha ordinato che la detenuta venga liberata e collocata in una struttura dove possa essere curata. Anche perché «non è pericolosa socialmente», hanno scritto i giudici. È una donna inoffensiva e malata. Con un passato difficile trascorso in parte sulla strada. Una donna che si sta lentamente consumando in un carcere sovraffollato e vecchio dopo avere commesso un furto.
    «Ormai non mi riconosce più», dice affranta l'avvocata Elena Novarino, che la difende con Luca Calabrò, uscendo dall'istituto penitenziario. L'hanno appena vista. Oltre cento giorni in una cella comune hanno reso la detenuta più magra di un numero imprecisato di chili. È quasi muta. All'ultimo colloquio è arrivata sorretta da una compagna di cella. «Aiutatemi, non sto bene», ha mormorato. Poi la testa non l'ha più accompagnata. La sua "concellina", così alle Vallette le detenute chiamano le compagne di cella, ha parlato per lei: «Fatela uscire di qui. Prima o poi le succede qualcosa. Io e un'altra detenuta ci prendiamo cura di lei perché ci fa pena. Dobbiamo guardarla a vista. Se no le rubano la colazione la mattina. E chissà cosa altro le fanno». Vivere in un carcere non è facile. Ci sono regole e dinamiche interne complicate. La legge della sopravvivenza non lascia spazio a chi non è in grado di prendersi cura di se stesso. Come questa donna.
    Entra nel carcere di Torino a novembre. Un anno e nove mesi, la pena da scontare. I legali scrivono immediatamente al tribunale di sorveglianza per chiedere i domiciliari: «È un soggetto invalido con totale e permanente inabilità al 100 percento. È una situazione di assoluta incompatibilità con il regime carcerario», precisano gli avvocati Calabrò e Novarino. La documentazione medica non lascia dubbi al giudice Roberto Ruscello, che ne ordina la scarcerazione.
    Ma il problema, come molte volte accade, non è la teoria. Ma cosa succede in pratica. Viene liberata nel tardo pomeriggio del 28 dicembre. Esce dai grandi cancelli bianchi del Lorusso e Cutugno quando è buio. Sola, sui marciapiedi di una periferia estrema, vaga per ore. La fermano il giorno dopo i carabinieri, in corso Molise. Sta citofonando a caso a tutti i palazzi che trova. È lei «la persona molesta» oggetto della segnalazione arrivata al 112. Non è in grado di capire. Ma tecnicamente ha commesso un reato. È "evasa" dai domiciliari. Dopo meno di 48 ore dalla sua liberazione, la donna torna in carcere. Una nuova istanza arriva al tribunale di sorveglianza. I legali rimarcano: «È un soggetto affetto da schizofrenia paranoide e dalla dipendenza da sostanze alcoliche. Le sue condizioni hanno reso necessario il ricovero, il 7 dicembre, presso l'ospedale Maria Vittoria, in occasione di manifestazioni allucinatorie da astinenza alcolica e un quadro di delirio». Il tribunale ordina di nuovo che venga scarcerata. E che non venga lasciata da sola ai domiciliari: «Si sollecita la direzione dell'istituto in collaborazione con l'Uepe alla ricerca di un luogo di cura specializzato nel trattamento di pazienti a doppia diagnosi». Lo stesso tribunale aveva già scritto: «La prosecuzione del carcere potrebbe rivelarsi pregiudizievole». Sono parole che restano sulla carta. Lei è ancora in una cella.

 

 

12.04.25
  1. FUORI TESTA:  Mentre i continui tira e molla del presidente Donald Trump sulle politiche commerciali creano caos nei mercati finanziari, alcuni gestori di fondi mettono in dubbio la razionalità delle sue decisioni.



    "Negli ultimi giorni abbiamo avuto molte conversazioni con i gestori di fondi macroeconomici", ha scritto mercoledì mattina Tom Lee, responsabile della ricerca presso la società di analisi finanziaria FSInsights, prima che Trump facesse marcia indietro sulla maggior parte dei dazi sui partner commerciali statunitensi.

    "E la loro preoccupazione è che la Casa Bianca non stia agendo razionalmente, ma piuttosto in base a un'ideologia. E alcuni temono persino che questa possa non essere nemmeno ideologia", ha aggiunto. "Alcuni si sono chiesti in silenzio se il presidente non fosse pazzo".



    I commenti di Lee sono stati evidenziati da The New Republic. Ha incolpato Trump per le conseguenze economiche, aggiungendo che "diversi funzionari hanno dichiarato di non volere né di aspettarsi una recessione. E ci sono abbastanza consulenti esperti in economia che ne sono consapevoli. Inoltre, lo stimolo fiscale del due-tre percento necessario per invertire la recessione vanificherebbe qualsiasi taglio promesso alla spesa pubblica".
    Mercoledì Trump ha indotto volatilità sui mercati dopo aver imposto dazi significativi su paesi in tutto il mondo, per poi fare marcia indietro nel pomeriggio, istituendo una sospensione di 90 giorni sui dazi superiori a una soglia minima del 10% su tutti i paesi, tranne la Cina. Dopo che la Cina ha annunciato l'imposizione di dazi dell'84% sugli Stati Uniti, Trump ha risposto aumentando i dazi sulla seconda economia mondiale al 125%.


    Dopo l'annuncio della sospensione, i mercati sono saliti alle stelle: l'indice S&P 500 è salito del 7% in pochi minuti.



    "Se le azioni iniziano a perdere terreno, questo indicherebbe la crescente probabilità di trovarci di fronte a un periodo prolungato di inasprimento delle condizioni finanziarie", ha scritto Lee mercoledì mattina, prima che Trump facesse marcia indietro e imponesse una sospensione. "Quindi, più a lungo dura questa volatilità, maggiore è il rischio che gli Stati Uniti e il mondo vengano spinti in una recessione inutile".

    La revoca dei dazi da parte di Trump è arrivata dopo aver visto un'intervista su Fox Business con l'amministratore delegato di JP Morgan Chase, Jamie Dimon, durante la quale il capo della banca ha affermato che una recessione era un "probabile risultato" delle nuove politiche commerciali, secondo il Washington Post. Pur sottolineando che i dazi possono essere utilizzati per migliorare gli scambi commerciali, Dimon ha spinto il presidente a concedere un po' di tempo al Segretario al Tesoro Scott Bessent per concludere accordi con altri Paesi
  2. "In un contesto segnato da crescente instabilità geopolitica, trasformazione digitale e fragilità delle catene del valore, Cerved amplia la propria missione e rafforza la leadership per affrontare una nuova fase di crescita". Il cda - si legge in una nota - ha nominato Giuseppe Del Deo come executive chairman e Luca Peyrano come chief executive officer, "con il compito di guidare l'evoluzione dell'azienda verso nuovi servizi ad alto valore aggiunto per imprese e istituzioni.



    Con oltre quarant'anni di storia, Cerved è da sempre il punto di riferimento in Italia per la valutazione del rischio di credito e l'analisi dei dati d'impresa. Oggi, a queste fondamenta si aggiunge un nuovo obiettivo: offrire servizi e prodotti per prevenire i rischi sistemici, proteggere i dati e supportare le decisioni strategiche in contesti complessi.


    La nuova offerta di Cerved affiancherà alle competenze già consolidate nuove soluzioni di monitoraggio e protezione, in un ecosistema integrato che comprenderà tra l'altro l'analisi predittiva dei rischi geopolitici, sicurezza e continuità delle supply chain.



    "Oggi non basta più sapere se un'impresa è affidabile. Serve anticiparne i rischi, proteggerne i dati e accompagnarla nelle scelte più critiche. Cerved può giocare un ruolo centrale in questa transizione", ha dichiarato Giuseppe Del Deo.


    "Cerved ha un patrimonio unico di competenze, dati e tecnologie. La nostra ambizione è costruire su queste basi una piattaforma europea di analisi e servizio, al fianco di chi prende decisioni in un mondo sempre più esposto alla complessità", ha aggiunto Luca Peyrano.
  3. coach part-time e complottista
    L'incredibile scalata di Taylor Greene diventata milionaria coi dazi di Trump

    Prima di entrare in politica, dichiarava di avere un patrimonio personale di 700 mila dollari, frutto della sua attività di coach part-time in una palestra. Adesso Marjorie Taylor Greene (foto), complottista e rappresentante dell'estrema destra dei Repubblicani, secondo OpenSecrets (una non-profit di Washington che tracca i patrimonio dei politici e dei partiti) ha cumulato un patrimonio di 22 milioni di dollari. Fra l'altro Greene, ha fatto acquisti in Borsa nella fase di su e giù degli indici provocata da Trump; gli avversari politici la accusano di insider trading .
  4. La sentenza definitiva per la tragedia del 2013 nell'Avellinese: il manager colpevole di disastro e omicidio colposo. La difesa: incomprensibile
    Sei anni per la strage del bus con 40 morti L'ex ad di Aspi Castellucci finisce in carcere

    irene famà
    roma
    Incuria. Sciatteria. Profitto come unico interesse. Ecco cos'ha causato la morte di quaranta persone il 28 luglio del 2013 ad Avellino. Famiglie e amici avevano visitato i luoghi di Padre Pio. Qualche giorno di riflessione e preghiera, per poi tornare a casa, a Pozzuoli, una domenica d'estate. Intorno alle 20.30 l'incidente: il bus su cui viaggiavano precipita dal viadotto dell'Acqualonga nella zona di Monforte di Irpino. «Le barriere protettive non erano a norma».
    Per quella strage, ieri, la Cassazione ha reso definitiva la condanna a sei anni all'ex amministratore delegato di Autostrade per l'Italia Giovanni Castellucci. Lo stesso manager che era al vertice di Aspi durante il crollo del ponte Morandi. Un'altra tragedia. Un altro processo che lo vede imputato.
    Accusato di disastro colposo e omicidio colposo, per lui si aprono le porte del carcere. «È pronto a costituirsi», dicono i suoi difensori, gli avvocati Filippo Dinacci e Paola Severino. La sentenza, però, la definiscono «incomprensibile. Sulla base delle prove che abbiamo fornito siamo convinti che l'ingegnere sia totalmente estraneo ai fatti e abbia svolto accuratamente i propri doveri». I legali aggiungono: «Con questa sentenza, le responsabilità dei vertici diventano pericolosamente onnicomprensive».
    Castellucci, duro manager marchigiano, non fece un passo indietro dopo i quaranta morti di Avellino. E rimase al suo posto anche dopo le quarantatré vittime del crollo del ponte in Liguria, il 14 agosto 2018. Si dimise solo nel gennaio del 2019.
    E i parenti delle vittime di Genova commentano: «Questo dimostra che quanto sta emergendo nella nostra vicenda processuale non è un caso isolato, è il sistema che è stato messo a nudo, il vaso di Pandora è aperto».
    Il viadotto sulla discesa dell'A16 Napoli – Canosa era in «una situazione di incuria da anni». Lo dice chiaro il procuratore generale nella requisitoria, in cui elenca criticità legate alla manutenzione e alla qualità delle barriere di protezione. Autostrade per l'Italia sapeva eppure non si è preoccupata di intervenire. Il magistrato, che per l'ex ad Castellucci aveva sollecitato un appello bis per rivalutare la condanna per omicidio colposo e l'assoluzione per il disastro colposo, parla di «colpevole inerzia da parte di chi doveva monitorare e controllare». Sei anni sono stati inflitti all'allora direttore generale Riccardo Mollo e ai dipendenti di Aspi Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna; cinque anni al dirigente Nicola Spadavecchia e al direttore di tronco Paolo Berti. E ancora. Tre anni al dirigente Gianluca De Franceschi e ai dipendenti Gianni Marrone e Bruno Gerardi.
    Quella domenica sera, il pullman guidato da Ciro Lametta, fratello del proprietario dell'agenzia Mondo Travel che aveva organizzato il viaggio, comincia a sbandare. I freni non funzionano più. Per un chilometro ondeggia a destra e sinistra. Le auto cercano di scansarsi, una quindicina vengono colpite. Ad un certo punto l'autista, forse nel tentativo di bloccare la corsa, si affianca alle barriere protettive del viadotto. Che cedono. Il bus precipita nel vuoto per quaranta metri. Trentotto persone muoiono sul colpo, due nei giorni successivi. Dieci i superstiti.
    Quel pullman, che aveva percorso oltre un milione di chilometri, «non aveva i requisiti minimi per circolare». Il procuratore generale spiega: il certificato di revisione era falso. Nessuno controllava il mezzo dal 2011. «Lametta ha posto in circolazione un bus in pessime condizioni mettendo a rischio le vite dei passeggeri». Gennaro Lametta è stato condannato a nove anni di carcere, mentre quattro anni sono stati inflitti all'allora dipendente della motorizzazione civile di Napoli Antonietta Ceriola.
    L'incidente di Avellino «ha messo in luce le criticità legate alla manutenzione della struttura e alla qualità delle barriere di protezione», dicono gli esperti. Autostrade sapeva del degrado del viadotto. E, sostengono da sempre gli inquirenti, se le barriere fossero state a norma, la strage si sarebbe evitata. —
  5. milano, svolta nell'inchiesta, sei arresti
    "Beretta pagò 50mila euro per far uccidere l'ex capo ultrà Boiocchi"

    monica serra
    «Siamo stati noi a organizzare l'omicidio di Boiocchi». In carcere dopo l'assassinio del nipote del capobastone della 'ndrina di Rosarno, Antonio Bellocco, la collaborazione dell'ex capo della curva dell'Inter Andrea Beretta parte da qui. E davanti al pm della Dda Paolo Storari e all'aggiunta Alessandra Dolci, confessa l'omicidio del suo predecessore alla balaustra della Nord, lo «zio» Vittorio Boiocchi, freddato a colpi di pistola la sera del 29 ottobre del 2022. Un delitto che ieri, grazie alle articolate indagini della Squadra mobile diretta da Alfonso Iadevaia e Mimmo Balsamo, ha portato a sei arresti per omicidio premeditato e aggravato dal metodo mafioso. Una delle misure è stata eseguita in Bulgaria, dove uno dei due killer – Daniel D'Alessandro detto «Bellebuono» – si era nascosto dopo essersi tatuato una lacrima sul volto, «simbolo» del delitto. Era stato lui a confessare a Beretta che Bellocco avrebbe voluto farlo fuori per non dividere più i proventi dei business della Curva. E c'era sempre la spartizione dei soldi dietro l'omicidio Boiocchi che, uscito di prigione nel 2019 con un curriculum criminale di rispetto, facilmente aveva ripreso le redini della Nord. «Vittorio pensava che facevo i ca... miei col negozio di merchandising a Pioltello» ha spiegato Beretta, che attraverso Maurone Nepi (indagato) si sarebbe rivolto ai Ferdico, padre e figlio, per commissionare il delitto in cambio di 50 mila euro e della promessa di farli entrare negli affari della Curva. Così è stato. Tanto che sulla moto che ha raggiunto Boiocchi sotto casa nel quartiere Figino c'era anche il calabrese Pietro Simoncini, considerato vicino ad affiliati alla 'ndrangheta e suocero di Marco Ferdico, poi divenuto con Beretta capo ultrà della Nord. —

 

 

11.04.25
  1. Lettera di due senatori all'Ufficio etico per chiarire se qualcuno è tratto profitto dalla retromarcia
    "Chi ci ha guadagnato con le tariffe?" I Democratici chiedono un'indagine
    dal corrispondente a washington
    «Sembra proprio che il suo boss le abbia tolto il tappeto da sotto i piedi e messo in pausa le tariffe, ora mi dica, non è questa manipolazione dei mercati? E se non lo è, chi ne ha beneficiato? Chi è diventato più ricco?». Questa raffica di domande è stata rivolta mercoledì da Steven Horsford, deputato del Nevada, a Jamieson Greer, rappresentante Usa per il Commercio durante un'audizione che guarda caso si svolgeva mentre Trump postava su Truth lo stop temporaneo ai dazi reciproci. Greer sembrava all'oscuro di tutto quel che accadeva nello Studio Ovale dove Trump, Bessent, Lutnick e Hassett componevano il post della tregua senza, ammissione del Presidente, avere il tempo di consultare gli avvocati sulle modalità di comunicazione.
    La domanda «chi ci ha guadagnato» continua a girare a Washington. E Mike Levin, democratico della California, ieri chiacchierando con alcuni media fra cui La Stampa retoricamente si chiedeva: «Se non è manipolazione dei mercati questa». Dinanzi a una Camera concentrata a votare il piano di budget l'oscillazione di Wall Street di mercoledì (S&P 500 +9,5%; Dow +7,9% Nasdaq +12,2%) più che celebrata è stata scrutinata. Il senatore Chris Murphy, ad esempio, ha ribadito la domanda su chi ha fatto soldi e soprattutto aperto il vaso di Pandora. «Chi era vicino a Trump sapeva? E quando prima?». Della sua decisione si intende. Con vicino a Trump si intendono i famigliari pure. Anche i meme e gli Ntf di Melania Trump patiscono le oscillazioni dei mercati, suggerisce uno staffer di un deputato democratico.
    I numeri non mentono. Il balzo dell'altro ieri ha consentito alla Trump Media&Technology Group che controlla Truth e di cui Trump ha il 53% di capitalizzare più 21%. La quota di Trump (il primo aprile) era di 2,6 miliardi, il tonfo dei giorni gli è costato oltre 500 milioni (fra asset, titoli e patrimonio immobiliare) di cui quasi 200 milioni per la Media&Technology Group. L'operazione sospensione tariffe ha consentito – dati di Forbes che tiene costantemente aggiornato il suo indice sulla ricchezza dei Paperoni Usa – a Elon Musk di incrementare il suo patrimonio di 30 miliardi ad esempio. Ieri però Elon ha lasciato 9,9 miliardi, e Zuckerberg oltre 10.
    Incontrando i capi della Nascar e della Formula Indy mercoledì nello Studio Ovale, lo stesso Donald ha parlato di due amici che hanno guadagnato «cento milioni di dollari» con l'inversione. La domanda di un possibile insider trading – ovvero l'utilizzo di informazioni riservate per trarre vantaggi in borsa – è quella del giorno. Alexandria Ocasio Cortez, deputata progressista con enorme seguito (più sui social che nel Partito), mercoledì sere si è scagliata contro i colleghi: «Entro il 15 maggio dovete comunicare che operazioni finanziarie avete fatto nelle ultime 48 ore». Non c'è nessun faldone aperto, la Sec (la Consob Usa) che nel caso dovrebbe per prima intervenire è, per una coincidenza di calendario delle audizioni, da mercoledì pomeriggio sotto il controllo di Paul Atkins, nomina trumpiana. Alla Casa Bianca, sulla scrivania di Susie Wiles, capo dello staff di Trump, però ieri mattina è arrivata una lettera. La firmano Adam Schiff e Ruben Gallego, senatori democratici. Chiedono all'Office of Government Ethics di aprire un'indagine e vedere se qualcuno ha tratto vantaggio dalla brusca inversione di rotta della borsa ed era stato informato prima. I due vogliono anche sapere se membri della famiglia Trump avevano avuto un'imbeccata dopo che alle 9:37 Trump aveva scritto su Truth che è giunta l'ora di comprare. Alle 13:18 poi il post dello stop alle tariffe. Pochi attimi prima Wall Street era schizzata alle stelle.
  2. BALA RAMASAMY L'economista: "È urgente un'alleanza fra l'Asia e l'Europa"
    "Soltanto Xi può tener testa a Trump A pagare saranno i consumatori Usa"
    taipei
    «Soffriranno tutti, ma la Cina ha delle leve importanti e nel breve termine i consumatori americani rischiano molto». Bala Ramasamy, noto economista e preside associato della China Europe International Business School (con sede principale a Shanghai), analizza le conseguenze della battaglia sui dazi tra Washington e Pechino.
    Chi rischia di più nella nuova guerra commerciale?
    «Grandi esportatori, importatori statunitensi e consumatori americani: pagheranno tutti e tre. La domanda è: chi soffrirà di più? Per quanto riguarda la Cina, a pagare saranno soprattutto i fornitori di beni ad alta intensità di manodopera, come quelli nel settore dell'abbigliamento che hanno margini di guadagno molto ridotti. Ma sappiamo con certezza che i consumatori americani ne risentiranno e che gli Stati Uniti rischiano l'inflazione».
    La Cina ha seguito Trump sulla strada dell'escalation. Perché?
    «C'è solo un Paese che può affrontare Trump, ed è la Cina. Washington ha imposto dazi superiori al 100%. Anche se si volesse negoziare, che tipo di accordi si possono raggiungere? La Cina sa che in ogni caso dovrebbe pagare un prezzo notevole o rinunciare a leve importanti. E sa anche che ci sono pochissime alternative per quello che vende agli americani. Tra le prime 20 categorie di export cinese negli Usa, in 15 di queste Pechino è di gran lunga il primo fornitore. Prendiamo gli smartphone: al secondo posto tra i fornitori delle aziende americane c'è il Vietnam, che però copre solo il 10% di quanto assembla e spedisce la Cina».
    Non potrebbe però intensificarsi lo spostamento della produzione fuori della Cina per aggirare i dazi?
    «Sì, ma ci vuole tempo. La Cina ha costruito il suo ruolo nelle catene di approvvigionamento in 30 anni, non ne bastano due o tre per spostarsi in Vietnam, India, Messico o negli stessi Stati Uniti. Questo significa che, almeno nei prossimi due o tre anni, a pagare il costo dei dazi saranno soprattutto gli importatori e i consumatori statunitensi».
    La Cina dipende ancora molto dall'export. Quale può essere l'impatto sulla sua economia?
    «Soffrirà anche la Cina. Soffriranno tutti, perché si sta sostanzialmente cambiando l'intero sistema commerciale. Le aziende cinesi dovranno cercare mercati alternativi, probabilmente in Europa. Ma, allo stesso tempo, l'Europa sarà preoccupata di un flusso esagerato di prodotti cinesi sul proprio mercato. Sarà un caos con un impatto sul Pil e anche sulla fiducia dei consumatori cinesi, che Pechino proverà in tutti i modi a sostenere».
    La Cina non potrebbe approfittare della situazione per stringere nuove alleanze?
    «Senz'altro per Pechino è importante trovare alleati o partner per rispondere ai dazi in modo coordinato. Al momento, sembra che la Cina sia la sola a reagire in modo duro a Trump, con tutti gli altri Paesi che provano a negoziare. Ma la sfiducia è forte, a partire da quella dei Paesi amici degli Usa, e non ci sono garanzie che una volta trovato un accordo quell'intesa sarà poi rispettata. Credo che rafforzare il dialogo coi vicini asiatici e con l'Europa non sia nemmeno una scelta, quanto una necessità di entrambe le parti».
    Quali altre ritorsioni si aspetta dalla Cina?
    «Potrebbero esserci restrizioni o divieti sull'export di prodotti legati a risorse minerarie e terre rare. E un deprezzamento della moneta, ma anche Trump vuole un dollaro meno forte. La cosa più urgente da fare per la Cina è diversificare il proprio mercato e schermarsi da dazi e sanzioni, cosa che sta provando a fare da tempo».
    Vede spazio per un negoziato?
    «Non so se ci sarà un summit fra Xi e Trump, ma credo che un negoziato inizierà presto. Da qui a pensare che ci sarà un accordo però ce ne passa e non sono molto fiducioso. Senz'altro la Cina ha un'altra leva a disposizione, quella delle grandi aziende americane presenti sul suo mercato. A differenza di Huawei & Co, cacciate dagli Usa, Pechino se l'è tenute vicino nella speranza di trovare una sponda contro i dazi della Casa Bianca. È per questo che di recente Xi ha incontrato i grandi manager internazionali». l. lam. —
  3. Il lato oscuro
    liste d'attesa
    delle
    Paolo Russo
    roma
    Il caso da film horror è quello della Asl di Trapani, dove un migliaio di esami istologici attendono da mesi di essere refertati. Come è accaduto a Maria Cristina Gallo, che dopo otto mesi di attesa ha visto il suo tumore degenerare in metastasi. Casi limite, si dirà. Mica tanto, vien da pensare quando si scopre che proprio in Sicilia i Nas hanno scoperto l'esistenza di quello che definiscono "SovraCup" regionale, che non raccoglie le richieste dei Cup dalle singole aziende sanitarie ma che in pratica serve a immettere in una corsia preferenziale gli amici degli amici.
    Ma gli esempi di mala gestione delle liste di attesa si trovano a Sud come al Nord: sfogliando quel libro degli "orrori e degli errori" che sono le inadempienze regionali nell'applicare il decreto taglia liste di attesa della scorsa estate, l'Agenas segnala irregolarità nel 27% delle 2.836 strutture ispezionate dai Nas. Irregolarità che vanno dalle prenotazioni più rapide per i pazienti che prima si sono fatti visitare privatamene da medici pubblici alle agende illegalmente chiuse, accertate in 184 strutture ispezionate da Nord a Sud. Ma le zone grigie dove inefficienza e illegalità si sovrappongono sono molte. In Lombardia, quattro medici di famiglia sono stati denunciati per aver "moltiplicato" le prescrizioni per lo stesso esame, permettendo ai loro assistiti di «prenotare più appuntamenti» e scegliere il più conveniente.
    In Toscana, dieci oculisti sono finiti sotto inchiesta per «saturazione dolosa delle liste d'attesa con fittizie prenotazioni». A Milano, un'inchiesta è stata avviata su presunti «abusi nella gestione delle liste d'attesa» in un'azienda sanitaria locale, dove pazienti già visitati in libera professione sarebbero stati «illecitamente agevolati nella calendarizzazione di prestazioni sanitarie erogate dal Ssn» .
    Il doppio lavoro dei medici sfocia nel conflitto di interesse perché fatta la legge in molte strutture si è trovato l'imbroglio. I dottori non possono infatti erogare più prestazioni nel privato che nel pubblico, ma in diversi ospedali si è scoperto che il calcolo non veniva fatto sulle ore del singolo medico bensì su quelle dell'intero reparto. Così il più gettonato primario che, ad esempio, di visite private ne fa 100 risulta in regola grazie alla media dei medici del suo reparto che magari ne fanno zero. E quanto questo possa influire sulla buona gestione dei servizi offerti è facile intuirlo quando si vede che oltre il 50% della spesa sostenuta privatamente dagli assistiti è una scelta obbligata dalle liste di attesa. Per abbattere le quali il decreto ha anche remunerato a 100 euro l'ora gli straordinari dei medici. Peccato che dai dati Agenas risulti che dove i soldi extra sono stati incassati si è spesso verificato un calo delle prestazioni erogate nel normale orario di lavoro. Insomma, al fine della riduzione dei tempi di attesa il risultato è stato nullo. Resta comunque il fatto che nonostante 40 mila professionisti sanitari assunti a vario titolo durante la pandemia la produttività, secondo i calcoli dell'Agenzia, risulta essere rimasta immutata.
    Per ridurre i tempi c'è anche chi continua ad appoggiarsi ai "gettonisti" remunerati fino a 100 euro l'ora. Pratica che il ministro Schillaci aveva bandito ma che nel Lazio ha finito per sfociare anche nella denuncia di sei medici «sprovvisti di specializzazione», mentre un settimo è risultato persino privo di laurea. In Puglia alla ginecologia dell'ospedale di San Severo su 11 medici 8 erano gettonisti, di cui quattro ultrasettantenni, mentre al pronto soccorso di Lecce sono stati arruolati persino nonni medici di 80 e passa anni.
    In Puglia, Emilia Romagna e a macchia di leopardo anche in altre aree del Paese è emerso un errato utilizzo delle classi di priorità inserite dai medici di famiglia nelle prescrizioni, segnando per urgente quello che non lo è e viceversa. Ma desta più di un sospetto quanto emerso in Campania, dove su 21.962 prime visite cardiologiche, che di solito non andrebbero rimandate troppo in là, a 19.288 è stato assegnato il codice P di "programmabile", che dà tempo alla Asl fino a 120 giorni per erogare la prestazione. Stessa percentuale bulgara si riscontra per le mammografie. Un modo per risultare in regola quando non lo si è.
    Di fronte a questo panorama desolante però le Regioni fanno melina non calendarizzando nella loro Conferenza il decreto che in caso di loro inadempienze farebbe scattare i poteri sostitutivi del ministero di Schillaci. Che a questo punto potrebbero essere imposti direttamente con un Dpcm del governo. —

 

 

 

10.04.25
  1. Il presidente francese in un'intervista al ritorno dall'Egitto: "Netanyahu non fa il bene di Israele"
    Macron: "Riconosceremo la Palestina" L'annuncio con l'Arabia Saudita a giugno
    danilo ceccarelli
    parigi
    Sulla questione mediorientale Emmanuel Macron fa una fuga in avanti e annuncia la possibilità di riconoscere lo Stato palestinese a giugno. «Dobbiamo andare verso un riconoscimento e quindi nei prossimi mesi ci andremo», ha detto il presidente francese in un'intervista rilasciata alla trasmissione "C'est à vous" su France 5. L'occasione sarebbe la conferenza internazionale sulla soluzione a due Stati convocata dalle Nazioni Unite a New York, presieduta dalla Francia insieme con l'Arabia Saudita. Una mossa che, secondo il titolare dell'Eliseo, dovrebbe di conseguenza portare anche al riconoscimento di Israele da parte di un certo numero di Paesi: è una decisione da prendere «perché penso che, a un certo punto, sarà giusto. E perché voglio anche partecipare a una dinamica collettiva che deve permettere a tutti quelli che difendono la Palestina di riconoscere a loro volta Israele». In questo modo sarà possibile «essere chiari per lottare contro quelli che negano il diritto di Israele a esistere», ha affermato il leader francese, citando come esempio l'Iran.
    Ma nel corso dell'intervista non è mancata la stoccata a Benjamin Netanyahu, che secondo Macron «non serve la sicurezza degli israeliani sul lungo periodo, facendo credere che la risposta sia solo securitaria».
    Il presidente francese compie così un importante passo in avanti verso la soluzione a due Stati, subito dopo la recente visita in Egitto, compiuta proprio mentre Netanyahu veniva ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump. Il presidente si è recato anche nel Sinai, al confine con Gaza. Lo Stato palestinese è riconosciuto da 147 di 193 Paesi membri dell'Onu. Tra i membri dell'Unione europea, sono una decina coloro che hanno dato il loro assenso con Spagna, Norvegia e Irlanda che hanno formalizzato la posizione nel maggio scorso.
    La Francia si unisce così al gruppo, in contrapposizione all'asse israelo-statunitense. Eppure, solamente pochi mesi fa, Parigi sosteneva che non c'erano le condizioni utili a compiere un simile passo, riconoscendo tuttavia che l'argomento non è un "tabù". Oggi quella di Macron appare come una svolta importante, di natura soprattutto politica che pone la Francia in una posizione di primo piano sul dossier. Proprio quello che vuole Macron, che nei giorni scorsi ha ribadito insieme al presidente egiziano Al-Sisi e al re giordano Abdallah II la contrarietà allo spostamento forzato della popolazione di Gaza propugnato da Trump, assieme al sostegno al Piano arabo. Nel corso della visita in Egitto, Macron ha definito «insostenibile» la situazione nella Striscia, dove l'aiuto umanitario è «la priorità delle priorità». Così come il cessate il fuoco dopo la ripresa dell'offensiva israeliana.
  2. FdI: "Mai più paura della firma". I togati: "Preoccupati per il Paese"
    Corte dei Conti, la Camera vota il primo sì alla riforma
    irene famà
    roma
    Dalla Camera arriva il primo sì alla riforma dei poteri della Corte dei Conti e del danno erariale. Centotrentasei i voti a favore, quelli della maggioranza, settantacinque i contrari (di Azione, Avs, M5s e Pd). Solo un astenuto. E il provvedimento ora passa al Senato.
    La proposta di legge, presentata da Tommaso Foti quando era a capogruppo di Fratelli d'Italia, mira a superare la cosiddetta "paura della firma" o "burocrazia difensiva", al fine di accelerare i progetti del Pnrr. O almeno così dicono i sostenitori. «Non dobbiamo più consentire che ci sia paura negli amministratori, nei sindaci e nei funzionari comunali», dice il deputato Stefano Candiani dichiarando il voto favorevole della Lega. «Una riforma serviva, certo, e ne serviva una più ampia. Ma cominciamo a fare un passo». E Pietro Pittalis di Forza Italia parla di una «riforma responsabile e necessaria. Non smantelliamo presidi di legalità, ma superiamo un modello inefficace e dannoso per funzionari e cittadini».
    Protestano le opposizioni e i magistrati contabili che da settimane chiedono un confronto al Governo e hanno anche inviato una lettera aperta alla premier. Paola Briguori, presidente dell'associazione nazionale magistrati della Corte dei Conti, non nasconde la preoccupazione «per il Paese e per i cittadini, perché si stravolgono le funzioni della Corte dei conti». E aggiunge: «Abbiamo rivolto un appello al presidente Meloni e restiamo in attesa di essere ricevuti per il bene del Paese. La nostra richiesta è motivata dal fatto che si tratta di una riforma delicatissima perché la Corte è garanzia di legalità e del corretto utilizzo del denaro pubblico».
    La proposta di legge introduce una serie di esimenti a favore del pubblico ufficiale, rispetto alla responsabilità erariale: potrà essere condannato per danno erariale in caso di dolo e in caso di colpa grave ma quest'ultima viene definita in modo restrittivo (è tale nei casi di violazione manifesta delle norme di diritto applicabile). E ancora. Le nuove norme prevedono un abbattimento del danno al 30%. «Così - ribattono i magistrati - non sarà possibile recuperare i danni economici, se non con importi irrisori». Il resto? «Lo paga la collettività». Nel caso di atti che rientrano nella competenza degli uffici tecnici o amministrativi, poi, «la buona fede dei titolari degli organi politici si presume»: è la cosiddetta norma salva-sindaci. Inoltre il diritto al risarcimento del danno si prescrive dopo cinque anni dalla data in cui si è verificato fatto, indipendentemente dal momento in cui la Corte dei conti ne viene a conoscenza. La proposta, poi, prevede la riduzione delle corti e il cambiamento dei rapporti tra procure e procura generale. L'appello dei magistrati contabili: «Così si ridimensionano le funzioni della Corte».

 

 

09.04.25
  1. Kiev: "Arrestati soldati cinesi aiutano l'invasione di Mosca" Condanna Usa: inquietante
    Anche i soldati cinesi si uniscono alle truppe russe sul fronte ucraino, almeno stando alla denuncia fatta ieri da Kyiv. Il presidente Volodymyr Zelensky ha pubblicato sui suoi social il video di un uomo ammanettato che parla mandarino, sostenendo che i militari ucraini si sono imbattuti nella parte orientale della regione di Donetsk in almeno sei cinesi. Dopo una breve battaglia, due di loro sono stati catturati, con in tasca i loro documenti di identità e le carte bancarie con i dati personali. «Disponiamo di informazioni che ci fanno pensare alla presenza nelle unità dell'occupante di molti più cittadini cinesi», ha comunicato Zelensky. E gli Stati Uniti hanno già definito «inquietante» la rivelazione che soldati di Pechino stiano combattendo in Ucraina dalla parte della Russia, ha dichiarato ieri sera la portavoce del dipartimento di Stato. Tammy Bruce.
    Proprio mentre Zelensky rivela, nella prima conferma ufficiale, che le sue truppe stanno combattendo di nuovo in territorio russo, nella regione di Belgorod, il conflitto rischia di complicarsi ulteriormente con il coinvolgimento della Cina. Il ministro degli Esteri ucraino, Andriy Sybiha ha convocato per spiegazioni l'incaricato d'affari cinese a Kyiv, al quale ha promesso di esprimere i suoi dubbi riguardo «all'impegno per raggiungere la pace dichiarato dalla Cina» e anche alla «credibilità di Pechino come membro permanente del Consiglio di Sicurezza». Da Pechino non sono giunte nelle prime ore né smentite, né spiegazioni ufficiali, e anche Mosca si è astenuta dal commentare la cattura dei soldati cinesi, facendo pensare che i governi di Vladimir Putin e di Xi Jinping si siano presi una pausa per concordare una tattica comune. Anche perché, se confermata, la cattura di soldati cinesi sul suolo ucraino può davvero provocare un terremoto diplomatico. Finora Pechino infatti aveva dichiarato una posizione di neutralità nel conflitto, proponendosi anzi come possibile mediatore. Dopo l'entrata in vigore delle sanzioni occidentali, la Cina è diventata il partner commerciale principale di Mosca, e ha contribuito a tenere a galla l'economia russa con la fornitura soprattutto di tecnologie necessarie alla guerra: secondo Washington, «Pechino fornisce l'82% delle capacità offensive russe». Xi però ha anche tagliato molti contratti con la Russia per non finire nel mirino delle sanzioni secondarie americane e ha smesso di accogliere le petroliere russe colpite dall'embargo.
    Resta da capire se i prigionieri cinesi ora interrogati dai servizi segreti di Kyiv siano stati degli osservatori o dei combattenti, e se fanno parte di un contingente militare inviato direttamente da Pechino o siano degli immigrati dalla Cina che si sono arruolati in Russia, attratti dalle somme cospicue offerte ai volontari. Nonostante le massicce perdite umane, Putin continua a evitare la chiamata alle armi dei russi, contando sui mercenari e cercando carne da cannone in altri Paesi. I soldati di Kyiv hanno già catturato alcuni dei più di 10mila nordcoreani che Pyongyang ha inviato al fronte su richiesta di Putin. Ma se per evitare accuse internazionali i militari di Kim erano stati concentrati nella regione di Kursk, quindi in territorio russo, Zelensky ieri ha sottolineato che i cinesi si trovavano invece in territorio ucraino, a Donetsk, quindi tecnicamente stanno partecipando all'invasione dell'Ucraina.
    Qualche giorno fa, il quotidiano francese Le Monde aveva rivelato di aver identificato sui social cinesi una quarantina di account di cittadini della Cina che sostenevano di aver firmato un contratto con l'esercito russo per andare a combattere in Ucraina. Difficile che a Pechino non sappiano nulla e curioso anche che la rivelazione arrivi proprio mentre la Cina è già ai ferri corti con Donald Trump. Intanto, una delegazione di Kyiv sta partendo per Washington per tentare di rinegoziare l'accordo sulle risorse minerarie da sfruttare assieme agli americani, riscritto dopo che Zelensky ha respinto la versione precedente, in cui Trump chiedeva praticamente il monopolio sulle ricchezze ucraine. —
  2. Il ministro israeliano a washington
    La Casa Bianca toglie il veto su Ben Gvir L'ultra nazionalista ospite dopo Pasqua
    Alla Casa Bianca a Washington. E poi in Florida. Il ministro israeliano della Sicurezza nazionale e leader del partito di destra radicale Otzma Yehudit, Itamar Ben Gvir visiterà gli Stati Uniti dopo le festività di Pesach, la Pasqua ebraica, per una serie di incontri ufficiali. Gvir è stato invitato dai suoi omologhi statunitensi del Dipartimento di Sicurezza interna, segnando una svolta nell'approccio di Washington rispetto al leader nazionalista che in passato è stato condannato per incitamento al razzismo e sostegno al terrorismo. È la sua prima visita negli Usa come rappresentante del governo israeliano, e la prima in assoluto dal 1988. —
  3. I lupi
    passato
    L'immaginario collettivo
    del
    La prima pagina del Time
    Una società di biotech di Dallas ha riportato in vita il lupo
    cattivo dell'era glaciale. «Attivate l'audio. State ascoltando il primo ululato di un lupo cattivo di oltre 10 mila anni. Ecco Romolo e Remo, i primi animali de-estinti al mondo, nati il primo ottobre 2024» dice il post sulla piattaforma X. Tecnicamente si tratta di due esemplari di enocione (Aenocyon dirus, lupo cattivo o lupo feroce) e sono stati "creati" recuperando materiale genetico da reperti di decine di migliaia di anni fa, per la precisione un dente vecchio 11.500 anni e un osso della testa risalente a 72mila anni fa. I due lupacchiotti sono nati con una gestazione surrogata (la madre è una femmina di cane), ora hanno sei mesi. Romolo e Remo quindi, i nomi suggestivi dei fondatori di Roma allattati dalla lupa. Poi è nata (o è stata creata) anche una sorella di due mesi battezzata Khaleesi in onore di uno personaggi di Games of Thrones. Il lupo de-estinto, ovvero salvato dalla estinzione, campeggia sulla copertina di Time ed in effetti è una notizia da prima pagina.
    Il tutto è opera di Colossal Biosciences, che si muove veloce nella terra inesplorata dell'ingegneria genetica e delle tecnologie biologiche super avanzate e solletica l'immaginario con annunci roboanti e molto mediatici. La società è nata nel 2021 e ha fatto scalpore da subito annunciando che entro il 2028 avrebbe riportato in vita un esemplare di mammut e poi una tigre della Tasmania e anche uno di dodo, l'uccello che non vola, originario delle Mauritius, estinto nel 1600 con l'arrivo dei primi colonizzatori.
    Siamo nel terreno della fantascienza che diventa presente senza neppure passare dal futuro prossimo, dei progetti visionari alla Elon Musk prima maniera, della scienza che scavalca i limiti finora conosciuti e un po' spaventa e un po' affascina. Tra ululati e mammut molto affascina a dire il vero, tanto che varie star miliardarie hanno aderito entusiaste alla raccolta fondi per questo tipo di ricerche, dall'ereditiera Paris Hilton ai campioni di golf Tiger Woods e quello di football americano Tom Brady e anche il regista de "Il signore degli Anelli" Peter Jackson, portando il capitale sociale della Colossal Biosciences a 10,2 miliardi di dollari.
    Una notizia meravigliosa o spaventosa? È di certo una cosa incredibile e mai fatta prima. Come spiega Time non si tratta di clonazione. Gli scienziati hanno ricostruito il genoma del lupo feroce a partire dal Dna antico e hanno apportato 20 modifiche in 14 geni del comune lupo grigio e utilizzato cani domestici come madri surrogate, quindi una gestazione per altra specie. Non tutti gli scienziati concordano su questo tipo di esperimenti, alcuni hanno già fatto notare che non si tratta di veri lupi feroci del Pleistocene perché il Dna è comunque diverso.
    Lasciamo agli scienziati la disputa "da pari a pari" come si dice in questi casi e rimaniamo al fantastico che questo tipo di notizie suscitano. In un video Beth Shapiro, capa del progetto scientifico della Colossal Biosciences, spiega il loro punto di vita. Dice che è un momento di svolta nella storia dell'umanità, non tanto e non solo perché si è fatto qualcosa di mai fatto prima (vi ricordate lo scalpore per la clonazione della pecora Dolly?), ma la cosa più incredibile è il processo usato per farlo, che porta la tecnologia biologica un passo oltre.
    Quali sono gli effetti collaterali? Ci sono pericoli? Queste tecniche fantascientifiche le useranno per la ricerca contro il cancro o per creare animali modificati geneticamente da usare nelle guerre? Ci sarebbe anche la Cia interessata a questi progetti. Non tanto per il ritorno del mammut o del lupo feroce, ma per lo sviluppo di nuove tecniche di clonazione e potenziamento del Dna. Ogni cosa è possibile, quando c'è di mezzo l'uomo, l'animale più intelligente ma anche il più feroce. È sempre questo il dilemma. Se fermarsi e nel caso, quando fermarsi. E soprattutto: questi progetti che spingono sempre un gradino più in là la scienza, hanno un reale beneficio per l'uomo e per il pianeta? Anche qui, ogni opinione è lecita, ma è anche lecito porsi molte domande e non dare niente per scontato. Le tecnologie che hanno portato l'uomo sulla luna sono quelle che ci hanno migliorato la vita oggi, che hanno fatto fare all'uomo anche grandi passi avanti nella medicina e in altri campi.
    Alla Colossal Biosciences hanno sogni, appunto, colossali e a sentire loro sembrano molto orientati alla conservazione del pianeta e alla difesa della biodiversità. Dice sempre Beth Shapiro che nel 2050 la metà delle specie esistenti sulla terra saranno estinte e che l'estinzione oggi è da mille a diecimila volte più veloce rispetto al passato, ovvero da quando ne teniamo traccia. Si definiscono anche ingegneri dell'ecosistema, perché avendo trovato il modo di riportare in vita una specie estinta potrebbe servire per salvare le specie che stanno scomparendo sotto i nostri occhi. Tra i tanti detrattori e critici c'è chi pensa che tutti questi soldi potrebbero essere impiegati per salvare le specie dall'estinzione, invece di correre ai ripari dopo. Per non parlare dei rischi già considerati dalla bioetica di reintrodurre specie già estinte in ecosistemi modificati, che potrebbero avere conseguenze imprevedibili.
    Il dibattito è aperto, e come sempre nei casi delle prime volte, sono più le domande che le risposte. —
  4. FURTO DI STATO :  DAGO-IERI - IL DURISSIMO AFFONDO DI BILL ACKMAN CONTRO IL SEGRETARIO AL COMMERCIO LUTNICK: “GUADAGNA MENTRE L’ECONOMIA IMPLODE” – IL SONDAGGIO DI “CNBC” TRA GLI AMMINISTRATORI DELEGATI: “QUESTA È LA RECESSIONE DI TRUMP”

    https://www.dagospia.com/business/dimon-non-v-e-certezza-grande-finanza-americana-scarica-dazista-430535



    HEDGE, AFFONDO CONTRO LA CASA BIANCA: «LUTNICK GUADAGNA GRAZIE ALLA CRISI»

    Estratto dell’articolo di Marco Valsania per “il Sole 24 Ore”


    I leader dell’alta finanza americana scendono in campo contro Donald Trump e la sua amministrazione […].



    Bill Ackman, il fondatore del colosso dei fondi hedge Pershing Square con 15 miliardi di dollari di attività in gestione, ha scagliato strali contro il falco del protezionismo Howard Lutnick: il Segretario al Commercio, ha detto, ha gravi conflitti di interessi che lo vedono profittare di una crisi che minaccia di trasformarsi in un «inverno nucleare economico auto-indotto» […]
    La società di Lutnick, Cantor Fitzgerald, ha una vasta esposizione ai titoli obbligazionari, oggi protagonisti di rally in qualità di bene rifugio. Il j’accuse di Ackman è stato esplicito: «Ho capito perché Lutnick è indifferente al crash del mercato azionario e dell’economia.



    Lui e Cantor sono lunghi sui bond. Ci guadagna quando la nostra economia implode. È una pessima idea scegliere un Segretario al Commercio la cui società scommette sul rialzo del reddito fisso. È un conflitto di interessi irreconciliabile».

    Ackman ha anche chiesto alla Casa Bianca di correre ai ripari: ha invocato una immediata pausa di 90 giorni sulle tariffe, per dare tempo alla ricerca di soluzioni. E, in messaggi sulla piattaforma X di Elon Musk, stretto collaboratore di Trump, ha continuato: «Stiamo distruggendo la fiducia nel nostro Paese come partner nell’interscambio, come luogo dove condurre business e come mercato dove investire capitali». Ancora, dopo aver sostenuto la campagna e l’elezione di Trump ora ha dichiarato: «Non è questo ciò per cui abbiamo votato».



    Ackman è forse il più duro ma non il solo ad essere uscito allo scoperto per smarcarsi dall’amministrazione […].
    Critiche sono piovute da Jamie Dimon, Ceo e chairman di JP Morgan e considerato lo statista di Wall Street, e da Stanley Druckenmiller, repubblicano di vecchia data e “padrino” dell’attuale Segretario al Tesoro Scott Bessent.



    […] Dimon nella sua lettera annuale agli investitori ha messo in guardia dall’impatto negativo dei dazi su crescita e inflazione e sul più generale danno che causano ad alleanze economiche alla radice della «straordinaria posizione dell’America nel mondo».



    Dimon ha aggiunto che «se le tariffe causeranno una recessione rimane una questione aperta, ma freneranno la crescita». E che «prima la questione sarà risolta meglio è, perché alcuni effetti negativi sono cumulativi nel tempo e difficili da annullare».



    I suoi economisti hanno ormai previsto al 60% una recessione globale. Dimon ha poi ammonito che le valutazioni azionarie appaiono tuttora eccessive e vulnerabili, superiori alle medie storiche. «I mercati sembrano ancora assumere un relativo atterraggio morbido dell’economia. Non ne sono così sicuro».
    Druckenmiller ha da parte sua sconfessato la spirale tariffaria, mettendo nero su bianco sui social media di essere contrario a «dazi superiori al 10%». Vale a dire il minimo globale deciso da Trump da sabato scorso, senza le tariffe reciproche fino al 50% contro i maggiori partner da domani. […]

 

 

 

 

 

08.04.25
  1. Boom di esami la sera e nei weekend In un mese quasi 24 mila prestazioni
    alessandro mondo
    Se si aumenta l'offerta la risposta è immediata, anche se l'offerta è in orario serale o nei festivi. O proprio questo, stante la possibilità di non doverne usufruire in orario di lavoro.
    Pochi minuti per esaurire le offerte in aggiuntiva. Cioè prestazioni aggiuntive in orario extracanonico o extraconvenzionale che dir si voglia, come ulteriore leva per ridurre le liste di attesa. Ieri primo bilancio, da parte della Regione: quasi 24 mila prestazioni diagnostiche (visite/esami) in poco più di un mese, l'assessore alla sanità Federico Riboldi annuncia che si andrà avanti con lo stesso impegno per raggiungere il traguardo delle 50 mila entro fine giugno, come da cronoprogramma. Traguardo perchè se il modello si è già rivelato vincente - il mese scorso, quando i numeri erano più bassi, il Piemonte si era già guadagnato i complimenti del ministro della Salute Schillaci - la vera incognita è rappresentata dalla possibilità per le Asl di portarlo avanti oltre giugno, per varie ragioni. Primo, le risorse: prestazioni aggiuntive significa pagamenti aggiuntivi per il personale. Secondo: le ferie estive, che anche questa estate renderanno problematica la copertura dei turni ordinari nei reparti e negli ambulatori.
    Partita aperta, quindi. Intanto per altri tre mesi si andrà avanti. Soddisfatto Riboldi: «La riduzione delle liste d'attesa è la priorità che abbiamo indicato ai direttori generali delle Asr, unitamente all'equilibrio dei conti, che è il presupposto fondamentale per la sostenibilità del sistema sanitario. Nel bilancio di previsione 2025 le risorse per le liste d'attesa sono passate da 25 a 37 milioni. La struttura dell'assessorato lavora ogni giorno, con le aziende sanitarie, sul fronte del monitoraggio dei dati in tempo reale, con la Control room e il Responsabile unico dell'assistenza sanitaria, figura di raccordo con l'Osservatorio nazionale. Siamo orgogliosi che il ministro Schillaci abbia indicato il Piemonte come una delle Regioni più attive su questo fronte e rinnoviamo l'impegno per riportare la situazione sotto controllo».
    Particolarmente soddisfatto, tra i manager delle Asl, il commissario della Città della salute Thomas Schael: «Con quasi 6 mila prestazioni la nostra azienda effettua un quarto di quelle di tutto il Piemonte. Un grande risultato, di cui ringrazio tutti gli operatori e i professionisti che in questi mesi hanno dimostrato grande impegno e disponibilità. Proseguono le riunioni per un ulteriore taglio delle liste di attesa più critiche». A proposito di Città della Salute, Nursing Up, sindacato infermieri, lamenta la mancata assunzione degli operatori socio-sanitari (oss) e la mancata creazione di una squadra dedicata solo ai trasporti interni di pazienti e materiali sanitari, «per liberare gli oss da incarichi non pertinenti».
    Tornando alle liste di attesa, e alle prestazioni aggiuntive, fa fede la tabella riportata in questa pagina. Certamente un buon contributo per alleggerire le agende pubbliche. E questo, anche se in varie specialità restano ancora date per prenotarsi oltre l'anno di distanza, e a distanze sovente insostenibili.
  2. personale e strumenti: schael potenzia la gastroenterologia
    Ecografie, risonanze, tac, ecodopooler I cittadini apprezzano la flessibilità
    Un buon risultato, le quasi 24 mila prestazioni aggiuntive in extra-orario, e nello stesso tempo la conferma del problema: il punto debole della Sanità pubblica, parlando di liste di attesa, sono le visite/esami programmabili (disponibilità di posti permettendo); non urgenze che però, con il passare del tempo, promettono diventare urgenze.
    La scomposizione, per specialità, delle quasi 24 mila prestazioni di cui ha dato conto la Regione, è persino più interessante del dato complessivo, perchè getta luce sul tipo di domanda da parte dei cittadini. Asl Città di Torino: visite cardiologiche ed ecocardio, ecografie, radiografie, tac gli esami dove i recuperi in extraorario sono stati più significativi. Asl Torino 4: urologia, ortopedia, cardiologia, radiologia. Asl Torino 5: tac, eco, rx, mammografia, visite urologiche e cardiologiche. Mauriziano: qui vanno forte le prime visite otorinolaringoiatriche, ecocolordoppler e tsa.
    Un caso a sè è rappresentato dalla Città e della Salute della Scienza, che da sola ha "cubato", cioè evaso, quasi 6 mila prestazioni distaccando tutte le altre Asl/ospedali. Parliamo principalmente di esami strumentali: 1500 ecografie, 1000 risonanze, 1000 tac, 1000 ecodoppler. Lavori in corso sul fronte della gastroenterologia, spiega Thoimas Schael, il commissario, tra le specialità dove la domanda è maggiore. In particolare, con riferimento alle colonscopie e gastroscopie. Giù prevista la riorganizzazione delle quattro gastrologie aziendali, due al Molinette e due al San Giovanni Antica Sede, con rafforzamentodegli organici e strumentazioni all'avanguardia. Quando annuncia di continuare a lavorare sul fronte di un ulteriore taglio delle liste di attesa più critiche il commissario fa riferimento anche a questo fronte.
    Nel frattempo si attende la formalizzazione delle offerte per la riforma del Centro unico prenotazioni (Cup), un'altra leva, non risolutiva ma complementare, per velocizzzare il sistema tramite un software di nuova generazione potenziato con l'Intelligenza artificiale (Ai). Già chiusa, invece, la prima gara: quella per il personale del call center. ale.mon .
  3. Moncalieri, il 25enne fermato dalla polizia municipale e segnalato alla Prefettura come consumatore di stupefacenti
    Compra cocaina, il nonno lo denuncia "Un gesto d'amore per mio nipote"
    erika nicchiosini
    Era sceso in strada per cercare il nipote. Lo ha fatto perché lo aveva cercato in casa e non trovandolo ha subito immaginato quale potesse essere il motivo della sua assenza. Lo ha visto mentre si attardava in maniera sospetta sul ciglio della strada, con un ragazzo di colore alla guida di un monopattino. Poi lo scambio repentino. Qualcosa che passa da una mano all'altra. Qualcosa che quel nonno preoccupato per il nipote ha subito immaginato potesse essere della droga. Così si è avvicinato, lo ha chiamato, quasi strattonato. Lo ha fatto voltare e gli ha spiegato che quello che stava facendo «lo amareggiava e lo riempiva di vergogna».
    Poi, con coraggio, ha deciso di fare ancora di più nel tentativo di dare al ragazzo una direzione diversa, una strada nuova. Ha deciso di denunciare l'accaduto alla polizia locale e di segnalarlo agli agenti come assuntore abituale. Nel suo cuore di nonno, una sola speranza: non dover mai più vedere quel suo nipote, appena ventenne, acquistare per strada una dose di cocaina.
    Tutto si è svolto sotto la luce del sole, nel fine settimana, a Moncalieri.
    Via Roma, nel cuore di Borgo San Pietro, è una zona popolosa e complessa, che tra case basse e palazzoni si estende fino al confine con piazza Bengasi. Un'area delicata e da sempre «sotto la lente» della polizia locale. Ancor più da quando, a causa dei cantieri infiniti della metropolitana, parte dello spaccio si è spostato sul lato moncalierese di piazza Bengasi, lambendo anche via Sestriere e via Roma. Tanto da spingere il sindaco Paolo Montagna a scrivere al Prefetto affinché anche quella porzione di territorio venisse inserita tra le «zone rosse» di Torino. Strade e piazze dove si concentra la microcriminalità.
    Il resto è cronaca. Da qualche tempo i residenti segnalavano strani movimenti di giovani nordafricani su monopattini che si fermavano in strada per brevi contrattazioni con giovani del quartiere per poi dileguarsi rapidamente. Ed è stato proprio durante un'operazione contro lo spaccio di stupefacenti, mentre gli agenti stavano seguendo i movimenti della «banda in monopattino», che si è consumato il dramma familiare. Dopo aver bloccato il nipote, il nonno ha visto i poliziotti, li ha chiamati, ha spiegato loro quanto stava accadendo e ha fornito le generalità del ragazzo mentre il nordafricano che aveva provato a vendergli la droga scappava in monopattino, tallonato da una pattuglia. Un breve inseguimento che è terminato di lì a poco con il fermo del pusher, poi finito in manette.
    Nonno e nipote, invece, sono stati accompagnati negli uffici della polizia locale. Dopo l'identificazione il 25enne è stato segnalato alla Prefettura come assuntore di stupefacenti. Per lui si aprirà ora un percorso che lo porterà ai colloqui con lo psicologo e al Serd. Agli agenti, quasi in lacrime, il nonno ha raccontato il lungo calvario vissuto con quel nipote cresciuto tra difficoltà e tentativi, insieme alla madre, di riportarlo sulla retta via. Segnalarlo è stato «un gesto d'amore, la speranza di aiutarlo a rimettersi in carreggiata». —
  4. L'operazione dei militari della Guardia di Finanza: otto denunciati Commercializzavano computer e software emettendo false fatture
    Da Torino a Panama e Cuba Il risiko delle sette società per frodare 9 milioni al Fisco
    caterina stamin
    Si erano inventati il risiko delle sette società. Da Torino vendevano i loro computer a Cuba, passando per Regno Unito e Panama. E così erano riusciti a nascondere al Fisco 6 milioni di euro, con conseguente illecito risparmio di imposta di un milione e mezzo. A svelare l'intreccio internazionale è stata la Guardia di Finanza che con l'operazione "Cuba libre", coordinata dalla Procura, ha dato un nome e un volto a otto indagati, tra imprenditori e complici, responsabili della frode fiscale.
    Tutto sarebbe nato dall'ingegno criminale di due torinesi, che avrebbero commercializzato prodotti informatici tramite la "Ma Computer srl". Una società con sede in via Sineo, nel quartiere Vanchiglia. Vent'anni fa uno dei due imprenditori avrebbe fatto un viaggio in America centrale, dove avrebbe conosciuto un alto funzionario del governo cubano. Aveva così scoperto che nell'isola vigeva l'embargo per i computer. Ma non si era lasciato spaventare dalla misura. Anzi, con il complice aveva architettato un sistema di interposizione per aggirarla e, allo stesso tempo, evadere le imposte.
    Come funzionava la frode? I due torinesi hanno creato società fittizie in Inghilterra, a cui vendevano computer e software di grandi marche, come Hp e Lenovo. A loro volta le società inglesi rivendevano a Panama, che spedivano a clienti cubani. Et voilà, il "gioco", o meglio, la frode è fatta: i guadagni - gonfiati da una vendita all'altra - sparivano dietro all'emissione di fatture relative a vendite fittizie. Nella realtà, la merce viaggiava direttamente per l'Avana, senza mai passare né da Londra né da Panama. Risultato? Un guadagno in "nero", che finiva su un conto in Svizzera riconducibile ai due torinesi, di 6 milioni di euro. La stessa tecnica è stata utilizzata anche da altre 3 società, che hanno occultato al Fisco altri 3 milioni di euro.
    L'indagine della Guardia di Finanza partiva da una verifica dell'Agenzia dell'entrate sulla "Ma Computer srl". I militari, delegati dalla Procura, hanno svolto accertamenti e perquisizioni informatiche e domiciliari. Sono arrivati a casa di uno dei due indagati, dal 2017 fiscalmente residente in Svizzera ma proprietario di un immobile a Vercelli. E qui hanno trovato i certificati di proprietà azionari della società panamense. Così, sono risaliti agli intrecci con le altre società e hanno svelato tutta la frode. Sono otto gli imprenditori accusati di emissione e utilizzo di fatture false o altri documenti per operazioni inesistenti: i due principali indagati hanno già versato 1,7 milioni di euro all'Erario per sanare la loro posizione fiscale.
    Nel corso dell'inchiesta è anche finita sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti la posizione di altro uomo, denunciato per estorsione: aveva prestato un'ingente somma di denaro ai due torinesi e li ricattava minacciando di rivelare la loro truffa: «Se non mi date i soldi io vado all'Agenzia delle Entrate e dico tutto». Nelle mail i due manager si aggiornavano sui pagamenti trimestrali al ricattatore: «Ho pagato l'estorsione». E ancora: «Ho fatto il bonifico per il ricatt
  5. La consulenza stilata dalla Scientifica sull'arma trovata a Franco D'Onofrio: "I proiettili del delitto e quelli della prova da sparo sono compatibili"
    Dal modello alle tracce lasciate sulle ogive Così la P38 può cambiare la storia su Caccia
    giuseppe legato
    Matricola J665451 fabbricata negli Stati Uniti, importata in Italia nel 1979, la P38 special Smith&Wesson, modello "Bodyguard" trovata nel controsoffitto di una cantina dentro una stabile di Moncalieri, via Bellini 12, ha, secondo la polizia scientifica di Roma «una compatibilità di classe d'arma con i proiettili calibro 38/357 rinvenuti sulla scena dell'omicidio del Procuratore di Torino Bruno Caccia". In questi termini: «stesso calibro, numero di rigatura e andamento destrorso». A margine: «È in ottime condizioni di conservazione e idonea all'uso». Di più : «I proiettili rinvenuti sulla scena dell'omicidio sono compatibili con quelli generati dai test della prova da sparo effettuata con l'arma sequestrata».
    La conclusione della consulenza balistica ordinata dalla procura di Torino è nero su bianco negli atti depositati a corredo dell'inchiesta che ha portato in carcere (per mafia), l'uomo che abitava in quello stabile e cioè Franco D'Onofrio, 69 anni, originario di Moncalieri.
    Le striature sulle ogive sono cinque ora come allora. Le misure dei solchi tra una e l'altra striscia impressa nelle fasi di movimento della cartuccia nell'arma, sono simili a quelle rilevate dai consulenti che analizzarono i proiettili sparati contro il magistrato. All'epoca la misura del solco rilevata dagli specialisti forensi era di 2,5 millimetri. Le rilevazioni attuali spaziano «da 2,46 mm a 2,61» si legge agli atti del documento della scientifica.
    Il 22 novembre 1978 viene venduta alla ditta Polak Winters (San Francisco, California). Viene importata in Italia l'anno successivo dalla ditta "Armi&Sport". Due mesi dopo – ad aprile '79 – viene acquisita dall'armeria Polisport di Moncalieri, corso Roma, civico 88 a ridosso di piazza Bengasi, a qualche decina di metri dall'attuale residenza di D'Onofrio.
    L'attività di rivendita è cessata nel 1990 motivo per il quale, si scopre dalle carte investigative, «non è stato possibile al momento reperire il soggetto a cui poi è stata venduta».
    Si sa, però che la nascondeva nell'incavo di un mattone forato, avvolta in un panno e accompagnata da 8 proiettili risalenti al 1982 di fabbricazione jugoslava, Francesco D'Onofrio, indagato da due mesi dalla procura di Milano che ha riaperto le indagini sull'omicidio del procuratore. Si sa, ancora, che da almeno 25 anni non è stata utilizzata in fatti di sangue. Lo testimonia l'esito negativo emesso dalla banca dati Ibis, un enorme archivio di reperti di crimini, omicidi, attentati, nella quale gli esiti dell'indagine balistica sulle ogive sono stati riversati. Chiosano dalla scientifica: «L'alimentazione della banca dati, si precisa, è iniziata nel 2005 circa».
    Adesso tocca alla procura di Milano chiedere che venga disposto un accertamento tecnico irripetibile per cercare conferme (o smentite) con carattere di terzietà ulteriore.
    Se quella – come la Scientifica suggerisce – può essere una delle due pistola che hanno sparato al procuratore di Torino lo si apprenderà a breve. Ma se così fosse, vien da chiedersi perchè D'Onofrio, uomo di raffinata intelligenza applicata – anche – al crimine organizzato di cui (in ipotesi d'accusa) è boss assoluto in Piemonte, l'abbia tenuta per così tanto tempo magari cosciente che rappresentasse un elemento fortemente indiziario di una possibile responsabilità. La custodiva per conto di altri?

 

 

07.04.25
  1. È tempo che le grandi aziende farmaceutiche vengano allo scoperto

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    È giunto il momento che le grandi aziende farmaceutiche rivelino cosa e quando erano a conoscenza degli effetti avversi delle iniezioni di mRNA.

    In qualità di presidente della sottocommissione permanente sulle indagini (PSI), ho inviato lettere a Moderna, Pfizer, BioNTech e Johnson & Johnson chiedendo documenti e comunicazioni sullo sviluppo e la sicurezza dei vaccini contro il COVID-19.

    Queste aziende hanno ricevuto miliardi di dollari dei contribuenti per produrre e distribuire vaccini COVID-19. Questi vaccini finanziati a livello federale sono stati da allora associati a segnalazioni di miocardite, pericardite, trombosi con sindrome da trombocitopenia e sindrome di Guillain-Barré.

    LEGGI : The Federalist : "Il senatore Ron Johnson indaga sullo 'sviluppo' e sulla 'sicurezza' dei vaccini Covid della Big Pharma"

     

    Podcast ICYMI

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    Nel programma Triggered con Donald Trump Jr. abbiamo parlato della Corte Suprema del Wisconsin e del motivo per cui il Congresso deve esaminare la spesa voce per voce, proprio come fa un'azienda.

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    Nel Charlie Kirk Show ho parlato del processo di bilancio, dei tagli alla spesa e della "grande, bellissima legge".

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    Nel The Sean Spicer Show ho spiegato perché abbiamo urgente bisogno di tornare ai livelli di spesa precedenti alla pandemia.

     

 

 

 

 

 

06.04.25
  1. Da Disney a Carlyle, si cercano soluzioni al caos Interno
    I colossi americani ora temono The Donald
    Fabrizio Goria
    Corporate America ora ha paura di Donald Trump. E non sa nemmeno come comportarsi nei suoi confronti per fronteggiare il possibile impatto dei dazi doganali entrati in vigore ieri. I maggiori colossi industriali statunitensi fanno fatica a capire come reagire al caos che si è venuto a creare sui mercati finanziari. Ma anche sotto il profilo imprenditoriale, c'è poca chiarezza su cosa fare in questa fase, che sta costando alle società più di quanto avrebbero immaginato a inizio anno.
    Una delle voci più autorevoli a parlare è stata quella dell'amministratore delegato di Disney, Bob Iger. In una riunione coi vertici tenutasi giovedì scorso, dopo l'annuncio sulle tariffe da parte di Trump, Iger ha espresso «ampie preoccupazioni su ciò che potrà essere il futuro del Paese». Questo perché riportare la produzione all'interno dei confini statunitensi, come vorrebbe il presidente Trump, sarebbe più difficile del previsto. Sia per motivi di costi logistici sia per ragioni di ricerca di competenze professionali specificate.
    Il peggio potrebbe non essere ancora arrivato. Come rilevato dal Financial Times domani il Carlyle Group terrà una «call speciale sull'ambiente globale degli investimenti» con i principali investitori, in cui il cofondatore David Rubenstein e altri due dirigenti presenteranno una strategia per affrontare i dazi. Con l'intenzione di mitigare "L'effetto Trump" sui mercati internazionali. —
  2. Salgono a 9 i minori morti al parco giochi. Il presidente: "Deluso dalla reazione Usa"
    Krivy Rih , si aggrava il bilancio del raid Zelensky: "La Russia uccide i bambini"
    Giuseppe Agliastro
    Mosca
    Zelensky punta con forza il dito contro il Cremlino: «La Russia non vuole una tregua e noi lo vediamo. Lo vede il mondo intero», dichiara. Ma il presidente ucraino ne ha anche per gli Usa di Trump: «La reazione dell'ambasciata americana è spiacevolmente sorprendente: un Paese così forte, un popolo così forte, e una reazione così debole», afferma Zelensky. «Hanno persino paura di dire la parola "russo" quando si parla del missile che ha ucciso i bambini».
    Zelensky sta parlando della sua città natale, Kryvyi Rih, da dove i giornali di tutto il mondo pubblicano tremende immagini di morte: corpi senza vita che giacciono a terra coperti da un telo nero, persone che piangono disperate. Venerdì sera le truppe russe hanno colpito con un missile balistico vicino a un'area per bambini facendo strage di innocenti, denunciano le autorità ucraine.
    Il bilancio ufficiale delle vittime è di almeno 18 morti e 72 feriti, e tra coloro che sono stati uccisi ci sono anche 9 tra bambini e ragazzini, afferma Kiev: vite spezzate in tenera età di figli, nipoti, fratelli e sorelle che avevano fra i tre e i 17 anni. Ma l'Ucraina denuncia anche un secondo raid sulla città, stavolta di droni, con la morte di un'altra persona e il ferimento di 7. «È un dolore che non augureresti al tuo peggior nemico», dichiara il governatore mentre vengono annunciati tre giorni di lutto nazionale.
    Mosca - senza fornire prova alcuna - sostiene di aver ucciso 85 soldati in un presunto «attacco di precisione» su un ristorante «dove si stavano incontrando comandanti» ucraini «e istruttori occidentali». «Informazioni false», replica subito Kiev accusando Mosca di "crimini di guerra" per aver colpito in pieno un parco giochi. Il Cremlino nega che il suo esercito colpisca i civili, ma così facendo nega l'evidenza, e secondo l'Onu sono almeno 12.500 i civili ucraini uccisi dall'inizio della guerra.
    Da Kryvyi Rih arrivano testimonianze terribili, assolutamente incompatibili con le dichiarazioni di Mosca. «Le persone sono state bruciate vive nelle loro auto, vicino alle loro case. Nel parco giochi abbiamo visto i corpi senza vita di molti bambini: è stato straziante», racconta il paramedico di Medici Senza Frontiere, Yevhen Blinnikov. «C'erano bambini morti che giacevano lì, genitori che piangevano, è stato orribile», dice una donna alla Reuters.
    L'Alta rappresentante Ue Kaja Kallas parla di «immagini tragiche e disumane» che mostrano come «la Russia continui a distruggere l'Ucraina, senza alcun interesse per la pace». E Zelensky accusa a sua volta Mosca di non volere una tregua. Gli Usa si dono detti «inorriditi», ma il post dell'ambasciatrice Brink non è piaciuto al presidente ucraino, che ha accusato la diplomatica di non aver puntato il dito esplicitamente contro il Cremlino: «Sì, la guerra deve finire. Ma per finirla non dobbiamo aver paura di chiamare le cose con il loro nome», ha tuonato. «Rimanere in silenzio sul fatto che è la Russia a uccidere i bambini con missili balistici è sbagliato e pericoloso. Non fa che incoraggiare la feccia di Mosca a continuare la guerra e a ignorare la diplomazia». Parole che arrivano mentre la proposta di tregua sostenuta dagli Usa giace senza risposta sulla scrivania di Vladimir Putin.
    Ieri intanto Zelensky ha incontrato i comandanti degli eserciti francese e britannico per discutere l'idea di schierare militari in Ucraina per far rispettare un eventuale accordo che metta a tacere i cannoni. Zelensky parla di «progressi», ma finora la Russia si è sempre detta contraria alla presenza di soldati Nato in Ucraina. —
  3. Le prove diffuse dal New York Times. L'Idf sosteneva che i veicoli colpiti non erano riconoscibili Domani il premier Netanyahu vola da Trump a Washington: parleranno di dazi, ostaggi e Iran
    Soccorritori uccisi a Gaza un video smentisce Israele "Si vedono le ambulanze"
    La dinamica del 23 marzo
    Fabiana Magrì
    Sette minuti, gli ultimi nella vita di un paramedico della Mezzaluna Rossa palestinese, sembrano sgomberare il campo dai dubbi su un controverso evento - uno dei più controversi dall'inizio della guerra a Gaza - avvenuto lungo una strada a Tel Al-Sultan, quartiere di Rafah, il 23 marzo. E smentisce un dettaglio chiave: le ambulanze e l'autopompa dei vigili del fuoco attaccate dalle forze di Tsahal viaggiavano con le luci di emergenza accese. Erano insomma chiaramente identificabili come mezzi di soccorso. Il portavoce militare israeliano, invece, aveva più volte insistito che i veicoli, in transito tra la fine della notte e il sorgere del giorno, fossero stati considerati sospetti proprio perché in movimento a fari spenti.
    Dopo la pubblicazione del video che documenta l'episodio e fa luce su nuovi dettagli, il maggiore della Divisione Gaza e quello del Comando meridionale dell'esercito hanno riesaminato il caso e oggi presentano i risultati al ramatkal, il capo di Stato Maggiore Eyal Zamir. Infine renderanno pubbliche le conclusioni su quello che definiscono un «complesso incidente». Ma le attenuanti e le spiegazioni che i militari israeliani hanno già anticipato alla stampa rischiano di restare rumore di fondo, coperto dal fragore di ciò che suona come una falsità.
    Il filmato che documenta quei sette minuti è stato ricavato dal cellulare rinvenuto sul corpo di uno degli uomini uccisi dal fuoco delle forze israeliane. I giornalisti Farnaz Fassihi e Christoph Koettl del New York Times l'hanno ottenuto da un diplomatico delle Nazioni Unite che ha chiesto di restare anonimo. Il quotidiano Usa ha verificato l'ora e il luogo del video. Il nome del medico che stava registrando la scena non è stato rivelato - secondo il funzionario Onu citato dal Nyt - per paura di ritorsioni da parte di Tsahal sulla famiglia del paramedico.
    La riscostruzione dell'esercito israeliano conferma la presenza di soldati riservisti della Brigata Golani, impegnati in un'imboscata ad Hamas nei pressi di Tel Al-Sultan, intorno alle 4 del mattino. Mezz'ora dopo un veicolo della polizia di Hamas ha attraversato la zona, i militari hanno sparato contro gli agenti, ne hanno ucciso uno, catturati e interrogati altri due, e l'auto è rimasta sul ciglio della strada.
    Dopo l'operazione, continuano le fonti militari israeliane, «diverse ambulanze e mezzi civili, in coordinamento con le nostre forze, sono transitati senza incidenti». Verso le 6, alle prime luci dell'alba, il convoglio di ambulanze e pompieri è arrivato nella zona. Un avvertimento è stato sollevato alle forze sul terreno dagli operatori dei droni di sorveglianza. Quando i soccorritori si sono fermati accanto al mezzo abbandonato di Hamas per individuare eventuali vittime da soccorrere, i soldati hanno aperto il fuoco. Le raffiche di colpi registrate dal cellulare del paramedico palestinese sono andate avanti per diversi minuti. Secondo il portavoce di Tsahal, il comportamento dei soldati subito dopo l'episodio dimostrerebbe la buona fede: «I corpi sono stati identificati, raggruppati e coperti sotto la sabbia per metterli al riparo dagli animali. Contestualmente sono state avvisate le Nazioni Unite ed è stata comunicata la località dove recuperare i corpi».
    Ma ci sono altri dettagli che restano da chiarire. Ad esempio, il motivo per cui ruspe militari israeliane e un escavatore abbiano completamente distrutto le ambulanze. E venerdì, in una conferenza stampa a Ramallah, il capo della Mezzaluna Rossa palestinese, Younis Al-Khatib ha accusato Israele di averli «tenuti all'oscuro per otto giorni» sulla posizione dei corpi.
    Su tutt'altri dossier è impegnato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dopo la visita a Budapest dall'omologo Viktor Orban durante la quale hanno rivendicato la loro indifferenza alle disposizioni della Corte penale internazionale. Domani Bibi dovrebbe raggiungere l'alleato Usa, il presidente Donald Trump. Una fonte politica ha detto al sito di notizie Ynet che l'incontro è in programma e che la data così ravvicinata sarebbe stata proposta dalla Casa Bianca. Si prevede che i due parleranno dei dazi imposti dagli Usa a Israele, degli ostaggi, dell'Iran e del coinvolgimento della Turchia in Siria. Secondo l'analista politico di Ynet, Nadav Eyal, Israele sta ricevendo resoconti definiti «inquietanti» da fonti israeliane sui contatti indiretti tra Stati Uniti e Iran sulla questione nucleare. «Gerusalemme - suggerisce Eyal - vuole assicurarsi che, se verrà scelta la via diplomatica, lo schema sarà rigoroso».
    Dopo che ieri Hamas ha rilasciato un video su Bar Kupershtein e Maxim Herkin, primo segno di vita per entrambi da quando sono stati rapiti il 7 ottobre, il capo dell'opposizione Yair Lapid ha osservato invece che «Netanyahu dovrebbe avere un solo obiettivo durante la visita a Washington: riportarli a casa». E l'ex ostaggio Gadi Mozes, durante le nuove manifestazioni a Tel Aviv a kikar Hatufim, la piazza dedicata all'attivismo per i rapiti, ha chiesto al governo: «Fermate la guerra e fate tornare tutti indietro, adesso». —
  4. Vladimiro Zagrebelsky
    Orban, Bibi e il gran rifiuto all'Aja così si minacciano i diritti umani
    Così su La Stampa
    Fino a quando, Orban, abuserai della pazienza dell'Unione? Di cui hai voluto far parte e da cui trai vantaggio? Il patto che lega i ventisette Stati membri indica il terreno fondamentale comune, quello che dà ragione dello stare insieme: condizione e scopo.
    Il Trattato, che tutti hanno sottoscritto, indica che l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della liberta?, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Gli Stati hanno accettato tali principi e dichiarato di assistersi reciprocamente, in leale collaborazione. Difficoltà di accordo sui diversi temi si presentano naturalmente, tanto più dopo il grande allargamento del 2004. Essenziale è che il metodo per superarle si fondi sulla leale collaborazione.
    Da tempo invece vediamo che l'Ungheria di Orban impedisce il normale funzionamento dell'Unione, approfittando della regola della unanimità per le decisioni del Consiglio europeo, stabilita per molte materie nei trattati dell'Unione. Minaccia il voto contrario, per costringere a concedere vantaggi economici o politici. Le trattative si trascinano, i testi diventano sempre più annacquati, le decisioni diventano dichiarazioni. E poi, come abbiamo visto, magari il rappresentante ungherese accondiscende ad allontanarsi dalla sala per non votare, né sì, né no. Non solo, ma l'Ungheria viola regole fondamentali dello Stato di diritto e della democrazia. E la Corte di giustizia dell'Unione ha dovuto costatare gravi violazioni, per esempio nella materia delle politiche di asilo dei migranti e delle regole dello Stato di diritto, così da spingere la Commissione europea a sospendere l'erogazione di fondi europei, per proteggere il bilancio e il funzionamento dell'Unione.
    Per affrontare casi come questi, all'origine quasi impensabili, il Trattato prevede che lo Stato membro trovato in violazione possa essere sospeso dai diritti derivanti dalla appartenenza all'Unione. Ma la complessa procedura di costatazione di una violazione grave e persistente dei valori fondanti sopra richiamati, per concludersi richiede il voto unanime degli Stati membri. Finora nessuna procedura ha potuto concludersi. E certo non è realistico pensare ora a una modifica di quelle disposizioni del Trattato, nel senso di rendere più facile (cioè a maggioranza) la presa d'atto che uno Stato membro, con il suo comportamento, si è posto fuori della comunità. Né sarebbe più facile intraprendere la via della decisione di porre termine al Trattato nei confronti dell'Ungheria, o sospenderlo, secondo quanto prevede il diritto internazionale generale definito dalla Convenzione sul diritto dei trattati: decidere, cioè, che è stato creato un fondamentale mutamento delle circostanze che all'origine hanno costituito una base essenziale per il consenso delle parti ad essere vincolate dal trattato. Non, quindi, con gli strumenti delle procedure giuridiche, ma con la determinazione e anche la fantasia operativa che offre la politica, soprattutto quando la patria europea è messa in pericolo e i tempi sono calamitosi.
    Faranno finta di niente i vertici politici dell'Unione e dei singoli Stati membri anche di fronte all'ultimo grave, provocatorio atto di Orban? Invece di dare esecuzione (o dichiarare che lo avrebbe fatto) all'ordine di arresto emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti del capo del governo israeliano, egli non solo lo ha ricevuto a Budapest, ma ha annunciato l'inizio della procedura per portare l'Ungheria fuori del sistema che ha creato la Corte. Si tratta della Corte istituita e accettata (da oltre 120 Stati) per giudicare coloro che sono accusati di genocidio, crimini di guerra o contro l'umanità, aggressione. Come è noto alcuni governi ritengono che comunque un capo di Stato o di governo non possa essere arrestato. Ma l'atto di Orban, con il rifiuto della Corte internazionale, è una intollerabile sfida nei confronti dell'Unione europea. Ancora nel dicembre scorso l'Ungheria aveva partecipato alla approvazione di una dichiarazione di appoggio alla Corte, da parte degli Stati che ne sono membri. Quei crimini sono i più gravi e disumani, quelli la cui punizione non tollera eccezioni, né bilanciamento con contrari interessi politici. E nemmeno prevalenza di interessi nazionali. L'istituzione della Corte penale internazionale è tesa proprio a distinguere quei crimini assoluti da tutti gli altri. Orban nel contrastare quel passo avanti sul terreno della civiltà giuridica ha raggiunto gli Stati che, in contrasto con tutti gli Stati dell'Unione europea, non hanno voluto accettarlo (tra gli altri gli Usa, la Russia, la Cina, l'India, Israele). L'Italia, rifiutando recentemente di eseguire l'arresto del libico Almasri, ordinato dalla Corte internazionale, ha seguito altro metodo: quello dell'ipocrisia di imbarazzanti argomenti processualistici proposti dal ministro della giustizia in Parlamento; per non avere il coraggio di assumere la responsabilità del rifiuto. Orban quel coraggio l'ha avuto. Ma non è facile apprezzarlo. Non dovrebbe anche questo esser superato con una semplice, infastidita, rassegnata alzata di spalle da parte degli altri membri dell'Unione. Per rispetto dell'Unione, di cui siamo parte.

 

 

05.04.25
  1. Nei dati Istat di febbraio fanno peggio di tutti i negozi, giù anche supermarket e acquisti online
    Le famiglie italiane stringono la cinghia Consumi -2,5%, per gli alimentari -2,9%
    Luigi Grassia
    È probabile che la guerra dei dazi scatenata da Trump faccia aumentare i prezzi e provochi anche una recessione, ma purtroppo c'è già un dato certo: tutto questo avverrà in un'Italia dove fin da adesso le famiglie tirano la cinghia e riducono i consumi, persino quelli alimentari, e lo fanno in tutti i canali di acquisto, dai negozietti sotto casa alle transazioni online. Le vendite al dettaglio, certifica l'Istat, a febbraio hanno subìto un netto calo rispetto allo stesso mese di un anno fa: in volume sono diminuite del 2,5% e in valore del'1,5%. La contrazione coinvolge quasi tutte le categorie merceologiche, e a fare peggio in assoluto sono gli articoli da viaggio (-6,2% in valore rispetto a febbraio 2024). Gli unici a salvarsi sono i prodotti di profumeria e cura della persona (+1,7%); stazionari gli elettrodomestici, radio e tv; negativi tutti gli altri prodotti, inclusi gli alimentari (-0,4% in valore e addirittura -2,9% in volume).
    Quanto ai canali di acquisto, a essere più colpiti sono i negozi e i minimarket (-2,4%) seguiti dagli ambulanti (-2,2%) e dal commercio elettronico (-1,9%); in coda la grande distribuzione con un calo meno marcato (-0,5%) ma comunque presente.
    Le associazioni dei consumatori parlano di «numeri allarmanti», che si traducono in «un taglio della spesa e una dieta forzata»: così Unc e Assoutenti, calcolano che solo considerando gli acquisti di cibo e bevande si tratta di -183 euro annui a famiglia. Se poi si includono anche i prodotti non alimentari (-451 euro), il totale sale a -634 euro spesi. La media è ancora più alta, e arriva a -910 euro, per le coppie con due figli.
    Questi dati «dimostrano ancora una volta l'impatto dell'inflazione sui consumi e sul potere d'acquisto», dicono il Codacons e l'Adoc. Federconsumatori sottolinea che «si riduce del 16,9% il consumo di carne e pesce, e gli acquisti si spostano verso cibi meno costosi».
    Confesercenti lancia l'allarme per «il tracollo dei piccoli negozi». Confcommercio evidenzia che «le vendite al dettaglio sono ferme ai livelli del terzo trimestre del 2023, peraltro già allora al di sotto dei valori di fine 2022. E Federdistribuzione osserva che «è fondamentale rispondere alle sfide con una visione unitaria europea, con l'obiettivo di sostenere le nostre filiere produttive e il potere d'acquisto dei cittadini». —
  2. Una suprematista dietro ai licenziamenti in massa nei servizi di Sicurezza
    Trump caccia il capo delle cyber spie a convincerlo la complottista Loomer
    Iacopo Luzi
    Washington
    Fra gli esautorati ci sarebbe anche il generale Timothy Haugh, direttore della Nsa (National Security Agency), la potente agenzia di sicurezza nazionale americana, famosa per le sue attività di cyberspionaggio. Qual è il criterio per essere vittime delle purghe trumpiane? Tutto dipende da quanto si è ritenuti leali al presidente repubblicano. Nel caso di Haugh, il problema del licenziamento sarebbe che il direttore del servizio di Sicurezza nazionale è stato scelto da un ex generale dell'amministrazione Biden. Poco importa la competenza, dunque, l'esperienza o l'anzianità. Quello che conta è come il tycoon e la sua cerchia, anche i membri più controversi dell'inner circle, percepiscono chi lavora con loro. Parliamo ad esempio di individui come Laura Loomer, 31 anni, famosa per le sue posizioni estremiste e cospirazioniste, come credere che l'attacco terroristico dell'11 settembre del 2001 sia stato un'operazione interna del governo statunitense. Sarebbe lei, suprematista bianca, la responsabile della cacciata di almeno 5 dipendenti del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca, e dell'allontanamento dall'Agenzia di Sicurezza nazionale di Haugh e della sua vice.
    Dopo aver presentato a Trump una lista di persone da eliminare, lo scorso mercoledì, Loomer ha bollato i dipendenti da licenziare come «neo-conservatori» e «sleali» nei confronti di Trump. L'estremista sembrava essere stata allontanata dopo le elezioni, invece le indiscrezioni di questi giorni rivelano che è ancora molto vicina al presidente. Trump darebbe retta ai suoi suggerimenti. E Loomer, intanto, promette di fare nuovi nomi di "infedeli" da cacciare. Nell'amministrazione, ora, nessuno potrà davvero fare sonni tranquilli. —
  3. Le rivelazioni del pentito Pasquino tirano in ballo il giudice Padalino e l'ex generale Delfino: "Così passavano informazioni ai nostri avvocati"
    La verità dell'ex broker della 'ndrangheta "Magistrati e 007 ci svelavano le indagini"
    giuseppe legato
    torino
    Avvocati piemontesi e calabresi in contatto con magistrati, servizi segreti, ex ufficiali delle forze dell'ordine. È lunga la lista di presunte talpe della ‘ndrangheta secondo il neo collaboratore di giustizia Vincenzo Pasquino, narcos legato alle famiglie di Platì e San Luca, che, da un anno, collabora con le direzioni distrettuali antimafia di mezza Italia.
    Un'asserita rete raccontata in alcuni dei verbali depositati nell'ambito dell'ultima inchiesta contro le cosche portata a termine dal Gico della Guardia di Finanza di Torino.
    È il 25 maggio scorso quando Pasquino, affiliato alle cosche di Volpiano nel Torinese, sentito dai magistrati di Catanzaro racconta: «Con il mio gruppo avevamo avvocati che ci comunicavano notizie provenienti dalla magistratura, in particolare l'avvocato Staiano ma soprattutto l'avvocato Bertolino del foro di Torino che proprio ci dava le notizie delle indagini». Fa degli esempi: «L'avvocato Staiano (Salvatore Staiano già indagato dalla Dda di Catanzaro), quando si pentì Belnome (Antonino, boss lombardo ndr), che si era accusato dell'omicidio di Carmelo Novella, Staiano subito avvisò i Vitale che stava parlando anche di noi di Torino».
    Aggiunge: «Anche quell'avvocato di Guardavalle (Rc), che è nostro di famiglia, pure ci dava informazioni. Quello però che proprio ci dava le notizie era l'avvocato Bertolino, che proprio ci dava le notizie perché aveva il rapporto stretto con il giudice Padalino, che avevano affari per i viaggi a Lourdes con Renatino Macri (altro boss delle cosche calabresi a Torino, ndr) e la moglie che organizzavano i pellegrinaggi».
    Nel racconto dell'ex boss c'è ancora «un avvocato di Locri alto e magro che ha il padre fortissimo in Cassazione», ma soprattutto «gli Assisi (altra famiglia di broker della ‘ndrangheta torinese, ndr) mi avevano detto che i platioti (di Platì, Rc) avevano i rapporti con Delfino, inteso l'appartenente all'Arma che gli ha lasciato i rapporti con i servizi (l'ex generale Francesco Delfino)».
    Pasquino si rende conto del peso delle sue dichiarazioni e così le motiva: «Molti precedenti collaboratori non le hanno toccate queste persone, proprio perché sapevano che avevano paura del fatto che avevano dietro i servizi segreti. Io so che anche un boss di San Luca aveva rapporti coi Servizi». Infine: «Anche le microspie a casa mia le trovai grazie all'avvocato Bertolino». È questo l'unico fatto di quelli elencati sul quale - al momento - vi è un riscontro investigativo, sul resto non è dato sapere se dalle procure di Catanzaro e Torino siano state effettuate trasmissioni di atti ad altre procure competenti sui magistrati. L'avvocato Pierfranco Bertolino, importante penalista, è morto l'8 novembre del 2019, il giorno prima che la procura di Torino gli notificasse, nell'ambito dell'inchiesta dei carabinieri del nucleo investigativo ribattezzata "Cerbero", la misura cautelare dell'interdizione dalla professione. Era accusato di aver svelato al gruppo di Pasquino, attraverso un suo assistito l'esistenza di una maxi-inchiesta per traffico internazionale di droga legato ai potenti narcos Assisi. I carabinieri, all'epoca guidati dal maggiore Vincenzo Bertè, stavano intercettando i boss e captarono – nelle conversazioni – come gli indagati conoscessero il nome della magistrata titolare di quell'inchiesta, il reato per cui si stava procedendo (anche) nei loro confronti e cioè associazione finalizzata al traffico internazionale di droga, i bersagli». Così in una mansarda di via Spontini, a Torino, casa di Pasquino e centro nevralgico di tutti gli affari legati alle cosche e all'invio di rilevanti quantitativi di cocaina fu effettuata una profonda bonifica. Gli indagati trovarono le microspie ambientali, le frasi intercettate divennero vaghe. E l'inchiesta subì, all'epoca, una brusca frenata. Padalino, oggi giudice civile a Vercelli, dopo una condanna in sede disciplinare al Csm per fatti estranei a questa vicenda, raggiunto da La Stampa, commenta: «Non ho nulla da dire visto che sono fatti vecchissimi risalenti al 2016, che hanno dato luogo ad indagini che non hanno dato alcun esito non essendovi alcun elemento di prova raccolto in tal senso. Ricordo a me stesso che il povero Bertolino è stato intercettato per più di due anni senza alcun riscontro di rapporti di questa natura. Mi viene da chiedere come mai oggi la solita manina insuffla queste falsità? Direi che qualcuno dovrebbe vergognarsi di azioni del genere. Non è bastato quanto mi hanno fatto?». —
  4. Le intercettazioni dell'ex ministro oggi sindaco di Imperia Denunciato dal comandante, è accusato di favoreggiamento
    Le minacce di Scajola "Manda quei vigili subito fuori dai c..."
    La dichiarazione in aula
    mattia mangraviti
    imperia
    «Il sindaco Scajola voleva portarmi a compiere azioni illecite, per questo l'ho denunciato». Parole dure, quelle dell'ex comandante dei vigili di Imperia Aldo Bergaminelli, ora in servizio a Roma, nell'ambito del processo che vede l'ex ministro alla sbarra per favoreggiamento. Scajola è accusato di aver tentato di interrompere un sopralluogo di polizia giudiziaria, per abusi edilizi, in un terreno di proprietà di un meccanico, Antonio Maiolino, con una telefonata dai toni molto accesi all'allora comandante. Audio fatto ascoltare ieri in aula: «Mandi quei vigili fuori dai c...». In aula, alla presenza di assessori e consiglieri di maggioranza, Bergaminelli ha raccontato di aver iniziato a registrare le telefonate con Scajola per via di alcune pressioni ricevute. «In un caso, nel 2018, mi chiese di togliere una multa per divieto di sosta a un commerciante. Lo chiamò davanti a me e gli disse: "Sa chi sono io. Pagherò io la sanzione". Vissi male quell'episodio. Mi chiese anche di non denunciare per resistenza un cittadino». Pressioni che hanno poi spinto l'ex comandante a denunciare Scajola allegando due telefonate. Una riguarda la richiesta di interruzione del sopralluogo di polizia giudiziaria a carico del meccanico. Il sindaco telefona al comandante: «Sono arrivati i vigili urbani a contestare qualcosa adesso. Chi ce li ha mandati?». Alla risposta di Bergaminelli - «c'era un esposto, segnalato anche dai carabinieri» - l'ex ministro replica duramente: «Ma lei lo sa che c'è in corso una sanatoria? Si informi prima di mandare, no? Li mandi via, li mandi fuori dai coglioni sti vigili, ha capito bene?». Sanatoria che, si scoprirà successivamente, non esisteva: un foglio negli uffici comunali senza alcun valore giuridico.
    Una seconda chiamata riguarda invece una presunta aggressione ai danni di Scajola durante una festa di paese. Quando il sindaco scopre che Bergaminelli ha presentato un'informativa in procura gli telefona. «Leggo qui che la polizia locale deposita una relazione in procura. Chi ve lo ha detto?». L'ex comandante risponde che è previsto per legge. «Lasci perdere, lei lo chiede a me». «Io sono un ufficiale», replica Bergaminelli. «Lei non è in grado di fare il comandante, se ne deve andare. Lei non sa il suo lavoro. Lei avvisa me. Adesso venga immediatamente in Comune con la relazione» tuona l'ex ministro stizzito.
    Terminata la deposizione dell'ex comandante, Scajola prende la parola: dichiarazioni spontanee. «Va precisato perché mi sono interessato del caso Maiolino. Parliamo di un signore di una famiglia con deboli entrate economiche, che svolgeva il mestiere di meccanico. L'officina era in un'area da cui doveva spostarsi. Non conosco l'area e non ho mai visto Maiolino. Ho chiesto solo se era possibile trovargli una collocazione. Quando ho saputo del sopralluogo ho chiamato il comandante e, devo dire con toni sgarbati, ma che vanno contestualizzati, gli ho chiesto di mandare via i vigili. Volevo risolvere il problema. Non è un favoreggiamento. L'ho fatto e lo rifarei oggi e domani. A Costa d'Oneglia ero stato spintonato da un ragazzo, c'era stato un diverbio. Chiesi alla polizia di identificarlo. Poi lo ricevetti in Comune, mi raccontò una situazione difficile della sua vita, della sua famiglia. Mi commosse e promisi di aiutarlo. Poi lessi sul giornale che lo avevamo denunciato alla procura. Questo è il motivo della telefonata al comandante. La querela la faccio io. Non è possibile che si faccia un esposto su questo fatto senza aver avvertito la persona offesa»
  5. "Io, mamma di una ragazza disabile lo Stato ci toglie anche la sedia a rotelle"
    Mariangela Tarì
    «Stanno tagliando i fondi per le sedie a rotelle. Non presenti la domanda. Quindi Sofia resterà ancora per molto su una sedia a lei molto scomoda perché piccola».
    Mariangela Tarì è autrice del libro Il precipizio dell'amore (Mondadori) che racconta cosa accade in una famiglia quando arriva una diagnosi di disabilità grave. Ma questa volta parla da mamma, non da scrittrice: «Non ci sono solo liste d'attesa lunghissime per esami diagnostici e visite specialistiche. Il costo della disabilità, della cura, è sempre più a carico nostro. Chi può pagare va dai privati, chi non può si chiude in casa con i figli disabili». Sofia ha 14 anni, è nata con la sindrome di Rett, una rara patologia neurologica dello sviluppo, che interessa il sistema nervoso centrale, ed è una delle cause più diffuse di grave o gravissimo deficit cognitivo.
    Mariangela Tarì, quali sono le spese sanitarie che sostenete voi?
    «Prima ci hanno tolto il diritto alla seconda scarpa, poi al secondo tutore, ora le sedie a rotelle. Avevamo tre terapie a settimana, compresa la logopedia. Adesso le Asl non possono sostenere interi anni di assistenza, quindi ci spettano solo cicli riabilitativi da 6 sedute e quando finiscono, stop fino all'individuazione di nuovi fondi. Sofia è costretta ad assenze a causa dei suoi continui ricoveri e quindi perde anche il diritto a quell'ora gratuita».
    Il Parlamento sta discutendo il disegno di legge per l'erogazione delle prestazioni sanitarie. È un problema che forse si risolverà?
    «Al contrario. La senatrice Cantù della Lega ha presentato un emendamento, approvato al Senato, che di fatto peggiorerà le cose. Si separano le spese socio-assistenziali di rilievo sanitario, dalle spese sanitarie, scorporandole dal budget della sanità pubblica. Il testo prevede che siano a carico del Fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle attività di rilievo sanitario».
    E tutte le altre?
    «Sempre più a carico nostro? Mia figlia ha bisogno di medicine, terapie, ricoveri, cambio peg, ma anche di essere lavata, nutrita, cambiata, di fisioterapia, logopedista, educatrici, trasporti speciali. Per noi spese sanitarie e sociosanitarie sono strettamente collegate. Non vediamo distinzione».
    Quali altre spese affronta?
    «L'educatrice che viene a casa prende 25 euro l'ora, la fisioterapista, 30 euro l'ora. Sofia ha la sindrome di Rett ma è un essere umano che necessita di stimoli: paghiamo anche due educatrici, una per la comunicazione aumentativa alternativa, che a scuola non si fa, l'altra specifica per la formazione sociale e che quindi stimola lo sviluppo neurologico di Sofia attraverso l'arte, la pittura. Offerte didattiche che dovrebbero essere nella scuola pubblica, ma non ci sono. La bicicletta, per lei, è un bene secondario? Lo è solo per mia figlia disabile? Le Asl passano biciclette adattate con ruote grandi, ma i nostri figli hanno bisogno di biciclette a motore perché non riescono a pedalare. Sofia non cammina nemmeno e per lei serve una bici con cassone per la sedia a rotelle, costa 4 mila euro».
    Il governo Meloni ha introdotto il "Decreto progetto di vita". Che ne pensa?
    «Il progetto di vita è finalizzato a migliorare le condizioni personali e di salute della persona con disabilità, a facilitare l'inclusione sociale. Come sarà possibile tutto ciò con questi tagli? Il progetto di vita di Sofia è pronto da tempo, non è invenzione di questo governo, esisteva dal 2000, solo che ora è bloccato tutto, l'entrata in vigore è slittata al 2027. La Regione Veneto quest'anno ci ha riconosciuto un puntatore oculare gratuito in comodato d'uso. Ma tutti gli altri costi stanno aumentando. L'abbigliamento di un disabile non è passato dallo Stato. Eppure la rigidità degli arti, delle gambe, delle braccia, le crisi epilettiche, la testa che non si piega in avanti ti impediscono di comprare vestiti economici, vanno acquistati su siti specializzati e costano tantissimo. Sofia ha una dermatite atopica, le servono creme e cibi che paghiamo noi. Le scarpe costano 180 euro, 200 euro e lo stesso vale per i tutori. Tutta la disabilità è costosa. Io osservo questi tagli in Veneto, regione virtuosa, dove mi sono trasferita da Taranto 13 anni fa proprio per mia figlia. Figuriamoci in regioni più malandate con i conti pubblici cosa sta accadendo».
    Ma lei l'assegno di cura e quello per caregiver li percepisce?
    «Sa cosa mi ha detto l'assistente sociale? I soldi sono pochissimi, lei già prende l'assegno di cura, non faccia domanda per quello caregiver, ci sono genitori che non stanno percependo nulla. Quando gli ho fatto notare che sono due cose completamente diverse e io avrei diritto a tutte e due, mi ha risposto mortificata che ne era consapevole ma la cassa è vuota e loro - conoscendo i bisogni del territorio - cercano di distribuire ciò che hanno. Quindi la domanda per il sostegno come caregiver non l'ho fatta, per aiutare un'altra famiglia. Le ho risposto?». —
  6. Caccia, la difesa di D'Onofrio sulla pistola "Non l'ho mai usata e odio la 'ndrangheta"
    «Non sono mai stato affiliato alla 'ndrangheta. La 'ndrangheta fa schifo». Francesco D'Onofrio, 70 anni, considerato dagli inquirenti un personaggio di primo piano della criminalità organizzata calabrese in Piemonte e già indagato a Milano per il caso di Bruno Caccia, magistrato torinese ucciso nel 1983, ha negato ogni accusa nell'interrogatorio che sostenne davanti alla Dda di Torino lo scorso 11 dicembre. Nelle scorse settimane i pm torinesi hanno inviato ai colleghi milanesi nuovo materiale che potrebbe portare alla riapertura del caso Caccia. Al centro c'è la pistola trovata in casa di D'Onofrio nascosta all'interno di un muro. Risulta essere stata venduta nel 1979 da un'armeria di Moncalieri, dove D'Onofrio risiede: «L'ho comprata da un ragazzo di Moncalieri» aggiungendo di non averla mai usata.

 

 

 

04.04.25
  1. L'organismo internazionale
    La Corte Penale Internazionale (Cpi) è un tribunale internazionale con sede all'Aja, istituito nel 2002 con lo scopo di perseguire i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità, il genocidio e il crimine di aggressione. È stata creata con il Trattato di Roma, adottato nel 1998 ed entrato in vigore nel 2002. Attualmente, 123 Stati sono parti del Trattato di Roma e riconoscono la giurisdizione della Cpi che può perseguire individui solo se i crimini sono stati commessi in uno Stato membro o da un cittadino di uno Stato membro. —
  2. "Mise lui la bomba in piazza della Loggia" Trent'anni a Toffaloni, ma eviterà il carcere
    Manlio Milani
    Salvatore Montillo
    brescia
    Manlio Milani ha il volto segnato dalle lacrime. A fatica si fa strada tra i cronisti fuori dal Tribunale dei Minorenni di Brescia, dove i giudici, dopo otto ore di camera di consiglio, hanno scritto un'altra pagina storica per la città, cinquantuno anni dopo la strage di Piazza della Loggia. Sono da poco passate le cinque e mezza di pomeriggio quando il presidente del tribunale Federico Allegri legge il dispositivo della sentenza che condanna a 30 anni di carcere Marco Toffaloni per strage. Secondo i giudici fu lui a portare la bomba in piazza quel 28 maggio del 1974 e a infilarla nel cestino dei rifiuti. All'epoca non aveva ancora compiuto 17 anni, per questo a giudicarlo oggi, che di anni ne ha 68, è il tribunale dei minori.
    «Oggi, più di ogni altro momento, sento il peso del tempo», sono le prime parole pronunciate da Milani fuori dall'aula. Quel giorno in piazza Milani perse la moglie Livia Bottardi e alcuni amici. Per mezzo secolo si è battuto per mantenere alta la memoria delle otto vittime e ricercare una verità che pezzo dopo pezzo la magistratura ha ricostruito in diversi processi e decine di udienze. «Questa condanna – spiega Milani – certifica che tutti sapevano tre giorni dopo l'attentato. Aspettare 50 anni – dice col fiato spezzato dalla commozione – è davvero una cosa che mi sconvolge, mi riempie di domande, mi lascia li attonito». Una vicenda ricostruita in decine di udienze e diversi processi, durante i quali è stata accertata la matrice fascista della strage, riconosciuti gli ideatori dell'attentato (Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, condannati all'ergastolo nel 2017), ma della quale non si è mai saputo chi fu materialmente a mettere la bomba nel cestino che esplose alle 10 e dodici minuti di quel martedì mattina. Almeno fino a ieri.
    «Questa sentenza è importante – aggiunge Milani – anche perché si riverbera sull'altro processo». Davanti alla Corte d'Assise di Brescia con la stessa accusa è sotto processo Roberto Zorzi che, secondo la procura, insieme a Toffaloni collocò l'ordigno in piazza.
    Per Toffaloni i giudici hanno accolto in toto la ricostruzione dei due pm Silvio Bonfigli e Cate Bressanelli, che non potevano chiedere più di 30 anni. Nel processo hanno pesato le parole di Gianpaolo Stimamiglio, ordinovista della prima ora, pentito, che disse di aver incontrato Toffaloni negli anni '80 e di aver raccolto da lui dichiarazioni dal sapore di ammissione.
    C'è poi una foto scattata in piazza Loggia quella mattina che ne confermerebbe la presenza in piazza. E c'è, infine, Ombretta Giacomazzi, teste chiave dell'inchiesta, all'epoca dei fatti fidanzata di Silvio Ferrari, il giovane neofascista bresciano saltato per aria con la sua vespa in piazza del Mercato nove giorni prima della strage.
    La condanna di Toffaloni, anche in attesa dei prossimi gradi di giudizio, rischia però di rimanere solo sulla carta. Da anni è cittadino svizzero con una nuova identità. Oggi si chiama Franco Maria Muller e vive a Landquart nel cantone dei Grigioni. L'autorità giudiziaria svizzera, lo scorso novembre, ha negato l'accompagnamento coatto per il processo e informato che in caso di condanna non l'avrebbe estradato. Per i giudici di Berna, Toffaloni non doveva essere neanche processato in quanto il reato di strage è abbondantemente prescritto. Un tema questo, destinato a suscitare aspre polemiche. —
  3. i fondi
    Il 24% delle risorse anti liste d'attesa non è stato usato
    Le Regioni non hanno speso il 24% del miliardo e 372 milioni stanziati dal 2022 al 2024 dal ministero della Salute per accorciare le liste d'attesa. Lo denuncia il ministero in base a dati al 31 dicembre. Il ministro Schillaci ha anche segnalato al presidente della Conferenza delle Regioni che sono «emerse gravi irregolarità nel 27% delle strutture ispezionate dai Nas tra cui agende chiuse e liste d'attesa gonfiate». Pa.Ru. —
  4. l'inchiesta
    Sanità
    la giungla delle tariffe

    Così su La Stampa
    Alberto Mantoan direttore osp. Pederzoli
    Stritolati dalle liste d'attesa da un lato, strangolati dall'altro da un privato che grazie ai tempi biblici del pubblico arriva a praticare tariffe anche 4-6 volte superiori a quelle massime fissate dallo Stato per le prestazioni erogate proprio dal privato ma in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale. Prezzi che siamo andati a rilevare dai siti e con l'aiuto dei dati forniti da Cup Soldale, piattaforma che consente di prenotare da un network di privati.
    Quel che ne viene fuori è una giungla dei prezzi spinti verso l'alto proprio dalle liste di attesa. Così com'è stato per la giornalista Francesca Mannocchi, che per la Sclerosi multipla deve fare risonanze magnetiche ogni sei mesi e per ottenerle in tempo è dovuta ricorrere al privato, pagando 680 euro per tre esami.
    Uno scandalo che poteva essere pure peggiore perché, sempre a Roma, al Gemelli una sola risonanza dell'encefalo e del tronco encefalico viene a costare 450 euro. Mentre in Lombardia l'Humanitas di Varese arriva a chiederne 550, la tariffa massima di rimborso dello Stato al privato convenzionato, fissata da un decreto ministeriale del 25 novembre 2024, per questa prestazione è di 284,6 euro. Come dire che quella metà in più è guadagno extra rispetto a quello percepito avendo come cliente la regione che rimborsa.
    Poi ci sono strutture virtuose come il Pederzoli di Peschiera del Garda, che con mezzo di contrasto lo stesso esame lo offre a 250 euro mentre a Firenze c'è chi arriva a 168 euro e a Caserta si scende persino a 120. Ma attenzione.
    A volte, come verificato al momento di tentare la prenotazione si tratta di tariffe "civetta", messe lì per attrarre clienti, che poi non riescono a ottenere l'appuntamento. Come nel caso del Campus Bio-medico di Roma che a prezzo pieno si tiene sui 242 euro, che scendono sensibilmente con la tariffa "amica" con la quale però il sito non permette di prenotare la risonanza.
    Le cose non migliorano con le ecografie. Qui la tariffa massima fissata per decreto è di 46,9 euro per quella all'addome, che diventano 152 euro al campus Bio-medico salvo avere la fortuna di riuscire a prenotare a 70 euro con la tariffa amica. Per l'ecografia alla mammella la quota massima di rimborso scende a 21,1 euro ma a Firenze le tariffe oscillano per quelle a una sola mammella tra i 70 e i 90 euro, il quadruplo.
    La giungla si fa ancora più fitta quando ci si addentra nei costi delle Tac. Per quella total body il decreto ministeriale fissa la soglia massima del rimborso a 104,5 euro. A Ostia una struttura privata locale propone la cifra di 400 euro per farla con mezzo di contrasto. Ma in provincia di Firenze secondo YesDoctor.it si arriva anche a 700 euro. A Milano la Clinica Diagnofisic fissa il prezzo di quella toracica a 198 euro, più del doppio degli 89,3 fissati dal Dm.
    Certo, come specifica chi ha rilevato i dati, bisogna considerare anche che i prezzi possono variare in funzione del livello tecnologico dei macchinari usati, ma secondo gli esperti di Agenas che abbiamo interpellato è difficile giustificare differenze così macroscopiche. L'ospedale "Pederzoli" in Veneto è uno di quelli che si tiene basso con le tariffe, «perché preferiamo il radicamento al territorio piuttosto che il profitto ad ogni costo» spiega l'ex direttore generale dell'Agenas, Alberto Mantoan, che lo dirige. Che sulla giungla tariffaria si dice convinto che «governare anche le informazioni inerenti le prestazioni erogate anche privatamente nei territori creerebbe una virtuosa competizione tra gli erogatori».
    Intanto c'è da asciugarsi gli occhi a leggere i numeri sulle liste d'attesa rilevati di recente da Altroconsumo. Tempi che non accennano a migliorare visto che per le visite specialistiche nel 52% dei casi non vengono rispettati quelli massimi di attesa stabiliti per legge in base alle priorità segnate sulla ricetta, anche se il 40% degli italiani non sa nemmeno dell'esistenza di questi limiti, sforati i quali si avrebbe diritto ad andare nel privato pagando solo l'eventuale ticket. I tempi rilevati su un campione rappresentativo delle varie realtà regionali di 1.086 assistiti indicano per una visita specialistica un'attesa media di 105 giorni, oltre tre mesi e mezzo. Ma in diversi casi si va oltre l'anno. E la cosa più grave è che il tempo massimo di 72 ore fissato per le visite urgenti non è rispettato nel 72% dei casi. Stessa percentuale per le visite e gli esami di priorità "B", da eseguire entro 10 giorni. In pratica in tre casi su quattro l'appuntamento non viene dato nemmeno a chi ha problemi di salute seri. Per non parlare del fatto che Altroconsumo, così come lo stesso ministero della Salute, rilevano ancora molti casi strutture pubbliche e private convenzionate che chiudono illegalmente le agende di prenotazione.
    Le cose sembrano andare un po' meglio per gli accertamenti diagnostici, dove i tempi massimi non sono rispettati nel 36% dei casi. Ma le medie non raccontano ancora la realtà, fatta di 5 mesi e mezzo di attesa per una mammografia, altrettanti per una colonscopia, più di tre mesi per una tac. E intanto il privato ringrazia. —

 

 

 

 

 

 

 

03.04.25
  1. La procura di Milano iscrive l'uomo per omicidio. Negli atti l'attenzione del capomafia per carte e articoli sul procuratore. Anche i proiettili sono del 1982
    Delitto Caccia, indagato il boss D'Onofrio
    Giuseppe legato
    Andrea Siravo
    Avendo la Procura di Milano chiesto e ottenuto la riapertura delle indagini sull'omicidio del Procuratore di Torino Bruno Caccia, ucciso da un commando della 'ndrangheta il 26 giugno del 1983, è ufficiale che Francesco D'Onofrio, 69 anni, è iscritto nel registro degli indagati per l'omicidio del magistrato di Torino avvenuto in via Sommacampagna, quartiere borgo Po ormai 42 anni e mezzo fa. L'inchiesta è in mano ai pm della Dda Silvia Bonardi e Cecilia Vassena coordinate dalla procuratrice aggiunta Alessandra Dolci e dal procuratore Marcello Viola.
    È la seconda volta che l'uomo, considerato dalla procura diretta da Giovanni Bombardieri come il «dirigente della 'ndrangheta piemontese», viene indagato ufficialmente per quel delitto. Nel primo caso era stata la Procura generale di Milano a procedere sulla base di una doppia chiamata in correità a carico di D'Onofrio formulata da due diversi collaboratori di giustizia: Andrea mantella, pentito che ha contribuito alla maxi inchiesta in Calabria Rinascita Scott e Domenico Agresta, baby padrino della ‘ndrangheta che iniziò a parlare con la Dda di Torino (pm Paolo Toso e Monica Abbatecola e coi carabinieri del nucleo investigativo) nel novembre del 2016.
    «Mio padre mi aveva detto che lui (D'Onofrio) e Schirripa si erano fatti il procuratore e che sparavano che manco li cani (sparavano bene e molto ndr)». Ma a queste dichiarazioni non fece seguito nessun riscontro e l'inchiesta fu archiviata. Riaperta dopo il ritrovamento della P38 Special Smith&Wesson nell'incavo di un mattone forato di uno stabile di Moncalieri, via Bellini 14 (abitazione di D'Onofrio). L'arma, perfettamente oliata, era carica e funzionante, avvolta in un telo di protezione e adagiata accanto a 15 cartucce calibro 38 in parte italiane (marca Fiocchi), in parte di fabbricazione estera: di paesi dell'ex Jugoslavia. Due dettagli hanno "spinto" la procura di Torino a fare i primi accertamenti balistici. Il primo: l'arma è entrata in Italia nel 1979 attraverso un importatore di Torino che l'ha venduta a un'armeria di Moncalieri (chiusa da tempo) città in cui D'Onofrio risiede, che in ipotesi d'accusa è il suo feudo criminale (lui nega fermamente ogni addebito). Secondo: una parte dei proiettili (quelli di fabbricazione straniera) risalgono al 1982. Perché D'Onofrio custodiva (meglio nascondeva) un'arma così antica (mai oggetto di denuncia di furto) e addirittura i proiettili di 43 anni fa? Prima di ogni ragionamento si dovrà attendere l'esito di un accertamento tecnico irripetibile che sarà ordinato a Milano. Per Torino0 esistono compatibilità meritevoli di ulteriori approfondimenti. Resta sullo sfondo una particolare attenzione di D'Onofrio a tutte le carte giudiziarie e agli articoli di cronaca sulla questione Caccia emerse nell'inchiesta del Gico della Guardia di GFginanza ribattezzata "Factotum". Era già stato indagato in passato, certo. E questo può spiegare in parte il suo dinamismo nel recupero di atti. Fatto sta che poche settimane prima di essere arrestato, gli fece visita un rapinatore "storico" di Torino Pancrazio Chiruzzi (condannato per l'omicidio (preterintenzionale) del presidente dell'Usl 63 di Saluzzo Amedeo Damia avvenuto il 24 marzo 1987. Gli avrebbe consegnato dei vecchi atti al cui interno figuravano anche alcune intercettazioni sul caso Caccia. E quando su la Stampa comparvero due articoli su una lettera scritta dal boss Rocco Schirripa (che per l'omicidio caccia è condannato all'ergastolo) con la quale si rivolgeva ai familiari del procuratore, uno dei sodali di D'Onofrio, partì dal bar di Moncalieri poco distante dall'abitazione del boss. E gli portò in entrambi i casi il giornale: "Leggi", registro la microspia ambientale. Poi, nessun commento. —
  2. Paola Caccia
    L'intervista
    "Sono passati 42 anni ora scoprano i mandanti"
    gianni giacomino
    «È incredibile che l'indagine per l'omicidio di mio padre possa essere riaperta dopo 42 anni. Ma io non ho mai perso la fiducia che si arrivi a scoprire la verità. E adesso, con questo ennesimo capitolo ci sarà un'altra possibilità, vedremo».
    Paola Caccia, figlia del magistrato Bruno, ha appena saputo che il boss della ‘ndrangheta Francesco D'Onofrio è indagato. E che nella sua casa è stata ritrovata la P38 Special compatibile con l'arma che ha sparato in via Sommacampagna.
    Sorpresa ?
    «La notizia mi ha suscitato una forte emozione. Ma vediamo come evolveranno le indagini. Anche perché, per la morte di mio padre, sono già stati condannati Domenico Belfiore e Rocco Schirripa. Che sono considerati gli esecutori materiali, facenti parte del commando che sparò al procuratore Bruno Caccia. Se la perizia dimostrerà che questa è veramente la pistola che ha ucciso mio padre si potrà chiarire che ruolo potrebbe aver avuto D'Onofrio».
    Più di una volta, anche durante incontri pubblici, lei ha lanciato quasi un appello agli inquirenti. Ovvero: vogliamo sapere chi sono i mandanti e qual'è il movente del delitto. È sempre così?
    «Certo perché, nonostante sia trascorso tutto questo tempo, non sappiamo chi ha ordinato di uccidere Bruno Caccia. E non credo che D'Onofrio, così come Schirripa e Belfiore, sia uno dei mandanti».
    Secondo lei ci sono verità nascoste?
    «Certo. In questi 42 anni di inchieste ci sono dei filoni investigativi che a tutt'oggi non sono stati approfonditi. Soprattutto riguardo a delle indagini che, in quel periodo, stava seguendo mio padre che qualcuno, anche in ambienti giudiziari, definiva "quello che da fastidio a tutti"».
    Può fare un esempio?
    «Nel 2013, insieme al nostro legale Fabio Repici, siamo riusciti a riaprire il caso dopo aver trovato nei faldoni del primo processo indizi importanti».
    Ovvero ?
    «Dagli atti emergeva come mio padre avesse capito che un flusso importante di denaro sporco di origine mafiosa veniva riciclato al Casinò di Saint Vincent. Dai documenti, secondo noi, emergevano cose molto grosse».
    E come è finita la vostra segnalazione?
    «Sono state riaperte le indagini, ma di fatto sono state indirizzate solo nei confronti di Rocco Schirripa e non nella direzione che avevamo segnalato restringendo il campo».
    Non è stufa di lottare e di continuare a sperare?
    «È faticoso ma non mi arrenderò anche se molte persone che avrebbero potuto sapere cose rilevanti su quei fatti sono morte. Ma, spero sempre si possa arrivare alla verità».
    Cosa ricorda di suo padre?
    «Il suo equilibrio e la sua pacatezza. Anche la sua serenità nonostante il lavoro che faceva e le pressioni a cui era sottoposto».
    Quanto vi è mancato?
    «Moltissimo, forse è difficile dirlo a parole. Sa quante volte, affrontando le situazioni della vita, abbiamo pensato "cosa direbbe papà?", oppure "lui come si sarebbe comportato in questo momento?". Si stava preparando alla pensione, aveva ristrutturato la casa di campagna a Ceresole d'Alba e voleva stare con i suoi nipoti». —
  3. Città Salute, effetto Schael sulle gare Stop alle attività appaltate ai privati
    alessandro mondo
    Loro sollecitavano una riposta entro trenta giorni, lui ha replicato che risponderà entro fine giugno. Intanto ha bloccato l'aggiudicazione di una gara con cui si prevedeva di affidare ad una clinica privata parte dell'attività chirurgica del Cto in attesa dei lavori di ristrutturazione delle sale operatorie del presidio e ha fatto un sopralluogo al San Giovanni Battista Antica Sede. Obiettivo: capire perchè non sono mai stati utilizzati dai medici gli spazi per la libera professione in ambito ospedaliero, rimessi a nuovo anni fa proprio a questo scopo.
    Loro sono i sindacati della dirigenza medica: Cimo-Fesmed, Fp Cgil, Aaroi-Emac, Cisl Medici, Uil Fpl, Anaao Assomed. L'intersindacale, insomma, variamente preoccupati/irritati dalle prime mosse del commissario della Città della Salute. E prima ancora, dal piglio. La garanzia per i medici di poter esercitare la libera professione, ma non solo. Nella "richiesta urgente di confronto" diffusa ai giornali ieri mattina, poche ore prima dell'incontro già previsto nel pomeriggio con il commissario, hanno chiesto risposte su una quantità di temi: turni di pronta disponibilità, piani di lavoro, recupero eccedenza oraria, ferie non godute, adeguamento compenso attività elisoccorso, abbattimento liste di attesa, fondi legati alle prestazioni aggiuntive, trasferimento personale 118 ad Azienda Zero, gestione e ricalcolo dei fondi. Entro e non oltre trenta giorni, «vista la corposità delle argomentazioni portate». Schael, che ha preso il timone dell'azienda da un mese e ogni giorno si trova una o più grane da affrontare, sovente stagionate, si è dato tempo tre mesi, subordinando le risposte all'attivazione di tavoli tecnici. Primo incontro, quello di ieri, per prendersi le misure e « avviare relazioni sindacali adeguate su tematiche di particolare rilevanza», come ha precisato l'intersindacale. La prossima settimana primo confronto tra la nuova "troika" aziendale - a fianco di Schael Giampaolo Grippa e Plavia Pirola, direttori amministrativo e sanitario - con le sigle del comparto, ovvero le professioni non mediche.
    A stemperare la diffidenza dei sindacati, la rassicurazione del commissario sulle stop ai 26 centri privati nei quali parecchi medici della Città della Salute visitano in "intramoenia allargata": l'attività potrà proseguire non appena rifaranno richiesta, stante lo scadere delle precedenti convenzioni. Altra rassicurazione: l'impegno a convocare i sindacati per ogni decisione che coinvolga i lavoratori.
    Dopodichè: non è più un mistero che Schael punti a riportare nei suoi ospedali il maggior volume possibile di attività libero-professionale, oggi visite ed esami a pagamento in intramoenia non arrivano al 20%, liberando nei nosocomi tutte le superfici possibili per smontare l'alibi della mancanza di spazi in cui esercitare. Il sopralluogo al San Giovanni Battista rientra in quest'ottica. Lo stop della gara al Cto rientra invece nel contenimento dei costi. Pochi giorni fa la visita di Grippa ai cantieri dell'ospedale e la nuova linea: invece di demandare la chirurgia ortopedica ai privati sarà accelerata la ristrutturazione delle sale operatorie: entro maggio. E in questi due mesi? Al Cto i casi urgenti saranno garantiti. Gli interventi non urgenti programmati verranno rinviati. Pazienti al bivio: o attendono la nuova convocazione o andranno a farsi operare in altre strutture. Fatti due conti, si riflette in corso Bramante, sarebbe comunque un risparmio. —
  4. Solidarietà della Regione al medico del 118 aggredito. L'Ordine dei Medici: " Misure concrete per tutelare il personale"
    Ci sono sei milioni per la sicurezza ma da ottobre nessuno li ha utilizzati
    «Esprimiamo la nostra vicinanza nei confronti del medico del 118 minacciato con una pistola a Torino - solidarizzano Regione e Azienda Zero -. Ricordiamo che da ottobre sono in vigore le norme per il contrasto alla violenza contro il personale sanitario, con sanzioni più severe e l'arresto immediato». «L'ennesimo episodio ci lascia sbalorditi per l'escalation di violenza, continueremo ad impegnarci affinché siano adottate misure concrete per la sicurezza», rilancia l'Ordine dei Medici di Torino.
    Certamente sono concreti i 6 milioni che la Regione a stanziato lo scorso ottobre per dotare i presìdi sanitari di telecamere di nuova generazione, se soltanto venissero spesi. Ad oggi, nemmeno un centesimo, a fronte di risorse che pure ci sono. E che, si spera, verranno utilizzate quest'anno. Telecamere particolari, oltretutto: alimentate dall'intelligenza artificiale, quindi in grado di riconoscere un evento delittuoso in corso, con richiesta di intervento immediata ai presìdi delle forze dell'ordine, senza passare dal 112. «Possiamo completare il lavoro in diciotto mesi», aveva spiegato Federico Riboldi. Ne sono passati cinque, speriamo in bene.
    «Sicuramente le misure potrebbero essere incrementate - commenta Guido Giustetto, presidente Ordine Medici Torino -. Come? Prevedendo più telecamere, limitazioni agli ingressi e presenza di personale specializzato. E questo, al netto di un cambiamento culturale, la vera prevenzione : il medico deve essere visto da tutte le persone come uno che fa tutto il possibile per salvare la vita alle persone, e lo fa sempre, non perché è minacciato».
    Due cose sono certe. Prima: il giro di vite del governo per scoraggiare le aggressioni dimostra di non incidere: gli episodi, nei pronto soccorso come negli ambulatori, si contano quasi ogni giorno. Piemonte, 2024: 1.040 aggressioni verbali, 361 fisiche. Seconda: si lavora per potenziare i sistemi di sicurezza - ieri l'assessore alla Sanità si trovava ad Asti, in Prefettura, per intervenire alla firma del protocollo ad hoc nel pronto soccorso - ma la sfida non è semplice. E i tempi troppo lenti rispetto all'accelerazione dei casi.
    Restando a Torino, il quadro è variegato. Città della Salute. La presenza delle forze dell'ordine si limita al pronto soccorso delle Molinette, non la domenica e nei festivi. Telecamere: 11 in pronto collegate al sistema centrale di videoregistrazione, 5 al circuito chiuso per sorveglianza pazienti, 200 in tutto l'ospedale. Videcollegamenti: 2 al pronto delle Molinette a collegati al sistema di impianto di videoregistrazione, impianto a circuito chiuso collegato a due sale d'attesa e corridoio. Vigilanza privata: Molinette, portierato da lunedì a venerdì e guardia rmata lunedì-venerdì( h 24 sabato domenica e festivi); Regina: guardiania non armata diurna e armata notturna e festiva.
    Asl Città di Torino. Forze dell'ordine al San Giovanni Bosco, Martini e Maria Vittoria. Telecamere: San Giovanni, 12 in pronto e 5 in prossimità, 6 al Martini, 4 all'Oftalmico, 9 al Maria Vittoria (7 interne e 2 esterne). Video collegamenti: San Giovanni, 12 telecamere collegate con la guardiola della vigilanza in pronto e 5 esterne. Videcollegamenti anche al Martini, Oftalmico, Maria Vittoria. Vigilanza privata al San Giovanni, Martini, Oftalmico, Maria Vittoria.
    Mauriziano: un agente di polizia in orario 8-14 lunedì-venerdì, 4 telecamere, vigilanza privata h 24, tutti i giorni (festivi compresi).
    E' sufficiente? Evidentemente no. ale.mon .
  5. Elena Piastra
    L'intervista
    "Sparita la Metro 2 verso Nord Ora troviamo un'alternativa"
    giulia ricci
    «Durante la conferenza sulla Metro 2 nessuno ha parlato del prolungamento verso Nord. Il vicepremier Salvini ha persino detto "Pescarito cosa?". E il commissario Chiaia è stato chiaro: "Sarebbe costata almeno 250 milioni in più, e abbiamo scelto di dare priorità al tratto cittadino". E allora troviamo un'alternativa, in fretta». Elena Piastra, sindaca di Settimo, raccoglie l'amarezza degli amministratori di Torino Nord, a partire dalla prima cittadina di San Mauro Giulia Guazzora. Martedì il ministro Salvini ha confermato i soldi per la tratta verso Cascine-Vica e promesso la ricerca dei soldi per la Metro 2. Ma della parte del progetto preliminare che prevede il prolungamento fino a Pescarito, neanche l'ombra.
    Sindaca, come se lo spiega?
    «Io penso due cose, la prima di strategia politica, la seconda di concretezza. Rispetto alla prima, se nella stessa conferenza il ministro esplicita di dare le risorse fino a Cascine Vica, di fatto si sta scegliendo di portare infrastrutture in un'area di Torino (perché per me le province sono come grandi quartieri del capoluogo),quella Ovest, e di non portarle in un'altra area. Questo negli anni, e non in tanti, crea grandissima disparità nella vivibilità dei cittadini».
    E il secondo livello?
    «Siccome escludo ci sia un disegno politico per agevolare alcuni, allora bisogna mettersi al tavolo: se la decisione di non arrivare a Pescarito è economica, allora troviamo un'altra soluzione».
    Come?
    «Certo sarebbe un sogno vedere quella metro interrata arrivare fino all'area Nord. Ma da amministratori abbiamo bisogno di garantire che i nostri residenti non abbiano una qualità di vita inferiore. Dato che in tutte le città europee ci sono tratti interrati e altri no che costano molto meno, lavoriamo su un'alternativa. Non dobbiamo per forza fare il percorso del progetto preliminare, cambiamolo, facciamo un piano diverso, se necessario con un treno in superficie».
    Perché è così importante la metro in zona Nord?
    «Si tratta di un'area oggettivamente in difficoltà, ma anche piena di giovani che potrebbero usare quella tipologia di mezzo».
    Vi sentite tagliati fuori?
    «Le infrastrutture sono il nodo centrale per cambiare le città. L'Università è andata a Grugliasco, la metro sta seguendo la linea Ovest, è chiaro che c'è una parte intorno a quel buco della ciambella che rimane fuori. Occorre equità».
    Il sindaco Lo Russo avrebbe dovuto insistere di più?
    «No, ne abbiamo parlato, fatto convegni, è molto consapevole. Non posso dire che non ci abbia coinvolti. È chiaro però che c'è un problema evidente di sostenibilità finanziaria. Lo sfiocco verrà fatto, e quindi la possibilità di salire verso Nord c'è, ma quanto dovremo aspettare? Venti, trent'anni: noi non abbiamo quel tempo. Se attendiamo immobili, come amministratori, avremo un'area più povera rispetto alle altre».
    Ma quando il prolungamento è uscito dalle "cartine"?
    «Nel preliminare c'era. Ma quando con Appendino è stato deciso di non mettere il deposito a Pescarito, abbiamo capito di aver perso una battaglia importante. Nessuno ha mai detto esplicitamente "abbiamo tolto Pescarito" dal preliminare, ma "stiamo procedendo per lotti" in base alla disponibilità finanziaria. Io ci credo, ma quei tempi non sono sostenibili per le nostre città». —
  6. La versione del notaio ed ex presidente del Torino Calcio
    Fallimento Auxilium, Goveani parla in aula "L'accollo tributario deciso da Mario Burlò"
    andrea bucci
    «L'accollo tributario per la sponsorizzazione era stato deciso durante un incontro nell'aprile 2018 al locale di Mario Burlò: oltre a lui eravamo io, Massimo Feira e il notaio Antonio Forni». Lo di così il notaio Roberto Goveani, 68 anni, ex presidente del Torino calcio, ieri in aula per il processo in cui è imputato con altri 8 per vicende legate al fallimento della Auxilium, società di basket di Torino.
    Goveani risponde di concorso in «indebita compensazione». La tesi dell'accusa, in questo filone del processo, è che Auxilium, grazie all'intervento di società collegate all'imprenditore Mario Burlò, si sia procurata crediti inesistenti applicando in maniera illecita la procedura chiamata "accollo tributario" e non abbia versato all'erario imposte per 1,4 milioni.
    Il pm Mario Bendoni, nel corso dell'udienza, ha fatto notare che una delle società in questione risultò avere generato 16 milioni di crediti Iva per acquisti nel giro di pochi mesi fra il 2017 e il 2018. Goveani (che dal 2014 era in aspettativa dall'ordine dei notai) collaborò con Burlò tramite una società di consulenza di cui era responsabile la nuora, la Alfa Ro Consulting. Secondo il racconto di Goveani fu Burlò a suggerire all'Auxilium il sistema dell'accollo tributario per incrementare il valore della sponsorizzazione. «Per ogni operazione – ha ribadito il notaio – feci delle verifiche esaminando i documenti. Ogni accollo doveva essere corredato da visto di conformità, e chi apponeva i visti era un consulente del lavoro, componente del Consiglio del suo ordine professionale a Catania. Non avevo motivo di dubitare di lui. E su ogni visto c'era anche una polizza assicurativa».
    Alla domanda del pm sui rapporti con Burlò, l'ex patron del Torino ha ricordato come si fossero conosciuti nel 2016. «Mi parlò del suo progetto – ha ricordato Goveani – Io all'epoca arrivavo da un periodo difficile per motivi di salute». E ha aggiunto: «L'anno successivo Feira mi disse che il notaio Forni voleva cedere l'Auxilium. Mi impegnai a cercare soggetti per acquistare le quote della società di basket e da lì nacque la possibilità di una sponsorizzazione, ovviamente con un ritorno di immagine. La sponsorizzazione si aggirava intorno ai 250 mila euro. Fu Burlò a dirmi che potevamo realizzarla tramite l'accollo tributario aumentando così la cifra di sponsorizzazione. Io feci da tramite e trasmisi poi la documentazione a Zumbo (anche lui imputato per lo stesso processo)». —

 

 

02.04.25
  1. Torino, trovata un'arma compatibile con quella che uccise il magistrato Era nascosta nella casa del boss della 'ndrangheta Francesco D'Onofrio
    La pistola dei misteri fa riaprire l'inchiesta sull'omicidio Caccia
    giuseppe legato
    Una pistola che torna dal passato riapre il caso dell'omicidio del Procuratore di Torino Bruno Caccia ucciso da un commando della ‘ndrangheta il 26 giugno 1983. È stata trovata il 24 settembre scorso alle 7 del mattino dal Gico della Guardia di Finanza nell'incavo di un mattone forato lungo un corridoio di uno stabile di Moncalieri, via Bellini 14. L'arma, perfettamente oliata, era carica e funzionante, avvolta in un telo di protezione e adagiata accanto a 15 cartucce calibro 38 in parte italiane (marca Fiocchi), in parte di fabbricazione estera: di Paesi dell'ex Jugoslavia.
    In quell'alloggio abita un uomo della ‘ndrangheta di nome Francesco D'Onofrio, per i sodali «Compare Franco», 69 anni, una condanna per mafia (processo Minotauro) e una per armi nel suo recente passato. Non un gregario, un semplice partecipe. Ma - come dice il pentito Andrea Mantella, teste chiave della maxi operazione contro la ‘ndrangheta (Rinascita Scott - «D'Onofrio è un ministro della ‘ndrangheta al Nord, uno che ha il Medaglione (dote che garantisce un grado apicale della mafia calabrese)». Per usare le parole del narcos Vincenzo Pasquino, anche lui pentito, «uno che cammina col nome suo e non si siede al tavolo con tutti».
    L'arma è una P38 Special Smith&Wesson, modello 49 «bodyguard» a tamburo, matricola 3665451, sulla quale la procura di Torino ha svolto numerosi accertamenti. La prova dello sparo avrebbe generato risultanze investigative tali da ritenerla astrattamente compatibile con l'arma del delitto. O quantomeno meritevole di accertamenti molto più approfonditi. Serviranno altre analisi e le farà la procura di Milano, competente per le indagini sui magistrati di Torino (anche se parti offese come in questo caso). Mettendo a confronto gli esiti della consulenza balistica di Torino con quella effettuata 42 anni fa. Con ogni probabilità servirà un incidente probatorio.
    L'arma è entrata in Italia nel 1979 attraverso un importatore di Torino che l'ha venduta a un'armeria di Moncalieri, città in cui D'Onofrio risiede, che in ipotesi d'accusa è il suo feudo criminale (lui nega fermamente ogni addebito) e che soprattutto ospita una struttura di ‘ndrangheta per decenni appannaggio della famiglia Belfiore il cui capostipite, Domenico, è stato condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio del procuratore.
    A numerosi controlli incrociati sui terminali di indagine gli investigatori hanno appurato che non è mai stata oggetto di furto o di cessione di proprietà. Insomma: non è passata ufficialmente di mano in mano. Perché ce l'aveva D'Onofrio? Lui, interrogato sul punto, ha sostenuto di averla comprata da un ragazzo di Moncalieri ma di non avere intenzione di svelare l'identità: «Non l'ho mai usata» ha aggiunto per prendere nette distanze da ogni possibile scenario che lo coinvolga nel delitto.
    L'inchiesta sull'omicidio Caccia è comunque ripartita, diversi atti sono stati trasmessi dagli inquirenti torinesi ai colleghi lombardi che indagano per competenza territoriale essendo la vittima - Caccia - un magistrato del distretto torinese. Ulteriori comparazioni e perizie balistiche saranno ordinate dai pm della procura meneghina a caccia di eventuali «riscontri individualizzanti». Si tratterà di capire se esista una corrispondenza (o meno) e non una serie di sole compatibilità dell'arma con le ogive che colpirono il procuratore Caccia. Arma nella quale la consulenza svolta nel 1983 dai professori Pierluigi Baime Bollone e Vittorio Griva individuò «cinque solchi conduttori impressi da anima caratterizzata da cinque principi elicoidali ad andamento destrorso». Che, all'epoca portarono i periti ad affermare come «l'esame morfologico e dimensionale delle impronte di rigature presenti sul proiettile induce ad affermare che fu sparato da una P38 special».
    Franco D'Onofrio si trova in carcere per l'operazione Factotum nella quale la Dda di Torino lo accusa di aver diretto - nei fatti - la ‘ndrangheta piemontese.
    Già negli anni scorsi, l'uomo era stato indagato per l'omicidio del procuratore Caccia, chiamato in causa (tecnicamente in reità) dal collaboratore di giustizia Domenico Agresta, baby padrino della ‘ndrangheta che nel 2016 ha iniziato a parlare con la Dda di Torino (pm Paolo Toso). Le accuse nei suoi confronti sono state archiviate, lui aveva negato ogni addebito. Si era appurato che il 26 giugno 1983 D'Onofrio non risultasse al lavoro in un ospedale del Torinese dove prestava servizio come tecnico di radiologia, ma nessun riscontro alle parole di Agresta fu trovato.

 

 

01.04.25
  1. Le lamentele per i programmi tv troppo pro-Meloni. Offerta la tregua sul taglio al canone Rai
    Il leader leghista vede Confalonieri E chiede più spazio su Mediaset
    ILARIO LOMBARDO
    FRANCESCO MOSCATELLI
    ROMA-MILANO
    L'auto del ministro Matteo Salvini e quella della sua scorta non passano inosservate. E così ieri pomeriggio, intorno alle 15, molti si sono chiesti che cosa ci facessero parcheggiate davanti al numero 3 di via Paleocapa, a due passi dal Castello Sforzesco di Milano. Il portone scuro incorniciato in un muro di pietra che ricorda una fortezza medievale, infatti, è uno di quegli indirizzi che a Milano conoscono tutti: è la sede di Fininvest e Mediaset, il palazzo che ospita gli uffici di Marina Berlusconi e di Fedele Confalonieri. Ed è proprio da quest'ultimo - secondo quanto ha ricostruito La Stampa attraverso fonti aziendali e politiche – che sarebbe andato a bussare Salvini, all'inizio di una settimana per lui importantissima che si concluderà sabato e domenica a Firenze con la celebrazione del congresso federale della Lega (e con la sua incoronazione senza avversari a contendergli il trono).
    Il motivo dell'incontro è articolato. Salvini sta soffrendo di mancanza di visibilità sui canali Mediaset. I programmi a trazione populista – quelli che si alternano quotidianamente su Rete4 - gli dedicano meno attenzione di un tempo, molto più concentrati ad assecondare la narrazione trionfalistica di Giorgia Meloni. Nel derby a destra viene premiata la premier, che gode di stima e amicizia di molti conduttori, e che ha l'ex compagno e padre di sua figlia, Andrea Giambruno, inquadrato come dipendente dell'azienda. Salvini ha bisogno di ritrovare un palcoscenico che sembra snobbarlo, e non solo perché tra pochi giorni sarà confermato segretario e vuole garantirsi il massimo della vetrina. Un indizio sui motivi del confronto con Confalonieri arriva dagli accompagnatori del leader: il suo staff della comunicazione e Armando Siri, ex senatore e sottosegretario leghista, ideatore della Flat tax, oggi consigliere per le politiche economiche del vicepremier e direttore della scuola di formazione del partito, ma soprattutto ex giornalista Mediaset da sempre stimato dal clan Berlusconi.
    Di certo non si è trattato di una semplice visita di cortesia o di una chiacchiera fra milanisti per consolarsi reciprocamente della sconfitta di domenica sera contro il Napoli o dell'annus horribilis dei rossoneri. I due, stando a quanto confermano fonti della Lega e di Forza Italia, hanno sempre avuto un buon rapporto, che per ovvie ragioni si era rafforzato all'epoca dell'exploit leghista prima del Papeete, nell'agosto 2019, che segnò l'inizio della parabola discendente di Salvini. Non che si vedano così spesso, all'incirca una volta l'anno, oppure se c'è un'urgenza. Di sicuro, Confalonieri è l'uomo ai vertici di Mediaset con il quale ha a che fare il vicepremier. Perché non risultano rapporti di frequentazione né con Marina né con Piersilvio Berlusconi. I figli del fondatore di Forza Italia e di Fininvest si considerano molto distanti dalle politiche della Lega, soprattutto sui diritti civili. Inoltre, hanno già manifestato il loro forte disappunto nei confronti di Salvini, quando, a fine novembre, il leader ha provato a imporre al governo il taglio del canone Rai, una misura che avrebbe costretto il Biscione a rinunciare a una fetta di introito pubblicitario a favore della tv pubblica.
  2. Il finanziamento per far eleggere Schimel , Tesla ha appena fatto ricorso contro una legge dello Stato
    L'interesse di Musk per i giudici del Wisconsin Versa 20 milioni per il candidato pro-Trump

    SIMONA SIRI
    NEW YORK
    Si chiamano Nicholas Jacobs e Ekaterina Diestler. Sono i due fortunati che domenica, sul palco di Green Bay, in Wisconsin, hanno ricevuto ciascuno un assegno da un milione di dollari direttamente dalle mani di Elon Musk, arrivato in città in vista del voto per un posto da giudice della Corte suprema dello Stato, che si tiene martedì primo aprile e in cui a esprimersi sono i cittadini. Con in testa un cappello a forma di formaggio – simbolo della locale squadra di football, i Packers – e con addosso un giubbotto di Space X, l'uomo più ricco del mondo è salito sul palco, ha stretto mani, si è fatto foto, ha tenuto un discorso neanche fosse lui il candidato, che invece era assente. I due giudici contendenti sono infatti Brad Schimel e Susan Crawford, il primo conservatore sostenuto da Trump, la seconda progressista sostenuta la scorsa settimana dall'ex presidente Obama.
    Entrato nella corsa tardi, visto che fino a qualche mese fa se ne era disinteressato, Musk ha recuperato in fretta contribuendo con circa 20 milioni di dollari alla campagna di Schimel, pagando per annunci pubblicitari, reclutando persone che bussassero alle porte degli elettori e offrendo anche 100 dollari a chiunque firmasse una petizione contro i "giudici attivisti", con una iniziativa simile a quella che aveva già messo in pratica in Pennsylvania prima delle elezioni presidenziali dello scorso novembre e su la cui legalità non c'è certezza. «Musk cerca di comprarsi un posto alla Corte suprema» ha attaccato il team di Crawford: in uno degli annunci pubblicitari fatti circolare tra gli elettori Musk viene descritto come «fuori controllo» e le sue azioni come quelle di uno che «sa che il politico Maga Brad Schimel è in vendita». Pur essendo tecnicamente apartitico – nel senso che i due giudici non appartengono né al partito democratico né a quello repubblicano – il voto di martedì in Wisconsin è importante sia per determinare se la maggioranza nella Corte, composta da sette membri, rimarrà a favore dei "liberal" o se i conservatori riprenderanno il controllo, sia perché i temi sul tavolo rispecchiano quelli delle elezioni generali: diritto all'aborto, diritto di voto, potere dei sindacati dei dipendenti pubblici. A seguito della sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti che nel 2022 ha ribaltato la "Roe contro Wade", in Wisconsin l'aborto è stato completamente sospeso per un periodo di quindici mesi durante il quale è entrata in vigore una legge statale del 1849 sostenuta da Schimel e che ora è sottoposta a revisione proprio da parte della Corte suprema dello Stato.
    Non solo, la Corte ha potere sulla ripartizione dei distretti elettorali per le elezioni del Congresso: se vincesse Crawford, i democratici potrebbero ridisegnare i distretti e far perdere al Wisconsin due importantissimi seggi repubblicani mettendo a rischio la loro maggioranza alla Camera. Nelle elezioni di novembre, Trump ha vinto lo Stato di misura. Il governatore è un democratico, Tony Evers, mentre la legislatura è controllata dai repubblicani. Già definita l'elezione di un giudice più costosa della storia – facile che tra i due candidati si sorpasseranno i 100 milioni di dollari – quella di martedì è anche la prima elezione che avviene dopo la seconda elezione di Trump ed è quindi considerata un test, una misura della popolarità attuale dell'amministrazione e soprattutto di Musk in un momento in cui le proteste contro di tagli e i licenziamenti attuati dal sui "Doge" aumentano e in cui Tesla continua la sua caduta libera in Borsa. «Quello che accadrà martedì è un voto per decidere quale partito controllerà la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti», ha detto Musk davanti a cinque mila persone. «E il partito che controllerà la Camera in misura significativa controllerà il Paese e quindi il corso della civiltà occidentale. Ho la sensazione che questa sia una di quelle cose che potrebbe non sembrare destinata a influenzare l'intero destino dell'umanità, ma invece lo farà», ha concluso con toni apocalittici.
    Dimenticandosi un particolare: come amministratore delegato di Tesla ha un ulteriore interesse in questa elezione. A gennaio, la casa automobilistica ha infatti intentato una causa per ottenere un'esenzione da una legge del Wisconsin che proibisce ai produttori di automobili di vendere direttamente ai consumatori, come fa Tesla, invece di passare attraverso i concessionari. Una questione che in prossimo futuro potrebbe appunto arrivare davanti alla Corte suprema dello Stato
  3. fame
    Gaza
    alla
    nello del gatto
    gerusalemme
    È finito il pane a Gaza. A causa del maggior blocco di aiuti dall'inizio della guerra, blocco che dura da poco meno di un mese, le scorte alimentari stanno finendo. Le prime a evaporare sono quelle di farina. Da stamattina, cominceranno a chiudere molti dei forni che forniscono pane alla Striscia. Nei prossimi giorni altri interromperanno la produzione.
    Il Programma alimentare mondiale ha spiegato che la sua farina è sufficiente solo per continuare a sfornare pane per 800.000 persone al giorno, su 2 milioni di abitanti, e che le sue scorte alimentari complessive dureranno al massimo due settimane. Come ultima risorsa, una volta esaurito tutto il resto del cibo, ha scorte di emergenza di biscotti nutrizionali fortificati per 415.000 persone. Carburante e medicine dureranno ancora per settimane prima di arrivare a zero. Gli ospedali stanno razionando antibiotici e antidolorifici.
    Non scarseggia solo il pane. Nei mercati di Gaza, dagli scaffali e dai banchi sono scomparsi i prodotti freschi come carne, pollo, patate, yogurt, uova e frutta; sono completamente spariti, come denunciano molti locali. Quelli che si trovano sono a prezzi esorbitanti. Un chilo di cipolle può costare circa 12 euro, i pomodori 6 euro al chilo. I prezzi del gas per cucinare sono aumentati fino a 30 volte, quindi le famiglie sono tornate a cercare legna per accendere il fuoco.
    Israele dice di operare secondo le leggi internazionali, visto che gli aiuti venivano rubati da Hamas e che ne sono entrati abbastanza durante la tregua. Secondo il Cogat, il reparto dell'esercito responsabile delle operazioni nei Territori e quindi anche a Gaza, dal 19 gennaio, inizio della tregua, al 2 marzo, quando sono stati bloccati gli aiuti, a Gaza sono entrati 25.200 camion con 447.538 tonnellate di merci, quasi l'80% dei quali cibo.
    La carenza di cibo e la chiusura forzata dei forni, insieme ai bombardamenti che non cessano, si unisce ai continui ordini di evacuazione da parte dell'esercito, rendendo ai rifugiati di Gaza la vita impossibile.
    L'ultimo ordine riguarda la zona di Rafah. Il portavoce in arabo dei militari, Avichay Adraee, ha anche diffuso la mappa dell'area di Rafah, al Sud di Gaza, molto estesa, che i cittadini devono sgomberare, in vista di una operazione di terra. Si tratta della più grande evacuazione da quando è stata interrotta la tregua, e interessa le zone di Rafah e Khan Yunis. Riprende, dunque, l'esodo di rifugiati che si spostano verso la zona umanitaria di Al Mawasi, preoccupati che si scateni l'inferno al Sud, dove tra l'altro si erano portati molti gazawi nella speranza di potere uscire dalla Striscia quando si è riaperto il valico verso l'Egitto ed è entrata in vigore la tregua.
    La cui ripresa si cerca di accelerare con le mediazioni di Qatar ed Egitto, ma Netanyahu insiste con la necessità della pressione militare. Il premier è stato interrogato, per diverse ore, come persona informata dei fatti, dagli agenti che stanno indagando sul cosiddetto QatarGate. Per questo scandalo di fondi e influenze dalla monarchia del Golfo, qualche ora prima erano stati arrestati due stretti collaboratori del primo ministro, Jonatan Urich ed Eli Feldstein. Quest'ultimo, ex portavoce di Netanyahu, è accusato di aver danneggiato la sicurezza nazionale con furto e fuga di documenti classificati dell'esercito, lavorando per il Qatar tramite una società internazionale incaricata da Doha di fornire ai giornalisti israeliani storie favorevoli al Paese, il tutto mentre era impiegato presso l'ufficio di Netanyahu. L'inchiesta è stata ordinata dal procuratore generale Gali Baharav-Miara a fine febbraio, e condotta da Lahav 433 e dallo Shin Bet. All'inizio di marzo, la polizia ha interrogato sia Feldstein che Urich per sospetto di aver contattato un agente straniero, frode, riciclaggio di denaro e corruzione. Ai due il Qatar avrebbe versato diversi fondi per migliorare la propria immagine nel Paese, anche attraverso la diffusione di notizie riservate alla stampa, anche relative alla guerra. Il premier attacca in un video: «Indagini politiche, è caccia politica per sventare il licenziamento del capo dello Shin Bet e per farmi cadere». —
  4. Si scava a mani nude per cercare superstiti. Il governo rifiuta i soccorsi di Taiwan
    Estratte vive una donna incinta e una bimba Ma i militari rifiutano gli aiuti dai "nemici"
    taipei
    «Non sono nemmeno riuscita a elaborare cosa stesse succedendo. Ho solo corso. Nel momento in cui sono uscita di casa i mattoni hanno iniziato a cadere dal soffitto». Dal Myanmar continuano ad arrivare le testimonianze sul devastante terremoto di magnitudo 7.7 di venerdì scorso, in questo caso di una 16enne intervistata da Save the Children, mentre la situazione nel centro del Paese resta disperata.
    Nella tarda serata di ieri, il bilancio ufficiale era di 2056 morti e oltre 3900 feriti. Ma secondo i pochi media indipendenti ancora attivi, già ora le vittime sarebbero più di 3 mila, destinate tragicamente a salire. «La portata del disastro non è ancora del tutto chiara», ha dichiarato l'Onu. Lo US Geological Survey, che stima oltre 10 mila morti, ha comunicato che la rottura della faglia di Sagaing è stata più che doppia di quella stimata inizialmente: almeno 450 chilometri invece di 200. Il disastro si somma alle ferite già aperte del Myanmar. Anche prima del sisma, circa 20 milioni di birmani avevano bisogno di aiuti umanitari a causa della guerra civile. E migliaia di persone sarebbero ancora intrappolate sotto le macerie.
    In alcuni casi, si scava ancora a mani nude, ai sopravvissuti manca acqua, elettricità e assistenza sanitaria. Secondo l'Oms, almeno tre degli scarsi ospedali presenti sono completamente fuori uso, altri 22 danneggiati. Si stanno perdendo le speranze di trovare vivi i 170 monaci buddisti coinvolti nel crollo del monastero di U Hla Thein, dove erano riuniti per sostenere un esame religioso. Un'organizzazione islamica segnala una strage di musulmani: almeno in 700 sarebbero morti durante le preghiere del venerdì, quando sono crollate decine di moschee.
    Qualcuno riesce anche a sopravvivere. Una donna è stata estratta viva dopo aver trascorso 60 ore sotto ciò che è rimasto del Great Wall Hotel di Mandalay. Salvate anche altre tre persone, tra cui una donna incinta e una bambina, tra gli applausi dei presenti. Nella tragica devastazione del Myanmar, anche un piccolo lieto fine può servire per sperare di vedere la luce.
    Alle operazioni hanno partecipato i team di soccorso di Cina e Russia, primi ad arrivare insieme a quelli di India e Malaysia. Presenti o in arrivo aiuti anche da Indonesia, Vietnam, Filippine, Thailandia, Pakistan e Giappone.
    Non sembra invece un caso che non sia arrivato il via libera per l'arrivo di aiuti da Taiwan, tra le speculazioni di chi crede che abbiano influito gli stretti legami tra il governo golpista e Pechino. Dopo una lunga attesa, Taipei ha deciso di sciogliere la squadra di 126 soccorritori che era pronta a partire con 15 tonnellate di equipaggiamento e attrezzature. D'altronde, la politicizzazione degli aiuti è praticamente una certezza, così come la loro distribuzione arbitraria. Gli attivisti e il governo ombra anti esercito chiedono di inviarli alle organizzazioni indipendenti, per evitare che la giunta militare li utilizzi come arma di consenso o leva negoziale coi gruppi ribelli.
    In Thailandia, c'è fretta di dichiarare il ritorno alla normalità per non rischiare contraccolpi sul turismo, ma intanto le vittime accertate sono salite a 19. Restano oltre 70 i dispersi, quasi tutti travolti dal grattacielo da 33 piani in costruzione crollato a Bangkok. Le famiglie degli operai restano di fronte alle macerie sperando in un miracolo, ma le autorità hanno dichiarato «improbabile» che si trovino altri sopravvissuti. lor. lam.

 

 

31.03.25
  1. Cinque passaggi in poche settimane, captate frequenze russe. Indaga la procura di Milano
    Il mistero del drone-spia sul centro ricerche di Ispra
    ANDREA SIRAVO
    MILANO
    Spionaggio aereo russo sul suolo italiano per carpire informazioni sulle attività del Joint research centre della Commissione europea di Ispra, sul Lago Maggiore, in provincia di Varese. È questa l'ipotesi che si fa strada tra i nostri apparati di sicurezza e la magistratura sulla presenza di un drone russo intercettato per cinque volte nelle ultime settimane sorvolare sul terzo più grande centro di ricerca scientifica comunitario. Al momento - spiegano fonti di sicurezza - c'è «massima cautela» sulla dinamica e sulla paternità dell'azione. Non ci sarebbero testimoni oculari e il velivolo sarebbe stato intercettato da un sistema di rilevazione di radiofrequenze che avrebbe indicato un apparecchio di fabbricazione russa. Alla sezione distrettuale della procura di Milano da venerdì è stato aperto un fascicolo dopo la segnalazione dei responsabili che hanno informato i carabinieri.
    La cartellina in cui è stata inserita la prima annotazione è quella per gli atti non costituenti notizie di reato. Tuttavia, già per oggi è stata convocata una riunione per valutare quanto emerso e concordare i prossimi passaggi investigativi. Innanzitutto, verificare che dietro le ricognizioni aeree ci sia la Russia e anche capire se il velivolo sia stato comandato da remoto o nelle vicinanze del centro. Appare comunque scontato che il fascicolo verrà iscritto dal procuratore Marcello Viola insieme all'aggiunto Eugenio Fusco e al pm Alessandro Gobbis con l'ipotesi di spionaggio politico o militare. Gli accertamenti saranno delegati al Ros dei carabinieri. Lo stesso pool di inquirenti che negli scorsi mesi si è occupato dei due imprenditori brianzoli che avrebbero dato disponibilità ai servizi di intelligence russi per svolgere attività di pedinamento e di ricognizione di obiettivi di natura sensibile e di interesse per il Cremlino. Allo stato le due vicende restano slegate e non emergono collegamenti. La notizia ha provocato anche reazioni politiche. Diversi partiti hanno annunciato interrogazioni parlamentari a cominciare da Forza Italia, che pretende «chiarezza», visto che «il tema della sicurezza nazionale è un elemento essenziale da preservare rispetto a influenze straniere, in un momento particolare a livello internazionale». —
  2. negati
    Soccorsi
    La conta ufficiale di 1.700 morti è solo un fotogramma temporaneo nel Myanmar squarciato dalle scosse. I primi numeri ne indicavano 140, e fanno capire perché, a tre giorni dal terremoto, l'entità del disastro sia destinata a crescere e ogni cifra sia destinata agli archivi.
    «Le nostre analisi fatte attraverso l'uso di immagini satellitari del sistema Europeo Copernicus ci dicono che più di 120.000 abitazioni sono state distrutte, con 800.000 sfollati», ci dice l'ambasciatore della Ue in Myanmar, Ranieri Sabatucci.
    I numeri diventano foto, video amatoriali, messaggi. Si vedono i "condo", palazzi eleganti ma con le fondamenta spesso poco profonde, ridotti in macerie. Sotto, centinaia di storie che vogliono uscire, voci, lamenti, raccontano i soccorritori, straziati dalla fatica e dall'odore di morte che rapidamente sta avvolgendo le città. Sopra, squadre specializzate con cani – arrivati da Cina, Malesia, Thailandia. Ma non dai Paesi occidentali che il Paese rifiuta di fare entrare, Italia e squadre delle Nazioni Unite incluse. Quelli presenti sono troppo pochi per arrivare in tempo.
    La ricerca di eventuali sopravvissuti è sulle spalle della popolazione locale che scava soprattutto a mani nude e senza l'aiuto di mezzi pesanti ostacolati da strade dissestate, ponti crollati e i combattimenti dovuti alla guerra civile in corso. Per le strade si inizia a sentire l'odore dei corpi in decomposizione che si mischia con il fumo acre delle cremazioni che continuano senza sosta.
    In una città di 1 milione 200 mila abitanti, si sono riuscite a salvare finora una trentina di persone, ma il tempo affievolisce le speranze e fa aumentare le richieste di aiuto, e i nomi della lista degli scomparsi – anche alcuni turisti stranieri. La finestra di opportunità per trovare qualcuno ancora vivo si sta rapidamente chiudendo. Il giornale online in lingua inglese Myanmar Now, che come tutti i media birmani indipendenti ha visto suoi giornalisti arrestati dal regime e la sede trasferita all'estero, dà un'immagine che da sola racconta la tragedia. Corpi accatastati nei cimiteri, la lunga attesa per poterli cremare come nel rito buddista, 300 corpi il primo giorno, 200 il secondo. Alcuni ricorrono alla cremazione dei propri cari per strada, in strutture improvvisate, poiché i crematori sono sovraffollati. I cimiteri più grandi, tra cui Kyanikan, Taung-Inn e Myauk-Inn, sono sopraffatti e i cadaveri si accumulano di ora in ora.
    Fra i morti di Mandalay, i tanti musulmani che si trovavano dentro le moschee – distrutte – per il venerdì di preghiera. Così ora si aspetta, fra macerie, canti e preghiere per strada, con le forti scosse di assestamento che fanno preferire dormire all'aperto, mentre in tanti hanno lasciato la prima città birmana, Yangon e i suoi palazzi incerti, per andare nelle campagne. Il Paese è diviso in aree controllate dal regime militare di Min Aung Hlaing, da un lato; e quelle conquistate dai gruppi etnici e dalla Forza di Difesa Popolare negli anni dopo il colpo di Stato del 2021. La guerra è persistente e violenta. Il Governo di Unità Nazionale Nug, nato dai parlamentari eletti in opposizione al colpo di Stato del 2021, ha dichiarato il cessate il fuoco per due settimane per consentire i soccorsi. I militari continuano a bombardare, dal Kayah State al confine con la Thailandia, alle zone più colpite dal terremoto, a partire dal Sagaing, epicentro della scossa. Senza Internet ed elettricità, i ponti per raggiungere la regione crollati, capire come sia la situazione in quelle aree è difficile. La maggioranza dei giornalisti, a partire da quelli locali, è stata costretta all'esilio; gli stranieri non vengono ammessi nemmeno ora perché, spiega il portavoce del regime, «non c'è abbastanza spazio, Internet e acqua».
    «Una tragedia che si sovrappone ad altre tragedie. Il Paese finalmente riceve attenzione mediatica e si spera che questo possa orientare risorse e impegno», aggiunge Sabatucci. «I primi segnali da parte delle autorità militari non sono positivi ma continuiamo a sperare». Nonostante si stiano raccogliendo risorse, si stima che «purtroppo solo una persona su dieci riceverà aiuti».
    Su X ricompare Tayzar San, un'eroe della resistenza di Mandalay nel 2021, e spiega che porteranno aiuti. Ma al Paese mancano infrastrutture e competenze specifiche e la giunta militare impedisce l'entrata a Stati e organizzazioni non amiche. Si confermano le preoccupazioni degli oppositori, che lanciano un appello a non veicolare aiuti attraverso la giunta, ma a mandare i soldi direttamente a piccole organizzazioni del territorio, anche nelle zone non sotto il controllo dei militari.
    Nonostante la inusuale richiesta di aiuto internazionale, l'appello del generale in persona, il comportamento della giunta non è cambiato rispetto al modo in cui ha affrontato le tante catastrofi naturali che hanno colpito il Myanmar nel corso degli anni, inclusi cicloni e altri terremoti. Anche nel 1988, anno della generazione di studenti massacrati dalla giunta, ci fu un terremoto della stessa identica scala, 7.7. In un Paese dove i soldi sono trattenuti da una ricchissima élite, anche la Storia appare sempre più simile a se stessa. —
  3. David Eubank L'ex soldato delle forze speciali Usa: "Cerchiamo di portare aiuti alle organizzazioni"
    "L'esercito sta continuando a distruggere quello che è stato risparmiato dal sisma"
    Francesco Semprini
    new york
    «Gli attacchi con droni e via terra dell'esercito birmano, negli Stati Karenni e Karen, continuano nonostante il terremoto. Oggi alle 16.00 (le 11.30 in Italia), un caccia ha sganciato bombe nei pressi di Pruso. Altri ordigni hanno colpito il distretto di Sagaing. La giunta non ha misericordia». Il dispaccio ci arriva ieri, nella mattinata italiana, da David Eubank. È il fondatore del "Free Burma Ranger" (Fbr), organizzazione mista di volontari da tutto il mondo e nazionali del Myanmar, soprattutto dell'etnia Karen, tra cui alcuni guerrieri che si battono contro il governo della giunta militare birmana. Il "militare-missionario" dice di non sapere quante persone siano rimaste uccise dal terremoto che ha colpito soprattutto aree controllate dal governo.
    «La devastazione più grande è attorno all'area di Mandalay, lì non abbiamo accesso diretto, ma stiamo facendo il possibile per trovare il modo di inviare aiuti o di dare assistenza ad altre organizzazioni al fine di arrivare nelle zone colpite», spiega a La Stampa Eubank. L'ex militare delle Forze speciali a stelle e strisce non dorme da quasi 48 ore, il suo lavoro, e quello dei suoi collaboratori, è di coordinarsi con amici e conoscenti per aiutare a fornire supporto a Ong che non sono direttamente collegate con Fbr. In particolare, quelle che si trovano a Durango, come la "Shanta Foundation", per avvicinarsi il più possibile all'epicentro.
    La mente va a quegli istanti interminabili in cui la terra ha tremato. «Abbiamo sentito fortemente il boato nel sud di Shan State, eravamo nella giungla dove si nascondono quasi tutti gli sfollati, è stato provvidenziale perché nonostante il terreno tremasse e gli alberi ondeggiassero, nessuno è rimasto ferito – dice –. La città più vicina era già stata devastata dall'esercito birmano e ridotta in macerie, non c'era più nulla che l'ira della natura potesse ancora distruggere». David racconta che da tempo si temeva un evento sismico di tale portata, perché era noto come il Paese del sud-est asiatico si trovasse in una zona a forte rischio dal punto di vista tettonico. Lui e le donne e gli uomini di erano preparati almeno da un punto di vista spirituale, tratto caratteristico della sua storia.
    La storia di David è legata a doppio filo con le vicende del Myanmar, e con la lotta che i guerrieri Karen conducono da anni contro il regime di Rangoon. «Sono originario dell'Alaska, – racconta – mi sono arruolato molto giovane nel corpo dei Ranger con i quali ho operato nella lotta al narcotraffico, in Perù e Honduras in particolare. Poi sono entrato nella "First Special Force" dispiegata in Asia». Dopo diversi anni è arrivato il congedo ed Eubank ha deciso di trasferirsi in Asia con la moglie: lì ha messo radici, ha costruito la sua famiglia e ha sposato la causa dei Karen.
    «Oggi siamo un'organizzazione di volontari che opera in Birmania da quasi due decenni, non veniamo pagati, facciamo questo per amore, fede e libertà – dice –. Abbiamo il sostegno di singoli donatori, della chiesa, da ogni parte del mondo, non certo dal governo americano. Tra i nostri finanziatori ci sono anche due cittadini italiani che vivono in Sicilia».
    Dal primo dispaccio di David, successivo alla violenta scossa di punto 7.7, trascorrono oltre 36 ore, un giorno e mezzo di interminabile silenzio, su tutta la linea. Sino a ieri mattina. «Sono nel Nord. C'è distruzione, quello che non ha fatto la natura lo ha fatto l'esercito, o quanto meno lo aveva già fatto – spiega con la voce appesa al flebile segnale Internet –. La notte del loro terremoto i caccia hanno bombardato e non si son mai fermati, continuano a bombardare, sabato ci sono stati diversi morti causati dagli attacchi». I Fbr agiscono di "intelligence": «Stiamo cercando di lavorare con la resistenza sotterranea per far arrivare un po' di soldi lassù, anche alla chiesa locale». Prima di lasciarci l'ex militare Usa fa una richiesta: «Pregate per il popolo birmano. Pregate affinché si trovino la forza e i mezzi per aiutare le persone ferite e devastate da questo terremoto – chiosa –. Sere fa abbiamo celebrato il funerale di un giovane ucciso dai governativi, stava per unirsi al nostro gruppo. Poi è arrivato il terremoto». —
  4. Giada, porti e terre rare Corsa alle ricchezze birmane in mano alla giunta militare
    La terra trema nell'arcipelago di Tonga Scossa di 7.1, lanciata l'allerta tsunami
    taipei
    Oltre agli edifici, alle infrastrutture e alle strade, il terremoto in Myanmar fa tremare anche numerosi interessi. Peraltro già vacillanti, oltre quattro anni dopo il golpe militare che ha di fatto dato il via a una sanguinosa guerra civile, che continua ad aprire nuove ferite in un Paese già martoriato dalla repressione della minoranza Rohingya e dalle antiche dispute con i gruppi etnici e le milizie armate.
    La Birmania è sempre stata uno snodo chiave per gli equilibri asiatici. Affacciandosi sul Golfo del Bengala e sul mare delle Andamane, ha un accesso diretto alle rotte marittime dell'Oceano Indiano. Le dittature militari, le sanzioni internazionali, un passato e un presente pieni di eventi drammatici hanno reso il Myanmar poverissimo. Eppure, il suo territorio è ricco di risorse. Al largo delle coste ci sono numerosi giacimenti offshore, su cui hanno messo gli occhi Cina, India e Thailandia. Le sue foreste forniscono un'ampia quantità di teak pregiato, molto richiesto sul mercato internazionale. Il sottosuolo conserva una grande quantità di pietre preziose come rubini, zaffiri e soprattutto giada. Secondo un report del 2015 di Global Witness, solo nel 2014 il valore proveniente dal mercato della giada sarebbe stato pari a 31 miliardi di dollari, circa il 50% del Pil del Myanmar.
    La politicizzazione degli aiuti umanitari per il post sisma è pressoché scontata, così come una loro distribuzione arbitraria. Oltre a regolare qualche conto con i ribelli, bombardati anche in questi giorni, dopo il terremoto la giunta militare potrebbe provare a guadagnare legittimità. Già lo scorso novembre, il generale golpista Min Aung Hlaing è stato a Kunming, Cina, per un vertice dei Paesi del fiume Mekong.
    Poche settimane fa è stato ricevuto da Vladimir Putin al Cremlino. La Russia fornisce al regime jet militari utilizzati per attaccare i ribelli, droni e assistenza nella costruzione di una centrale nucleare. I rapporti sono positivi anche con l'India, che nel 2020 ha regalato all'esercito il suo primo sottomarino. Tradizionalmente, il primo partner del Myanmar è però la Cina. Lungo il Corridoio economico Cina-Myanmar, arteria vitale per la Belt and Road, sono sorti oleodotti e gasdotti. Attraverso lo sviluppo del porto di Kyaukpyu, la Cina mira all'accesso diretto al Golfo del Bengala per ridurre la dipendenza dallo Stretto di Malacca, passaggio quasi obbligato e potenziale "collo di bottiglia" della maggioranza delle merci che si muovono tra Oriente e Occidente. Le imprese cinesi hanno un ruolo chiave anche nel potenziamento dell'energia idroelettrica, con la costruzione di svariate dighe.
    La guerra civile ha già messo a rischio il flusso energetico e la sicurezza delle forniture, interrompendo progetti approvati per diversi miliardi di dollari. Il terremoto ha causato nuovi danni agli oleodotti e rischia di causarne anche alle dighe. Negli scorsi mesi, peraltro, i ribelli Kachin hanno preso il controllo della cintura mineraria di terre rare nel Nord, che conserva risorse cruciali per produrre turbine eoliche e veicoli elettrici: due settori strategici per Pechino, le cui importazioni di ossidi e terre rare birmane sono crollate dell'89% tra febbraio 2024 e 2025. La Cina ha provato a intervenire nella crisi, favorendo due tregue parziali e dalla breve durata. Xi Jinping aveva ottimi rapporti con Aung San Suu Kyi, ma ha spesso supportato la giunta militare. Alla Cina interessa stabilità, a prescindere da chi possa garantirla. Min Aung Hlaing lo sa e ora mira a una normalizzazione più ampia. A meno di cancellazioni a causa del sisma, da mercoledì il generale sarà a Bangkok per il summit Bimstec, che riunisce i Paesi del Golfo del Bengala. Qui dovrebbe incontrare il premier indiano Narendra Modi.
    In attesa di legittimazione, dopo il golpe il Myanmar è diventato il maggiore produttore di oppio al mondo. Qualche mese fa, il New York Times lo ha definito il più grande hub di criminalità organizzata al mondo. Una sorta di parco giochi per signori della guerra, trafficanti di armi e di esseri umani, costellato di miniere illegali per estrarre risorse contrabbandate poi all'estero.
    Le foreste sono invase dai bracconieri a caccia di animali selvatici e legno, mentre nelle zone di confine si sono sviluppati immensi centri di truffe online. Difficile pensare che, in questa situazione, le possibili elezioni farsa promesse dall'esercito entro il 2025 possano dare stabilità a un Paese che sta cadendo a pezzi. In modo tragicamente sempre più letterale. —
  5. bullo
    Harry
    il
    Maria Corbi
    Non c'è pace per Harry e Meghan, duchi di Sussex, abilissimi nel fare sempre la mossa sbagliata. E questa volta i guai arrivano dopo che il principe si è dimesso dalla charity Sentebale da lui fondata nel 2006 in onore della madre Diana il cui scopo è supportare bambini e adolescenti con Hiv e Aids in Africa meridionale. Una decisione che coinvolge anche il co-fondatore Seeiso, principe di Lesotho, a seguito di una frattura insanabile tra i fiduciari e la presidente Sophie Chandauka che adesso accusa il principe e i vertici dell'organizzazione di «molestie e bullismo su larga scala». Secondo Chandauka, il duca le avrebbe scatenato contro «la macchina delle pubbliche relazioni dei Sussex». «C'è gente in questo mondo - ha detto - che si comporta come se fosse al di sopra della legge, tratta male gli altri e poi gioca la carta della vittima con la stampa per danneggiare coloro che hanno il coraggio di dire la verità». Ogni riferimento a persone non è puramente casuale.
    I fiduciari di Sentebale, appoggiati dai due principi, invece, accuserebbero Chandauka, ex manager di Morgan Stanley e Meta, di cambi di gestione non concordati e conti traballanti. Mentre lei sostiene di aver cercato di mettere ordine nella cattiva gestione della charity, accusando i fiduciari di «misoginia, abuso di potere e discriminazione contro le donne nere». Denuncia presentata alla Charity Commission, l'ente vigilia sul settore benefico. Da qui le dimissioni di Harry e del principe ereditario del Lesotho Seeiso, con cui si conobbero nel 2004 quando Harry andò in Africa, in anno sabbatico. Entrambi orfani di madre, legarono subito grazie al comune dolore. «Quasi 20 anni fa, abbiamo fondato Sentebale in onore delle nostre madri», hanno scritto in una nota congiunta parlando di «situazione insostenible». «Sentebale significa "non ti scordar di me" in sesotho, la lingua locale del Lesotho, ed è ciò che abbiamo sempre promesso ai giovani che abbiamo assistito tramite questa associazione benefica. Oggi non è diverso. Con il cuore pesante, ci siamo dimessi dai nostri ruoli di patroni dell'organizzazione fino a nuovo avviso, in supporto e solidarietà con il consiglio di amministrazione». Nonostante le sue accuse, la signora Chandauka ha detto a Sky di aver avuto in precedenza un buon rapporto di lavoro con il principe. «Ma ci sono alcune persone nel consiglio che, francamente, non mi hanno trattato come avrebbero trattato il precedente presidente, e hanno interrotto le mie riunioni perché pensavano di poterla fare franca maltrattando una donna».
    C'è anche chi pensa che usare Harry sia stato l'unico modo per mettere un faro sulla sua defenestrazione. Secondo il giornale Telegraph, però, nei rapporti tra la Chandauka e il duca di Sussex ci sarebbe un precedente dello scorso aprile, durante una partita di polo per beneficenza organizzata a Miami, con Harry capitano della squadra (vincitrice). Mentre erano tutti sul podio, sembra che Meghan abbia ordinato alla manager di allontanarsi dalla destra del principe, costringendola a chinarsi sotto il trofeo per cambiare posizione. Fatto che scatenò commenti negativi sulla duchessa, con Harry che insistette per fare rilasciare alla Chanduaka una dichiarazione "a sostegno" di Meghan. Un "no" che le sarebbe costato la poltrona. —
  6. processo Echidna
    Mafia in autostrada e corruzione elettorale Fantini in ordinario, per Gallo rito abbreviato
    Si dividono i destini processuali dei due principali imputati del procedimento penale nato dall'inchiesta Echidna. Entrambi a giudizio, ma con riti differenti. L'ex ad di Sitalfa (controllata di Sitaf), Roberto Fantini, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, è stato rinviato a giudizio dal gup e affronterà il processo con rito ordinario. Salvatore Gallo, ex ras delle tessere del partito democratico, accusato di corruzione elettorale e di alcuni episodi di presunto peculato, ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. Quindi a porte chiuse, con lo sconto di pena di un terzo in caso di condanna e soltanto sulla base degli atti fin qui maturati. A giudizio andranno anche alcuni esponenti di una presunta struttura di 'ndrangheta radicata a Brandizzo che avrebbe inquinato alcuni subappalti della A32. —

 

 

30.03.25
  1. Bombe sui terremotati e aiuti usati come arma La giunta non ferma i raid
    Alle 12,50 il terremoto. All'1,10 i bombardamenti sul villaggio di Kan Gyi, e Naung Cho, nella stessa regione delle città più colpita dalla scossa, Mandalay. È la seconda città birmana ed è sotto il controllo dei militari. I villaggi colpiti sono invece da un anno sotto il controllo di uno dei gruppi etnici in guerra con la giunta, la Ta'ang National Liberation Army.
    È in questo quadro che si colloca la richiesta di aiuto internazionale da parte del generale Min Aung Hlaing, autore del colpo di Stato che nel 2021 ha deposto il governo eletto di Aung San Suu Kyi prima ancora che si insediasse. Una richiesta immediatamente classificata come «inusuale» considerando i precedenti delle giunte militari - blocco degli aiuti, e migliaia di vite umane dimenticate.
    I dubbi trovano riscontri. Alla richiesta di aiuto non è seguito alcun annuncio di tregua, arrivato invece oggi dal Governo di Unità Nazionale, che controlla - o vorrebbe controllare - il suo braccio militare, la PDF, Forza di Difesa Popolare.
    Nel Myanmar lacerato dalla guerra civile, la tecnica utilizzata dai militari è denominata "scoarched earth", ovvero fare terra bruciata - in maniera assolutamente letterale - delle zone che non controlla. Non solo: nelle ore dopo il terremoto, uomini in uniforme hanno reclutato forzatamente una decina di persone a Mandalay, mentre altrove bombardavano. A Bangkok, raccontano fonti ufficiose di agenzie Onu specializzate nelle emergenze, si è in attesa dei visti per poter entrare a portare soccorso ed expertise. Mentre scriviamo, le autorizzazioni non sono ancora arrivate.
    Alle difficoltà nelle comunicazioni dovuta ai danni alle infrastrutture causati dal terremoto, continuano ad aggiungersi i blocchi di Internet voluti dalla giunta. Difficile stabilire i danni fuori da Mandalay: niente rete, niente elettricità. A volte nelle zone conquistate dai gruppi anti-militari si riescono ad usare i satelliti di Starlink, «ma dobbiamo pagare, e costa troppo per le paghe birmane, 3 mila chat all'ora (1,40 euro), e a volte anche la Tnla limita Starlink», spiegaMyat, la famiglia a Mogok, Mandalay division, studente universitario.
    Prima del terremoto, una stima dell'agenzia alimentare dell'Onu ha stabilito che una persona su tre in Myanmar necessita aiuto umanitario, con un numero di rifugiati interni che si stimava potessero raggiungere i 4 milioni e mezzo alla fine del 2025.
    Questa sovrapposizione di tragedie può diventare uno spartiacque, ma il rischio è la direzione che può inaspettatamente prendere l'acqua.
    Il regime ha perso il controllo di grandi aree del Paese, ora gestite da gruppi etnici a loro volta frammentati. Il timore è che l'aiuto umanitario diventi un'arma, ad esempio per penetrare nuovamente nelle parti del Paese perdute, se fatto confluire nelle mani della giunta. O anche uno spot pubblicitario prima delle elezioni - che la giunta vorrebbe tenere a fine anno. Pazienza se la leader dell'opposizione, Aung San Suu Kyi, è dimenticata agli arresti dal febbario 2021 (anche se sarebbe sopravvissuta al terremoto, riportano fonti locali). Portare aiuti nelle zone controllate potrebbe essere sfruttato elettoralmente. E il regime birmano svetta nelle classifiche internazionali per corruzione.
    «Non sono assolutamente sinceri. È molto più probabile che stiano usando l'appello in chiave elettorale, nemmeno le controllano le zone dell'epicentro», è il commento di un analista birmano che chiede di non essere nominato.
    Mentre la conta dei morti temporanea è arrivata ufficialmente a più di 1.600, fra le prime nazioni a mandare aiuti, sono Malesia, Singapore e poi India, Cina e Russia - gli stessi che riforniscono di armi il regime -, a ricordare che la sottrazione di Europa e Usa non crea isolamento.
    L'appello è che l'aiuto promesso dagli Stati Uniti non venga distribuito attraverso la giunta, in modo che finisca davvero a chi ne ha bisogno.
    La Croce Rossa birmana è considerata compromessa. La Cina cerca di avere il maggior controllo possibile sul Paese anche attraverso le etnie al suo confine ma anche grazie all'aiuto che può dare, esercitando un'influenza ancora maggiore sul Paese, che è anche il suo accesso all'Oceano Indiano. L'aiuto umanitario è in poche ore diventato tanto urgente quanto problematico, perché facilmente strumentalizzabile. —
  2. 'analisi
    Mario Tozzi
    Terreno liquefatto e zone di faglia silenti Così si è materializzato il disastro

    Nella Cina imperiale di duemila anni fa, alcuni saggi avevano già inventato uno strumento straordinario che serviva a rilevare la direzione di arrivo dei terremoti.
    Un sismometro (o sismoscopio) costituito da una brocca di bronzo con diversi beccucci costituiti da teste di drago che custodivano ciascuna una sfera. Sotto le teste erano allocate altrettante rane di metallo con la bocca aperta, pronte ad accogliere la pallina in caso di sisma. Ma solo una sarebbe caduta, quella disposta nella direzione della scossa. La Cina è uno dei luoghi maggiormente sismici del pianeta, ma non dovunque, eppure quei sismometri erano praticamente in ogni città: davano comunque un'idea del terremoto e da che punto, grossolanamente, doveva provenire.
    Così i romani antichi disponevano le lance rituali appoggiate alle pareti della Regia Palatina nel Foro: a seconda del luogo in cui si era scatenato il terremoto, in genere nell'Aquilano o nell'Irpinia, la parete disposta in direzione faceva vibrare le lance più delle altre. Roma non ha una sua sismicità, ma risente dei terremoti dell'Appennino, anche se questi sono lontani. Perciò non dobbiamo meravigliarci che la coppia sismica di Mandalay si sia risentita in una buona fetta del Sudest asiatico, semmai dobbiamo cercare di capire come mai possa aver fatto crollare un grattacielo in costruzione a Bangkok, a 1300 km di distanza. Come anticipato, ciò può essere determinato da due fattori, il primo dei quali è la presenza di "corridoi sismici" sotterranei, che, per ragioni diverse, possono condurre le onde in una precisa direzione invece che in un'altra.
    Il terremoto del 1755 a Lisbona si articolò in almeno dieci minuti di scosse violente che fecero sentire i loro effetti non solo in città (15 mila morti), ma anche in tutta la parte occidentale della penisola iberica e in Africa di Nord-Ovest (45 mila vittime). Anche in questo caso la seconda scossa fece crollare i palazzi già indeboliti. A quel tempo Lisbona contava 275 mila abitanti. Ma anche Algeri fu distrutta e Tangeri danneggiata, mentre il crollo di una caserma addirittura in Lussemburgo uccideva centinaia di soldati. Forse il primo evento naturale a carattere catastrofico le cui conseguenze risultarono globali.
    Ma la distruzione a lunga distanza può trovare una spiegazione nella costituzione geologica del sottosuolo della capitale thailandese, fatto quasi esclusivamente dei sedimenti delle alluvioni del fiume Chao Phraya deposti in migliaia di anni. Si tratta di ciottoli, sabbie, limi e argille che spesso non sono ben compattati né litificati e che, quindi, amplificano le onde sismiche, diversamente da quanto avviene nelle rocce compatte. È quanto tipicamente avvenuto a Mexico City nel 1985 con un terremoto di magnitudo 8,1 Richter che uccise 9 mila persone, nonostante l'epicentro fosse davvero lontano, nell'oceano Pacifico, a oltre 400 km di distanza.
    Anche in questo caso l'effetto-sito si è manifestato chiaramente, vista la presenza ancora in piedi di palazzoni in muratura vicino alle carcasse di edifici ben più resistenti, in teoria, costruiti in acciaio e cemento. Città del Messico è originariamente sorta sull'antico lago Texcoco, ma la città ordinata degli aztechi è diventata una delle megalopoli più caotiche del pianeta, dove ci si insedia anche sopra gli antichi terreni paludosi del lago, oltretutto disposti a lente, cioè come specie di amigdale di terreni poco compatti magari all'interno di altri più compatti. Argille (e sabbie) plastiche poco coerenti che sono state malamente compattate e che certo non sono terreni di fondazione idonei. Se dobbiamo scegliere dove vivere in regioni a rischio sismico, scegliamo sempre le rocce compatte e non le sabbie, come suggerisce la Bibbia stessa (però a proposito delle alluvioni).
    Sono questi motivi che nel 1997 hanno causato i gravi danni di Foligno, appoggiata su antiche alluvioni, e lasciato indenne Trevi, a pochissima distanza, collocata su uno sperone roccioso compatto. Gli stessi che hanno danneggiato la Colonna Antonina, allocata sui sedimenti del Tevere, e non toccato quella gemella Traiana, costruita a circa 700 metri di distanza, sui tufi rocciosi. Ma le prime immagini dalle zone colpite del Myanmar (in particolare da Myittha) lasciano intuire una ulteriore complicazione geologica che potrebbe aver amplificato i danni, il fenomeno noto come liquefazione delle sabbie. Questo avviene quando i terreni saturi di acqua, per la presenza superficiale di una falda freatica, vengono investiti da uno shock sismico improvviso che li trasforma in una specie di pasta dentifricia che può fluire lateralmente inghiottendo strade e case e aprendo crepacci significativi (lateral spreading). Fenomeni simili sono stati registrati in Emilia nel terremoto del 2012.
    Terremoti generati da grandi zone di faglia trascorrenti (a movimento orizzontale) come quella di Sagaing sono relativamente frequenti, per non dire comuni. Ricordiamo i terremoti neozelandesi, quelli californiani, quelli anatolici e quelli della Palestina, per citarne alcuni. Spesso sono segmenti inattivi da secoli a riattivarsi improvvisamente: hanno evidentemente caricato l'energia sufficiente a rompere la crosta proprio nei periodi di quiescenza. Per questa ragione lo studio attento delle lacune sismiche è importante quanto quello delle faglie attive, come dimostra da noi il terremoto dimenticato di San Giuliano di Puglia, in Molise, nel 2002, avvenuto proprio per il riattivarsi di un segmento di faglia fino ad allora poco attivo. Ma per quale motivo i terremoti della Nuova Zelanda e della California non producono le vittime e i danni di quelli asiatici e anatolici? Il solito: non c'è pianificazione territoriale accorta, non esiste progettazione antisismica, non si scelgono materiali idonei, non si procede alla zonazione sismica, si dimenticano gli eventi del passato.
    Affrontare gli eventi naturali diventa più complicato in quelle regioni del modo in cui la memoria fa difetto e la cultura non si costruisce. L'impatto dell'evento naturale che diventa catastrofico smentisce la concezione lineare e positivista del progresso. Le catastrofi sono elementi di discontinuità spazio temporale cicliche, come la svolta drammaturgica nella tragedia greca o il deus ex machina. Per questo risulta difficile portarle dentro il nostro patrimonio culturale: come è già stato fatto notare, essere uccisi da una faglia non più attiva dall'era glaciale (e non era questo il caso) deve sembrare incredibile quasi quanto essere ammazzati da un mammuth dello stesso periodo. —
  3. enzi e la lettera alla premier "Via il segreto sul caso Autogrill"
    «A pagina 101 del libro L'Influencer ho scritto una lettera a Giorgia Meloni. L'ho stampata e gliel'ho consegnata a mano: riguarda la vicenda autogrill. La Premier mi ha risposto dicendo che farà ciò che le ho chiesto e che ha dato disposizione per togliere il segreto di Stato. Lo farà? Non vedo l'ora e finalmente capiremo chi dice bugie e chi racconta la verità. Il segreto di Stato e una cosa seria, non si usa per l'autogrill». A scriverlo sui social è il fondatore di Italia Viva, Matteo Renzi, che posta anche la foto della lettera dove alla fine del foglio compare una scritta attribuita a Giorgia Meloni nella quale si legge: «Ho già dato il mandato di farlo». Per «vicenda autogrill» si intende l'incontro che Matteo Renzi ebbe con lo 007 Marco Mancini all'autogrill di Fiano Romano il 23 dicembre 2020. Incontro che venne immortalato in una fotografia da una professoressa.
    Nella lettera alla premier, Renzi cita anche lo «strano caso» del 30 novembre 2023, quando due 007 italiani furono visti armeggiare - il motivo è ancora sconosciuto - nella macchina di Andrea Giambruno, all'epoca già ex compagno di Giorgia Meloni. Il fondatore di Italia Viva, poi, aggiunge un invito-provocazione alla presidente del Consiglio: «Vieni in aula e mettici la faccia, spiegando che cosa hai fatto sulla vicenda Almasri e chi ha utilizzato in modo illegittimo Paragon». —
  4. Partecipazione record alle proteste, già oltre duemila gli arresti
    Imamoglu dal carcere alla folla "Nazione unita contro il dittatore"
    Un'enorme bandiera turca accarezza la folla a Maltepe, alla periferia di Istanbul, sulla sponda asiatica. Una folla di contestatori così non si vedeva da oltre un decennio. Sia che i partecipanti siano 2,2 milioni - come dice Ozgur Ozel, il presidente del maggior partito di opposizione, il Chp che ha organizzato l'evento - sia che si tratti delle 200 mila persone stimate dai giornali. L'ondata di mobilitazioni sul Bosforo è iniziata il 20 marzo, il giorno dopo la sospensione dall'incarico e l'arresto con l'accusa di corruzione del sindaco, Ekrem Imamoglu, principale rivale del presidente Recep Tayyip Erdogan. Ma il tentativo del leader turco al governo di cancellare l'antagonista dalla scena prima delle prossime elezioni presidenziali in programma nel 2028, rischia di tornargli indietro come un boomerang.
    «Non ho paura, siete dietro di me e al mio fianco». Le parole di Imamoglu, scritte dal carcere di Silivri, lette dalla moglie Dilek e dedicate alla piazza, scatenano gli applausi della folla. «Non ho paura - prosegue - perché la nazione è unita contro l'oppressore».
    Le manifestazioni, tuttavia, non esistono per le maggiori emittenti turche, nonostante gli oltre duemila arresti. E il leader del Partito Popolare Repubblicano, Ozel, lancia nuovi appelli a boicottare i canali televisivi ritenuti vicini al governo e i loro sponsor. «Sta cercando di linciare qualsiasi azienda o organizzazione locale che non aderisca alle sue cospirazioni ideologiche», lo rintuzza Fahrettin Altun, il direttore delle comunicazioni del presidente Erdogan, in un messaggio su X. E aggiunge: «Si tratta di un tentativo di creare tensione nel Paese, dividere le persone e polarizzare la società». Fab. Mag. —
  5. Chiusa l'inchiesta su Domenico Ceravolo, 48 anni in carcere per 'ndrangheta. I pm: "Aiutava le imprese raggiunte dalle interdittive antimafia"
    La doppia vita dell'ex sindacalista della Cisl "Factotum dei boss: li favoriva nei cantieri"
    giuseppe legato
    Da un lato sindacalista attivo nel tesseramento di operai, riferimento per pratiche amministrative della Filca Cisl (dalla quale è stato sospeso dopo l'arresto), sindacato degli edili che gli tributava una certa considerazione. Dall'altro uomo legato mani e piedi alla ‘ndrangheta calabrese e precisamente alla temibile cosca Bonavota nonché a un personaggio – in ipotesi d'accusa – di enorme spessore criminale come Francesco D'Onofrio, considerato dagli investigatori uno dei vertici della mafia calabrese in Piemonte.
    L'inchiesta chiusa nei giorni scorsi dalla Dda di Torino (pm Paolo Toso e Marco Sanini) prende il nome da lui, "Factotum" e così appare Domenico Ceravolo, nato a Torino, 48 anni, da mesi ormai detenuto nel carcere di Voghera. Da un lato auto (una Ford Kuga intestata alla Ald Automotive e noleggiata dalla Filca Cisl) e casa (in affitto) pagate dal sindacato, stipendio "aggiornato al rialzo" per intervenuti (evidentemente) meriti professionali, viaggi spesati, smartphone aziendale , dall'altro un mondo pieno di ombre tutte da dissipare e tutte legate al mondo del crimine organizzato.
    Il capo di imputazione formulato dai pm nei suoi confronti è impietoso: "Intratteneva «per conto» del boss D'Onofrio «rapporti e procurava incontri con altri appartenenti alla ‘ndrangheta, provvedeva al sostentamento dei detenuti per associazione mafiosa, prestava la sua attività, quale operatore del sindacato Filca, per redigere e presentare la domanda di reddito di cittadinanza a favore di compartecipi». E che compartecipi: Antonio Serratore, pluripregiudicato per droga, armi e mafia, del fratello Raffaele Serratore altro casellario giudiziario di peso e di Salvatore Arone indicato da più emergenze investigative come il vertice di un'articolazione di ‘ndrangheta dislocata tra Moncalieri e Carmagnola. Avrebbe favorito la latitanza della primula rossa Pasquale Bonavota ricercato in mezzo mondo e scovato dal Ros a Genova un po' di tempo fa con in tasca la copia della carta di identità intestata proprio a Ceravolo. E – sempre in tema di latitanza - avrebbe inviato i soldi (1000 euro) a un altro fuggiasco come Francesco Mandaradoni uccel di bosco in Marocco.
    Che storia, quella del signor Ceravolo. Che – mentre al sindacato viene ricordato per ripetuti sfoghi sulle sue incombenze economiche - a un certo punto mette a disposizione la sua busta paga per garantire il mutuo da 100 mila euro con cui la moglie del boss Serratore acquisterà un appartamento a La Loggia in via Bistolfi «divenendo fideiussore solidale» della signora. Dunque facendosi carico – chiosano gli investigatori del Gico – di «un rilevantissimo debito» dal quale nulla avrebbe ricavato se non la gratitudine del boss. Sempre ai Serratore avrebbe istruito la pratica per il reddito di emergenza «durante il periodo Covid»: 800 euro al mese per nove mesi. E sempre la sua busta paga sarebbe stata utilizzata nell'acquisto e successiva vendita di un'automobile della moglie di un membro di spicco della famiglia Arone. Stupisce la sua fedeltà, quasi devozione a Francesco D'Onofrio al quale riferisce di tutto e di più mentre l'uomo si trova ai domiciliari per scontare una condanna.
    Ancora le contestazioni:Ceravolo «garantiva gli interessi di imprenditori del settore edile, titolari o amministratori di fatto di imprese destinatarie di misure interdittive antimafia in ragione di rapporti con la ‘ndrangheta in Piemonte». Tra queste quelle di uno dei più importanti costruttori degli anni Olimpici e cioè Ilario D'Agostino.
    Una condanna per droga negli anni Novanta, «quantomeno contiguo alla ‘ndrangheta» si legge agli atti, D'Agostino era stato condannato nell'operazione Pioneer per riciclaggio di capitali mafiosi in opere di Torino 2006, accusa poi caduta in Appello (derubricata in ricettazione senza aggravante mafiosa) perché prescritta. Ma ci sono anche «Rosario Tuccio di Nichelino, Giuseppe Mandaradoni di Moncalieri, Cosimo Cirillo».
    Cosa accadeva secondo i pm? «Gli operai iscritti al sindacato Filca chiedevano assistenza in tema di indennità di malattia, assegni da cassa edile, trattamento di fine rapporto e semplice retribuzione». Ceravolo sarebbe intervenuto «a loro danno» tutelando evidentemente gli imprenditori amici colpiti da interdittiva». Secondo il suo legale Christian Scaramozzino «tutti i contatti sopracitati erano intesi nell'accezione del suo ruolo di sindacalista e delle finalità che lo accompagnavano: fare tessere per la propria sigla». —
  6. La nuova tecnica permette la diagnosi in una sola seduta evitando al paziente di dover attendere una settimana tra la prova a riposo e sotto sforzo
    "Meno di 60 secondi per prevenire l'ictus" Al Mauriziano l'esame lampo che salva la vita
    alessandro mondo
    Meno di sessanta secondi per sottoporsi ad un esame che può salvare la vita. Meno di 75 secondi per permettere ad una farmaco di nuova generazione, meglio: un radiofarmaco, di dimezzare la propria radioattività. Una seduta unica invece di due, a distanza di una settimana. Possibilità di quadruplicare le prestazioni, con evidenti effetti sulla riduzione delle liste di attesa.
    Difficile trovare un punto di partenza per dare conto di una notizia che si declina in diverse ricadute, tutte vantaggiose: per i pazienti, per il personale. Per il servizio sanitario regionale, anche. Siamo all'Ospedale Mauriziano di Torino, l'ambito è quello della diagnostica.
    Nell'ospedale torinese il sospetto di cardiopatia ischemica, la più diffusa e mortale tra le malattie del cuore,quella che colpisce le coronarie e le rende incapaci di far giungere sangue e ossigeno al cuore, si affronta con un nuovo esame di Medicina Nucleare. Si esegue con la PET, iniettando per via endovenosa una quantità di radiofarmaco e rilevando la sua distribuzione nell'organismo: in particolare nel cuore e nell'apparato cardiocircolatorio, prima a riposo e poi sotto sforzo.
    Eccolo, il protagonista. Il farmaco oggi a disposizione si chiama "CardioGen" e utilizza il Rubidio-82, atomo radioattivo che dimezza la propria radioattività in appena 75 secondi e che al termine dell'esame consente al paziente di tornare completamente "pulito" e non più radioattivo riprendendo la propria attività quotidiana senza alcuna limitazione.
    Secondo vantaggio: questo esame offre una maggiore qualità delle immagini e permette una valutazione dinamica del flusso coronarico, fondamentale per la decisione del cardiologo sulla prosecuzione del percorso di cura.
    Siamo all'evoluzione della classica scintigrafia cardiaca, eseguita con il Tecnezio-99 (sostanza radioattiva che si dimezza ogni sei ore e rende il paziente radioattivo per circa 24) e che di norma fa intercorrere una settimana di distanza tra la prova a riposo e quella sotto sforzo.
    «È importante poter offrire ai nostri pazienti nuovi ed efficaci percorsi di cura – sottolinea Franca Dall'Occo, direttore generale dell'ospedale - . Il contributo che gli specialisti della Medicina Nucleare e della Cardiologia potranno offrire alla cura di una malattia tanto importante sottolinea ancora una volta l'attenzione continua che il nostro ospedale dedica ogni giorno ai propri pazienti». Oltre alla maggiore qualità delle immagini e quindi alla maggiore precisione della diagnosi, questo esame offre una maggiore radioprotezione a operatori e paziente permettendo a quest'ultimo di doversi recare una sola volta in ospedale e di esaurire in meno di un'ora una procedura che diversamente lo terrebbe in ballo per almeno una settimana», spiegano il dottor Osvaldo Elia, direttore Medicina Nucleare e il dottor Michele Stasi, direttore Fisica sanitaria del Mauriziano.
    «Una diagnosi accurata permette al cardiologo una rivascolarizzazione più appropriata del paziente, fondamentale per fronteggiare al meglio una patologia come la cardiopatia ischemica, malattia cardiovascolare più diffusa che in Italia conta ogni anno circa 220 mila decessi», sottolinea il dottor Giuseppe Musumeci, direttore della Cardiologia. Il Mauriziano è il primo ospedale del Nord Italia - secondo in tutto il Paese, dopo l'Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli - ad adottare questa tecnica per rispondere ad una richiesta molto sentita. Ogni settimana gli dedicherà l'intero sabato, dalle ore 8 alle 16, con l'obiettivo di quadruplicare il numero di pazienti ad oggi trattati.

 

 

29.03.25
  1. ancora nessuna garanzia di sicurezza: "Ci stiamo lavorando"
    Respinto l'accordo Usa sui minerali
    Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha annunciato di aver ricevuto ufficialmente dagli Stati Uniti la nuova proposta di intesa per lo sfruttamento dei minerali, al centro dello sforzo di Trump di arrivare all'annuncio di un qualche tipo di accordo che possa aprire le basi a un negoziato concreto di cessate il fuoco. Il documento ricevuto presenta però diversi "punti negativi" per Kiev rispetto alla prima bozza - già giudicata sbilanciata a favore degli Usa e insufficiente - la cui firma era naufragata a febbraio dopo la lite tra Zelensky e Trump nello Studio Ovale. La nuova bozza di accordo prevede l'istituzione di un controllo quasi totale da parte degli Stati Uniti su tutti i giacimenti minerari in Ucraina. La proposta degli Stati Uniti non contiene praticamente alcuna garanzia di sicurezza per l'Ucraina. La bozza, inviata dagli Stati Uniti a Kiev il 23 marzo, propone una significativa espansione della proposta originale che riguardava minerali e terre rare: ora gli Stati Uniti vogliono che l'accordo copra tutte le risorse naturali dell'Ucraina, compresi petrolio e gas. Inoltre, come emerge dalle proposte presentate da Washington, gli Usa si aspettano di acquisire il controllo sugli investimenti in infrastrutture legate allo sfruttamento delle risorse naturali, scrive il Financial Times. Tra questi rientrano ferrovie e strade, porti, miniere e impianti di lavorazione. La bozza dell'accordo prevede che l'Ucraina trasferisca metà dei suoi proventi derivanti da progetti infrastrutturali e progetti di sviluppo delle risorse naturali a un fondo di investimento congiunto con gli Stati Uniti. Washington starebbe quindi cercando di "riportare" nel bilancio statunitense i miliardi di dollari spesi in aiuti militari a Kiev in tre anni di guerra. Fonti del servizio ucraino della Bbc all'interno del governo di Kiev hanno confermato i "punti negativi" della bozza e allo stesso tempo hanno assicurato che sono già iniziate le consultazioni per formulare un compromesso. —
  2. Startup di Musk acquisisce "X" per sviluppare l'AI sul network
    Elon Musk riorganizza il suo impero. Il miliardario annuncia che xAI, la sua startup per l'intelligenza artificiale, ha acquistato il network X, l'ex Twitter. L'operazione «valuta xAI a 80 miliardi e X a 33 miliardi», ovvero 45 miliardi meno 12 miliardi di debito. «Il futuro di xAI e X è intrecciato. Così assumiamo il primo passo per unire i dati, i modelli, la distribuzione e i talenti. Questa combinazione sbloccherà un immenso potenziale e offrirà esperienze più intelligenti e significative a miliardi di persone», ha spiegato il magnate. Musk ha acquistato Twitter per 44 miliardi nel 2022, trasformandola in X. La piattaforma social è stata usata per promuovere Grok, la chatbot sviluppata da xAI. L'unione fra xAI e X concede a Grok «un vantaggio unico», affermano gli analisti osservando come la chatbot avrà infatti accesso a un vasto ammontare di dati per essere addestrata. L'operazione arriva mentre Musk è al centro delle critiche per i tagli del suo Dipartimento per l'Efficienza del Governo. —
  3. Annullata la prima sentenza . Principale imputato l'ex numero uno Gatti Atti a Roma. La Procura ricorre, ma c'è il rischio della prescrizione
    Finpiemonte, l'Appello "Fu truffa non peculato" Cancellate le condanne
    Giovanni turi
    Sette anni dopo l'arresto dell'ex presidente di Finpiemonte Fabrizio Gatti, la Corte d'appello di Torino dà una sterzata sul caso dei 6 milioni di euro scomparsi dalle casse della finanziaria regionale. Annullata la sentenza di primo grado di due anni fa che aveva condannato lo stesso Gatti a 7 anni e 6 mesi per peculato, insieme ad altri 6 imputati. Ieri i giudici della quarta sezione penale hanno modificato il titolo di reato contestato in truffa aggravata a danno della Regione Piemonte per tutti e sette. Era peculato. Decisione supportata dalla tesi della difesa secondo cui Gatti, all'epoca dei fatti, non avesse la disponibilità materiale del denaro. E non abbia mai firmato alcun conto che permettesse il trasferimento. Nonché per il ruolo degli altri imputati, che non sono stati considerati pubblici ufficiali. Adesso il caso dovrà tornare alla fase delle indagini preliminari ma a un pm di Roma, così ha deciso l'Appello, per questioni di competenza territorale. Ma la vicenda rischia la prescrizione. Questo perché i termini dei 7 anni e mezzo sono già maturati. Almeno da agosto 2024 se si prende in considerazione l'ultimo bonifico inviato, del gennaio 2017. Se così andrà sarà solo dopo che la cassazione si esprimerà sul ricorso che la procura presenterà riproponendo l'ipotesi di reato di peculato che annullerebbe - nel caso di accoglimento - anche i termini di prescrizione.
    Una storia che ruota intorno al destino di tre bonifici: una volta partiti da un conto corrente di Finpiemonte, quando Gatti ne era presidente, aperto in una filiale svizzera di Vontobel Bank tra il 2015 e il 2017, sono arrivati nel circuito della Gem immobiliare, società in difficoltà finanziarie riconducibile allo stesso Gatti, e di Gesi Spa e P&P Management degli imprenditori Massimo Pichetti e Pio Piccini. Nel marzo 2023 con loro erano stati condannati anche l'allora direttore della filiale di Zurigo di Vontobel, Francesco Cirillo, l'ex direttrice generale di Finpiemonte, Maria Cristina Perlo, il presunto prestanome Giuseppe Colucci, e Massimo Santoro, commercialista incaricato dalla società di Gatti di scrivere una relazione per il tribunale fallimentare. Da lì, Gatti è stato incarcerato alle Vallette per 44 giorni.
    Ieri la sentenza della Corte d'Appello arrivata dopo mezz'ora di camera di consiglio. Ad assistere c'era anche l'ex senatore Pd, Stefano Esposito. Il quale ha subito abbracciato Gatti, commosso. Soltanto a Santoro è stata confermata la condanna. I legali che assistono l'ex presidente di Finpiemonte, Luigi Chiappero, Luigi Giuliano e Fabio Martinetto, hanno sottolineato come «avessimo già sollevato in udienza preliminare che non ci fosse peculato, bensì truffa aggravata nel caso di conferma della tesi d'accusa». Ancora nessuna motivazione. Ma la difesa di Piccini, composta da Manlio Morcella e Michela Malerba, si è detta «soddisfatta» della pronuncia: «Si tratta di una sentenza meritevole e garantista. Noi avevamo pronosticato questo esito: i soldi sono stati presi, ma non in ragione del ruolo dell'assistito». Anche Marco Gabriele, che assiste Colucci, ha tirato un sospiro di sollievo: «Una vicenda lunga, con risvolti anche umani pesanti, risolta con una sentenza esemplare da giusto processo». Telegrafico Michele Forneris, avvocato di Cirillo: «Siamo contenti dell'esito». Da Vontobel Bank, infine, hanno evidenziato come «ci sia sempre stata la convinzione dell'innocenza di Cirillo». —
  4. L'ex presidente di Finpiemonte imputato nel processo di Torino
    "Ripenso ai giorni in carcere ora chiedo assoluzione
    piena"
    «Servirebbe maggiore chiarezza in alcuni passaggi del processo». Così Fabrizio Gatti, ex presidente di Finpiemonte, commenta il caso che lo riguarda in prima persona. Ci sono ancora nodi da sciogliere. Un esempio è «come mai otto anni fa una banca abbia presentato all'autorità elvetica una denuncia per truffa nei confronti dei nostri assistiti e oggi arrivi a un accordo transattivo e versi milioni di euro». Un altro è su chi ricade la responsabilità diretta dei soldi scomparsi dalla cassaforte regionale. Il messaggio di Gatti è chiaro, sebbene il gomitolo di pensieri sia ancora aggrovigliato. E immerso nell'emozione della lettura della sentenza di ieri.
    Gatti, come ha vissuto questa sentenza?
    «Con un po' di emozione. Ma negli anni ho sempre mantenuto lo stesso atteggiamento: non ho mai urlato, sono rimasto pacato e coerente nelle mie posizioni. Come ho rispettato la sentenza in primo grado, rispetto quella di secondo grado».
    E questi ultimi anni?
    «Avevo un macigno addosso. Sono stati otto anni che mi hanno messo alla prova insieme alle persone a me vicine, un autentico calvario».
    Lei non è stato assolto, ma prescritto.
    «Infatti, il calvario prosegue. Perlomeno la sentenza di oggi dimostra che gli spunti di quella in primo grado non reggevano».
    Cosa si aspetta dai giudici romani?
    «Maggior assoluzione. L'ipotesi accusatoria è stato derubricata a truffa aggravata poiché è stata accettata una delle tesi poste in udienza preliminare dai miei avvocati».
    Si ritiene innocente?
    «Mi sono sempre sentito innocente. Non ho partecipato ad alcuna transazione tra Finpiemonte e Vontobel Bank. All'epoca, ne ero all'oscuro».
    Quali sono gli argomenti della sua difesa?
    «Non ho mai cambiato linea: collaborazione con la giustizia e trovare le prove. Non mi sono mai avvalso della facoltà di non rispondere. Anche alla Corte dei Conti ho chiesto con forza la rogatoria internazionale dei documenti».
    Lei è stato in carcere per 44 giorni. Ci ripensa mai a quel periodo?
    «Sì, ci penso spesso. Nel bene e nel male. Sia perché ti trovi in un luogo all'improvviso spaventato e vulnerabile, sia perché riesci ad aprire gli occhi sulle condizioni che vivono detenuti tutti i giorni». —
  5. L'inchiesta sulle sanzioni stradali improprie a San Francesco al Campo partita dagli esposti Sorpresa tra i dipendenti in Municipio: "Siamo increduli, massima fiducia nel nostro operato"
    Soldi delle multe per i premi "Controlli rigidi sui bilanci"
    andrea bucci
    gianni giacomino
    Si respira un'aria di incredulità e stordimento in municipio a San Francesco al Campo il giorno dopo il blitz di carabinieri e guardia di finanza. Una perquisizione che ha portato al sequestro di migliaia di atti e ad indagare undici persone tra le quali gli ultimi due sindaci del paese e il capo della polizia locale.
    Tutti – che si sono anche visti piombare in casa all'alba gli investigatori - devono rispondere a vario titolo dei reati di concussione, turbata libertà, falso ideologico e peculato. L'inchiesta ruota intorno alla presunta gestione scorretta di circa un milione di euro ricavato dalle multe appioppate agli utenti della strada negli ultimi anni e su alcuni metodi con i quali venivano fatte le multe. Più la gestione degli appalti per riconvertire una villa confiscata alla criminalità organizzata dove è stato previsto traslochi il comando della polizia municipale e l'archivio comunale.
    «Abbiamo la massima fiducia nei nostri uffici e questa inchiesta ci coglie davvero di sorpresa» – riflette Diego Ferron il vice sindaco che ha ricoperto la stessa carica nella giunta precedente.
    Ferron non figura tra gli indagati. «Non conosco le contestazioni ma, da quello che ho letto sui giornali, si tratterebbe dei ricavi delle sanzioni stradali investiti in maniera non corretta – precisa – Però non è così semplice questa operazione, anche perché c'è un controllo rigidissimo sul bilancio e sulla divisione dei fondi da investire. Cioè non scappa un centesimo perché ci sono vincoli molto precisi da rispettare. Infatti spero che tutto si chiuda in tempi rapidi, soprattutto per le persone coinvolte».
    Sul fronte delle indagini la pm di Ivrea Valentina Bossi dovrà visionare tutta la documentazione sequestrata: delibere di giunta e atti amministrativi. L'inchiesta nasce da una serie di esposti e denunce presentate da cittadini che almeno dal 2022 si sarebbero visti recapitare multe e verbali da parte della polizia locale. Tra gli automobilisti c'è chi avrebbe denunciato di non aver ricevuto indietro la patente di guida che gli era stata sospesa. Oppure cittadini che sarebbero stati costretti a consegnare il documento senza che ci fosse stato un vero e proprio atto ufficiale di sospensione. E ancora, c'è chi sarebbe stato "invitato" a pagare il verbale subito in modo da evitare la maggiorazione della multa, ma senza poter prendere visione del filmato. Forse perché il filmato non esisteva. Oppure perché era stato prodotto con delle tecnologie non adatte e senza la presenza di operatori al momento della contestazione. Insomma un quadro ancora da delineare con precisione.
    Per gli inquirenti sarà anche fondamentale chiarire il riscontro delle multe elevate dalla polizia di San Francesco al Campo nei comuni di Lombardore e San Ponso e l'uso di quei soldi nei rispettivi bilanci comunali che, per legge, è vincolato a specifici capitoli: ad esempio la manutenzione e la sicurezza delle strade. Proprio nel 2022 a San Ponso sarebbero stati elevati ben 46 verbali, ma gli agenti avrebbe sconfinato nel territorio di Valperga, un comune non compreso nella convenzione.

 

28.03.25
  1. House
    chat
    of
    I protagonisti
    Francesco Semprini

    NEW YORK
    Si stringe il cerchio attorno a Mike Waltz e Pete Hegseth, i due profili chiave della decina di donne e uomini del presidente coinvolti nella chat dello scandalo. Da una parte aumenta il pressing da parte degli stessi alleati di Donald Trump affinché licenzi il consigliere per la Sicurezza nazionale, reo di ave aggiunto "erroneamente" il direttore di The Atlantic, Jeffrey Goldberg, nel gruppo Signal in cui venivano scambiate informazioni sui piani di attacco in Yemen. Un numero crescente di persone vicine all'inquilino della Casa Bianca suggeriscono che «bisogna scaricare la responsabilità su qualcuno per sistemare le cose. La persona più ovvia con cui farlo è Waltz».
    Dall'altra crescono le pressioni anche sul segretario alla Difesa, sottoposto a un esame sempre più approfondito alla luce degli ulteriori dettagli emersi con la pubblicazione degli screenshot della chat da parte di The Atlantic. Diversi democratici hanno chiesto le sue dimissioni, affermando che Hegseth ha violato le procedure di sicurezza di lunga data per la gestione di informazioni militari sensibili.
    «Se questo piano molto dettagliato fosse finito nelle mani sbagliate, degli americani sarebbero morti in questo momento», denuncia il deputato Maxwell Frost, membro della leadership Dem, in un post su X, ribadendo che i due alti funzionari devono essere «licenziati immediatamente».
    Al via anche un'iniziativa bipartisan promossa dal presidente della commissione Difesa del Senato, il repubblicano Roger Wicker, e dal capogruppo democratico, Jack Reed. I due hanno inviato una lettera all'ispettore generale del Pentagono per chiedere un'indagine riguardo all'utilizzo di Signal. È stato detto che la chat conteneva informazioni classificate riguardanti attività militari sensibili. «Se vere, queste notizie sollevano interrogativi sull'utilizzo di network non classificati per discutere informazioni sensibili e classificate», si legge nella missiva inviata all'ispettore Steven Stebbins. Oltre a una valutazione su fatti e circostanze i senatori chiedono ragione di «ogni azione intrapresa come rimedio», insieme a informazioni riguardo alle politiche seguite da Pentagono e altri dipartimenti in merito al rischio di fughe di notizie da Signal, considerato un canale non sicuro.
    Ad aggravare la situazione è un'altra imbarazzante falla nella sicurezza emersa tra le file dell'amministrazione Trump, con i dati privati di Waltz, Hegseth e della direttrice della National Intelligence Tulsi Gabbard finiti online. È Der Spiegel a rivelare attraverso le sue ricerche che i numeri di cellulare e gli indirizzi e-mail, per lo più correnti, e persino alcune password degli alti funzionari statunitensi possono essere trovati tramite servizi di ricerca dati commerciali e informazioni hackerate arrivate su Internet.
    I numeri di Gabbard e Waltz sarebbero stati collegati ad account sui servizi di messaggistica WhatsApp e Signal, e come riferisce il quotidiano tedesco, ciò li ha esposti all'installazione di spyware sui loro dispositivi. Addirittura, è possibile che agenti stranieri li stessero spiando durante l'episodio che li ha messi nei guai.
    Trump per ora continua a sminuire la vicenda definendola una «caccia alla streghe», sottolinea che «Mike si è assunto la responsabilità», e «Pete non c'entra nulla, sta facendo un lavoro grandioso». A suo parere, «potrebbe essere un problema della piattaforma Signal». Sulla stessa linea gli uffici della Casa Bianca: «Non abbiamo mai negato che si sia trattato di un errore, e il consigliere per la Sicurezza nazionale se ne è assunto la responsabilità». «Abbiamo detto che stiamo apportando delle modifiche, e stiamo esaminando la questione per assicurarci che non possa mai più accadere», sottolinea la portavoce Karoline Leavitt. La quale ribadisce che Trump «ha messo insieme una squadra e continueremo a concentrarci su questo. Penso che l'arresto di un capobanda della MS-13 questa mattina la dica lunga sulla fiducia del presidente e del suo team». —
  2. Canada, Cina, Giappone, Messico e Ue attaccano l'ordine esecutivo di Trump. Costruttori e analisti: "Si rischiano interruzioni nelle catene del valore"
    Dazi sulle auto, tutti contro gli Stati Uniti Porsche taglia, su i prezzi della Ferrari
    Fabrizio Goria
    I dazi del 25% su auto e componentistica approvati mercoledì sera dal presidente statunitense Donald Trump si abbattono sull'economia globale. I costruttori europei e asiatici finiscono sotto pressione sui mercati, le banche d'affari iniziano a conteggiare i possibili danni, i governi di Canada, Messico, Cina, Regno Unito, Germania, Giappone, Corea del Sud alzano il livello di preoccupazione, la Commissione europea studia le contromosse. La guerra tariffaria statunitense è iniziata. E i primi effetti, sia sulla produzione sia sui prezzi finali, e quindi sull'inflazione, «non tarderanno ad arrivare», evidenzia la banca statunitense Wells Fargo. I dazi, concordano politici, economisti e investitori, potranno danneggiare le filiere mondiali. I mercati attendono risposte e guardano al 2 aprile, quando la Casa Bianca rivelerà la strategia globale sulle tariffe doganali.
    Uno dei primi a intervenire è stato Mark Carney, attuale primo ministro del Canada. La prossimità con gli Usa, così come l'integrazione con il mercato americano, ha giocato un ruolo determinante per anni. «Difenderemo i nostri lavoratori, difenderemo le nostre aziende, difenderemo il nostro Paese. E lo faremo insieme», ha spiegato l'ex numero uno della Bank of England, che ha poi annunciato ritorsioni immediate. Poco dopo, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha utilizzato toni ancora più duri: «Male per le imprese, peggio per i consumatori». Passano le ore, poi si l'alba arriva in Asia. Shigeru Ishiba, premier del Giappone che con Toyota, Nissan e Mazda ha quote di mercato rilevanti negli Usa, è rammaricato. «Siamo il Paese che investe di più negli Stati Uniti, quindi ci chiediamo se abbia senso che Washington applichi dazi uniformi a tutti i Paesi. È un punto che abbiamo già sollevato e continueremo a farlo», dice. E rilancia sulla produzione domestica, come Carney e Von der Leyen. «Dobbiamo valutare cosa sia meglio per l'interesse nazionale del Giappone. Stiamo considerando tutte le opzioni per trovare la risposta più efficace». Non manca la replica della Cina. Guo Jiakun, portavoce del ministro degli Esteri cinese, punta sulla globalizzazione: «Nessun Paese ha mai raggiunto sviluppo e prosperità imponendo dazi». Il Messico chiede più negoziati.
    La reazione degli leader europei è altrettanto dura. Il presidente francese Emmanuel Macron chiede azioni immediate, «senza perdere tempo». Robert Habeck, ministro dell'Economia della Germania, pensa ai grandi produttori tedeschi, Volkswagen Group ha lasciato sul terreno l'1,96% in Borsa, ma chiede una replica comune. Proprio mentre Porsche (-3,41%) inizia a tagliare i progetti come quello di Nardò. «Quello che conta ora è una risposta ferma dell'Ue a questi dazi. Deve essere chiaro che non accetteremo questa decisione passivamente. Deve essere evidente che non ci tireremo indietro di fronte agli Stati Uniti». Rachel Reeves, ministro delle Finanze del Regno Unito, invoca il buon senso da parte di Washington e ricorda che «Le guerre commerciali non fanno bene a nessuno».
    Dai costruttori automobilistici si temono ripercussioni su larga scala. L'Associazione dell'Industria Automobilistica Tedesca (Verband der Automobilindustrie, Vda) non ha usato mezzi termini. La presidente, Hildegard Müller, ha affermato che i dazi rappresentano «un segnale disastroso per il commercio libero e basato sulle regole» e «rischiano di compromettere catene di approvvigionamento globali altamente integrate». E ha sollecitato negoziati urgenti tra Stati Uniti ed Europa per evitare un'ulteriore escalation. L'Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) si è unita al coro di preoccupazioni. Idem l'italiana Anfia.
    Sul fronte dei mercati, gli analisti hanno già provveduto a effettuare i primi calcoli sull'impatto. In primi sui rincari. Secondo una nota di Mark Delaney, analista di Goldman Sachs,i prezzi delle auto importate potrebbero salire tra i 5.000 e i 15.000 dollari (4.600–13.800 euro), a seconda del modello. Stesso dicasi per i veicoli assemblati negli Usa. Un primo rialzo dei prezzi lo ha fatto Ferrari, incrementando del 10% i listini di alcuni modelli specifici. Considerando che circa il 50% delle parti utilizzate nelle auto prodotte negli Usa è importato, i dazi sui componenti potrebbero far lievitare significativamente i costi di produzione. Concordano anche Ubs e J.P. Morgan, che tuttavia guardano più alle filiere. «Il rischio di nuove interruzioni più che concreto», spiegano. La Casa Bianca, nonostante i timori diffusi, non sembra voler fare marcia indietro.
  3. L'authority ha impugnato davanti al Tar tutte le gare indette dall'amministrazione
    Imperia, ricorso dell'Antitrust per le spiagge "Così il Comune favorisce i gestori uscenti
    "
    MATTIA MANGRAVITI
    IMPERIA
    Il Comune di Imperia è uno dei primi in Italia ad aver assegnato le concessioni demaniali per spiagge, dehors e chioschi in ottemperanza alla direttiva Bolkestein. Quella che per il sindaco Claudio Scajola è una dimostrazione di efficienza amministrativa rischia però di trasformarsi in un boomerang a causa dell'intervento dell'antitrust. L'autorità garante della concorrenza e del mercato, infatti, ha deciso di impugnare davanti al Tar tutti gli atti con cui il Comune ha approvato e indetto le gare per l'affidamento delle concessioni. La contestazione principale riguarda presunti vantaggi per i concessionari uscenti. «L'amministrazione non deve ostacolare l'effettivo confronto concorrenziale mediante comportamenti volti a favorire i concessionari uscenti, come nel caso di specifici inviti indirizzati dall'ente concedente ai concessionari uscenti per indurli a presentare domanda di rinnovo delle concessioni - scrive l'antitrust -. Ciò specie quando a tali soggetti è concesso un termine per la presentazione delle offerte di 60 giorni, ben più ampio rispetto al termine di 30 giorni riconosciuto agli aspiranti nuovi entranti». «Con riferimento ai criteri valutativi – conclude - l'autorità rappresenta come siano privi dei connotati di proporzionalità i criteri premiali basati sulla valorizzazione dell'esperienza tecnica e professionale già acquisita nella misura in cui tali elementi si traducono in un ingiustificato vantaggio attribuito agli operatori già attivi nel mercato. Quanto all'eventuale indennizzo al gestore uscente, l'autorità ritiene discriminatorio riconoscergli in modo aprioristico un valore pari al fatturato annuale precedente all'anno di pubblicazione della procedura di affidamento della nuova concessione demaniale». Le contestazioni dell'antitrust risalgono al 2024, antecedenti alle prime concessioni assegnate dal Comune di Imperia che ha preferito proseguire per la propria strada, l'unico in provincia, senza rispondere alle sollecitazioni dell'autorità. L'udienza davanti al Tar è stata fissata a luglio 2025 e tra i nuovi concessionari, nonostante le rassicurazioni del sindaco Scajola, che si è detto sereno, c'è grande preoccupazione. Il rischio, in caso di accoglimento del ricorso dell'antistrust, è che tutto venga rimesso in discussione in piena stagione estiva.
  4. Il caso Echidna contro le infiltrazioni delle 'ndrine nei cantieri della A32 Il giudice: l'ex ad di Sitalfa e il politico dovranno affrontare un processo
    Inchiesta autostrade il dem Gallo e Fantini rinviati a giudizio

    giuseppe legato
    Ci vorrà un processo - da celebrarsi a Ivrea e non a Torino per questioni di competenza territoriale - per stabilire se la 'ndrangheta avesse messo radici anche a Brandizzo oltre che in tutte le località già emerse con le 27 inchieste della Dda di Torino negli ultimi 15 anni. E per capire se Roberto Fantini, ex ad di Sitalfa (controllata di Sitaf) fino ad alcuni anni fa abbia davvero assunto negli anni un ruolo- così come gli è contestato dai giudici – di "concorrente esterno" di quell'articolazione mafiosa che si identifica nei membri della famiglia Pasqua, alleati – secondo i pm – di potentissime famiglie di san Luca, la "mamma" del Crimine. Di certo c'è che ieri il gup ha rinviato a giudizio Fantini (difeso dai legali Roberto Capra e Maurizio Riverditi) e che lo stesso è stato prosciolto da cinque contestazioni di peculato alcune delle quali – in ipotesi d'accusa – commesse insieme all'altro più noto imputato, l'ex dem Salvatore Gallo. Accusato – quest'ultimo – anche di corruzione elettorale, ha scelto il rito abbreviato. Sarà dunque giudicato solo sugli atti di indagine. Ha risarcito la concessionaria pubblica che gestisce l'autostrada A32 per aver utilizzato impropriamente le tessere autostradali riservate ai dipendenti distribuendole anche ad amici e conoscenti. Il Comune di Brandizzo, tutelato dal legale Giulio Calosso. Con riguardo a Gallo, tra gli episodi che gli sono contestati figura una violazione della legge elettorale del 1960: in occasione delle amministrative del 2021 avrebbe tentato di far raccogliere dei voti a favore di una candidata di sua fiducia promettendo al 'collettore', in cambio, di aiutarlo a ottenere una visita medica specialistica e un intervento chirurgico in tempi brevi.
    Attualmente è sottoposto alla misura interdittiva del divieto di esercitare uffici direttivi in associazioni e imprese. Per Fantini è in vigore il divieto temporaneo di esercitare attività di impresa. L'impresa dei Pasqua – è scritto agli atti - è stata sostenuta ed aiutata costantemente dal coindagato, con l'effetto di restringere e falsare la concorrenza rispetto alla nicchia di mercato da essa occupata. Non a caso – si legge ancora - i Pasqua avevano più volte evocato l'esistenza di un reciproco e costante aiuto con il gruppo societario dei Fantini». Prova ne sarebbe un'intercettazione in cui Giuseppe esclama: «Senza Roberto (Fantini) non vivo più… mi ha aiutato sempre a me!». Ieri mattina, al termine dell'udienza preliminare, altri 15 imputati (su 26) hanno scelto il rito abbreviato. Il processo si sposterà a Ivrea, tribunale già gravato da una complessa situazione di organico. La spiegazione è però lineare: il reato più grave tra quelli contestati è relativo all'associazione a delinquere di stampo mafioso che sarebbe stato riscontrato dagli investigatori del Ros da una struttura di mafia dislocata a Brandizzo, comune che rientra nella zona di competenza della procura e del tribunale eporediese. —
  5. Blitz dei carabinieri in Comune a San Francesco al Campo: undici indagati tra cui sindaco e comandante dei vigili
    Bonus al personale e falsi straordinari Così venivano spesi i soldi delle multe
    andrea bucci
    gianni giacomino
    Tira una brutta aria a San Francesco al Campo dove la Procura di Ivrea ha indagato undici persone per concussione, turbata libertà, falsità ideologica e peculato. L'operazione di polizia è legata all'impiego dei soldi ricavati dalle multe fatte dai vigili. Quasi un milione di euro che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati utilizzati, almeno negli ultimi due anni, a favore del personale dei Comuni di San Francesco al Campo, Lombardore e San Ponso convenzionati proprio per l'impiego della polizia locale. Sia nelle operazioni di controllo sulle normali strade che all'interno dell'aeroporto di Caselle.
    Tra gli indagati, a vario titolo, ci sono l'attuale sindaco Enrico Demaria (difeso dall'avvocato Mattia Camoletto), il suo predecessore Diego Coriasco, il comandante della polizia locale Carlo Mura (avvocato Guido Cellerino), insieme a quattro vigili urbani e un ausiliario del traffico. Poi Simone Flecchia, responsabile dell'area finanziaria e ora anche vicesegretario, l'ex segretaria comunale – anche a Lombardore e San Ponso - Mariateresa Palazzo e una dipendente comunale. Dai primi accertamenti si tratterebbe di migliaia di euro che venivano poi in parte messi a bilancio per sostenere spese comunali o anche per erogare dei premi produzione a favore del personale. Oppure finivano per pagare degli straordinari "inventati".
    All'alba di ieri una cinquantina di carabinieri delle Compagnie di Ivrea e Venaria, della guardia di finanza di Ivrea e della polizia municipale di Torino hanno eseguito una serie di perquisizioni nelle sedi dei tre comuni. Ma, soprattutto a San Francesco al Campo dove gli investigatori hanno chiuso al pubblico il municipio e il comando dei vigili urbani. In sette ore i militari hanno sequestrato una trentina di computer, telefonini aziendali, tutta la documentazione relativa alla multe erogate, poi atti e delibere approvate in diversi consigli comunali.
    Le indagini sono partite oltre un anno fa dopo una serie di segnalazioni di persone – a partire dal 2022 - alle quali venivano appioppate sanzioni da centinaia di euro per eccessiva velocità registrate da autovelox mobili che non sarebbero stati visibili o segnalati. Questo senza che il conducente dell'auto venisse fermato per la contestazione. Gli investigatori hanno anche accertato che i vigili si muovevano a bordo di una macchina senza i colori istituzionali e poi riprendevano chi commetteva delle infrazioni. La multa arrivava a casa qualche giorno dopo.
    Tra gli altri episodi segnalati da altri utenti della strada c'era anche chi andava in comando a San Francesco per pagare una multa in scadenza, veniva rimbalzato e così doveva sborsare i soldi della sanzione aggiuntiva. Dalle indagini emerge poi, soprattutto in aeroporto a Caselle, la facilità con la quale venivano appioppate le sanzioni alle migliaia di auto che tutti i giorni raggiungono lo scalo di Caselle. —nell'ex villa del boss ci sarà la sede dei vigili urbani
    Nel mirino gli appalti per il nuovo comando
    A parte l'utilizzo improprio dei ricavati delle multe c'è un altro filone dell'inchiesta di carabinieri e Guardia di Finanza che riguarda la realizzazione del nuovo comando della polizia municipale e dell'archivio storico del comune di San Francesco al Campo nella villa confiscata ad un esponente della ‘ndrangheta finito, anni fa, nell'operazione Minotauro. Gli inquirenti, coordinati dalla pm Valentina Bossi, sospettano che siano state commesse delle irregolarità nell'affidamento degli appalti. Con il progetto rivisto e i lavori posticipati. Era il 2022 e la questione finì anche discussa in consiglio.
    Il responsabile del lavori pubblici si dimise e l'opposizione, allora guidata dall'attuale sindaco Demaria aveva messo nel mirino i costi e chiesto un accesso agli atti per cercare di fare chiarezza. Quella che, probabilmente, ora sta facendo la magistratura dopo avere acquisito una serie di documenti relativi proprio ai lavori di ristrutturazione dell'immobile. a.buc. —

 

 

 

27.03.25
  1. 'analisi
    Domenico Quirico
    Il ritorno
    Krupp
    dei
    Abbiamo passato ottant'anni a fantasticare su come dovesse essere il futuro in Europa senza la maledizione della guerra: la vita, l'arte, la politica, la letteratura, i confini... con una sorta di infatuazione giovanile come quando, da ragazzi, si fanno i progetti per il tempo in cui si diventerà grandi. Archiviata per sfinimento nel 1945 la ordalia franco-tedesca, caduto il Muro nell'89 che aveva prolungato la guerra mondiale segnandone la cicatrice di ferro e cemento dal Baltico all'Adriatico, era arrivato un secolo, come forse nessuno nella nostra storia, tanto pieno di avvenire. Quando si giocava al terzo millennio in questa isola del mondo si lavorava di fantasia, razionalità, tolleranza, eguaglianza, scambio: le arti della pace e del buon governo. C'erano perfino personaggi angustiati che non accadesse più nulla, che tutto fosse compiuto... il tempo storico sembrava doversi assestare sul progresso.
    Cancelliamo tutto. È difficile crederlo. Siamo al ritorno dei Krupp, i fabbricanti di cannoni, i signori dell'acciaio (bellico), gli alchimisti della guerra industriale. Il riarmo, che è stato per anni una parola maledetta, ora incanta. Come a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, suscita nel Continente della pace, dietro le bandiere dell'Unione, un'energia di gigantesca potenza come quando un grido in montagna può scuotere una valanga: prepariamoci, siamo in pericolo, armiamoci! È una singolare catarsi emozionale. Si ordina l'unanimismo stradaiolo, si organizzano cortei e sfilate con gagliardetti in testa come ai tempi di Corradini e le sue "prose sacre". E in Germania poi...
    Rileggiamo un precedente. Tedesco. La parola deterrenza che è diventata il Verbo dei politici europei venne inventata da un ammiraglio, e politico consumato, Alfred von Tirpitz, per far approvare dal parlamento la creazione di una gigantesca Flotta di Alto Mare. Vendette l'enorme sforzo economico (i mille miliardi…) ai deputati del kaiser Guglielmo come necessario per consolidare l'equilibrio mondiale e quindi la pace. Così nel 1898 la Germania guglielmina votò una legge per un mostruoso riarmo navale di durata decennale da 400 milioni di marchi. Dagli altiforni dei Krupp e delle grandi marche dell'industria pesante dovevano uscire centinaia di corazzate e incrociatori modernissimi per pareggiare l'egemonia navale britannica, il vero nemico del super-Stato tedesco. Era la teoria del rischio: prima o poi la Gran Bretagna, imperialista di natura, avrebbe cercato con un attacco preventivo di annientare la crescente potenza tedesca. Assonanze…? Iniziò una rincorsa navale che passo dopo passo portò, come un conseguenza logica, inevitabile, al fragore dei cannoni nell'agosto del 1914.
    Non risuonano echi sconcertanti con i discorsi di questi giorni ai vertici straordinari di Bruxelles, Parigi, Londra? Il baccano militarista del vecchio Marte amplificato dagli altoparlanti delle nuove tecniche di comunicazione diventa la rivelazione finale del capitalismo europeo intontito dalla ennesima crisi. L'astro pallido di possibili tregue che avrebbe dovuto illuminare il centro dell'Europa si occulta. I politici di Bruxelles passano il testimone ai consigli di amministrazione della industria dell'apocalisse: qui ci sono i soldi, fate presto! Alfred Krupp detto "il re del cannone" aveva cinque dipendenti quando iniziò producendo materiale ferroviario: quando morì, e sfornava congegni che sparavano ordigni da sette tonnellate, i dipendenti erano diventati ventimila, la più grande azienda del mondo.
    Gli economisti, che avevano garantito il disastro russo per sanzionistica anemia industriale e finanziaria, sono gli stessi che oggi indossano, con protervia, i pepli di àuguri del nuovo grande affare dei cannoni, del revival dell'industria pesante, dell'acciaio green o non green che importa.
    Ricardo diceva che «l'economia è una scienza triste». Persino i teologi si convertono a idilliaci e rassicuranti arsenali strapieni. Dal 2022, data iniziale del disordine esistente, la quotazione globale delle multinazionali della "Difesa" è cresciuta del 72%, contro il 20% dell'indice azionario mondiale. Europei, datevi da fare! Scaliamo le classifiche di questo debito buono. Come ha detto il manager di una delle aziende baciate da questa discutibile fortuna «le guerre si vincono se si spara più del nemico».
    Eggià. Cadorna avrebbe consentito con entusiasmo. La Germania, la Germania!, vuole sorpassare tutti come ai tempi del signor Alfred Krupp e dinastia: aggiunge 500 miliardi per "infrastrutture": volete automobili o carri armati? chiede il futuro Cancelliere. "Rheinmetall", marchio di successo, che mise le ali ai piedi alle Panzerdivisionen di uno che non apprezzava molto i dieci comandamenti, converte le fabbriche alla produzione militare. La "Knds Germania" compera fabbriche di materiale ferroviario per costruire blindati e corazzati. Le catene di montaggio dei cannoni assumono gli esuberi delle aziende automobilistiche. Evviva! Non fu il riarmo hitleriano che sollevò la Germania dalle miserie della Grande Crisi? Gli stessi industriali che si fregavano le mani per le flotte di Von Tirpitz si riunirono dopo la disfatta per decidere che quel mestatore, che a furia di urla trasformava la delinquenza in idealismo, poteva esser utile per arrotondare i conti.
    Il contemporaneo complesso militar-industriale-finanziario quasi rassegnato alle guerricciole dell'antiterrorismo moderatamente redditizie ritrova la età dell'oro. Al seguito si mette in marcia, brutto segno, la carovana di chi spiega plaude giustifica mobilita: siamo in un mondo di pericoli! Ma è anche il centro del Putin-pensiero. Il tutto conferisce a questi ritorni bellicisti un pittoresco grossolano, perfettamente folclorico. Depositiamo in ventiquattro ore il nostro cappotto della pace nel guardaroba in cui la nostra sufficienza si era infagottata per un po' di tempo.
    Lo spirito europeo si rivela "double face": tranquillo e decorativo e poi di colpo, sotto le bordate brutali di Trump, drammatico ed esplosivo come un uragano. Eppure la nostra esperienza è tale da permetterci di raffigurare le grandi crisi del passato comprendendole e spiegandole quasi le avessimo sofferte: nascite di fanatismi, doloroso tramonto di epoche, assetto di tempi nuovi.
    Potremmo riscrivere le tragedie del Continente come se le avessimo vissute, posteri e insie  me contemporanei. Vediamo come non accadde forse mai in un così breve tempo profezie sinistre diventare realtà, annunci incredibili avverarsi avvertendo quasi il momento in cui si distaccano dalla immaginazione e diventano fatto. —
  2. NON E' UN ERRORE :      Chat-gate, partono le accuse: Waltz nel mirino Rubio: "Qualcuno ha fatto un grosso errore"
    Francesco Semprini
    Il giornale The Atlantic pubblica gli screenshot della conversazione che mette a nudo i piani di attacco agli Houthi in Yemen, avvenuta tra gli alti funzionari dell'amministrazione sulla chat Signal.
    La Casa Bianca risponde facendo quadrato attorno a Mike Waltz, il consigliere per la Sicurezza nazionale che ha aggiunto per errore il direttore della rivista al gruppo di messaggistica. Dietro le quinte emergono, tuttavia, particolari che mostrerebbero una prima crepa in seno alla squadra di governo, così come nella compagine repubblicana.
    Secondo una ricostruzione di Politico Donald Trump si sarebbe arrabbiato quando è venuto a sapere della vicenda, anche perché ha valutato con sospetto il fatto che Waltz avesse salvato sul suo telefono il numero del direttore di The Atlantic, Jeffrey Goldberg. Sospetti alimentati da vecchie ruggini, afferma Politico, visto che Waltz ha lavorato al Pentagono con l'amministrazione Bush-Cheney, non proprio un modello di riferimento per il tycoon.
    Il tutto dietro la protocollare difesa in pubblico del consigliere da parte del comandante in capo, che non esclude tuttavia un logoramento del rapporto tra Waltz e il cerchio magico trumpiano. Il presidente «continua ad avere fiducia nel suo team per la sicurezza nazionale», ribadisce Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca. Che rilancia le accuse nei confronti del «bugiardo» Goldberg e attacca i democratici e i media loro alleati, perché tentano di distogliere l'attenzione degli americani dai successi dell'amministrazione Trump. Leavitt ha inoltre confermato che Elon Musk aiuterà con i suoi tecnici a risolvere il caso.
    Una prima critica arriva anche dalla compagine del Grand Old Party al Congresso. «La cosa importante è che hanno fatto un errore e ne siano consapevoli. Devono assumersene la responsabilità ed aggiustare le cose in modo che non si ripeta», afferma il leader della maggioranza repubblicana al Senato, John Thune, rivolgendosi al ministro della Difesa, Pete Hegseth, e gli altri membri della squadra di sicurezza promotori della chat incriminata.
    Le reiterate accuse nei confronti di Goldberg hanno spinto intanto il direttore di The Atlantic a pubblicare gli screenshot della conversazione a cui era stato erroneamente aggiunto. Nella conversazione emergono particolari sulle condizioni meteo, gli orari e le condizioni di sicurezza generali entro i quali sono inquadrati i due "pacchetti" di bombardamenti su un obiettivo specifico. Si tratta di un alto funzionario degli Houthi, i miliziani filoiraniani che controllano Sanaa, la capitale dello Yemen. I raid vengono condotti con caccia F-18 e l'avvio è accompagnato da un augurio patriottico: «Buona fortuna ai nostri guerrieri».
    Waltz, da parte sua, insiste nel negare che tali informazioni siano piani di guerra o indicazioni classificate. Lo ha ribadito anche il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, secondo cui però «qualcuno ha fatto un grande errore», invitando il giornalista nella chat di Signal.
    Waltz ha insistito: nessuna posizione, nessuna fonte e metodo. I partner stranieri erano già stati informati che gli attacchi erano imminenti. Conclusione: «Il presidente Trump sta proteggendo l'America e i nostri interessi», ha scritto su X. Il Chat-Gate compatta e ridona ossigeno ai democratici, che si ricordano bene della crociata condotta da Trump nelle elezioni del 2016 contro Hillary Clinton per il ricorso all'email privata quando era segretario di Stato, hanno chiesto un'immediata indagine. L'opposizione, ma anche ex funzionari Usa, considerano le informazioni sugli obiettivi come parte del materiale più riservato prima di una campagna militare.
    Il nodo della questione gira proprio attorno alla definizione di «informazioni militari riservate». Ciò detto rimane il fatto «grave» che un «esterno» sia stato erroneamente incluso nella conversazione come afferma Tulsi Gabbard. La direttrice della National Intelligence americana, pur ribadendo in un'audizione alla Camera che «non c'era nessuna informazione classificata» nella chat, ha definito «un errore il fatto che un reporter sia stato aggiunto per sbaglio in un gruppo di sicurezza nazionale di alto livello».
    Sul chat-gate è stata intanto avviata la prima causa giudiziaria. A promuoverla è stato American Oversight, gruppo no-profit che vigila sull'operato dell'amministrazione che chiede a un giudice federale di primo grado di giudicare se vi sia stata una violazione da parte del capo del Pentagono e di altri alti funzionari dell'amministrazione delle leggi sulla conservazione delle comunicazioni ufficiali delineate nel Federal Records Act.
    Intanto, ieri, il quotidiano tedesco Der Spiegel, ha rivelato quella che, se fosse confermata, sarebbe una falla importante nella sicurezza: numeri di cellulare e mail di alti funzionari tra cui Gabbard, Hegseth e Waltz si troverebbero liberamente disponibili in rete, dopo che questi hanno discusso dei piani militari su Signal . —
  3. BLUFF CONTINUO : Si ridimensiona la visita di vicepresidente e second lady, non metteranno piede fuori da una base Usa
    Donald: voglio la Groenlandia, ma i Vance cambiano viaggio

    Si stempera il clima in Groenlandia, il sogno proibito di Trump. L'annunciata missione a stelle strisce nella terra dei ghiacci, capeggiata dal vicepresidente J. D. Vance, sembra limitarsi a una visita nella base militare Usa sul territorio autonomo del Regno della Danimarca. A darne notizia è il ministro degli Esteri di Copenaghen, Lars Lokke Rasmussen. «È molto positivo che gli americani abbiano annullato la loro visita sul territorio groenlandese. Visiteranno solo la loro base, Pituffik, e non abbiamo nulla in contrario», ha detto. La missione è stata inoltre posticipata a venerdì.
    La dichiarazione arriva alcune ore dopo la notizia che all'annunciata delegazione si sarebbe aggiunto il vicepresidente degli Stati Uniti, oltre alla consorte,Usha Vance. Inizialmente la Second Lady doveva trascorrere tre giorni in Groenlandia all'insegna della cultura e dei costumi locali partecipando alla tradizionale Avannaata Qimussersu, la gara nazionale di slitte trainate da cani. L'annuncio della missione aveva fatto però andare su tutte le furie Mute B. Egede, il primo ministro uscente delle "Terra Verde", che ha accusato gli Stati Uniti di utilizzare metodi muscolari mascherati da "soft power". «È una delegazione altamente aggressiva» , ha tuonato Egede».
    Trump ha mostrato interesse per la Groenlandia in modo esplicito e insistente. La Groenlandia non solo ha sottosuolo ricco di terre rare ma è vitale per gli Usa al fine di contrastare l'espansionismo cinese nell'Artico. L'inquilino della Casa Bianca è tornato alla carica ieri, nonostante l'annuncio del ridimensionamento della missione. «Abbiamo bisogno della Groenlandia per la sicurezza internazionale» ha detto Trump al podcaster Vince Coglianese. «Odio dirlo in questo modo, ma dobbiamo averla». F. sem. —

 

 

 

26.03.25
  1. falla bluff stile TRUMP
    Francesco Semprini
    Il "chat-gate", la rivelazione di informazioni militari top secret in una chat aperta, fa il giro del mondo e mette in difficoltà alcuni membri dell'Amministrazione Trump. Ma il caso dona anche ossigeno ai democratici americani, che rialzano la testa per la prima volta dal trionfo elettorale del tycoon del 5 novembre scorso.
    L'opposizione chiede le dimissioni del Consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Waltz e del Segretario alla Difesa Pete Hegseth, considerati responsabili della fuga di informazioni su piani militari che riguarderebbero operazioni contro gli Houthi in Yemen. Di tali carteggi "dettagliati" è venuto in possesso il caporedattore di The Atlantic, Jeffrey Goldberg, incluso per errore in una chat della piattaforma Signal con cui funzionari della Casa Bianca e dell'amministrazione Trump comunicherebbero anche su questioni inerenti la Sicurezza nazionale.
    Sulla vicenda sono stati sentiti in Senato i dirigenti delle principali agenzie di intelligence a stelle e strisce, tra cui Tulsi Gabbard, numero uno della National Intelligence, John Ratcliffe, capo della Cia, e Kash Patel, direttore dell'Fbi, in un'audizione (già programmata) sulle minacce agli Stati Uniti. Il chat-gate crea imbarazzo e rappresenta la prima vera prova di tenuta della compagine governativa trumpiana, di cui l'opposizione Dem e una parte di opinione pubblica chiedono la capitolazione di due «teste di serie».
    I primi dubbi sulla solidità di Michael Waltz vengono sollevati da Politico che, citando un alto funzionario dell'amministrazione Usa, spiega come il consigliere per la Sicurezza nazionale potrebbe essere costretto a dimettersi.
    La fonte sostiene che i membri dello staff della Casa Bianca si sono scambiati messaggi su cosa fare con Waltz. Non c'è ancora nulla di ufficiale e i funzionari del 1600 di Pennsylvania Avenue avvertono che sarà il presidente a prendere la decisione finale nei prossimi due giorni. Il New York Times si occupa invece del segretario alla Difesa, con un editoriale nel quale chiede la sua testa. «Se Pete Hegseth avesse un minimo di onore, si dimetterebbe»: è il titolo del commento a firma di David French, un veterano dell'operazione Iraqi Freedom e un ex avvocato dell'Esercito Usa. Per il senatore Mark Warner, il principale democratico del Comitato per l'intelligence del Senato, Waltz ed Hegseth devono essere entrambi rimossi per aver usato una chat civile e per non aver proceduto alla "conduct hygiene 101" (una sorta di bonifica preventiva della chat). «Questo è un altro esempio del tipo di comportamento sciatto, negligente e incompetente, in particolare nei confronti delle informazioni classificate, non è un errore isolato o della prima volta». Il chat-gate riporta sulla scena personaggi ormai consegnati alla storia come Hillary Clinton. «Stiamo scherzando?», ha scritto su X l'ex segretaria di Stato, che ha perso le elezioni presidenziali del 2016 contro Trump anche per uno scandalo, cavalcato ad arte dall'avversario, sull'utilizzo di un server privato per l'invio di e-mail classificate.
    A difendere Waltz è Trump in persona che ne fa una questione di onorabilità e di solidità della Casa Bianca. «Michael Waltz ha imparato la lezione ed è un brav'uomo», chiosa il presidente nel corso di un'intervista con Nbc News, sostenendo che la presenza di Goldberg non ha avuto «alcun impatto» sull'operazione militare.
    Non poteva mancare la partecipazione scenografica di Elon Musk che su X scrive: «Il posto migliore per nascondere un cadavere è a pagina due della rivista, non la leggerà mai nessuno». Puntuale il re-post di Trump, che preferisce non pronunciarsi su Hegseth il quale a sua volta si trincera dietro una difesa scomposta. «State parlando di un cosiddetto giornalista disonesto e altamente screditato... Nessuno stava inviando piani di guerra tramite sms e questo è tutto ciò che ho da dire al riguardo», ha dichiarato. A complicare la posizione del segretario alla Difesa è però lo scambio di vedute avuto nella chat "incriminata" con J.D. Vance come riportato dal caporedattore di The Atlantic. «Non sopporto salvare di nuovo l'Europa», scrive il vicepresidente. «Condivido pienamente il tuo odio per il parassita europeo, è patetico», replica il capo del Pentagono. Per Tulsi Gabbard, nella chat di guerra del Pentagono «non sono state condivise informazioni riservate». Mentre per il direttore della Cia John Ratcliffe, uno degli alti funzionari che faceva parte del gruppo Signal del Pentagono, l'uso della piattaforma «è consentito per le chat di lavoro, ed è una pratica a cui è stato fatto ricorso già dalla precedente amministrazione di Joe Biden». —
  2. Il Csm dispone il trasferimento a Milano del magistrato: "Grave violazione di legge"
    "Non poteva intercettare Esposito" Punito e declassato il pm Colace
    giuseppe legato
    torino
    Trasferimento al tribunale civile di Milano (da pm della procura ordinaria di Torino) e perdita di un anno di anzianità professionale. È la dura condanna della sezione disciplinare del Csm nei confronti di Gianfranco Colace, magistrato della procura di Torino, per otto anni nel pool "Pubblica amministrazione" e adesso nella squadra di pm che si occupa del rispetto della sicurezza sul lavoro. La radice della sentenza è legata all'inchiesta che ha visto intercettato per 500 volte l'ex senatore dem Stefano Esposito nell'ambito di un'indagine sull'imprenditore dello spettacolo Giulio Muttoni (ancora a processo) ribattezzata "Bigliettopoli". Quest'ultimo era il bersaglio degli ascolti, Esposito è stato sentito indirettamente. Il Csm ha accolto la richiesta formulata dalla Procura generale di Cassazione (sostituto Marilia di Nardo) nelle scorse settimane. Pressoché scontato il ricorso del pm e della giudice in Cassazione contro il provvedimento.
    L'accusa per Colace e per la gip Lucia Minutella (sanzionata con una "censura") era di «grave violazione di legge, determinata da ignoranza o negligenza inescusabile» per un mancato rispetto delle regole sulle intercettazioni, disposte senza avere chiesto l'autorizzazione parlamentare. Il pm Colace ha chiesto il rinvio a giudizio di Esposito indicando fra le fonti di prova anche le intercettazioni telefoniche e la gip Minutella lo ha disposto nei confronti dell'allora senatore Pd, indicando quelle stesse intercettazioni quali fonti di prova. Le captazioni, poi diventate inutilizzabili per effetto di una pronuncia della Corte Costituzionale, furono disposte tra il marzo 2015 e il marzo 2018 nel procedimento in cui finirono migliaia di conversazioni dell'allora senatore dem Stefano Esposito, il quale fu indagato e in seguito prosciolto a Roma. Entro novanta giorni la sezione disciplinare del Csm depositerà le motivazioni della condanna. Due settimane fa il pg della Cassazione aveva definito quelle intercettazioni «indirette e non occasionali, una captazione prolungata nel tempo». Per la difesa avevano parlato il procuratore aggiunto di Roma Giuseppe Cascini e l'avvocato Marcello Maddalena, già procuratore generale del Piemonte, chiedendo sia per Colace che per Minutella l'assoluzione. Secondo Cascini si stata accusando Minutella «di aver usato come prove le intercettazioni in una fase in cui in realtà non vengono utilizzate». Quanto al pm Colace – replicava sempre la difesa, attraverso il legale Maddalena – «ha chiesto semplicemente che fra le fonti di prova di un procedimento con decine di indagati ci fossero le intercettazioni telefoniche, ma non ne ha mai utilizzata una».

 

 

 

 

25.03.25
  1. I funzionari cinesi valutano la strategia adottata dal Giappone negli anni '80, che consisteva nel limitare le esportazioni e aumentare i prezzi di prodotti come i veicoli elettrici o le batterie – scrive il WSJ



    Durante la prima presidenza di Donald Trump, la Cina era determinata a non cedere alle pressioni commerciali americane come aveva fatto il Giappone negli anni '80.



    Ora, di fronte a un maggiore assalto economico da parte della seconda presidenza Trump in un momento di crescita stagnante in patria, Pechino potrebbe prendere esempio da Tokyo su una questione specifica che ritiene essere nel suo interesse.
    Come il Giappone decenni fa, la Cina sta valutando la possibilità di cercare di smorzare l'impatto dei maggiori dazi statunitensi e di altre barriere commerciali offrendosi di ridurre la quantità di determinate merci esportate negli Stati Uniti, secondo i consiglieri del governo cinese.



    L'adozione da parte di Tokyo delle cosiddette restrizioni volontarie all'esportazione, o VER, per limitare le spedizioni di automobili negli Stati Uniti negli anni '80 ha contribuito a impedire a Washington di imporre dazi all'importazione più elevati.

    Una mossa simile da parte di Pechino, soprattutto in settori di interesse chiave per Washington, come i veicoli elettrici e le batterie, attenuerebbe le critiche degli Stati Uniti e di altri paesi per gli “squilibri economici” della Cina: aziende fortemente sovvenzionate che producono cose per pochi profitti ma saturano i mercati globali, a scapito dei produttori di altri paesi.



    Il presidente Trump ha già imposto alla Cina nuovi dazi cumulativi del 20%, che si aggiungono a quelli imposti nel suo primo mandato e in gran parte mantenuti dal presidente Joe Biden.



    Non ci sono ancora stati negoziati tra Pechino e Washington. Ma alla fine del mese scorso il segretario al Tesoro Scott Bessent ha sollevato preoccupazioni sulle pratiche di distorsione del mercato cinese durante la sua telefonata introduttiva con il vice premier cinese He Lifeng, designato come capo negoziatore commerciale di Xi Jinping con l'amministrazione Trump.

    Il Giappone accettò per la prima volta di limitare le esportazioni di automobili nel 1981. Di conseguenza, le esportazioni diminuirono di circa l'8% rispetto all'anno precedente. Doug Irwin, professore di economia al Dartmouth College e autore di “Clashing over Commerce”, osserva che le restrizioni erano particolarmente vincolanti a metà degli anni Ottanta. Ma all'inizio degli anni Novanta, il VER non era più necessario, in parte perché a quel punto le aziende giapponesi costruivano automobili per il mercato statunitense in impianti locali di trapianto.

    Uno dei motivi per cui il Giappone era disposto a limitare le esportazioni era che le sue aziende potevano applicare un prezzo più alto per auto su un numero minore di auto vendute, afferma Irwin. Il prezzo di un'auto giapponese media è aumentato di circa 1.000 dollari, circa 3.500 dollari in dollari odierni, e il Giappone ha anche iniziato a esportare auto più grandi e di qualità superiore a causa delle restrizioni.

    Gli squilibri economici di Pechino non sono una novità, ma sono stati aggravati negli ultimi anni dalla politica di Xi di incoraggiare le fabbriche a produrre più beni, indipendentemente dalla domanda interna, in modo da mantenere in funzione l'economia cinese in caso di gravi sanzioni occidentali o di un conflitto aperto.



    L'amministrazione Biden ha ripetutamente avvertito la leadership cinese che la produzione dell'enorme macchina manifatturiera cinese era diventata troppo grande per essere assorbita dal mondo. Nell'ultimo anno della presidenza Biden, gli Stati Uniti hanno aumentato i dazi sull'acciaio cinese, sui veicoli elettrici e su altri prodotti.

    “L'insistenza dell'amministrazione Trump nell'utilizzare i dazi come strumento di politica commerciale potrebbe rendere la Cina ricettiva a restrizioni volontarie alle esportazioni”, afferma Irwin.

    […]



    Come sottolinea Irwin, il sovrapprezzo applicato da Toyota e da altri esportatori giapponesi all'epoca ha permesso loro di realizzare profitti tali da finanziare un passaggio da veicoli più piccoli ed economici ad auto più grandi e più redditizie, in grado di competere più direttamente con le loro controparti americane. Questo è il tipo di aggiornamento che Pechino spererebbe di ottenere se seguisse il percorso giapponese.

    Tuttavia, Irwin e altri economisti osservano anche che sarebbe quasi impossibile riequilibrare tutto il commercio tra Stati Uniti e Cina attraverso le VER. L'eccedenza commerciale di 295 miliardi di dollari della Cina con gli Stati Uniti è la più ampia di qualsiasi partner commerciale statunitense.



    Un altro ostacolo è la difficoltà di far rispettare le VER, in particolare quando le aziende cinesi esportano negli Stati Uniti da paesi terzi, tra cui Messico e Vietnam. Inoltre, a Trump piacciono le entrate derivanti dai dazi e potrebbe trovare poco attraente l'idea delle VER.

    E Pechino deve ancora scoprire cosa vuole Trump. Ha incaricato le agenzie federali di valutare le relazioni economiche con la Cina. La revisione, prevista per l'inizio di aprile, avvierà quindi un processo all'interno dell'amministrazione per valutare come affrontare le questioni commerciali con la Cina.

    “Se fossi cinese, metterei sul tavolo le VER o almeno le terrei in serbo”, dice Arthur Kroeber, socio fondatore e responsabile della ricerca presso Gavekal Dragonomics.

 

 

 

24.03.25
  1. Zelensky: "La discussione è utile ". Sul tavolo in Arabia saudita anche il futuro della centrale nucleare di Zaporizhzhia
    Ancora raid russi su Kiev e nel Donbass: 7 morti Si tratta su siti energetici e sicurezza nel Mar Nero
    Giuseppe Agliastro
    Mosca
    Un palazzo danneggiato, finestre e balconi distrutti. All'ultimo piano sono ancora ben visibili i segni di un incendio. Sono le terribili immagini che i giornali internazionali pubblicano da Kiev, dove le autorità locali accusano le truppe russe di aver provocato la morte di almeno tre persone e il ferimento di altre dieci in un massiccio raid di droni lanciato nella notte tra sabato e domenica. Tra le vittime dei bombardamenti sulla capitale ucraina c'è anche una bambina di cinque anni, denuncia Kiev, secondo cui le forze russe hanno lanciato ben 147 droni sul Paese e – riporta l'Ap – altre quattro persone sono morte in un raid nella regione di Donetsk. La Russia da parte sua sostiene di aver abbattuto 59 velivoli senza pilota e accusa gli ucraini di aver ucciso due civili a Rostov e Belgorod.
    Questi attacchi arrivano poche ore prima dei colloqui in programma in Arabia Saudita: trattative alla ricerca di possibili passi verso la de-escalation e verso la fine delle ostilità. O almeno verso l'interruzione degli attacchi contro le infrastrutture energetiche. «All'ordine del giorno ci sono le proposte per proteggere gli impianti energetici e le infrastrutture critiche», ha infatti dichiarato il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, che ieri sera ha annunciato l'inizio delle trattative a Riad tra la delegazione Usa e quella ucraina da lui guidata. E il presidente Zelensky ha desinito la "discussione utile". Russi e americani dovrebbero invece parlarsi oggi, sempre in Arabia Saudita.
    Quello della possibile interruzione dei raid sulle infrastrutture energetiche è un punto sul quale in teoria sia Kiev sia Mosca si dicono d'accordo, ma che in questi giorni si sono accusati a vicenda di aver violato. Le parti stanno «lavorando su una serie di complesse questioni tecniche», ha detto Umerov. Un'intesa del genere, se in effetti rispettata, fermerebbe i bombardamenti con cui le forze russe in questi anni hanno messo in ginocchio la rete elettrica ucraina lasciando la gente al buio e al gelo in pieno inverno, ma anche i raid di droni ucraini contro l'industria petrolifera russa. Kiev sembra inoltre voler mettere sotto questo ombrello protettivo anche porti e ferrovie e pare stia stilando una lista delle infrastrutture che sarà vietato colpire.
    Nei colloqui potrebbero essere toccati i temi della gestione delle centrali nucleari ucraine, e in particolare di quella di Zaporizhzhia di fatto controllata dalla Russia, della sicurezza della navigazione sul Mar Nero, dello sfruttamento delle risorse minerarie ucraine, del rispetto di un cessate il fuoco, del futuro dei territori invasi dalle truppe di Putin. La proposta di cessate il fuoco avanzata da Usa e Ucraina al momento resta di fatto in attesa di una risposta da parte del Cremlino. E questo significa che intanto la guerra continua a uccidere. Anche civili innocenti.
  2. in germania 1300 in piazza, bruxelles: Ankara rispetti i diritti
    La protesta arriva a Berlino, monito dell'Ue
    dall'inviata a istanbul
    L'Unione europea e la Germania mettono in guardia la Turchia e la crisi oltre che politica diventa anche economica: la lira turca e la Borsa sono crollate nel giorno dell'arresto di Imamogli. È stato un portavoce della Commissione Ue ieri a spiegare che l'arresto solleva «seri interrogativi sul rispetto, da parte della Turchia, della sua consolidata tradizione democratica. In quanto membro del Consiglio d'Europa e Paese candidato all'adesione all'Ue, la Turchia ha il dovere di rispettare i valori democratici», ricorda il portavoce. Ankara, aggiunge, deve tutelare «tanto i diritti degli eletti quanto il diritto dei cittadini a manifestare pacificamente».
    Anche da Berlino sono arrivate dure critiche ad Ankara mentre oltre un migliaio di persone sono scese in piazza. L'arresto di Imagoglu «rappresenta un grave ostacolo per la democrazia in Turchia. La competizione politica non deve essere condotta attraverso tribunali e prigioni», ha detto un portavoce del ministero degli Esteri tedesco. «Ci aspettiamo che le accuse vengano chiarite in modo trasparente il più presto possibile e che si svolga un processo basato sullo Stato di diritto», ha sottolineato il portavoce, estendendo il principio «alle accuse rivolte ai manifestanti arrestati». «Il rispetto dello Stato di diritto e dei principi democratici resta una componente centrale delle nostre relazioni con la Turchia, sia a livello bilaterale sia nelle relazioni tra l'Unione europea e la Turchia», ha concluso. fla. ama. —
  3. l'inchiesta
    Condannati
    ghetto
    al
    "
    Maria Dibisceglia vice sindaco di Cerignola

    Domenico Lamarca sindaco di Manfredonia
    C'erano 200 milioni di euro dell'Unione Europea nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il superamento dei ghetti di migranti in Italia. Fondi che probabilmente perderemo o - nella migliore delle ipotesi - saranno spesi per comprare prefabbricati invece che per il recupero di «soluzioni alloggiative, di trasporto, di assistenza sanitaria e d'istruzione, dignitose per i lavoratori del settore agricolo».
    Trentasette i comuni d'Italia mappati tra cui dividere lo stanziamento. La fetta più consistente (114 milioni di euro) ai comuni pugliesi. La mappa è quella dei campi di semina e raccolto tra le province di Foggia, Bari e Brindisi. Quella dei pomodori rosso sangue, dei lavoratori schiavizzati, qualcuno anche brutalmente ucciso, oppure morto bruciato dentro le case baracche, perché d'inverno fa freddo e per riscaldarsi si dà fuoco alla plastica. Borgo Mezzanone, Borgo Tressanti, Borgo Libertà, Ghetto Ghana, Torretta Antonacci, Borgo Tre Titoli. I caporali arrivano nei ghetti quando è ancora buio, caricano i braccianti e li portano nei campi. Poi li riprendono e questi poveracci spariscono nuovamente come topi nelle fogne. «Andremo a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo» aveva detto Giorgia Meloni dopo la strage di Cutro. In questo caso era semplice: i caporali, trafficanti, sono nei ghetti, non dovevamo nemmeno girare il globo per trovarli. «Molte volte abbiamo offerto ai lavoratori ospitalità nelle nostre chiese ma loro sanno che senza documenti non sono liberi e non vengono. Ho detto chiaramente al governo che per superare i ghetti serve la regolarizzazione». Don Pasquale Cotugno è responsabile Caritas immigrazione, i prefabbricati non li vuole. Il decreto ministeriale che ripartisce le risorse è il n. 55 del 29 marzo 2022. Maria Dibisceglia è vice sindaco e assessore alle Politiche sociali del comune di Cerignola, uno dei destinatari dei fondi Pnrr. «Noi siamo pronti da dicembre 2022, tutti gli altri comuni interessati da gennaio 2023. Ad oggi siamo ancora fermi per colpa del governo. Oggi Cerignola va verso la rinuncia. Non me la sento di esporre i miei cittadini al rischio di dover pagare penali per il mancato raggiungimento degli obiettivi».
    Il 7 ottobre 2024 i sindaci di Manfredonia, San Severo, Cerignola, San Marco in Lamis, Lesina, Poggio Imperiale, Carpino e il Commissario Straordinario di Carapelle, hanno scritto al governo per protestare per i ritardi accumulati. «Oggi il governo, attraverso il commissario straordinario nominato - udite udite - solo a giugno del 2024, ci ha fatto sapere che non c'è più tempo e dobbiamo sostituire i progetti per le case con i prefabbricati. Una richiesta assurda. Usiamo i fondi europei per fare altri ghetti?». Serve un piccolo riassunto di date per non perdersi nel rimpallo di responsabilità. Nel 2022 il governo Draghi avvia la consultazione con i Comuni per definire il metodo di spesa dei soldi Pnrr. Viene inviato a tutti un questionario, predisposto dal ministero del Lavoro, per realizzare una sorta di censimento sulle presenze migranti nei ghetti e decidere quindi come ripartire i 200 milioni di euro. «Chi entra nei ghetti a schedare i lavoratori stranieri? Non certo enti locali o associazioni. Abbiamo compilato il questionario inserendo numeri ipotetici sulla base dell'esperienza acquisita».
    Simona Venditti è stata assessora alle Politiche Sociali del Comune di San Severo fino a giugno 2024, poi è decaduta, ma è la memoria storica che ha gestito dall'inizio la partita. «Il nostro progetto era considerato da tutti tra i migliori. Case, servizi, percorsi di regolarizzazione e ricongiungimenti. Ci sono stati assegnati 27 milioni di euro. San Severo a gennaio 2023 era pronta». Cade Draghi, arriva Meloni. Si ferma tutto. Un anno dopo viene nominato il commissario straordinario, Maurizio Falco, a decorrere dal 24 giugno 2024. A quel punto però è già tardi: i PAL (Piani di azione locale) dei comuni interessati non vanno più bene. Troppo ambiziosi, il commissario chiede ai sindaci di sostituire le case con i container. Lidya Colangelo è la nuova sindaca di San Severo che eredita la patata bollente dalla collega Venditti: «Non siamo d'accordo ma firmeremo la convenzione con il governo per spirito di umanità. Restano però domande a cui il governo non ha ancora risposto: chi smantella i vecchi ghetti? Chi paga gli allacci dei servizi? Chi gestirà le assegnazioni dei nuovi alloggi?». Domenico Lamarca è il sindaco di Manfredonia, il comune che insieme a Foggia ha diritto alla fetta più consistente di finanziamento: circa 54 milioni di euro. «Non ce la siamo sentiti nemmeno noi come San Severo di rinunciare, nonostante i ritardi governativi clamorosi. Abbiamo detto però al commissario Falco: no ai container, si ai prefabbricati all'interno di un progetto più ampio, che veda la regione Puglia cabina di regia e preveda anche percorsi di regolarizzazioni».
    E il governo cosa ha risposto? «Che per ora non è questa l'urgenza, ma solo spendere i soldi Pnrr». Altri sindaci invece vanno verso la rinuncia. Rocco Di Brina, sindaco di Carpino: «Non costruiremo nuovi ghetti di prefabbricati, vogliamo ristrutturare immobili diffusi nel centro storico. Siamo pronti da due anni. Ad oggi avrei già finito i lavori. Sono ritardi ingiustificabili da parte del governo». Michele Merla, sindaco di San Marco in Lamis: «Noi pensiamo di rinunciare, non ci sono più i tempi nemmeno per comprare prefabbricati. Ma poi veramente il governo crede che così superiamo i ghetti?». Nella relazione della Corte dei Conti sui Piani Urbani Integrati per il superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura sono certificati i ritardi e le criticità. «Alla luce delle difficoltà emerse, tali da causare lo stallo dell'iniziativa il cui termine di realizzazione era fissato al marzo 2025, il Governo ha nominato un Commissario straordinario» e ha previsto «un diretto coinvolgimento delle Regioni in supporto alle amministrazioni comunali e che le procedure di acquisto dei prefabbricati saranno centralizzate e fatte da Consip o Invitalia». «Potevamo essere d'accordo all'acquisto di prefabbricati come soluzioni abitative temporanee per i veri stagionali - dice Azmi Jarjawi, responsabile immigrazione Cgil Puglia - ma qui noi abbiamo manodopera in gran parte stanziale. Quei ghetti rappresentano anche problemi di ordine pubblico». «Ghetti di Stato simili a quelli dell'Albania - denuncia Leonardo Palmisano, docente di sociologia, autore di molti libri inchiesta sul fenomeno del caporalato, in libreria con Italia aparthaid - ecco cosa farà in Puglia il governo con i soldi del Pnrr». E e le mafie ringrazieranno. —
  4. L'intervista
    "L'uomo ha sconvolto l'equilibrio della laguna E ora Orbetello è infestata dai moscerini"
    Alessandro Miani
    "
    inviato a orbetello
    Professor Alessandro Miani, lei che è il presidente della Società italiana di medicina ambientale, può dirci se questa storia dei moscerini che infestano la laguna di Orbetello è una storia locale o qualcosa che ci riguarda tutti?
    «È una storia che si può ripetere in forme diverse in tutti gli ecosistemi, a partire da quelli più fragili. La sintesi è questa: la natura esiste da molto prima di noi. L'equilibrio naturale è in grado di preservare se stesso. È l'intervento umano che porta un disequilibrio. In questo senso, il caso di Orbetello è molto istruttivo».
    Perché è saltato l'equilibrio?
    «Per colpa dei fertilizzanti ricchi di fosforo e azoto che vengono utilizzati in agricoltura. Da anni finiscono nella laguna, arricchendo di nutrienti l'acqua. È un fenomeno che si chiama eutrofizzazione: un eccesso di alimenti che favorisce la crescita delle alghe. Tante alghe, morendo, producono tantissimi batteri, che a loro volta consumano tanto ossigeno».
    Se manca l'ossigeno?
    «Muoiono i pesci, che sono gli antagonisti naturali delle larve dei moscerini. Perché le larve dei moscerini, per loro fortuna, hanno un piccolo sifone con cui respirano direttamente dall'aria. Ecco quello che succede: troppe alghe, poco ossigeno nell'acqua, morte dei pesci, proliferazione dei moscerini. È una catena, all'origine della quale ci sono i comportamenti dell'uomo».
    Il giorno della moria dei pesci - era il 26 luglio 2024 - c'erano 41 gradi. C'entra il cambiamento climatico?
    «È una concausa. Sicuramente ha avuto un ruolo importante. Ma all'origine del fenomeno, secondo me, c'è quell'eccesso di nutrienti nell'acqua che deriva dall'agricoltura».
    Chi sono questi moscerini che costringono le persone a tapparsi in casa?
    «Questi di Orbetello si chiamano chironomidi e sono un bel po' fastidiosi, perché sono più grossi di quelli tradizionali. Sono più simili a zanzare, ma privi di apparato pungente. Il che è un bene. Ma sono talmente tanti da rendere difficile la vita all'aria aperta. Possono diventare un problema per i residenti e per i turisti».
    Quanto vivono?
    «Quindici giorni al massimo, ma sono in grado di deporre oltre seicento uova».
    I chironomidi sono nocivi?
    «No. Ma non sono neppure piacevoli. Essendo grandi, c'è di buono che, se respirati accidentalmente, si fermano alle vie aeree superiori. Può essere utile tornare alle mascherine del lockdown».
    L'idea non mette troppa allegria. Qualcuno invoca una disinfestazione dall'alto. È possibile?
    «Esistono prodotti che possono essere vaporizzati da terra o cosparsi su larga scala con droni e ultraleggeri. Resta il fatto che andiamo a eliminare il grosso della popolazione, ma non il problema. Se ci affidiamo solo alle disinfestazioni, questo si ripresenterà».
    I moscerini amano la luce. Possono servire le fototrappole?
    «Luci potenti possono indirizzarli verso zone meno densamente popolate. Ma sono dei metodi per migliorare la qualità della vita nel breve, non per ripristinare l'equilibrio naturale perduto».
    Cosa servirebbe?
    «Servono politiche che tengano presente tutta la catena. Magari nella zona della laguna servirebbero forme di agricoltura con minori quantitativi di fertilizzanti, bisogna trovare sistemi per migliorare il ricambio dell'acqua. Serve cura per l'ambiente, nell'insieme. Per esempio: ci sono piante acquatiche che possono produrre ossigeno invece che consumarlo».
    Ci sono analogie in Italia?
    «Le alghe dell'Adriatico. Quelle che fanno morire le vongole e le cozze, diffondendo nell'aria un odore cattivo che mette in pericolo la stagione turistica. Anche quelle sono il frutto di una proliferazione eccessiva dovuta ai fertilizzanti».
    Il contadino danneggia il pescatore. L'uomo frega se stesso. Quegli sciami di moscerini sono un monito?
    «Si dice che per ogni essere umano vi sia un corrispettivo di oltre un miliardo di insetti. Sarebbe una guerra impari. È la natura che mantiene l'equilibrio. Ma quando noi rompiamo lo rompiamo, allora la natura non ci aiuta più». —
  5. BLUF MUSK:   Cosa sta accadendo a Tesla e cosa rivela quest’ultima degli equilibri della Casa Bianca? Pochi giorni fa il Financial Times ha dedicato un approfondimento al gruppo auto. Firmato da Dan McCrum, che svelò i bilanci falsi del gruppo tedesco Wirecard, l’articolo del quotidiano di Londra si pone alcune domande.
    [...] perché negli ultimi sei mesi Tesla dichiara investimenti netti da 1,4 miliardi di euro che non si riflettono in alcun pari aumento di beni fisici o immateriali riscontrabili in bilancio? Anche la seconda domanda è insidiosa: perché un’azienda che dichiara una cassa propria da ben 37 miliardi di dollari nel 2024 ha preso in prestito sei miliardi?

    […] «Queste anomalie possono essere segnali d’allarme, potenzialmente indicativi di controlli interni deboli – si legge –. Una classificazione aggressiva delle spese operative (quelle ordinarie per la vita dell’azienda, come i salari, ndr) quali investimento può essere usata per gonfiare artificialmente gli utili dichiarati».
    E ancora: «Una combinazione di flussi di cassa in eccesso e di continua raccolta di capitali (per esempio con un bond, ndr) può rappresentare il segnale d’allarme di dichiarazioni contabili scorrette».



    [...]Tesla è l’11esima più grande azienda al mondo, con una capitalizzazione di 800 miliardi di dollari. Essa è crollata di 900 miliardi di dollari da dicembre, falcidiando 114 miliardi dal patrimonio personale di Musk (che ha il 12,8%). Anche così, la sua valutazione resta elevata rispetto ai dati reali del gruppo: a lungo andare, si giustificherebbe solo con un aumento di sette o otto volte degli utili.

    Di certo proprio nel giorno in cui è uscito l’articolo del Financial Times il segretario al Commercio Howard Lutnick ha preso un’iniziativa inusuale per un esponente di così alto livello di una democrazia liberale: in un’intervista, ha invitato gli ascoltatori a comprare azioni di Tesla.



    Una settimana prima, era stato Donald Trump a pubblicizzare una serie di modelli di Tesla nel giardino della Casa Bianca (dove lo stesso Musk lavora con lui al taglio delle spese federali). Ma non si tratta dell’unico caso di conflitti d’interesse in America oggi. Trump ha guadagnato centinaia di milioni di dollari da commissioni grazie alla sua criptovaluta lanciata due mesi fa (questa però è crollata di oltre il 90%).

    E il presidente non ha smentito il Wall Street Journal , quando quest’ultimo ha scritto giorni fa che la maxi piattaforma delle crypto Binance sta negoziando la cessione di una quota del gruppo alla famiglia di Trump: il presidente che ha messo le monete digitali nella riserva strategica degli Stati Uniti. Persino gli oligarchi russi hanno qualcosa da imparare a Washington, di questi tempi.

 

 

 

 

 

23.03.25
  1. i capigruppo chiedono di convocare la commissione lavoro
    "Laurea della domenica", l'opposizione attacca Calderone La replica della ministra: "Ero studentessa e lavoratrice"
    Il percorso di studi universitari della ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, diventa un caso. Ad avanzare dubbi è Il Fatto che parla di una laurea "facile", presa quasi gratuitamente in una università privata dove il marito sedeva in Cda. Il quotidiano evidenzia più esami fatti nello stesso giorno, in alcuni casi anche di domenica. E con cadenze spesso regolari, il primo e il 15 del mese. Quanto basta per aizzare l'opposizione che, con i capogruppo in commissione Lavoro di Pd, M5s e Avs Arturo Scotto, Valentina Barzotti e Franco Mari, chiede la convocazione urgente della Commissione per audire la ministra e il rettore dell'Università Link. «Le rivelazioni del Fatto Quotidiano ci interrogano e ci preoccupano» afferma Scotto che sollecita la ministra a chiarire. La laurea non è obbligatoria per fare il ministro, ma lo è per guidare l'Ordine dei consulenti del lavoro, come Calderone prima della nomina. «In ogni caso la trasparenza del curriculum vitae resta un obbligo quando hai un ruolo pubblico» insiste il deputato Pd. Per Agostino Santillo, M5s, «mentire sulla propria laurea mina la credibilità delle istituzioni e offende chi ha studiato una vita intera». La replica di Calderone è arrivata subito: «In quanto studente-lavoratrice, ero una fuori corso, è stata tutt'altro che una laurea presa in fretta e furia» ha spiegato Calderone, specificando che gli esami sostenuti nel fine settimana sono «la normalità in caso di corsi dedicati agli studenti-lavoratori». Poi, le date: l'iscrizione all'Ordine dei consulenti del lavoro è del 1994, «l'obbligo di laurea è stato introdotto dal 2010». —
  2. Gadi Moses, l'80enne del kibbutz Nir Oz: "Anni di convinto pacifismo si sono infranti il 7 ottobre"
    Sopravvissuto 482 giorni in ostaggio " Ma per il premier sono un invisibile"
    È l'unico uomo anziano tornato dalla prigionia a Gaza. Gadi Mozes, 80 anni compiuti in cattività, è sopravvissuto per oltre 480 giorni agli «abusi psicologici» dei suoi rapitori. In una intervista al Canale12 israeliano, ha raccontato come è riuscito a resistitere, per mesi, fisicamente e mentalmente, alle bugie e agli inganni dei suoi aguzzini, uomini della Jihad islamica palestinese.
    Durante la prigionia, Moses è stato trattenuto in dieci luoghi diversi. A luglio era nella zona umanitaria Al-Mawasi proprio durante il massiccio attacco aereo israeliano che ha ucciso il capo militare di Hamas, Muhammad Deif. E poi, in una scuola e nel complesso ospedaliero Nasser di Khan Younis, dove erano rifugiati migliaia di sfollati. Ha descritto «spettacoli orribili» e «migliaia di persone, rifugiati fuggiti dai bombardamenti, sdraiati come sardine nei corridoi, sul pavimento». Ma, confessa il kibbutznik con una salda ossatura di sinistra, non ha provato alcuna emozione: «Non mi importava di niente - ha ammesso -. Stavo soffrendo anch'io come loro». Un conflitto irrisolto con sé stesso dopo l'assalto di Hamas. Lui che ha sempre pensato che «la pace si faccia solo con i nemici» oggi si rende conto che «anni e anni di convinzione che possiamo andare d'accordo, trovare una formula che dia spazio a tutti, sono stati infranti da questo orrendo omicidio, l'omicidio dei miei migliori amici, che credevano tutti in questa opzione».
    Parole dure quelle che Moses ha riservato al premier Netanyahu: «Penso che questo primo ministro ci abbia marchiati come persone che non vuole vedere», ha detto per spiegare come sia possibile che Bibi (questo il diminutivo ufficiale del leader israeliano) non abbia mai visitato Nir Oz dopo il 7 ottobre 2023. Dei circa 400 residenti del kibbutz, 117 sono stati uccisi o rapiti e 14 sono ancora detenuti a Gaza, tra cui 9 dichiarati morti dalle autorità israeliane. Il rifiuto di Netanyahu di fronte ai molteplici inviti da parte della comunità e dei suoi ex ostaggi è grave, dice. Poi affonda: «Non dovresti nemmeno aspettarti un invito. Saresti dovuto venire qui per primo». Non solo, rincara la dose: «Nessun rappresentante ufficiale di tutte quelle persone malvagie (il governo in carica, Ndr) mi ha detto "bentornato"».
    Nell'intervista, Moses ha ripercorso i momenti del rilascio, quando ancora non conosceva quale sarebbe stato il suo destino, prima che i rapitori lo consegnassero alla Croce Rossa il 30 gennaio. In un «silenzio assoluto, senza dire una parola», l'hanno condotto in un cimitero e messo di fronte a una tomba aperta, puntandogli contro due pistole. Poi, all'improvviso, le domande: «È vero che il cibo della Jihad era buono? Che ti hanno trattato bene?». «Non so se riesco a trasmettere la sensazione di paura, di terrore. Tremavo. Ero così spaventato di fronte a quella fossa», ha ricordato l'80enne. Infine, l'incontro con la 28enne Arbel Yehoud, e le loro auto circondate da migliaia di gazawi, molti armati, in una calca terrificante e assordante.
    Moses è tornato a Nir Oz, ha voluto vedere la rovina della sua casa e del kibbutz. Ma è quando volge lo sguardo a Ovest che perde il controllo dei nervi. Guardare la Striscia, ha detto, «mi fa fermare il cuore». Fab.Mag. —
  3. a storia
    Eternit
    l'ultima ingiustizia
    Massimiliano Quirico Direttore Sicurezza e Lavoro
    Nicola Pondrano ex operaio e sindacalista
    giuseppe legato
    torino
    Giulio Testore, dipendente dello stabilimento di Cavagnolo (Torino), reparto mescole, è deceduto nel dicembre 2008 per asbestosi. Aveva 82 anni e in quella fabbrica ci aveva lavorato per 27 anni, esattamente fino al 1982 quando, di colpo, i cancelli si chiusero alle spalle degli operai. La sua morte era l'ultima sulla quale la giustizia aveva investito indagini e processi e per la quale il magnate svizzero Stephan Schmidheiny era imputato per omicidio colposo (con colpa cosciente).
    Ieri la Cassazione ha annullato per la seconda volta la condanna a un anno e otto mesi decisa (altrettante volte) dalla Corte d'Appello di Torino. Ma mentre nel primo annullamento la motivazione espressa dagli ermellini per cui le accuse andavano ridiscusse era un approfondimento sul nesso causale tra l'esposizione del povero Testore alle fibre d'amianto e l'insorgenza della malattia respiratoria, nel secondo caso si dovranno attendere le motivazioni (entro 90 giorni) dell'ennesimo rinvio che suona come una campana a morte sulle speranze di giustizia delle vittime di Cavagnolo. Date alla mano il presunto reato si prescrive ad aprile. Seguirà dunque pronuncia assolutoria per l'imprenditore almeno (se non nel merito) su questo.
    Una beffa per i familiari delle vittime. Nel 2014 difatti, sempre la Cassazione aveva emesso una prima pronuncia che dichiarò tutto prescritto stabilendo al contempo un blocco ai risarcimenti. Dice Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro che «questo è un altro, l'ennesimo, brutto colpo alle vittime di eternit in Italia». E aggiunge: «In attesa di conoscere le motivazioni ci auguriamo che la decisione della Suprema Corte sul processo Eternit Bis di Cavagnolo non influenzi il giudizio d'appello per altre 392 vittime in corso a Torino, in cui "Sicurezza e Lavoro" è parte civile, che dovrebbe arrivare a sentenza il 17 aprile. Nonostante le audaci tesi della difesa di Stephan Schmidheiny - rimarca - crediamo che l'impianto accusatorio sia molto solido e ci auguriamo che arrivi finalmente giustizia, anche in Cassazione, dopo la dolorosa prescrizione del primo maxiprocesso Eternit per disastro ambientale». Per Bruno Pesce, dell'Associazione familiari delle vittime «questo rinvio farà calare la scure della prescrizione anche su questa vittima dell'Eternit. Siamo molto addolorati. Non riusciamo a capire: è davvero incredibile».
    Ora, spingersi a previsioni sugli effetti che l'annullamento della Cassazione potrebbe comportare per il processo – pendente in Appello a Torino – sui morti da eternit nella fabbrica di Casale – pur essendo fisiologico e comprensibile per i parenti delle vittime - rischia di diventare un azzardo. Non foss'altro perché la morte di Testore è avvenuta nel 2008 e diversi decessi portati dalla procura (pm Gianfranco Colace e Maria Giovanna Compare) in aula sono temporalmente successivi. Piuttosto fa riflettere il continuo rinvio a processi di Appello bis chiedendo di superare difetti di motivazione nelle condanne. Nel caso di Cavagnolo più questioni – differenti da Casale – potrebbero aver pesato. Il primo: Testore aveva contratto l'asbestosi, non era morto per mesotelioma. E quando Schmidheiny era entrato nelle quote azionarie di Saca, era già stato esposto per 18 anni all'amianto. Ne sono seguiti altri sette. I consulenti della procura hanno prodotto copiosa documentazione, ma bisogna stabilire se – ai fini della malattia – siano stati più gli anni in cui c'era il manager a rilevare piuttosto che gli altri. Una questione che merita giustizia, ci mancherebbe, ma che ai fini della prova è più complessa delle altre. Resta sullo sfondo un'intera comunità che non ha avuto nessuna giustizia, pur cercata. Nicola Pondrano, già teste principale dell'accusa Eternit avendo lavorato per anni in fabbrica e essendo stato a lungo battagliero sindacalista, allarga le braccia: «Ci stanno passando sotto gli occhi i numeri di una strage terribile che alla luce di tutti questi rinvii rischia di rimanere impunita». Cavagnolo "senza giustizia" attende ora il verdetto su Casale Monferrato. —
  4. La rabbia dei familiari delle vittime dell'Alessandrino che il 17 aprile attendono la sentenza
    "Così trionfa di nuovo la menzogna Adesso temiamo anche per Casale"
    franca nebbia
    casale monferrato (al)
    Amarezza e preoccupazione caratterizzano i commenti a caldo che arrivano da Casale Monferrato, città della provincia di Alessandria tristemente famosa per la scia di malattie e morti che la legano al "polverino".
    «Ancora una volta vediamo trionfare le menzogne e tremiamo di fronte allo scenario che potrà prospettarsi dopo il 17 aprile per il processo che riguarda la nostra città» dice Giuliana Busto, presidente di Afeva, l'Associazione famigliari vittime amianto. La decisione della Cassazione fa paura, anche perché si scontra sul muro della prescrizione che verrà innalzato il mese prossimo. «Anche i nostri legali sono rimasti stupiti - aggiunge Busto - e si cerca sempre di dividere le responsabilità tra la gestione belga e quella svizzera di Schmidheiny». «È ovvio che adesso siamo preoccupati anche per l'andamento del processo che riguarda Casale - sottolinea Nicola Pondrano, volto storico della coraggiosa lotta della città su questo tema, in rappresentanza anche dei sindacati -. La decisione della Cassazione è scandalosa, perché con il rinvio dimostra di non condividere la condanna inferta a Schmidheiny. Di fatto si sancisce che non ci sono colpevoli per il dramma di Cavagnolo che aveva coinvolto tante persone, tante vittime. La nostra preoccupazione è legata al tempo che scorre: più si va avanti, più si assottiglia il numero di altre vittime fra quelle 382 che siamo riusciti a portare in tribunale, perché per loro scatta la prescrizione. Purtroppo succede perché l'accusa è stata derubricata da omicidio con dolo a omicidio colposo. È pressoché certo che i legali di Schmidheiny, di fronte alla sentenza attesa il 17 aprile per l'Eternit bis, ricorrano alla Cassazione, ma questo potrà avvenire non prima del 2027 con tutto ciò che implica il trascorrere del tempo».
    «Cercheremo di lottare in ogni modo - commenta l'avvocato di Afeva, Giacomo Mattalia -, ma condivido il pessimismo di Pondrano, anche se si tratta di processi strutturalmente diversi. Il nuovo annullamento con rinvio da parte della Cassazione non è di buon auspicio».

 

 

 

 

 

 

22.03.25
  1. Terza sera di proteste dopo l'arresto del sindaco di Istanbul Imamoglu Scontri nella "notte della democrazia", 300 mila manifestanti nella capitale
    I turchi sfidano i divieti e tornano in piazza Erdogan: "Terrorismo"
    Nello Del Gatto
    Gerusalemme
    La Turchia non si ferma. E scende di nuovo in piazza, in quella che è stata ribattezzata come la "notte della democrazia", con migliaia di persone che hanno manifestato contro l'arresto del sindaco di Istanbul. La protesta ha dilagato in diversi centri, con 300 mila persone nella città sul Bosforo dove sono scoppiati scontri con gli agenti antisommossa che hanno sparato proiettili di gomma e spray urticanti. Mentre a Smirne i manifestanti si sono scontrati con i getti degli idranti delle forze di sicurezza. Un clima ormai infuocato, dopo l'arresto di Ekrem Imamoglu, l'unico candidato dell'opposizione considerato in grado di sfidare Recep Erdogan. Il sultano, per la prima volta dall'inizio delle proteste, è intervenuto sottolineando che il Paese «non cederà al terrorismo di strada».
    Il fulcro del dissenso è piazza Sarachane, dove si affaccia il municipio di Istanbul, che la polizia ha transennato, così come le strade limitrofe che portano ad essa. Ma, nonostante ciò, una folla soprattutto di giovani non ha voluto far venire meno il proprio sostegno e, come le sere precedenti, è scesa in piazza.
    Gli studenti dell'ateneo di Istanbul, lo stesso nel quale ha studiato il sindaco e che gli ha revocato la laurea impedendogli di candidarsi alla presidenza, hanno cominciato a marciare, chiedendo le dimissioni del governo da Beyazit, nel quartiere dove si trova l'università. Sostegno anche da quelli dell'università di Galatasaray e dagli studenti dell'Università di Smirne. Manifestazioni anche nella capitale Ankara, come pure ad Adana, Mersin, Konya, Corum, Eskisehir, Antalya, Van e Sakarya tra le altre città.
    Contestualmente all'arresto di Imamoglu, la prefettura aveva emesso un divieto di manifestazione di cinque giorni. «La via che il presidente del Chp (il partito del sindaco, ndr) ha indicato, non dimenticatelo, è un vicolo cieco», ha detto Erdogan riferendosi alle manifestazioni.
    La «notte della democrazia» di Istanbul, come è stata definita dai leader dell'opposizione che hanno parlato alla folla, è stata caratterizzata dai nuovi tafferugli con i manifestanti che volevano dirigersi verso la centrale piazza Taksim, luogo simbolico per le proteste nella città, da giorni completamente transennata e presidiata dalle forze dell'ordine. Nel frattempo, sono 54 le persone finite in custodia per avere condiviso su Internet messaggi riguardo all'arresto del sindaco, e il blocco sull'accesso a X, Facebook, Instagram, YouTube e Whatsapp, imposto quando Imamoglu è stato messo in custodia, è stato rimosso dopo circa 40 ore. Le accuse sono di «incitamento a commettere un crimine» e «incitamento all'odio e all'ostilità». Mentre il Chp ha dichiarato che le proteste continueranno, il ministro della Giustizia ha definito «inaccettabili» e «fuorilegge» gli appelli a manifestare. Imamoglu è stato arrestato con accuse di corruzione, tangenti e legami con gruppi terroristici, e per aver piazzato membri del Pkk in posti chiave. Erdogan sta facendo terra bruciata intorno a lui per assicurarsi una riconferma nelle prossime presidenziali del 2028 che, visto l'accordo con i curdi e le riforme costituzionali, potrebbe anche anticipare. Insieme a Imamoglu sono stati arrestati un centinaio di altri oppositori, mentre in carcere ci sono anche altri leader politici, come il presidente del Partito della Vittoria Ozdag e il leader curdo Denirtas.
    Sul cinquantenne sindaco di Istanbul al suo secondo mandato (conquistato dopo aver strappato la capitale al partito di Erdogan), pesano molte accuse da quando è in carica. È stato messo sotto inchiesta per tentativo di influenzare la magistratura, corruzione, terrorisimo, falso, e condannato nel 2022 a oltre due anni di carcere per insulto a pubblico ufficiale, impedendogli di partecipare alle elezioni presidenziali del 2023. —
  2. Blitz in Italia del capo di una milizia libica così deflagra un secondo caso Al Masri
    Eleonora Camilli
    Roma
    Scoppia un nuovo caso Al Masri in Italia. Stavolta a finire al centro delle polemiche è un'altra figura libica di spicco, transitata per il nostro paese: Abdel Ghani Al Kikli, detto "Gheniwa", capo di una delle milizie di Tripoli, lo Stability support apparatus. Come il generale della Rada, anche lui è accusato di essere un torturatore di migranti. Le opposizioni insorgono e chiedono al governo di riferire. Dalla maggioranza, invece, tutto tace. Stando ai fatti, Al Kikli sarebbe arrivato a Roma con un volo diretto da Tripoli il 20 marzo scorso, per far visita al ministro degli Affari interni Adel Jumaa Amer, ricoverato all'European hospital, una struttura del quartiere Eur della Capitale. La prova è in una foto che li ritrae insieme sorridenti, diffusa sui social. Con loro altri esponenti libici vicini al premier Dbeibeh, come il ministro Abdel Jumaa Amer e l'ambasciatore in Giordania, Abdul Basit Al Badri. Uno scatto rilanciato su X dall'attivista libico, rifugiato in Svezia, Husam El Gomati e dall'ong Refugees in Libya, che ha fatto esplodere il caso: «Abbiamo appreso con profondo allarme e dolore che uno degli architetti più brutali della sofferenza dei migranti in Libia vaga liberamente per le strade di Roma – sottolinea il portavoce David Yambio-. La sua presenza in Italia non è solo una minaccia alla giustizia, ma è un tradimento per ogni sopravvissuto che è passato attraverso i fuochi del suo comando». L'organizzazione ne chiede dunque l'arresto immediato: «Per anni, abbiamo documentato i crimini commessi da Ghneiwa e dalle sue milizie: rapimenti in mare, torture ad Abu Salim e Al-Maya, omicidi a Nalut e traffico di esseri umani lungo il confine tunisino. Queste non sono accuse, sono testimonianze scolpite nei nostri corpi, archiviate in resoconti, filmate come prova e sanzionate dalle Nazioni Unite».
    Al Kikli, secondo quanto riferito da una fonte delle Farnesina, ha un visto Schengen e su di lui non risulterebbe un mandato di cattura internazionale. Ma la sua visita lampo a Roma sembra ancora una volta un gesto di sfida dei miliziani libici verso il nostro Paese. A suo carico restano, infatti, diverse denunce di violazione dei diritti umani, riportate in un lungo dossier di Amnesty International. Per il portavoce in Italia dell'organizzazione, Riccardo Noury, ormai «questi soggetti libici, entrano ed escono dall'Italia senza problemi». Eppure, aggiunge, «noi denunciamo dal 2011 che Al Kikli si è reso responsabile di crimini di diritto internazionale a danno di libici, di richiedenti asilo e rifugiati».
    Parole di fuoco arrivano dalla politica. «Ho appreso che potrebbe esserci in Italia un altro torturatore libico accusato dall'Onu di gravi e ripetute violazioni e dal Dipartimento di Stato americano di crimini contro l'umanità – sottolinea da Trapani la segretaria dem Elly Schlein –. Noi vogliamo chiarezza dal governo sul perché sta rendendo questo Paese un porto sicuro per le milizie libiche che spesso sono anche mafie libiche». La senatrice Sandra Zampa ha già depositato sul caso un'interrogazione parlamentare per «evitare il ripetersi di aperte violazioni dello Statuto di Roma come accaduto nella vicenda Al Masri». Nel testo si chiede inoltre «quali siano i rapporti che il nostro governo intrattiene con i capi delle milizie libiche e quali interlocuzioni abbia con loro, anche alla luce delle ripetute denunce e delle accertate violazioni dei diritti umani di cui sono ritenuti responsabili». Per Angelo Bonelli, co-portavoce di Avs «abbiamo già subito l'onta di aver liberato e riportato in Libia un boia, la presenza di Al Kikli in Italia non può essere tollerata, è una nuova vergogna internazionale». Sulla stessa linea Riccardo Magi, segretario di +Europa: «Meloni deve riferire in aula ed evitare di mettergli a disposizione aerei di stato per tornare tra gli onori in patria come ha fatto per Al Masri. È il momento di una commissione parlamentare d'inchiesta sugli accordi tra Italia e Libia – conclude –. Ho già presentato una proposta alla Camera». —
  3. Il professionista 85enne è l'unico sopravvissuto degli iniziali indagati: era stato ingaggiato dall'azienda negli anni Settanta: "Non segnalò i rischi"
    "Nove operai uccisi dall'amianto alle ex Ogr" Medico delle Ferrovie condannato a 18 mesi

    andrea bucci
    Il medico ingaggiato come consulente esterno delle Ferrovie dello stato è stato condannato per la morte di operai uccisi dall'esposizione all'amianto alle Officine Grandi Riparazioni. Operai che avevano scoperto la malattia trent'anni più tardi e che poi sono deceduti.
    Ieri in tribunale a Torino, Vincenzo Santoro, 85 anni, professionista ingaggiato dalle Ferrovie dello Stato tra il 1970 e il 1979, unico imputato, è stato condannato per omicidio in cooperazione colposa a un anno e 6 mesi di reclusione con pena sospesa (i concorrenti nel reato – direttore e dirigenti del servizio materiali a trazione e capi officina – sono tutti deceduti). Solo Santoro pagherà per aver cagionato la morte per mesotelioma pleurico dei lavoratori perché era accusato, tra gli altri reati, di «non aver sottoposto i lavoratori a visite mediche allo scopo di accertarne l'idoneità fisica e non aver ripetuto le visite a intervalli regolari». E di non aver coadiuvato il datore di lavoro «nell'individuazione e nell'adozione dei rimedi contro la diffusione e l'inalazione delle fibre di amianto».
    La condanna di Santoro fa riferimento al decesso di nove persone. Per altri sei casi, il giudice Claudio Canavero lo ha assolto per «non aver commesso il fatto»; per un solo decesso invece il giudice ha ritenuto che il «fatto non sussiste». E ancora, il tribunale ha ritenuto «non doversi procedere» per le lesioni colpose nei confronti di due operai (un saldatore e un falegname) in quanto ormai subentrata la prescrizione. Vincenzo Santoro, difeso dagli avvocati Alberto Mittone e Fabiana Francini, dovrà anche risarcire l'Inail (parte civile) per quasi 700 mila euro. Le Ferrovie dello Stato avevano risarcito tutte le vittime e i familiari, che avevano revocato la costituzione di parte civile.
    Alla scorsa udienza la pm pm Elisa Buffa aveva chiesto la condanna a 3 anni e 2 mesi. Nella richiesta di pena il magistrato aveva già chiesto l'assoluzione per tre decessi.
    Una sentenza che arriva quando delle vecchie officine ferroviaria esiste solo più un ricordo, trasformate in un ristorante e, nel periodo della pandemia, in un ospedale Covid.
    A dieci anni dall'inizio del procedimento, dunque, a palazzo di Giustizia si è conclusa la vicenda giudiziaria che vedeva l'unico imputato ancora vivo del filone residuo dell'inchiesta sui morti alle Ogr. L'inchiesta era stata aperta dal magistrarto Raffaele Guariniello. Le polveri, disperse nelle Ogr e assorbite dai materiali che tutti quanti toccavano senza protezioni, avrebbero ucciso decine di operai che avevano prestato servizio tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Novanta.Erano falegnami, meccanici impegnati nella sistemazioni di pneumatici su rotabili, tappezzieri, manutentori dei treni, elettricisti.
    L'indagine era stata avviata una decina di anni fa. Ma nel 2018 quando era stato ordinato dalla procura torinese allo Spresal di completare alcuni accertamenti, le Ogr erano ormai state demolite.
  4. il giudice deciderà il 27 marzo
    Le richieste del pm al processo Echidna "Processate Salvatore Gallo e Fantini"
    La procura di Torino (pm Valerio Longi) ha chiesto il processo per i 32 imputati dell'inchiesta Echidna sulla presenza della 'ndrangheta nel Nord-Ovest e favori in cambio di voti. Tra gli imputati figurano l'ex dem Salvatore Gallo accusato di peculato e corruzione elettorale (ha risarcito Sitaf per l'improprio utilizzo di tessere autostradali della A32) e Roberto Fantini, l'ex amministratore delegato di Sitalfa, la società che si occupa della manutenzione dell'arteria stradale. L'indagine si è concentrata sui componenti della famiglia Pasqua che, secondo gli inquirenti, avrebbe creato a Brandizzo (Torino) una articolazione territoriale della 'ndrangheta su emanazione delle 'ndrine Nirta e Pelle, del locale di San Luca (Reggio Calabria), imponendosi nel settore del trasporto e del movimento terra. a.buc. —

 

 

21.03.25
  1. caso huawei, coinvolta collaboratrice dell'eurodeputato
    Arrestata la segretaria di Martusciello
    La collaboratrice dell'eurodeputato di Forza Italia Fulvio Martusciello è stata arrestata su mandato della procura federale Ue nell'ambito del caso Huawei che ha travolto l'Europarlamento. Lucia Simeone, ora in carcere a Secondigliano in attesa dell'interrogatorio di garanzia fissato per sabato, è stata rintracciata dalla polizia in un b&b nel Casertano ed è accusata di associazione a delinquere, riciclaggio e corruzione. «Non sappiamo ancora nello specifico a cosa siano collegate le accuse», spiega l'avvocato Antimo Giaccio. «Lei era una mera esecutrice di ordini, svolgeva il ruolo di segretaria». L'inchiesta, che nasce da un'indagine dei servizi belgi sulle ingerenze esterne della Cina, riguarda un presunto giro di soldi, viaggi, cene, biglietti per lo stadio in cambio di provvedimenti favorevoli al colosso cinese di telefonia interessato allo sviluppo della rete 5G. Il sospetto è che la legittima attività di lobbying sia sfociata in corruzione «a beneficio della società Huawei». La scorsa settimana, a Bruxelles, sono scattate perquisizioni e arresti. In cella anche un ex collaboratore portoghese di Martusciello. i.fam.—
  2. Cinque condanne definitive dopo la denuncia della Juventus: per la prima volta in Italia è stata contestata l'associazione a delinquere in curva
    "Così gli ultras minacciavano coi cori razzisti"
    giuseppe legato
    La Cassazione ha confermato definitivamente le condanne per cinque esponenti della tifoseria organizzata della Juventus processati nell'ambito dell'inchiesta "Last Banner". I giudici della seconda sezione penale hanno rigettato i ricorsi degli imputati, disponendo un giudizio d'appello bis solo per un singolo episodio tra quelli contestati. Si tratta di una decisione storica che riconosce per la prima volta il reato di associazione a delinquere per vicende legate alla tifoseria organizzata, creando un importante precedente giuridico nel contrasto alle attività illecite negli stadi italiani.
    Le condanne confermate dalla Suprema Corte riguardano Dino Mocciola: 8 anni di carcere, Salvatore Cava: (4 anni e 7 mesi), Sergio Genre (4 anni e 6 mesi), Umberto Toia (4 anni e 3 mesi) e Giuseppe Franzo (3 anni e 11 mesi).
    Gli imputati, esponenti di spicco dei Drughi, erano accusati a vario titolo di associazione a delinquere ed estorsione. L'indagine, condotta dalla Digos di Torino, era scaturita da una denuncia presentata dalla stessa Juventus, costituitasi parte civile nel processo attraverso gli avvocati Luigi Chiappero e Maria Turco. Secondo quanto emerso, durante la stagione 2018-2019 gli ultras avevano orchestrato una serie di azioni coordinate per esercitare pressioni sulla società bianconera, tra cui scioperi del tifo, cori razzisti e minacce. L'obiettivo, come ha sottolineato il sostituto procuratore generale Alessandro Cimmino durante la requisitoria, era quello di «condizionare le scelte della società» per «riottenere i benefit, tra cui i biglietti per le trasferte» e altri privilegi che la dirigenza aveva deciso di revocare. La decisione della Cassazione rappresenta un punto di svolta nella lotta alle infiltrazioni criminali nel mondo del tifo organizzato, riconoscendo la natura associativa di comportamenti che vanno ben oltre la semplice passione sportiva.
    Con questa sentenza, viene ribadito che gli stadi non possono essere zone franche dove comportamenti estorsivi e criminali vengono tollerati, segnando un importante passo avanti nella lotta per un tifo più sano e rispettoso delle regole. L'obiettivo degli imputati era chiaro: «Indurre la società a modificare la propria politica in materia di biglietti in favore dei gruppi ultrà». E per farlo avrebbero volontariamente organizzato contestazioni il cui «apice – si legge agli atti – fu raggiunto durante l'incontro di campionato Juventus Napoli». E cioè: «durante l'incontro non ci furono cori per la squadra per protestare contro il caro prezzi». Gli unici furono i seguenti: "Abbiamo un sogno nel cuore, Napoli usa il sapone". E ancora: "Oh Vesuvio lavali col fuoco". Infine: "Senti che puzza, scappano anche i cani sono arrivati i napoletani. Napoli merda, Napoli colera".
    Una parte degli ultras se la presero infine «con il giocatore di colore Koulibaly destinandogli cori denigratori di matrice territoriale e razziale». Nelle ore successiva la Juventus fu destinataria di una pesante sanzione: 10 mila euro di multa e soprattutto la chiusura della curva per una giornata. Un ulteriore multa da 15 mila euro fu irrogata un mese dopo con un'integrazione di indagine federale.
    Se qualcuno ha pensato, leggendo fino a questo punto, che un'ala estrema ma rilevante del tifo bianconero abbia tracimato in ignoranza becera e razzista, si sbaglia. O forse ha colto solo in parte. È il giudice del processo Last Banner lo spiega subito dopo: «Non ci sono dubbi sul fatto che i cori discriminatori, lungi dall'essere improvvisati furono utilizzati perché così volevano i gruppi, intenzionati a utilizzarli come strumento di pressione nei confronti della Juve per costringerli a modificare la loro politica».
    I gruppi del tifo organizzato «sapevano che quei cori avrebbero causato l'irrogazione di pesanti sanzioni per la società». Diranno intercettati al telefono: «Adesso abbiamo una bella pausa! Pensavo due (chiudessero la curva per due giornate ndr), pazienza ci accontentiamo di una». Ancora: «Adesso vedi come glieli facciamo cagare sti soldi per gli striscionisti». —
  3. Il presidente Davide Chiolerio indagato per frode ai danni dello Stato La Procura contesta la gestione di migliaia di euro per organizzare la festa
    Truffa sul Carnevale Blitz della Finanza in Pro Loco a Chivasso
    andrea bucci
    Per finanziare lo Storico Carnevale di Chivasso, la Pro Loco "L'Agricola" ha ottenuto contributi dal ministero dei Beni Culturali senza averne diritto. Si tratta di circa 75 mila euro. Ovvero 25 mila nel 2020 e altrettanti nel 2021 e 2022, concessi alla Pro Loco sotto la voce "Contributo ai Carnevali Storici". Tra i requisiti richiesti per accedere a quei fondi, c'era l'obbligo di includere nel consiglio di amministrazione dell'associazione almeno un consigliere comunale. Presenza che non risulta.
    L'assenza sarebbe stata coperta da un'autocertificazione firmata dal presidente Davide Chiolerio, ora indagato e assistito dall'avvocata Giovanna Moriano. Contattato, Chiolerio non ha rilasciato dichiarazioni sulla bufera giudiziaria che ha investito l'associazione.
    La pm di Ivrea Giulia Nicodemi contesta a Chiolerio il reato di "truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche", ovvero una truffa ai danni dello Stato. Sotto la lente della guardia di finanza è finito la gestione dello Storico Carnevale di Chivasso, manifestazione che nel 2025 ha celebrato i suoi 120 anni.
    Ieri mattina, le fiamme gialle hanno perquisito Palazzo Rubatto, sede dell'associazione, acquisendo i bilanci dal 2020 al 2024, i libri soci e i verbali delle assemblee relative alla nomina degli organi amministrativi e di controllo. Sono stati sequestrati anche i dispositivi informatici a disposizione dell'associazione: computer e telefono cellulare dell'indagato.
    Contemporaneamente alla perquisizione nella sede dell'associazione, i militari della Compagnia di Chivasso hanno acquisito documenti nell'ufficio Patrimonio/Cultura del Comune, tra cui delibere e atti che regolano i rapporti tra l'amministrazione e la Pro Loco. Si tratta di faldoni che verranno incrociati con le verifiche fiscali avviate. Rendicontazioni e fatture da visionare attentamente.
    Per sostenere le spese della manifestazione, la Pro Loco, oltre ai finanziamenti del ministero, riceve ogni anno dal Comune di Chivasso contributi tra i 30 e i 40 mila euro.
    Per l'edizione appena conclusa, la giunta guidata dal sindaco Claudio Castello ha stanziato 17 mila euro, destinati esclusivamente alla parte storica del Carnevale, escludendo invece il Carnevalone (la sfilata della domenica successiva), che l'associazione avrebbe organizzato con fondi propri. Nel 2020, la Pro Loco avrebbe inoltre ricevuto un finanziamento regionale di circa mille euro.
    Ad insospettire gli inquirenti ci sarebbero alcune rendicontazioni tra cui circa mille euro destinati all'acquisto dell'abito di una Bela Tolera, la maschera femminile del Carnevale. Tradizionalmente, però, l'abito bianco con mantello blu viene acquistato a spese della protagonista. Altri 600 euro circa iscritti per i costumi degli Alfieri della corte. E ancora, sarebbero stati rendicontanti mille e 500 euro per la partecipazione alla sfilata di un'influencer da migliaia di follower che però nessuno avrebbe visto alla manifestazione. Oltre 2 mila e 500 euro per l'acquisto dei fiori per abbellire il carro e spese di lavanderia. Tutte le uscite dovranno ora essere esaminate nei dettagli dai militari agli ordini del capitano Marco Fisicaro.
    La perquisizione di ieri mattina a palazzo Rubatto è scattata quattro giorni dopo la chiusura del Carnevalone, che domenica scorsa ha portato in città migliaia di spettatori per assistere alla sfilata di circa 30 carri allegorici, accompagnati da centinaia di figuranti e gruppi storici.

 

 

20.03.25
  1. imamoglu è il principale oppositore, sfidante alle elezioni: "legato ai terroristi"
    Arrestato il sindaco di Istanbul, esplode la rivolta
    nello del gatto
    gerusalemme
    È stato arrestato Ekrem ?mamoglu, sindaco di Istanbul, principale sfidante del presidente turco Erdogan nella prossima tornata elettorale presidenziale del 2028. È stato lo stesso primo cittadino a raccontare in diretta su X il suo arresto. Come dinanzi a uno specchio, si è ripreso mentre si vestiva, indossava la cravatta e si preparava all'arrivo degli agenti che di lì a poco, in manette, lo avrebbero portato nel quartier generale della polizia. «Centinaia di poliziotti si sono presentati alla mia porta e hanno fatto irruzione in casa mia. Ho fiducia nella mia nazione», ha scritto su X.
    Contro Imamoglu, ci sarebbero almeno due indagini: una per corruzione e tangenti legami con gruppi terroristici, l'altra per aver piazzato membri del Pkk in posti chiave. Non solo: chiuse alcune stazioni della metro, per le strade della città sul Bosforo sono state piazzate barriere per evitare manifestazioni, che comunque si sono tenute, soprattutto all'università (con scontri con la polizia in abbigliamento antisommossa). Bloccati i social media nel Paese obbligando, come in altri regimi, a usare strumenti per aggirare la censura e navigare liberamente.
    Le premesse dell'arresto di Imamoglu c'erano anche nei giorni scorsi. Martedì l'università di Istanbul nella quale il sindaco si era laureato, gli ha ritirato il titolo di studio per presunte irregolarità. La cosa non è di poco conto: uno dei requisiti essenziali in Turchia per correre alla carica di presidente è di essere laureato.
    Erdogan sta facendo terra bruciata intorno a lui per assicurarsi una riconferma nelle prossime presidenziali che, visto l'accordo con i curdi e le riforme costituzionali, potrebbe anche anticipare. Insieme a Imamoglu sono stati arrestati un centinaio di altri oppositori, mentre in carcere ci sono anche altri leader politici, come il presidente del Partito della Vittoria Ozdag e il leader curdo Denirtas.
    Domenica prossima si dovrebbero tenere le primarie della formazione di Imamoglu, il Partito repubblicano del popolo (Chp), che avrebbero incoronato lo sfidante principale di Erdogan. Il suo arresto lo mette per ora fuori gioco, come pure la decisione di vietare manifestazioni, riunioni e diffusione di comunicati fino proprio a domenica.
    Sul sindaco di Istanbul pesano molte accuse da quando è in carica. È stato messo sotto inchiesta per tentativo di influenzare la magistratura, corruzione, terrorismo, falso, e condannato nel 2022 a oltre due anni di carcere per insulto a pubblico ufficiale, impedendogli di partecipare alle presidenziali del 2023. Imamoglu è al suo secondo mandato come sindaco di Istanbul, città che ha strappato proprio al partito Akp di Erdogan nel 2019 la prima volta.
    Il premio Nobel per la letteratura turco Orhan Pamuk, in un messaggio inviato all'Ansa, ha definito «triste» e «orribile» la situazione dopo l'arresto, lamentando la mancanza di libertà nel Paese. —
  2. Citizen Lab: "Dall'esecutivo mancanza di chiarezza e trasparenza"
    Il report su Paragon "In Italia si spiano i nemici del governo"
    eleonora camilli
    irene famà
    roma
    Personaggi scomodi, nemici delle politiche del governo. Ecco cos'hanno in comune cronisti e attivisti italiani spiati con il software prodotto dall'azienda israeliana Paragon Solutions finito al centro di uno scandalo internazionale. Lo spiega, in un report di quindici di pagine, The Citizen Lab, team dell'Università di Toronto che ha svolto analisi forensi sui telefoni del direttore di Fanpage Francesco Cancellato, del fondatore di Mediterranea Luca Casarini, dell'armatore Beppe Caccia e dell'attivista David Yambio. I mandanti rimangono avvolti nell'ombra, ma l'indagine prosegue.
    Si parte dai dati: novanta utenze in Europa bersaglio dello spyware, sette in Italia. Ma, si legge nello studio, i casi potrebbero essere molti di più. Ed in quelli emersi «c'è un modello preoccupante e familiare»: si prendono di mira «gruppi per i diritti umani, critici del governo, giornalisti». Dall'ong attaccano: «Invieremo il report anche alla Corte penale internazionale: dietro questo caso c'è la situazione libica e i rapporti tra servizi segreti».
    Per scoprire chi è stato intercettato e quando, il team canadese ha utilizzato Bigpretzel, strumento Android che identifica le infezioni con il software spia Graphite. Il telefonino di Caccia ha mostrato tracce in diverse occasioni tra il 22 dicembre 2024 ed il 31 gennaio 2025, mentre quello di Casarini in almeno una data: il 23 dicembre scorso. «Ma l'attività potrebbe anche essere retrodatata». Un'ulteriore possibile vittima dello spionaggio è David Yambio, fondatore dell'associazione Refugees in Libya. Il suo cellulare è stato intercettato, anche se non è ancora chiaro se si tratti di Paragon. Nessun dettaglio, invece, sul caso Cancellato.
    «Come in altre parti del mondo, i temi legati alla migrazione e ai rifugiati sono un argomento controverso in Italia e negli ultimi due anni le organizzazioni umanitarie hanno affrontato crescenti pressioni da parte delle autorità», si legge nel report. E il documento ripercorre, in sequenza cronologia, contraddizioni, silenzi, dietrofront dell'esecutivo: «La risposta fornita dal governo si è caratterizzata per assenza di chiarezza, di trasparenza e di specificità sui casi segnalati».
    Gli 007 italiani negano ogni coinvolgimento, mentre dall'ong avanzano qualche perplessità: «Ci sono le prove della presenza di Paragon Graphite, usato dai servizi segreti sui telefoni dei nostri attivisti». Certo è che la storia di Paragon chiama in causa un po' tutti, compresa la Cia e il Mossad. Tra i fondatori di Paragon Solutions, nel 2019, ci sono l'ex primo ministro israeliano Ehud Barak e l'ex comandante dell'unità 8200 di Israele, tra le divisioni di intelligence più rinomate al mondo, Ehud Schneorson. Secondo i registri aziendali visionati per stilare il rapporto, «il 13 dicembre 2024 tutte le azioni di Paragon Israel sono state trasferite a una società statunitense, Paragon Parent Inc, registrata nel Delaware il 7 ottobre dell'anno scorso». L'affare avrebbe avuto un valore iniziale di 500milioni di dollari, «con un ulteriore pagamento di 400 milioni di dollari se Paragon Israel avesse raggiunto gli obiettivi di performance stabiliti». Le informazioni sugli azionisti non sono disponibili pubblicamente, ma i rapporti suggeriscono «che la società statunitense abbia acquisito Paragon Israel con l'intenzione di fonderla con la società statunitense di cybersecurity REDLattice Inc. La fusione riportata rafforza ulteriormente le connessioni di Paragon con le alte sfere dell'intelligence e dell'ambito militare». Anche qui i nomi sono altisonanti: ex dirigenti della Cia e dell'Air Force degli Stati Uniti, un ex Capo di Stato maggiore dell'Esercito degli States e così via.
    Paragon, che ha sempre fatto delle sue misure sicurezza contro gli abusi un fiore all'occhiello, si difende. Sottolinea il suo impegno a «mantenere la riservatezza» sulle operazioni dei propri clienti e parla di «numerose inesattezze». Quali? Non lo specifica.
  3. Polemiche sul ddl sicurezza . Il Pd: la norma riguarda tutte le società incaricate di pubblico servizio
    "Anche la Rai dovrà fornire informazioni agli 007"
    francesco grignetti
    roma
    C'è una polpetta particolarmente velenosa tra le righe del ddl Sicurezza che sta per essere votato in via definitiva al Senato, all'articolo 31: obbligo di collaborare con i servizi segreti per l'intero universo di chi ha rapporti con lo Stato, nel senso più esteso del termine. Persino le società radiotelevisive. Denuncia Valter Verini, Pd: «L'articolo approvato può colpire anche presidi importanti dell'informazione, del servizio pubblico Rai ma anche dei media concessionari (Mediaset ed altri, per esempio), che saranno obbligati a rispondere ad eventuali richieste di servizi di intelligence, consegnando banche dati, taccuini, rivelando fonti di giornalisti e delle redazioni e perfino contatti e itinerari degli inviati di guerra. Come si comprende bene, si tratta di un autentico colpo alla libertà di informazione, alla tutela delle fonti, a principi e regole fondanti protetti dalla Costituzione, da Convenzioni e direttive europee e internazionali».
    Per capire la novità, basta leggere il dossier del Servizio studi della Camera: «Dis e agenzie – si legge – possono corrispondere con le pubbliche amministrazioni e con i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità e chiedere ad essi la collaborazione, anche di ordine logistico, necessaria per l'adempimento delle loro funzioni istituzionali. La norma in esame rende cogente la collaborazione – ed anche l'assistenza, non prevista dalla norma vigente – che gli organismi di sicurezza eventualmente richiedono».
    La Rai ci finirà di sicuro, ma anche le radio e le televisioni private perché operano in regime di autorizzazione. «Vogliamo lanciare un allarme. Rappresenta obiettivamente una minaccia e rende ancora più pesante la gravità di questo disegno di legge», conclude Verini. —
  4. Polemiche sul ddl sicurezza . Il Pd: la norma riguarda tutte le società incaricate di pubblico servizio
    "Anche la Rai dovrà fornire informazioni agli 007"
    francesco grignetti
    roma
    C'è una polpetta particolarmente velenosa tra le righe del ddl Sicurezza che sta per essere votato in via definitiva al Senato, all'articolo 31: obbligo di collaborare con i servizi segreti per l'intero universo di chi ha rapporti con lo Stato, nel senso più esteso del termine. Persino le società radiotelevisive. Denuncia Valter Verini, Pd: «L'articolo approvato può colpire anche presidi importanti dell'informazione, del servizio pubblico Rai ma anche dei media concessionari (Mediaset ed altri, per esempio), che saranno obbligati a rispondere ad eventuali richieste di servizi di intelligence, consegnando banche dati, taccuini, rivelando fonti di giornalisti e delle redazioni e perfino contatti e itinerari degli inviati di guerra. Come si comprende bene, si tratta di un autentico colpo alla libertà di informazione, alla tutela delle fonti, a principi e regole fondanti protetti dalla Costituzione, da Convenzioni e direttive europee e internazionali».
    Per capire la novità, basta leggere il dossier del Servizio studi della Camera: «Dis e agenzie – si legge – possono corrispondere con le pubbliche amministrazioni e con i soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità e chiedere ad essi la collaborazione, anche di ordine logistico, necessaria per l'adempimento delle loro funzioni istituzionali. La norma in esame rende cogente la collaborazione – ed anche l'assistenza, non prevista dalla norma vigente – che gli organismi di sicurezza eventualmente richiedono».
    La Rai ci finirà di sicuro, ma anche le radio e le televisioni private perché operano in regime di autorizzazione. «Vogliamo lanciare un allarme. Rappresenta obiettivamente una minaccia e rende ancora più pesante la gravità di questo disegno di legge», conclude Verini. —
  5. Nel mirino dei pm i presunti traffici illeciti di Marco Scolaro, ex assessore del Pd ed ex ad della Cidiu spa. Due imprenditori: "Più pagavi e più smaltivi "
    "L'ad chiedeva mazzette per smaltire i rifiuti" Gli incontri segreti e i pizzini dati in silenzio
    elisa sola
    Il «solito posto» in cui vedersi era un bar di piazza Massaua. «Parlare di trituratori» il pretesto dell'incontro e l'unica frase detta al telefono. Quanto sarebbe avvenuto dentro al locale, lo hanno raccontato agli investigatori tre imprenditori. Due sono diventati testi. Uno si è tirato indietro. Il primo ricorda: «Lui partiva alla larga. Si presentava come un personaggio molto influente. Diceva che gli spazi in discarica erano pochi. E che doveva scegliere lui a chi assegnarli. Poi ti dava un foglio di carta, strappato sul momento dalla sua agenda personale. Ci scriveva una cifra: 10. E diceva: Questo è quello che mi devi dare».
    Il linguaggio in codice. Gli appuntamenti segreti. L'agenda blu del 2021. L'agenda arancione del 2023. Le telefonate intercettate, tra cui quella alla moglie: «Non devo perderle, le agende, lì dentro c'è la mia vita!». Montagne di tonnellate di rifiuti assegnati dietro presunti pagamenti di mazzette. Imprenditori premiati. O svantaggiati, a seconda di quanto erano disposti a dare.
    È iniziata ieri l'udienza preliminare a carico di Marco Scolaro, 55 anni, ex uomo del Pd, ex assessore del Comune di Collegno ed ex revisore dei conti di Federsanità Anci Piemonte. Difeso dall'avvocato Nicola Gianaria, Scolaro è finito davanti al gup con l'accusa di tentata concussione. Secondo il pm Alessandro Aghemo, avrebbe chiesto mazzette ad alcuni imprenditori nel 2022, quando era amministratore delegato della Cidiu spa, società a partecipazione pubblica che si occupa della raccolta e dello smaltimento di rifiuti per una ventina di comuni della provincia, detentori di azioni, e per enti privati. Scolaro ha rifiutato l'opzione di chiedere riti alternativi. Punta a essere prosciolto. Il gup deciderà ad aprile. «Sono innocente, vittima di male lingue e di complotti interni al Pd», quanto ribadisce. Il riferimento, nemmeno troppo velato, è al suo compagno di partito Marcello Mazzù, ex sindaco di Grugliasco, e all'epoca dei fatti presidente della società di raccolta e smaltimento rifiuti che ha sede a Collegno. La Cidiu spa controlla anche la discarica di Druento, affidata alla Cidiu servizi spa, interamente controllata da Cidiu spa ad eccezione di una partecipazione di Amiat.
    È stato Mazzù, due anni fa, a dare vita all'indagine. A gennaio del 2023 si è presentato al Palagiustizia. E agli agenti della pg della polizia della procura ha detto: «Mi hanno riferito che Scolaro chiederebbe mazzette. Cinque o dieci euro per ogni tonnellata "aggiuntiva" da buttare in discarica. Ho iniziato a sospettare di lui quando ho scoperto che pagava un'avvocata sua amica, esterna alla nostre società: 500 euro ogni volta che si riuniva il nostro cda. Dico, 500 euro soltanto per fare un report. Eppure noi avevamo ottimi professionisti che avrebbero potuto svolgere quel tipo di mansione». Mazzù "licenzia" l'avvocata, dopo avere scoperto che aveva percepito 115mila euro. Riguardo a questo, secondo la procura, non c'è reato. Le parcelle sono regolari. Non è vietato pagare consulenze esterne.
    «Quando congedai la legale - ha raccontato Mazzù ai poliziotti della pg - Scolaro non la prese per niente bene. Qualche tempo dopo venni avvisato di altri fatti inquietanti. Il funzionario incaricato dei rapporti con i clienti della discarica di Druento, Alessandro Balliano, che è anche il sindaco di Portacomaro (Asti), mi parlò di alcuni malumori da parte di clienti della discarica. Imprenditori che venivano contattati direttamente da Scolaro. E già questa cosa mi aveva molto insospettito. E a cui lui avrebbe chiesto tangenti: dai 5 ai 10 euro per ogni tonnellata di rifiuti versata nella discarica». Gli investigatori intercettano l'indagato. Lo perquisiscono. E sentono i testimoni. Uno dei due imprenditori che hanno accusato Scolaro dice: «I nostri rapporti erano più di rispetto che di stima. Scolaro mi presentò nel 2021 un sedicente assessore di Venaria che ebbe un atteggiamento intimidatorio verso di me. Quindi lo liquidai. Quando mi chiese le mazzette, gli risposi che il mio gruppo non paga i funzionari pubblici. Lui non si fece più sentire. I rifiuti della mia società vennero ridotti da 5mila tonnellate a 3500».
    Imprenditori puniti per non pagare le tangenti e imprenditori premiati per farlo. È la tesi della procura. L'avvocato difensore Nicola Gianaria dichiara: «Scolaro non ha mai chiesto denaro a nessuno. Ha solo fatto l'amministratore delegato, ruolo che forse non era più gradito ai soci e agli ex compagni di partito. Le dichiarazioni di questi due imprenditori non sono riscontrate. Se gli elementi dell'indagine sono questi, pensiamo di essere prosciolti».
    Gli inquirenti non hanno dubbi. Scolaro avrebbe chiesto tangenti. Lo dimostrerebbero anche le tabelle dove sono elencate le ditte e le tonnellate di rifiuti versate. Fino al 2023, prima che cambiasse la delibera della Cidiu spa, la tariffa era unica. E l'ad poteva concedere aumenti o imporre riduzioni a seconda delle richieste dei clienti. Nelle tabelle sequestrate dagli investigatori ci sarebbero dei numeri sospetti. Se si esclude il gruppo Iren-Amiat-Trm, le cui richieste venivano accolte al 100 percento (secondo Mazzù perché Amiat partecipava all'azionariato di Cidiu Servizi spa), ci sono ditte che venivano accontentate, in merito alle richieste di versare rifiuti, per il 50, il 70, o anche il 75 percento delle richieste. Altre invece, soltanto per il 16 o il 30 percento, mentre la media è del 27 percento. Nel primo gruppo di aziende, le "privilegiate", ci sarebbero quelle che avrebbero pagato le tangenti, grazie a quello che la procura definisce «lo spazio di manovra» dell'ex ad.

 

 

 

19.03.25
  1. roma, chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo
    I quattro medici di Purgatori rischiano di andare a processo
    Si chiudono con la richiesta di un processo le indagini sulla morte del giornalista e conduttore Tv Andrea Purgatori nel luglio 2023. La Procura di Roma ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per quattro medici che lo ebbero in cura. Nei confronti del radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, entrambi appartenenti alla sua equipe, e il cardiologo Guido Laudani, è contestato il reato di omicidio colposo. L'udienza preliminare è fissata al prossimo 19 settembre. È molto probabile che sulla scelta del pm Giorgio Orano abbia influito la perizia dei consulenti del gip: quell'analisi ha rivelato una carrellata di sbagli fatali da parte dei medici indagati. «Una catastrofica sequela di errori ed omissioni». Il quadro emerso è inquietante. Perché è vero che Purgatori aveva il cancro ma, secondo gli esperti, sarebbe vissuto più a lungo se avesse ricevuto cure adeguate e se non ci fosse stata una diagnosi sbagliata. In altre parole se le ischemie che lo colpirono non fossero state confuse con metastasi che, a quanto risulta dalla perizia, non c'erano affatto. gra.lon. —
  2. il racconto
    Narcos capitale

    Francesca Fagnani
    La periferia di Roma come Bogotà. Due interi quartieri di Roma circondati, Tor Bella Monaca e Quarticciolo, più di trecento militari impiegati, elicotteri in volo, cani sguinzagliati ovunque alla ricerca di droga e di armi. Gli abitanti del quadrante Est della Capitale all'alba di ieri si sono svegliati così, con il maxi blitz, condotto dal Nucleo investigativo dei carabinieri di via In Selci, coordinati da un pool d'eccezione di magistrati della Dda della procura di Roma; una retata che segna un punto di svolta non solo nel contrasto al narcotraffico, ma anche nella comprensione dei meccanismi che regolano lo scacchiere della criminalità romana.
    Quella che finalmente emerge con nettezza in quest'indagine denominata Cacher è una struttura (altro che batterie sparse!) radicata, pericolosa e verticistica guidata da narcos spietati che hanno imposto a Roma una sorta di monopolio nel mercato della droga, terrorizzando con tentati omicidi, sequestri e violenze chi si opponeva alle loro regole e proteggendo chi invece più prudentemente abbassava le orecchie e si poneva sotto la loro ala. Una novità importante per una città che secondo quel che narra la leggenda non vuole capi, insofferente com'è a chi si sente «er più», a chiunque cioè voglia ergersi al di sopra degli altri.
    Ma in realtà quella della città senza capi è una favolaccia, che funziona bene al cinema e male per strada, dove accadono fatti che raccontano tutta un'altra storia. «È una persona di carattere che non c'ha bisogno di nessuno, è uno pericoloso che ti spara in faccia», dice Fabrizio Capogna, grossista della droga e da qualche mese collaboratore di giustizia. «Lo chiamano l'innominabile dotto'… C'hanno paura tutti... e pure 'sti ragazzetti crescono tutti con il nome di Peppe Molisso e Bennato e 'sta cosa si rafforza. Molisso è diventato il Michele Senese di dieci anni fa», dichiara Simone Capogna, fratello di Fabrizio, entrambi pentiti per salvarsi la pelle. Del resto, Peppe Molisso e Leandro Bennato, alias Barba e Bio, avevano proposto a Fabrizio Capogna, detto lo Squalo, di rifornirsi di cocaina da loro e lui aveva rifiutato, perché i loro prezzi erano decisamente più alti degli altri. Per tutta risposta Barba e Bio gli avevano teso un agguato, assieme ai loro soci albanesi (Altin Sinomati e Renato Muska, oggi latitanti), per rubargli 10 kg di cocaina con tanto di Ak-47, un fucile d'assalto, puntato in faccia, così, per evitare ulteriori fraintendimenti e sveltire la pratica. «Guarda non ce l'abbiamo con te» - gli avevano pure detto» - «ma ce l'abbiamo con chi te dà la roba».
    Arrivati a quel punto, c'era ben poco da fare, la clessidra per i fratelli Capogna, figure di un certo spessore a Tor Bella Monaca, era stata girata, tanto valeva collaborare con i magistrati e salvarsi. Sì, perché Molisso e Bennato non sono due qualunque. Sono due che comandano, il primo ancora più del secondo, e che da anni inondano Roma di droga e di terrore. Entrambi sono reclusi da più di due anni, ma questo non costituisce certo un ostacolo ai loro affari e all'esercizio della loro egemonia. Almeno finora.
    Per la prima volta oggi, attraverso le attività di indagine dei carabinieri, le intercettazioni e le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia (un fatto insolito per una città solitamente molto «silenziosa») si ricostruisce la rete dei sodali di Peppe Molisso e di Leandro Bennato, entrambi pezzi da novanta di un cartello al cui vertice resta saldamente lui, Michele Senese, detto ‘o Pazzo, al quale tutti, compresi i colonnelli devono da sempre e per sempre una parte di profitto. «Michele è Michele, è il Colosseo a Roma», dice Andrea Ronelli, un pentito.
    La droga però dove passa impregna le strade di sangue. Non a caso il cerchio più stretto degli uomini di Molisso e Bennato risulta coinvolto negli omicidi e nei tentati omicidi più importanti avvenuti a Roma (e non solo) negli ultimi anni. Tra gli uomini più fidati del sodalizio di Barba e Bio figura innanzitutto Raul Esteban Calderon, l'argentino accusato di essere il killer sia di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, che di Selavdi Shehaj, detto Passerotto a Torvajanica e del tentato omicidio dei fratelli Costantino, responsabili di un diverbio con il nipote di Molisso. Uno dei due si è salvato solo perché ha spostato la testa, sentendo le urla dell'altro fratello e la pallottola gli ha lisciato la mandibola. È andata meno bene a Diabolik, il capo ultrà della Lazio, freddato dal solito Calderon con un colpo a due centimetri dalla nuca il 7 agosto del 2019. Molisso, Bennato e Alessandro Capriotti, detto Er Miliardero, sono indagati come mandanti del suo omicidio.
    Del resto, Piscitelli era considerato una testa calda e un megalomane, pensava di poter fare il cane sciolto, di poter decidere alleanze e di avere la forza per allargarsi su territori dove c'era già chi dava le carte, come a Tor Bella Monaca. In qualche modo, quest'inchiesta potrebbe fornire in tal senso un'ulteriore chiave di lettura del perché Diablo dovesse morire. Era un intralcio alle mire espansionistiche dei suoi alleati? Molisso, partito dal Tuscolano, anzi da una zona denominata Giardinetti, da anni perseguiva il sogno di unificare tutte le piazze di spaccio presenti a Tor Bella. Perché fosse così importante possedere le chiavi di questa parte disgraziata di Roma, dove gli abitanti vivono in casermoni indicati con una lettera e un numero, R4, R5, R8, è facile da comprendere. Tor Bella è un pozzo d'oro. Si tenga presente che per estensione è cinque volte le Vele di Scampia e che oggi rappresenta il mercato più importante della droga in Italia. Una sola piazza del quartiere può arrivare a produrre fino a 30 mila euro di profitti al giorno. Al giorno! E Barba le piazze le voleva tutte. «Ora si è messo in mezzo Peppe, ora sistema tutto...» – dice un soggetto coinvolto, Simone Ciotoli, in un'intercettazione del 2018 - Peppe sta facendo una bella cosa, ti dico la verità», «Tipo?» - gli chiede il suo interlocutore - «vuole riunire tutte le piazze, riunisce tutto e nessuno discute, la roba la pigliano da loro, capito?», gli spiega l'altro.
    La sua è stata una scalata incredibile, partita di certo anni prima, ma che dopo la morte di Diabolik - stando ai racconti dei collaboratori di giustizia - aveva avuto una significativa accelerata. «Vende a prezzi anche superiori rispetto ad altri, ma tutti acquistano da lui perché a richiesta risolve problemi ed è temuto quale persona particolarmente violenta», mette a verbale Fabrizio Capogna. Molisso, affiancato dai suoi, è riuscito ad imporre a Tor bella (come altrove) la fornitura di cocaina a prezzi più elevati della media, pretendendone ovviamente una percentuale sui ricavi; in cambio però Barba garantiva la protezione ai diversi capi piazza (di cui però decideva il mantenimento ai vertici o la sostituzione) e soprattutto era in grado di assicurare interventi violenti e tempestivi ogni qualvolta ci si rivolgesse a lui per dirimere una qualsiasi controversia. In un'occasione addirittura si era rivolto a tal Spadino per chiedergli di recuperare una bomba a mano: «Ma che c'hai una bomba a mano?… Me fai sape' che me serve».
    Una volta entrato in società con Leandro Bennato, Bio, le mire espansionistiche si erano raddoppiate, i due iniziarono a rifornire insieme anche tutte le zone di competenza di quest'ultimo: Boccea, Casalotti, Primavalle, Palmarola, Montespaccato, Tore Vecchia, dando vita ad un impero della droga mai visto prima a Roma. E Diabolik non faceva certo parte «della cartolina», pur appartenendo anche lui a Michele Senese. Il collaboratore Andrea Ronelli 20 giorni dopo l'omicidio di Piscitelli aveva dichiarato: «Secondo me, attualmente il potere più forte che ci sta a Roma, più forte di tutti quanti, sono questi qua di Giardinetti e Tuscolana e tra un po' di anni ne sentiremo delle belle. Già si sta cominciando a vedere. Quando mai è successo qualche omicidio?». Il processo ai mandanti di quel delitto deve ancora aprirsi, ma forse le cose, almeno per strada, erano già abbastanza chiare da subito. Quest'inchiesta è un colpo durissimo all'esercito di fiancheggiatori a disposizione di Peppe Molisso e Leandro Bennato e come si sa quando le truppe si sparpagliano e i capi sono quasi tutti in galera, è più difficile restare fedeli (o in silenzio) al «clan». Se questo dovesse accadere, gli equilibri a Roma presto potrebbero cambiare. Ma questo si capirà meglio nei mesi a venire. —

 

 

 

18.03.25
  1. il commento
    Ma nessun patto può cancellare i bimbi rapiti e l'orrore di Bucha
    Vladimir Putin e Donald Trump sarebbero «a pochi passi dalla pace», come afferma la portavoce della Casa Bianca, e in attesa della telefonata di oggi si scambiano dei gesti di reciproca cortesia. Il padrone del Cremlino ha ieri esonerato, con un decreto ad hoc, alcuni fondi di investimento americani dal divieto di vendere i titoli russi in loro possesso, introdotto dalla Russia per le entità finanziare dei "Paesi ostili", cioè occidentali. Il regalo di Trump è meno tangibile materialmente, ma molto più prezioso: gli Stati Uniti si sono ritirati dall'Icpa, il centro internazionale che indaga sul crimine di aggressione contro l'Ucraina. Fondato sotto l'egida dell'Eurojust, l'agenzia europea per la cooperazione nella giustizia penale, questo organismo è stato creato per perseguire la dirigenza della Russia – insieme a quella dei suoi alleati, Belarus, Corea del Nord e Iran – per il crimine dell'invasione dell'Ucraina.
    Gli Stati Uniti erano l'unico Paese non europeo ad aver inviato all'Aja un procuratore speciale che collaborava nelle indagini con gli investigatori ucraini e di varie nazioni dell'Unione Europea, insieme alla Corte penale internazionale (che ha già incriminato Putin per la deportazione dei bambini ucraini in Russia). I lavori del team europeo ovviamente proseguiranno, ma è un segnale importante che la Casa Bianca manda a Putin: a differenza di Joe Biden, non lo considera un "killer", né un nemico del mondo libero. E non si tratta soltanto della diffidenza di Washington verso gli organismi internazionali multilaterali, arrivata al massimo storico con l'arrivo di Trump: il New York Times riferisce che l'amministrazione repubblicana ha anche dato l'ordine di ridurre l'impegno del WarCAT, il team messo in piedi dall'America stessa già nel 2022 allo scopo di far rispondere i russi responsabili dei crimini di guerra. Non solo reati contro il diritto internazionale quindi, come l'aggressione militare e la violazione della sovranità dell'Ucraina, ma crimini contro i civili, come la strage di civili a Bucha (e in tante altre città ucraine finite sotto l'occupazione russa), le torture, le violenze e i rapimenti.
    Una decisione che arriva proprio il giorno dopo il terzo anniversario del bombardamento russo del teatro di Mariupol, dove si nascondevano centinaia di civili. Quando il WarCAT era stato fondato, il procuratore generale statunitense dell'epoca Merrick B. Garland aveva promesso che «non ci sarà un posto dove i criminali di guerra potranno nascondersi se hanno commesso atrocità in Ucraina». I magistrati americani avevano garantito, sia direttamente sia con perizie, aiuto logistico e addestramento, la giustizia ucraina. Ora, il loro impegno verrà ridotto, con la solita scusa della «necessità di rivedere l'impiego delle risorse», utilizzata in tutti i tagli ordinati dall'amministrazione Trump, inclusa la decisione, di qualche giorno fa, di cancellare i finanziamenti per il team americano impegnato nella ricerca dei minori ucraini deportati in Russia. Poi è arrivata la decisione di chiudere Radio Liberty, fondamentale risorsa di informazione in Russia e molti Paesi ex sovietici, e infine il gesto dimostrativo di sfilarsi dagli organismi di giustizia internazionale che vorrebbero portare Putin all'Aja. Per Washington, non è più un criminale: un messaggio che va ad aggiungersi ai numerosi lanciati da Trump a indirizzo del dittatore russo, al quale continua ad aprire crediti di fiducia nella speranza di persuaderlo alla tregua.
    Quanto ci possa riuscire non è chiaro: ufficialmente, non si sa nulla sul contenuto delle condizioni supplementari consegnate la settimana scorsa a Steve Witcoff, il negoziatore americano che Putin ha fatto attendere per ben otto ore prima di convocarlo al Cremlino. Un gesto chiaramente intenzionale, mentre i vari esponenti di Mosca, propagandisti e diplomatici, continuano a criticare – almeno in pubblico – l'idea stessa della tregua come una pausa che andrebbe a vantaggio degli ucraini. L'avanzata dei militari russi nella regione di Kursk e la ripresa, seppure lenta, dell'offensiva nella regione di Zaporizhzhia, fanno pensare a Mosca di avere il coltello dalla parte del manico, e quindi di poter ottenere di più ponendo condizioni sempre nuove e procrastinando l'ipotetico vertice dei due presidenti, cui Trump tiene probabilmente molto più di Putin. Anche il Cremlino però non ha molto tempo a disposizione: secondo alcune fonti anonime della Banca Centrale russa, verso giugno gli effetti economici delle sanzioni, della spesa militare e dell'inflazione potrebbero andare fuori controllo. E infatti, secondo alcune indiscrezioni, Putin vorrebbe parlare con gli americani anche di affari, in particolare della possibilità di vendere alcuni asset europei delle società petrolifere russe agli americani: come a Kyiv, anche a Mosca hanno già capito che il business interessa l'amministrazione trumpiana molto più delle vittime dei crimini di guerra.
  2. Nuovi raid in Yemen contro i ribelli sciiti filo-iraniani, Trump ordina una vasta operazione nel Paese
    "Se gli Houthi attaccano colpiamo Teheran"
    nello del gatto
    gerusalemme
    «Ogni colpo sparato dagli Houthi sarà considerato come un colpo sparato dalla leadership dell'Iran che sarà ritenuto responsabile e ne subirà le terribili conseguenze».
    Come suo solito, non usa mezzi termini il presidente americano Donald Trump su Truth nell'aprire una nuova pagina del conflitto con il gruppo sciita filo-iraniano degli Houthi e con quello che ritiene essere il suo burattinaio, Teheran.
    «Nessuno si faccia ingannare! Le centinaia di attacchi compiuti dagli Houthi, i sinistri gangster e teppisti con base nello Yemen, odiati dal popolo yemenita, provengono tutti dall'Iran e sono creati da lui», ha scritto Trump.
    Il presidente accusa il regime degli ayatollah di aver giocato alla «vittima innocente», di dettare ogni mossa dei gruppi terroristi ai quali fornirebbe armi e denaro, intelligence ed equipaggiamento militare.
    Dalle minacce ai fatti. Dopo gli attacchi tra sabato e domenica, che hanno fatto oltre cinquanta vittime (civili, con donne e bambini, secondo gli yemeniti; alti graduati del gruppo secondo gli Usa) nella capitale Sanaa e in altre parti dello Yemen, attacchi sono stati registrati anche ieri sera. Trump ha ordinato di colpire gli Houthi in una operazione che, secondo gli analisti, può durare anche diversi giorni, dopo che il gruppo yemenita ha ripreso ad attaccare le navi al termine di un ultimatum di quattro giorni entro il quale ha chiesto la riapertura dei confini di Gaza e l'ingresso di aiuti. La Quinta Flotta americana è entrata in una operazione di combattimento prolungata sotto il comando del Centcom.
    Gli sciiti di Sanaa non si sono lasciati intimidire e hanno annunciato pesanti risposte, come pure di aver attaccato per due volte in ventiquattr'ore la portaerei Truman dalla quale sono partiti i caccia che hanno attaccato lo Yemen.
    Gli attacchi contro i proxy iraniani nell'area (ci sono raid israeliani e siriani in Libano contro Hezbollah e israeliani contro i lealisti di Assad in Siria) sono tutti messaggi verso Teheran, che ha smentito di essere dietro gli Houthi.
    La preoccupazione è che il temuto attacco israelo-americano contro l'Iran, da più parti paventato con l'arrivo della primavera, sia alle porte. —
  3. La manifestazione
    Le relazioni
    "Si parla troppo di armi e poco del resto La piazza diventi movimento europeo"
    Gustavo Zagrebelsky
    Tre giorni fa, piazza del Popolo a Roma si è riempita di persone scese a manifestare sotto la bandiera blu a stelle oro dell'Europa. Ora, passata l'onda di entusiasmo, la politica deve tornare a confrontarsi su riarmo e sostegno all'Ucraina. Per iniziare una conversazione su tutto questo, il presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky, intervenuto da remoto sul palco di sabato, pone una domanda: «Prima di tutto bisogna chiedersi: qual è la spinta morale, politica, emotiva, che ha portato in piazza tutta questa gente?».
    Qual è, secondo lei?
    «Quando Michele Serra ha lanciato la proposta, mi sono detto che era una risposta alla paura e alla frustrazione di questo momento. E, più che per l'Europa, le persone penso siano scese in piazza per la pace».
    Lei ha definito la manifestazione «prepolitica». Come si fa ora a portare avanti le istanze di quella piazza?
    «Prepolitica ma anche iperpolitica, nel senso che va al di là della politica dei partiti. Ora, penso che sarebbe importante che questo movimento riuscisse a uscire dai confini dell'Italia, diventando un movimento europeo europeista».
    Chi dovrebbe prenderne le redini?
    «Servirebbero tante Serre, diciamo così, tanti Michele Serra in tanti posti d'Europa, per poi stabilire un coordinamento e creare un movimento federalista europeo come predicava Altiero Spinelli».
    In piazza c'era chi ha idee diverse sul riarmo: come si può trovare una sintesi?
    «Questo è il lavoro che spetta alla politica. Intanto, a livello prepolitico bisogna essere d'accordo su due cose. La prima, è il desiderio di pace, che è alla base della nascita dell'Europa. Avendo la consapevolezza che viviamo il rischio di una guerra come mai l'abbiamo conosciuta finora. In passato i conflitti venivano combattuti con armi crudelissime, ma non definitive: si poteva farsi la guerra e poi tornare indietro. Dopo il nucleare, la tecnologia bellica non permette più di tornare indietro».
    E la seconda cosa su cui essere d'accordo?
    «Che l'Europa possa essere uno strumento per diffondere energia e forza di pace».
    Ma come si arriva alla pace? È su questo che esistono teorie diverse…
    «Questo è compito della politica, che ha tanti strumenti. Non penso esista solo la pace attraverso la forza professata da Ursula von der Leyen: si può raggiungere la pace anche attraverso la diplomazia, la cooperazione, la creazione di un tessuto di fiducia verso gli altri. Si parla tanto di guerra perché si è creata una sfiducia generalizzata tra i popoli».
    Difficile fidarsi della Russia dopo l'aggressione all'Ucraina.
    «Non oso entrare su quel terreno, perché forse anche l'aggressione dell'Ucraina è stata determinata da una mancanza di fiducia. Forse la Russia, che è l'invasore, si sentiva a sua volta minacciata… Sa, la famiglia di mio padre ha origini a San Pietroburgo e a Kiev: come ho spesso scherzato, se servisse un mediatore… ».
    Gliela metto così: ha ragione il presidente francese Macron quando dice che la Russia è una minaccia per l'Europa?
    «Non lo so, ma per dire cose di questo genere occorrerebbe aver fatto tutti i tentativi per capire le ragioni storiche, lontane e vicine, dell'aggressione russa. La motivazione di Putin non è solo l'arbitrio, ma è radicata nella storia, nell'idea che dove si parla russo sia territorio russo. Non dico che sia una buona cosa, ma prima di tutto occorre comprendere. Tante volte si è ragionato così».
    Una volta capite, però, bisogna andare avanti…
    «O tornare al manifesto di Ventotene: lì si dice che per questa ragione vanno superati gli stati nazionali sovrani».
    L'Europa come si sta muovendo in questo scenario?
    «L'Europa di oggi è una scatola vuota. Ed è a un bivio: il carattere di uno stato è un'economia, una cultura e la sicurezza garantita da una forza difensiva. Ripeto: difensiva. Dinanzi a una minaccia, da verificarsi diplomaticamente, bisogna avere gli strumenti per difendersi. Sia chiaro, nemmeno io voglio finire suddito della Russia putiniana».
    Non si fa che parlare di difesa, ma con idee diverse su come realizzarla.
    «Ho apprezzato una frase che i giornali hanno attribuito alla presidente del consiglio Meloni: "Si parla troppo di armi". Io ci aggiungerei: e troppo poco di altro».
    Di cosa?
    «Contatti tra governi, diplomazia, relazioni tra le strutture della società. Io trovai sbagliatissimo allo scoppio della guerra interrompere i rapporti culturali e accademici con la Russia: servì solo a compattare il popolo russo su Putin».
    Cosa ne pensa del piano di riarmo di Von der Leyen?
    «A prima vista la cifra di 800 miliardi sembra enorme, ma non so nemmeno se sia adeguata all'obiettivo e alla sua realizzazione concreta. Forse serve più che altro a mettere in moto economie nazionali, economie di guerra».
    Ma l'Europa trova che sia all'altezza della sfida?
    «Se penso che l'Europa deve essere fatta dai governanti degli stati europei, no, non mi sembra all'altezza. Ma se vogliamo rilanciare l'Europa serve un popolo europeo, una spinta dal basso: da questo punto di vista, la manifestazione di sabato ci ha provato».
    Che opinione ha del presidente Trump?
    «Trump è il prodotto della incultura in senso etimologico. Cultura ha la stessa matrice di coltura, coltivazione: si acquisisce lavorando un humus, un terreno, in tempi lunghi. C'è una parte del globo terracqueo, come direbbe la premier, a cui della cultura non importa niente, perché significa aspirazioni e obiettivi, ma anche limitazioni e costrizioni. C'è tanta gente che dice basta limiti, separazione dei poteri, diritti altrui. Li considera gabbie al prorompere di energie primordiali».
    Anche in Italia ne vede?
    «Come no! C'è nel mondo e c'è in Italia una insofferenza per la cultura, intesa come faticosissima acquisizione di principi e valori acquisiti nel corso dei secoli».
    Sulla questione armi e Ucraina, la politica italiana che si spacca sulle risoluzioni europee come le sembra?
    «Bisogna distinguere tra fratture, che sono insuperabili, e divergenze, che si possono recuperare. Per esempio, nella maggioranza, la Lega mi pare si muova fratturando: da partito nazionalista e sovranista, non può che avere un'idea negativa dell'Europa».
    Quella nel Pd sulla risoluzione europea era una frattura o una divergenza?
    «Mi sembra che non sappiano bene cosa fare. Da una parte ci sono quelli che hanno votato sì, che predicano l'idea per cui non si può restare isolati in Europa. Dall'altra ci sono quelli che si sono astenuti, convinti anche loro che si debba anche parlare di altro che non siano armi. E questa, mi pare, è l'idea migliore».
    È d'accordo con la segretaria Elly Schlein, dunque…
    «La mia posizione che, forse, chissà, coincide con quella della segretaria del Pd, è la seguente: è giusto parlare di sicurezza, anche attraverso la difesa, ma non basta. C'è molto altro che occorrerebbe tentare di fare». —
  4. Blitz e rastrellamenti senza pietà La Libia dopo il ritorno di Almasri
    Don Mattia Ferrari
    Il grido che sale dalla Libia giunge nuovamente con forza alle nostre orecchie in questi giorni in cui assistiamo a un intensificarsi delle violenze condotte ai danni dei migranti. Dalla settimana scorsa a Tripoli sono in corso arresti di massa e le persone stanno venendo deportate in prigioni non identificate. Bersaglio di queste catture sono non solo le persone migranti, ma sembra in modo specifico anche i cristiani. E molti bambini. Tra le immagini diffuse, si vede un bambino che tiene in mano un'icona del Sacro Cuore di Gesù. I video diffusi nelle scorse ore mostrano una vera e propria caccia alle persone a Janzour, a ovest di Tripoli, con i migranti che corrono cercando disperatamente di sfuggire alla cattura e alla deportazione nei lager. Mahamat Daoud, di Refugees in Libya, riferisce di grida disperate. Non mancano nemmeno i video celebrativi in cui i supporter della mafia libica celebrano gli artefici di queste operazioni: innanzitutto il Dipartimento per il Contrasto all'Immigrazione Illegale (Dcim), capitanato da Mohamed Al-Khoja, uno dei superboss mafiosi che in questi anni è riuscito a ottenere incarichi ufficiali negli apparati statali libici. C'è anche un'altra milizia che viene celebrata come collaboratrice di queste operazioni: quella delle Forze Speciali di Deterrenza (Rada), di cui è braccio operativo-istituzionale il generale Jeem Osama Elmasry Habish. Si tratta di colui che ormai è noto in tutto il mondo con il nome di Almasri. È difficile non vedere come la vicenda della sua scarcerazione e del suo tempestivo rientro in Libia con volo di Stato italiano abbia prodotto, di fatto, un rafforzamento del potere e del senso di impunità che fortifica la mafia libica e le sue violenze disumane. L'unica volta che la Corte Penale Internazionale e le forze dell'ordine erano riuscite a trarre in arresto uno di questi boss, che negli anni hanno collaudato e coordinano nell'insieme il sistema dei respingimenti, dei lager e del traffico di esseri umani e non solo, l'unica volta che finalmente uno di loro era chiamato a rendere conto dei suoi crimini contro l'umanità e crimini di guerra ed era chiamato a raccontare la verità su uno dei misteri più grossi di questa epoca storica, quel boss è stato scarcerato e riportato con volo di Stato in Libia. E ora lì, in Libia, persone migranti, cristiani, bambini stanno subendo catture e deportazioni che superano ogni immaginazione. Si è così rafforzato quel sistema di violenza e di respingimento che Italia ed Europa finanziano.
    La ferita che si è creata con gli accordi con la Libia nel 2017 e che si è acuita con il caso Almasri chiede una riconciliazione. David Yambio, portavoce di Refugees in Libya, fa appello a tutti: «Umani del mondo, farete rumore? Disturberete il tuo conforto per affrontare questa atrocità? O fingerete anche voi che l'essere nero sia un crimine, che la migrazione sia una condanna a morte, che queste vite non valgano il vostro fiato? I bambini braccati per le strade di Tripoli, Jenzour, Tajoura, Al-Madina Gadima, non li vedete? Non li sentite? Non mettete in discussione le vostre responsabilità morali ed etiche? Se c'è ancora un po' di giustizia in questo mondo, che cominci con la verità. Che tutto cominci con il vostro rifiuto di tacere».
    David Yambio è stato torturato direttamente da Almasri, è testimone dei suoi crimini ed è anche, come alcuni di noi, una delle vittime di spionaggio nel cosiddetto caso Paragon. Anche su questa vicenda ci sono ancora tanti misteri, ma quello che è chiaro è il quadro in cui si inserisce: la solidarietà è diventata sovversiva. Sì, la solidarietà è diventata sovversiva e viene criminalizzata e ostacolata in tanti modi, però resiste. Ed è da qui che bisogna ripartire. Urge che l'Italia e l'Unione Europea ricuciano la ferita enorme che si acuisce sempre di più con le vittime di questo sistema di respingimento e di violenza e con chi pratica la solidarietà e costruisce la fraternità. È in gioco non solo la vita di queste persone, ma anche la dignità e l'identità dell'Italia e dell'Europa. In questi giorni in cui si prova a rimettere al centro il valore dell'Unione Europea, ricordiamoci che essa è chiamata ad essere una casa di pace, di libertà, di uguaglianza e di fraternità. Essa è chiamata ad essere una sorella per i popoli del mondo, a non cedere a tentazioni di neocolonialismo economico attraverso le multinazionali o a tentazioni di chiusura a fortezza davanti agli esseri umani che bussano alle sue porte. Essa è chiamata ad essere una sorella che sa prendere per mano i popoli e le persone, dando carne a quella solidarietà e quella fraternità che costituiscono quanto di più alto ci sia nella condizione umana. È un'utopia? No, è quell'Europa che già si sta costruendo dal basso, grazie a tantissime persone, molte delle quali giovani, che praticano la solidarietà, in mare e in tante città, e costruiscono relazioni di autentica fraternità e sororità con le persone che si trovano in Africa e con quelle che bussano alle nostre porte. Quelle persone danno carne a un Mediterraneo e a un'Europa di fraternità e devono essere ascoltate e assunte. Solo partendo da loro e ascoltando il grido che sale dalla Libia e dagli altri confini potremo riscoprire quell'amore che ci può salvare.
  5. Da E&Y "parere negativo" sui controlli, non risolti alcuni problemi ereditati con la fusione del 2023 Il numero uno Sergio Ermotti è il banchiere più pagato in Europa: 15,4 milioni nello scorso anno
    Ubs e i fantasmi del Credit Suisse Allarme dei revisori sui conti del gruppo
    michele chicco
    milano
    I revisori dei conti di EY bocciano i controlli interni di un gigante internazionale del credito come Ubs. Nelle pieghe del bilancio del gruppo si scorge quella che è una vera bacchettata al management guidato dall'amministratore delegato Sergio Ermotti, il banchiere più pagato al mondo che per il 2024 ha messo insieme uno stipendio record da 15,4 milioni di euro. I revisori hanno espresso il loro «parere negativo» sui controlli interni, sostenendo che la banca di non sia riuscita a sciogliere tutti i nodi ereditati dalla fusione con Credit Suisse, salvata nel 2023 sotto la regia del governo svizzero. A spingere EY verso il suo giudizio la stessa banca di Zurigo: «Al 31 dicembre 2024 - si legge nel bilancio - il controllo interno di Ubs sulla rendicontazione finanziaria non era efficace a causa della debolezza sostanziale relativa al business di Credit Suisse».
    Nei documenti al mercato, Ubs spiega anche che prima dell'operazione di salvataggio, «il management di Credit Suisse aveva identificato e reso note tre carenze sostanziali, una delle quali riguardava i controlli per un efficace processo di valutazione del rischio». Ubs, dopo la fusione, è intervenuta modificando questi processi, ma la banca svizzera ha rilevato «maggiore complessità» nella contabilità e nel controllo dei processi, con gli «sforzi di migrazione che sono ancora in corso». Il top management ammette quindi che «è necessario del tempo aggiuntivo» per «dimostrare l'efficacia operativa» e «concludere che i controlli stiano funzionando in modo efficace e duraturo». Da qui la conclusione: «Alla luce di quanto sopra - si legge - il management ha concluso che esiste una debolezza sostanziale nel controllo interno sull'informativa».
    L'avvertimento del revisore e i problemi di rendicontazione finanziaria di Ubs evidenziano le sfide che la banca deve affrontare nell'integrazione di Credit Suisse, che è stata la più grande fusione bancaria dalla crisi finanziaria globale del 2008. Nel suo parere, EY scrive: «A nostro avviso, il bilancio consolidato presenta in modo corretto, sotto tutti gli aspetti sostanziali, la situazione finanziaria del gruppo al 31 dicembre 2024 e 2023» così come «i risultati della sua gestione e il cash flow per ciascuno dei tre anni prima del 2024». Diverso però il giudizio appunto sui controlli interni, per i quali in un report dei revisori indipendenti datato 14 marzo è scattata la «adverse opinion». Questo perché, dettagliano nel loro giudizio i revisori, il gruppo Ubs, «a nostro avviso, non ha mantenuto un efficace controllo interno sull'informativa finanziaria al 31 dicembre».
    Per gli analisti di Vontobel, «si tratta di una delle tante questioni ereditate dall'acquisizione del Credit Suisse che devono essere affrontate». Un rappresentante dell'Autorità svizzera per i mercati finanziari (Finma), citato dalla Reuters, ha rifiutato di commentare il giudizio del revisore EY e ha dichiarato di essere in «intenso contatto» con Ubs, proprio in merito all'integrazione con Credit Suisse che secondo gli auspici del ceo Ermotti dovrebbe completarsi «sostanzialmente» entro la fine del 2026. Ubs è un perno degli equilibri finanziari internazionali: nel 2024 il gruppo ha registrato ricavi per 48,6 miliardi di dollari, con un utile netto oltre i cinque miliardi. —
  6. la crisi dell'auto
    Audi taglierà 7.500 posti in Germania entro il 2029
    Audi annuncia un taglio di 7.500 posti di lavoro fino al 2029 negli stabilimenti tedeschi, puntando sui pensionamenti e sulle uscite volontarie.
    La misura, concordata nell'ambito di un accordo con il sindacato, ha l'obiettivo di mantenere i siti produttivi e di evitare i licenziamenti fino al 2033, ottenendo un risparmio di un miliardo l'anno. «Le condizioni economiche stanno diventando sempre più difficili, la pressione della concorrenza e le incertezze politiche ci pongono di fronte a sfide immense», sottolinea la casa automobilistica. Proprio a fine febbraio Audi ha chiuso l'hub elettrico di Bruxelles lasciando a circa 3 mila lavoratori. Questo accordo prevede il potenziamento delle strutture esistenti: l'azienda si è impegnata a investire 8 miliardi fino al 2029 negli stabilimenti tedeschi per completare il passaggio alla mobilità elettrica. I primi 6.000 posti di lavoro saranno tagliati entro il 2027, gli altri 1.500 entro il 2029. «Audi deve diventare più snella e più efficiente. senza adeguamenti del personale questo obiettivo non può essere raggiunto», conclude l'ad Gernot Dollner

 

 

 

 

17.03.25
  1. "Io, licenziata in tronco perché protesto contro Vucic" E il leader fa il mea culpa
    Ha detto
    inviata a Belgrado
    Hanno provato di tutto per rendere violenta la manifestazione organizzata dagli studenti serbi. Oltre mezzo milione di persone hanno reso sabato il centro di Belgrado una protesta corale, diffusa, contro il presidente della Repubblica Aleksandar Vucic. È stato facile per i provocatori mescolarsi alla folla e agire. C'è stato chi ha lanciato lattine di birra e bottiglie contro gli agenti di polizia, chi ha scatenato liti e tirato pugni senza motivo. I provocatori sono stati individuati e isolati rapidamente e la manifestazione è proseguita. Alle sette di sera si è persino udita una detonazione potente, lancinante.
    Secondo gli esperti di apparecchiature militari sembrava lo sparo di un cannone sonico, un'arma di proprietà del servizio di sicurezza serbo. I ministeri dell'Interno e della Difesa hanno smentito di averla usata ma – qualunque ne sia stata la causa – il suono misterioso ha avuto l'effetto di seminare il panico nel mezzo milione di persone radunate nel centro di Belgrado. Nemmeno in questo caso si è scatenata violenza. In molti hanno iniziato ad andare via e chi è rimasto ha continuato a cantare, a urlare slogan. Era l'impegno degli studenti, non trasformare il 15 marzo in nient'altro che in un immenso urlo di protesta e ci sono riusciti. Hanno smentito il presidente che aveva descritto la loro manifestazione come una minaccia per il Paese e lo hanno costretto a cambiare tono.
    Quando le immagini hanno confermato in modo innegabile che un serbo su dieci era sceso in piazza contro di lui, Vucic ha promesso che entro il 18 aprile dovrà essere formato un nuovo governo, in caso contrario si andrà a elezioni anticipate probabilmente l'8 giugno. «Abbiamo capito bene il messaggio, e tutti coloro che sono al potere devono capire il messaggio quando si radunano talmente tante persone, dobbiamo apportare in noi dei cambiamenti e imparare molto da tutto ciò», ha affermato Vucic parlando in diretta televisiva. «Al tempo stesso – ha aggiunto – spero che anche gli altri abbiano capito bene il messaggio della maggioranza della Serbia, e cioè che i cittadini non vogliono una rivoluzione colorata, non vogliono violenze e che desiderano cambiare il governo attraverso le elezioni».
    Le violenze non ci sono state e ora è il momento di cambiare, è la risposta che arriva dalla piazza alle affermazioni del presidente. Vojslava Crnjanski ha 57 anni, in Serbia è una firma nota, ha ottenuto riconoscimenti e ha un ampio seguito. A gennaio è stata licenziata dal giornale in cui lavorava, il Vecernje Novosti. «Ho ricevuto la decisione il 13 gennaio, un giorno dopo aver pubblicato una foto di me e del mio amico mentre protestavamo davanti alla Corte costituzionale in una storia sul mio profilo Instagram privato. Mi hanno dato una settimana di preavviso e sei mesi di stipendio, e mi hanno mandata via. Dopo 31 anni di lavoro come giornalista. Naturalmente, nella decisione di risoluzione del mio rapporto di lavoro si affermava soltanto che la necessità di svolgere il mio lavoro è cessata, e si spiegava che secondo un'analisi dettagliata delle prestazioni lavorative dei dipendenti del mio settore stavo ottenendo i risultati lavorativi più bassi. Eppure la mia prestazione lavorativa al momento del licenziamento era la più alta in termini di numero di articoli e che ho ricevuto due volte il premio di Giornalista dell'anno e diversi premi Collegium per singoli articoli, l'ultimo a dicembre. Ho quindi motivo di sospettare che il motivo del mio licenziamento non sia stata la mia prestazione. Ora, dopo 31 anni di lavoro, sono disoccupata ma non smetto di protestare. Sono andata alla manifestazione di sabato, è stata importante e ha mostrato la forza di questo movimento. Vucic ha detto che è pronto a cambiare? Ammetta che tra i manifestanti c'erano dei provocatori, li faccia processare e ascolti le richieste degli studenti. Solo allora mi fiderò di lui».
    Vojislava Crnjanski è solo una delle troppe persone che in Serbia sono vittime di un sistema che il movimento di studenti è deciso a cambiare. È una delle poche che accetta di farlo con nome e cognome. Gli altri hanno ancora paura di esporsi ma appartengono a ogni categoria sociale. Ci sono ristoratori a cui è stato sottratto il locale che avevano, professori che per partecipare alle proteste hanno ricevuto uno stipendio di 15 euro, dipendenti pubblici licenziati per essersi rifiutati di sottomettersi a un ricatto. Dopo la prova di forza di sabato chi sta subendo da anni in silenzio inizia a sentirsi meno solo mentre chi si è scoperto più debole è proprio il presidente che sta cercando una strategia per placare una protesta che rischia di trascinare il Paese in una profonda crisi economica e di travolgere lui e il suo sistema.
    Ma la strategia è unica. «Dare seguito alle richieste degli studenti per attivare strumenti e procedure anticorruzione e fare sì che la magistratura sia indipendente e la giustizia civile rapida. In questo modo sicuramente rilancerebbe la crescita del Paese», avverte Biagio Carrano, titolare della società eastCom consulting che edita il portale Serbian Monitor, un attento osservatorio sulla realtà serba.
    Che faranno a questo punto gli studenti? «Chi è più intelligente non si arrende, chi è più intelligente si organizza!», hanno scritto sui loro profili social della facoltà di Lettere dell'università di Belgrado.

 

 

 

16.03.25
  1. L'ex superpoliziotto, poi morto d'infarto , aveva tirato in ballo il numero uno di Equalize: "Mi chiese informazioni su La Russa e figlio"
    Gallo : "Pazzali ha contatti nei Servizi Il vice dell'Aisi lo avvisò dell'indagine"
    monica serra
    andrea siravo
    milano
    Fughe di notizie sulle inchieste , rapporti con «ambienti istituzionali», con politici e servizi segreti, decine di dossier commissionati e quegli approfondimenti richiesti sul presidente del Senato, Ignazio La Russa. Sono tanti i dettagli che emergono dai verbali e dalle informative dei carabinieri depositati dai pm Francesco De Tommasi e Antonello Ardituro per chiedere al Tribunale del Riesame i domiciliari per Enrico Pazzali, ritenuto il «vero capo» della banda di Equalize. «Alla fine Pazzali va a Roma. Non mi dice a Roma da chi va però, eh! Ma c'è un motivo perché non me lo dice, perché io so che lui è molto amico, ma amico amico amico del capo dell'Aise che si chiama Carlo De Donno». Interrogato dai magistrati l'11 dicembre, a fare il nome del numero due dell'Aisi è l'ex superpoliziotto Carmine Gallo, scomparso il 9 marzo per un infarto, mentre era ai domiciliari. Gallo sostiene che il generale De Donno – con cui, dice: «Io non sono in buoni rapporti» – avrebbe informato Pazzali, il presidente autosospeso di Fondazione Fiera Milano, dell'inchiesta in corso sulla centrale di spionaggio con sede dietro il Duomo. Un dato che però viene escluso dall'analisi del cellulare di Pazzali sequestrato il 25 ottobre: «Allo stato non sono stati rinvenuti elementi utili per individuare la fonte dalla quale potrebbero essere state acquisite informazioni sul procedimento», annotano i carabinieri del nucleo investigativo di Varese in una delle informative. Chiarisce subito il legale di De Donno, Gianluca Tognozzi, che «il generale non era assolutamente a conoscenza dell'indagine milanese e quindi non avrebbe potuto rivelare informazioni a chicchessia».
    Sempre secondo Gallo, Pazzali avrebbe ricevuto una soffiata da un alto ufficiale della Guardia di finanza, in servizio a Milano, su un'altra inchiesta del pm Paolo Storari, «inerente a una presunta "consulenza" fornita a Banca Intesa, indennizzata per 200 mila euro, relativa alla questione Bergamo-Brescia Capitale della Cultura Italiana 2023». Negli atti si affronta anche il capitolo sulla richiesta di Pazzali di cercare informazioni tramite accessi abusivi allo Sdi sul presidente del Senato Ignazio La Russa e il figlio. Secondo Gallo, a Pazzali «le aveva chieste una persona a cui non poteva dire di no». Ma l'ex poliziotto si sarebbe rifiutato: «Enrico mi metti in difficoltà, non devi assolutamente metterti in mezzo a queste cose». Anche Gallo si chiese se la richiesta fosse «correlata» alla «nota vicenda» di Leonardo Apache La Russa, accusato di una presunta violenza sessuale.
    Ancora tra le «oltre 6mila chat e più di 30mila mail» trovate nei dispositivi di Pazzali spuntano fuori file e report su «Attilio Fontana» e altri «target che erano stati coinvolti nell'inchiesta sullo scandalo dei camici», un «report Eni», uno su «Letizia Moratti» e i suoi figli. Ma anche un file su Negma, fondo che finanziò le società di Daniela Santanchè. Nel giugno 2023, Pazzali avrebbe organizzato negli uffici della Fondazione Fiera «un incontro» tra un generale della guardia di finanza «e il ministro Daniela Santanchè, di cui vi è riscontro nelle chat whatsapp con entrambi». La ministra all'epoca era già indagata dalla finanza. —
  2. L'ex superpoliziotto, poi morto d'infarto , aveva tirato in ballo il numero uno di Equalize: "Mi chiese informazioni su La Russa e figlio"
    Gallo : "Pazzali ha contatti nei Servizi Il vice dell'Aisi lo avvisò dell'indagine"
    monica serra
    andrea siravo
    milano
    Fughe di notizie sulle inchieste , rapporti con «ambienti istituzionali», con politici e servizi segreti, decine di dossier commissionati e quegli approfondimenti richiesti sul presidente del Senato, Ignazio La Russa. Sono tanti i dettagli che emergono dai verbali e dalle informative dei carabinieri depositati dai pm Francesco De Tommasi e Antonello Ardituro per chiedere al Tribunale del Riesame i domiciliari per Enrico Pazzali, ritenuto il «vero capo» della banda di Equalize. «Alla fine Pazzali va a Roma. Non mi dice a Roma da chi va però, eh! Ma c'è un motivo perché non me lo dice, perché io so che lui è molto amico, ma amico amico amico del capo dell'Aise che si chiama Carlo De Donno». Interrogato dai magistrati l'11 dicembre, a fare il nome del numero due dell'Aisi è l'ex superpoliziotto Carmine Gallo, scomparso il 9 marzo per un infarto, mentre era ai domiciliari. Gallo sostiene che il generale De Donno – con cui, dice: «Io non sono in buoni rapporti» – avrebbe informato Pazzali, il presidente autosospeso di Fondazione Fiera Milano, dell'inchiesta in corso sulla centrale di spionaggio con sede dietro il Duomo. Un dato che però viene escluso dall'analisi del cellulare di Pazzali sequestrato il 25 ottobre: «Allo stato non sono stati rinvenuti elementi utili per individuare la fonte dalla quale potrebbero essere state acquisite informazioni sul procedimento», annotano i carabinieri del nucleo investigativo di Varese in una delle informative. Chiarisce subito il legale di De Donno, Gianluca Tognozzi, che «il generale non era assolutamente a conoscenza dell'indagine milanese e quindi non avrebbe potuto rivelare informazioni a chicchessia».
    Sempre secondo Gallo, Pazzali avrebbe ricevuto una soffiata da un alto ufficiale della Guardia di finanza, in servizio a Milano, su un'altra inchiesta del pm Paolo Storari, «inerente a una presunta "consulenza" fornita a Banca Intesa, indennizzata per 200 mila euro, relativa alla questione Bergamo-Brescia Capitale della Cultura Italiana 2023». Negli atti si affronta anche il capitolo sulla richiesta di Pazzali di cercare informazioni tramite accessi abusivi allo Sdi sul presidente del Senato Ignazio La Russa e il figlio. Secondo Gallo, a Pazzali «le aveva chieste una persona a cui non poteva dire di no». Ma l'ex poliziotto si sarebbe rifiutato: «Enrico mi metti in difficoltà, non devi assolutamente metterti in mezzo a queste cose». Anche Gallo si chiese se la richiesta fosse «correlata» alla «nota vicenda» di Leonardo Apache La Russa, accusato di una presunta violenza sessuale.
    Ancora tra le «oltre 6mila chat e più di 30mila mail» trovate nei dispositivi di Pazzali spuntano fuori file e report su «Attilio Fontana» e altri «target che erano stati coinvolti nell'inchiesta sullo scandalo dei camici», un «report Eni», uno su «Letizia Moratti» e i suoi figli. Ma anche un file su Negma, fondo che finanziò le società di Daniela Santanchè. Nel giugno 2023, Pazzali avrebbe organizzato negli uffici della Fondazione Fiera «un incontro» tra un generale della guardia di finanza «e il ministro Daniela Santanchè, di cui vi è riscontro nelle chat whatsapp con entrambi». La ministra all'epoca era già indagata dalla finanza. —
  3. 'intervista
    "Jacobs non dava fastidio Tortu lo ha patito, normale"
    Stefano Mei
    Ieri su La Stampa
    L'atletica vista dai dossier di un gruppo di hacker non somiglia affatto a quella che emoziona in maglia azzurra. Colpa della lente distorta: il sospetto che ha innescato reazioni incontrollate, ma pure merito del tempo che è passato da quando il successo altrui scatenava l'invidia. Stefano Mei, il presidente di questa Italia, è convinto che l'inchiesta aperta, anche dalla procura sportiva, a carico del fratello di Tortu accusato di aver pagato un hacker per spiare Jacobs sia «una questione privata e ancora di più lo sono gli strascichi scatenati dalle intercettazioni. Io non posso e non voglio intervenire».
    Nell'intervista a «La Stampa», Camossi, uno degli spiati, dice «Davamo fastidio». Perché?
    «A me non ne hanno mai dato. Nella ricostruzione di questa faccenda forse mi trovo in una posizione privilegiata. Sono stato eletto per il mio primo mandato a fine gennaio del 2021, da lì in poi Jacobs ha sempre vinto: ero estasiato e basta».
    Non ha percepito niente di strano nei rapporti tra Jacobs e Tortu?
    «Mai avvertito cariche particolari e non mi aspettavo certo di vedere un Tortu felice in quel periodo: era un predestinato e ha visto crescere a dismisura il rivale che fino a lì aveva sempre battuto. Pure se avessi intuito del nervosismo lo avrei trovato naturale. Sei il più veloce in Italia e ti supera quello che diventa il migliore al mondo. Non faccio ovviamente paragoni di valore, ma a me, da mezzofondista, capitava di cercare Cova ovunque gareggiasse. Volevo il confronto, volevo essere migliore di lui, mi incarognivo all'idea».
    Qui sembra un po' diverso. Secondo Camossi: «Quello che è successo a Tokyo ha fatto saltare per aria tanti». E pure quello che è successo prima perché gli hacker di Equalize hanno iniziato a spiare nel settembre 2020.
    «Chi rincorre si sente sempre meno coccolato e poco protetto. Altra posizione che io posso capire perché Cova lo inseguivo e ho avuto dei cattivi pensieri. Mi sentivo meno considerato. Era il campione, la gerarchia detta i privilegi e le attenzioni».
    Quando quelle gerarchie si sono ribaltate come ha interagito con Tortu e Jacobs?
    «Ho cercato di mantenere un equilibrio, poi i due hanno preso semplicemente le distanze. Per Jacobs è stato un crescendo rossiniano e dall'altra parte era impossibile non accusare il momento. Ci stava l'insoddisfazione, ci stava che si vedesse, ma lo sport è straordinario proprio perché si misura. Ha deciso il cronometro e basta. C'era poco da recriminare. La staffetta è diventata il bene comune. Lo è anche oggi».
    I sospetti di doping sono circolati perché qualcuno li ha cavalcati?
    «Con quello che sappiamo ora, a prescindere dalle responsabilità tutte da stabilire, è logico fare congetture. C'è un dossier Jacobs commissionato a una società che spiava per mestiere. A posteriori viene semplice legarlo a quegli assurdi dubbi riguardo all'integrità di un atleta sul quale non c'è mai stato nulla da eccepire. Ho fatto il poliziotto per 35 anni, anche solo per abitudine verrebbe spontaneo immaginare parentele con certe voci di allora. Le ipotesi le lascio lì. Aspettiamo la magistratura».
    Tra fine marzo e inizio aprile c'è il primo raduno della staffetta, senza Jacobs. Prevede qualche tensione?
    «I ragazzi si sono già parlati. Di nuovo, i rapporti tra loro sono una questione privata».
    Jacobs ha sottolineato il bisogno di un confronto all'interno della squadra.
    «Sarebbe sano, per togliere imbarazzi, disinnescare potenziali disagi. Sempre affari privati. Chi corre in 10 secondi netti, poco sopra, chi sa andare sotto: i frazionisti della 4x100 saranno quelli».
    Non sempre entra in staffetta chi è più veloce.
    «Ci va chi è più affidabile? Anche, ma io faccio il presidente e come selezionatore sarei fuori ruolo. Il mio lavoro è quello di mettere tutti in condizioni di dare il meglio».
    I pesisti Fabbri e Weir erano nelle condizioni migliori agli Euroindoor? Fabbri, da argento Mondiale, fuori in qualifica in lacrime. Weir da campione in carica ottavo con prestazione anonima. Erano i favoriti e non avevano problemi fisici.
    «A volte gira storta, non si giudicano gli atleti da una singola prestazione, tanto più quelli che hanno dimostrato di essere fuoriclasse. E i motivi per cui una gara non va sono infiniti».
    Ci sono tensioni per questioni di finanziamenti?
    «Non ci sono e non c'erano problemi tra noi. Normale dialettica. Abbiamo già un accordo e parleremo con più calma quando il gruppo tornerà dai Mondiali indoor di Nanchino. Io ho fiducia in loro, faccio il tifo, so che stanno bene e semplicemente non è il caso di parlare adesso di queste cose, davvero normalissime, perché sarebbero solo una turbativa. Voglio che i ragazzi stiano tranquilli e felici, serve per vincere e mi pare che l'atletica italiano lo stia facendo».

 

 

 

 

 

 

 

 

15.03.25
  1. CORRUZIONE EUROPEA BY ITALY:    Secondo le accuse, Ottati, insieme con altri suoi colleghi, avrebbe fatto pressioni improprie su diversi parlamentari. Tra gli altri gli italiani Fulvio Martusciello, capo delegazione di Forza Italia, alla terza legislatura. E Giosi Ferrandino, eletto nel 2019 con il Partito democratico e poi non rieletto. I due non sono indagati e sostengono di non aver avuto mai ricevuto regali né di aver mai favorito in nessuna maniera Huawei.



    Agli atti dell’indagine ci sarebbero intercettazioni telefoniche, corrispondenze interne e atti parlamentari. Compresa una lettera (firmata da una quindicina di eurodeputati) che sarebbe stata preparata direttamente da Huawei. Le accuse sono di corruzione, falsificazione e uso di documenti falsi, riciclaggio di denaro e organizzazione criminale.

    […] Ottati è stato assunto, secondo l’inchiesta, dal colosso cinese proprio per i suoi rapporti con i gruppi all’europarlamento. Trasversali: Ottati aveva lavorato con diversi gruppi parlamentari e in tutto il parlamento aveva contatti ottimi.



    Con gli italiani, certo, ma anche con rumeni, spagnoli e alcuni deputati dei paesi dell’Est. Non a caso tra i luoghi perquisiti ieri ci sono anche due uffici all’interno del Parlamento - per questo è arrivata a Bruxelles la presidente, Roberta Metsola - dove lavorano due assistenti legati a Forza Italia e ai liberali di Democratic Bulgaria.

    Come nel caso del Qatargate anche questa volta le indagini sono partite da una segnalazione dei servizi di intelligence. Da tempo i servizi belgi lavoravano per ricostruire le modalità di selezione da parte della Huawei: era evidente, infatti, come i lobbisti fossero stati scelti tra le persone che lavoravano nelle istituzioni dell’Unione europea. E non solo.



    La questione Huawei — e un possibile tentativo del governo cinese di entrare in Europa tramite la società e la tecnologia 5G — è stata al centro dell’attenzione di tutte le intelligence occidentali. Nell’aprile scorso si parlò molto della nomina come consulente strategico dell’azienda cinese di Mirella Liuzzi, ex deputata 5 Stelle e sottosegretaria con delega alle Telecomunicazioni del governo Conte.

    Per Huawei — che annuncia «tolleranza zero in caso di illeciti: per noi la corruzione è intollerabile» — l’indagine arriva in un momento delicato: dopo lo stop avuto in tutta Europa per via del muro alzato dall’amministrazione Biden, per ragioni di sicurezza, alla loro tecnologia, con l’arrivo di Trump stava cercando di riallacciare vecchi rapporti. Rapporti che, dopo le notizie di ieri, difficilmente potranno essere riaperti.
  2. "Io e Jacobs spiati come dentro a un film Davamo fastidio a chi c'era prima di noi"
    Paolo Camossi
    Rientro in azzurro dorato: Paolo Camossi ha lasciato il giro della nazionale dopo il divorzio da Marcell Jacobs e ci è tornato da responsabile dei salti. Cinque medaglie dal settore agli Euroindoor sulle sei totali, con vista sui Mondiali indoor al via venerdì, a Nanchino. Per titoli che Camossi ha vinto, da triplista, nel 1991 e da allenatore, nel 2022. Le medaglie si giocano in un Paese dove il tecnico è stato per un anno e dove ha sentito la nostalgia di questa maglia. La ritrova animata da grande talento, la rindossa dopo la spy story che ha scosso l'atletica. C'è un'inchiesta aperta sul fratello di Filippo Tortu, Giacomo, accusato di aver pagato un hacker per spiare Jacobs, per spiare anche lui.
    Che effetto fa sapere di essere stato sotto controllo?
    «Pensi sia impossibile, poi realizzi che per un anno e mezzo qualcuno ha guardato dentro la tua vita ed è un film. Al di là di quello che poi stabilirà la magistratura, mi resta il senso della totale assurdità: non pensi di poter essere intercettato perché alleni un ragazzo che vince».
    Perché dava così fastidio che quel ragazzo vincesse?
    «Jacobs ha fatto qualcosa di straordinario, ha cancellato certe gerarchie sportive e sociali, ha annullato anche qualche programma altrui. Arrivava da una realtà ben diversa da chi vinceva in quegli anni, pure da una specialità differente. Non era calcolato e in un attimo, in 9 secondi e 95 e dopo addirittura in 9"80, ha rimosso quasi tutto quel che c'è stato prima di lui, tranne Mennea».
    Compreso il record di Filippo Tortu.
    «Noi, la sconfitta l'abbiamo sempre accettata e trasformata in motivazione. Sia da atleta sia da allenatore ho sempre trovato stimoli negli avversari».
    Ripensando ad allora, percepiva del malanimo da parte della famiglia Tortu?
    «Non è semplice accettare che arrivi qualcuno di nettamente più forte e ti batta e non è scontato che l'intero movimento circostante apprezzi il progresso. In pista ci si giocava tanto ed è normale che i rapporti non potessero restare stabili. La rivalità funziona così: io in pedana, nei Novanta e Duemila, me la vedevo con Fabrizio Donato e l'agonismo era tremendo. A volte a fine gara ci si salutava, a volte ci si girava dall'altra parte. È lo sport».
    Qui si è usciti dallo sport.
    «Aspettiamo l'inchiesta, ma spiare è inaccettabile, è violenza».
    Pensa di fare causa?
    «Ho dato a un legale il mandato di capire come muoversi».
    Perché era così normale sospettare Jacobs di doping? Vede un nesso tra quanto si sa oggi e i cattivi pensieri circolati subito dopo l'oro olimpico?
    «Quello che è successo a Tokyo ha fatto saltare tanti per aria. I Giochi li vincono gli americani e i giamaicani, si è inserito un italiano e ha dimostrato che con il lavoro giusto si raggiungono i sogni più impossibili. Non è andato giù. Ho sentito tante cose e ci sono rimasto male: qualcuno dell'ambiente ha cavalcato le diffamazioni. Tentativo maldestro».
    L'atletica impara qualche cosa da questa brutta storia?
    «Spero la dimentichi in fretta, come caso unico e irripetibile».
    Il caso non metterà in difficoltà la staffetta?
    «Lo chieda al responsabile della velocità, io mi occupo dei salti».
    L'atletica italiana è cambiata in sua assenza?
    «Questa Italia è bellissima, viva, talentuosa e umile. Piena di energia e grandissima leggerezza, anche grazie al rapporto diretto che il presidente Mei ha con i ragazzi. Agli Euroindoor, dove mancava il capitano dei capitani, i giovani ci hanno emozionato».
    Il capitano dei capitani è ovviamente Tamberi.
    «Sì, io l'avrei davvero voluto uno così che sta con la squadra, la incita, la ascolta, la guida. Non uno che magari va a Casa Italia e sta lì a mangiare per i fatti propri. Gimbo si nutre del ruolo, ne trae energia e la restituisce».
    Era finito un ciclo con Jacobs o si poteva andare avanti?
    «L'atleta è giustamente un animale egoista, se perde la fiducia è corretto che cambi aria, pur di mantenere rispetto e riconoscenza da entrambe le parti. Devo tanto a Marcell: ho avuto la fortuna di trovare un talento che si è affidato e fino a che è andata così ha funzionato».
    Ha visto le sue gare da quando si allena negli Usa con Reider?
    «Solo una, l'Europeo».
    Le Olimpiadi no?
    «No, ero in Cina a fare un'esperienza con la loro nazionale. Un periodo di grande solitudine che mi ha portato a capire molti errori».
    Poi ha lavorato con atleti paralimpici, Trent Merrill, lunghista americano e Maxcel Manu, velocista azzurro.
    «Mi hanno insegnato a smettere di guardare la piccola macchia nel foglio bianco. Prima mi fissavo per trovare il mondo di cancellarla, ora mi tengo l'enorme spazio a disposizione e ci disegno sopra ciò che voglio».
    Parlava del suo rivale storico, Donato: in Olanda avete visto insieme la gara di triplo vinta da Diaz, con bronzo a Dallavalle.
    «La mia prima uscita da caposettore è stata da lui. Abbiamo bevuto un caffè a Castelporziano, dove allena Diaz, e qualcuno ci ha detto "Anvedi che coppia si è formata". Eravamo due leoni, ci siamo scontrati in pedana e poi persi. Vedere con lui il successo agli Euroindoor è stato potente, belle emozioni. Fabrizio è uno vero e vorrei dialogare solo con persone che ti dicono le cose in faccia».
    Da dove è uscita una generazione di saltatori così brillante?
    «Gli allenatori parlano tra loro, scambiano informazioni. Non sputo sui sistemi che mi hanno fatto anche salire sul podio, ma i salti si sono evoluti e proprio io e Donato abbiamo messo l'accento sulla velocità, abbiamo iniziato a correre. Adesso si è spinto in quella direzione. Se abbiniamo la preparazione a ragazzi fantastici…» .
    Come si fa a non guastare questo capitale umano?
    «Con l'onestà. Parlando molto, correggendo gli errori e lasciando le invidie fuori. I successi degli altri sono contagiosi, credo si sia capito».
    Esiste una scuola italiana dei salti?
    «Esiste, ha cambiato indirizzo e corsi di studi e aggiunto il master. È salita vertiginosamente di livello».
    Iapichino ha vinto il primo oro internazionale, 27 anni dopo quello della madre, nella stessa competizione. Un modo per uscire dai paragoni o per aumentarli?
    «Qualsiasi confronto è inutile. Sono così diverse per stile e per esperienze, restano mamma e figlia: una storia gigante. Questo successo, Larissa lo ha fortemente voluto, una consapevolezza che si terrà stretta».
    L'atletica in famiglia si può gestire o a un certo punto si guasta?
    «È un vantaggio. Non sono d'accordo con chi pensa che il rapporto si deteriori sempre. Conta solo che i genitori siano preparati. Quando è così, è certo che il tecnico non avrà mai l'istinto di anteporsi all'atleta. Con questa base non ci sono limiti».
    Per i Tortu funziona?
    «Filippo ha corso in 9"99. Un signor risultato».
    Che cosa ha Furlani di speciale?
    «È bello vederlo saltare quanto sentirlo parlare. Ha l'empatia del campione, è ultra-cosciente di ogni gesto e ha la possibilità di dominare il lungo per parecchi anni. Di ori ne vincerà, tantissimi. Il rapporto con la madre e allenatrice, Kathy Seck, funziona. Non bisogna mai pensare che con quel potenziale un singolo risultato determini la traiettoria della carriera».
    Facciamo un gioco. Chi firma prima il record italiano tra Furlani che deve battere gli 8, 47 metri di Howe e Iapichino che se la vede con i 7,11 metri di Fiona May?
    «Lo avrebbero già potuto prendere entrambi. Ogni uscita è buona. Le misure non si rincorrono, si aspettano».
    Sta per arrivare l'anniversario del record del triplo di Edwards, suo avversario. In agosto sono 30 anni che quei 18, 29 metri reggono. Chi va oltre?
    «Diversi atleti lo hanno avvicinato mai battuto. Tra loro Thamgo, il francese da 18, 04 metri, oggi tecnico, che il nostro Diaz ha indicato ad Apeldoorn dicendogli: "Alla prossima ti supero". La strada è quella. I record cadono, succederà anche a quello di Bolt. Non credo a breve».
    Non ha visto i 100 metri di Parigi, guarderà quelli dei Mondiali di Tokyo sulla pista in cui Jacobs ha vinto l'oro olimpico?
    «Dipende, può essere che io sia impegnato a seguire i ragazzi dei salti e di certo le mie attenzioni saranno dedicate a loro».

 

 

 

14.03.25
  1. il commento
    Così Vladimir prepara il no al cessate il fuoco
    La "palla" diplomatica che tutti, da Marco Rubio a Emmanuel Macron, avevano ritenuto essere finita dopo la proposta di tregua ucraino-americana in campo russo, è rimasta al Cremlino soltanto per un paio di giorni. Ieri, con un lungo tiro, Vladimir Putin l'ha rispedita a Washington. Prima, ha indossato una mimetica per andare nel Kursk, a mostrarsi come il comandante sul campo di un esercito che avanza. Poi, ha fatto dire al suo consigliere per gli affari internazionali Yuri Ushakov che la Russia era contraria a un cessate-il-fuoco di 30 giorni che considerava un «trucco per favorire gli ucraini» (e il disclaimer del diplomatico che si trattava soltanto di una sua «opinione personale» è suonato quasi ridicolo). Poi, fa sapere che l'inviato di Donald Trump, Steve Witkoff, arrivato a Mosca ieri, dovrà aspettare una eventuale convocazione al Cremlino a fine serata. "Quando il presidente Putin sarà pronto, darà lui il segnale", dice Ushakov davanti alle telecamere, con l'evidente intento di mostrare che l'ospite americano – scelto da Trump proprio perché un "negoziatore duro" - non fa paura ai russi. Infine, arriva il turno di Putin di parlare, e dichiarare di non essere contrario in linea di principio a una tregua, "idea giusta", per poi snocciolare una serie di domande tutt'altro che pretestuose sulle condizioni alle quali attuarla: chi dovrebbe ordinare di cessare le ostilità, chi e come dovrebbe controllare il rispetto dei patti, chi verrebbe incaricato di verificare le eventuali violazioni e come sarebbero state sanzionate.
    Sostanzialmente, Putin ha fatto la stessa cosa che aveva fatto due settimane prima nello Studio Ovale Volodymyr Zelensky, ma da una distanza di sicurezza: ha sgonfiato l'entusiasmo di Donald Trump con una secchiata di freddo realismo politico. Al quale ha aggiunto, sempre in forma di domande retoriche, una manciata di condizioni supplementari russe: sospendere per la durata della tregua l'invio delle armi all'Ucraina e la mobilitazione di nuove reclute, senza ovviamente promettere un impegno simmetrico della Russia. Inoltre, Putin vuole che Kyiv ordini la resa alle truppe ucraine ancora rimaste nella regione russa di Kursk. Una condizione impossibile dopo che lo stesso dittatore russo aveva, appena il giorno prima, promesso che i soldati ucraini catturati in territorio russo sarebbero stati trattati non come prigionieri di guerra, ma come «terroristi», quindi non soggetti allo scambio «tutti contro tutti» proposto da Zelensky.
    Se qualcuno a Washington aveva pensato che, dopo aver ottenuto con il ricatto l'assenso dell'Ucraina alla proposta di tregua, Putin sarebbe stato costretto a firmare, per non apparire come il responsabile della guerra, aveva sottovalutato l'esperienza del Cremlino nei giochi diplomatici. Ovviamente Putin non dice un "niet" chiaro, dice "sì, però", e invita la gli americani e gli ucraini ad aprire delle danze interminabili su condizioni, protocolli, garanzie, clausole e cavilli. Zelensky, che ha già l'esperienza degli accordi di Minsk, interviene subito parlando di «parole prevedibili» e di «una manipolazione sulla tregua da parte di Putin, che in realtà sta preparando un rifiuto fin da ora». Osservando in silenzio per due settimane Trump tormentare l'Ucraina, Putin ne ha tratto due lezioni importanti: la prima, che il presidente americano continua a confondere la tregua con la pace, e la seconda che contraddirlo apertamente potrebbe portare a risultati spiacevoli. Quindi si solidarizza di nuovo paradossalmente con Zelensky nel dire che un cessate-il-fuoco è inutile e bisogna procedere invece verso una «risoluzione complessiva, che sradichi la causa del conflitto». Che, per Mosca, era l'esistenza stessa di un'Ucraina indipendente e orientata verso l'Occidente.
    Putin alza la posta dunque, convinto di essere in questo momento nella posizione più forte, «con le carte in mano», per usare un linguaggio trumpiano. La controffensiva russa a Kursk minaccia di togliere a Zelensky una importante pedina di scambio territoriale, e sostenendo che l'esercito russo «avanza lungo tutto il fronte», il capo del Cremlino invita a far partire un eventuale accordo dalle "realtà sul terreno". Che probabilmente spera di cambiare ulteriormente a suo favore, con o senza un accordo formale di tregua. —
  2. la controffensiva nel territorio del kursk alle fasi finali
    La Russia rivendica la conquista di Sudzha "I soldati ucraini sono ormai intrappolati"
    Secondo quanto riportato dal Ministero della Difesa russo, le forze armate di Mosca avrebbero riconquistato Sudzha, roccaforte strategica delle truppe ucraine nell'area dell'oblast di Kursk, in Russia. Da parte sua, Kyiv ha confermato soltanto che vi sono intensi scontri in corso nella zona, senza fornire dettagli aggiuntivi. Gli analisti militari del gruppo di monitoraggio DeepState e del think tank Institute for the Study of War (ISW) sostengono che la Russia abbia preso il controllo «parziale o totale» di Sudzha, mentre l'Ucraina sembra si stia ritirando.
    La cittadina, che si trova vicino al confine, era stata conquistata dalle forze ucraine all'inizio dell'incursione nell'oblast di Kursk nell'agosto del 2024, insieme a circa 1.300 chilometri quadrati di territorio, gran parte dei quali sembrano ora essere stati persi. Il Cremlino ha dichiarato che le sue truppe si trovano ormai nella fase finale dell'operazione per riprendere il controllo completo della regione. La notte scorsa, durante una presunta visita a un punto di comando della zona, il presidente Vladimir Putin è apparso in mimetica davanti alle telecamere della propaganda, ordinando ai suoi generali di riconquistare rapidamente quei territori: «I soldati ucraini rimasti nella regione occidentale sono intrappolati». La situazione sul fronte ucraino è peggiorata notevolmente nell'ultima settimana. In sette giorni, le forze russe, supportate da migliaia di soldati nordcoreani, hanno riconquistato decine di chilometri quadrati di terreno. —
  3. l dossier
    Il Libro Bianco della Difesa "Acquisti comuni di armi Ue"
    CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
    La Commissione europea come centrale unica di acquisto delle forniture militari, esattamente come accadde per i vaccini. Priorità all'industria europea per gli ordini, includendo anche l'Ucraina in modo da integrare la sua industria militare con quella del Vecchio Continente. Sostegno finanziario e normativo all'industria della Difesa del Vecchio Continente anche per snellire gli oneri burocratici, favorirne lo sviluppo e recuperare il gap con quella di altri attori globali. E poi nuove partnership in materia di sicurezza con Stati come Canada, Norvegia, Regno Unito, ma anche Turchia e i Paesi dell'Indopacifico. Dopo aver presentato il piano "ReArm Europe", Ursula von der Leyen ha completato il suo "Libro Bianco sul futuro della Difesa europea" che definisce una strategia a 360 gradi per andare al di là degli aspetti finanziari che dovrebbero portare gli Stati a mobilitare fino a 800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni.
    Il documento di 20 pagine sarà presentato la prossima settimana e finirà sul tavolo del Consiglio europeo di giovedì e venerdì. «La Russia è una minaccia esistenziale per l'Unione – si legge nella bozza visionata da La Stampa – e la necessità di dissuadere da un'aggressione armata russa rimarrà anche dopo un accordo di pace duraturo con l'Ucraina». La Commissione sottolinea che «la Nato resta la pietra miliare della difesa collettiva europea, ma le garanzie di sicurezza degli Stati Uniti non possono essere date per scontate». Quindi bisogna spendere «meglio, insieme ed europeo». Anche perché il contesto strategico è «radicalmente cambiato»: non c'è soltanto il pericolo russo, visto che – si spiega nel Libro Bianco – altre minacce arrivano dalla Cina, dal Medio Oriente e dall'Africa, soprattutto dal Sahel, dalla Libia e dal Sudan.
    Nell'immediato, però, la priorità sarà il supporto all'Ucraina perché «è da lì che bisogna iniziare per ricostruire la Difesa europea». La Commissione chiede di aumentare il sostegno su tre fronti. Innanzitutto, in termini di forniture militari: servono 1,5 milioni di munizioni di grosso calibro entro il 2025, sistemi di difesa aerea, missili, droni, addestramento ed equipaggiamento per l'esercito, sostegno diretto all'industria militare di Kiev attraverso commesse, rafforzamento della mobilità militare e associazione parziale ai programmi spaziali Ue. Dopodiché von der Leyen chiede di includere Kiev nelle iniziative europee per gli acquisti congiunti di armi e di integrare il più possibile l'industria della Difesa di Kiev in quella europea.
    Il Libro Bianco individua sette aree critiche in cui l'Europa presenta ancora dei gap da colmare. Tra queste, c'è la necessità di introdurre uno scudo aereo e missilistico multilivello e integrato sotto il comando Nato, sistemi di artiglieria, una riserva strategica di munizioni e missili, una flotta di droni, una rete europea per favorire la mobilità militare, protezione delle infrastrutture critiche, sviluppare applicazioni nel campo dell'intelligenza artificiale e realizzare uno scudo spaziale e uno scudo terrestre sul fianco orientale (si tratta del progetto di Difesa portato avanti dal governo polacco).
    La Commissione chiede agli Stati di muoversi attraverso appalti congiunti («almeno il 35% degli acquisti») per evitare una spirale inflazionistica sui prezzi e scongiurare una concorrenza interna sulle materie prime e si offre come centrale unica per gli acquisti. In arrivo anche una modifica della Direttiva sugli appalti per la sicurezza e la Difesa in modo da introdurre il concetto di "buy European" nei settori strategici per i prodotti che sono a disposizione. In sostanza bisognerà innanzitutto cercare una soluzione all'interno dell'Ue, poi eventualmente negoziare con altri fornitori europei. Se non fosse possibile ottenere le forniture a condizioni accettabili, a quel punto ci si dovrà rivolgere a Paesi «con idee simili».
    Confermati gli strumenti finanziari già anticipati da Ursula von der Leyen per mobilitare gli 800 miliardi ritenuti necessari. La Commissione chiede agli Stati di attivare in maniera coordinata la clausola di salvaguardia del Patto di Stabilità «entro aprile» e di mantenerla per quattro anni (coprirà sia gli investimenti che la spesa corrente per la Difesa), di adottare «con urgenza» il regolamento per il nuovo strumento finanziario da 150 miliardi di euro che fornirà prestiti a tassi agevolati agli Stati, di utilizzare i fondi del bilancio Ue anche per le spese militari e di cambiare il mandato della Banca europea per gli investimenti. Accanto a queste iniziative, la Commissione suggerisce di mobilitare investimenti privati tramite l'Unione dei risparmi, ma nel documento non c'è traccia della proposta italiana di utilizzare il piano InvestEU per fornire garanzie pubbliche. —
  4. La nuova coalizione cdu-spd scricchiola
    Germania, fondo da 500 miliardi in stallo I dubbi dei Verdi mettono all'angolo Merz
    Prima ancora di venire alla luce il nascituro governo tedesco di Grosse Koalition (Cdu-Csu e Spd) attira già le critiche di tutto l'arco costituzionale. Ieri al Parlamento è cominciata la discussione che, passando per il voto, dovrebbe permettere i cambiamenti costituzionali necessari ad approvare il fondo speciale da 500 miliardi per le infrastrutture e la sospensione del freno al debito per le spese nella Difesa superiori all'1%. Per approvare le due misure si deve raggiungere la maggioranza di due terzi del Parlamento. Ma una simile costellazione è possibile solo con il voto dei verdi. E il loro appoggio è tutt'altro che scontato. La spiegazione, dicono gli ambientalisti, è semplice: il fondo di 500 miliardi per le infrastrutture non andrà a mobilizzare risorse per nuovi progetti ma servirà a coprire i buchi di bilancio in piani già approvati e per la riduzione fiscale ad alcune categorie, operazione classificata come "mance elettorali". Lo ha sostenuto la capogruppo dei Verdi, Katharina Dröge, che ha fatto notare come dal testo del provvedimento manchi l'aggettivo "aggiuntivo" accanto al sostantivo "investimento". usk. aud. —
  5. Scandalo tangenti all'Europarlamento Nel mirino Huawei
    MARCO BRESOLIN
    CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
    Una raffica di perquisizioni, i fermi, i sigilli agli uffici di alcuni assistenti al Parlamento europeo. A due anni e mezzo dall'esplosione del cosiddetto Qatargate – la cui inchiesta non ha ancora avuto sviluppi giudiziari concreti – nuove ombre si allungano sulla casa della democrazia europea. Ancora una volta la vicenda nasce da un'indagine dei servizi belgi che indagano sulle ingerenze esterne di un Paese terzo (dopo il Qatar e il Marocco, questa è la volta della Cina) e ancora una volta il dossier finisce sul tavolo della procura ordinaria per capire se la legittima attività di lobbying sia effettivamente sfociata in corruzione, in questo caso «a beneficio della società Huawei», come ha informato la procura federale belga. Ancora una volta, i protagonisti di questa storia europea parlano italiano.
    Secondo quanto riportato dal quotidiano Le Soir, al centro dell'indagine ci sarebbe Valerio Ottati, un 41enne di origini italiane, ma nato a Bruxelles. Dal 2019 è il direttore per gli affari pubblici dell'ufficio di Huawei presso l'Unione europea e dal 2009 al 2019 è stato assistente parlamentare per due legislature, una con Enzo Rivellini (del Ppe) e una con il dem Nicola Caputo. Entrambi però sarebbero estranei alla vicenda, visto che le indagini si concentrano sulle attività di lobbying condotte da Ottati grazie al suo bagaglio di contatti e conoscenze all'interno dell'Eurocamera a partire dal 2021, quando si è intensificato il pressing di Huawei per contrastare i tentativi di limitare la sua diffusione sulle reti strategiche europee a causa dei timori legati alla sicurezza. La società spiega di aver «appreso con grande serietà le accuse» e rende noto che comunicherà «urgentemente con i responsabili delle indagini per comprendere meglio la situazione. Huawei ha una politica di tolleranza zero nei confronti della corruzione».
    Due gli uffici che sono stati posti sotto sequestri nella sede del Parlamento europeo di Bruxelles. Quello di un veterano che lavora con l'eurodeputato bulgaro dei liberali di Renew Europe Adam Mouchtar, e quello di un giovane italiano che risulta essere assistente del neo-eletto parlamentare di Forza Italia, Marco Falcone, che però non risulta coinvolto nell'inchiesta. La delegazione di Forza Italia fa sapere che «nessun tipo di utilità di qualsiasi genere è mai stata conferita a membri o componenti dello staff». Al momento non ci sarebbero eurodeputati sul registro degli indagati, ma secondo il quotidiano belga Le Soir gli investigatori sospettano il coinvolgimento di «una manciata» di parlamentari europei, anche se quelli nel mirino sarebbero «una quindicina».
    L'operazione "Génération" è scattata ieri mattina all'alba, quando più di cento agenti della polizia giudiziaria federale hanno condotto perquisizioni in 21 abitazioni e ufficio in tutto il Belgio. Almeno sette lobbisti sarebbero stati fermati, tutti legati a Huawei. Un arresto è stato condotto in Francia. Le accuse sono di corruzione, utilizzo di documenti falsi, riciclaggio e associazione a delinquere. Stando alle ipotesi accusatorie, gli eurodeputati sarebbero stati corrotti attraverso regali, biglietti d'ingresso allo stadio, smartphone Huawei, viaggi, ma ci sarebbero stati anche versamenti di denaro per migliaia di euro attraverso l'intermediazione di una società portoghese la cui sede ieri è stata perquisita. —
  6. Louvre
    Tombaroli
    al
    irene famà
    roma
    La filosofia dei tombaroli è riassunta lì, nella curiosità per la storia antica che diventa passione spregiudicata per il vil denaro. I predatori scavano illegalmente tra fango e sabbia, cercano reperti pregiati e li vendono al miglior offerente.
    Così è stato per sei opere rubate nel centro e nel sud Italia ed ora esposte al Museo del Louvre. Il tribunale di Roma ne ha disposto la confisca: sono parte del patrimonio del Paese. C'è stato anche un lungo carteggio tra il ministero della Cultura e il museo francese, iniziato dal 2018 e proseguito sino ad oggi. Si è cercato di trovare un accordo, una soluzione pacifica che non minasse la reputazione del Louvre e che consentisse alle opere di tornare in Italia. Il compromesso verrà trovato in un'aula di tribunale nei prossimi mesi, quando all'udienza tecnica per arrivare alla confisca dei beni presenzierà anche la direttrice del museo di Parigi Laurence Des Cars.
    Anfore, rilievi in terracotta, vasi greci del «pittore di Ixion» e alla maniera del «pittore di Antimene» del IV secolo a.C. al centro di questa querelle tra Italia e Francia. E una storia, più di altre, racconta peripezie e viaggi e compravendite: quella dell'architrave in pietra della chiesa di San Nicola di Bari di Avezzano, in Abruzzo. Di quella parrocchia, distrutta dal terremoto del 1915 e saccheggiata da ladri senza scrupoli, resta poco o niente. Viene trafugato quasi tutto. Compreso l'architrave poi commercializzato nel 1935 dalla galleria parigina Edgar Altounian. Viene offerto in vendita al Louvre per 75 mila franchi: il museo, all'epoca, declinò l'offerta. E così l'architrave fa il giro dell'Europa: durante l'occupazione tedesca finisce al Kunstgewerbemuseum di Düsseldorf pare per 300 mila franchi. Poi la Seconda Guerra Mondiale determina le sorti della cultura: il museo tedesco viene bombardato e le truppe francesi riportano il reperto a Parigi. Esposto al Louvre dal 21 dicembre 1983, ora è tra i capolavori del rinascimento italiano. E negli atti d'indagine, condotta dal reparto operativo dei carabinieri tutela patrimonio culturale, viene riassunta la partita. «Il ministro della cultura francese e il museo del Louvre hanno sempre saputo che l'architrave era di provenienza italiana e avrebbero dovuto informare il ministero della cultura italiano sino dal 1935» scrive il pubblico ministero Stefano Opilio. «La chiesa era abbandonata già dal 1874 e l'architrave era già entrata nella collezione dei beni dell'antiquario Altounian nel primo ventennio del 900» ribattono. «Resta un bene del patrimonio nazionale», è la posizione italiana.
    E ancora. I rilievi in terracotta che raffigurano le Nereidi, ninfe marine della mitologia greca, sono passate da una collezione privata svizzera. C'è un'antica fattura, compresa di costo di restauro. «Ma – si legge negli atti - appare singolare come una proposta di acquisto da parte del conservatore dell'epoca del museo del Louvre sia stata autorizzata senza gli opportuni accertamenti sulle opere». La procura si domanda: «Nessun sospetto è mai sorto agli illustri acquirenti che le opere potessero venire dal commercio clandestino, da tombaroli, da mercanti senza scrupoli e da società svizzere sempre pronte a tutelare l'anonimato dei cittadini considerati tra i più importanti collezionisti al mondo di beni archeologici peraltro inediti?».
    Antiquari, collezionisti, copie cattive di Indiana Jones: in questa faccenda ognuno ha il suo ruolo. Tutti arraffano la cultura, nessuno si chiede da dove arriva e perché. Ci si assicura dell'autenticità delle opere, dimenticandosi di preoccuparsi della loro provenienza. E così un'anfora panatenaica a figure rosse viene acquistata all'asta Sotheby's New York del 19 giugno 1990, aggiudicata dal museo francese per oltre 541 mila dollari. Con tanto di ricevuta. Eppure dietro quell'asta si celava una fantomatica collezione di due fratelli che avevano investito in archeologia senza provenienza.
    Nel 2023, dopo complesse trattative, 750 reperti archeologici vengono rimpatriati in Italia da Londra. Nel maggio dell'anno scorso, vengono restituiti 600 fra ceramiche, bronzi, sculture e pitture dagli Usa, finite in musei, case e gallerie private. E pare che ci sia una disputa in corso tra l'Italia e il Getty Museum di Los Angeles.
    Ora l'Italia chiede che quelle sei opere, che raccontano tradizioni e filosofia, tornino a casa. Compresa una testa del potente Eracle, in terracotta, che tanto ha viaggiato: New York, Boston, Parigi. Chissà, forse un domani Roma. —

 

 

13.03.25
  1. IL NUCLEARE ITALIANO PREMESSA PER QUELLO MILITARE:Ritorna sempre la stessa domanda: ma perché in Italia abbiamo le bollette più care d’Europa? Negli ultimi 6 mesi il prezzo della materia prima nella bolletta elettrica in Italia è stato in media di 132 euro/MWh, rispetto a 104 in Germania (27% in meno), 94 in Spagna (40% in meno) e 90 in Francia (47% in meno) (fonte: Ember qui dal 1/9/2024 al 28/2/2025).
    Questo accade perché il costo finale dell’elettricità dipende dal «prezzo marginale», ossia il «prezzo dell’ultima unità di energia necessaria per soddisfare la domanda in un dato momento» […]
    In altre parole, il prezzo è determinato dall’ultima goccia di energia che entra nel sistema. In Italia, questa goccia è principalmente il gas, il cui costo, al contrario delle fonti rinnovabili, è legato all’andamento della quotazione di borsa di Amsterdam, e alle speculazioni di mercato innescate dalle questioni geopolitiche. […

    Per il 2024, il gas rappresenta l’ultima goccia di energia che entra nel sistema per il 63% del tempo, con un prezzo medio di 110 euro/MWh in tutta Italia. Le fonti rinnovabili eolico e fotovoltaico contribuiscono invece solo per il 2%, con un prezzo medio che varia tra 25 e 85 euro/MWh a seconda delle zone (80 euro al Nord, 85 al Centronord, 82 al Centrosud, 71 Euro al Sud, 73 in Sicilia, 72 in Calabria e 25 euro in Sardegna. Fonte: elaborazione di Italia Solare su dati GME, Gestore dei Mercati Energetici).
    Insomma sviluppare sempre più energia rinnovabile non solo è cruciale contro il cambiamento climatico, ma anche utile per ridurre il costo delle bollette delle famiglie, poiché contribuisce a rendere l’energia più economica. Attualmente, in Italia, il 44% dell’energia prodotta proviene da fonti rinnovabili, mentre in Germania è al 48%, in Francia al 24% (dove però la produzione di energia nucleare arriva al 68%) e in Spagna al 55% (anche qui c’è una quota di nucleare, pari al 20%).



    […] Il nostro Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec qui pag. 103) si è dato l’obiettivo di arrivare al 63,4% di produzione green entro il 2030. Eppure eravamo partiti bene, ma poi abbiamo rallentato. Cosa è successo?



    Quello che puntualmente viene tenuto nascosto da tutti i governi è la lentezza burocratica e l’incertezza delle politiche messe in campo fin qui. Prendiamo il fotovoltaico. Negli anni 2000, la produzione di energia fotovoltaica in Italia era inferiore a 1 Terawattora (TWh), oggi è arrivata a 36,1 TWh e il proposito è di raggiungere 98 TWh nel 2030, facendo proprio del fotovoltaico la principale fonte di energia rinnovabile del Paese (qui pag. 104). […]

    Tra il 2005 e il 2012, il governo italiano approva un programma di incentivi alla produzione di fotovoltaico che garantisce agli operatori pagamenti fissi per l’energia prodotta dalle rinnovabili (qui e qui DM 28 luglio 2005, art. 6). Sulla base di queste regole tra il 2009 al 2012 l’uomo d’affari franco-svizzero Francis Louvard decide di investire in Italia con due società tedesche e una austriaca 399 milioni di euro in 356 impianti fotovoltaici (qui da pag. 55 e qui la vicenda raccontata da Tvsvizzera).



    Tuttavia il decreto-legge n. 91 del 24 giugno 2014 (qui art. 26 e qui allegato 2) taglia in modo retroattivo le risorse destinate agli incentivi degli impianti già funzionanti. Louvard lamenta una perdita importante di valore degli investimenti (qui da pagina 344), e nel 2016 avvia un arbitrato al Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID) di Washington D.C. contro lo Stato italiano.

    La sentenza arriva il 14 settembre 2020 con la condanna a risarcire l’uomo d’affari con 16 milioni di euro, più gli interessi, per un totale di 28 milioni. La motivazione è la seguente: «L’Italia ha modificato unilateralmente gli impegni specifici (le tariffe fisse per un periodo di 20 anni) che avevano spinto le società ricorrenti a effettuare i loro investimenti nel Paese» (qui a pagina 354).



    Per ottenere il risarcimento da parte del governo italiano Louvard di recente ottiene dal Tribunale civile di Ginevra anche l’emissione di un decreto di sequestro conservativo sulla Casa d’Italia a Zurigo, storico edificio di 5.000 mq. risalente al 1919 di proprietà dello Stato italiano e ora in ristrutturazione per ospitare gli Uffici del Consolato Generale, l’Istituto di Cultura, le Scuole statali italiane e il Comites, l’organo di rappresentanza degli italiani all’estero.



    In pratica, invece di attrarre investitori per potenziare il fotovoltaico, abbiamo contribuito a creare l’immagine di un’Italia incerta dal punto di vista delle leggi e delle normative. Questo ha fatto sì che di fatto gli investimenti restassero fermi fino al 2020 come mostra il grafico di Italia Solare.

    Negli anni successivi è andata meglio? Dal 2021 gli investitori chiedono di conoscere tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti, in particolare come il governo intende supportare l’energia da fonti rinnovabili in linea con la direttiva Ue 2018/ 2001 (c.d. RED II). In sostanza, gli operatori del settore, che hanno già ottenuto le autorizzazioni per costruire impianti dopo un lungo processo burocratico […], vogliono sapere in anticipo quali incentivi riceveranno dal governo, prima di iniziare i lavori di costruzione, sperando poi di non trovarsi nella stessa situazione di Louvard.



    Già nel 2021, il settore delle rinnovabili aspetta il cosiddetto decreto FER X, che avrebbe dovuto consentire l’avvio di nuovi progetti per grandi impianti fotovoltaici. Tuttavia, nel 2022, 2023 e 2024 si susseguono solo consultazioni, annunci, promesse, bozze, ripensamenti e aggiustamenti, passaggi alla Commissione europea e alla Corte dei Conti. Ma niente di fatto. Siccome il decreto deve prevedere di stabilizzare i ricavi per 10.000 MW dalle installazioni di impianti con potenza superiore a 1 megawatt, e stima il costo di tali impianti in 900 mila euro a megawatt, ne consegue che di fatto si sono bloccati investimenti per 9 miliardi.


    Il decreto entra finalmente in vigore il 28 febbraio 2025 (qui) e stabilisce come saranno incentivati gli impianti di energia rinnovabile. Il meccanismo prevede che il prezzo di aggiudicazione delle aste al ribasso sia la tariffa di riferimento per i successivi 20 anni pagata agli operatori, e che sarà al massimo di 95 euro per megawattora (le previsioni in realtà sono per tariffe ancora più basse, sotto gli 80 euro, decisamente inferiori al prezzo medio dell'energia dopo l'invasione russa dell’Ucraina).



    Se poi l’operatore venderà l’energia a un prezzo inferiore a quello fissato dall’asta, il Gestore dei Mercati Energetici compenserà la differenza, mentre se venderà a un prezzo maggiore, restituirà la differenza. In questo modo, l’Italia si garantirà energia pulita a un costo fisso, evitando le fluttuazioni del mercato.

    Tuttavia, il ritardo nell’attuazione del decreto ha rallentato l’introduzione di un sistema che avrebbe permesso già oggi di destinare risorse economiche importanti per ridurre il costo delle bollette. Invece per vederne gli effetti dovremo attendere almeno il 2027, quando i nuovi impianti saranno operativi.



    Tutto questo grazie all’incertezza e ai ritardi nomativi che hanno fatto perdere anni preziosi. Inoltre, il decreto FER X appena entrato in vigore, scadrà il 31 dicembre 2025. È in sostanza un decreto transitorio in attesa di promulgarne un altro di lungo periodo. Allora la domanda è: vogliamo davvero continuare a ripetere gli stessi errori, con danni agli investitori e, conseguentemente, ai cittadini che pagano le bollette?
  2. All’inizio della carriera lo chiamavano “tigre”. Ma alla fine si è rivelato una tigre di carta. E la carta si è rivelata pure straccia. Che cosa rimane oggi delle scorribande dell’Ingegnere Carlo De Benedetti?
    Che cosa rimane dell’imprenditore che “assaltava i cieli della finanza”? Che cosa rimane della potenza del condottiero che scuoteva la Borsa e l’Europa? I tre figli, Rodolfo, Marco ed Edoardo, ormai governano sui resti di quello che avrebbe potuto essere un impero, e invece si è rivelato soltanto una promessa mancata.
    Dentro la Cir, come si chiama da 50 anni la società che controlla i patrimoni della famiglia, sono rimaste soltanto due attività: le strutture sanitarie della Kos e la componentistica per auto della Sogefi, o quel che resta di essa dopo le ultime cessioni. Nient’altro, a parte la cassa piena. Di soldi tanti, di industria quasi nulla.
    Il papà di Carlo, Rodolfo, ha aperto la dinastia imprenditoriale producendo tubi. Ora i suoi eredi rischiano di chiuderla producendo un tubo. Se uno dice Ferrero pensa al cioccolato, se dice Barilla pensa alla pasta, se dice Lavazza pensa al caffè. Se dice De Benedetti a che cosa pensa? L’Ingegnere è entrato e uscito da ogni settore industriale, senza mai costruire nulla di importante.


    Senza mai creare qualcosa che sia durato nel tempo. Negli anni Settanta irruppe in Fiat con la voglia di cambiare il mondo dell’auto: se ne andò dopo cento giorni, senza lasciar traccia.

    Si buttò sull’Olivetti per rilanciare l’informatica, ma nel frattempo l’informatica italiana è morta. Nel 1978 a Cupertino incontrò Steve Jobs, che gli propose di partecipare all’avventura di Apple, ma lui rifiutò.
    “Che cosa vuole questo capellone?” pensò. “Abbiamo cose più serie da fare”. In effetti: si dedicò alla telefonia mobile, facendo nascere il primo operatore italiano, Omnitel, che però fu venduto ai tedeschi. Provò ad andare alla conquista del Belgio, e se ne tornò con la coda tra le gambe.



    L’alimentare? Ha comprato Buitoni, ma l’ha subito venduta alla multinazionale Nestlé. L’energia? Ha fondato Sorgenia, ma poi se la sono presa le banche perché non riusciva a pagare i debiti.

    Insomma, non c’è settore in cui Carlo non si sia cimentato. E non c’è settore da cui non se ne sia andato. A volte con le ossa rotte, a volte con le tasche piene. In ogni caso, lasciando ben poco all’Italia, a parte l’esibizione della sua ricchezza. Che, ovviamente, si è goduto da cittadino svizzero.
    E i giornali? A lungo cuore del potere debenedettiano, ora sono finiti pure loro fuori dai confini dell’impero. Venduti, liquidati, fatti a brandelli. E pensare che L’Espresso-Repubblica era la vera passione dell’Ingegnere, il gioiello più amato, quello su cui ha investito più energia ed entusiasmo. Ma anche il tesoro di carta, alla fine, si è rivelato soltanto carta straccia.
    E infatti oggi per i De Benedetti i giornali non sono più nulla, se non il ricordo amaro di uno strappo che ha sconquassato per sempre la famiglia.
    È proprio attorno alla vendita dell’Espresso-Repubblica, infatti, che è scoppiata la devastante guerra ereditaria: scontro aperto, furore a mezzo stampa, fiumi di inchiostro e veleni, con il padre all’attacco dei figli, i figli all’attacco del padre, nuore contro suoceri, suoceri contro tutti, e altre baruffe domestiche. Rissa continua, insomma, mentre i giornali, passati in altre mani, non hanno smesso di spegnersi, giorno dopo giorno. Un altro pezzo dell’impero, il più pregiato, finito in macerie.
    Eppure sembravano tutti così felici quel giorno di fine ottobre 2012, quando Carlo donò l’intera azienda ai suoi tre figli. Il futuro appariva radioso. Regnava l’armonia, e tutti giuravano sarebbe stata perenne. Per la verità l’Ingegnere aveva già rinunciato alle cariche operative tre anni prima, ma fu solo allora, nell’ottobre 2012, che decise di cedere a Rodolfo, Marco ed Edoardo anche la proprietà dell’impero, tutta la proprietà, fino all’ultima azione, fino all’ultima partecipazione.
    (…) (…) Ma nell’ottobre 2019, sette anni dopo il passaggio di consegne, e tre anni dopo l’ennesima intervista di autocompiacimento, l’Ingegnere sbottò, accusando i figli di gestire male l’eredità. E lo fece a mezzo stampa. In particolare disse di sentirsi offeso dalla distruzione dei giornali, i suoi amati giornali, che aveva lasciato nelle mani degli eredi con tanta fiducia. Sostenne che Rodolfo e Marco non erano “capaci di fare questo mestiere”, cioè gli editori.

    Che non amavano l’impero di carta. E che lo stavano facendo a pezzi. I figli, ovviamente, si risentirono e risposero per le rime, pubblicamente, a mezzo comunicati. Seguirono ripicche, stoccate, rapporti che non furono mai più gli stessi, incomprensioni e veleni privati che vennero versati in piazza, sotto gli occhi di tutti.
    Carlo provò pure a ricomprare ciò che aveva lasciato in eredità. O almeno disse di volerlo fare. Fece un’offerta, troppo bassa però. Inaccettabile. Infatti i figli la respinsero (“Proposta manifestamente irricevibile”) e, quasi per fargli un dispetto, cedettero il tutto a John Elkann, il nipote di Agnelli.

    L’Ingegnere s’infuriò: “Io quei giornali glieli ho regalati. E mi hanno insegnato che i regali non si vendono...”. (…) È transitato nel fango del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, e ne è uscito indenne (e pure con un bel pacco di miliardi in tasca). È finito agli arresti per Tangentopoli, ma non si è macchiato la reputazione.
    Ha riempito le poste di inutili telescriventi, ma l’ha fatta passare quasi per un’opera buona. Ha ceduto pezzi importanti della tecnologia ai tedeschi, ma ovviamente l’ha fatto per difendere l’Italia. Ha fatto strage di posti di lavoro, ma lo hanno descritto come un amico dell’occupazione.

    E infine, come si diceva, ha preso la residenza fiscale in Svizzera e per anni si è concesso il lusso di spiegare come bisogna pagare le tasse in Italia (...) Carlo De Benedetti è un cittadino svizzero. Abita a Montecarlo. Ha avuto uno yacht battente bandiera delle Cayman. Però non ha mai smesso di spiegare come bisogna pagare le tasse in Italia.
    Vere e proprie lezioni di rigore tributario dalla cattedra fiscale di Sankt Moritz.
    (...)27 aprile 2015, tribunale di Milano.

    L’Ingegnere viene convocato come teste. A interrogarlo, l’avvocato Tullio Padovani, che difende l’imputato, l’allora presidente della Pirelli, Marco Tronchetti Provera.
    Avvocato: Lei ha memoria di una sentenza del tribunale di Ivrea in data 14 ottobre 1999 e passata in giudicato il 22 novembre 1999?

    De Benedetti: No.

    Avvocato: Quindi lei non ricorda di che cos’era imputato?

    De Benedetti: Non ricordo. Era una cosa irrilevante finita in nulla.
    Avvocato: Non è finita in nulla. È finita con una condanna nei suoi confronti per falso in bilancio. Le imputazioni si riferivano ai bilanci della Olivetti 1994, 1995 e 1996 per cifre di 45 miliardi, 60 miliardi e 18 miliardi. Lei non ricorda di aver risarcito Olivetti per quei falsi?

    De Benedetti: No.

    Avvocato: Eppure l’ha risarcito, così dà atto il giudice a pagina 16 della sentenza.

    Lei non ricorda nulla di tutto questo?

    De Benedetti: No.
    Avvocato: Nemmeno di aver risarcito l’Olivetti?

    De Benedetti: No. (...)
    E dire che quel processo l’aveva voluto lui: fu CDB infatti a denunciare l’allora presidente della Pirelli, Marco Tronchetti Provera, per alcune critiche che quest’ultimo gli aveva rivolto, fra le quali quella di essere stato “molto discusso per certi bilanci Olivetti” e di essere stato “coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano”.
    Querela, processo, sentenza: Tronchetti Provera venne assolto e così la denuncia si trasformò in un boomerang, perché dimostrò che quelle accuse erano più che lecite. E da allora, dunque, tutti possono dire che De Benedetti è stato “coinvolto” nella bancarotta del Banco Ambrosiano e che fu “discusso” per certi bilanci Olivetti. Ancora una volta l’Ingegnere ha giocato d’azzardo. E ha perso
  3. Il ministro durante il question time
    Giorgetti: "Il Paese subirà dei danni Ora scambi con maggiore trasparenza"
    Allarme dazi per l'Italia. Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, non ha utilizzato giri di parole per definire la situazione. «È innegabile che la politica di introduzione di dazi annunciata dall'amministrazione Usa potrebbe danneggiare l'economia italiana come quella europea e con effetto a catena il commercio globale», ha notato Giorgetti rispondendo in question time alla Camera. Tuttavia, c'è la possibilità di osservare un'esternalità positiva, mentre si studiano le contromosse. «Però una cosa in questo momento secondo me va ribadita, di cui forse ci dimentichiamo: arriviamo da decenni di concorrenza totale a livello globale, la mitica globalizzazione, senza regole spesso», ha detto. Oggi, ha evidenziato, «abbiamo l'incertezza di quelle che potrebbero essere le ricadute, ma ci dimentichiamo danni effettivi che ha subito l'economia italiana e tante imprese e imprenditori scomparsi grazie alla concorrenza sleale rispetto a una teoria del free trade che in qualche modo si considerava ineluttabile». Per questo, ha suggerito, servirebbe una World Trade Organization più trasparente. F. Gor. —
  4. NIVIAQ KORNELLIUSSEN La scrittrice di Nuuk: "La proposta americana ha aperto un conflitto interno"
    " Il governo finora ci ha trascurato Io non mi sento parte dell'Europa"
    Ha detto
    "

    FRANCESCO MOSCATELLI
    MILANO
    «Dopo che Donald Trump ha annunciato di volerci acquistare si è aperto un nuovo conflitto fra Groenlandia e Danimarca. Un nuovo problema che si innesta su un problema storico. Per molti anni abbiamo provato a far capire ai danesi che siamo passati dall'essere una colonia all'essere un Paese post coloniale. Ma credo che né il governo danese né il popolo danese abbiano mai davvero riconosciuto quello che ci hanno fatto. La nostra gente ha subito un trauma. Quello che stiamo vivendo è un momento storico. Mai prima di oggi, ad esempio, la Groenlandia ha avuto una copertura così ampia sui media, a cominciare da quelli danesi. E mai come oggi nella storia siamo stati così vicini da dire alla Danimarca che vogliamo andarcene». Niviaq Kornelliussen, 35 anni, è la voce di riferimento della letteratura groenlandese contemporanea. Tradotta in numerose lingue, vincitrice del Premio letterario del Consiglio nordico, in Italia ha pubblicato con Iperborea La Valle dei fiori. Scrittrice "patriottica", in queste settimane ha molto da dire sulla delicata situazione politico-esistenziale del suo Paese. Un territorio immenso diventato sempre più centrale, anche grazie al global warming, per la sua posizione strategica lungo le rotte artiche e per le sue ricchezze naturali. Così centrale da scatenare gli appetiti non solo degli Stati Uniti, ma anche della Russia e della Cina.
    Nella recente campagna elettorale è riemersa con forza l'idea di un referendum per completare il percorso di indipendenza da Copenhagen iniziato nel 1979 con l'autogoverno e proseguito nel 2008 con il trasferimento delle competenze legislative, giudiziarie e della gestione delle risorse naturali. Cosa ne pensa?
    «È complicato. Capisco che la gente voglia avere il controllo completo della nostra terra e a dire il vero se mi avessero fatto la stessa domanda due mesi fa, la mia risposta sarebbe stata diversa. Ma oggi è come se fossimo davanti a un processo che non può essere fermato. Io sono combattuta: una parte di me vuole restare parte della Danimarca, un'altra parte capisce le ragioni di chi vuole una nazione indipendente. C'è un lungo percorso da fare. Prima di parlare di indipendenza, comunque, credo sia importante concentrarsi sulle persone che sono davvero trascurate dal governo groenlandese».
    Lei è una delle pochissime scrittrici groenlandesi, come ci si sente?
    «A volte avverto un grande senso di solitudine. Qui non c'è una vera e propria scena letteraria e bisogna andare in Danimarca per confrontarsi con altri scrittori».
    Perché per lei è importante scrivere nella sua lingua natale?
    «È qualcosa di molto forte e di molto politico. Quando scrivo un libro lo scrivo prima di tutto per la mia gente, per i giovani groenlandesi. Vorrei tanto che leggendo i miei libri si sentissero ascoltati».
    Come avete vissuto l'elezione di Trump?
    «Come qualcosa di terrificante. Ricordo che quando disse che voleva comprarci, nel 2019, pensai che fosse solo una battuta. Ci scherzavamo sopra. Ora l'ha detto per la seconda volta, formalizzando da un punto di vista normativo la proposta, facendo un vero e proprio piano per comprare la nostra terra e ribattezzarla "Terra Rossa, Bianca e Blu". Questo ha aperto un conflitto fra Danimarca e Stati Uniti, che sono sempre stati considerati grandi alleati, decisamente spaventoso. Ma in realtà a essere preoccupante è tutta la questione dei rapporti degli Stati Uniti con gli altri Stati e con l'Onu. Come nazione groenlandese penso che dovremo affrontare la cosa seriamente».
    La Groenlandia è uscita da tempo dall'Ue. Lei si sente europea?
    «In realtà no. La nostra cultura, il nostro linguaggio, il nostro aspetto, il cibo, il modo di vivere, di comprendere la vita e gli esseri umani sono così tanto differenti da quelli del mondo occidentale che io non mi sento naturalmente connessa all'Europa o alla Danimarca. Ma io sono anche cresciuta parlando danese, andando in vacanza in Danimarca, ascoltando musica danese e leggendo la letteratura danese. Questo fa parte di me ed è una specie di tesoro. Ma non mi sentirei mai danese perché non lo sono». —
  5. Un emendamento cancella il contributo del 50% per le rette di assistenza Il Pd attacca la maggioranza: una scelta scellerata sulle spalle dei malati
    Il governo taglia i fondi per gli anziani nelle Rsa "Paghino le famiglie"
    paolo russo
    roma
    Era stato presentato dal governo come il disegno di legge a supporto del decreto taglia liste di attesa, presentato quest'estate. Ma ora un emendamento di maggioranza approvato al Senato rischia di trasformarlo nel provvedimento che scarica una volta per tutte sulle spalle delle famiglie i costi, in media 1.600 euro al mese, della parte di assistenza socioassistenziale offerta dalle Rsa. Il 50% della retta media mensile, che si aggira sui 3.300 euro per le persone con gravi disabilità, come i malati di Alzheimer o altre malattie neurodegenerative, ai quali non è sufficiente l'assistenza sanitaria in senso stretto. Retta che oggi, per chi ha redditi non così alti da fare da sé, è già coperta dalle Asl. Le quali in alcuni casi coprono però anche la restante quota dovuta per chi aiuta gli anziani a vestirsi, lavarsi, fare il bagno o mangiare. Attività che una sentenza della Corte di Cassazione nel dicembre scorso aveva ritenuto inscindibili da quelle sanitarie in senso stretto, aprendo così la strada ai ricorsi da parte di quelle famiglie che fino ad ora non erano riuscite a farsi riconoscere dalla Asl il pagamento anche della quota legata all'assistenza di tipo sociale.
    Per non parlare del fatto che dopo la sentenza ci si aspettava anche un intervento legislativo di segno opposto rispetto all'emendamento appena approvato, il quale specifica infatti che «sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle attività di rilievo sanitario, anche se connesse con quelle socioassistenziali». Una formulazione che non lascia dubbi circa il fatto che le Asl non debbano rimborsare quella quota della retta, come fanno invece in Emilia Romagna, in Alto Adige e in qualche altra area del Paese, grazie al fatto che la distinzione operata fino ad oggi dalla legge tra le due voci di assistenza è stata assai meno netta.
    «Così si scarica sulle famiglie e sui Comuni la responsabilità di coprire l'intera retta di ricovero nelle Rsa, cancellando il diritto universale all'assistenza a persone con disabilità gravi o gravissime», tuona il presidente dei Senatori del Pd, Francesco Boccia. «Una scelta scellerata che fa ricadere su malati di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative i costi di un'assistenza che non è possibile separare da quella sanitaria, perché se devo aiutare a mangiare una persona che non è in grado di farlo, come si fa a dire che questa non è anche assistenza indispensabile per la sua salute», protesta a sua volta la senatrice dem Sandra Zampa.
    Ma ad essere preoccupate sono soprattutto le associazioni di famiglie e malati. «Rischiamo un grave passo indietro rispetto alla strada segnata dalla Cassazione, precludendo tra l'altro alle famiglie la possibilità di portare avanti i ricorsi contro le Asl per il pieno rimborso della retta» protesta Stefano Montalti presidente della Onlus "Amici di casa insieme", che assiste i malati di Alzheimer. Timori condivisi dal Segretario nazionale della Federazione Alzheimer, Mario Possenti, che chiede «l'immediata convocazione del tavolo permanente sulle demenze per trovare una soluzione». Che al momento non sembra però all'orizzonte. —
  6. Irriconoscibile a causa della chirurgia plastica, è il primo responsabile per l'opinione pubblica
    Oggi riprende il processo a Buenos Aires Il popolo contro Luque, medico personale
    Emiliano Guanella
    Buenos Aires
    Il processo sulla morte di Diego Armando Maradona riprende oggi nella Terza sala del Tribunale di San Isidro, alla periferia Nord di Buenos Aires. Le udienze si terranno due giorni alla settimana, ogni martedì e giovedì, fino almeno al mese di luglio, con più di cento testimoni chiamati in aula. Sul banco degli imputati c'è Leopoldo Luque, che era il medico personale dell'ex campione al momento del decesso, la psichiatra Agustina Cosachov e altri cinque professionisti che facevano parte dello staff che lo aveva in cura. Un'ottava imputata, l'infermiera Gisela Madrid ha chiesto e ottenuto un rito separato davanti a una giuria popolare. Il principale capo d'accusa è omicidio colposo, che può portare a una pena fino a 25 anni di reclusione, ma in caso di un'eventuale condanna non scatterebbe la prigione fino al completamento dei tre gradi di giudizio, con la possibilità quindi di un ricorso in appello e poi presso la Corte Suprema per eventuali vizi di forma. La prima udienza è stata trasmessa in diretta dai principali canali argentini, il processo è al centro delle discussioni sui social media. Ha causato sorpresa il look di Luque, che è completamente cambiato rispetto all'epoca dei fatti; è molto più robusto e si è sottoposto ad interventi di chirurgia plastica con armonizzazione facciale e botox. Il neurochirurgo ha attaccato un reporter dell'agenzia France Presse che lo stava riprendendo durante una pausa. L'opinione pubblica argentina lo vede come il principale responsabile del decesso dell'idolo nazionale. Maradona è morto per un arresto cardiaco il 25 novembre del 2020, mentre si trovava in ricovero domiciliare presso una villa nel quartiere residenziale San Andrés. Secondo le figlie Dalma e Giannina, che sono parte querelante della causa, si trovava in balia di un gruppo di approfittatori improvvisati che non erano in condizione di curarlo. —
  7. Diego Armando Maradona jr
    "Mio padre abbandonato e ucciso vogliamo solo verità e giustizia"
    Il dolore non è mai andato via, accompagna Diego Armando Maradona jr da cinque anni, da quando un giornalista amico, con voce incrinata dal pianto, lo informò al telefono che papà non c'era più. In queste ore, però, la morsa al cuore è più stretta, l'angoscia più profonda, la rabbia tracimante: è cominciato il processo per la morte del Pibe, sette componenti dell'equipe medica che lo assisteva sono alla sbarra, si intrecciano le tensioni popolari e le accuse durissime del pubblico ministero Pablo Ferrari, commuove l'attesa tormentata di una famiglia che chiede giustizia. Le sorelle Dalma, Giannina e Jana sono a Buenos Aires, c'è anche Veronique, l'ex compagna, che rappresenta il fratellino Diego Fernando: lui ha seguito la prima udienza da Tenerife Sud, isole Canarie, dove allena l'Ud Ibarra, tercera division spagnola, in stretto contatto con l'avvocato Luis Alberto Rey.
    Diego, una sofferenza nella sofferenza...
    «Vorrei essere lì, ma gli impegni di lavoro me lo impediscono, non sempre permettono di fare quel che si desidera. Sono costretto a sottolinearlo perché qualche imbecille ha interpretato come disinteresse la mia lontananza. Andrò appena sarà possibile, intanto sono nel tribunale di San Isidro con il cuore. La prima udienza è stata dolorissima».
    Che effetto le ha fatto, in particolare, vedere la foto straziante di suo padre appena deceduto?
    «È stato difficilissimo. Il legale mi aveva avvisato dell'esistenza di immagini molto brutte, ma non avevo voluto vederle. Mi fa schifo che tanti media l'abbiano pubblicata senza scrupoli e ho ammirato il giornale argentino Ole che ha oscurato la parte più impressionante: informazione sì, ma con un briciolo di dignità. Senza perdere delicatezza, tatto e rispetto».
    Il pm ritiene sia l'illustrazione, perfetta e tragica, della tesi che suo padre è stato abbandonato...
    «È stato ammazzato, non abbandonato. Nella difesa c'è chi ha sostenuto sia deceduto per infarto e che nessuno avrebbe potuto accorgersene: allucinante, un'offesa all'intelligenza delle persone, basta vedere quell'immagine per comprendere che non è così. Mio padre si poteva salvare, sono sicuro che se fosse stato curato bene sarebbe ancora qui con noi. È stato un omicidio bello e buono: lo sappiamo tutti e la verità sarà dimostrata dai giudici, ho fiducia nella giustizia argentina».
    L'avvocato Fernando Burlando ha definito gli imputati un "circolo diabolico".
    «Però colpevoli non sono "solo" i sette imputati. Sono "anche" i sette imputati. Speriamo che le indagini possano ingrandirsi e che tutti paghino, non solo l'equipe medica: dove stavano le persone che attraverso mio padre guadagnavano tanti soldi?».
    In Argentina la gente è scesa in piazza per chiedere giustizia insieme a voi familiari.
    «Papà era, è, un campione del popolo: l'amore che avverto nei suoi confronti anche in questa circostanza mi riempie d'orgoglio e mi trasmette una forza enorme».
    Da Buenos Aires a Napoli, un'ondata di affetto...
    «In tantissimi ci sono vicini, Napoli è presente con tutto l'affetto che sa dare, ma sono vicini tutti i maradoniani del mondo: vogliono che la verità venga fuori e i colpevoli condannati».
    Cosa si aspetta?
    «Giustizia. Serenità non più: quella è andata via il 25 novembre del 2020. E poi mi aspetto pace per papà».
    Non l'ha ancora trovata...
    «Merita di riposare in pace, ma non potrà farlo finché le persone che lo hanno ucciso non pagheranno».
    Ha sentito i suoi parenti in queste ore?
    «Ho parlato con Jana. È una prova difficile per tutti noi».
    Quanto la addolora che perfino in un momento come questo c'è chi rivanga errori ed ombre nella vita di suo papà?
    «Quando qualcuno mi confida riflessioni del genere, lo invito a raccontarmi la sua vita: mai trovato uno senza peccato». —

 

 

12.03.25
  1. Il commercio
    La difesa
    La diplomazia
    "La Cina sta aprendo all'Europa Pechino punta sulla tecnologia"
    Romano Prodi
    È un'istantanea che a prima vista può apparire fuori dalle mappe politiciste o geopolitiche, ma Romano Prodi è convinto che nel grande tumulto del mondo ci sia qualcosa che va già in controtendenza: «È la mia speranza. Negli ultimi mesi ho tenuto lezioni e conferenze, ad Harvard a studenti americani e a Pechino a studenti cinesi: ebbene le curiosità, le sensibilità e la attenzioni di studenti così distanti geograficamente sono proprio molto simili. Certo, i social sono divisivi, certo i messaggi vengono manipolati e tuttavia nelle "primitive" reazioni di questi ragazzi ci sono molte similitudini. La cosa che mi fa inoltre sorridere è che vestono allo stesso modo!». E come chiosa finale, quasi a rafforzare un punto di vista suggerito dalla frequentazione di aule universitarie, il Professore aggiunge una osservazione che è invece è ispirata dalla "strada": «A Pechino nel tragitto che dalla residenza in cui ero, mi portava all'aula universitaria, sa cosa c'erano? Un campo da tennis, un campo di baseball e uno di basket!».
    Da alcune ore Romano Prodi è rientrato a Bologna, dopo aver trascorso due settimane a Pechino, nella qualità di primo titolare della Agnelli Chair of Italian Culture, l'iniziativa promossa dalla Fondazione Agnelli e inaugurata il 9 novembre alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella e del presidente della Fondazione John Elkann. Il progetto, che ha coinvolto anche il presidente cinese Xi Jinping, è un unicum anche rispetto agli altri Paesi europei e punta a raccontare alla futura classe dirigente cinese la cultura italiana nei suoi diversi aspetti, attraverso una cattedra strutturata a rotazione che vedrà impegnati docenti ed esperti autorevoli in tutte le discipline.
    In Cina non lasciano trapelare le emozioni e misurano i passi ma il ciclone Trump sta provocando preoccupazione o confidano di trovare una composizione? C'è più Europa nel loro futuro?
    Il Professore sorride: «I cinesi cenano presto e dopo le sei di sera, si può parlare in confidenza! Direi che quel che è accaduto al recente congresso del Partito comunista è assai importante: il primo ministro nel suo discorso ha ripetuto un numero considerevole di volte, mai tante nella storia cinese, l'espressione "aumento dei consumi". Non siamo sicuri che questo possa avverarsi, ma è un fatto nuovo: per loro si può riequilibrare la diminuzione dell'export con l'aumento dei consumi interni. Un primo, implicito passo per rendere più praticabile una eventuale, ora lontana, collaborazione con l'Europa. Secondo perno, gli investimenti cambiano: non più case ed infrastrutture ma tecnologia».
    I cinesi dovranno scommettere sull'Europa?
    «Intanto è in corso una non-detta e silenziosa apertura agli europei. Per dirne solo una: per la prima volta nella mia vita non ho avuto bisogno del visto per entrare in Cina, mentre per andare qualche mese fa ad Harvard ho chiesto il visto all'ambasciata americana. Un paradosso che qualcosa ci dice».
    Poche ore dopo l'invasione russa in Ucraina, proprio a La Stampa, lei disse: la pace si troverà quando Cina e Usa si parleranno. Ora c'è un'altra America ma la Cina potrebbe giocare un ruolo nel processo di pace?
    «Lo schema è ancora vero, ma bisogna dire che in Cina c'è un certo stupore per le mosse di Putin. Quando parli confidenzialmente, si chiedono se ci sia stato un "avvertimento" a Xi da parte di Putin e poiché lo chiedono con un punto interrogativo, nella interpretazione di chi ascolta, quel punto interrogativo diventa esclamativo. Sembra di intuire che non ci sia stata una comunicazione. Certo, si capisce che l'alleanza tra Pechino e Mosca è ritenuta solida, tanti sono gli interessi, tanta è la diffidenza verso gli americani, ci sono 4.500 chilometri di confine, l'interscambio è fortemente aumentato negli ultimi tempi, anche se non è al livello di quello con gli Stati Uniti e con l'Europa. Il sentimento popolare non è tuttavia amichevole con il popolo russo. Una cosa mi ha colpito: è un sentimento che la persistente memoria dei lunghi conflitti del passato. E la storia ha il suo peso. Tutto questo sottintende un interrogativo di fondo che sempre ricorreva nei discorsi: quanto sono forti gli accordi tra Trump e Putin?».
    Davanti al ciclone Trump l'Italia sta alla finestra: se lo può permettere?
    «Sta tornando il rapporto tra Germania e Francia, i due pistoni del motore europeo. Ma l'Italia è sempre stata determinante per chiudere il patto decisionale e trasferirlo all'interno dell'Unione. Ecco perché il problema italiano diventa un problema serio: il governo dovrà prendere una decisione tra l'Europa e Trump e non sarà facile. Ma dovrà farlo in un breve arco di tempo».
    Le opposizioni in Italia, con diverse gradazioni, sono contro il Pse e contro l'accordo dei 27 sul "riarmo"…
    «Io non sono certo un guerrafondaio, ma ogni Paese, per chiamarsi Paese, ha il suo esercito. Ce l'ha persino la Svizzera. La decisione presa dai 26 Paesi è il primo passo, certo non ancora sufficiente, ma nella giusta direzione: verso l'esercito europeo. Il problema ora è fare il secondo, il terzo, e il quarto passo».
    Non le pare sottovalutatala reazione in poche settimane di Parigi, Berlino e Londra? Siamo ad un avvio di protagonismo europeo?
    «Intendiamoci: non c'è un protagonismo europeo, c'è una novità europea ed è una grandissima novità! A cominciare dalle elezioni tedesche. A caldo si ripeteva: è il trionfo della destra. Ma non è affatto vero. Si è subito formata una coalizione omogenea che ha già preso le due decisioni che possono portare ad un cambiamento totale della politica europea: l'apporto quantitativo dei tedeschi al bilancio militare europeo e la proposta della fine del tabù del bilancio in pareggio»
  2. "Giustizia
    per
    Diego "
    Emiliano Guanella
    Buenos Aires
    Il momento più forte nella prima udienza del processo sulla morte di Diego Maradona è quando il pubblico ministero Pablo Ferrari ha mostrato una foto scattata subito dopo il decesso. Un Maradona enorme, con una pancia gonfissima disteso nel letto, un'immagine che ha fatto scoppiare in un pianto le figlie Dalma e Gianna, in prima fila nella sala del Tribunale di San Isidro, assieme a Veronica Ojeda, l'ex fidanzata del campione tragicamente scomparso il 25 novembre del 2020 nella villa dove si trovava in un quartiere residenziale a nord di Buenos Aires. «Ditemi – ha detto Ferrari - se questa foto non illustra quello che vogliamo dimostrare in questo processo. Hanno lasciato morire quest'uomo, qui dobbiamo giudicare un omicidio colposo da parte di chi aveva il dovere di prendersi cura di lui». Sette gli imputati, accusati di omicidio doloso nel processo più importante oggi per l'Argentina. Il più conosciuto è Leopoldo Luque, il neurochirurgo che dal 2019 era medico personale di Maradona e a capo dello staff che lo aveva in cura. Assieme a lui la psichiatra Agustina Cosachov, gli infermieri Ricardo Almiron e Mariano Perroni, lo psicologo Carlos Dias, il medico Pedro di Spagna e Nancy Forlini, che lavorava nella società incaricata dell'assistenza sanitaria all'ex campione. Diego era stato operato agli inizi di novembre del 2020, tre giorni dopo il suo sessantesimo compleanno, per ritirare un ematoma al cervello. Dieci giorni dopo Luque ottenne il suo trasferimento dalla Clinica Olivos alla casa in un quartiere privato a Tigre, con la formula del ricovero domiciliare; lui e il suo staff avrebbero accudito il paziente.
    Secondo il pubblico ministero si trattava di un «gruppo improvvisato» che «non aveva le capacità e la volontà di fare il bene per il paziente». Il processo parte dalla querela presentata da Dalma e Giannina assieme ad altri tre figli di Maradona tra cui Diego Armando Junior Maradona Sinagra, che vive a Napoli. Fuori dal tribunale ci sono stati momenti di caos. La polizia ha dovuto tenere a bada un centinaio di tifosi con bandiere ed un grosso striscione con la scritta "Giustizia per Diego." L'ex fidanzata Veronica Ojeda si è scagliata contro la psichiatra Cosachov, lo stesso Luque ha aggredito durante una pausa un giornalista dell'agenzia France Presse che lo stava riprendendo con un telefonino. Molto dura la requisitoria dell'avvocato dei famigliari Fernando Burlando, un legale molto conosciuto in Argentina. «Non posso che definire gli imputati come un circolo diabolico, persone prive di umanità e di compassione. Avevano davanti ai loro occhi il gravissimo stato in cui versava il paziente e non hanno fatto nulla per salvarlo. Diego stava male, non l'hanno nemmeno portato in ospedale per un controllo. Sarebbe bastata una telefonata e la storia sarebbe stata diversa. Hanno lasciato morire un uomo e quell'uomo era niente poco di meno che Diego Armando Maradona». Il processo sarà lungo, con 120 testimoni tra famigliari, amici, medici, infermieri ed operatori dei media. La causa istruttoria ha istruito quattro differenti perizie mediche per ricostruire la dinamica delle ultime due settimane del calvario di Diego. Maradona è morto per uno scompenso cardiaco prodotto di un'aritmia al ventricolo sinistro, durante il dibattimento si dovrà determinare se questa morte era evitabile o no. La difesa di Luque sostiene che non c'erano stati segnali di debolezza del cuore del paziente, che nulla poteva far pensare ad un infarto. Secondo una delle perizie, tuttavia, lo scompenso sarebbe stato lento e graduale e sarebbe iniziato ben dodici ore prima della morte. Un lento calvario, impossibile che dei professionisti della medicina non si siano resi conto di nulla. La prima udienza è stata trasmessa in diretta streaming e ripresa da tutti i canali locali, non si sa ancora se sarà così anche per le prossime sedute. La pressione sui giudici è enorme, l'Argentina intera attende di capire cosa è successo al massimo idolo nazionale. Una vita rocambolesca, quella di Maradona, che è stata stroncata nel peggiore dei modi, abbandonato alla sua sorte assieme ad un gruppo di persone apparentemente incapaci di prendersi cura di lui. —
  3. Accusati di violenza privata e danneggiamento . Gli ambientalisti: "Colpiti per non esser stati indifferenti alla devastazione "
    Proteste del Meisino, 39 indagati Tra loro Aska e l'ex delle Nuove Br
    andrea bucci
    caterina stamin
    Impedirono l'accesso di ruspe e camion nel cantiere nel Parco del Meisino, anche danneggiando le recinzioni. E ora, per quei fatti, in trentanove sono indagati. Ambientalisti, attivisti ma anche esponenti di Askatasuna e un ex delle Nuove Br. Accusati, a vario titolo, di violenza privata e danneggiamento aggravati.
    La prima protesta a settembre dell'anno scorso. I lavori erano appena iniziati. Gli operai si erano presentati la mattina con jersey in cemento, transenne e gru. Ad aspettarli decine di manifestanti, radunati nel polmone verde della zona nord est della città con cartelli e striscioni: «Fermiamo la devastazione del Meisino». Da quel giorno, le proteste contro la realizzazione del Centro per l'educazione sportiva e ambientale non si sono mai fermate. Si sono susseguite una dopo l'altra. E sempre con maggiore partecipazione. Più volte gli attivisti hanno bloccato gli operai, impedendo loro di raggiungere l'area dei lavori e scontrandosi con le forze dell'ordine.
    Quattordici di queste contestazioni, da settembre a dicembre 2024, sono finite sotto la lente degli investigatori. A prenderne parte 39 persone, ora indagate dalla procura di Torino. Avrebbero tra 23 e i 79 anni. Tra loro figurerebbero ambientalisti, attivisti e anche una decina di esponenti di Askatasuna, il centro sociale di corso Regina Margherita. Ma, nella lunga lista, un nome spiccherebbe più di tutti gli altri: sarebbe quello di Vincenzo Sisi. L'ex sindacalista era finito al centro dell'inchiesta sulle nuove Brigate Rosse ed è stato arrestato nel 2007. Nel suo orto, a Gassino, fu trovato un Kalashnikov, nascosto in un contenitore pieno anche di documenti fondamentali per ricostruire i percorsi e gli obiettivi delle nuove Brigate Rosse. Condannato a dieci anni di carcere per associazione sovversiva senza finalità terroristica, è stato scarcerato nel 2015 ed è ricomparso sui prati del Meisino. A lottare, come tutti gli altri, contro il progetto da 11,5 milioni di euro (fondi Pnrr) per la realizzazione di diciassette attrezzature ludico sportive e la riqualificazione della cascina Malpensata.
    Proteste su cui gli ambientalisti non fanno alcun passo indietro. «I 39 indagati sono stati selezionati nel mucchio» scrive in una nota il comitato "Salviamo il Meisino". «Non perché abbiano agito diversamente dagli altri - aggiungono - ma probabilmente perché si è ritenuto più urgente ammonirli». E ancora: «Vengono colpiti per non essere stati indifferenti di fronte alla devastazione di uno dei parchi di maggior valore naturalistico della città». Citano anche il «poker di indagini» dell'assessore all'Urbanistica Mazzoleni che «si dice tranquillo: a maggior ragione sono tranquilli, perché a posto con la coscienza, i 39 cittadini indagati, che non costruiscono grattacieli nei cortili ma al contrario mettono in campo le loro energie contro le speculazioni e le mercificazioni del verde pubblico».
    Si tratta dell'ultimo provvedimento nei riguardi degli attivisti del Meisino. Un mese fa 16 di loro erano stati multati per aver causato un blocco stradale. La misura era legata a quanto accaduto il 9 settembre scorso, nel corso di una camminata dimostrativa contro il progetto comunale. Il portavoce del comitato, Roberto Accornero, aveva contestato quel verbale: «Ricorreremo contro questo provvedimento: abbiamo già allertato i nostri legali». —
  4. Le richieste della Procura generale. La difesa: "Vanno assolti su tutto"
    Al Csm il caso Esposito-intercettazioni "Trasferite il giudice e il pm di Bigliettopoli"
    giuseppe legato
    Trasferimento delle funzioni e di ufficio con la perdita di un anno di anzianità per il pm di Torino Gianfranco Colace e per la gip Lucia Minutella. Lo ha chiesto alla Procura generale della Cassazione all'udienza davanti alla sezione disciplinare del Csm.
    La vicenda riguarda le intercettazioni telefoniche disposte tra marzo 2015 e il marzo 2018 nel procedimento 'Bigliettopoli', in cui sono finite diverse conversazioni dell'allora senatore dem Stefano Esposito con un imprenditore all'epoca indagato. I due magistrati sono accusati di «grave violazione di legge, determinata da ignoranza o negligenza inescusabile» per un presunto mancato rispetto delle regole sulle intercettazioni telefoniche perché disposte senza aver prima chiesto l'autorizzazione parlamentare. Secondo l'accusa in particolare, il pm Colace avrebbe chiesto il rinvio a giudizio di Esposito indicando fra le fonti di prova anche le intercettazioni telefoniche 'incriminate' e la gip Minutella avrebbe disposto il rinvio a giudizio dell'allora senatore Pd indicando quelle stesse intercettazioni quali fonti di prova. Chiedendo la sanzione disciplinare oggi il sostituto procuratore generale della Cassazione Marilia Di Nardo ha definito quelle intercettazioni '«indirette e non occasionali, una captazione prolungata nel tempo». Per la difesa hanno preso la parola il procuratore aggiunto di Roma Giuseppe Cascini e l'avvocato Marcello Maddalena già Procuratore di Torino. «Quale sarebbe la norma di legge violata? - ha detto Cascini - Si accusa di aver usato come prove le intercettazioni in una fase in cui in realtà non vengono utilizzate. Come è possibile parlare di negligenza? Si può non essere d'accordo con il suo operato ma ha fatto il suo lavoro con coscienza e motivando» ha sottolineato Cascini chiedendo l'assoluzione per la gip di Torino.
    Quanto al pm Colace, «ha chiesto semplicemente che fra le fonti di prova di un procedimento con decine di indagati ci fossero le intercettazioni telefoniche ma non ne ha mai utilizzata una» ha aggiunto il difensore Maddalena sollecitando l'assoluzione davanti alla sezione disciplinare del Csm.
    L'udienza è stata aggiornata al prossimo 25 marzo per le repliche e in quella data è prevista la sentenza. —

 

 

11.03.25
  1. LE CENTRALI NUCLEARI PER PREPARARE LA GUERRA : 
  2. Come mai il primo ministro britannico, Keir Starmer, pur non avendo mai apertamente espresso il desiderio di riavvicinare il Regno Unito all’Europa, dopo la rielezione di Trump ha teso una mano all’Ue, diventando, con Macron, il paladino dellla riscossa anti-trumpiana del Vecchio Continente?



    Dietro l’inaspettato cambiamento di rotta (la Gran Bretagna è storicamente gemellata con gli Stati Uniti), c’è lo zampone dei grandi potentati economici anglo-americani.
    I grandi banchieri statunitensi e gli omologhi britannici hanno avuto vari incontri nelle scorse settimane a Londra, più che allarmati per le mosse economiche di Donald Trump con il compare Elon Musk, che stanno calpestando il vecchio ordine del capitalismo fondato sulla globalizzazione e sulla supremazia del dollaro per sostituirlo con la “new economy” della Silicon Valley e le criptovalute da usare come riserva strategica.



    (Un segnale inquietante è arrivato da Warren Buffett, soprannominato "Oracolo di Omaha" per la sua abilità di previsione negli investimenti finanziari, ha messo in tasca più di 300 miliardi di liquidità monetizzando le sue partecipazioni azionarie (a partire da Apple). E molti analisti ipotizzano che ciò avvenga in previsione di un crollo di Wall Street. Oggi il Nasdaq, la Borsa che conta, quella dei titoli tecnologici, è andata giù del 3%).
    Mentre il dazismo senza limitismo dilaga, la scorsa settimana, Donald Trump ha fatto un passetto in avanti verso il progetto, sbandierato in campagna elettorale, di creare una riserva valutaria nazionale di monete virtuali. Il suo tentativo è stato però un mezzo bluff (non a caso i Bitcoin e le altre criptovalute hanno perso valore): il tycoon non ha infatti previsto un nuovo esborso di denaro come investimento “nell’oro digitale”.

    La “riserva” sarà infatti “capitalizzata” con Bitcoin già di proprietà del governo federale, confiscati come parte di procedimenti penali o civili (soltanto 200mila bitcoin, che ai valori attuali varrebbero 16 milioni di dollari). Una paraculata, che ha scatenato un’ondata di vendite nel mercato parallelo cripto: oggi il Bitcoin è sceso sotto gli 80mila dollari (all’elezione di Trump aveva superato i 100mila).


    La trumponomics ha mandato in tilt le borse e gli analisti: tra dazi che potrebbero far risalire l’inflazione e licenziamenti di massa del “Doge” Musk, che potrebbero a loro volta frenare i consumi, l’allarme è generale, al punto che si stima una contrazione del Pil già nel primo trimestre del 2025.



    In questo scenario, i poteri forti americani hanno rivolto lo sguardo a Londra in cerca di una sponda per creare un cordone sanitario di ragionevolezza e stabilità da contrapporre ai folli eccessi del Caligola della Casa Bianca

    Nella City, banchieri, fondi e investitori hanno recepito il messaggio e lo hanno consegnato al governo britannico. Il primo ministro Starmer si è mostrato molto sensibile agli appelli del mondo finanziario, al punto che, pur non colpito dai dazi trumpiani, ha teso una mano a quella Unione europea da cui il suo Paese è uscito nel 2016.
    A riprova di un consistente fronte economico e finanziario anti-Trump nel Regno Unito, basta sfogliare i più importanti quotidiani conservatori di Londra: Financial Times, Times, Telegraph, fino al tabloid Daily Mail, riservano critiche e bordate quotidiane a tutta l’amministrazione del Tycoon, non ultimo il botta e risposta con JD Vance per le sue frasi indegne contro i soldati di Sua Maestà (“asino”, “clown”, eccetera).


    In tale controffensiva anglo-americana al trumpismo senza limitismo, che fa l'avversario numero uno degli Stati Uniti? La Cina di Xi Jinping, che ultimamente sta ripescando i vecchi capitalisti che aveva messo da parte come Jack Ma, fondatore di Alibaba: l'unico che può dare un impulso con l'Intelligenza Artificiale al colosso e-commerce.



    Ma l'arma più micidiale cinese è un'altra, rappresentata dai 759 miliardi di titoli del debito americano che ha in tasca (seconda dopo il Giappone). Una volta gettati i titoli sul mercato, l'economia a stelle e strisce salterebbe in aria...).
  3. Tragedia in Valsusa: un parente l'ha trovato in fin di vita, inutile il ricovero al Regina Margherita I ndagano i carabinieri che stanno ricostruendo le ultime ore del ragazzo e i suoi contatti sui social
    Si toglie la vita a tredici anni "Sportivo e studente modello"

    gianni giacomino
    Ha lottato tre giorni per restare in vita, steso in un lettino del reparto di terapia intensiva del Regina Margherita, dove era arrivato in condizioni critiche nel pomeriggio di venerdì scorso. Purtroppo non ce l'ha fatta. E domenica il suo cuore di 13enne ha smesso di battere nonostante i tentativi dei medici di salvarlo. Le cause della morte sarebbero dovute alle conseguenze di un tentativo di impiccagione.
    Il ragazzino, che abitava in un centro della valle di Susa, si sarebbe stretto un cappio intorno al collo mentre era in casa fino quasi a soffocarsi ed è stato trovato privo di sensi da un familiare. L'adolescente è stato poi soccorso dai medici e dagli infermieri del 118 che lo hanno trasportato all'ospedale a bordo dell'eliambulanza.
    Ma perché è successo questo dramma? È quello che, in queste ore, stanno cercando di appurare i carabinieri, coordinati dalla Procura dei minori. Al momento gli investigatori non escludono nessuna pista, nemmeno quella di un "gioco" finito tragicamente. Come quelle assurde sfide che circolano sui social e che invitano i partecipanti, tutti giovanissimi, a stringersi una corda intorno al collo per provare la propria resistenza.
    Ma questa resta soltanto un'ipotesi. In questa direzione gli inquirenti avrebbero sequestrato lo smartphone dello studente per analizzare i contenuti delle sue conversazioni e le interazioni degli ultimi giorni. Al momento sembra sfumata l'ipotesi che il giovane sia stato vittima di cyber bullismo. Un'altra piaga che si abbatte sui giovanissimi. Al momento restano solo un immenso dolore e incredulità. Perché il 13enne era un ragazzo solare ed estroverso, con una famiglia ben inserita nelle dinamiche sociali della comunità della Val Susa e con la quale lui aveva un ottimo rapporto. Praticava sport, a scuola non ha mai dato nessun tipo di problema e adesso si stava preparando per affrontare l'esame di terza media in vista di scegliere quale scuola superiore scegliere. Insomma la classica esistenza di un giovane che stava crescendo in un paese dove tutti conoscono tutti e dove questa tragedia si è abbattuta come un macigno. Da quello che emerge sembra che non sia stato trovato nulla di scritto per giustificare un gesto così definitivo. Per questo le indagini continuano e gli inquirenti non lasciano trapelare nulla. In un estremo gesto d'amore i genitori avrebbero acconsentito all'espianto degli organi. —

 

 

 

 

10.03.25
  1. la rivale pechino essenziale per tesla
    I cinesi puntano su xAI e SpaceX Boom di investimenti "nascosti"
    I ricchi investitori cinesi scommettono sull'impero di Elon Musk e investono decine di milioni di dollari nelle sue società non quotate, da xAI a Neuralink e SpaceX. Lo fanno lontano dai riflettori e senza rivelare la loro identità così da evitare l'ira delle autorità americane e la rabbia delle aziende cinesi alle prese con un'economia interna sempre più debole. Da quando Musk è divenuto una figura chiave nell'amministrazione Trump, gli asset manager cinesi hanno fatto leva sui rapporti privilegiati fra il miliardario e il presidente americano per raccogliere capitale dai cinesi più abbienti. Gli investimenti sono realizzati - riporta il Financial Times - tramite "special-purpose vehicle", che consentono di nascondere l'identità di chi opera, e sono puramente dettati dal profitto. I ricchi cinesi hanno iniziato a investire nelle società di Musk da quando il fondatore di Tesla ha iniziato a costruire un impianto di veicoli elettrici a Shanghai. «Ho più fiducia in Musk che in molti imprenditori di startup cinesi che incontrano difficoltà in un'economia sempre più dominata dallo Stato», ha detto un investitore cinese che ha comprato titoli di SpaceX lo scorso anno. Musk è visto dalla Cina come una possibile leva per accedere a Trump considerati i suoi forti interesse nel Paese, il secondo mercato di Tesla dopo gli Usa. Proprio questi interessi lo rendono - secondo Pechino - un figura chiave nei rapporti diplomatici. r.e. —
  2. A farne le spese sono le città vicine al fronte che non hanno il tempo di intercettare gli attacchi
    Il cielo ucraino percorso da sciami di droni "Senza satelliti siamo ciechi ma reagiremo"
    monica perosino
    inviata a odessa
    La notte della paura inizia presto, in Ucraina, quando il sole non è calato che da pochi minuti. Alle 18,31 il primo allarme risuona nel cielo di Odessa. Un drone da ricognizione russo sta decidendo quale obiettivo verrà colpito dagli Shaheed o centrato da un missile balistico. Il tramonto è il segnale per gli sciami che, improvvisamente, entrano anche da Nord, da Est e da Sud del Paese. Andranno avanti così per ore, prima di colpire. Ieri, quando non erano passate neanche 24 ore dalla strage di Dobropillya, nel Donetsk, la Russia ha riavvolto il nastro, ha lanciato 119 droni (73 abbattuti) e ucciso altre sei persone. Trentasette droni sono scomparsi dai radar prima di raggiungere gli obiettivi, probabilmente falsi allarmi che Mosca lancia assieme a quelli veri per sopraffare la difesa aerea ucraina già messa a dura prova dagli anatemi di Trump e dalle sue ricette per far finire la guerra, tutte a base di "no" a Kyiv: oltre a sospendere gli aiuti militari, gli Usa hanno bloccato l'accesso a dati di intelligence e alle immagini satellitari della Maxar, gli occhi della difesa ucraina per tracciare i lanci dei missili russi e i decolli dei caccia. A farne le spese sono soprattutto le prime linee e le città vicine al fronte, che non hanno il tempo di intercettare gli attacchi e neutralizzarli. Il servizio satellitare vicino a Pokrovsk, per esempio, «è semplicemente scomparso», dice il comandante di una brigata, «ma abbiamo i nostri piani alternativi».
    L'effetto rinvigorente dell'abbandono di Trump sulla rinnovata intraprendenza russa non sembra essere scemato e Volodymyr Zelensky è tornato a invocare una pace giusta e garanzie di sicurezza per il suo Paese: «Questa settimana, la Russia ha effettuato centinaia di attacchi contro il nostro popolo con vari tipi di armi: circa 1.200 bombe aeree guidate, quasi 870 droni d'attacco e più di 80 missili di vario tipo», ha scritto su Telegram. «Ogni bomba aerea utilizzata dalla Russia contiene componenti forniti per eludere le sanzioni, contiene oltre 82.000 componenti stranieri», ha ricordato.
    Il bilancio della notte che sta per iniziare è ancora tutto da scrivere, ma è chiaro che ora i nemici sono due. Nei sobborghi di Mykolaiv, di fronte a un McDonald's, si è radunato un gruppo di adolescenti: ballano al suono di musica sparata a tutto volume e bevono kvas. La musica serve per coprire il ronzio dei droni, spiega Ivan, 17 anni. Da quando Trump è diventato «il traditore» si radunano di fronte al simbolo americano per eccellenza «per non entrare», dice arrossendo, non si capisce bene se per il kvas o l'imbarazzo di una protesta che reputa da ragazzini. Il padre di Ivan sta combattendo sul fronte Orientale, non lo vede da 9 mesi: «Mi hanno sempre detto di difendere i più piccoli e chi viene aggredito, ma qui sta succedendo il contrario e voglio fare qualcosa». La sospensione della condivisione di informazioni da parte degli Stati Uniti sta generando effetti sui civili, ma anche sul campo di battaglia, dando un vantaggio enorme alle forze russe e azzoppando le ucraine, che non possono utilizzare alcuni dei loro migliori sistemi d'arma. Putin sta cercando di sfruttare il momento anche sul fronte che più gli sta a cuore: il suo orgoglio. Per Vladimir Vladimirovich riprendersi il Kursk parzialmente occupato dagli ucraini entro il 9 maggio è fondamentale. Per questo ha fatto ammassare 60 mila truppe (anche togliendole da Pokrovsk) e ha ordinato al generale Lapin di riportare la regione russa completamente sotto il controllo di Mosca entro il Giorno della Vittoria. Intanto i russi si portano avanti e rivendicano «successi» nella regione, tra cui di aver ripreso il controllo di tre villaggi occupati da agosto. Kyiv tace, ammette solo che 14 assalti sono ancora in corso. L'unica cosa certa è che Mosca ha intensificato la campagna per eliminare il rimanente saliente ucraino nell'oblast. I filmati geolocalizzati mostrano che Sudzha è ancora controllata dagli ucraini che, però, potrebbero presto ritrovarsi accerchiati. Intanto, fa riflettere la trovata del partito del presidente russo che, in occasione della festa delle donne, ha donato alle madri dei soldati uccisi in Ucraina un tritacarne. —
  3. Si stima siano oltre 600 le navi fantasma illegali collegate al Cremlino
    Quelle petroliere che aggirano i divieti Che cos'è la "flotta ombra" di Vladimir
    Battono bandiera panamense, maltese, o anche liberiana, i vascelli dell'Invincibile armata del petrolio di Vladimir Putin, la "flotta ombra" che consente al Cremlino di aggirare le sanzioni sull'export di oro nero e derivati. Le navi fantasma direttamente collegate alla Russia sarebbero almeno 600: Mosca avrebbe investito circa 10 miliardi di dollari per l'acquisto della flotta, con un'operazione avviata all'inizio dell'invasione Ucraina. Così oggi i mari di tutto il mondo sono solcati da navi prossime alla rottamazione che, grazie a un intricato groviglio di passaggi di proprietà e attività illegali, trasportano e vendono il petrolio russo. C'è una petroliera greca ad esempio, costruita nel 2005, che nel 2023 ha mandato quello che si riteneva fosse un ultimo segnale. Invece è riapparsa due settimane più tardi, con un nuovo nome e una nuova bandiera, quella delle Isole Cook. Era stata venduta dall'armatore greco a una compagnia registrata alle Marshall per ben 21 milioni di euro. Per i successivi mesi ha fatto la spola tra la Russia e la Turchia aggirando le sanzioni. Un'inchiesta del consorzio di giornalisti Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) stima che diverse società armatrici occidentali abbiano guadagnato oltre 6 miliardi di dollari vendendo le petroliere a compagnie collegate alla flotta fantasma.
    Il meccanismo che viene usato è quello di aggirare i sistemi di rilevamento marittimo: falsi dati per la geolocalizzazione, false rotte, comunicazioni spente. Lo scambio di petrolio spesso avviene in acque internazionali, da nave a nave. In altri casi arriva in porti dove i controlli sono minimi. Solo nell'ultimo anno Mosca avrebbe incassato oltre 8 miliardi di profitti. C'è poi una "nuova frontiera" nei compiti della flotta: a dicembre la Finlandia ha bloccato una petroliera sospettata di aver sabotato un cavo per le telecomunicazioni sottomarino. La nave trasportava 100.000 barili di petrolio da San Pietroburgo. r.e. —
  4. Sheinbaum tiene testa agli usa: "Modello di indipendenza"
    La presidente messicana star dei Latinos
    Il presidente colombiano Gustavo Petro ha dichiarato in occasione della Festa della donna, che l'elezione di Claudia Sheinbaum alla guida del Messico rappresenta «la speranza di una vera indipendenza per l'America Latina e i Caraibi». È giunto il momento, ha spiegato, « per l'unità latinoamericana come grande faro della libertà dell'umanità», in un commento su X a un articolo della stampa locale cui si evidenziava la rilevanza dell'elezione della prima donna alla presidenza del Messico. Ieri sera migliaia di simpatizzanti della presidente messicana si sono radunati nei pressi di Piazza della Costituzione (Zocalo) per ascoltarla sull'accordo raggiunto giovedì scorso con il suo omologo statunitense, Donald Trump, in cui si è concordato di sospendere l'imposizione dei dazi almeno fino al 2 aprile. «È il risultato di tutti i messicani», ha spiegato Sheinbaum e dimostra che «con gli Stati Uniti esiste rispetto e dialogo», sottolineando che «siamo nazioni su un piano di parità» Sin dal mattino i manifestanti avevo invaso le strade della capitale, giunti in autobus da diverse località del Paese. Negli ultimi giorni la Casa Bianca ha cambiato più volte posizione sulle tariffe a Canada e Messico alimentando incertezza in tutto il mondo. L'attenzione è ora sulla scadenza del 2 aprile, quando entreranno in vigore i dazi reciproci, quelli con cui Trump colpirà tutti i Paesi, compresi quelli europei. —

 

 

09.03.25
  1. Il "New York Times" ricostruisce la lite nella Cabinet Room. Scontro anche con il segretario ai Trasporti
    "Non licenzi nessuno". "Bugiardo" Scambio al veleno tra Musk e Rubio

    corrispondente da washington
    All'indomani nelle dichiarazioni pubbliche e nei post su X, tutti contenti e distesi per il Consiglio dei ministri di giovedì sera alla Casa Bianca. Ma quello che le cronache raccontano grazie agli spifferi nella Washington politica raccolti da diversi media è che attorno al grande tavolo nella Cabinet Room, c'è stato un duello sotto gli occhi di Donald Trump fra alcuni ministri e Elon Musk. I primi sempre più insofferenti da toni e metodi del miliardario; quest'ultimo poco propenso a posare la "motosega" di tagli e licenziamenti e soprattutto a dismettere i panni di deus ex machina di un'Amministrazione entrata in carica grazie anche ad assegni per 300 milioni di dollari staccati in campagna elettorale e a un continuo lavoro di finanziamento e sostegno su X.
    Nel mirino di Elon Musk è finito subito Marco Rubio: «Non hai licenziato nessuno», l'accusa al segretario di Stato. Da settimane nell'animo dell'ex senatore cova risentimento, confidano i suoi, per le scomposte azioni di Musk. Giovedì non si è trattenuto e ha rinfacciato a Musk di non essere onesto. «Che ne dici delle 1500 persone che hanno firmato la buonauscita? Non contano quelle, le vuoi riassumere per poterle poi licenziare?». Musk - insolitamente in giacca e cravatta dopo che Trump l'aveva rimbrottato per il suo look un po' trasandato - non ha battuto ciglio: «Marco, sei bravo in tv». Il non detto facilmente intuibile, nel resto non funziona.
    Maggie Haberman, notista politica del New York Times e autrice di una biografia politica su Trump, ha scritto che lungo tutto questo botta e risposta «Trump se ne stava seduto, braccia conserte, come se stesse guardando una partita di tennis».
    Ma prima che la situazione diventasse infuocata, il presidente è intervenuto. Ha elogiato Rubio, «stai facendo un gran lavoro».
  2. fronte comune con Francia, Germania e gran Bretagna
    Gaza, l'Italia appoggia la via egiziana
    L'Italia si schiera con Francia, Germania e Gran Bretagna e appoggia il piano egiziano per la pace e la ricostruzione di Gaza. «Noi, ministri degli Esteri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito, accogliamo con favore l'iniziativa araba di un piano di recupero e ricostruzione per Gaza - si legge nella nota pubblicata dalla Farnesina -. Il piano indica un percorso realistico per la ricostruzione di Gaza e promette - se attuato - un miglioramento rapido e sostenibile delle catastrofiche condizioni di vita dei palestinesi che vivono a Gaza. Gli sforzi di recupero e ricostruzione devono basarsi su un solido quadro politico e di sicurezza accettabile sia per gli israeliani che per i palestinesi, che garantisca pace e sicurezza a lungo termine sia per gli israeliani che per i palestinesi». Hamas, prosegue la nota, «non deve più governare Gaza né essere una minaccia per Israele. Sosteniamo esplicitamente il ruolo centrale dell'Autorità Palestinese e l'attuazione del suo programma di riforme».
    Roma, assieme Parigi, Londra e Berlino, sottolinea «l'importante segnale che gli Stati arabi hanno inviato sviluppando congiuntamente questo piano di ripresa e ricostruzione. Ci impegniamo a lavorare con l'iniziativa araba, i palestinesi e Israele per affrontare insieme tali questioni, tra cui la sicurezza e la governance. Esortiamo tutte le parti a basarsi sui meriti del piano come punto di partenza»
  3. il reportage
    Spenti i satelliti degli Usa Putin fa strage di civili nel Donetsk lasciato al buio

    inviata a Dobropillya (Donetsk)
    Su Dobropillya è calato quel particolare silenzio che solo le catastrofi possono creare. È fatto di assenza, mescolata al crepitio di vetri rotti sotto gli stivali e di case che bruciano da ore. Nella notte, sulla piccola città mineraria del Donetsk, si sono abbattuti prima un Iskander-M, poi un Tornado-S russi armati di bombe a grappolo. Appena i vigili del fuoco sono arrivati al condominio colpito dal raid, un drone ha finito il lavoro. In gergo si chiama "double tap", doppio colpo. In pratica assicura che anche i soccorritori che intervengono sul luogo dell'attacco vengano uccisi. Ieri mattina, Dobropillya ha contato almeno 12 morti e 47 feriti, tra cui sette bambini, di cui 2 gravissimi. Nel mirino dei missili balistici c'erano persone che dormivano, 8 edifici residenziali, un mercato rionale coperto e un parco giochi. È probabile che diverse persone si sarebbero salvate se l'incendio innescato dai razzi si fosse potuto spegnere subito e se non fossero state utilizzate le bombe a grappolo, vietate dalla Convenzione di Ginevra.
    Situazione difficile nel Kursk
    Un'altra ignominiosa tacca da aggiungere al bilancio dei crimini di guerra russi. Dobropillya ha pagato il prezzo più alto di una notte tragica, durante la quale hanno perso la vita almeno 25 persone in tutta l'Ucraina, nell'ultimo attacco di un'escalation che la Russia sta portando avanti dall'imboscata di Trump a Zelensky, lo scorso venerdì nello Studio Ovale.

 

 

08.03.25
  1. Le forbici del governo Usa su 400 milioni di dollari di sovvenzioni. "Non tutelati gli allievi ebrei"
    Tagli alle università, punita la "Columbia" Nel mirino le proteste degli studenti ProPal
    Corrispondente da Washington
    L'Amministrazione Trump taglia 400 milioni di dollari in sovvenzioni federali e contratti alla Columbia University. Dopo le minacce – avanzate lunedì dalla segretaria per l'Educazione Linda McMahon e reiterate su Truth da Donald Trump – ieri le quattro agenzie coinvolte nella gestione dei fondi hanno diramato un comunicato nel quale annunciano che dalle minacce il governo Usa è passato ai fatti. La spiegazione che ha offerto McMahon è che «le università devono rispettare tutte le leggi federali contro la discriminazione se vogliono ricevere finanziamenti dal governo federale».
    Un requisito che evidentemente i collaboratori di Trump non vedono. L'avvertimento alla Columbia era arrivato all'indomani della protesta nel college femminile Barnard – che fa parte dell'ateneo – da parte di un gruppo di studenti filo-palestinesi che hanno occupato i corridoi fuori dall'ufficio del decano e del presidente della facoltà chiedendo l'annullamento dell'espulsione per due studenti e il ritiro dei provvedimenti contro altri per le manifestazioni pro-Palestina organizzate alla fine del 2023. Le lezioni erano state interrotte per tutto il pomeriggio. Alcuni studenti ebrei avevano postato sui social le immagini del sit-in. Secondo Linda McMahon «la Columbia ha abbandonato il suo obbligo nei confronti degli studenti ebrei che frequentano il campus».
  2. La difesa modello Von der Leyen costerebbe a Roma 33 miliardi l'anno
    PAOLO BARONI

    ROMA
    Se l'Italia dovesse portare rapidamente al 2% del Pil la propria spesa militare il governo dovrebbe reperire all'incirca 11 miliardi di euro, l'equivalente speso ogni anno per il taglio del cuneo. Dai 33,5 miliardi messi a bilancio quest'anno (cifra record rispetto al passato) dovremmo infatti arrivare a quota 44,3, già «entro l'estate» stando al segretario generale della Nato Mark Rutte, visto che siamo tra i paesi che non raggiungono ancora l'obiettivo del 2%.
    Per alzare invece l'asticella sino al 3%, come propone la presidente della Commissione Ue Ursula von der Lyen, occorre stanziare 33 miliardi di euro in più (in pratica il valore dell'ultima legge di bilancio) per arrivare ad un impegno annuo pari a 66,5 miliardi.
    Mentre i generali della Difesa si stanno già fregando le mani ipotizzando acquisti di carrarmati e nuovi sistemi di difesa area e l'arruolamento di decime di migliaia di militari, al Tesoro sudano freddo all'idea di dover governare una spesa di queste dimensioni. E non a caso il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha già avanzato una serie di richieste di chiarimento e molti distinguo.
  3. Starlink teme la concorrenza francese Tensione tra governo e gli uomini di Musk
    FRANCESCO MALFETANO
    ROMA
    Lo scudo spaziale a difesa di Elon Musk, alla fine, pare lo stia alzando Matteo Salvini. «Much appreciate» ha scritto la notte scorsa su X il multimiliardario sudafricano commentando la posizione assunta dalla Lega nei confronti del Ddl Spazio che aprirebbe all'uso in Italia dei satelliti Starlink. Un supporto rilanciato dal vicepremier, che ieri ha tuonato contro le opposizioni: «Ormai parlare di Musk è come sproloquiare in strada».
    Un apprezzamento reciproco a cui si è però arrivati per gradi. E, soprattutto, solo al termine di una giornata che - secondo quanto risulta alla Stampa - è stata densa di contatti infuocati tra i vertici italiani dell'azienda Usa,
    Palazzo Chigi, la prima linea del Carroccio e Andrea Stroppa, braccio destro del patron di SpaceX. All'esecutivo viene rimproverato l'aver acconsentito – durante il voto alla Camera di ieri – l'inserimento all'articolo 25 del Ddl Spazio della tutela della «sicurezza nazionale» e di «assicurare un adeguato ritorno industriale per il sistema Paese». Dicitura che non mette in salvo il colosso Usa dall'ipotesi che a riempire i nostri cieli siano i satelliti di altre aziende. A dimostrarne l'importanza, del resto, come denunciato dal deputato dem Andrea Casu, c'è pure un tweet di qualche mese fa pubblicato da Stephen Robinson, giornalista vicino a Musk: «Domani Elon consegnerà a New York il Global Citizen Award 2024 a Giorgia Meloni (era il 24 settembre ndr). L'articolo 25 sta spianando la strada a Starlink come sistema di backup italiano. Andrea Stroppa sarà presente e sono molto emozionato per lui»
  4. Inchiesta su Paragon il sospetto di una rete clandestina di spioni
    irene famà
    roma
    Palermo. Napoli. E ora sul caso Paragon si muove anche la procura di Roma. Dopo la denuncia del sindacato dei giornalisti finita sul tavolo del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, a piazzale Clodio è stato aperto un fascicolo per fare chiarezza sulle intercettazioni abusive. E alla polizia postale sono stati affidati accertamenti per risalire a chi, da almeno un anno, ha utilizzato il software di produzione israeliana per spiare giornalisti e attivisti.
    La faccenda ha i contorni di una spy story internazionale. I servizi segreti italiano assicurano: «Non siamo stati noi». E Palazzo Chigi scende in campo per avvalorare la posizione dell'intelligence. Stessa versione è stata fornita dalle forze di polizia. Tutte. Nessuna esclusa. E il Guardasigilli Carlo Nordio ha eliminato anche un ipotetico ruolo delle procure. Ma allora chi è stato? E perché?
  5. divide il governo
    Milano
    Antonio Tajani
    "
    Matteo Salvini

    francesca del vecchio
    Monica serra
    milano
    C'è chi è già pronto a scommettere che il ddl Salva-Milano sia definitivamente morto e che il colpo di grazia sia stata l'inchiesta che ha svelato l'«organizzazione parallela» che per anni ha gestito l'urbanistica della città «usurpando» i poteri di giunta e consiglio a palazzo Marino. Ma le turbolenze giudiziarie e l'arresto per corruzione e depistaggio dell'ex responsabile dello Sportello unico edilizia (Sue) Giovanni Oggioni non hanno fatto altro che rinfocolare il già complesso dibattito politico. Ferma in Commissione Ambiente al Senato, dove è ancora aperta la finestra per la presentazione degli emendamenti (che terminerà il 12 marzo), questa norma è certamente nella sua fase più delicata: la sopravvivenza alle divisioni dei partiti.
  6. La delibera del CdA dell'Autority regionale conferma: l'ampliamento è idoneo. Ora Trm presenterà un progetto "con garanzie economiche e ambientali"
    "Nulla osta sul termovalorizzatore del Gerbido" L'inceneritore per i rifiuti raddoppia entro il 2031

    ANDREA JOLY
    Ora è ufficiale: la quarta linea del termovalorizzatore del Gerbido si può fare. E si farà «entro il 2031», assicura il presidente dell'Agenzia Regionale Rifiuti Paolo Foietta. «Ma solo se si presenterà un progetto a ristrette condizioni».
    Le candidature alternative, Quarto (Asti) e Ghemme (Novara), «non sono idonee». Per bruciare le 276 mila tonnellate di rifiuti in più all'anno - come imposto dalle leggi europea e regionale, per un totale di 900 mila - il Piemonte ha una sola opzione: Torino. Ed è scritto, nero su bianco, nella delibera assunta dal Consiglio di Amministrazione dell'Autorità Rifiuti Piemonte assunta ieri: «Sulla base di quanto dichiarato dal gestore e delle verifiche effettuate - si legge nella delibera - l'area proposta dal Comune di Torino per la costruzione della quarta linea risulta rispondente al criterio dimensionale e morfologico. La stessa pertanto risulta idonea ad ospitare la quarta linea dell'impianto».
  7. Indagine della Guardia di finanza su 343 società che affittano i velivoli Nel mirino 8mila voli privati che hanno trasportato 12mila passeggeri
    A Caselle gli aerotaxi non pagavano l'ecotassa Evasione da 1,5 milioni
    gianni giacomino
    Migliaia di aerotaxi e di elicotteri presi a noleggio, in questi anni, sono atterrati nello scalo privato di Caselle senza mai pagare la tassa il cui ricavato viene investito per tutelare l'ambiente. In tutto si tratta di un'evasione fiscale di circa un milione e 200 mila euro.
    Se n'è accorta la guardia di finanza della Compagnia di Caselle – che ha sede proprio nello scalo – dopo una meticolosa verifica di circa 8 mila voli con jet o elicotteri presi a noleggio che, nell'arco di tempo che va dal 2019 al 2023, hanno trasportato quasi 24 mila passeggeri nella parte privata dello scalo torinese. Voli che sono stati garantiti da 343 società, la maggior parte estere, contattate da clienti facoltosi, professionisti, manager o aziende di tutto il mondo.
    Ma anche da campioni dello sport come un giocatore della Juventus che, per rientrare con la famiglia dalle Maldive dove aveva trascorso un periodo di vacanza, ha affittato un velivolo spendendo circa 100 mila euro. Un volo Roma-Torino invece ha un costo che si aggira sugli 8 mila euro. Ovviamente le tariffe variano a seconda della distanza. Si tratta di una specifica imposta, istituita nel 2011, il cui importo varia in funzione della tratta percorsa (10 euro in caso di tragitto non superiore a 100 chilometri, 100 euro per tragitti compresi tra 100 e 1.500 chilometri ed euro 200 per tragitti superiori) ed è dovuta da ciascun passeggero trasportato sia con aerei che con elicotteri. Anche perché, negli ultimi anni, è aumentato il numero di vip che si spostano sempre più spesso su piccoli aerei anche per coprire distanze tranquillamente percorribili su mezzi di trasporto più sostenibili come i treni, e così facendo aumentano la quantità pro-capite di emissioni inquinanti e climalteranti.

 

 

07.03.25
  1. la denuncia
    Docenti di sostegno 23 mila specializzati rimasti senza posto
    Sarebbero oltre 23 mila i docenti specializzati in sostegno per le superiori senza posto per la saturazione delle graduatorie, soprattutto al Centro-Sud: è l'allarme di Alessio Golia, coordinatore del Comitato docenti di sostegno: «S
  2. enza una programmazione attenta il rischio è aggravare la già compromessa situazione dei docenti specializzati, penalizzando la qualità dell'insegnamento per gli alunni con disabilità». Preoccupano «i prossimi decreti attuativi che disciplineranno i corsi Indire», cioè i corsi di specializzazione per docenti di sostegno. Per il comitato, «mentre il ministero dell'Istruzione continua a sostenere la necessità di percorsi di specializzazione abbreviati per sopperire a una presunta carenza di docenti di sostegno, i dati raccontano una realtà diversa». Sarebbero oltre 23.500 gli specializzati senza cattedra (a Roma e Napoli 3.705 e 4.385). «Al tempo stesso - dice Golia - nelle province dove mancano specializzati, sono stati assegnati circa 10 mila incarichi a docenti privi di formazione specifica. Non permetteremo che migliaia di docenti specializzati vengano sacrificati per una gestione superficiale».

 

 

 

 

06.03.25
  1. di
    Divieto
    dissenso
    Corrispondente da Washington
    «È Trump, ogni mattina fa un post e colpisce qualcuno, un gruppo, un Paese». Stretto nella sua felpa bianca, zainetto sulle spalle, Logan, studente al secondo anno di psicologia alla George Washington University chiede di mostragli il post che il presidente ha consegnato ai follower ieri mattina. Espulsione e arresto per chi partecipa a proteste illegali nei campus, tagli dei fondi alle Università che non prendono provvedimenti e consentono manifestazioni illegali. A caratteri maiuscoli c'è scritto «NO MASK», nessuna maschera, volto coperto è ammesso. Lo zar per le frontiere, Tom Homan, è stato svelto a rilanciare: non è questo il motivo per cui l'abbiamo votato, giusto America?
    Logan è americano, zero preoccupazioni per restrizioni della libertà nel campus, tanto che spiega che non c'è aria di proteste e pure quelle dell'anno scorso – cui lui ha partecipato qualche volta – legate al sostegno americano ai raid israeliani contro la Striscia di Gaza «sono sempre state pacifiche qui». Il presidente – è il pensiero di Logan – parla a quei giovani che lo sostengono e vuole creare una frattura fra quelli che lui considera l'élite liberal che frequenta università come queste, e gli altri.
    Il campus della Georgia Washington University è nello storico quartiere di Foggy Bottom. Qui a fine del 2023 e nella primavera successiva centinaia di ragazzi occupavano la piazzetta centrale. Una ragazza della scuola di giornalismo che ci chiede di non rivelare il suo nome racconta di aver molti amici stranieri per i quali la violazione delle regole in una protesta significherebbe deportazione. «C'è un po' di preoccupazione fra le mie amiche, ma non è solo per le proteste, qui non c'è aria di nuove ribellioni. Siamo più preoccupate per la questione della cittadinanza, dello ius soli. Riguarda tutti, non solo gli studenti».
    Fra il palazzo che ospita la Law School e la scuola di Medicina e il Dipartimento di Studi Internazionali, gli studenti sono tutt'altro che attenti ai segnali di Trump o ai suoi post. «Ci sono regole per le manifestazioni, chi le organizza si attiene e quindi perché dovremmo essere preoccupati per le nostre libertà se rispettiamo le regole?», dice Vivek, nome indiano, cittadinanza pienamente americana essendo nato a Chicago. Ogni giorno in città ci sono proteste per ogni tema.
    L'annuncio di Trump però non cade come un fulmine. Più volte in campagna elettorale il presidente aveva sottolineato che chi violava le regole, occupava e attaccava i campus doveva pagare le conseguenze.
    La minaccia di Trump via Truth segue un ordine esecutivo con il quale dava istruzione alle agenzie federali di stroncare «il vandalismo e le intimidazioni pro-Hamas» cosi come indagare e punire le università di élite americane che favoriscono azioni antisemite. Il Dipartimento di Giustizia ha creato una task force per indagare l'antisemitismo nei campus. A ora la task force ha visitato 10 campus universitari, fra cui appunto la Columbia.
    A innescare il post di ieri hanno contribuito probabilmente i recenti fatti alla Columbia University e al collegato college femminile Barnard. La scorsa settimana due studenti sono stati espulsi per aver interrotto una lezione sulla Storia della moderna Israele. La decisione del collegio docenti ha scatenato la protesta: cinquanta ragazzi hanno occupato mercoledì scorso l'ufficio del preside, continuando per ore a martellare su batterie artigianali, urlando nei megafoni, indossando maschere e urlando: «Ogni stato fascista deve cadere». Il collettivo Students Justice in Palestine (SJP) chiedeva alla leadership del Barnard di revocare le espulsioni, dare l'amnistia a tutti gli studenti coinvolti nelle proteste anti-Israele e un incontro pubblico con Leslie Grinage (la preside) e la presidente Laura Rosenbury. SJP è stata sospesa nel novembre del 2023 dopo che aveva organizzato proteste non autorizzate nel campo e minacciato alcuni studenti. Mercoledì quindi la Milbank Hall del Barnard è stata occupata per ore, un dipendente della scuola è stato aggredito e le classi sono state cancellate.
    Il post di Trump è arrivato all'indomani della minaccia della sua Amministrazione di trattenere 51,4 milioni di contratti governativi dalla Columbia University per non aver preso azioni disciplinari contro i manifestanti anti-israeliani e aver messo gli studenti ebrei in una situazione di pericolo. Molti hanno disertato le lezioni ed espresso sulle bacheche online i timori e postato i video del sit-in dei gruppi radicali filo-arabi. Lo scorso anno la Columbia ha ricevuto ad esempio 1,3 miliardi di dollari in sovvenzioni, circa il 20% del budget operativo. —
  2. Acquisizione da CK Hutchinson, nel consorzio anche Msc
    Sul Canale di Panama vince il tycoon Il fondo BlackRock compra due porti
    Un consorzio guidato da BlackRock acquisterà due porti del canale di Panama attualmente di proprietà della società di Hong Kong Ck Hutchinson. L'operazione rappresenta una vittoria per Trump, che da settimane insiste sul «paradosso» che il canale di Panama, costruito dagli americani, sia gestito dai cinesi. «Ce lo riprenderemo», ha tuonato più volte. La svolta è arrivata ora tramite Blackrock che ha raggiunto un accordo dal valore di 22,8 miliardi di dollari con CK Hutchinson, il colosso che fa capo alla famiglia Li, una delle più ricche dell'Asia. Le trattative sono iniziate un paio di settimane fa, dopo che la famiglia Li si è sentita sotto pressione politica. Per i porti di Balboa e Cristobal sono arrivate tre offerte ma alle fine è stata preferita quella americana. Ck Hutchinson opera i due scali dal 1997, da quando Panama gli ha garantito una concessione di 25 anni, rinnovata nel 2021. Negli ultimi giorni i manager di BlackRock, incluso l'ad Larry Fink, hanno informato Trump e il segretario di stato Marco Rubio sui contorni dell'accordo, ricevendo il loro sostegno. Proprio Rubio agli inizi di febbraio aveva messo in guardia il presidente di Panama Josè Raul Mulino, esortandolo a ridurre l'influenza cinese sul canale o a prepararsi ad affrontare eventuali ritorsioni americane. L'accordo è di natura «puramente commerciale e del tutto estraneo alle recenti notizie riguardanti i porti sul canale di Panama», ha precisato Frank Sixt, co-amministratore delegato di Ck Hutchinson che, in base all'accordo, venderà a BlackRock, Global Infrastructure Partners e Terminal Investment Limited - società del gruppo Msc - il 90% della società che opera i due porti di Panama. Per BlackRock l'intesa è la maggiore mai realizzata dalla società nelle infrastrutture. «Questi porti di livello mondiale facilitano la crescita globale», ha detto Fink. Il 70% del traffico del canale lascia o arriva dai porti americani. Gli Stati Uniti hanno costruito il canale agli inizi del 1990 e Washington ha concesso il controllo a Panama nel 1999, in seguito a un trattato firmato da Carter nel 1997. Un gesto, secondo Trump, «folle».
  3. infermieri
    Il mercato
    degli
    Alessandro Mondo
    Paolo Russo
    torino - roma
    L'ultimo in ordine di tempo ad aver aperto la "caccia" all'infermiere d'importazione è il Piemonte, dove stando alle stime dei sindacati ne mancano dai 4 ai 5 mila. Un'emergenza superiore anche a che quella legata alla carenza dei medici. Così l'assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, è andato in missione in Albania per stringere accordi in vista del reclutamento di infermieri. Prima tappa di altre in Paesi italofoni: dalla vicina Croazia alla lontana Argentina, caratterizzata da forti e radicate comunità piemontesi.
    Ma la ricerca di quella merce rara che sono i professionisti della salute sta coinvolgendo sempre più regioni. Con un import che è però compensato dall'export verso Paesi più attrattivi dal punto di vista delle retribuzioni e delle carriere. I numeri parlano da soli. Se nel 2019 i camici bianchi di importazione erano 21 mila, nel 2023 si era già a quota 28 mila e oggi avrebbero raggiunto l'asticella dei 30 mila secondo le stime dell'Asmi, l'associazione medici stranieri in Italia. Nello stesso tempo, ad espatriare dal 2019 allo scorso anno sono stati altrettanti, diretti soprattutto in Gran Bretagna, scelta da 5.500 dottori e Svizzera, dove sono andati in più di 3 mila. La casistica di chi parte, spiega il presidente dell'Asmi, Foad Adoi, è delle più varie: «Si va dallo specializzando timoroso di non conquistare un contratto adeguato al primario affermato stanco dello stipendio che non sale mai». Il nuovo miraggio: «Paesi come l'Arabia saudita che investono il 10% del loro Pil in sanità e ospedali d'avanguardia con stipendi tra i 14 e i 20 mila dollari al mese». E poi le difficoltà sul fronte dei medici di famiglia: secondo l'ultimo rapporto della Fondazione Gimbe, ne mancherebbero 5.500. E in vista di 7.300 pensionamenti entro il 2027, diminuiscono i giovani medici che scelgono questa professione, visto che nel 2024 il 15% delle borse di studio non sono state assegnate.
    Ma se di medici ce ne sono pochi, le piante organiche degli infermieri sono piene di voragini. Secondo la Federazione dei loro Ordini provinciali, la Fnopi, negli ospedali ne mancano 60 mila, che diventano 90 mila se si considerano quelli necessari nel territorio. Tanti ne servirebbero infatti per portare dal 5 al 10% la quota di popolazione anziana assistita a domicilio secondo il Pnrr, e per far funzionare i nuovi ospedali di comunità a conduzione infermieristica, che dovrebbero accogliere quei pazienti che possono essere dimessi dai reparti ma non ancora nelle condizioni di tornare a casa. Così la caccia ai professionisti di altri Paesi si sta facendo sempre più agguerrita. Ha iniziato la Calabria nel 2022 convocando una pattuglia di 497 infermieri cubani, ne ha seguito l'esempio il Lazio che è andato a cercarli in Messico e Argentina. Meta prescelta anche dall'assessore alla sanità lombarda, Guido Bertolaso, che ha bussato poi alle porte del Paraguay. La Sicilia invece ha spaziato dal Sud America, all'Ucraina, passando anche per Libia e Guinea.
    La conta finale la fa sempre l'Ordine degli infermieri, per il quale gli stranieri che lavorano attualmente in Italia sono 23 mila, il 5,5% del totale, di cui 15.674 provenienti da Paesi Ue e 9.456 extra comunitari. A questi poi andrebbero aggiunti i 13 mila arrivati in Italia con i provvedimenti emergenziali legati al Covid e alla guerra in Ucraina: la maggioranza proviene da Est Europa, India e Perù e si concentrano soprattutto in Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto.
    Ma anche qui, se tanti ne arrivano altrettanti se ne vanno, attratti soprattutto dal Regno Unito, dove lavorano oltre 10 mila di loro, Germania (2.700), Svizzera (2.342) e Belgio (1.175). Per spiegare il perché della fuga basta ascoltare uno di loro, Antonio Torella, rientrato in Italia dall'Inghilterra per avviare una delle nuove Case di comunità: «Appena rientrato sono stato tempestato di chiamate da strutture sanitarie inglesi che mi offrivano 1.600 euro a settimana anziché al mese, quanti se ne guadagnano in Italia». L'assessore piemontese Riboldi, intanto, spiega che «stiamo lavorando senza sosta per trovare soluzioni nel breve periodo come l'istituzione di borse di studio per rendere più appetibile la professione infermieristica e attrarre competenze da Paesi italofoni o affini». Tutto, precisa, avverrà «in un percorso di parificazione dei percorsi formativi con quelli italiani e selezioni che verifichino le competenze e la conoscenza della lingua italiana, predisponendo percorsi di inserimento».
    Intanto a fine anno decade il provvedimento che fino ad ora ha consentito di semplificare le assunzioni di medici e infermieri extra Ue, mentre si sono perse le tracce dell'intesa Stato-Regioni che da un lato velocizzava le pratiche, dall'altro istituiva una commissione per la verifica delle qualifiche professionali. Così la corsa al reclutamento fuori confine diventerà a ostacoli e senza garanzie di qualità dell'assistenza. —
  4. In reparto gli specialisti arrivati dal Sudamerica sono la metà: "Il mio fidanzato mi ha seguita"
    La pediatra dall'Argentina a Biella "Da noi la crisi ha colpito anche i dottori"
    mauro zola
    biella
    Hanno tutte un po' di Italia nella storia della propria famiglia le cinque pediatre argentine assunte dall'ospedale di Biella a inizio anno. Il primo esperimento di reclutamento di personale dall'estero ha convinto la Regione a proseguire su questa strada per arginare la carenza di medici e infermieri. Ma il motivo principale del trasferimento dall'altra parte del mondo è dovuto alle difficoltà che vive il loro Paese. «La vita in Argentina si è fatta difficile anche per i medici. La crisi economica ha colpito tutti», conferma Florencia Quevedo. Quando il primario del reparto biellese Paolo Manzoni ha chiesto chi fosse interessato, sono subito arrivate una settantina di domande. Quasi tutte l'Italia la conoscevano già, e avevano voglia di riscoprire le proprie radici. «Alcune colleghe sono di origine italiana e magari da tempo pensavano a questa opportunità, così non ci hanno pensato due volte quando è arrivata loro la proposta. Per me invece è stato un po' più complicato».
    Per la dottoressa Quevedo, c'è stato bisogno di un viaggio in Italia per capire la nuova realtà in cui avrebbe dovuto calarsi e decidere che cosa fare. «A febbraio dell'anno scorso sono venuta in vacanza. Volevo vedere la città e l'ospedale, farmi un'idea di persona. Mi è subito piaciuto tutto». Così ja deciso di trasferirsi con il fidanzato. Anche lui è un medico e spera di trovare lavoro in Italia, dove la coppia ha intenzione di restare per costruire carriera e famiglia.
    Arrivata da una grande città, Mar Del Plata, che affaccia sul mare, Florencia Quevedo ha comunque trovato un ambiente che la soddisfa: «C'è la montagna, la possibilità di fare escursioni e passeggiate molto belle. Con il vantaggio che sei a un'ora di treno da Milano. Mi piacciono la tranquillità e la sicurezza. L'accoglienza poi è stata molto buona». Con le altre professioniste arrivate dall'Argentina (in reparto sono in totale cinque su dodici medici in servizio, e una sesta arriverà a giugno) i rapporti sono buoni, «anche se siamo di età diverse, e poi c'è chi si è trasferita qui con i figli e chi da sola. Fuori dall'ospedale ci frequentiamo poco, ma resto dell'idea di aver fatto la scelta giusta
  5. Cristiano Cannarsa sospettato di aver favorito Deas, società di un'amica che fornisce tecnologie e sistemi di cybersicurezza alle Forze Armate
    Appalti per la Difesa, indagato l'ad di Sogei "Cercò di pilotare un progetto da 1,6 milioni"
    irene famà
    roma
    La cybersecurity è un affare, soprattutto in questi tempi. E soprattutto se è legata agli appalti del comparto della difesa. Così è guerra per ottenere commissioni. Dati. Potere. Lo racconta l'inchiesta della guardia di finanza che ha travolto i vertici di due importanti società: Cristiano Cannarsa, amministratore delegato di Sogei che si occupa della gestione dei servizi informatici della pubblica amministrazione ed è controllata al 100% dal ministero dell'Economia e Finanze, e Stefania Ranzato, imprenditrice, rappresentante legale della Deas, leader nel settore difesa, specializzata in cybersecurity e sistemi tecnologici militari. Entrambi sono finiti indagati per tentato peculato: Cannarsa avrebbe cercato di pilotare un progetto informatico da oltre 1 milione e 600 mila euro proposto dalla società privata. Fornitura che, se affidata in house o ad un'altra ditta, sarebbe costato intorno ai 200 mila euro. Insomma: otto volte in meno.
    Perché? Lo spiega bene un'intercettazione telefonica finiti negli atti d'indagine: «Cannarsa vuole dare una mano alla sua fidanzata. Così il valore della società aumenta». E l'inchiesta della procura di Roma, coordinata dai pubblici ministeri Lorenzo Del Giudice e Gianfranco Gallo, tratteggia una battaglia senza esclusione di colpi. Maticmind, azienda per la progettazione e gestione del data center e della sicurezza informatica, di Carmine Saladino (che proprio ieri ha ceduto la sua partecipazione a Mozart HoldCo, società interamente detenuta da Cvc e Cdp Equity, controllata del gruppo Cassa Depositi e Prestiti) vuole acquisire Deas. E Cannarsa vuole aiutare l'amica irrobustendo il suo portafoglio clienti. Perciò si spende per farle ottenere la fornitura «di una piattaforma per la gestione di un sistema documentale tramite intelligenza artificiale». Il progetto pare resti solo sulla carta.
    A raccontare l'intera faccenda ai magistrati è l'ex numero uno di Sogei Paolino Iorio, arrestato nel 2024 per l'accusa di corruzione dopo essere stato fermato mentre intascava una mazzetta da 15 mila euro dall'imprenditore Massimo Rossi. Un primo giro di tangenti e corruzione svelato alla fine dello scorso anno dalla guardia di finanza: sotto il faro degli inquirenti erano finiti i lavori con il colosso SpaceX, l'azienda aerospaziale statunitense fondata da Elon Musk. E ancora. La gara da 180 milioni per la ristrutturazione della rete del comparto della Difesa. E la gara per le licenze software dei server Natanix, all'avanguardia della tecnologia di cloud.
    Iorio, che ha chiesto di poter patteggiare una pena a tre anni sulla quale il giudice dovrà decidere tra una ventina di giorni, decide di parlare. «Cannarsa voleva avantaggiare Deas. Ho le chat, i messaggi. Dava una mano per farla acquisire da Maticmind a condizioni favorevoli ai titolari. E quando l'ho scoperto, mi ha escluso», è il verbale del 10 dicembre scorso. Poi c'è quell'intercettazione ambientale, in cui Antonio Angelo Masala, ufficiale della Marina distaccato presso lo stato maggiore della Difesa indagato per quel giro di favori e corruzione, parla con gli imprenditori Rossi e Saladino. «La vuole aiutare – dice – Con quell'accordo, il valore della società aumenta». I magistrati sentono i vari protagonisti, tra cui il 22 dicembre scorso proprio Saladino, che smentisce tutto.
    Cannarsa, ingegnere meccanico con alle spalle una lunga carriera nella pubblica amministrazione, prima ad di Consip poi dirigente di Cassa Depositi e Prestiti, si dice «sereno» e sottolinea la «piena fiducia nell'operato della magistratura». Sogei annuncia che «continuerà a collaborare con le indagini, assicurando la massima trasparenza e disponibilità nella certezza di un celere e completo chiarimento della posizione dell'amministrazione delegato».
    Ieri sono scattate le perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici degli indagati. E l'inchiesta potrebbe rivelare un filone più ricco visti gli accertamenti delegati ai finanzieri del Comando provinciale di Roma e del nucleo speciale polizia valutaria. La procura, infatti, ha chiesto di scandagliare tutta una serie di contatti nei pc e nei telefonini sequestrati che conducono ai più importanti player del settore della difesa e coinvolgono anche Starlink e il braccio destro di Musk. —
  6. Le chat tra l'ex broker e oggi pentito Vittorio Raso e Riccardo De Simone, condannato a 9 anni in Appello. I sodali intercettati: "È un ragazzo super"
    Il narcos, la droga e il figlio del poliziotto "Ora dobbiamo prenderci il monopolio"
    giuseppe legato
    Nella numerosa e intercambiabile batteria dell'ex re dei narcos Vittorio Raso uomo legato mani e piedi alla ‘ndrangheta, da qualche tempo divenuto collaboratore di giustizia della Dda di Torino, non c'erano soltanto imprenditori collusi e galoppini sempre pronti a spostare quintali di hashish e marijuana da un deposito all'altro di Torino e Milano. Nella sentenza d'Appello un focus rilevante è sulla figura di un giovane di nome Riccardo De Simone, 35 anni, originario di Chivasso. Una figura non banale. È figlio di un ex commissario di polizia, che dopo una carriera per nulla anonima, è finito nei guai per aver gestito (ipotesi d'accusa) alcune fonti investigative in maniera troppo disinvolta. Nei mesi scorsi la corte d'Appello ha condannato Riccardo a 9 anni, 10 mesi di carcere e 20 giorni di carcere. Conferma della sentenza di primo grado. È lui, si legge nelle motivazioni depositate nelle scorse ore dalla terza sezione penale d'Appello (presidente Flavia Panzano) che – secondo il racconto fatto da Raso ai pm dopo il pentimento – già dal 2020 avrebbe iniziato «a essere pienamente operativo per il sodalizio» assumendo un ruolo di maggiore responsabilità (non di capo dell'associazione ndr) dopo l'arresto di alcuni componenti della banda. «Dalle chat, tramite il sistema di comunicazione criptato SKY ECC, bucato dagli investigatori, emerge come tra Raso e De Simone ci fosse un rapporto stabile». Si legge che «i due si esprimevano con un linguaggio e con toni che li collocano su un medesimo piano. De Simone si è occupato di individuare e gestire i luoghi deputati alla custodia della sostanza stupefacente, sovrintendendo e comunque provvedendo alla ricezione e allo stoccaggio della sostanza, nonché alla consegna della stessa ai sodali e provvedendo alla distribuzione dello stupefacente anche a favore della propria clientela e all'invio del denaro provento del traffico di stupefacenti a Raso all'epoca latitante». Quest'ultimo compito "«avveniva mediante canali di transazione occulti». Ovvero: «attività commerciali cinesi a Milano».
    Di lui parlano nelle chat i sodali: «Ho conosciuto quello di Torino – intendendo De Simione – tanta roba Fra, è un ragazzo super credimi».
    Sarà ancora a De Simone nelle chat criptate a dire «Dobbiamo avere il monopolio». E il narcos. «O con noi o niente». E i quantitativi di droga gestiti dal figlio dell'ex poliziotto non sono per nulla irrilevanti: 55 kg, 60 kg e via discorrendo. Infine vengono valorizzati i particolari accorgimenti utilizzati dal trafficante per sfuggire a eventuali indagini sul suo conto: «Oltre ai telefoni criptati – scrive la Corte - utilizzava anche dispositivi per la bonifica ambientale e Jammer, disturbatori o inibitori di frequenze, che infatti gli venivano sequestrati in occasione del suo arresto». Il pm Valerio Longi che ha coordinato le indagini della squadra Mobile aveva chiesto che De Simone venisse riconosciuto come capo promotori dell'associazione. I giudici pur ritenendo «convincenti» le motivazioni del pubblico ministero non hanno aggravato la posizione dell'imputato . —

 

05.03.25
  1. Sala fa retromarcia sulla norma in arrivo al Senato e si costituisce parte civile. Schlein: non si può andare avanti
    Corruzione, arrestato il ras dell'urbanistica "Abbiamo scritto noi la legge Salva-Milano"
    monica serra
    milano
    Consulenze dai costruttori per 178 mila euro in tre anni e l'assunzione della figlia per «ridurre gli uffici comunali a un mero simulacro e appendice di uffici privati».
    Dietro l'«organizzazione parallela «che avrebbe «usurpato» i poteri del Consiglio e della Giunta, con la «complicità dirigenti e funzionari», per l'accusa ci sarebbe Giovanni Oggioni, «regista» dell'urbanistica milanese finita al centro di decine e decine di inchieste. E – novità definita «al limite dell'incredibile, che dà la misura dell'attitudine eversiva degli indagati» – sarebbe stato sempre lui con altri coinvolti a «dettare la legge Salva-Milano ai referenti politici presso il Governo la Camera» per «smontare» le indagini.
    La norma, che ha già superato il vaglio della Camera e a breve arriverà in Senato, per sanare il passato e garantire il liberi tutti nel futuro, è stata fortemente voluta dal sindaco Beppe Sala che ieri però ha fatto un passo indietro. «Gli elementi di novità, e purtroppo di maggiore gravità, descritti negli atti inducono questa amministrazione a non sostenere più la necessità di proseguire nell'iter di approvazione della proposta di legge», è scritto in una nota arrivata in serata dal Comune che ha annunciato la costituzione di parte civile contro i suoi dirigenti. Sulla stessa linea la segreteria del Pd, Elly Schlein: «Dopo i gravi fatti emersi è evidente che non ci siano le condizioni per andare avanti».
    Architetto di 68 anni di cui 30 negli uffici del Comune, direttore dello Sportello unico edilizia fino al pensionamento nel 2021, poi vicepresidente della Commissione al paesaggio, Oggioni è finito ieri ai domiciliari per corruzione, falso e depistaggio. Stando alla nuova inchiesta della aggiunta Tiziana Siciliano e dei pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, non solo non avrebbe dichiarato il «conflitto di interessi» con l'azienda AbitareIn che aveva assunto la figlia, ma da vice della Commissione al paesaggio – che decideva sulle pratiche urbanistiche – avrebbe accettato una consulenza da 178 mila euro dall'associazione Assimpredil per occuparsi, tra l'altro, della «prevalidazione di progetti edilizi» da presentare agli uffici comunali. Non basta. Dopo il sequestro dei suoi cellulari da parte della Gdf, sarebbe entrato nel cloud più volte per «cancellare» chat e documenti «al fine di sopprimere le prove». Ancora, Oggioni è accusato di falso in atto pubblico in sette interventi edilizi in concorso con gli altri componenti della Commissione e vari progettisti. Tra loro, ancora una volta, compare l'assessore all'Urbanistica di Torino Paolo Mazzoleni: qui, per il progetto di Lambrate Twin Palace, è indagato per falso, lottizzazione abusiva e abuso edilizio. In alcuni dei casi finiti sotto inchiesta, le violazioni sono così «macroscopiche» da «gridare vendetta» anche per qualche urbanista del Comune.
    Ma le intercettazioni del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf hanno fatto anche emergere come lo stesso Oggioni e l'ex componente della Commissione al paesaggio e membro della commissione Via-Vas del ministero dell'ambiente, Marco Emilio Cerri (che rischia l'interdittiva per traffico di influenze), abbiano «brigato alacremente per ottenere la legge Salva-Milano di interpretazione autentica, arrivando a partecipare direttamente alla stesura degli emendamenti e a farli pervenire alla Camera dei deputati», scrive nell'ordinanza il gip Mattia Fiorentini. O, per dirla come Oggioni, per impedire che «trent'anni di urbanistica siano buttati nel cesso». Ci sarebbero stati contatti con Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati e con il senatore leghista Alessandro Morelli. Il 24 ottobre, al telefono con un avvocato, Cerri afferma che il testo «arriva direttamente dalla Camera, cioè da Lupi», che gli hanno chiesto di esprimere in merito «opinioni pareri e commenti». Aggiunge che ha dato lui il testo al relatore del disegno di legge, onorevole Tommaso Foti, in accordo con «Guido» Bardelli, l'assessore alla Casa del Comune che sei mesi prima della nomina parlava della necessità di «far cadere questa Giunta» al telefono con Oggioni. Spiega ancora Cerri che il testo della norma «l'avevo fatto io sin da febbraio! ... Adesso l'ho riguardato e nei giorni scorsi lo abbiamo mandato».
    Non manca chi per uscire dall'impasse sulla norma punta a un incontro con la premier Giorgia Meloni: «Un colloquio riservato ma serve lei». —
  2. Torino compra nuove azioni, supera Genova e diventa primo azionista di Iren, tra le prime quattro multiutility italiane con 6,5 miliardi di fatturato, 12 mila dipendenti e 7 milioni di cittadini serviti tra gas, energia, acqua e rifiuti. Investiti 83 milioni di euro grazie ai "risparmi" della Città metropolitana. Un'operazione tra politica e finanza, che il sindaco Stefano Lo Russo ha seguito per più di un anno: «Torino e il territorio metropolitano diventano ancora più centrali nel settore energetico, della transizione ecologica, dell'innovazione e della ricerca» . Ecco il perché di un lavorìo rimasto riservato fino alla convocazione di un Consiglio metropolitano «urgente e segreto», che ieri è stato dato mandato alla holding MHT di procedere all'acquisto.
    Durante l'assemblea Lo Russo ha parlato di una scelta «strategica» e ricordato la vendita delle azioni da parte dell'ex sindaca Chiara Appendino. I profili tecnici sono state illustrati grazie all'analisi su costi e benefici realizzata da Deloitte. Nella delibera (contrari solo Daniel Cannati, sindaco di Beinasco di centrodestra, e Luca Salvai di Pinerolo, del M5S) si parla di 3 milioni di risorse proprie e 80 prestati dalle banche. Un prestito ponte che verrà rimborsato a stretto giro dall'ex Provincia grazie a un avanzo ordinario che diventerà realtà a fine aprile, con l'approvazione del rendiconto. La tempistica ha l'obiettivo di incassare già per quest'anno i dividendi di Iren sulle nuove azioni, che dovrebbero aggirarsi intorno ai 4,31 milioni di euro (meno di due serviranno a pagare gli interessi bancari).
    A occuparsi dell'operazione in Borsa nel pomeriggio di ieri la divisione Investimenti di Intesa Sanpaolo, che ha avuto mandato di non comprare a un prezzo superiore a 2,228 euro. Traguardo agevolato quando il titolo ha segnato –3, 72%. In serata sono arrivati i numeri: superati i 37 milioni di azioni, il 2,8% in più di quote, che fa arrivare il Comune di Torino a 19,171%.
    E se nelle 40 pagine di analisi degli impatti economico finanziari di Deloitte si prevede la crescita del valore dei dividendi fino a 5 milioni e mezzo nel 2028, la mossa ha in realtà anche uno scopo "di sistema". Fino a ieri, infatti, l'assetto di Iren vedeva il Comune di Genova primo azionista con un pacchetto azionario del 18,85%; secondo c'era il Comune di Torino con Città metropolitana, con il 16,3% (a cui si aggiunge il 3,85% di Compagnia di San Paolo, che però come socio privato è fuori dal patto di sindacato per la governance). E poi i Comuni emiliani "capitanati" da Reggio con il 16,17%. L'operazione di ieri ha cambiato gli equilibri: Torino è diventata maggiore azionista e questo significa più peso specifico all'interno della multiutility. Il patto di sindacato tra i soci pubblici prevede nomine congiunte dei vertici e della distribuzione delle deleghe. Per prassi il primo azionista indica l'amministratore delegato (scelto quindi negli ultimi otto anni sempre da Genova), il secondo indica il presidente, il terzo il vicepresidente.
    Appendino aveva prima venduto, poi ricomprato azioni Iren. Ma Torino aveva comunque perso peso specifico, perché nel frattempo le azioni della holding metropolitana MHT erano state "sterilizzate", cioè non computate ai fini dei pesi degli azionisti del patto di comando. Dunque la prima fase della scalata torinese è stata la riscrittura del patto: lo scorso autunno Lo Russo ha rinegoziato per far pesare le azioni della holding metropolitana, le cui quote si sommano a quelle della holding del Comune. Ma Genova rimaneva comunque primo azionista, sia pure con un margine ridotto. La seconda tappa della scalata è stata l'operazione finanziaria conclusa ieri.
    Nel frattempo, il ruolo di Torino era stato accresciuto da motivazione extra societarie. Dopo l'arresto dell'amministratore delegato Paolo Signorini (genovese) nell'ambito dell'inchiesta per corruzione con l'ex governatore Giovanni Toti, si erano espanse le deleghe del presidente Luca Dal Fabbro, uomo di Lo Russo. La settimana scorsa i tre soci (Genova-Torino-Emilia) hanno già stabilito che ad aprile, quando si terrà l'assemblea, verrà proposta la conferma dell'assetto attuale: l'ad Gianluca Bufo, il vicepresidente Moris Ferretti e Dal Fabbro presidente, comprese le sue deleghe operative. Fra tre anni, quando cambieranno di nuovo gli assetti, Torino potrà esprimere l'amministratore delegato. Ma già da oggi, nella sostanza, Dal Fabbro si rafforza ulteriormente.
    A conferma di ciò, due segnali da Genova. Il gelo per un blitz di cui nessuno era stato informato, che ribalta gli equilibri di potere nel Nord-Ovest. E la reazione del Pd ligure che attacca il nuovo governatore Bucci: «Torino cresce, Genova perde» .

 

 

04.03.25
  1. E' INIZIATA LA 3^ GUERRA MONDIALE:
  2. Donald Trump sospende gli aiuti militari a Kiev. La Casa Bianca fa sapere che la pausa durerà «fino a quando non sarà stata determinato la buona fede dell'impegno di Kiev verso la pace».
    Il blocco riguarda tutti gli aiuti militari che non sono al momento in Ucraina, cioè i nuovi invii, incluse le armi in transito e in fase di consegna nei Paesi vicini coma la Polonia. L'ordine è stato impartito nella notte al capo del Pentagono Pete Hegseth.
    Per il resto, Trumpo dà appuntamento all'America questa sera quando, davanti al Congresso riunito in seduta comune, terrà un discorso sull'Ucraina. Ai reporter che gli chiedevano se l'accordo sui minerali fosse ancora in vita dopo lo scontro con Zelensky venerdì nello Studio Ovale, il Presidente ha risposto: «Penso di sì, è un'ottima intesa». Ma poi ha rimandato a Capito Hill, parlerà alle 21 locali. Gli strascichi di quanto accaduto venerdì sono evidenti, ieri il leader ucraino ha rilanciato la sua posizione chiedendo garanzie di sicurezza e parlando di una diplomazia da rendere «realmente di sostanza per poter finire il conflitto al più presto» e ribadendo la speranza che continui «il supporto americano». Ma a rinfocolare la rabbia statunitense è stata invece un'altra frase, rilanciata dalla Ap, di Zelensky che ha detto di vedere la fine della guerra «molto molto lontana» e ha ribadito che qualsiasi accordo dovrà essere «onesto», «giusto» e stabile «con garanzie di sicurezza molto specifiche». Oggi l'Ucraina «non sta parlando» di alcuna concessione, ha precisato Zelensky, sarebbe sbagliato, ha detto, aggiungendo che Kiev «non riconoscerà mai i territori occupati dalla Russia come territorio russo. Per noi, queste saranno occupazioni temporanee».
    Trump non ha gradito l'uscita sulla «durata del conflitto» e questa gli ha fornito l'assist per puntellare la sua idea. Prima di tutto, via Truth, ha definito la dichiarazione «la peggiore» potesse fare e quindi ha attaccato: «Non sopporteremo questo ancora per molto«. Preludio a quello che è suonato come un altro invito a Zelensky a farsi da parte se non in grado di portare a compimento l'accordo. «La Russia vuole un accordo, gli ucraini vogliono un accordo, se non lo vuole fare non durerà a lungo», il monito del presidente Usa.
    Un passaggio l'ha riservato anche all'Europa di cui apprezza gli sforzi per aumentare l'impegno sul fronte ucraino, ma ricorda che anche gli europei «hanno detto che non possono fare di più senza gli Usa». Ha citato poi le telefonate che ha avuto nelle ultime 48 ore con «quattro-cinque presidente e primi ministri europei che mi hanno detto che serve l'America». Fra questi anche Giorgia Meloni, sentita sabato mentre il presidente era Mar-a-Lago.
    Che Washington auspichi un maggior coinvolgimento dell'Europa non è novità di oggi, Waltz, consigliere per la Sicurezza nazionale, lo ha ribadito pure ieri alla Fox News e in un incontro con un gruppo di reporter. La questione chiave per gli Usa però è arrivare allo stop dei combattimenti -«continuano a morire giovani lì», ripete Trump - e quindi avviare i negoziati per dare una forma compiuta all'Ucraina e alla sua sicurezza, militare ed economica. Quello che Zelensky, dicono ormai apertamente funzionari della Casa Bianca, «non ha capito venendo qui». La richiesta di riaprire il dialogo ora passa da Washington e Waltz ha ribadito che servono le scuse degli ucraini.
    Gli Stati Uniti hanno però aperto un nuovo capitolo di discussione con Mosca. Riguarda le sanzioni. Trump ha dato mandato al Dipartimento del Tesoro e a quello di Stato di elaborare una lista di misure da discutere con gli emissari di Mosca nei prossimi colloqui. Avverranno fra qualche giorno e rientrano nell'ambito della ripresa delle relazioni diplomatiche ed economiche. L'idea è quella di togliere qualche ente e qualche persona dalle misure coercitive. —
  3. Le famiglie delle vittime del 7 ottobre contestano Netanyahu alla Knesset: rissa con gli agenti
    Gaza, intesa o fra 10 giorni torna la guerra Oggi l'Egitto presenta il suo piano di pace
    Fabiana Magrì
    In mancanza di un rinnovo dell'accordo di cessate il fuoco fra Hamas e Israele, i combattimenti a Gaza potrebbero riprendere tra una decina di giorni. Per la previsione, dicono le fonti del Canale12 israeliano, basta collegare i puntini. E cioè: gli avvertimenti del premier Benjamin Netanyahu; l'imminente insediamento del capo di Stato Maggiore, il nuovo ramatkal Eyal Zamir; e la prossima visita nella regione dell'inviato di Donald Trump per il Medioriente, Steve Witkoff.
    Israele - ha detto ieri Bibi, diminutivo ufficiale del premier - «non intende tornare immediatamente» a combattere, ma si sta preparando alle prossime fasi della "Milchamat HaTekuma", la "Guerra della Rinascita" come Netanyahu ha etichettato il conflitto a partire dalla riunione del gabinetto per commemorare il primo anniversario dell'assalto di Hamas. E se da Gaza non usciranno altri gli ostaggi, promette ancora il leader israeliano, il «prezzo da pagare sarà inimmaginabile». Tira dritto, il primo ministro. Anche di fronte alle famiglie delle vittime del 7 ottobre che lo incalzano - e ne scaturiscono una rissa e proteste alla Knesset - perché istituisca una commissione statale d'inchiesta sul fallimento di sicurezza per il quale non si è ancora assunto responsabilità formali. Finora ha lasciato che ad accollarsi le colpe fossero i vertici dei servizi segreti e militari, che stanno conducendo loro proprie indagini sui singoli fatti - nei kibbutz, nelle basi militari e al Nova festival - e sulla situazione complessiva del Sabato Nero del 2023.
    Per Hamas, Israele sta spingendo per «riportare la situazione al punto di partenza» con un atteggiamento che rischia di annullare i progressi compiuti. A guardare avanti sono adesso i Paesi arabi. Oggi sarà presentata l'alternativa egiziana alla "Riviera Gaza" di Trump. I media che ne hanno raccolto le anticipazioni dicono che il progetto potrebbe avere una durata compresa fra tre e cinque anni e che Hamas non ne farà parte. —
  4. indiscrezioni del financial times: gli usa ci stanno pensando
    L'Estonia: folle l'idea di riavviare il Nord Stream
    «Il posto giusto per il Nord Stream 2 è sul fondo del mare, non nel mercato energetico dell'Ue. È necessario acquistare le nostre forniture di gas dagli Stati Uniti, non ritornare nelle braccia della Russia». È la reazione del ministro degli Esteri estone, Margus Tsahkna alla notizia, pubblicata dal Financial Times, secondo cui una ex spia russa, stretto collaboratore del presidente Vladimir Putin, starebbe lavorando a un progetto per riavviare il gasdotto russo Nord Stream 2 verso l'Europa con il sostegno di investitori americani. «La Russia ha ripetutamente usato l'energia come arma contro l'Europa», ha sottolineato.
  5. il reportage
    reclute
    di
    Strage

    inviata a nikopol
    La dimostrazione tragica di quanto sia fragile il cielo sopra l'Ucraina ha il volto dei giovani della 157ª brigata meccanizzata, polverizzati da un missile russo mentre si addestravano nella base di Novomoskovsk, pochi chilometri a Nord di Dnipro e a 130 chilometri dalla linea del fronte. Sarebbero circa quaranta le vittime, oltre cento i feriti del raid compiuto con l'utilizzo di un missile Iskander-M a testata multipla. Secondo le prime ricostruzioni l'attacco sarebbe stato guidato da un drone da ricognizione che i militari non sono riusciti ad abbattere perché privi di un sistema di difesa aerea sufficiente. L'attacco, avvenuto il 1° marzo, ha provocato una carneficina proprio perché gli "occhi" dei russi hanno potuto indicare con precisione la concentrazione di soldati, praticamente inermi nei confronti di un razzo che porta fino a 700 chilogrammi di proiettili a una velocità ipersonica di 2600 metri al secondo. Una commissione ha avviato un'inchiesta per stabilire eventuali responsabilità nella mancata protezione della base e ha deciso di sospendere temporaneamente il capo del centro di addestramento e un altro ufficiale, ma sin dalle prime evidenze appare chiaro che poco si sarebbe potuto fare per evitare il disastro.
    Il comandante delle forze di terra Mykhailo Drapatyi supervisionerà ogni passaggio dell'inchiesta «perché fa male anche a me. Perché la rabbia mi sta divorando». Ma rabbia a parte, anche l'attivista Serhii Sternenko ha detto: «L'Air Command Skhid (East) ha attualmente i peggiori indicatori per la difesa aerea anti-droni. Le conseguenze si erano già manifestate con l'attacco a un sistema Patriot. Non c'è stata alcuna responsabilità. Nessuna». Il presidente Volodymyr Zelensky aveva condannato i pesanti bombardamenti russi degli ultimi giorni, durante i quali, aveva detto, sono stati impiegati «più di 1.050 droni d'attacco, quasi 1.300 bombe aeree e più di 20 missili» per colpire città in varie regioni del Paese. «Chi vuole negoziare non colpisce deliberatamente le persone con la balistica», aveva commentato il presidente, denunciando attacchi diretti contro i civili, che dimostrano il rifiuto di Mosca di trattare una pace. Ma il raid sulla base militare, con la strage di reclute che avevano iniziato l'addestramento pochi mesi fa, rischia di far vacillare il morale tra i soldati, già messo a dura prova dall'escalation russa. «Combatteremo fino a quando necessario», dice il comandante di plotone "Beaver", dispiegato sul fronte orientale nel Kharkiv, ma «sappiamo benissimo che noi possiamo metterci tutta la determinazione del mondo, tutto il convincimento e il coraggio, però la difesa aerea è dal giorno uno della guerra la priorità». Nei mesi scorsi la situazione sembrava essersi stabilizzata e più sotto controllo, ma poi i russi hanno «trovato il modo di bucare le nostre difese e il nostro cielo - spiega il comandante -: su 100 bombe plananti sganciate 30 vanno a segno e sono aumentati a dismisura i droni invisibili in fibra ottica». Nessuno ha intenzione di cedere, né sul terreno né nello spirito, così come nessuno nasconde che la strage di reclute abbia un effetto a catena che si spinge ben oltre la prima linea del fronte: «Dobbiamo proteggere il cielo ucraino perché, dopo tre anni di battaglia, episodi come quello di Novomoskovsk hanno un impatto sui soldati, ma anche sui civili che sono stremati e terrorizzati dai continui attacchi indiscriminati - spiega "Beaver" -. E se i civili sentono la paura, si scoraggiano, perdono la fiducia, allora nessuno vorrà più arruolarsi e il reclutamento sarà difficile: chi vorrebbe combattere per difendere il Paese in trincea se sa che non abbiamo difese aeree alle nostre spalle per proteggere le nostre famiglie?». Il capitano taglia corto su chi vorrebbe alimentare le polemiche su reclute troppo giovani e inadatte alla guerra: «La maggior parte delle nuove reclute non è così giovane, non hanno ovviamente esperienza e neppure l'energia e la prontezza che avrebbe un giovane».
    E mentre il presidente Donald Trump continua a minacciare di interrompere gli aiuti militari a Kiyv, Mosca continua a fare progressi sul terreno. Secondo i dati dell'Institute for the Study of War (Isw), le forze russe hanno occupato 389 chilometri quadrati, rispetto ai 431 conquistati in gennaio, i 476 a dicembre 2024 e un picco di 725 chilometri quadrati a novembre, sulla scia di importanti movimenti in prima linea a partire dall'estate del 2024. L'esercito russo continua comunque la sua avanzata attorno a Pokrovsk, un nodo logistico nella regione di Donetsk, aggirando la città da Sud.
    Il Cremlino, se ce ne fosse bisogno, fa sapere che non ha in programma di fermare l'offensiva, pur continuando «il dialogo con Washington per normalizzare le relazioni bilaterali». Al momento, ha affermato il portavoce Dmitry Peskov, ci sono «alcune prime bozze» per una possibile pace in Ucraina, ma nulla di «istituzionalizzato e coordinato». E in queste circostanze, Mosca intende proseguire la sua cosiddetta operazione militare speciale «per raggiungere tutti gli obiettivi fissati fin dall'inizio».
  6. Il salasso dei Giochi
    francesca del vecchio
    Manca meno di un anno all'accensione del braciere olimpico dei Giochi invernali 2026 di Milano-Cortina: data alla quale molti guardano con interesse. Vuoi per la scia di polemiche sui costi dell'intera "operazione", lievitati di quasi un miliardo dal via dei lavori, sia per le critiche delle associazioni ambientaliste. Di fatto, l'attenzione sulle Olimpiadi italiane valica i confini. Fino alle recenti critiche del Washington Post, tra i principali quotidiani statunitensi, sulla "eccessiva distanza" tra i vari impianti in quelli che saranno i primi Giochi diffusi.
    Tra le principali criticità, secondo gli scettici, c'è il ritardo nei tempi di realizzazione delle opere, sia sportive che infrastrutturali e viabilistiche. La Società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 (Simico) conferma però che i lavori procedono e che saranno completati nei tempi previsti. Come racconta il cronoprogramma - aggiornato in tempo reale - sul loro sito. Non deve sorprendere, precisano, che alcuni dei 94 interventi in capo a Simico, termineranno dopo la fine dei Giochi - come la variante di Cortina: questa tabella di marcia era già stata pianificata. Per quanto riguarda il Villaggio Olimpico di Milano, nell'ex Scalo Romana, la cui costruzione è affidata al Fondo investimenti privato Porta Romana (che comprende Coima e Prada Holding), i lavori sono in anticipo di tre mesi rispetto ai piani, con consegna prevista per il 31 luglio 2025. Nel quartiere milanese di Santa Giulia, poi, dove oltre 300 operai stanno lavorando per la costruzione del PalaItalia per l'hockey sul ghiaccio affidato alla compagnia tedesca Eventim, già svetta il palazzetto nella sua anima di cemento e presto arriverà anche il tetto. I responsabili assicurano che il tutto sarà consegnato nei tempi per i collaudi necessari. Anche la discussa pista di bob di Cortina è vicina alla consegna: sono attesi per marzo i test su pista e, nonostante il recente sabotaggio, le scadenze dovrebbero essere rispettate.
    Non così ottimista, invece, il rapporto di monitoraggio civico della rete Open Olympics 2026, che include associazioni come il Club Alpino Italiano, Legambiente e Wwf Italia, secondo cui il 50% delle 94 opere pianificate è ancora in fase di progettazione o gara d'appalto. Solo il 10% dei lavori sarebbe stato completato. «Affermazioni inaccettabili e false» per Simico.
    Capitolo costi: tra investimenti pubblici (governo, amministrazioni regionali e locali) e privati, la spesa si aggirerà tra i 5 e i 6 miliardi. Di questi, 3,4 sono quelli stanziati dallo Stato con due decreti: il primo firmato dal governo Draghi nel 2022, con un investimento di 2,6 miliardi di euro. Il secondo, dal governo Meloni nell'ottobre 2023, che stanziava ulteriori 800 milioni per coprire parte degli extracosti. Quanto alla maggior spesa per il Villaggio Olimpico e del PalaItalia di Milano, affidati a privati, potrebbe aggirarsi intorno ai 120 milioni (100 stanziati di recente dal governo): 40 milioni per il primo, che in totale dovrebbe costarne circa 200, e 80 per il secondo, per un totale di quasi 300 milioni destinati all'intero progetto sull'area di Santa Giulia.
    L'aumento dei costi, dovuto all'inflazione e alle conseguenze del conflitto in Ucraina, fa storcere il naso agli osservatori che ricordano come il dossier di candidatura «prevedeva Olimpiadi a costo zero, con il 92% delle strutture già esistenti o necessitanti di lievi ristrutturazioni». E ancora: le associazioni ambientaliste esprimono preoccupazione per l'assenza di valutazioni d'impatto ambientale per il 60% delle opere, ritenute non necessarie.
    In ultimo, solo alcuni giorni fa, sono arrivate le critiche del Washington Post per la «dispersione geografica delle sedi» definendo l'evento come «i Giochi più estesi di sempre». Le competizioni si svolgeranno su un'area che va da Milano fino ai confini con Svizzera e Austria. Questa vasta distribuzione, secondo il quotidiano statunitense, potrebbe comportare sfide logistiche senza precedenti, sia per gli atleti che per gli spettatori, soprattutto per le gare di sci alpino maschile e femminile che si svolgeranno rispettivamente a Bormio e a Cortina.—
  7. i composti chimici presenti nei reflui industriali, se non gestiti, rischiano di interessare progressivamente le falde
    Pfas, la stretta di Smat sui controlli

    alessandro mondo
    È un circolo vizioso, che danneggia l'ambiente e, negli anni, può avere impatto sulla salute. Parliamo dei PFOS (composti di acido perfluoroottansolfonico) e dei PFOA (acido perfluoroottanoico), presenti nei reflui industriali convogliati nel depuratore, il quale non è in grado di smaltirli: da lì vengono reimmessi in fiumi e torrenti con le acque depurate. Composti chimici persistenti nell'ambiente, e sempre più diffusi, protagonisti di una contaminazione che se non gestita interessa progressivamente le falde.
    Gestione ai vari livelli. Fà fede la lettera inviata da Smat alla Città Metropolitana di Torino. «A tutela dei corsi d'acqua superficiali nei quali i nostri impianti immettono l'acqua proveniente dai processi di depurazione, l'azienda chiede alla Città Metropolitana, che ha competenza in materia, limiti più stringenti agli scarichi in fognatura – si legge nella comunicazione –. Essendo infatti i PFOS e i PFOA presenti nei reflui industriali, l'emissione dei residui di produzione e lavorazione attraverso gli scarichi idrici ne costituisce il veicolo di diffusione, rappresentando un contaminante dell'ambiente attraverso il reticolo idrografico superficiale ed i flussi di falda sotterranei». Come premesso, si tratta di sostanze persistenti anche ai processi di depurazione. Ecco perché, aggiunge Smat, «è fondamentale che l'eliminazione o la netta riduzione avvenga nei cicli produttivi e dagli scarichi a monte».
    L'Unione Europea, con la direttiva sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, ha introdotto significativi cambiamenti per migliorare la protezione della salute umana e fissato i valori limite per nuove sostanze, tra le quali i PFAS. La richiesta di Smat arriva in attesa che la direttiva in questione divenga vincolante anche per l'Italia, il prossimo 12 gennaio 2026.
    E la Città Metropolitana? Precisa che da oltre due anni ha iniziato ad affrontare con Arpa la questione degli scarichi in fognatura ed attivato un tavolo di confronto con EGATO 3, ente competente a definire i limiti di scarico per queste sostanze. Da allora per ogni nuova attività che poteva presentare problemi di presenza di PFAS negli scarichi, a partire dalla nuova discarica di Barricalla, è stata data indicazione di garantire un pretrattamento tale da garantire il rispetto dei limiti agli scarichi in acque superficiali prima di scaricare i reflui in fognatura o di inviare tali reflui ad un impianto in grado di trattare le sostanze i PFAS, pertanto non in fognatura». Nell'occasione, però, ricorda che «è il gestore dell'Impianto di depurazione finale e della relativa fognatura a determinare le condizioni di ammissibilità degli scarichi sulla base della capacità depurativa residuale del proprio impianto».
    Quindi è Smat ad esprimersi nell'ambito delle conferenze dei servizi. «Abbiamo subito attivato le conferenze dei servizi per le aziende per cui Smat ha richiesto di introdurre nuovi limiti per i Pfas nelle relative autorizzazioni e richiesto ad Arpa se ce ne fossero altre da considerare in condizioni analoghe a quelle segnalate per poter procedere con la revisione delle autorizzazioni anche su quelle». Prevenire è meglio. —

 

03.03.25
  1. Von der Leyen illustrerà il piano al vertice di giovedì: sul tavolo i fondi inutilizzati del Recovery Pla n
    "Cento miliardi per la Difesa comune" Berlino apre e arriva il sì dell'Italia
    ALESSANDRO BARBERA
    ROMA
    A Bruxelles lo chiamano il bright side della svolta epocale di Trump. Dopo anni di immobilismo, il piano per la Difesa comune dell'Unione sembra concretizzarsi. Al vertice straordinario di giovedì Ursula von der Leyen metterà sul tavolo tutte le strade percorribili per aumentare in modo esponenziale quella che oggi è una delle voci più piccole del bilancio comunitario. La presidente della Commissione europea ha chiesto ai tecnici di trovare fra le pieghe delle regole esistenti tutto ciò che può essere messo rapidamente a disposizione evitando lunghi processi di riforma. Tre le strade: l'impegno di parte dei fondi strutturali, di ciò che resta da spendere del vecchio piano Juncker, ma soprattutto l'uso di quasi cento miliardi inutilizzati del Recovery Plan. Quest'ultima ipotesi è in cima alle preferenze di molte cancellerie perché darebbe il segno di una vera risposta politica alla smobilitazione trumpiana e alla fine dell'illusione che ha fatto credere all'Europa di poter essere protetta per sempre dall'ombrello Nato. Si tratta per la precisione di 93 miliardi, la differenza fra i 385 miliardi di prestiti a tasso agevolato previsti dal piano del 2020 e i 291 effettivamente richiesti dai governi dei ventisette.
    Benché cento miliardi sia solo una frazione dei cinquecento stimati dal rapporto Draghi per affrontare i rischi per la sicurezza europea nel prossimo decennio, si tratterebbe comunque di una rivoluzione: basti dire che oggi il bilancio comunitario 2021-2027 alla voce Difesa destina appena dieci miliardi. La cifra è iniziata a circolare già prima di Natale in alcuni discorsi pubblici del commissario alla Difesa ed ex premier lituano Andrius Kubilius. I Paesi baltici, che esprimono anche la responsabile della politica estera Kaja Kallas, sono quelli che spingono di più per aumentare rapidamente la spesa in armamenti. Fino alle elezioni tedesche la maggior cautela è stata quella di Berlino, ma secondo le indiscrezioni raccolte con fonti europee negli ultimi giorni Friedrich Merz avrebbe aperto al sì. Si tratta del resto di fondi già deliberati, e dunque non troverebbero ostacoli da parte della Corte costituzionale tedesca, la quale anche di recente ha ribadito la straordinarietà dell'esperimento di debito comune voluto dalla Commissione durante la pandemia. Giorgia Meloni - attraverso il commissario Raffaele Fitto - ha già fatto sapere a Von der Leyen di essere più che favorevole. In caso di sì dei ventisette, l'attivazione potrebbe essere rapida: per Bruxelles si tratterebbe di emettere bond per i quali esistono già le garanzie dei governi nazionali.
    Nei contatti di queste ore con i leader eueopei - e anche ieri a margine del vertice di Londra - Von der Leyen ha detto che farà la sua proposta alla riunione straordinaria dei capi di Stato dei ventisette di giovedì. Per quel che riguarda il vecchio piano Juncker si tratterebbe di semplificare le regole utili a sbloccare fino a 50 miliardi di fondi. Dall'Italia sono arrivati invece dubbi sulla terza fonte possibile di finanziamento esistente, ovvero l'uso di parte dei fondi strutturali destinati alle politiche regionali. Se dipendesse dalla Commissione, il disastro diplomatico innescato dall'amministrazione Trump dovrebbe essere anche il momento per accogliere la proposta italiana di scorporare dal patto di Stabilità le spese per la Difesa, ma in questo caso le resistenze sono tali da rischiare di mandare all'esterno segnali negativi. Per il momento meglio concentrarsi su obiettivi pratici e capaci di dare l'immagine di una Unione capace di costruire senza distinguo il proprio futuro di sicurezza. Chiosa un'autorevole fonte di governo italiana che chiede di non essere citata: «Per quanto ci riguarda tutte le ipotesi della Commissione sono buone. L'unica certezza è la fine dell'era della sicurezza garantita da Washington. Bisogna attrezzarsi».

 

 

02.03.25
  1. In agenda incontri con l'imperatore e il premier nipponici
    Mattarella a Tokyo con gli imprenditori
    Ugo Magri
    Domattina Sergio Mattarella atterrerà a Tokyo per una visita che il protocollo nipponico sta preparando da un paio d'anni. Fino a domenica il presidente si troverà dall'altra parte del globo ma le distanze, ormai, sono virtuali e ci saranno mille strumenti per comunicare in caso di urgenza. Tra l'altro il viaggio cade al momento giusto perché Giappone e Italia hanno parecchio in comune, preoccupazioni comprese. Le due economie (rispettivamente terza e ottava su scala mondiale) vivono di export e rischiano di essere colpite entrambe dai dazi Usa. Mattarella verrà scortato da una delegazione imprenditoriale di alto profilo perché l'interscambio è in pieno sviluppo. I binari della cooperazione Roma-Tokyo sono quelli tracciati dalla premier, Giorgia Meloni, che due anni fa aveva messo in piedi un Partnenariato Stategico e l'anno scorso, a margine del G7 di Borgo Egnazia, un Patto d'Azione con l'attuale premier giapponese Shigeru Ishiba. Mattarella lo incontrerà, così come sarà ricevuto dall'Imperatore Naruhito e dall'imperatrice Masako. Il momento più toccante sarà l'8 marzo con la visita al Memoriale e al Museo di Hiroshima, dove il presidente stringerà la mano a un gruppo di hibakusha, ovvero i sopravvissuti dell'atomica sganciata dagli americani il 6 agosto 1945: la loro associazione è stata insignita del Premio Nobel per la Pace. —
  2. UNA RAGIONE PER NON INVESTIRE NEI FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO:  Una busta paga, chiamiamola così, da un miliardo di dollari. La porta a casa nel 2024 l’amministratore delegato di Blackstone – Stephen Schwarzman – per effetto di un poderoso rimbalzo negli utili della sua società d’investimento.



    […] Schwarzman, co-fondatore di Blackstone, possiede il 19% del gruppo di investimento con sede a New York e dunque incassa questi soldi sotto forma di dividendi per azione. Dividendi che crescono per tutti gli azionisti del 18% sempre nel 2024. Più in dettaglio, Schwarzman riceve 916 milioni come dividendi e altri 84 milioni come premio perché Blackstone ha venduto in modo redditizio aziende su cui aveva investito.

    Il fondo Blackstone è specializzato proprio in questo tipo di operazioni. Scommette (con massima oculatezza) su imprese non quotate che giudica dall’alto potenziale di crescita. Quando l’impresa decolla come nelle previsioni, Blackstone può uscire ottenendo forti plusvalenze che premiano anche suoi dirigenti di punta. […]
  3. Nel 1987, Forbes ha pubblicato la sua prima lista di miliardari, con 140 persone il cui patrimonio complessivo ammontava a 295 miliardi di dollari. All'epoca, la persona più ricca del mondo era il giapponese Yoshiaki Tsutsumi, un magnate del settore immobiliare che valeva 20 miliardi di dollari.


    Oggi, la persona più ricca del mondo, Elon Musk, ha un valore di 419,4 miliardi di dollari, circa 21 volte quello di Tsutsumi al suo apice e più di due milioni di volte il patrimonio netto mediano di una famiglia americana, secondo i dati esclusivi della società di intelligence patrimoniale globale Altrata.

    Mentre negli ultimi anni le file dei miliardari globali si sono ingrossate notevolmente, è emersa una nuova categoria di ultraricchi: il supermiliardario.



    Musk è solo una delle 24 persone al mondo che si qualificano con questa definizione, che identifica individui con un patrimonio di 50 miliardi di dollari o più.



    All'inizio di febbraio, le fortune di questi supermiliardari rappresentavano oltre il 16% di tutti i patrimoni miliardari, con un drammatico aumento rispetto al 4% del 2014, secondo Altrata.


    Il loro patrimonio netto complessivo ammonta a 3.300 miliardi di dollari, pari al PIL nominale della Francia. Di queste 24 persone, 16 si sono qualificate come centi-miliardari, il che significa che hanno un patrimonio netto di almeno 100 miliardi di dollari.



    L'ascesa dei supermiliardari ha coinciso con un significativo balzo dei mercati del lusso in tutto il mondo, compreso quello immobiliare, in quanto questi individui hanno messo insieme enormi portafogli di case di lusso in tutto il mondo.



    Gli esperti affermano che i dati mostrano come la schiera degli ultramiliardari abbia iniziato a staccarsi da quella dei semplici ricchi, e come un sottoinsieme sia stato spinto verso nuove vette.



    “I miliardari hanno sempre ovviamente controllato quantità significative di ricchezza, ma ora si parla di differenze nella popolazione miliardaria stessa”, ha dichiarato Maya Imberg, responsabile della leadership di pensiero e dell'analisi di Altrata, che ha condotto una ricerca sul gruppo dei supermiliardari. “È davvero sbalorditivo quanto sia cresciuto il patrimonio netto di alcune di queste persone”.

    Nei principali mercati immobiliari di lusso, come New York, Miami, Palm Beach, Los Angeles e Aspen, sono sorte nuove torri supertecnologiche e palazzi speculativi, appositamente pensati per i miliardari, e si è verificata un'esplosione di vendite di case a nove cifre in tutto il Paese.


    Secondo la società, ognuno dei supermiliardari presenti nell'elenco di Altrata possiede direttamente proprietà immobiliari residenziali per almeno 100 milioni di dollari, e spesso molto di più. Imberg ha detto che in alcuni casi questo numero è probabilmente una sottostima significativa, perché le proprietà immobiliari possono essere spesso intestate a un partner o possedute da società o holding di questi miliardari.

    La popolazione mondiale dei supermiliardari è composta in gran parte da imprenditori che hanno fatto i soldi nel settore tecnologico o il cui settore è stato catapultato a nuovi livelli dai progressi della tecnologia. Dei 10 individui più ricchi della lista, sei rientrano in questa categoria. Dei 24 supermiliardari totali, solo tre erano donne. Solo sette hanno sede al di fuori degli Stati Uniti.

    Secondo gli esperti, l'ascesa dei supermiliardari segna una trasformazione nella composizione degli ultra ricchi del mondo. Nel XIX e all'inizio del XX secolo, gli uomini più ricchi erano industriali: John D. Rockefeller ha trasformato la Standard Oil in un monopolio, Andrew Carnegie ha dominato l'industria dell'acciaio e Cornelius Vanderbilt ha accumulato una fortuna grazie alle ferrovie. La loro ricchezza, per quanto vasta, era distribuita in settori che definivano un'epoca di infrastrutture fisiche e manifatturiere. Grazie alla Standard Oil, John D. Rockefeller divenne il primo miliardario accertato al mondo nel 1916.
    In quel periodo, il valore di un'azienda si basava su beni fisici come proprietà e macchinari, più che sui tipi di proprietà intellettuale e sulla promessa di dimensioni e guadagni futuri che oggi fanno salire i valori.



    Elon Musk

    Nel 2020 Musk ha annunciato sui social media che avrebbe venduto la maggior parte dei suoi beni materiali. Da allora è stato legato a operazioni immobiliari in Texas.



    Jeff Bezos

    Dal 2023, Bezos ha speso 234 milioni di dollari per assemblare tre proprietà sull'Indian Creek Island di Miami, aggiungendo così al suo ampio portafoglio immobiliare.


    Bill Gates

    Gates è uno dei maggiori proprietari di terreni agricoli statunitensi, con circa 242.000 acri.



    Michael Dell

    Dell è stato il primo a spendere cifre a 9 zeri a Manhattan con l'acquisto di un attico a Billionaires' Row per 100,47 milioni di dollari nel 2014.



    Larry Ellison

    Ellison ha stabilito un record di prezzo per la Florida nel 2022, quando ha acquistato una proprietà a Manalapan per 173 milioni di dollari.


    Mark Zuckerberg

    Nel 2018 Zuckerberg ha speso 59 milioni di dollari per mettere insieme due proprietà private e creare il suo complesso sul lago Tahoe.

    Sergey Brin

    Brin ha acquistato in sordina una casa da 35 milioni di dollari a Malibu nel 2023, poco prima del suo divorzio.



    Steve Ballmer

    Ballmer è il proprietario dei Los Angeles Clippers e dell'Intuit Dome, la nuova arena della squadra.



    Jensen Huang

    Nato a Taiwan, dalla fine degli anni '80 Huang ha speso circa 55 milioni di dollari in immobili, tra cui case in California e alle Hawaii.



    Charles Koch

    Charles mantiene la sua casa principale a Wichita, dove possiede una grande proprietà con un campo da tennis nello stesso complesso in cui è cresciuto.



    Julia Koch

    Julia, la vedova dell'industriale miliardario David Koch, ha recentemente venduto il suo duplex nell'esclusiva cooperativa 740 Park Avenue di Manhattan per 45 milioni di dollari.


    Mukesh Ambani

    donald trump che bacia i piedi di elon musk foto dal video creato con l'intelligenza artificiale 1

    Il grattacielo della famiglia Ambani, che si erge sopra le baraccopoli di Mumbai, si dice sia uno dei più costosi al mondo e dispone di un cinema privato, una piattaforma per elicotteri, un centro benessere e diverse piscine.



    […] Bernard Arnault

    Le partecipazioni di Arnault includono una quota parziale di Château Cheval Blanc, una storica tenuta vinicola di Bordeaux.



    Francoise Bettencourt Meyers

    Meyers, l'ereditiera di L'Oréal, ha posseduto una villa a Neuilly-sur-Seine, un ricco sobborgo di Parigi.

    i supermiliardari e i loro patrimoni immobiliari prajogo pangestu



    Alice Walton

    Il portafoglio immobiliare di Alice comprende un appartamento duplex da 25 milioni di dollari al 515 di Park Avenue a New York.



    James Walton

    James vive ancora a Bentonville, in Ark, vicino a dove è stata fondata Walmart.



    Warren Buffett

    Buffett ha pagato 31.500 dollari nel 1958 per acquistare la casa di Omaha, Neb. dove vive tuttora.



    Zhong Shanshan

    L'imprenditore cinese Zhong è il fondatore del gigante delle bevande in bottiglia Nongfu Spring. In precedenza, ha avuto una carriera ricca di avvenimenti, tra cui il giornalismo e la coltivazione di funghi.

 

 

 

01.03.25
  1. il colloquio
    "In Sicilia ho atteso 8 mesi l'esame istologico per il tumore vado a Milano, spero di salvarmi"
    Le tappe della vicenda
    Maria Cristina Gallo
    mazara del vallo
    L'aspetto che più colpisce, nell'incredibile storia di Maria Cristina Gallo, insegnante di italiano e storia in un istituto superiore di Mazara del Vallo, è la pacatezza: «Non sono animata da rabbia, la mia storia deve servire da monito e va denunciata per i miei figli, per le persone che non hanno soldi e non si possono permettere le cure fuori, per gli utenti della sanità pubblica siciliana. Non deve servire per me. Ormai per me le cose sono andate come sono andate». E sono andate così: operata per un fibroma il 14 dicembre 2023 a Mazara, città in provincia di Trapani, la professoressa Gallo ha ottenuto il referto (molto negativo per lei) dell'esame istologico il 12 agosto 2024, otto mesi (e quattro solleciti-diffide scritti da un avvocato) dopo. Il tumore, nel frattempo, aveva agito in silenzio o quasi.
    «Ora ho le metastasi – spiega Cristina Gallo mantenendo il tono della voce calmissimo – e sicuramente nei polmoni non le avevo, perché due mesi dopo l'operazione avevo fatto una radiografia ed erano "puliti". Il tumore si è diffuso, è raro e molto aggressivo, ora è al quarto stadio». No, non c'è comunque rabbia, nelle parole e nel tono dell'insegnante che ogni settimana va (e torna in giornata) a Milano, all'Istituto nazionale dei tumori per affrontare la chemioterapia, in alcuni casi insufficiente o inadeguata, ad esempio proprio per le metastasi polmonari, «che non vanno via e infatti abbiamo dovuto cambiare tipo di chemio».
    Non si arrabbia neppure quando le viene ricordato che l'ospedale di Castelvetrano, in cui i suoi "vetrini" sono stati dimenticati, è lo stesso che consegnò il referto dell'istologico in 24 ore al latitante Matteo Messina Denaro . «Sì, questa cosa fa riflettere – risponde la paziente che ha atteso troppo a lungo – e io l'ultimo pensiero che avevo era di denunciare quel che è accaduto a me. Mi costa fatica, in mezzo a tanti impegni, i viaggi, la chemio che faccio andando e tornando da Milano in giornata, badare ai miei, mio marito, il figlio adolescente che abita ancora con noi. Però se ne deve parlare». Oltre alla denuncia alla Procura di Marsala, il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, di Forza Italia, ha presentato un'interrogazione al ministero della Salute. La Regione Siciliana ha disposto un'ispezione: «Interverremo con fermezza, lo dobbiamo ai pazienti», dice l'assessore Daniela Faraoni. E lo dice dopo che il manager dell'azienda sanitaria provinciale trapanese, Ferdinando Croce, aveva risposto alle richieste di chiarimenti arrivate da Roma, impegnandosi a chiudere entro il 31 marzo con gli istologici di tutto il 2024 e fino a gennaio 2025.
    «A me hanno detto – riprende Cristina Gallo - che il mio era uno dei tremila casi di questo tipo. Che c'era gente in attesa da 12, 13 mesi. Quel che io mi chiedo è perché, allora, continuino ad accettare di fare esami di questo genere se non ne hanno i mezzi, le capacità. Dicono di avere carenze di personale: ma allora perché continuare a illudere le persone? È questo atteggiamento di pressappochismo, di menefreghismo, che non va bene». L'ospedale di Mazara non è attrezzato e manda gli esami a Trapani, che li fa eseguire presso il proprio ospedale Sant'Antonio Abate oppure li dirotta a Castelvetrano. Per la professoressa l'istologico doveva essere eseguito in quest'ultima struttura: «Ho dovuto indagare per scoprire dove fosse finito – racconta – e ricevevo sempre risposte evasive, fino a quando non ho fatto scrivere da un avvocato. Abbiamo dovuto mandare quattro solleciti. Quattro. Alla fine ci hanno dato le risposte giuste. Abbiamo scoperto così che non lo avevano mai fatto, lo hanno eseguito soltanto dopo i solleciti». Nel frattempo c'erano stati i mal di pancia, i dolori, le avvisaglie. Confermati poi dal referto del 12 agosto scorso.
    «Ora mi curo fuori, ho dovuto arrendermi pure io che avevo trovato giusto e normale farmi operare nell'ospedale della mia città, Mazara, sebbene in tanti mi avessero detto di andare via. "Allora chiudiamo l'ospedale», rispondevo. Ora invece dico che no, non mi farei più curare qui in Sicilia. All'istituto dei tumori, a Milano, la curiosità è che lavorano tantissimi siciliani. Il mio primario di Oncologia è siciliano, gli infermieri sono di Palermo. A Milano ci seguono con attenzione, la struttura funziona. È una cosa che non mi dà pace: perché la sanità lombarda è celere e funziona e la nostra no? Quando scrivevo all'ospedale di Mazara, all'Asp di Trapani, notavo invece che era come se li infastidissi. Ecco perché voglio dare voce a chi non ne ha, nel segno del cambiamento. Perché non possiamo avere una Sicilia diversa?». In quell'ospedale a Messina Denaro l'esito in 24 ore
    Il 4 novembre 2020 all'ospedale di Castelvetrano il paziente Andrea Bonafede, classe 1963, viene sottoposto a esame istologico. Ventiquattr'ore dopo riceve l'esito e il 13 novembre è già sotto i ferri per rimuovere un tumore al colon. Bonafede è l'alias del superlatitante Matteo Messina Denaro, che morirà il 25 settembre 2023. Al processo, i testimoni riveleranno «qualche sollecitazione per motivi umanitari». R.A. —
  2. Indagine sui gettonisti
    Su La Stampa
    ANDREA JOLY
    Massimiliano peggio
    Matita rossa sui conti sanitari del Piemonte. Ma è anche colpa dei «forti ritardi nell'approvazione, da parte dello Stato, dei finanziamenti previsti». All'inaugurazione dell'anno giudiziario 2025 la Corte dei Conti riassume così i controlli effettuati sul bilancio regionale «fortemente negativo» del 2023 sebbene sia «in miglioramento rispetto al 2022». Numeri a cui aveva già dato un parere positivo lo scorso luglio ma che ribadiscono un disavanzo - saldo negativo tra uscite ed entrate - accumulato da 5,1 miliardi di euro. La Sanità, che da sola vale il 71% delle spese della Regione, è la prima imputata. E per questo la Corte dei Conti annuncia «un'indagine sull'utilizzo dei gettonisti in Piemonte». Un «ampio ricorso alle esternalizzazioni» già critico per i conti del 2023. E che nel 2024 ha raggiunto la spesa record di 110 milioni di euro: più del doppio della cifra del 2021 (51 milioni).
    Il monitoraggio sui gettonisti finirà a giugno. Ma non è l'unico faro nei discorsi del presidente della Corte dei Conti Marco Pieroni, del presidente della sezione regionale di controllo Antonio Attanasio e della procuratrice regionale Fernanda Fraioli. Che riporta «un carico di 4.648 istruttorie pendenti e un totale dei recuperi pari a 2,5 milioni di euro» dal suo arrivo, a novembre 2024. Mentre in tutto il 2024 sono state emessa 75 sentenze di responsabilità, di cui 44 di condanna. Da queste è scaturito un importo totale di oltre 13 milioni di euro. «Permane la difficoltà della Corte dei Conti ad agire dopo l'introduzione dello scudo erariale dopo il periodo del Covid», commenta. Scudo che «limita il recupero dei soldi pubblici».
    Tornando ai controlli sulla Regione, il primo altolà è sull'abuso dello strumento dell'esercizio provvisorio. Quello di approvare il bilancio previsionale mesi dopo la fine dell'anno è un "vizio" della Regione ancora attuale, sebbene anticipato da fine aprile del 2023 a febbraio di quest'anno. Ma «mal si concilia» con i conti in regola.
    Dopo quello sui gettonisti, che già nel 2023 hanno contribuito a far lievitare la spesa per il personale sanitario nel pubblico (che vale oltre 3 miliardi) di 36,6 milioni, un secondo richiamo sanitario arriva sui bilanci di previsione delle Aziende sanitarie locali. La Corte dei Conti segnala «ritardi» e «significative perdite» nel 2022. Delle 13 Asl piemontesi, sono in utile solo l'Asl 2 di Cuneo (di 34 mila euro) e Azienda Zero. Le perdite complessive, invece, sfiorano i 189 milioni. Un segno meno compensato dalle risorse della Regione, come accadrà per i 314 milioni di perdite stimate nel 2024, ma che pesa comunque sulle casse regionali.
    Nella relazione del presidente Attanasio, poi, si ribadiscono altre voci di bilancio nel mirino dei controlli. Come «un accantonamento da 3,9 milioni destinati al recupero delle liste d'attesa, che non risultano ancora utilizzati nonostante permanga tale problematica». La Regione, nel pomeriggio, fa sapere che sono stati pagati successivamente. E ancora: sono «previsti approfondimenti in merito alla Fondazione XX marzo 2006», ente costituito per la gestione di alcune opere realizzate in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino «che da alcuni anni registra perdite significative». Poi la Regione si deve dotare di una «reportistica idonea» sul Progetto 1000 esperti che assegna ai Comuni gli specialisti necessari per gestire i fondi del Pnrr «anche in ragione del compenso forfettario previsto».
    Un altro richiamo arriva invece dalla procuratrice Fraioli sui conti di FinPiemonte, la finanziaria della Regione: «Ci sono cifre inesigibili per 568 debitori pari a 31,6 milioni di euro». Debito che, oggi, supera gli 80 milioni di euro verso la Regione ma è già coperto da fondi. Da qualche anno la procura ha acceso un faro sui finanziamenti illegittimi ottenuti dalle imprese. In questo filone rientra anche il recupero degli importi ottenuti illegalmente con il mercato dei crediti energetici.
    «Ogni anno paghiamo la nostra quota di disavanzo pari a oltre 500 milioni di euro», ricorda il presidente della Regione Cirio presente all'inaugurazione. «Bisogna pagare i debiti anche se non li hai fatti tu», sottolinea il governatore. Che, in conclusione, ammette: «I gettonisti sono ancora un male necessario. Ma abbiamo assunto 1.544 persone in più che lavorano nella sanità pubblica». Cirio non teme «alcun piano di rientro» nonostante i 700 milioni di saldo negativo previsto nel 2025 nelle 13 Asl: «Compenseremo come abbiamo sempre fatto». —
  3. La figura chiave rimane l'ex carabiniere Ravera che arrestò Riina: cadono corruzione e false fatturazioni, ma resta l'associazione a delinquere
    Inchiesta sulla rete degli spioni a Torino sei a processo ma in 10 vengono prosciolti

    giuseppe legato
    È terminata con 10 proscioglimenti e sei rinvii a giudizio, l'udienza preliminare della maxi inchiesta su una presunta rete di spioni illegali dove, in uno dei diversi filoni, compariva anche la Kerakoll, multinazionale dei prodotti per l'edilizia, di Sassuolo (Modena).
    Per la maggior parte degli imputati è stata pronunciata una sentenza nei fatti assolutoria. E sull'esito ha certamente influito anche il dato che lo scorso 23 gennaio, durante una delle sessioni dell'udienza preliminare, la gup Manuela Accurso Tagano aveva dichiarato l'inutilizzabilità di una mole di chat e messaggi email acquisiti durante le indagini.
    Il processo si aprirà a Torino il 29 gennaio 2026. Tra le persone che saranno chiamate in causa figurano Riccardo Ravera, 63 anni, carabiniere in congedo che nel 1993, con il nome in codice di 'Arciere', fece parte della squadra che catturò il capo dei Corleonesi Salvatore Riina a Palermo. Era accusato di associazione a delinquere (semplice), false fatturazioni, corruzione, interferenza illecita nella vita privata e falso. Per la prima ipotesi di reato dovrà andare a processo. Non con i 9 imputati iniziali, ma solo con due (Matteo Resio e Massimiliano Sorba. È stato prosciolto dalla presunta corruzione e da presunte false fatturazioni. Di corruzione rispondeva con lui Davide Barbato (difeso dal legale Roberto Saraniti), già caposcorta dell'ex pm Andrea Padalino) prosciolto «perchè il fatto non sussiste».
    Secondo l'accusa Ravera, nel tentativo di entrare nell'appalto di sicurezza del Lingotto (senza che questo sia mai avvenuto) avrebbe chiesto aiuto a Barbato corrispondendogli in cambio dei biglietti per dei concerti.
    L'ex carabiniere dovrà rispondere anche di interferenza illecita nella vita privata. «Abbiamo ottenuto due risultati straordinari» racconta il suo legale Fabrizio Siggia del Foro di Roma. Quali? "Il primo: l'ordinanza di inutilizzabilità degli atti per violazione dell'articolo 15 della Costituzione e il secondo che un processo da macro è stato grandemente ridimensionato. Non dimentichiamo che ci trovavamo in udienza preliminare». sottolinea
    A Ravera è stato contestato di aver sostanzialmente «guidato e promosso un'associazione che avrebbe commesso delitti al fine di acquisire indebitamente notizie sulla vita privata delle persone». Secondo i pm Gianfranco Colace e Giovanni Caspani titolari dell'indagine lo avrebbe fatto insieme – anche - a Giovanni Carella, 35 anni ma anche per quest'ultimo (difeso dai legali Mauro Anetrini e Mariangela Melliti) è intervenuta sentenza di proscioglimento. Carella non è un nome qualunque. Indagato, mapur defilato in questo procedimento, è centrale nelle contestazioni che la procura di Milano ha avviato da tempo sul presunto autore di dossier falsi e calunniosi nei confronti della procura di Torino in particolare sul conto del pm Colace. Carella sarebbe il "corvo" che più volte ha inviato a diversi indirizzari di posta elettronica (magistrati, forze di polizia, Csm, cassazione) documenti e ricostruzioni non veritiere per infangare alcuni magistrati nonché membri della polizia giudiziaria della procura di Torino.
    Tra questi il colonnello Luigi Isacchini, responsabile dell'aliquota dei carabinieri di Palagiustizia. Lo stesso sul quale – secondo l'accusa dell'odierno procedimento – Ravera avrebbe chiesto a terzi accessi abusivi ai suoi sistemi informatici. Restano nel processo, ma non più con l'accusa di associazione a delinquere (per loro caduta) alcuni ingegneri informatici coinvolti anche nella maxi-inchiesta milanese su Equalize che ipotizza una centrale di spionaggio.

 

 

ESCLUSIONE COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE , COME AZIONISTA ATLANTIA, NEL PROCESSO A CARICO DI CASTELLUCCI PER IL CROLLO DEL PONTE MORANDI

COST PONTE M

 

 

 

 

Diritti degli azionisti

La Direttiva 2007/36/EC stabilisce diritti minimi per gli azionisti delle societa' quotate in Unione Europea. Tale Direttiva stabilisce all'Articolo 9 il diritto degli azionisti a porre domande connesse ai punti all'ordine del giorno dell'assemblea e a ricevere risposte dalle societa' ai quesiti posti.

 

Considerando le difficolta' che spesso si incontrano nel proporre domande e nel ricevere risposte in tempo utile, in particolare per quanto riguarda gli azionisti individuali impossibilitati a partecipare alla assemblea, e considerando che talvolta vi e' poca chiarezza sulle modalita' da seguire per porre domande alle societa',

 

Ritiene la Commissione:

che il diritto degli azionisti a formulare domande e ricevere risposte sia adeguatamente garantito all'interno dell'Unione Europea?

che la possibilita' di porre domande e ottenere risposte solo nel caso l'azionista sia fisicamente presente nell'assemblea sia compatibile con la Direttiva 2007/36/EC?

 

In che modo la Commissione ritiene che le societa' quotate debbano definire e comunicare le modalita' per porre domande da parte degli azionisti, in modo da assicurare che tale diritto sia rispettato appieno? Sergio Cofferati

 

 

IL MIO LIBRO "L'USO DELLA TABELLA MB nei CASI DI PIANI INDUSTRIALI: FIAT, TELECOMITALIA ED ALTRI..." che doveva essere pubblicato da LIBRAMI-NOVARA nel 2004,  e' ora disponibile liberamente  CLICCA QUI 

 

 

In data 3103.14 nel corso dell'assemblea Fiat il presidente J.Elkann mi fa fatto allontanare dalla stessa dalla DIGOS impedendomi il voto eccone la prova:   

DOC DIGOS

 

Sentenze  

1) IL 21.12.12  alle ore 09.00 nel TRIBUNALE TORINO aula 80 C'E'  STATA LA SENTENZA DI ASSOLUZIONE  PER LA QUERELA DELLA  FIAT,  PER QUANTO DETTO nell'ASSEMBLEA FIAT 2008 .UN TENTATIVO DI IMBAVAGLIARMI, AL FINE DI VEDERE COME  DIFENDO I MIEI DIRITTI E DI TUTTI GLI AZIONISTI DI MINORANZA NELLE ASSEMBLEE .

 Mb

SCAPARONE     SENT Mb

il 24.11.14 alle ore 1200 si tenuto al TRIBUNALE DI TORINO aula 50 ingresso 19 l'udienza finale del mio processo d'appello in seguito alla querela di Fiat per aver detto il 27.03.2008 all'assemblea FIAT che ritengo "Marchionne un'illusionista temerario e spavaldo" e che "la sicurezza Fiat e' responsabile della morte di Edoardo Agnelli per omessa vigilanza". In 1° grado ero stato assolto anche in 2° e nuovamente sia FIAT che PG hanno impugnato per ricorso in Cassazione che mi ha negato la libertà di opinione con una sentenza del 14.09.15.

SOTTO POTETE TROVARE LA DOCUMENTAZIONE

SENT 2013   FIAT 2013  PM 2013 SENT 2015  FIAT 2015  PG 2015  SCA 14.11.14 SCA 24.11.14  SENT CASS

2) il 21 FEBBRAIO 2013  GS-GABETTI sono stati condannati per agiotaggio informativo.

SENTENZA DELLA CASSAZIONE SULL'ERRORE DEL TRIBUNALE DI TORINO NELL'ASSOLVERE GABETTI E GRANDE STEVENS

SENT CASS  SENT AP TO

 

Ifil-Exor: no risarcimento a parti civili, Consob punta a Cassazione

Borsa Italiana-21/feb/2013

Come parti civili si erano costituite la Consob e due piccoli azionisti, tra cui Marco Bava, noto per il suo attivismo in molte assemblee. "Non so ...

 

SU INTERNET IL  LIBRO DI GIGI MONCALVO  SULL'OMICIDIO DI EDOARDO AGNELLI

PRES LIBRO   COP LIBRO DICEMBRE

Edoardo, un Agnelli da dimenticare

 

Marco Bernardini non ha le prove del suicidio io ho molte prove dell'omicidio che sono state illustrate in 5 libri di cui l'ultimo e' l'ultimo di Puppo :

EDOARDO AGNELLI, UN GIALLO TROPPO COMPLICATO - DIRITTO DI CRONACA

Ma Lapo ricorda il suo cane :

http://www.today.it/rassegna/morto-cane-lapo-elkann-comodino.html

 

La vostra voce in Europa - Consultazioni aperte - IT

 

 

www.italiachecambia.org

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 rowdfundingbuzz.it

http:/fliiby.com/marcobava/?utm_source=in150&utm_medium=email&utm_campaign=life_cycle

http://paoloferrarocdd.blogspot.it/

 

Sarà operativa dal 9 gennaio la nuova piattaforma per la risoluzione alternativa delle controversie online messa in campo dalla Commissione europea. Gli organismi di risoluzione alternativa delle controversie (Adr) notificati dagli Stati membri potranno accreditarsi immediatamente, mentre consumatori e professionisti potranno accedere alla piattaforma a partire dal 15 febbraio 2016, all'indirizzo

http://ec.europa.eu/consumers/odr/

 

 

http://www.freevillage.it/ sito avv.Mario Piccolino ucciso il 29.05.15

 

VIDEO Mb

https://youtu.be/ACwrglgdOeA

https://youtu.be/gQoC1u6yWOM

https://youtu.be/pJ3Y_oSqMV8

https://youtu.be/cSQo3ljpM-Y

 

 

 

 http://www.barattobb.it/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Videoinforma :  www marcobava.it

 

SE VUOI VEDERE COME VA IL MOND0 VAI SU : https://youtu.be/3sqdyEpklFU

 

https://www.nucleareurope.eu/facts-figures/nuclear_facilities/

 

https://www.passioneastronomia.it/scopri-come-sara-la-terra-tra-100-milioni-di-anni-il-video-e-da-pelle-doca/

 

Torino 1864, la prima stage di Stato. La strage di Torino del 1864 attraverso i libri. articolo di Tullio Fazzolari
...
Nei prossimi mesi, in vista del 3 febbraio, c’è da aspettarsi che verranno ricordati i 160 anni del trasferimento da Torino a Firenze della
capitale del regno d’Italia.
E anche se fu un fatto transitorio durato appena sei anni resta comunque una ricorrenza importante per lo sviluppo di Firenze.
Poco o nulla, invece, s’è detto in questi giorni del centosessantesimo anniversario di quella che è stata definita “la prima strage di Stato”.
Il 21 settembre 1864, appena si seppe che alla loro città veniva tolto il ruolo di capitale del regno, i torinesi manifestarono il proprio
malcontento.
I carabinieri reagirono subito sparando e la conseguenza furono due giornate di sangue con più di 50 morti e almeno 150 feriti.
Pochi libri raccontano i tragici eventi di Torino.
Tra questi vanno sicuramente segnalati “La strage impunita.
Torino 1864” di Valerio Monti (Savej, 151 pagine, 15 euro) pubblicato nel 2014 e il più recente “Torino 1864.
La prima strage senza colpevoli dell’Italia unita” di Enzo Ciconte (Interlinea, 200 pagine, 14 euro).
Altre pagine da non perdere vanno cercate con un po’ di pazienza nei volumi dedicati alla storia del capoluogo piemontese.
Per esempio “Torino” a cura di Valerio Castronovo edito da Laterza.
Oppure l’importante saggio di Umberto Levra “Dalla città “decapitalizzata” alla città del Novecento” pubblicato nel settimo volume della
“Storia di Torino” di Einaudi.
Tutte le ricostruzioni confermano che la strage del 1864 fu uno degli eventi più vergognosi dello Stato unitario.
Tanto per cominciare il trasferimento della capitale era stato imposto nella cosiddetta convenzione di settembre dalla Francia di Napoleone
III.
La scelta di Firenze (dopo aver scartato l’ipotesi di Napoli) doveva essere il segnale che l’Italia rinunciava a fare di Roma la propria capitale.
L’accordo non piacque al re Vittorio Emanuele II che dovette subirlo obtorto collo.
Ma soprattutto non piacque ai torinesi per molte ragioni tra cui anche l’obbligo di trasferirsi per i dipendenti statali.
La protesta del 21 settembre fu inizialmente pacifica e per molti aspetti patriottica.
Si gridavano invettive contro il governo Minghetti succube dei francesi e s’inneggiava a Garibaldi.
Lo slogan ricorrente era “Roma o Torino” a dimostrare che la perdita della capitale poteva essere accettata se si fosse realizzata l’unità
nazionale.
La violenta reazione dei carabinieri provocò la sommossa del giorno successivo.
E di nuovo i carabinieri aprirono il fuoco in maniera scomposta uccidendo persino alcuni soldati che stavano arrivando di rinforzo.
Nessuno verrà punito.
I 58 carabinieri che la magistratura militare aveva rinviato a processo vennero tutti assolti.
L’inchiesta parlamentare non ebbe conseguenze.
E per chiudere tutto arrivò un’amnistia.
Restano una lapide in piazza San Carlo a ricordo delle vittime e i segni indelebili dei proiettili sotto il monumento a Emanuele Filiberto.

 

 

PERCHÉ  Von der Leyen SENZA COLPE! Causa Rigettata dalla Corte di Liegi dopo che la Procura Europea ha sostenuto l’Immunità.

AGGIORNAMENTO DEL 21 GENNAIO 2025

Tribunale Belga respinge la Causa sui Vaccini Killer
Un tribunale belga ha respinto una causa contro la presidente dell’UE Ursula von der Leyen per la trasparenza degli acquisti di vaccini COVID-19 per un valore di 35 miliardi di euro, ha affermato il tribunale in una dichiarazione.

Il tribunale ha affermato di aver “respinto la causa, presentata da Frederic Baldan”. “La decisione si applica anche alle altre parti che si sono unite alla causa”, ha affermato il tribunale in una dichiarazione.

Ciò accade proprio nel momento in cui 14 procuratori generali degli USA hanno contestato all’ex amministrazione Biden la gestione delle migliaia di cause di risarcimento per i vaccinati danneggiati dai sieri gencii mRNA Covid…

Il tribunale della città belga di Liegi terrà una sessione per valutare se la presidente della Commissione europea (CE) Ursula von der Leyen abbia l’immunità legale contro le accuse di corruzione per l’acquisto di vaccini COVID-19 per un importo superiore a 35 miliardi di euro, ha detto a TASS Frederic Baldan, l’attore.

“L’udienza del 6 gennaio si terrà su un indirizzo dell’ufficio del procuratore dell’UE che dovrebbe indagare sugli atti di corruzione nelle istituzioni dell’UE ma che di fatto sta agendo per difendere von der Leyen ora. La Procura pubblica europea ha inviato un indirizzo al tribunale, affermando che von der Leyen ha l’immunità contro l’azione penale in tribunale per accuse di corruzione per l’acquisto di vaccini COVID-19 che non hanno superato le sperimentazioni cliniche”, ha detto Baldan.

Nel 2022, i media statunitensi hanno riferito che von der Leyen aveva comunicato con Albert Bourla, amministratore delegato del colosso farmaceutico statunitense Pfizer, in merito alla conclusione di un contratto a lungo termine per l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi di vaccini COVID-19 per un valore di 35 miliardi di euro (37,6 miliardi di dollari), prima ancora che superassero le sperimentazioni cliniche.

Le trattative sull’accordo sono state condotte informalmente alla fine del 2020 tramite messaggi SMS e senza il previo consenso degli stati membri dell’UE.

La presidente della Commissione europea ha anche inviato un messaggio a suo marito, Heiko von der Leyen, che è direttore medico presso Orgenesis, un’azienda che collabora con Pfizer. Tutti i messaggi sono stati poi cancellati accidentalmente, ha affermato Ursula von der Leyen.

Il New York Times ha descritto l’accordo sul vaccino COVID tra la presidente della Commissione europea e il CEO di Pfizer come “un sorprendente allineamento tra sopravvivenza politica e attività imprenditoriale”.

“GOVERNO USA HA AIUTATO BIG PHARMA INVECE DEI DANNEGGIATI DA VACCINO”. Denuncia Esplosiva di 14 Procuratori Generali USA

«Quando alcuni di questi individui sono stati danneggiati dal vaccino COVID-19, hanno scoperto che il governo federale ha favorito i produttori rispetto alla loro salute. Oltre a fornire miliardi di dollari a produttori come Pfizer e Moderna, il governo federale ha anche concesso a queste aziende un’effettiva immunità generale per i danni causati dai loro prodotti».

«Come procuratori generali, siamo seriamente preoccupati per la mancanza di trasparenza e di giusto processo garantiti dal CICP, nonché per i notevoli ostacoli che i richiedenti incontrano nell’ottenere un risarcimento».

In queste due brevi frasi c’è il significato di una lunga lettera di 14 procuratori generali degli Stati Uniti inviata nelle ultime settimane al Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani Xavier Becerra, Carole Johnson, Amministratore, Health Resources & Services Administration, ma anche a Robert F. Kennedy, Jr. Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani nominato da Trump.

«Scriviamo per esprimere le nostre serie preoccupazioni su come gli individui danneggiati dai vaccini COVID-19 vengono trattati dal governo federale. Cerchiamo risposte alle domande sull’amministrazione del Countermeasures Injury Compensation Program (CICP). Durante il picco della pandemia, molti americani volevano “fare la loro parte” partecipando alle sperimentazioni sui vaccini o vaccinandosi. Il governo federale ha dato ai produttori di vaccini COVID-19 più di 30 miliardi di dollari in fondi dei contribuenti per sviluppare e vendere vaccini COVID-19 e ha speso altri miliardi per promuovere questi prodotti al pubblico. Il governo federale ha sia incoraggiato,3 sia in molti casi imposto la vaccinazione».

I magistrati requirenti dei 14 stati USA hanno incolpato il governo perché ha favorito i produttori di Big Pharma rispetto alla salute dei cittadini americani danneggiati dai vaccini Covid.

Ben pochi hanno avuto il coraggio di fare lo stesso in Italia e chi ha denunciato il gravissimo problema dei vacicnati danneggiati o morti, come la giudice Susanna Zanda, è stato messo sotto inchiesta dal Ministero della Giustizia…

Il documento è un appello urgente a intervenire per aiutare i vaccinati danneggiati, ma appare anche come un avvertimento di possibili azioni legali contro gli enti governativi responsabili della loro protezione…

Alcuni di questi procuratori generali hanno seguito l’esempio del Kansas presentando cause legali su larga scala contro il colosso farmaceutico Pfizer in cui questi stati hanno affermato che «la società ha tratto in inganno il pubblico in merito alla sicurezza e all’efficacia del suo vaccino COVID-19».

«Gli individui danneggiati, d’altra parte, hanno tutti sperimentato una qualche forma di complicazione della salute che è stata diagnosticata da medici credibili come risultante da una vaccinazione Covid. Alcuni di questi feriti sono stati persino visitati da medici impiegati dal governo federale e il danno da una vaccinazione è stato convalidato e riconosciuto dal governo federale», ha aggiunto la lettera dei procuratori generali.

«Le persone per le quali ci difendiamo e per le quali siamo preoccupati non sono opportunisti alla ricerca di tasche profonde per ferite fantasma. Queste sono persone oneste con danni verificati. Sono i nostri elettori di ogni estrazione e affiliazione politica. Questa non è solo una questione bipartisan, è di natura non partigiana. Eppure, nonostante diagnosi attendibili e danni reali, queste persone danneggiate dai vaccini anti-COVID-19 hanno un solo mezzo di ricorso: presentare un reclamo al CICP».

OLOCAUSTO DA VACCINI COVID PEGGIORE DI HIROSHIMA. Basato su 8 Studi Mondiali Epidemiologo USA stima più Morti di Sieri Genici mRNA che di 121 Bombe Nucleari


Nello scrivere queste parole, i procuratori generali dei 14 stati degli Stati Uniti confermano in realtà la gravità di un allarme sociale che alcuni dottori accademici americani hanno considerato un olocausto peggiore di Hiroshima.

Essi sottolineano quindi i molteplici aspetti critici della pratica di richiesta di risarcimento del CICP (Countermeasures Injury Compensation Program).

«Per cominciare, un individuo ferito da un vaccino COVID-19 ha solo un anno dalla data della lesione per presentare una richiesta al CICP. Se questo breve lasso di tempo scade, l’individuo non ha diritto ai benefici».
In secondo luogo, gli individui feriti sono spesso lasciati a navigare nel programma da soli senza una guida professionale. E la dimostrazione che un richiedente deve fornire è sostanziale. Il richiedente “deve dimostrare che la lesione subita è stata il risultato diretto della somministrazione o dell’uso di un” vaccino COVID-19 “sulla base di prove convincenti, affidabili, valide, mediche e scientifiche”. E l'”associazione temporale” tra la ricezione di un vaccino e “l’insorgenza della lesione . . . non è sufficiente, di per sé, a dimostrare che un infortunio è il risultato diretto” di un vaccino».

In terzo luogo, il CICP fornisce poca o nessuna trasparenza o giusto processo. Un individuo che presenta un reclamo non ha conoscenza, o capacità di scoprire, chi prenderà una decisione in merito al suo reclamo, quando verrà deciso o come verrà deciso. Non c’è inoltre alcun diritto di confrontarsi o interrogare i funzionari governativi che hanno negato un reclamo, nessun modo di accedere o rispondere a qualsiasi prova su cui il governo potrebbe essersi basato nel negare un reclamo, nessun modo di confrontarsi o interrogare eventuali esperti che potrebbero essere stati consultati nel negare il reclamo e nessun modo per un richiedente di presentare prove dal proprio esperto.

In quarto luogo, anche in quei rari casi in cui il CICP approva un reclamo, il richiedente ferito ha diritto, al massimo, fino a $ 50.000 di salari persi all’anno e spese mediche non rimborsate. Se la persona ferita è deceduta, il suo patrimonio potrebbe ricevere un beneficio di morte limitato»

Ma c’è un problema burocratico che denota un chiaro tentativo di nascondere le richieste di risarcimento.

«I dati finora mostrano che il CICP non riesce ad affrontare i danni molto reali che sono stati subiti dalle persone ferite dai vaccini COVID-19. Delle oltre 10.473 richieste di risarcimento correlate al vaccino COVID-19 che il CICP ha ricevuto, la maggior parte rimane non aggiudicata».

«E di quelle richieste che sono state decise, solo 65 sono state ritenute idonee al risarcimento e solo 20 di queste hanno effettivamente ricevuto un risarcimento. E fatta eccezione per un’eccezione estrema (un risarcimento di $ 370.376, probabilmente un decesso per miocardite), il risarcimento medio correlato al vaccino COVID-19 è ben al di sotto dei $ 5.000. Non sorprende che siano stati pagati così pochi risarcimenti, date le risorse insufficienti assegnate al CICP per i risarcimenti. Il programma ovviamente non può elaborare le richieste in modo tempestivo, per non parlare di pagare le richieste, senza finanziamenti adeguati».

Un problema analogo si è verificato in Italia quando l’Assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, ha falsato e ridicolizzato i numeri dei danneggiati da vaccini nel suo territorio.

I 14 procuratori generali entrano poi nei dettagli del problema fornendo alcuni esempi sensazionali di persone danneggiate dai vaccini e sottolineando che il 70% di coloro che hanno aderito al programma CDC per il monitoraggio della sicurezza dei vaccini sono stati costretti a cercare cure mediche, anche gravi e urgenti.

«Abbiamo sentito da numerosi elettori che hanno subito gravi lesioni a seguito della somministrazione di un vaccino COVID-19. In effetti, tra i circa 10 milioni di americani che hanno aderito al programma V-safe del Center for Disease Control (CDC), progettato per valutare la sicurezza dei vaccini COVID-19, oltre il 70 percento degli individui che hanno riferito di aver bisogno di cure mediche post-vaccinazione si sono recati al pronto soccorso o sono stati ricoverati in ospedale».Tra i casi più eclatanti c’è quello di Ernest Ramirez, Jr., un ragazzo di 16 anni del Texas, che giocava in una squadra di baseball che suo padre allenava con orgoglio. Cinque giorni dopo una singola dose di Pfizer, è crollato di fronte al suo migliore amico mentre correva attraverso un parcheggio per giocare a basket. È morto per insufficienza cardiaca improvvisa. L’autopsia ha riportato alti livelli di infiammazione nel cuore, nel fegato e in altri organi.

 

«Cosa si può fare per istruire i medici sui trattamenti per le lesioni correlate al vaccino COVID-19 e sulle possibili diagnosi? In particolare, quando i National Institutes of Health (NIH) forniranno indicazioni mediche sui protocolli che hanno utilizzato per diagnosticare e curare gli individui che hanno sofferto di complicazioni da un vaccino COVID-19?»
Esclusiva! BIOIMMUNOLOGO MANTOVANI SUI GRAVI RISCHI DEI VACCINI COVID. “Spike Tossica fino a 756 gg nel Sangue. Residui mRNA in Circolo nel Corpo”


«Quando i Centers for Medicare & Medicaid Services (CMS) inizieranno a implementare i codici di reazione avversa al vaccino COVID-19, come stanno già facendo altri paesi?»
Cosa spiega il tasso di approvazione CICP straordinariamente basso per le richieste di risarcimento per lesioni da vaccino COVID-19? È incredibile dire che solo lo 0,5 percento dei richiedenti ha avuto lesioni valide e risarcibili. Cosa si può fare per accelerare il processo di aggiudicazione CICP per le richieste relative al vaccino COVID-19? Perché il tasso di aggiudicazione è così lento? In che modo il tasso di aggiudicazione per le richieste di risarcimento per il vaccino COVID-19 si confronta con le richieste per altri vaccini?
 

La lettera dei procuratori generali di 14 stati al Dipartimento della Salute degli Stati Uniti non è solo una richiesta sentita di risolvere concretamente il problema e fornire un’importante arma politica all’avvocato Robert F. Kennedy Jr. se verrà confermato dal Senato come segretario come desiderato da Trump.

È anche un primo atto di esplicita contestazione al funzionamento del sistema che ruota attorno ai pericolosi vaccini anti-Covid e che potrebbe preannunciare ulteriori cause legali contro Big Pharma.

 

Intanto, nel resto dell’Occidente, solo in Australia e Slovacchia l’allarme sui sieri genetici mRNA Covid viene preso sul serio.

Infatti, la Procura europea (EPPO) che ha indagato Ursula Von der Leyen per le trattative segrete sui vaccini Pfizer nonostante non fossero stati adeguatamente testati ha già chiesto a un tribunale belga di applicare l’immunità.

Mentre in Italia sono pochissimi i casi in cui la giustizia si è pronunciata a favore delle parti lese.
 

 

 

 

PERCHÉ NO AL MINISTRO NUCLEARISTA PICHETTO DI UN GOVERNO IN CADUTA LIBERA :

  1. IL NUCLEARE RAPPRESENTA I DINOSAURI  SOSTENUTI DA CHI VUOLE GUADAGNARE FACILMENTE CON IL PASSATO.

I numeri dell’Industria italiana delle rinnovabili

Il risultato? Il rapporto IREX 2024 mostra come il comparto italiano delle rinnovabili non abbia fermato la crescita, nonostante una serie di difficoltà oggettive, dal peso dell’inflazione ai rincari dei materiali passando per le tante complessità autorizzative. Al punto che vengono riportate 1.180 iniziative progettuali (in aumento del 23% sul 2022,) per una potenza totale cumulata di 50,9 GW e un valore aggregato di 80,1 miliardi di euro. In termini di investimenti in progetto si tratta di quasi il doppio del 2022. E per il 96% si tratta di progetti destinati all’Italia.

La parte del leone la fa l’agrivoltaico con 368 iniziative del valore aggregato di 14 miliardi e una potenza pianificata cumulata di ben 15,8 GW. Il fotovoltaico tradizionale rimane in testa per numero di operazioni ma potenza e investimenti pianificati  si attestano sotto all’agri-fv: 12,6 GW e 10,4 miliardi di euro. L’eolico a terra con 254 progetti per 14,GW di potenza totale cumulata, tocca un valore di 19,2 miliardi di euro. Più bassi ovviamente i numeri dell’eolico offshore che tuttavia si fa finalmente notare con 12 operazioni per 8,4 GW e 28,1 miliardi di euro. Gli investimenti complessivi per i sistemi di accumulo passano da 3,2 a 8,2 miliardi.

L’Irex Annual Report 2024 mostra un settore italiano delle rinnovabili che ha continuato a crescere nonostante le sfide economiche globali”, ha spiegato l’amministratore delegato Alessandro Marangoni, a capo del team di ricerca. “Tra gli elementi caratterizzanti […] lo sviluppo dell’eolico offshore che, sulla carta, è la tecnologia emergente nel 2023 e il crescente interesse per gli accumuli, con l’affacciarsi di molti player e progetti”.

Marangoni pone l’accento anche sulla riduzione della taglia media degli impianti rinnovabili, scesa dagli 48 MW del 2022 a 44 MW nel 2023. Contestualmente il rapporto evidenzia l’aumento delle operazioni inferiori a 10 MW, il cui peso sale dal 16% al 30% del totale. Sul fronte specifico dei sistemi di accumulo il 99% degli impianti è inferiore ai 20 kW, di cui la maggior parte sotto i 10 kW (91%).

Il costo livellato dell’energia

Il rapporto IREX 2024 mostra per il 2023 un sensibile ridimensionamento dei prezzi elettrici in Europa. La media si attesta a 96,1 euro il MWh (meno 54% sul 2022) ma il Belpaese si contraddistingue come al solito con uno dei valori più elevati: 127,2 euro il MWh.

Sul fronte degli LCOE, ossia del costo medio per unità di elettricità generata, il documento sottolinea un sensibile aumento dei valori per le fonti rinnovabili. Il LCOE dell’eolico offshore varia tra 82,1 euro il MWh del Mare del Nord e 121,1 euro il MWh del Mediterraneo; nel fotovoltaico il valore medio dell’LCOE degli impianti commerciali si attesta a 107,4 euro il MWh (+9,8% sul 2022), mentre gli impianti di taglia industriale presentano un costo medio di 77 euro il MWh (+10,6% sul 2022).

Il report offre anche qualche previsione di scenario per il 2024 “con i prezzi delle materie prime per la costruzione degli impianti eolici che vedranno variazioni differenziate: in aumento alluminio e rame, in calo i materiali ferrosi, stabile il cemento per le fondazioni. Gli effetti saranno una discesa del LCOE più contenuta per l’onshore (nulla o fino al 5%) e più marcata per l’offshore (-10%/-15%). Per il fotovoltaico le pressioni sulla componentistica dovrebbero portare a ulteriori ribassi, con il costo dei moduli in calo del 10-15%”.

  1. NON SI RISPETTA VOLONTA' DEGLI ITALIANI ESPRESSA 2 VOLTE.
  2. IL FUTURO E' LA RETE ELETTRICA DELLE RINNOVABILI CON LA PRODUZIONE DI H2 NEI PICCHI , UTILIZZATO NELLE CARENZE.

4.            L’Italia sta investendo 135 mln in R&D su piccoli reattori modulari e nucleare 4G

La narrativa che circonda la “rinascita” del nucleare dipinge i piccoli reattori modulari di ultima generazione come la soluzione a tutti i problemi dei vecchi reattori. Gli Small Modular Reactors (SMR) sarebbero meno costosi e sarebbe possibile costruirli in poco tempo. Candidati ideali, quindi, per un ruolo almeno da comprimario nella transizione energetica, a fianco delle rinnovabili. E sui quali bisogna investire subito per avere una flotta di SMR adeguata già nel 2030.

La realtà è completamente diversa: i loro costi lievitano e i ritardi nei tempi di realizzazione si accumulano come per le vecchie centrali nucleari, sostiene un rapporto dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA) che ha analizzato tutti i progetti di SMR in cantiere.

Vecchi/nuovi problemi per i piccoli reattori modulari

La base di partenza è ristretta: sono solo 4 gli SMR operativi o in costruzione oggi in tutto il mondo. A fronte di circa 80 diversi concetti di piccoli reattori modulari a diverse fasi di maturità. Oltre ai dati sui 4 mini-reattori nucleari, l’IEEFA si è basata anche sulle previsioni sui costi fornite da alcuni dei principali sviluppatori di questi progetti negli Stati Uniti.

“I risultati dell’analisi mostrano che poco è cambiato rispetto al nostro lavoro precedente. Gli SMR sono ancora troppo costosi, troppo lenti da costruire e troppo rischiosi per svolgere un ruolo significativo nella transizione dai combustibili fossili nei prossimi 10-15 anni”, sintetizza il rapporto.

Per i 3 piccoli reattori modulari operativi (2 in Russia e 1 in Cina) e per l’unico altro SMR in costruzione (in Argentina), le spese effettive di costruzione sono state “notevolmente sottostimate”. Per i reattori russi l’aumento supera il 300%, ma i dati risalgono al 2015 e probabilmente l’incremento reale è maggiore. Un aumento analogo è quello registrato per l’SMR cinese. Per il mini-reattore argentino va anche peggio: rispetto alle stime iniziali del 2013, i costi previsti erano lievitati del 600% nel 2021. Per altri SMR solo proposti i costi sono più che raddoppiati, come nel caso dei mini-reattori di NuScale. Incrementi che avvengono prima ancora che i progetti ottengano licenze e via libera formale.

Sui tempi, i lunghi ritardi nella costruzione “sono stati la norma, non l’eccezione”, sostiene l’IEEFA. Per i 4 SMR al centro dell’analisi le tempistiche sono regolarmente almeno triplicate, passando dai 3-4 anni preventivati ai 12-13 anni effettivi. Tutti ritardi non troppo distanti da quelli riscontrati anche dai reattori di più recente generazione, come gli EPR di Okiluoto e Flamanville (dai 4-5 anni preventivati a 16-18 effettivi). Parte della retorica sui supposti tempi ridotti di realizzazione fa leva sulla modularità degli SMR. Ma l’approccio modulare è stato impiegato anche in altri reattori precedenti, sottolinea il rapporto, e senza gli attesi benefici sulle tempistiche.

 

A marzo conclusa la 1° fase di lavori per preparare il campo al ritorno del nucleare in Italia

(Rinnovabili.it) – A marzo la Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile ha finito “la prima fase di lavori” e si appresta a formulare una “strategia nazionale” che entrerà nel PNIEC e prepara la strada al ritorno del nucleare in Italia. Lo ha comunicato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) Gilberto Pichetto durante il question time al Senato dell’11 aprile.

La Piattaforma sta quindi rispettando la tabella di marcia annunciata lo scorso settembre, che prevedeva una ricognizione del panorama del nucleare a livello nazionale e internazionale. Un primo giro di orizzonte su cui costruire una “via italiana” all’atomo.

“Nelle tre fasi successive si procederà con l’elaborazione di una road map e la definizione di azioni con le relative risorse per incentivare la possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia attraverso le nuove tecnologie nucleari caratterizzate da elevati standard di sicurezza e sostenibilità”, ha specificato Pichetto.

In realtà il governo ha già iniziato a stanziare risorse per il nucleare in Italia. All’atomo sono stati destinati lo scorso novembre 135 mln euroil 25% del totale disponibile sotto il capitolo Mission Innovation. Destinati ad attività di ricerca e sperimentazione sui piccoli reattori modulari di terza e quarta generazione nel breve-medio periodo.

I prossimi passi per il ritorno del nucleare in Italia

Secondo i piani, la Piattaforma dovrebbe produrre entro aprile un documento che tracci la strada da seguire, che saranno poi tradotte entro giugno in linee guida ben definite che individuano azioni, risorse, investimenti e tempistiche per riaprire la porta all’atomo.

Questa strategia nazionale “darà un contributo che sarà contemplato anche nell’aggiornamento del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) e per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione”, ha aggiunto il titolare del MASE rispondendo a un’interrogazione del senatore Zanettin (FI). Sarà elaborata tenendo conto dei contributi forniti dalle indagini conoscitive delle commissioni Ambiente di Camera e Senato e dall’industria nazionale legata alla filiera dell’atomo.

“La filiera industriale italiana è già fortemente impegnata a livello internazionale sia nel campo della fissione che in quello della fusione, in particolare nella produzione di componentistica richiesta da centrali nucleari estere, reattori sperimentali e centri di ricerca. Il loro coinvolgimento risulta fondamentale per far sì che tutta la filiera che gravita intorno al nucleare sia pronta nel momento in cui il quadro regolatorio nazionale consentirà la ripresa di quelle che possono essere le attività e le relative autorizzazioni”, ha sottolineato Pichetto.

 

5.               Sono passati undici anni dal referendum indetto per chiedere il parere degli italiani su un eventuale ritorno al nucleare; era il mese di giugno del 2011, tre mesi dopo il disastro di Fukushima. E sono passati ben 35 anni dal precedente referendum sullo stesso tema delle centrali nucleari, avvenuto nel 1987, ossia un anno dopo la tragedia di Chernobyl. In entrambi i casi gli italiani si espressero in maggioranza contro lo sviluppo del nucleare civile nel nostro Paese.

Undici anni non sono tanti, ma sono evidentemente sufficienti per rimuovere dalla coscienza nazionale gli eventi del passato perché oggi in Italia assistiamo a una sorta di revival del nucleare; si sta, infatti, diffondendo molto materiale propagandistico, approfittando dei comodissimi e ubiquitari social media che permettono con grande facilità di far circolare idee, giuste o sbagliate che siano.

In particolare, nel settembre 2022 è apparso su YouTube un video a cartoni animati di circa 15 minuti dal titolo “Il nucleare: i dubbi più grossi”, realizzato da un giovane produttore indipendente. Grazie all’indiscussa abilità del video maker e a una narrazione tutta giocata su un registro sardonico e sarcastico, il video ha raccolto in poco tempo oltre un milione di visite e una pletora di commenti generalmente entusiasti tra il pubblico, composto in maggioranza da giovani e giovanissimi.

La trascrizione integrale del parlato a supporto del video occupa ben sei pagine in formato Word e spazia su numerosissimi temi: dal funzionamento delle centrali nucleari alla loro sicurezza, dagli incidenti a questi impianti agli effetti generati dall’esplosione di una bomba atomica, dalla sicurezza energetica di una nazione alle caratteristiche delle fonti rinnovabili e a quelle dell’industria estrattiva dell’uranio, giusto per citarne alcuni. L’autore dichiara apertamente di propendere da sempre per il nucleare e di essersi avvalso di consulenti chiaramente orientati in questo senso. 

Per dare una prima idea di come sia impostato il video, diciamo subito che racconta i due gravissimi incidenti sopra citati, Chernobyl e Fukushima, fornendo diverse spiegazioni sulle cause che li hanno provocati, ma dimentica del tutto il primo incidente nucleare grave (grado 5 su scala di 7), che avvenne negli Usa nel 1979 alla centrale di Three Mile Island, con fusione parziale del nocciolo e rilascio di radiazioni nell’ambiente.

L’incidente americano diede impeto al movimento antinucleare globale che, per esempio, in Italia si oppose per anni, senza successo, alla costruzione delle centrali, per poi arrivare alla vittoria con il referendum del 1987. Il movimento si riaccese a causa dei progetti nuclearisti di Berlusconi e Scajola (al governo tra il 2001 e il 2006) e, in particolare, con la decisione di creare in un giacimento di salgemma nel territorio di Scanzano Jonico il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi (2003). Le manifestazioni contrarie durarono 15 giorni e la decisione venne ritirata anche su insistenza dei politici lucani. Tutte cose che il video non racconta affatto.

All’inizio del video si sente dire che è “molto facile” costruire e capire come funziona una centrale nucleare. Questo è il primo messaggio sbagliato perché l’industria del nucleare non è affatto “molto facile”, anzi è terribilmente difficile. Siccome si tratta di impianti intrinsecamente pericolosi e molto complessi, durante la progettazione, nei controlli preventivi, nella costruzione e nell’esercizio, vengono esaminati tutti i possibili tipi di incidenti e vengono previste un’infinità di contromisure per prevenirli; salvo, poi, dover rifare tutto il ragionamento ogni volta che si verifica un incidente “imprevisto” (cosa che successe, ad esempio, dopo Three Mile Island). Questa complessità aumenta moltissimo tempi e costi, tanto da veder saltare sempre i budget di previsione e allungare, anche di decenni, le attivazioni operative degli impianti.

Inoltre, la “semplice” gestione delle centrali non è affatto banale. Ad esempio, dei 56 reattori francesi, nel corso del 2022 30 sono rimasti fermi: 18 perché sottoposti ad interventi di manutenzione programmata e 12 per problemi di “corrosione da stress”; per 16 di loro le autorità francesi hanno deciso di prolungare il funzionamento oltre i tempi della quarta revisione periodica dei reattori da 900 MW di Électricité de France (EDF), decisione molto discutibile considerato che questi impianti sono stati progettati per 40 anni di attività. 

Negli ultimi anni in Francia si sono verificati importanti problemi in ben quattro centrali: a Civaux, a Cattenom, a Chooz e infine, solo qualche giorno fa, a Penly, con rischio classificato al livello 2, appena sotto ciò che si definisce “incidente grave”, e tale da indurre le autorità a fermare il reattore.

La débâcle del nucleare francese ha portato la produzione delle centrali al livello più basso degli ultimi 30 anni. A risentirne sono stati anche i conti di EDF che ha chiuso il bilancio 2022 con una perdita di 17,9 miliardi di euro e ciò nonostante il fatturato sia cresciuto del 70% rispetto all’anno precedente. 

Il Governo francese, dal canto suo, sul finire dello scorso anno ha lanciato la nazionalizzazione della multiutility con un esborso stimato in 9,7 miliardi di euro; oggi EDF è per il 96% di proprietà dello Stato e diverrà interamente pubblica nel volgere di qualche settimana. 

Per non parlare, poi, della dismissione degli impianti nucleari che è motivo di insostenibilità economica per i soggetti gestori e fonte di forte preoccupazione per le autorità e i territori che ospitano gli impianti.

Il video è interamente costellato di sapienti inesattezze. Per esempio, si lascia intendere che il maremoto del 2011 in Giappone fosse imprevedibilmente eccezionale e, quindi, “i danni conseguenti a Fukushima sostanzialmente inevitabili”. Non è assolutamente così. Viene, infatti, volutamente ignorato il fatto che la prima centrale nucleare costiera raggiunta dal maremoto non fu quella di Fukushima, bensì quella di Okagawa, dove l’impianto, costruito da un’altra azienda senza badare a spese, resistette sia al terremoto che allo tsunami, diventando addirittura rifugio per gli sfollati [1].

Se i proprietari della centrale di Fukushima non avessero risparmiato sulle protezioni anti-maremoto e i controlli pubblici giapponesi avessero funzionato bene, il disastro non sarebbe avvenuto. Questo, che sembra essere un argomento in favore del nucleare, pone in verità un problema generale sul nucleare “privato” e sui controlli “pubblici” ed è il motivo per cui le poche centrali nucleari in costruzione in Europa sono tipicamente affidate ad aziende statali con costi impressionanti che gravano solo sulle casse pubbliche. Per esempio, la centrale nucleare francese di Flamanville, dopo il fallimento del costruttore Areva, è ora in mano a EDF che sta realizzando anche la grossa centrale inglese di Hinkley Point C, insieme al colosso statale nucleare cinese CNG, con fortissime polemiche sia sull’opportunità politica, sia sui costi, sia sull’impatto ambientale.

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Il nucleare civile, per quante precauzioni si prendano, non è a prova di inetto o di avido: basta un singolo malintenzionato o sbadato nella lunga catena di progettazione, controllo e gestione degli impianti e del combustibile per mettere a repentaglio la sicurezza generale. Questo naturalmente è vero anche per altre grandi imprese energetiche, come ha dimostrato il disastro del Vajont (1963), che di fatto, conducendo a migliaia di morti, fermò per sempre la corsa al grande idroelettrico sulle nostre montagne.

Venendo a punti specifici, abbiamo rilevato nel video un numero notevole di errori, imprecisioni, notizie distorte e dati poco attendibili. Di seguito una breve selezione.

Seguendo la successione cronologica, la prima riguarda il nocciolo che “non esploderà mai; al massimo si scalda, si dilata e fonde” e ben si connette con l’altro travisamento “una centrale non è una bomba e non può esplodere come una bomba”. I fatti dimostrano esattamente il contrario: il 10 aprile 2003 nella centrale di Paks in Ungheria fu scongiurato il pericolo di un’esplosione nucleare grazie ad un pronto e non semplice intervento di raffreddamento di 30 barre di combustibile del nucleo del reattore. Dunque, se per un verso non è possibile escludere a priori il rischio di esplosione del nocciolo, dall’altro occorre riaffermare – cosa che l’autore del video si guarda bene dal fare – che l’autodistruzione del reattore è in sé il maggiore dei pericoli e che può essere innescato, come accadde a Fukushima, anche da eventi di “ordinaria amministrazione” quali, ad esempio, la distruzione dell’impianto refrigerante e/o la mancata alimentazione delle pompe.

Una centrale nucleare, in caso di incidenti, anche se non esplode è, comunque, una bomba i cui effetti biologici (ad es., sindrome acuta da radiazioni e aumento dell’incidenza del cancro), psicologici e sociali sono estremamente gravi e duraturi, così come dimostrato da studi condotti sia in Italia (vedi il caso della Centrale del Garigliano) che all’estero [2].

Inoltre, il rassicurante messaggio contenuto nel video “ci preoccupiamo di poche scorie stoccate in barili a prova di bomba che in 70 anni di attività di un paese occupano un solo capannone”, è fuorviante perché si limita a considerare l’aspetto quantitativo, senza toccare i risvolti più critici.

Da un punto di vista del tutto generale, le scorie, tante o poche che siano, sono un problema non risolto che lasciamo sulle spalle delle prossime generazioni; come è stato giustamente sottolineato in un articolo uscito su Chemical&Engineening News del 5 maggio 2008 “it is at best irresponsible, at worst a crime, to leave the waste to be addressed by generations not yet born.”.

Ad esempio, per quanto riguarda l’Italia, trascorsi oltre 30 anni dalla chiusura degli impianti, la questione delle scorie è tutt’altro che risolta. In Germania la penetrazione di una soluzione salina nelle caverne sotterranee del deposito di Asse, dove dal 1967 al 1978 furono portati 125.787 container di scorie radioattive (per il 90% provenienti da centrali nucleari), ne ha compromesso la tenuta stagna. 

Parimenti critica risulta la situazione delle scorie in Francia: ad Aube, dei due centri di stoccaggio che ospitano il 90% dei residui radioattivi prodotti ogni anno in Francia, uno si sta avvicinando alla saturazione e per alcuni rifiuti non c’è ancora una soluzione. Inoltre, una recente inchiesta della rete televisiva Artè ha svelato che la Francia ha stoccato in Siberia presso il complesso atomico di Tomsk-7 e in modo totalmente abusivo (a cielo aperto) il 13% delle sue scorie radioattive. 

Inoltre, non viene toccato il problema della dismissione di una centrale nucleare che di scorie ne lascia tante e di difficilissima gestione; il sito che ha ospitato una centrale porta indelebili i suoi segni: enormi silos, in cui vengono “tombate” le scorie e le parti dell’impianto, che per ragioni di sicurezza non possono essere toccati per tempi lunghissimi e di cui, ancora una volta, si dovranno occupare le future generazioni.

Sempre nel video si minimizzano gli “effetti di un attacco militare” agli impianti, materializzatosi nell’agosto scorso a Zaporizhzhia e in settembre a Pivdennoukrainsk, in Ucraina.

In generale, gli impianti nucleari non sono progettati in funzione di un possibile danno derivante da un attacco militare perché, con una visione assolutamente miope, si considera quale unica fonte di pericolo il danneggiamento delle strutture che contengono il reattore. È, invece, facile dimostrare che per provocare un disastro, ad esempio simile a quello di Fukushima, sarebbe sufficiente indirizzare l’attacco militare al sistema di raffreddamento delle vasche che permettono di controllare la temperatura dei reattori.

Per il caso di Zaporizhzhia, l’Istituto Affari Internazionali ha formulato lo “Scenario Fukushima”, richiamando l’attenzione sulleconseguenze dell’interruzione della refrigerazione del nocciolo e delle piscine del materiale spento: esplosioni di idrogeno, incendi locali, esplosioni di vapore acqueo, rottura delle barre di combustibile fino alla fusione del nocciolo nel corium e penetrazione del contenitore, con rilascio di materiale radioattivo.

Inoltre, qualora fosse bombardata l’area di stoccaggio a secco del combustibile nucleare esaurito, le strutture di contenimento del combustibile potrebbero danneggiarsi liberando isotopi radioattivi che andrebbero a contaminare le zone circostanti l’impianto, rendendo necessarie contromisure di sanità pubblica per la popolazione locale.

Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Rafael Grossi, a proposito dei ripetuti attacchi missilistici alla centrale ha dichiarato: “Ogni volta è come se tirassimo i dadi. E se permettiamo che questo continui, un giorno la nostra fortuna si esaurirà”.

Nel video si tace, ovviamente, sulla “connessione tra usi civili ed usi militari” del nucleare; è, invece, noto che i cicli del combustibile e della fissione nelle applicazioni pacifiche e non pacifiche funzionano spesso in parallelo; tecnologie e conoscenze sono spesso adatte ai due usi, soprattutto negli stati con regimi autocratici. Il caso tipico è quello dell’Iran, con il suo programma militare clandestino svolto in parallelo a quello civile, dove la AIEA ha rilevato particelle di uranio arricchito all’83,7 per cento, non lontano dalla soglia del 90 per cento necessaria per la produzione di un ordigno.

E, comunque, anche in assenza di programmi militari clandestini, la catena del nucleare a uso civile ben si presta ad essere utilizzata per applicazioni militari: questo vale per gli impianti di arricchimento dell’isotopo fissile dell’uranio (U-235), per i reattori di ricerca e commerciali, per gli impianti e la tecnologia di ritrattamento e, infine, per i siti provvisori di stoccaggio del plutonio, dell’uranio e di altri materiali fissili.

Affermare poi che “Il nucleare fa paura perché ci appare ancora misterioso, per questo ci ricordiamo di quei 2 grossi incidenti successi in 70 anni di attività” è puro negazionismo; in realtà negli ultimi 50 anni si contano numerosi incidenti, tra i quali almeno 5 gravi: oltre a Chernobyl (1986) e Fukushima (2011), si devono aggiungere quello già citato all’impianto di Three Mile Island (1979) e quelli alle centrali nucleari di Kyshtym (1957) e di Windscale Piles (sempre 1957). Fra l’altro, è molto probabile che non tutti gli incidenti nucleari siano stati dichiarati in quanto legati a sviluppo di programmi militari clandestini.

Inoltre, il nucleare “fa paura” non perché sia oggetto opaco e misterioso come si dice nel video, ma proprio perché vi è consapevolezza dei rischi associati all’opzione nucleare. Ad esempio e giustamente, l’Italia, pur non avendo centrali funzionanti sul suo territorio, data la presenza di 13 impianti a meno di 200 chilometri dai suoi confini si è dotata di un Piano Nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari; tra gli obiettivi del Piano figurano la definizione e l’attuazione di “…misure per la tutela della salute pubblica e delle produzioni, con particolare riguardo alle misure protettive e alle strategie di protezione dei cittadini, nonché i controlli delle filiere produttive e le restrizioni alla commercializzazione di prodotti agroalimentari”.

Sui “costi del nucleare” la narrazione proposta nel video falsifica la realtà, ignorando la conclusione a cui si perviene dopo aver analizzato le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA): il nucleare non costerà poco e sarà in grado di reggersi unicamente in virtù di un robusto sostegno finanziario di fonte governativa. Non potrebbe essere altrimenti considerati gli ingenti costi di realizzazione degli impianti, su cui incide il peso degli oneri finanziari dovuti ai lunghi tempi di costruzione, stimati ottimisticamente dalla IEA in 10 anni nel Regno Unito, 9 in India e negli Usa, e 6 in Cina.

Non solo le vecchie ma anche le nuove centrali non risultano competitive sia rispetto ai costi che ai tempi di costruzione: Flamanville 3 in Francia avrebbe dovuto avere un costo di 5 miliardi di euro lievitati a 13,2, secondo Electricité de France, e a 19 per la Corte dei conti francese; la costruzione avviata nel 2007 si sarebbe dovuta concludere dopo molti ritardi nel 2022, ma secondo Alain Morvan, direttore del progetto, l’impianto verrà caricato con il combustibile solo nel primo trimestre del 2024. La Finlandia ha invece terminato la costruzione di Olkiluoto con un ritardo di 12 anni rispetto ai tempi pianificati e con costi triplicati.

La sequela di mistificazioni contenute nel video si alimenta anche del capitolo relativo “all’impronta carbonica” delle centrali in rapporto all’energia prodotta, che l’autore, non senza audacia e con tanto di grafico, proverebbe essere inferiore rispetto a quella delle fonti rinnovabili.

La quantità di CO2 emessa dal nucleare deve essere calcolata tenendo conto di tutte le fasi del ciclo di vita degli impianti – dall’estrazione dell’uranio fino alla dismissione delle centrali – senza tralasciare le emissioni legate al trasporto e allo stoccaggio delle scorie radioattive.

Ciò premesso, secondo i dati forniti dall’Agenzia per l’ambiente tedesca, il valore delle emissioni generate dal nucleare risulta elevato: oltre il triplo del fotovoltaico (33 g/kWh), circa 13 volte quello delle centrali eoliche (tra i 9 e i 7 g/kWh) e quasi 30 volte quello degli impianti idroelettrici (4 g/kWh).

Inoltre, secondo lo studio Differences in carbon emissions reduction between countries pursuing renewable electricity versus nuclear power”, pubblicato il 5 ottobre del 2020 sulla rivista Nature Energy, le energie rinnovabili sono fino a 7 voltepiù efficaci nel ridurre le emissioni di carbonio rispetto all’energia nucleare.

rsten Würth su Unsplash

L’ostracismo nei confronti delle rinnovabili trova riscontro in un altro passaggio del video in cui si afferma che “Questa filiera, in rapporto all’energia prodotta, genera un inquinamento e un’emissione di CO2 che supera pure quella del nucleare, facendoci poi dipendere da stati come la Cina”.

Delle emissioni di CO2 si è già detto. Quanto alla debolezza della filiera nazionale ed europea relativa alle rinnovabili e alla conseguente dipendenza dalla Cina, il nodo è e resta tutto politico. Nel suo report “Solar PV Global Supply Chain” pubblicato a giugno di quest’anno, la IEA afferma che “… Le nazioni possono migliorare la resilienza investendo per diversificare la produzione e le importazioni”.

Per quanto concerne l’Italia, il PNRR destina risorse alla realizzazione/modernizzazione di impianti per la produzione di moduli fotovoltaici nei siti di Modugno (pannelli flessibili) e Catania, dove ENEL punta a raggiungere l’obiettivo di produrre 3000 MW di pannelli al 2024.

In merito alla dipendenza dalla Cina, le attuali tecniche consentono di riciclare fino al 88-90% del modulo fotovoltaico, generando circa 17-18 kg di materie prime seconde per ogni pannello. Ragion per cui è importante investire su nuove tecnologie che consentano di accrescere la percentuale di riciclo dei moduli, il conseguente recupero di silicio da utilizzare per nuove produzioni, nel rispetto dei dettami dell’economia circolare, e, quindi, di diminuire la dipendenza dai paesi esteri.

Non altrettanto può dirsi del combustibile che alimenta i reattori, presente in soli cinque paesi al mondo, tra cui anche la Russia, con le sue 486.000 tonnellate, pari all’8% delle riserve mondiali, e il Kazakistan, con 906.800 tonnellate, pari al 15% delle riserve mondiali, e primo produttore al mondo, ma teatro di dure repressioni del dissenso interno.

Altro punto dolens del video è quello della presunta “assenza di infiltrazioni mafiose e malavitose” in un settore a così alta specializzazione. L’accertato “zampino” della yakuza, la temibile mafia giapponese, nella gestione della decontaminazione di Fukushima, e alcuni cablogrammi di Wikileaks che chiariscono il ruolo delle cosche nella gestione dei traffici illeciti di rifiuti nucleari in transito dal Porto di Gioia Tauro, smentiscono la fantasiosa narrazione dell’autore.

Al capitolo “mafia atomica” appartengono anche alcune delle pagine più oscure e dolorose del nostro paese: l’esecuzione, avvenuta a Mogadiscio il 20 marzo del 1994, della giornalista Ilaria Alpi, rea di aver indagato su un traffico internazionale di armi e rifiuti tossici radioattivi, e la morte, avvenuta in circostanze misteriose, dell’ufficiale della Marina Militare, Natale De Grazia, in servizio presso la Capitaneria di porto di Reggio Calabria e impegnato in una delicata indagine sull’affondamento delle navi dei veleni nei mari della Calabria.

La denigrazione delle rinnovabili prosegue associando allo sviluppo delle rinnovabili l’incremento del consumo di suolo e richiamando l’avversione delle comunità locali nei confronti di “pannelli fotovoltaici e pale eoliche”.

Anche in questo caso la smentita viene dai “freddi numeri”: secondo un recente studio condotto in Italia [3] nel 2020, l’energia solare potrebbe alimentare l’Italia senza utilizzare ulteriore suolo.

Per raggiungere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), rivisti alla luce del Green Deal U.E., si prevede che entro il 2030 il fotovoltaico debba fornire almeno 100 TWh di energia elettrica, 4 volte in più rispetto al 2020. Ipotizzando che questa energia venga generata da impianti solari a terra, si occuperebbe un’area di poco superiore ai 1.000 km2, grosso modo pari alla superficie della provincia di Pistoia e corrispondenti a circa il 5% del consumo di suolo in Italia, contro una quota del 40% ricoperta da strade e circa del 30% occupata dagli edifici.

Esistono tuttavia diverse alternative per ridurre ulteriormente il consumo di suolo: ad esempio, attraverso il revamping e il repowering degli impianti esistenti, utilizzando moduli più efficienti (passando dall’attuale 21-22% al 30% entro il 2030, si potrebbero produrre 300 TWh, doppiando abbondantemente il target del Green Deal) e, anche, con soluzioni riguardanti l’integrazione del fotovoltaico sui tetti degli edifici o l’uso del fotovoltaico galleggiante sull’acqua.

Quanto all’atteggiamento delle amministrazioni e delle comunità locali nei confronti dell’eolico, è dimostrato che giocano un ruolo a favore della realizzazione dei progetti fattori quali una buona pianificazione, il concreto coinvolgimento dei territori, un’informazione preventiva, tempestiva e trasparente, il rispetto delle norme che regolano i permessi, il grado di integrazione dei progetti con il tessuto economico-sociale locale, ecc. (si veda, ad esempio, il caso dell’impianto eolico in località Tocco da Casauria, 3,2 MW, anno 2006).

Di contro, sappiamo per certo che in Italia il culmine dell’opposizione pubblica a piani energetici è stato raggiunto solamente in occasione delle due consultazioni referendarie sullo sviluppo del nucleare civile. La prima consultazione, nel 1987, si articolò su tre quesiti: il numero dei votanti fu pari al 65,1% degli aventi diritto e per tutti e tre i quesiti la maggioranza dei votanti di espresse contro l’opzione nucleare. Stessa sorte toccò al nucleare nel 2011: il numero dei votanti fu il 54,79% degli aventi diritto e il 94,5% dei votanti si espresse per la seconda volta contro lo sviluppo del nucleare in Italia, a dispetto di quanti, politici e non, avevano fino ad allora sostenuto e continuavano ad avere un atteggiamento neutrale nei confronti di quel settore.

Per giustificare la necessità di installare impianti nucleari il video continua la sua crociata contro le rinnovabili accusando queste fonti di una variabilità intrinseca con la conseguente impossibilità di stabilizzare il sistema elettrico. In realtà sono sempre più diffusi e facilmente reperibili studi tecnico-scientifici che mostrano come sia possibile sviluppare un sistema elettrico basato sul 100% di rinnovabili, senza utilizzare fonti fossili e senza costruire nuove centrali nucleari [4]. Un tale obiettivo è realizzabile anche in Italia; ad esempio, l’amministratore delegato di Terna, Stefano Donnarumma, intervistato da diverse testate giornalistiche (vedi Il Messaggero del 5/10/22), non ha mostrato perplessità per l’imponente crescita delle rinnovabili sul sistema elettrico da lui amministrato e Francesco Starace, ingegnere nucleare a capo di Enel Spa, ha dichiarato la sua totale contrarietà a un nuovo programma nucleare italiano basato sulle tecnologie oggi disponibili (vedi intervista a Open del 13/1/22).

Nonostante la recente propaganda distorta e dannosa, i numeri parlano chiaro: in tutto il mondo le rinnovabili sono in crescita esplosiva, mentre il nucleare è sostanzialmente residuale o in fase calante. Allora, i nostri giovani dovrebbero guardare responsabilmente al loro futuro affidandosi non a un divertente cartone animato, ma a seri dati scientifici.

 di Enrico Gagliano, Vittorio Marletto, Margherita Venturi – Energia per l’Italia

Riferimenti

[1] Andrew Leatherbarrow, Melting Sun: The History of Nuclear Power in Japan and the Disaster at Fukushima Daiichi, Nielsen, 2022.

[2] “Special Report: Counting the dead”, Nature, 440, 982, 2006 (doi.org/10.1038/440982a); J.-C. Nénot, “Radiation accidents over the last 60 years”, Journal of Radiological Protection, 29, 301, 2009 (doi.10.1088/0952-4746/29/3/R01).

[3] IAPI: ItaliAn network for Photovoltaic R&I, A Strategic Plan for Research and Innovation to Relaunch the Italian Photovoltaic Sector and Contribute to the Targets of the National Energy and Climate Plan2020.

[4] https://www.unep.org/resources/report/renewables-2022-global-status-report; C. Breyer et al., “On the History and Future of 100% Renewable Energy Systems Research,” IEEE Access, 10, 78176, 2022 (doi.10.1109/ACCESS.2022.3193402).

L’aggiornamento del PNIEC dovrà essere consegnato a Bruxelles a giugno 2024

Il nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) potrebbe contenere il primo accenno concreto all’impiego dell’energia nucleare. Non per il medio termine, ovviamente, quanto piuttosto per lo sforzo di decarbonizzazione al 2050. A rivelarlo è il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin un giorno prima del Vertice G7 di Torino.

Il numero uno del MASE ha da sempre sostenuto la validità dell’energia dell’atomo come strumento di decarbonizzazione energetica, nonostante le chiare difficoltà di riuscire ad inserire una simile fonte nel contesto nazionale. Ecco perché nel 2023 il dicastero ha  istituito la Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile (PNNS). Il network, coordinato dal MASE con il supporto di Enea e RSE, ha l’obiettivo di definire in tempi certi un percorso finalizzato alla possibile ripresa dell’utilizzo dell’energia nucleare in Italia e alla crescita della filiera industriale nazionale (già attiva nel comparto).

Lo scenario nucleare nel PNIEC italiano

Il passaggio nel PNIEC italiano appare come una mossa, per alcuni versi, abbastanza prevedibile. Il Piano deve essere consegnato entro giugno 2024 alla Commissione europea nella sua versione ufficiale, integrando in teoria tutte le richieste avanzate da Bruxelles rispetto alla bozza 2023. A partire da nuovi dettagli su come il Belpaese intenda raggiungere gli obiettivi climatici ed energetici 2030. Con particolare attenzione alle azioni di riduzione delle emissioni. Secondo quanto riporta l’esecutivo UE, infatti, “il piano fornisce proiezioni di emissioni che dimostrano che con le politiche e le misure aggiuntive proposte nel progetto di PNEC aggiornato, l’Italia non è sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo nazionale di gas serra di -43,7% nel 2030 rispetto ai livelli del 2005. Secondo le proiezioni dell’Italia, il target sarebbe inferiore di 6,7-8,7 punti percentuali”.

Il possibile scenario “nucleare” su cui sta lavorando la PNNS riguarda però il lungo termine, ossia le politiche dal 230 alla metà del secolo. Spiega il ministro Pichetto “L’aggiornamento del PNIEC, da trasmettere alla Commissione europea entro giugno 2024, riporterà anche analisi di scenario contenente una possibile quota di energia prodotta da fonte nucleare nel periodo 2030-2050. Tale quota sarà ricavata dai dati, basandosi su valutazioni comparative rispetto al mix energetico attuale. Tali analisi sono tutt’ora in corso di studio da parte di uno specifico Gruppo di lavoro della Piattaforma”.

Si studiano nuove proposte normative e di governance

Ma per portare il nucleare in Italia e inserire l’atomo nel mix elettrico nazionale servirà anche mettere mano a norme, regolamenti e incentivi per non parlare delle politiche di governance. E al momento l’Italia fatica anche a realizzare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.

Come muoversi su questo fronte? Il Ministro ha rivelato di aver dato mandato al giurista Giovanni Guzzetta, di costituire un gruppo di alto livello per ridisegnare l’ambito legislativo del sistema regolatore italiano “per accogliere un eventuale programma di ripresa della produzione nucleare in Italia“, con la definizione, inoltre, di “un quadro normativo specifico per l’energia da fusione”.

Atto Camera

Mozione 1-00295
presentato da
SQUERI Luca
testo presentato
Mercoledì 12 giugno 2024
modificato
Mercoledì 26 giugno 2024, seduta n. 314
  La Camera,

premesso che:

1) nel gennaio 2020 l'Italia ha inviato alla Commissione europea la versione definitiva del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2021-2030 (Pniec), adottato in attuazione del Regolamento 2018/1999/UE, al termine di un percorso di consultazione pubblica ed elaborazione avviato nel dicembre 2018. Tra i principali obiettivi: una percentuale di energia da fonti energetiche rinnovabili (FER) nei consumi finali lordi di energia pari al 30 per cento, la riduzione dei «gas serra», rispetto al 2005, per tutti i settori non ETS del 33 per cento, il phase out del carbone dalla generazione elettrica al 2025;

2) nel dicembre 2019, la Commissione europea ha presentato la comunicazione strategica sul Green Deal europeo volta a conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Tale traguardo, approvato il 12 dicembre 2019 dal Consiglio europeo, è stato successivamente sancito dalla legge europea sul clima (regolamento 2021/1119/UE), che ha introdotto l'obiettivo, da conseguire entro il 2030, di ridurre le emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990;

3) il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte legislative, denominato Fit for 55 (Pronti per il 55 per cento), volte a rivedere la normativa dell'Ue in materia di riduzione delle emissioni climalteranti, per consentire il raggiungimento di questo nuovo più ambizioso obiettivo al 2030;

4) il 18 maggio 2022 la Commissione europea ha presentato il Piano REPowerEU (COM(2022) 230 final) con l'obiettivo di ridurre la dipendenza dell'UE dai combustibili fossili russi accelerando la transizione e costruendo un sistema energetico più resiliente. Con il regolamento (UE) 2023/435 del 27 febbraio 2023, è stato consentito agli Stati membri di inserire appositi capitoli REPowerEU nei Piani per la ripresa e la resilienza (PNRR). Il 7 agosto 2023 il Governo italiano ha presentato alla Commissione europea le conseguenti modifiche al Piano nazionale ripresa resilienza, accolte dalla Commissione europea, (COM(2023) 765 Def) il 24 novembre 2023 e dal Consiglio europeo l'8 dicembre 2023;

5) il 4 agosto 2022 è entrato in vigore, con decorrenza 1° gennaio 2023, il regolamento delegato 2022/1214 della Commissione Ue, che include gas e nucleare dalla lista degli investimenti considerati sostenibili dal punto di vista ambientale (cosiddetta tassonomia verde). Dal 1° gennaio 2023 è possibile investire in nuove centrali nucleari realizzate con le «migliori tecnologie disponibili» e fra gli investimenti sostenibili le attività di ricerca e sviluppo per le nuove tecnologie è stato inserito il nucleare di quarta generazione. Quanto al gas, le centrali con permesso di costruzione rilasciato entro il 2030, dovranno sostituire vecchi impianti a combustibili fossili con altri più efficienti del 55 per cento dal punto di vista delle emissioni ed essere programmate per passare, dal 2035, a gas rinnovabile;

6) il 16 maggio 2023 è entrato in vigore il Regolamento (UE) 2023/857 (cosiddetto Regolamento Effort Sharing-ESR) che ha fissato un obiettivo per l'Italia ancor più ambizioso, prevedendo che le emissioni di gas a effetto serra degli Stati membri al 2030 rispetto ai livelli nazionali del 2005 determinate in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3 del regolamento stesso (trasporti, residenziale, terziario, industria non ricadente nel settore ETS, i rifiuti, l'agricoltura) si riducano entro il 2030 del 43,7 per cento rispetto ai livelli del 2005;

7) questo complesso di impegni detta l'inquadramento del percorso di decarbonizzazione del Paese. Ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (UE) 2018/1999, la proposta di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima, allineata ai nuovi obiettivi, deve essere trasmessa alla Commissione europea entro il 30 giugno 2023, mentre la versione finale del documento deve essere trasmessa entro giugno 2024, sviluppandosi nelle cinque dimensioni dell'Unione dell'energia: decarbonizzazione (riduzione delle emissioni e energie rinnovabili); efficienza energetica; sicurezza energetica; mercato interno dell'energia; ricerca, innovazione e competitività;

8) in coerenza con gli obiettivi sopraindicati il Ministero dell'ambiente ha predisposto nell'estate 2023 un documento di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima 2019, in linea con i nuovi obiettivi, prevedendo per il 2030 la conseguente riduzione dell'emissione di gas serra, una quota del 40 per cento di energia proveniente da fonti rinnovabili nei consumi finali lordi di energia (e del 65 per cento nel settore elettrico);

9) un aumento dell'efficienza energetica che porta i consumi finali 2030 a 100 Mtep e quelli primari dai 145 Mtep del 2021 ai 122 del 2030; l'abbattimento, rispetto al 2005 del 62 per cento delle emissioni ETS e del 35-37 per cento delle emissioni ESR, la promozione della produzione industriale a basse emissioni di carbonio, nonché una maggiore elettrificazione nel mix energetico;

10) la proposta di aggiornamento Piano nazionale integrato energia e clima 2023 prevede che per rispettare la traiettoria emissiva del periodo 2021-2030, rispetto ai livelli del 2005, sarà necessario avviare da subito una significativa riduzione delle emissioni pari a oltre il 30 per cento rispetto ai livelli del 2021, da conseguirsi prevalentemente nei settori trasporti e civile (residenziale e terziario);

11) nel percorso di decarbonizzazione, in tutti i settori, l'efficienza energetica rappresenta il driver principale, in coerenza del principio Energy Efficiency First (efficienza energetica al primo posto);

12) per quanto riguarda la produzione elettrica da fonte rinnovabile (FER-E) in termini di potenza installata si prevede di aumentare, rispetto all'installato di fine 2021, da 11.290 a 28.140 MW quelle eolica, da 22.594 a 79.921 MW quella solare, mentre restano sostanzialmente stabili le potenze installate nei settori dell'idroelettrico e della geotermia. In calo la produzione da bioenergie. In termini di produzione annua si prevede di incrementare l'eolico da 20 a 64 TWh, il solare da 25 a 99 TWh, mentre si prevede una sostanziale stabilità per l'idroelettrico (da 48,5 a 47 TWh) e un calo per le bioenergie da 19 a 10 TWh) (pagine 77 e 78 del Piano nazionale integrato energia e clima 2023);

13) per quanto riguarda il settore delle rinnovabili termiche (FER-C), le misure dovranno essere coordinate con l'efficienza energetica, in particolare per gli edifici. È previsto l'obbligo di integrazione delle rinnovabili termiche negli edifici, la riforma del meccanismo delle detrazioni fiscali, l'obbligo di fornitura di calore rinnovabile per vendite di calore sopra i 500 tep, unitamente all'incentivazione della produzione di energia rinnovabile termica di grande taglia con sistemi competitivi. Nel settore termico, oltre a una forte spinta all'elettrificazione dei consumi data dall'ampia diffusione delle pompe di calore nel settore civile, penetreranno sempre più i gas rinnovabili (biometano, bioGPL e DME rinnovabile) e idrogeno (in particolare in ambito industriale);

14) l'ammontare degli investimenti diretti stimati necessari per raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima al 2030 è stimato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica in 830,3 miliardi di euro, tra il 2023 e il 2030 dei quali 524,9 miliardi a carico del settore dei trasporti (solo veicoli) 134,2 miliardi nel settore dell'edilizia residenziale, 43 miliardi nel terziario, 37,2 per le reti del sistema elettrico, 69,4 nelle FER-E (di cui 36 miliardi nel fotovoltaico e 24 nell'eolico) e 6,3 miliardi per i sistemi di accumulo (batterie e pompaggi). In calo invece gli investimenti in idroelettrico e bioenergie (pagine 411-412 del Piano nazionale integrato energia e clima 2023);

15) a fronte di questa dimensione epocale di investimenti le risorse disponibili, tra le misure di finanza sostenibile individuate dal Piano nazionale integrato energia e clima 2023 e le risorse rese disponibili nei vari fondi europei, appaiono del tutto esigue e sottostimate, ove si consideri che la Commissione UE prevede, nelle linee guida per l'aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima, la necessità di valutare gli impatti sociali ed economici delle misure di transizione, da accompagnare con politiche che impediscano l'acuirsi delle differenze sociali, favoriscano la ricollocazione dei lavoratori e contrastino i fenomeni di povertà energetica. A tale scopo le risorse del Fondo sociale per il clima (86,7 miliardi di euro di cui il 75 per cento finanziato con i proventi ETS e il 25 per cento con risorse proprie degli Stati), sembrano essere esigue rispetto agli impatti delle diverse politiche pubbliche messe in campo. Il solo costo della direttiva Case green è stato stimato a livello europeo in 275 miliardi di euro l'anno dal 2024 al 2030;

16) è necessario sottolineare che il raggiungimento degli obiettivi, ambiziosi, previsti dal Piano nazionale integrato energia e clima non può prescindere dal sostegno di tutte le fonti rinnovabili e, quindi, da una libertà in merito alle scelte tecnologiche. Come chiarito dalla direttiva (UE) 2018/2001, le biomasse, la geotermia, l'energia idraulica e i biogas, appartengono al novero delle fonti rinnovabili, questo anche nell'ottica di preservare ed accompagnare verso una graduale transizione anche il sistema produttivo principale del nostro paese caratterizzato da imprese di medio-piccole dimensioni;

17) va da sé, inoltre, anche la necessità di avanzare in sede europea una proposta volta al riconoscimento degli incentivi a impianti la cui componentistica e tecnologia sia in gran parte costruita nell'Unione europea anche per incentivare gli investimenti in Europa e concorrere alle logiche di filiera industriale che gioverebbe al sistema Italia;

18) inoltre, è opportuno valorizzare quanto introdotto nel 2023 dall'Unione europea attraverso il Critical Raw material act quale strumento utile a implementare strumenti di ricerca, estrazione di terre rare e altre materie prime critiche e strategiche, riciclo delle stesse e avvio di processi industriali e tecnologici per la surroga di tali elementi. Ad oggi il settore mondiale delle batterie sta conoscendo un'evoluzione esponenziale con un fortissimo calo dei prezzi e l'introduzione di nuove tecnologie di sostituzione o complementari. Proprio su questo fronte vi sono prospettive interessanti per la tecnologia agli «ioni-sodio» e le batterie termiche dove l'industria italiana può rivestire un ruolo da assoluta protagonista per la presenza di importanti progetti in tale settore;

19) per quanto riguarda le biomasse, la superficie boscata italiana si è triplicata dal 1951, raggiungendo 12 milioni di ettari, sui 30,1 milioni totali del Paese, ma si utilizza come fonte rinnovabile solo il 18 per cento dell'accrescimento, che corrisponde a 7,90 Mtep, e l'Italia è il primo importatore europeo di materia prima legnosa. Germania, Francia e Spagna prevedono al 2030 di produrre il 68 per cento dell'energia termica da biomassa. Se si utilizzasse il 67 per cento dell'accrescimento (media europea) se ne otterrebbero 30 Mtep, che coprirebbero il 70 per cento dei consumi termici da fonte fossile. La gestione sostenibile delle foreste, unitamente alla previsione di politiche per la mitigazione degli incendi, migliora la capacità di assorbimento del carbonio. In Austria la capacità di assorbimento della CO2 è triplicata rispetto all'Italia che dispone di una insolazione molto superiore e ha grande disponibilità di acqua;

20) per la geotermia, risorsa rinnovabile (calore della terra) e programmabile, è attribuito (dati RSE-GSE) un elevato potenziale geotermico presente nel 60 per cento del territorio italiano. L'Italia con oltre 30 impianti geotermoelettrici, attivi nel settore elettrico, per una potenza di 817 MW ed una produzione nel 2022 di 5.837 GWh, pari al 6 per cento circa della produzione elettrica da FER e al 2 per cento circa della produzione elettrica complessiva nazionale, si pone da molti anni al primo posto dei Paesi dell'Unione Europea in termini di capacità installata. La risorsa geotermica ai fini energetici è significativamente utilizzata nel Paese anche nel settore termico sia attraverso impianti di teleriscaldamento, sia mediante impianti di sfruttamento diretto del calore geotermico, che in impianti di sfruttamento del calore geotermico tramite pompa di calore. La geotermia, oltre ad essere una delle principali fonti rinnovabili per riscaldamento, raffreddamento e per la produzione programmabile di energia elettrica, risulta il mezzo più sostenibile per estrarre litio e altre materie prime critiche dai fluidi geotermici;

21) per quanto riguarda l'energia idraulica secondo i dati contenuti nel Registro italiano dighe, le grandi dighe (volume d'invaso maggiore di 1.000.000 metri cubi, altezza maggiore di 15 metri) sono in totale 532. Di queste 497 sono ancora in attività e sono date in concessione soprattutto per la produzione di energia idroelettrica (306) dighe cui seguono gli usi irriguo potabile e industriale. La capacità d'invaso è di circa 14 chilometri cubi. Con interventi di manutenzione degli invasi e di ammodernamento delle turbine secondo alcuni studi si potrebbe avere un incremento di produzione di 25 TWh annui al 2030 (circa il 40 per cento in più). In Italia piovono annualmente circa 300 miliardi di metri cubi d'acqua, dei quali viene trattenuto solo l'11 per cento, mentre l'obiettivo raggiungibile è del 40 per cento. L'acqua è centrale per puntare all'autosufficienza alimentare e aumentare la resa produttiva per ettaro;

22) nel settore del biogas l'Italia è leader in Europa con 1.600 impianti attivi, 1,7 miliardi di metri cubi di biometano (biogas depurato da CO2) prodotti e 12 mila occupati. La produzione di biogas si avvale oggi di tecnologie all'avanguardia, quali la digestione anaerobica dalla quale deriva un digestato considerato efficace fertilizzante. La produzione di biogas ha effetti a cascata sulla filiera agroalimentare, perché oltre all'energia e alla fertilizzazione, favorisce l'uso efficiente dell'acqua, accompagna tecniche di produzione basate sul precision farming e l'innovazione nella meccanica agraria, ma soprattutto accresce la competitività degli allevamenti preservando il futuro di una filiera fondamentale per il made in Italy. Oggi si trasforma in biogas il 15 per cento dei reflui zootecnici che possono arrivare entro il 2030 a una percentuale del 65 per cento con una produzione di 6,5 miliardi di metri cubi e la creazione di altri 25 mila posti di lavoro. Nel Piano nazionale ripresa resilienza la Missione 2 nella Componente C1 «Economia circolare e agricoltura sostenibile» è previsto lo sviluppo del biometano di origine agricola o da Forsu (frazione organica dei rifiuti urbani) (1,92 miliardi di euro) da destinare al greening della rete gas, pari a circa 2,3-2,5 miliardi metri cubi, per rispondere alla domanda crescente di decarbonizzazione sia del settore dell'industria, soprattutto quella Hard To Abate che non può essere elettrificata, e sia del settore trasporti, in forma liquida (bioGNL) o gassosa in aggiunta al biometano, l'Italia è fortemente impegnata nello sviluppo delle produzioni di bioGPL e di altri gas rinnovabili (es. DME);

23) è necessario, infine, tener conto delle evidenze geopolitiche internazionali: la Cina è attualmente superpotenza nel settore delle energie rinnovabili, acquisendo in sostanza una leadership tecnologica, industriale, commerciale nell'eolico e nel fotovoltaico, nella supply chain della mobilità elettrica (delle terre rare, dalle materie prime alle batterie). Grazie ai massicci investimenti effettuati nelle rinnovabili, l'industria cinese è quasi monopolista nella produzione mondiale di pannelli solari e delle turbine eoliche, con una quota superiore ai due terzi. Se non adeguatamente sorretto da una industria europea, il mantra della transizione energetica al dopo-fossili affermatosi nei Paesi occidentali, rischia di trasformarsi in una dipendenza eccessiva dalle forniture cinesi e di mettere a repentaglio importanti catene di valore della meccanica europea;

24) viceversa, nelle tecnologie relative ai settori delle turbine (idrauliche e non), dello sfruttamento delle biomasse, della geotermia, della produzione di biogas l'Italia è all'avanguardia o comunque svolge un ruolo da protagonista. Quanto all'efficienza energetica il sistema produttivo del nostro Paese presenta valori d'intensità energetica primaria (definita dal rapporto tra il consumo interno lordo di energia e il prodotto interno lordo) inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europea;

25) con riferimento infine all'energia nucleare, la Camera il 9 maggio 2023 ha approvato la mozione 1-00083, nella quale si impegna il Governo a valutare l'opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia e ad adottare iniziative volte ad includere la produzione di energia atomica all'interno della politica energetica europea, riaffermando in quella sede una posizione volta a mantenere nella tassonomia degli investimenti verdi la messa in esercizio di centrali nucleari realizzate con le migliori tecnologie disponibili;

26) in ambito nucleare, si ricorda che l'Italia possiede il secondo settore industriale europeo, sia in termini di competenze che di capacità, avendo sempre mantenuto attività nel settore, a livello EU e internazionale. Inoltre, l'Italia forma circa il 10 per cento degli ingegneri nucleari europei. I ricercatori italiani e alcune infrastrutture sperimentali sono ben conosciuti e apprezzati nel mondo. Grazie a queste caratteristiche, l'Italia è oggetto di particolare attenzione, in particolare dalla Francia ed ultimamente dagli Stati Uniti, per la costituzione di una supply chain nucleare europea, finalizzata a realizzare: lo sviluppo delle nuove tecnologie; la formazione delle risorse umane; la realizzazione di nuove politiche energetiche che integrino in maniera sinergica fonti rinnovabili e nucleare;

27) nel nuovo quadro regolatorio europeo, l'Italia può quindi giocare un ruolo da protagonista, partecipando sia allo sviluppo sia alla realizzazione delle nuove tecnologie nucleari in programmazione nei Paesi EU, seguendo le storiche orme dei «due Enrico»: Fermi, inventore dell'energia nucleare nel 1942, e Mattei, il primo a realizzare una centrale nucleare in Italia, a Latina, nel 1960;

28) nella definizione della strategia energetica nucleare del nostro Paese, occorre considerare la definizione di partnership con gli altri Stati europei impegnati sul tema, anche al fine di incrementare il know how e le capacità industriali. In tale percorso sarebbe opportuno valutare la definizione di un'autorità indipendente di sicurezza nucleare nazionale con un'adeguata dotazione organica;

29) in linea con le raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, appare necessario individuare altresì una Nuclear energy programme implementing organization (Nepio) con il compito di valutare lo stato delle infrastrutture di base necessarie per avviare un programma nucleare nazionale e fornire al Governo le indicazioni necessarie per il loro completo sviluppo e operatività. Tale Nepio dovrebbe anche avere il compito di coinvolgere e coordinare tutti i soggetti pubblici e privati interessati, al fine di uno sviluppo organico e coerente di tutte le infrastrutture di base,

impegna il Governo:

1) in relazione all'adozione della versione definitiva del Piano nazionale integrato energia e clima ad adottare iniziative volte:

a) a prevedere, per quanto di competenza, opportune forme di rendicontazione al Parlamento circa lo stato di avanzamento del Piano nazionale integrato energia e clima;

b) a rafforzare nell'ambito del Piano nazionale integrato energia e clima, sulla base del principio della neutralità tecnologica, l'apporto di tutte le fonti rinnovabili o sostenibili con bassa emissione di CO2, sia termiche che non, tenendo conto della necessità di valorizzare la filiera produttiva nazionale, al contempo ottimizzando il rapporto costi/benefici per il sistema Paese, valutando il differente grado di programmabilità e garantendo il positivo apporto in termini di miglioramento della qualità dell'aria;

c) nel settore civile, a prevedere riforme delle misure in vigore a supporto della riqualificazione edilizia, che garantiscono una maggiore efficacia e un impiego più efficiente delle risorse pubbliche;

d) nel settore trasporti, a rafforzare le misure volte a favorire lo shift modale delle persone e delle merci verso modalità più efficienti e decarbonizzate, quali il trasporto pubblico e ferroviario, e, contemporaneamente, a supportare lo sviluppo delle produzioni dei biocarburanti e delle altre fonti rinnovabili;

e) nel settore industriale, a prevedere lo sviluppo di diverse opzioni tecnologiche per la decarbonizzazione dei settori hard to abate quali l'efficienza energetica, l'idrogeno, il biometano e la Carbon capture and storage (Ccs), con un approccio integrato che non escluda nessuna di queste opzioni, ma che allo stesso tempo promuova e faciliti l'accesso a quelle più efficaci per ciascun ambito;

f) a prevedere nel Piano un approfondimento riguardo la valutazione sugli effetti dell'eventuale adozione, nell'orizzonte temporale successivo al 2030 e traguardando gli obiettivi 2050, di tecnologie di generazione energetica basate sulla fonte nucleare, quali a titolo esemplificativo i reattori nucleari di piccole dimensioni (Smr), i piccoli reattori nucleari avanzati (Amr), i microreattori e le macchine a fusione;

2) al fine di conseguire in modo efficace i target del Piano nazionale integrato energia e clima al 2030, ad adottare iniziative di competenza volte a:

a) anche in ambito europeo, a individuare le risorse e gli strumenti di programmazione economica necessari ad attuare il Piano nazionale integrato energia e clima 2023-2030, valutando non solo ex ante, ma anche in itinere l'impatto economico, finanziario, sociale nonché sul sistema produttivo delle misure poste in essere per il raggiungimento dei target;

b) a proseguire i tavoli di approfondimento già avviati sul settore civile, dei trasporti e sulle tematiche socio-economiche, per un efficace attuazione delle politiche previste dal Piano nazionale integrato energia e clima e per il monitoraggio della sostenibilità sociale, con particolare riferimento alla sostenibilità degli oneri per la riqualificazione energetica degli edifici residenziali e alle risorse necessarie per la formazione dei lavoratori nei settori che saranno maggiormente coinvolti dalla transizione energetica;

c) ad adottare meccanismi di incentivazione, con ottimale rapporto costi/benefici, a sostegno dello sviluppo delle rinnovabili (elettriche, termiche e nei trasporti) e degli interventi di efficientamento energetico, con particolare attenzione a progetti integrati ed ai progetti di decarbonizzazione di impianti industriali;

d) a sfruttare tutto il ventaglio delle tecnologie termiche, tenendo conto delle specificità nazionali, proseguendo altresì nel processo di efficientamento nella produzione di energia termica e di riduzione costante dei livelli emissivi;

e) a semplificare i processi autorizzativi in ambito geotermico e delineare una strategia nazionale di massimizzazione dello sfruttamento di tale risorsa;

f) ad avviare un processo di efficace manutenzione degli invasi e di ammodernamento delle turbine degli impianti idroelettrici, al fine di massimizzarne la producibilità;

g) in ambito europeo per il superamento degli ostacoli che impediscono il rapido avvio degli investimenti per l'ammodernamento e il potenziamento delle infrastrutture idroelettriche, in considerazione degli evidenti benefici, anche in termini di stabilità della rete, derivanti dalla programmabilità della produzione di energia idroelettrica e della necessità, a fronte della estremizzazione degli eventi climatici, di incrementare lo stoccaggio della risorsa «acqua»;

h) a proporre soluzioni anche in sede di Unione europea, finalizzate ad eliminare le distorsioni di prezzo tra i diversi Stati dell'Unione che vanno a discapito della nostra competitività industriale;

i) a realizzare la transizione verso una mobilità sostenibile che tenga in dovuta considerazione la necessità di intervenire anche su settori quali l'aviazione e il marittimo, ove la decarbonizzazione può essere meno supportata dall'elettrificazione dei consumi;

l) a continuare l'incentivazione della produzione di biometano utilizzando tutto il potenziale disponibile di feedstocks, valorizzando il settore agricolo ed agro-industriale nazionale oltre che quello della Forsu, attraverso nuovi sistemi di incentivi per il periodo post 2026 che, tenendo conto dei tempi di autorizzazione e realizzazione degli impianti, arrivino oltre il 2030, per rispondere alla domanda crescente di decarbonizzazione del settore dell'industria che non può essere elettrificata, e sia del settore trasporti, in forma liquida (bioGNL) o gassosa, nonché ad implementare misure di sostegno allo sviluppo delle produzioni di gas rinnovabili liquefatti (bioGPL e DME) a sostegno della decarbonizzazione del settore industriale e di quello dei trasporti;

m) a completare il quadro normativo relativo alla Carbon capture and storage (Ccs), per poter avviare le iniziative progettuali, a partire da quelle nell'area dell'Alto Adriatico, individuando la governance della filiera, la regolazione tecnico economica delle attività di trasporto e stoccaggio, dei sistemi di supporto e degli strumenti di garanzia;

n) a limitare la dipendenza tecnologica da Paesi posti al di fuori dell'Unione europea;

o) a risolvere il problema della saturazione virtuale della rete elettrica di trasmissione e garantire un efficace meccanismo di gestione delle richieste di connessione, attraverso la commisurazione del costo della connessione non solo alla capacità impegnata ma anche alla durata dell'impegno e, contemporaneamente, mediante la determinazione della decadenza delle richieste di connessioni non supportate da ragionevoli aspettative di conferma e attivazione;

p) anche nella prospettiva dell'aggiornamento del Pniec, a valutare la possibilità di istituire, nel rispetto delle normative internazionali ed europee e compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, un'apposita autorità amministrativa indipendente di regolamentazione competente in materia di autorizzazione tecnica, certificazione, realizzazione, gestione e dismissione degli impianti nucleari, di sicurezza nucleare e di radioprotezione con le funzioni e i compiti di Autorità nazionale per la regolamentazione tecnica e le istruttorie connesse ai processi autorizzativi, le valutazioni tecniche, il controllo, anche ispettivo, e la vigilanza degli impianti, nonché a valutare l'opportunità di incrementare programmi di finanziamento per la ricerca e il potenziamento dell'industria nazionale nel settore nucleare, nell'ottica di renderla più competitiva rispetto agli attori internazionali, creando le migliori condizioni per lo sviluppo di una filiera italiana;

q) a valutare l'opportunità della creazione, in linea con le raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, di una Agenzia con il compito di valutare lo stato delle infrastrutture di base necessarie per avviare un programma nucleare nazionale e fornire al Governo le indicazioni necessarie per il loro completo sviluppo e operatività.
(1-00295) (Testo modificato nel corso della seduta) «Squeri, Mattia, Zinzi, Cavo, Cortelazzo, Zucconi, Barabotti, Alessandro Colucci, Battistoni, Benvenuti Gostoli, Bof, Semenzato, Casasco, Foti, Montemagni, Mazzetti, Iaia, Pizzimenti, Polidori, Lampis, Milani, Fabrizio Rossi, Rotelli, Rachele Silvestri».

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel cuore del Verbano-Cusio-Ossola, in Piemonte, c’è un piccolo paese di poco più di 200 abitanti, in cui il sole non brilla da novembre a febbraio.

Stiamo parlando di Viganella, il piccolo paese immerso nella Valle Antrona che, però, non è rimasto in penombra e, grazie all’impegno del suo ex sindaco, ha ritrovato la luce con una soluzione ingegnosa.

Viganella e lo “Specchio del Sole”

Gli abitanti del piccolo borgo di Viganella hanno saputo adattarsi agli 83 giorni di buio, che ogni anno caratterizzano l’inverno del paese, da novembre a febbraio.

Viganella, infatti, si trova in una posizione particolare, proprio in mezzo ad alcune montagne che impediscono al sole di raggiungerlo durante i mesi invernali.

La penombra è però finita nel 2006, quando l’allora sindaco del paese, Franco Midali, con la collaborazione dell’amico architetto Giacomo Bonzani, ha inaugurato il cosiddetto “Specchio del Sole”.

Si tratta di uno specchio gigante – 8 metri di larghezza per 5 di altezza – situato in una posizione strategica su una montagna vicina, che riflette i raggi del sole sul paese.

Tramite un sistema di motori elettrici comandati da computer, lo specchio viene ruotato in modo da catturare i raggi solari e rifletterli sul paese, creando così un’illuminazione artificiale durante i mesi invernali.

Nella notte viene riposizionato in modo che il mattino seguente possa ripartire dalla posizione prestabilita e fare il proprio lavoro durante l’arco della giornata.

Sei ore di sole assicurate ogni giorno fino al 2 di febbraio, data in cui il sole torna a illuminare il piccolo borgo, evento festeggiato in grande dagli abitanti di Viganella.


 


Cosa vedere a Viganella: curiosità

Lo specchio gigante di Viganella non è la sola attrazione di questa curiosa località: posto a 1000 metri sopra il mare e a ridosso del confine svizzero, Viganella è la meta perfetta per gli amanti delle escursioni alpine.

Proprio dal centro di Viganella, nei pressi della chiesa seicentesca dedicata alla natività di Maria Vergine, parte un sentiero che porta alle tracce ancora esistenti delle miniere di ferro di Ogaggia.

Un altro consiglio? Percorrete il sentiero che da Viganella conduce all’Alpe Cavallo, passando attraverso diversi alpeggi, tra foreste e ruscelli di montagna.

 

 

 

 

 

Sistema di Gestione e Controllo PRNN

https://www.mase.gov.it/pagina/pnrr/sistema-di-gestione-e-controllo

 

 

DIRITTO ALLE VISITE SANITARIE  GRATUITE

www.sportellisalute.lo.it/sito/

 

 

 

Le telecomunicazioni sono un asset strategico per la crescita e lo sviluppo sostenibile del Paese. La disponibilità di una infrastruttura di telecomunicazioni performante è determinante ai fini della competitività. È dunque essenziale essere informati su quello che sta accadendo nel settore anche per capire in che direzione sta andando il Paese.

Ecco una lista delle fonti più affidabili.

Mimit: il ministero per le Imprese e Made in Italy è diviso in sezioni. La sezione “Comunicazioni” è organizzata in due sotto-sezioni: una dedicata alla banda ultralarga dove è possibile accedere al catasto delle infrastrutture e al portale bandaultralarga.italia.it dove è possibile monitorare lo stato dei lavori. L’altra sezione è dedicata a Internet con tutte le info relative all’Internet governance, la sicurezza informatica, le autorizzazioni ai provider e la normativa sull’accessibilità. Nella sezione Media disponibili gli ultimi annunci e azioni del ministero per accelerare sulla diffusione della connettività in Italia.

Infratel: la società di Invitalia è impegnata in interventi di infrastrutturazione del Paese, per il superamento del digital divide e l’abilitazione alla diffusione di servizi di connettività avanzati. Si può accedere alla Data Room, lo spazio online progettato per condividere i dati che sono alla base degli interventi di infrastrutturazione digitale su tutto il territorio nazionale. Inoltre è presente il link al portale del piano nazionale banda ultralarga per monitorare lo stato dei lavori e aanche quello del progetto “Wifi Italia”.

Corecom: i Comitati regionali per le comunicazioni sono gli organi funzionali di Agcom sul territorio. Sui portali regionali attività, stato dell’arte sulla diffusione delle reti e ricerche.

FONTI ISTITUZIONALI EUROPEE E INTERNAZIONALI
Dg Connect: è la direzione della Commissione europea per le Reti di comunicazione dove è possibile trovare tutto il programma di lavoro della Commissione, i piani strategici e di gestione e infine le relazioni annuali delle attività con i risultati e risorse utilizzate dalla direzione anno per anno.

Etsi: lo European Telecommunications Standards Institute è un organismo internazionale, indipendente e senza fini di lucro, responsabile della definizione e dell’emissione di standard nel campo delle Tlc in Europa. Tutti gli standard sono disponibili online.

Itu: l’International Communication Union è l’agenzia Onu per le telecomunicazioni. Il portale istituzionale elenca e approfondisce le azioni strategiche che l’ente sta mettendo in campo per ridurre il digital divide in tutto il mondo e una serie di interviste ad esperti e membri dell’Agenzia stessa sulle strategie da adottare per un mondo più connesso.

LE ASSOCIAZIONI ITALIANE
Asstel: l’associazione che raccoglie le grandi telco italiane a disposizione notizie sulle attività, le legislazioni di riferimento del settore e lo stato dell’arte sul mondo del lavoro e sulle relazioni industriali.

Aiip: l’associazione italiana internet provider raccoglie le telco medie e piccole. Sul portale è possibile accedere ai contenuti sulle attività dell’organizzazione e degli associati e sul ruolo delle Pmi del settore per uno sviluppo sostenibile del settore.

Assoprovider: l’associazione rappresenta gli internet service provider. Online sul portale una serie di contenuti su attività, legislazione e strategie.

Quadrato della Radio: raccoglie manager, esperti e ricercatori che “studiano” l’evoluzione delle Tlc in Italia e nel mondo. Sul sito disponibili tutte le attività e le ricerche.

LE ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI
Etno: l’European Telecommunications Network Operators’ Association raccoglie le telco europee. Il sito fornisce aggiornamenti sulle ultime notizie e comunicati stampa relativi alle attività di Etno e all’industria delle telecomunicazioni in generale nonché una serie di documenti, rapporti e pubblicazioni su argomenti chiave per l’industria delle telecomunicazioni.

Ecta: la European Competitive Telecommunications Association raccoglie gli operatori alternativi, compresi gli Mnvo. Su sito le informazioni sull’associazione, comprese le posizioni e le advocacy rispetto ai temi che riguardano gli operatori concorrenti in Europa. Disponibili anche report, analisi e informazioni sulle tendenze del settore.

Ftth Council Europe: è un’organizzazione senza scopo di lucro che rappresenta gli operatori di rete a banda larga in fibra ottica in Europa. Sul portale sono disponibili informazioni sui vantaggi della tecnologia Ftth, report e analisi sugli impatti economici e sociali della fibra su economia e società e risorse tecniche e informative per aiutare le telco nella pianificazione e nella realizzazione di reti Ftth.

Gsma: la Global System for Mobile Communications Association, è un’organizzazione internazionale che rappresenta gli operatori di Tlc mobili di tutto il mondo. Disponibili notizie e aggiornamenti sulle ultime tendenze, innovazioni e sviluppi nel settore delle telecomunicazioni mobili e anche analisi e studi di mercato. Online anche risorse e best practice per gli operatori di telefonia mobile, come linee guida operative, documenti tecnici, standard e regolamenti.

TESTATE E PORTALI ONLINE
CorCom: testata del Gruppo Digital360, è il più importante quotidiano online italiano che si occupa di tematiche inerenti le Tlc. Sono disponibili news, approfondimenti e interviste ai protagonisti del settore che raccontano come sta evolvendo il mondo delle Tlc e l’impatto su economia e società. Ogni giorno è inviata una newsletter con le notizie più rilevanti.

Techflix360: è il nuovo centro di risorse del Gruppo Digital360. Un vero e proprio “knowledge hub” sull’innovazione digitale e le telecomunicazioni che consente di approfondire gli argomenti di interesse attraverso white paper, webcast, eBook, infografiche, webinar.    

Telecompaper: fornisce notizie, analisi, rapporti di settore e servizi di consulenza per le industrie delle telecomunicazioni, dei media e della tecnologia. Telecompaper monitora costantemente l’evoluzione del settore, raccogliendo informazioni da diverse fonti e fornendo aggiornamenti sulle tendenze, gli sviluppi e le innovazioni nel campo delle telecomunicazioni.

Total Telecom: il sito offre notizie, approfondimenti e interviste a protagonisti del settore delle Tlc europeo e internazionale. Disponibili anche podcast e webinar.

Mobile World Live: è una piattaforma online che fornisce notizie, analisi e informazioni sul settore delle telecomunicazioni e della tecnologia mobile. È gestita dalla Gsma e offre una copertura dettagliata degli eventi e delle novità dell’industria, tra cui le ultime tendenze, gli sviluppi tecnologici, le partnership commerciali e le iniziative di innovazione nel campo delle comunicazioni mobili.

Fierce Telecom: il sito online fornisce aggiornamenti sulle ultime tendenze, sviluppi e innovazioni nell’industria delle telecomunicazioni. Fierce Telecom copre una vasta gamma di argomenti, tra cui reti di comunicazione, servizi di connettività, infrastrutture, tecnologie emergenti, regolamentazione e molto altro.

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI – TESTO UNIFICATO – Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull’operato del Governo e sulle misure da esso adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica del COVID- 19

 

 

TO.11.06.23

H2 Mb

l’H2 e’ una riserva di energia non e’ un vettore energetico visto che il suo rapporto energetico e’ di 2 a 1? Per cui la produzione corretta di H2 da stoccaggio e’ a km0 .
Vettore energetico significa trasportare l’energia come il gas la trasporta dai giacimenti nei gas dotti.
H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e conservata in un luogo definito in funzione dell’uso che se ne puo’ fare in una centrale elettrica in termini di tempo oppure per l’auto in termini di spazio per viaggiare . L’H2 e’ un trasporto mediato dell’elettricita’.
Alla base dell’H2 ci sono l’elettricità’ da fonte rinnovabile e l’acqua. Si produce l’H2 perché dove c’e’ bisogno di energia non si può portare con un filo elettrico. Per cui l’H2 e’ una riserva di energia che viene prodotta e posizionata dove e quando serve. Per cui a H2 e non ha senso produrre H2 con elettricità rinnovabile per poi tornare a produrre elettricità. A questo punto ha molto più senso produrre elettricità, prendere un filo elettrico e portare l’elettricità’ dove e quando serve. Ci sono dei casi in cui l’elettricità’ non può essere portata con un filo, come per l’autotrazione e quindi si usa l’H2 come riserva di elettricità da usare in movimento senza un filo o una batteria. Quindi con l’elettricità’ e l’acqua si produce l’H2 , che poi si libera rilasciando elettricità con uno spostamento d’acqua dal luogo di produzione dell’H2 a quello di utilizzo. In una centrale elettrica dove l’H2 viene prodotto per costituire una riserva, quando l’H2 si riutilizza anche l’acqua viene recuperata . Sia per l’autotrazione sia per le centrali elettriche la produzione ottimale e’ a KM0 . Cioe’ il distributore e la produzione di energia elettrica. Ecco perche’ non ha senso H2MED.

PROGETTO ITH2 per;
1) un progetto nazionale integrato energia-clima PNIEC
2) PRODUZIONE DELLA TOYOTA PRIUS H2 A TORINO

Premessa: La produzione dell’H2 e’ quella di una infrastruttura che produca energia rinnovabile con fotovoltaico che non consumi territorio e con boe marine per produrre H2 a KM0 con idrogenatori.

OBIETTIVO : H2 KM0 e’ l’obiettivo finale in quanto il rapporto energico fra la produzione ed il risultato e’ di 2 a 1. Significa che per produrre 1 di H2 con idrogenatore occorre utilizzare 2 energia elettrica. Per cui non hanno senso gli idrogenodotti per trasportare H2, in quanto ha una convenienza produrre H2 dove viene utilizzato. Ecco perche’ ha piu’ senso trasportare l’elettricità con elettrodotti, da fonte rinnovabile per produrre H2 dove quando serve.

A COSA PUO’ SERVIRE L’H2 ?: 2 possono essere gli utilizzi dell’H2
1) Autotrazione
2) Produzione di energia elettrica quando le energie rinnovabili non sono disponibili.

PROGETTI DI SVILUPPO: Sviluppando rapidamente una rete dell’H2 per autotrazione attraverso la GDO ed AUTOGRILL si possono realizzare pensiline fotovoltaiche per produrre energia elettrica per l’H2.
Con una base distributiva dell’H2 si creano le premesse ed un modello europeo per la domanda di H2 e delle auto ad H2 per cui si può arrivare a produrre negli stabilimenti Pininfarina la futura top dell’H2 : TOYOTA PRIUS H2.

Marco BAVA
 

https://www.youtube.com/watch?v=dDCfk3u9vU0 (VIDE MINISTRO PICHETTO)

https://www.youtube.com/watch?v=Cr1FmAgE-WY (video integrale DR QUADRINO)


Disponibile il primo indice del prezzo dell’idrogeno verde prodotto nella penisola iberica (che parte a 5,85 euro a kg)
Dicembre 17, 2024 redazione MIBGAS
MIBGAS – l’operatore del sistema del gas di Spagna e Portogallo – ha lanciato oggi MIBGAS IBHYX, il primo indice del prezzo dell’idrogeno rinnovabile prodotto nella penisola iberica, che ‘apre’ con 5,85 euro a kg (o 148,36 euro a MWh) e che verrà aggiornato ogni settimana sul sito www.greenenergy.mibgas.es.

L’indice MIBGAS IBHYX riflette – spiega lo stesso MIBGAS in una nota – il costo di produzione dell’idrogeno rinnovabile, ovvero il prezzo minimo al quale un produttore è disposto a vendere per raggiungere la redditività prevista. In altre parole, il livello di prezzo richiesto dall’offerta per idrogeno rinnovabile prodotto nella penisola iberica con una configurazione di elettrolisi ‘tipo’ e classificabile come RFNBO (Renewable Fuel of Non Biological Origin) in base ai criteri stabiliti dall’Unione Europea.

Lanciato questo indice che riproduce in sostanza la richiesta economica dei produttori di H2 green, MIBGAS inizierà ora a lavorare per determinare il ‘prezzo di domanda’, ovvero il prezzo che gli off-taker sono disposti a pagare per acquistare idrogeno rinnovabile. La differenza tra i due valori indicherà il livello di liquidità di questo nascente mercato.

Proprio per favorire lo sviluppo di un mercato dell’idrogeno, e degli altri gas rinnovabili, nella penisola iberica, all’inizio dell’anno MIBGAS aveva creato un gruppo di lavoro finalizzato a definire i parametri su cui basare il calcolo di un indice del prezzo di questo vettore energetico prodotto in Spagna e Portogallo, coinvolgendo tutti gli attori della value chain come produttori, distributori, off-taker, trasportatori, ma anche studiosi e rappresentanti degli enti pubblici e delle autorità coinvolte.

Par arrivare alla definizione del MIBGAS IBHYX è stato studiato un modello base di impianto di produzione di idrogeno rinnovabile da elettrolisi, ma sono state anche considerate numerose variabili riguardanti gli aspetti finanziari e il costo dell’energia rinnovabile (sia quella prodotta da impianti dedicati sia quella prelevata dalla rete).

 

 

BENITO MUSSOLINI : PERDENTE

L’8 settembre 1943 a Modena
La sera dell’8 settembre 1943 il generale Matteo Negro presidia il Palazzo ducale di Modena. I militari presenti sono troppo pochi per tentare una difesa. Diversi sono impegnati nel campo estivo alle Piane di Mocogno, agli ordini del colonnello Giovanni Duca. Negro, tutt’altro che ostile ai nazisti, decide di consegnarsi alle forze occupanti. In città cerca di resistere soltanto un reparto del 6° reggimento di artiglieria, che punta alcuni pezzi contro i nazisti. Poco dopo, tuttavia, il comando ordina di desistere e la Wehrmacht trova via libera.

Il mattino del 9 settembre i modenesi si risvegliano sotto l’occupazione nazista. La situazione è molto confusa, ma il cronista Adamo Pedrazzi non teme che si scatenino particolari violenze. La città sembra ordinata e piuttosto pronta ad abituarsi alla nuova situazione. Le cose sono però molto diverse là dove la fame si fa sentire.

In vari luoghi della provincia i civili prendono d’assalto ammassi e salumifici per evitare che le scorte finiscano nelle mani dei militari. I più disperati cercano di accaparrarsi quel cibo che è sempre più raro. Da qualche parte la foga è tale da generare veri e propri pericoli. A Castelnuovo Rangone i nazisti intervengono con le armi mentre tante persone cercano di portare via qualcosa dal salumificio Villani.

Passano alcuni giorni e la situazione diventa più chiara. I nazisti non sembrano voler infierire con la violenza, ma i fascisti della Repubblica sociale italiana si mostrano subito determinati ad affermare la propria autorità. Pretendono che le famiglie restituiscono il cibo prelevato dagli ammassi e gli oggetti abbandonati dai militari in fuga. Non vogliono che nessuno sgarri. Pur di evitare il tradimento del patto con la Germania nazista, sono disposti a scatenare una guerra civile.

 

TUTTO QUELLO CHE GAIA TORTORA NON VUOLE VEDERE  E SAPERE :

Dott.Alberto Donzelli Conferenza 21/03/2024 Hotel "Il Chiostro" Verbania Intra

 

https://rumble.com/v4npnxf-dott.alberto-donzelli-conferenza-21032024-hotel-il-chiostro-verbania-intra.html

 

STRAGI DI STATO PER SPECULAZIONE INTERNAZIONALE  DA VACCINI

«Qual è l’incidenza assoluta di ictus ischemico e attacco ischemico transitorio dopo una vaccinazione bivalente COVID-19?».

A questa domanda hanno cercato di rispondere in uno studio pubblicato su MedRxiv i ricercatori del Kaiser Permanente Katie Sharff, Thomas K Tandy, Paul F Lewis ed Eric S Johnson che hanno rilevato ben 100mila casi di ictus ischemico tra pazienti americani over 65 del Nord-Ovest vaccinati con i sieri genici mRNA Pfizer o Moderna.

L’ischemia cerebrale è una condizione in cui il cervello non riceve abbastanza sangue da soddisfare i suoi bisogni metabolici. La conseguente carenza di ossigeno può portare alla morte del tessuto cerebrale, e di conseguenza all’ictus ischemico. E’ pertanto una patologia che mette in correlazione due note reazioni avverse dei sieri genici Covid mRNA o mDNA: le patologie cardiovascolari e quelle neurocerebrali, vergognosamente occultate dalla Pfizer nei suoi trial clinici.

«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella posizione primaria che in qualsiasi posizione».

E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.

Lo studio dei ricercatori americani di Kaiser Permanente – link a fondo pagina

«Abbiamo aspettato 90 giorni dalla fine del follow-up (21 marzo 2023) per l’accumulo completo dei dati non KP prima di analizzare i dati per tenere conto del ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurativo al di fuori dell’ospedale – proseguono i ricercatori di Kaiser Permanente – Due medici hanno giudicato possibili casi rivedendo le note cliniche nella cartella clinica elettronica. Le analisi sono state stratificate per età pari o superiore a 65 anni per consentire confronti con i VSD che hanno riferito alla riunione dell’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) l’incidenza di ictus ischemico o TIA (incidenza riportata da VSD; 24,6 casi di ictus ischemico o TIA per 100.000 pazienti vaccinato)».

I risultati dello studio sono stati sconcertanti ed hanno confermato anche la ricerca tedesca che per prima aveva segnalato la pericolosità dei booster bivalenti che erano stati testati solo sui topi ma, nonostante ciò, furono raccomandati dal Dipartimento della Salute USA e dal Ministero della Salute italiano anche per i bambini.

«L’incidenza di ictus ischemico o TIA è stata di 34,3 per 100.000 (IC al 95%, da 17,7 a 59,9) nei pazienti di età pari o superiore a 65 anni che hanno ricevuto il vaccino bivalente Pfizer, sulla base di un codice diagnostico nella posizione primaria del pronto soccorso o dell’ospedale scarico. L’incidenza è aumentata a 45,7 per 100.000 (IC 95% da 26,1 a 74,2) quando abbiamo ampliato la ricerca a una diagnosi in qualsiasi posizione e non ci siamo pronunciati per la conferma. Tuttavia, la maggior parte di queste diagnosi aggiuntive di ictus apparente o TIA erano diagnosi di falsi positivi basate sul giudizio dei medici. La stima dell’incidenza basata sulla posizione primaria concordava strettamente con la stima dell’incidenza basata su qualsiasi posizione e giudizio medico: 37,1 su 100.000 (IC 95% da 19,8 a 63,5). Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali non di proprietà del sistema di consegna integrato».

«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. Il giudizio medico di tutti i casi in questo studio ha consentito stime accurate dell’incidenza assoluta dell’ictus per 100.000 destinatari del vaccino ed è utile nel calcolo del beneficio netto per le raccomandazioni politiche e il processo decisionale condiviso».

«Poiché i vaccini COVID-19 caricano il corpo con il codice genetico per la proteina trombogenica e letale Wuhan Spike, coloro che prendono un vaccino sono vulnerabili a una catastrofe se vengono infettati da SARS-CoV-2 dopo aver recentemente preso uno dei vaccini» il famoso cardiologo americano Peter McCullough ha commentato così lo studio del professor Fadi Nahab dei Dipartimenti di Neurologia e Pediatria della Emory University a cui avevamo dedicato ampio risalto.

«Nahab e colleghi di Emory hanno analizzato un database statale di destinatari del vaccino COVID-19. Circa 5 milioni di georgiani adulti hanno ricevuto almeno un vaccino COVID-19 tra dicembre 2020 e marzo 2022: il 54% ha ricevuto BNT162b2, il 41% ha ricevuto mRNA-1273 e il 5% ha ricevuto Ad26.COV2.S. Quelli con concomitante infezione da COVID-19 entro 21 giorni dalla vaccinazione avevano un aumentato rischio di ictus ischemico (OR = 8,00, 95% CI: 4,18, 15,31) ed emorragico (OR = 5,23, 95% CI: 1,11, 24,64)» scrive McCullough nel suo Substack citando l’abstract dello studio.

«Questa analisi mostra uno dei tanti grandi pericoli presenti nello sviluppo e nel lancio rapidi di un vaccino senza una sicurezza e un monitoraggio dei dati sufficienti. L’ictus è un risultato devastante e sembra che un gran numero di casi debilitanti avrebbe potuto essere evitato se i vaccini COVID-19 fossero stati ritirati dal mercato nel gennaio 2021 per eccesso di mortalità. I pazienti in questo studio sarebbero stati risparmiati da ictus e disabilità» aggiunge il cardiologo americano rilevando l’importanza dello studio.

Verissimo! Ma quanti ictus avrebbero potuto essere evitati se lo studio fosse stato revisionato e pubblicato mesi fa sia sulla prestigiosa rivista che poi su PUBMED, la libreria scientifica dell’Istituto Nazionale della Salute americano (NIH) che l’ha ripreso?

 

Il 13 novembre, mi sono unito alla deputata statunitense Marjorie Taylor Greene e a sette suoi colleghi repubblicani della Camera, in un'audizione intitolata Injuries Caused by COVID-19 Vaccines, che ha esplorato i potenziali collegamenti tra la vaccinazione COVID-19 e gli eventi avversi tra cui miocardite, pericardite e coaguli di sangue. , danni neurologici, arresto cardiaco, aborti spontanei, problemi di fertilità e altro ancora. Il gruppo ha ascoltato le testimonianze sugli eventi avversi dei vaccini da parte degli esperti medici Dr. Robert Malone e Dr. Kimberly Biss e ha anche ascoltato l'avvocato Thomas Renz che rappresentava gli informatori del Dipartimento della Difesa (DOD) che hanno rivelato aumenti di diagnosi mediche tra i membri del servizio registrati in un DOD Banca dati. Scopri di più in questo comunicato stampa .

Altre notizie sul COVID-19

ASCOLTA - La verità con Lisa Boothe Podcast: Rivendicato con il senatore Ron Johnson

LEGGI - New York Post: Il senatore Johnson richiede un colloquio con il consigliere di Fauci, i dati chiave del COVID "profondamente preoccupati" sono stati distrutti

VEDI - Post su X: "E-mail confidenziale del consulente di Fauci che descrive in dettaglio gli sforzi per eludere la mia supervisione sulle origini del COVID-19 . Maggiori dettagli nel comunicato stampa.

GUARDA - Solo la Notizia: "Nessuno vuole ammettere di aver sbagliato". - Il senatore Johnson sugli ultimi numeri del vaccino COVID

 

Il British Medical Journal ha accusato la Food and Drug Administration, l’ente americano regolatore dei farmaci, di aver occultato il risultato di un grande studio di farmacovigilanza attiva, quindi non basato solo su segnalazioni individuali e gratuite a database (EudraVigilance gestita da EMA nell’Unione Europea e VAERS da CDC negli Stati Uniti), si è invece concentrato anche sul follow-up di alcuni vaccinati.

La ricerca statistica denominata “Sorveglianza della sicurezza del vaccino COVID-19 tra le persone anziane di età pari o superiore a 65 anni” è stata finalmente rilasciata dalla FDA e pubblicata il 1° dicembre 2022 dalla rivista specializzata Journal of Vaccine and Elsevier di Science Direct.

Il primo firmatario è Hui-Lee Wong, Direttrice associata per l’innovazione e lo sviluppo dell’Ufficio di biostatistica ed epidemiologia, Centro per la valutazione biologica della Food and Drug Administration statunitense, Silver Spring, MD, USA. Lo studio si concentra sui dati relativi a 30.712.101 persone anziane.

 

 

DOPO I VACCINI 15 INCIDENTI DI BUS PER MALORI DEI CONDUCENTI

Piazzola sul Brenta (PD), Marzo 2022, “Malore dopo l’incidente a Piazzola sul Brenta, grave un autista di bus. Il conducente 44enne ha tamponato un autocarro. Dopo la telefonata a BusItalia si è accasciato sul volante perdendo i sensi”;
Cesena, Dicembre 2022, “Cesena, malore mentre guida l’autobus: 9 auto danneggiate”;
Trento, Aprile 2023, “Paura a Trento, l’autista ha un malore e il bus esce di strada: il mezzo resta in bilico sul muretto del giardino di una casa”;
La Spezia, Maggio 2022, “Malore improvviso per l’autista dello scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri”, Catania, Ottobre 2022, “Catania: autista si sente male, bus si schianta”;
Limone Piemonte, Marzo 2023, “maestra interviene per malore autista”;
Sandrà di Castelnuovo del Garda (VR), “Verona, l’autista ha un malore: il bus degli studenti esce di strada e finisce in un vigneto” (conducente di soli 26 anni);
Alessandria, Aprile 2022, “Autista di pullman muore alla guida per un malore”;
Settingiano (CZ), Luglio 2023, “Accosta ai primi sintomi: autista salva passeggeri bus prima di morire di infarto”;
Venezia, Ottobre 2022, “Malore improvviso prima di prelevare una scolaresca: Oscar Bonazza muore a 63 anni;
Roma, Dicembre 2022, “Roma, bus con 41 bimbi a bordo finisce fuori strada per malore autista”;
Cittadella (PD), Gennaio 2023, “Autista di scuolabus muore alla guida per un malore e centra un pullman a Cittadella. Il conducente aveva appena lasciato gli alunni a scuola”;
Genova, Luglio 2023, “Autobus sbanda e colpisce le auto in sosta per un malore dell’autista. L’autista è stato accompagnato al Pronto soccorso un condizioni di media gravità”;
Cagliari, Maggio 2023, “Malore improvviso, l’autista perde il controllo del bus, esce di strada e abbatte due semafori: strage sfiorata”;
Piacenza, Aprile 2023, “Autobus di linea contro un albero dopo il malore dell’autista”… Il più curioso, guardacaso, è poi questo;
L’Aquila, Luglio 2023, “Troppo caldo a bordo del bus, autista dell’Azienda mobilità aquilana (Ama) viene colpito da un malore”.

 

27.11.23

Su 326 autopsie di vaccinati morti «un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la vaccinazione COVID-19».

A scriverlo nero su bianco è una ricerca pubblicata in pre-print (ovvero ancora in attesa di revisione paritaria che potrebbe arrivare tra un mese o tra due anni) dal sito Zenodo che non può essere ritenuta una piattaforma poco affidabile in quanto è gestito dal CERN per OpenAIRE.

Zenodo è un archivio open access per le pubblicazioni e i dati da parte dei ricercatori. Il suo nome deriva da Zenodotos di Ephesos, il primo Direttore della grande biblioteca di Alessandria che ha messo le basi per la costruzione della biblioteconomia.

L’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, comunemente conosciuta con la sigla CERN, è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle, posto al confine tra la Francia e la Svizzera, alla periferia ovest della città di Ginevra, nel comune di Meyrin. La convenzione che lo istituiva fu firmata il 29 settembre 1954 da 12 stati membri mentre oggi ne fanno parte 23 più alcuni osservatori, compresi stati extraeuropei.

OpenAIRE è un partenariato senza scopo di lucro di 50 organizzazioni, fondato nel 2018 come entità giuridica greca, OpenAIRE A.M.K.E, per garantire un’infrastruttura di comunicazione accademica aperta e permanente a sostegno della ricerca europea.

Lo studio è stato presentato dal laureato in science (BS) Nicolas Hulscher presso il Dipartimento di Epidemiologia dell’Università del Michigan lo scorso venerdì 17 novembre 2023 durante una “poster session”. In ambito accademico l’esposizione di un “poster”, in un congresso o una conferenza con un focus accademico o professionale, è la presentazione di informazioni di ricerca sotto forma di poster cartaceo che i partecipanti alla conferenza possono visualizzare.

Il giovane Hulsher è stato accreditato con un progetto approvato denominato “Systematic Review of Autopsy Findings in Deaths after COVID-19 Vaccination – Revisione sistematica dei risultati dell’autopsia nei decessi dopo la vaccinazione COVID-19” in cui ha potuto fregiarsi di mentor senior di fama mondiale soprattutto nell’ambito delle inchieste sui danni da sieri genici mRNA o mDNA.

McCullough, che ha dato risalto all’evento sul suo substack, è il noto cardiologo americano che per primo ha denunciato i pericoli di miocarditi letali, confermati dagli studi FDA, CDC e infine anche dall’EMA, mentre Makis è l’oncologo canadese che ha scoperto il fenomeno del turbo-cancro.

Nei mesi scorsi lo studio era stato pubblicato anche dalla nota rivista britannica The Lancet che però lo aveva ritirato dopo 24 ore perché aveva scatenato – giustamente – una bufera sui media, sui social e di conseguenza nella comunità scientifica internazionale.

presentazione ufficiale presso l’Università de Michigan e dalla pubblicazione sul sito Zenodo gestito dal CERN.

D’altronde soltanto una volontà paranoica di censura potrebbe oscurarlo essendo basato su una semplice analisi di documenti pubblicati sul più importante archivio medico del mondo: la libreria PUBMED gestita dall’NIH, ovvero l’Istituto Nazionale per la Salute del Governo USA.

«Il rapido sviluppo e l’ampia diffusione dei vaccini contro il COVID-19, combinati con un elevato numero di segnalazioni di eventi avversi, hanno portato a preoccupazioni sui possibili meccanismi di danno, tra cui la distribuzione sistemica delle nanoparticelle lipidiche (LNP) e dell’mRNA, il danno tissutale associato alle proteine
​​spike, la trombogenicità, disfunzione del sistema immunitario e cancerogenicità. Lo scopo di questa revisione sistematica è indagare i possibili collegamenti causali tra la somministrazione del vaccino COVID-19 e la morte utilizzando autopsie e analisi post mortem».

Si legge nell’Abstract della ricerca che fa riferimento a problematiche già certificate separatamente da altre decine di studi  come quello del biochimico italiano Gabriele Segalla sulle nanoforme e sugli eccipienti tossici del siero genico Comirnaty di Pfizer-Biontech autorizzato dall’European Medicines Agency nonostante non potesse “non sapere della tossicità delle inoculazioni”.

«Abbiamo cercato tutti i rapporti autoptici e necroscopici pubblicati relativi alla vaccinazione COVID-19 fino al 18 maggio 2023 – riferiscono Hulsher et al. – Inizialmente abbiamo identificato 678 studi e, dopo lo screening dei nostri criteri di inclusione, abbiamo incluso 44 documenti che contenevano 325 casi di autopsia e un caso di necroscopia. Tre medici hanno esaminato in modo indipendente tutti i decessi e hanno determinato se la vaccinazione contro il COVID-19 fosse la causa diretta o avesse contribuito in modo significativo alla morte».

«Il sistema di organi più implicato nella morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema cardiovascolare (53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal sistema respiratorio (8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21 casi sono stati colpiti tre o più apparati. Il tempo medio dalla vaccinazione alla morte è stato di 14,3 giorni. La maggior parte dei decessi si è verificata entro una settimana dall’ultima somministrazione del vaccino. Un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la vaccinazione COVID-19» si legge nello studio consultabile su Zenodo (link a fondo pagina).

Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e medici:

«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi. Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i nostri risultati».

«Il sistema di organi più implicato nella morte associata al vaccino COVID-19 è stato il sistema cardiovascolare (53%), seguito dal sistema ematologico (17%), dal sistema respiratorio (8%) e da sistemi multipli di organi (7%). In 21 casi sono stati colpiti tre o più apparati. Il tempo medio dalla vaccinazione alla morte è stato di 14,3 giorni. La maggior parte dei decessi si è verificata entro una settimana dall’ultima somministrazione del vaccino. Un totale di 240 decessi (73,9%) sono stati giudicati in modo indipendente come direttamente dovuti o a cui ha contribuito in modo significativo la vaccinazione COVID-19» si legge nello studio consultabile su Zenodo (link a fondo pagina).

Ecco quindi le considerazioni finali dei ricercatori scientifici e medici:

«La coerenza osservata tra i casi in questa revisione con eventi avversi noti del vaccino COVID-19, i loro meccanismi e il relativo eccesso di morte, insieme alla conferma dell’autopsia e alla decisione della morte guidata dal medico, suggerisce che esiste un’alta probabilità di un nesso causale tra COVID-19 vaccini e morte nella maggior parte dei casi. Sono necessarie ulteriori indagini urgenti allo scopo di chiarire i nostri risultati».

 

La ricerca pubblicata sul sito Zenodo gestito dal CERN – link al fondo dell’articolo tra le fonti

 

 

Brevetto Moderna ammette i problemi di tumori nel DNA da laboratorio

Bre

 

Leggiamo infatti nel brevetto dell’agosto 2019 sui vaccini mRNA contro il virus parainfluenzale umano 3 (HPIV-3) quanto segue:

“L’iniezione diretta di DNA geneticamente modificato (ad esempio DNA plasmidico nudo) in un ospite vivente fa sì che un piccolo numero delle sue cellule producano direttamente un antigene, determinando una risposta immunologica protettiva. Da questa tecnica, tuttavia, derivano potenziali problemi, inclusa la possibilità di mutagenesi inserzionale, che potrebbe portare all’attivazione di oncogeni o all’inibizione di geni oncosoppressori”.

La soppressione del gene che contrasta lo sviluppo dei tumori è proprio quel meccanismo che molti oncologi ritengono sia responsabile delle forme anomale di turbo-cancro rilevate tra le persone vaccinate coi sieri genici mRNA Covid

 

21.10.23

Giovedì Health Canada ha confermato la presenza di contaminazione del DNA nei vaccini Pfizer COVID-19 e ha anche confermato che Pfizer non ha rivelato la contaminazione all’autorità sanitaria pubblica. La contaminazione del DNA include il promotore e potenziatore Simian Virus 40 (SV40) che Pfizer non aveva precedentemente rivelato e che secondo alcuni esperti rappresenta un rischio di cancro a causa della potenziale integrazione con il genoma umano.

Health Canada, l’autorità sanitaria pubblica del paese, ha dichiarato a The Epoch Times che mentre Pfizer ha fornito le sequenze complete di DNA del plasmide nel suo vaccino al momento della presentazione iniziale, il produttore del vaccino “non ha identificato specificamente la sequenza SV40”.

“Health Canada si aspetta che gli sponsor identifichino qualsiasi sequenza di DNA biologicamente funzionale all’interno di un plasmide (come un potenziatore SV40) al momento della presentazione”, ha affermato.

L’ammissione di Health Canada è arrivata dopo che due scienziati, Kevin McKernan e Phillip J. Buckhaults, Ph.D., hanno scoperto la presenza di DNA plasmidico batterico nei vaccini mRNA COVID-19 a livelli potenzialmente 18-70 volte superiori ai limiti stabiliti dagli Stati Uniti. Food and Drug Administration (FDA) e Agenzia europea per i medicinali. L’immunologo virale Dr. Byram Bridle dell’Università di Guelph in Canada, commentando l’ammissione di Health Canada ha scritto sul suo Substack: “Questa è un’ammissione di proporzioni epiche”.

Bridle ha anche scritto:

“Bisogna chiedersi perché la Pfizer non abbia voluto rivelare la presenza di una sequenza di DNA biologicamente funzionale a un ente regolatore sanitario. Alla Pfizer è stato richiesto di rivelare alle agenzie di regolamentazione sanitaria tutte le sequenze bioattive nel DNA plasmidico batterico utilizzato per produrre le loro iniezioni.Bridle ha osservato che sono trascorsi “818 giorni in totale” da quando l’Università di Guelph gli ha vietato di accedere al suo ufficio e al suo laboratorio per aver tentato di condurre ricerche simili, mentre altri ricercatori “sono stati al centro di attacchi da parte di molti cosiddetti ‘esperti di disinformazione’, ” anche se nessuno “è stato in grado di confutare le proprie scoperte”. L’immunologa, biologa e biochimica Jessica Rose, Ph.D., ha dichiarato a The Defender: “DNA residuo è stato trovato nei prodotti Pfizer e Moderna – e soprattutto Pfizer -, in fiale più vecchie e più nuove, incluso il monovalente per adulti XBB.1.5 [ vaccino].”

Rose ha affermato che ciò indica che tale contaminazione “è un problema continuo”.

In osservazioni separate fatte mercoledì al programma “Good Morning CHD” di CHD.TV, Rose ha detto che McKernan “ha anche esaminato il vaccino Janssen [Johnson & Johnson] e ha scoperto DNA residuo a livelli molto alti”.  “Il DNA plasmidico viene utilizzato nella produzione di vaccini mRNA e dovrebbe essere rimosso a un livello inferiore a una soglia stabilita dalle agenzie di regolamentazione sanitaria prima che il prodotto finale venga rilasciato per la distribuzione”, ha riferito The Epoch Times.

La scoperta di McKernan ha reso “possibile per Health Canada confermare la presenza del potenziatore sulla base della sequenza di DNA plasmidico presentata da Pfizer rispetto alla sequenza del potenziatore SV40 pubblicata”, ha affermato Health Canada.

L’SV40 è spesso utilizzato nella terapia genica per la sua capacità unica di trasportare geni alle cellule bersaglio.

Nel processo di produzione del vaccino, l’SV40 “viene utilizzato come potenziatore per guidare la trascrizione genetica”, ha scritto The Epoch Times. McKernan il mese scorso “ha avvertito che la presenza di plasmidi di DNA nei vaccini significa che potrebbero potenzialmente integrarsi nel genoma umano”.

Descrivendo la ricerca di McKernan come “ineccepibile”, Kirsch ha scritto sul suo Substack: “Il DNA dura per sempre e, se si integra nel tuo genoma, produrrai il suo prodotto per sempre”.

“Ciò può far sì che la cellula appena programmata si riproduca e produca mRNA con le risultanti proteine ​​spike per un tempo sconosciuto, potenzialmente per sempre e persino per la generazione successiva”.

 

23.09.23

L'Asl To5 l'aveva sospesa nel periodo Covid perché non vaccinata bloccando la retribuzione, ora dovrà restituire stipendi e interessi
Il tribunale dà ragione alla dipendente No Vax
massimiliano rambaldi
L'Asl To 5 l'aveva sospesa dal suo lavoro d'ufficio nel periodo Covid, perché si era rifiutata di vaccinarsi interrompendole anche il pagamento dello stipendio. Una volta rientrata, alla fine delle restrizioni previste, la donna aveva fatto causa all'azienda sanitaria nonostante in quel periodo ci fossero delle direttive ben chiare sull'obbligo vaccinale. Dieci giorni fa la decisione, per certi versi inaspettata, del tribunale del lavoro di Torino: con la sentenza 1552 i giudici hanno infatti accolto il ricorso della dipendente, accertando e dichiarando «l'illegittimità della sospensione dal servizio – si legge nel documento pubblicato dall'azienda sanitaria di Chieri – condannando quindi l'Asl To 5 a corrispondere alla dipendente il trattamento retributivo richiesto, oltre agli interessi, rivalutazione e compensazione delle spese di lite». In sostanza, secondo quel giudice, l'Asl non poteva sospendere la donna dal posto di lavoro e men che meno negarle lo stipendio. E ora, nell'immediato, dovrà pagarle tutto, interessi compresi nonché le spese legali. Questo perché, nonostante l'azienda sanitaria abbia già deciso di ricorrere in appello contro tale sentenza: «in ragione della provvisoria esecutività della stessa – spiegano dalla direzione nella medesima documentazione - pur non essendo passata in giudicato, l'Asl è tenuta all'ottemperanza». Gli importi dovuti e i giorni di sospensione della dipendente non sono stati resi noti.
La dipendente in questione lavora in ambito amministrativo e non è a contatto con pazienti di un ospedale specifico. Ricordiamo tutti, però, che il governo si era dimostrato estremamente rigoroso contro chi non voleva ricevere il vaccino. In assenza di motivazioni valide (l'unica accettata era una certificata grave patologia pregressa) la persona no vax non poteva più esercitare la propria professione e, qualora fosse stato possibile, doveva essere destinata a mansioni alternative. In caso di impossibilità a spostamenti, sarebbe scattata l'immediata sospensione non retribuita che poteva terminare solo una volta effettuata la vaccinazione. Altrimenti il divieto di andare al lavoro sarebbe continuato fino al completamento della campagna vaccinale. In sostanza quello che è capitato nel caso in questione. La dipendente aveva però deciso di intraprendere le vie legali perché pretendeva di essere regolarmente pagata e di lavorare ugualmente, anche senza aver seguito il percorso anti Covid. Presentando a sua difesa documentazioni che il giudice del lavoro, a quanto pare, ha ritenuto valide. «La decisione e la linea interpretativa del tribunale del lavoro non può essere condivisa – spiegano dall'azienda sanitaria -, in quanto non è coerente con il dispositivo contenuto nel decreto legge 172 del 2021, anche alla luce del diverso orientamento espresso sul punto dalla Corte d'Appello di Torino, sezione lavoro». Immediata quindi la decisione di ricorrere in appello, affidando la questione ai legali di fiducia.

 

 

 

22.09.23

Testimonianza coraggiosa del dottor Phillip Buckhaults dell'Università della Carolina del Sud.

I “vaccini” Covid non sono stati adeguatamente testati e i loro danni non sono stati adeguatamente indagati. La FDA e il CDC devono ammettere i propri fallimenti normativi ed essere onesti con il pubblico.

Si prega di guardare questo video di 18 minuti.

 

 

17.09.23

La Ricerca delle Università Australiane basata su 253 Studi Internazionali
L’hanno pubblicata gli scienziati autraliani Peter I Parry dell’Unità clinica di ricerca sulla salute dei bambini, Facoltà di Medicina, Università del Queensland, South Brisbane, Australia, Astrid Lefringhausen, Robyn Cosford e Julian Gillespie, Children’s Health Defense (Capitolo Australia), Huskisson, Conny Turni, Ricerca microbiologica, QAAFI (Queensland Alliance for Agriculture and Food Innovation), Università del Queensland, St. Lucia, Christopher J. Neil, Dipartimento di Medicina, Università di Melbourne, Melbourne, e Nicholas J. Hudson, Scuola di Agricoltura e Scienze Alimentari, Università del Queensland, Brisbane.

E’ un colossale lavoro di letteratura scientifica basato su ben 253 studi nei quali vengono citati i più significativi sulla tossicità della proteina Spike e dei vaccini che la innesca nell’organismo attraverso i vettori mRNA. Vengono infatti menzionati lavori sulle malattie autoimmuni della biofisica Stephanie Seneff, scienziata del prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Cambridge, del cardiologo americano Peter McCullough (fonte 29 nello studio linkato a fondo pagina), quelli sui rischi di tumori dell’oncologo britannico Angus Dalgleish (fonti 230-231), quelli dell’esperto di genomica Kevin McKernan sulla replicazione cellulare dei plasmidi di Dna Spike nel corpo umano (fonte 91), quelli della chimica americana Alana F. Ogatache fu tra le prime a denunciare la pericolosità dei sieri genici mRNA Moderna (fonte 52), ed ovviamente non poteva mancare lo strepitoso e rivoluzionario del biochimico italiano Gabriele Segalla sulle nanoparticelle tossiche del vaccino Comirnaty di Pfizer-Biontech (fonte 61).

“Spikeopatia”: la proteina Spike del COVID-19 è patogena, sia dall’mRNA del virus che da quello del vaccino.
di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine (link allo studio completo a fondo pagina)

La pandemia di COVID-19 ha causato molte malattie, molti decessi e profondi disagi alla società. La produzione di vaccini “sicuri ed efficaci” era un obiettivo chiave per la salute pubblica. Purtroppo, tassi elevati senza precedenti di eventi avversi hanno messo in ombra i benefici. Questa revisione narrativa in due parti presenta prove dei danni diffusi dei nuovi vaccini anti-COVID-19 mRNA e adenovettoriali ed è innovativa nel tentativo di fornire una panoramica approfondita dei danni derivanti dalla nuova tecnologia nei vaccini che si basavano sulla produzione di cellule umane di un antigene estraneo che presenta evidenza di patogenicità.

Questo primo articolo esplora i dati sottoposti a revisione paritaria in contrasto con la narrativa “sicura ed efficace” collegata a queste nuove tecnologie. La patogenicità delle proteine ​​spike, denominata “spikeopatia”, derivante dal virus SARS-CoV-2 o prodotta dai codici genetici del vaccino, simile a un “virus sintetico”, è sempre più compresa in termini di biologia molecolare e fisiopatologia.

La trasfezione farmacocinetica attraverso tessuti corporei distanti dal sito di iniezione mediante nanoparticelle lipidiche o trasportatori di vettori virali significa che la “spikeopatia” può colpire molti organi. Le proprietà infiammatorie delle nanoparticelle utilizzate per trasportare l’mRNA; N1-metilpseudouridina impiegata per prolungare la funzione dell’mRNA sintetico; l’ampia biodistribuzione dei codici mRNA e DNA e le proteine
​​spike tradotte, e l’autoimmunità attraverso la produzione umana di proteine estranee, contribuiscono agli effetti dannosi.

Questo articolo esamina gli effetti autoimmuni, cardiovascolari, neurologici, potenziali oncologici e le prove autoptiche per la spikeeopatia. Con le numerose tecnologie terapeutiche basate sui geni pianificate, una rivalutazione è necessaria e tempestiva.

Discussione

Abbiamo iniziato questo articolo citando la risposta dell’ente regolatore sanitario australiano, il TGA, alla domanda di un senatore australiano sui rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule umane a produrre la proteina spike SARS-CoV-2. La risposta è stata che la proteina Spike non era un agente patogeno. Abbiamo presentato prove significative che la proteina spike è patogena. Ciò vale quando fa parte del virus, quando è libero ma di origine virale e quando è prodotto nei ribosomi dall’mRNA dei vaccini COVID-19 mRNA e adenovettoreDNA. I meccanismi fisiopatologici d’azione della proteina spike continuano ad essere chiariti.

Abbiamo stabilito che la proteina spike provoca danni legandosi al recettore ACE-2 e quindi sottoregolando il recettore, danneggiando le cellule endoteliali vascolari. La proteina spike ha un dominio legante simile alla tossina, che si lega a α7 nAChR nel sistema nervoso centrale e nel sistema immunitario, interferendo così con le funzioni di nAChR, come la funzione di ridurre l’infiammazione e le citochine proinfiammatorie, come IL-6. Il collegamento con le malattie neurodegenerative avviene anche attraverso la capacità della proteina “spike” di interagire con le proteine che formano l’amiloide leganti l’eparina, avviando l’aggregazione delle proteine cerebrali.

La persistenza della proteina spike causa un’infiammazione persistente (infiammazione cronica), che potenzialmente alla fine sposta il sistema immunitario verso la tolleranza immunitaria (IgG4). Un effetto particolare per le donne e la gravidanza è il legame della proteina Spike al recettore alfa degli estrogeni, che interferisce con il messaggio degli estrogeni.

La proteina Spike è citotossica all’interno delle cellule attraverso l’interazione con i geni soppressori del cancro e causando danni mitocondriali. Le proteine ​​spike espresse sulla superficie delle cellule portano alla risposta autoimmune citopatica.

La proteina spike libera si lega all’ACE-2 su altre cellule di organi e sangue. Nel sangue la proteina Spike induce le piastrine a rilasciare fattori di coagulazione, a secernere fattori infiammatori e a formare aggregati leucociti-piastrine. La proteina spike lega il fibrinogeno, inducendo la formazione di coaguli di sangue.

Esiste anche un’omologia problematica tra la proteina spike e le proteine chiave nel sistema immunitario adattativo che portano all’autoimmunità se vaccinati con l’mRNA che produce la proteina spike.

I fattori farmacocinetici contribuiscono alla fisiopatologia. Come accennato, lo studio sulla biodistribuzione di Pfizer (dove il 75% delle molecole trasportatrici di nanoparticelle lipidiche ha lasciato il deltoide per tutti gli organi entro 48 ore) per il PMDA giapponese era noto alla TGA australiana prima dell’autorizzazione provvisoria dei vaccini mRNA COVID-19 per l’Australia popolazione [5]. Poiché causano la replicazione della proteina Spike in molti organi, i vaccini basati sui geni agiscono come virus sintetici.

Il trasportatore di nanoparticelle lipidiche dell’mRNA e il PEG associato che rende il complesso mRNA-LNP più stabile e resistente alla degradazione, hanno i propri effetti tossici; le nanoparticelle lipidiche principalmente attraverso effetti proinfiammatori e il PEG mediante anafilassi in individui sensibili.

Röltgen et al. [53] hanno scoperto che l’mRNA stabilizzato con N1-metilpseudouridina nei vaccini COVID-19 produce proteine ​​spike per almeno 60 giorni. Altre ricerche citate sulla retroposizione del codice genetico [249] suggeriscono la possibilità che tale produzione di una proteina patogena estranea possa potenzialmente durare tutta la vita o addirittura transgenerazionale.

Un ampio corpo di ricerche emergenti mostra che la stessa proteina spike, in particolare la subunità S1, è patogena e causa infiammazione e altre patologie osservate nel COVID-19 acuto grave, probabilmente nel COVID-19 lungo, e nelle lesioni da vaccino mRNA e adenovettoriDNA COVID-19 . La parola “spikeopatia” è stata coniata dal ricercatore francese Henrion-Caude [98] in una conferenza e dati gli effetti patologici vari e sostanziali della proteina spike SARS-CoV-2, suggeriamo che l’uso del termine avrà un valore euristico.

La piccopatia esercita i suoi effetti, come riassunto da Cosentino e Marino [86] attraverso l’aggregazione piastrinica, la trombosi e l’infiammazione correlate al legame dell’ACE-2; interruzione delle glicoproteine ​​transmembrana CD147 che interferiscono con la funzione cardiaca dei periciti e degli eritrociti; legandosi a TLR2 e TLR4 innescando cascate infiammatorie; legandosi all’ER alfa probabilmente responsabile delle irregolarità mestruali e dell’aumento del rischio di cancro attraverso le interazioni con p53BP1 e BRCA1. Altre ricerche mostrano ulteriori effetti spikeo-patologici attraverso la produzione di citochine infiammatorie indotte da ACE-2, la fosforilazione di MEK e la downregulation di eNOS, compromettendo la funzione delle cellule endoteliali.

Effetti particolarmente nuovi della proteina spike comportano lo squilibrio del sistema colinergico nicotinico attraverso l’inibizione di α7 nAChR, portando a vie biochimiche antinfiammatorie alterate in molte cellule e sistemi di organi, nonché a un alterato tono vagale parasimpatico.

Le lesioni provocate dal vaccino mRNA e adenovettoriale del COVID-19 si sovrappongono alla grave malattia acuta da COVID-19 e al COVID lungo, ma sono più varie, data la più ampia biodistribuzione e la produzione prolungata della proteina spike.

La miopericardite è riconosciuta ma spesso è stata minimizzata come lieve e rara, tuttavia l’evidenza di una miopericardite subclinica correlata al vaccino COVID-19 relativamente comune [113,115] e l’evidenza autoptica [246,247,248] suggeriscono un ruolo nelle morti improvvise in persone relativamente giovani e in forma [116,117 ]. Le proteine ​​spike hanno anche meccanismi per aumentare la trombosi attraverso l’infiammazione correlata all’ACE-2, il disturbo del sistema dell’angiotensina [119], il legame diretto con i recettori ACE-2 sulle piastrine [1], l’interruzione dell’antitrombina [122], ritardando la fibrinolisi [123] (prestampa) e riducendo la repulsione elettrostatica degli eritrociti che porta all’emoagglutinazione [124].

Le malattie autoimmuni di nuova insorgenza dopo la vaccinazione COVID-19 potrebbero riguardare l’omologia della proteina spike e, nella malattia virale che include altre proteine SARS-CoV-2, con le proteine umane [5,138].

Il complesso mRNA-LNP attraversa la BBB e i disturbi neurologici sono altamente segnalati nei database di farmacovigilanza a seguito dei vaccini COVID-19. Numerosi meccanismi di spikepatia vengono chiariti come disturbi sottostanti che coinvolgono: permeabilità del BBB [128]; danno mitocondriale [168]; disregolazione dei periciti vascolari cerebrali [169]; Neuroinfiammazione mediata da TLR4 [170]; morte delle cellule dell’ippocampo [171]; disregolazione delle cascate del complemento e della coagulazione e dei neutrofili che causano coagulopatie [173] (prestampa); neuroinfiammazione e demielinizzazione tramite disregolazione microgliale [174,177,180]; aumento dell’espressione di α-Syn coinvolta nella malattia neurodegenerativa [175]; livelli elevati di chemochina 11 del motivo CC associati all’invecchiamento e alla successiva perdita di cellule neurali e mielina; legandosi al recettore nicotinico dell’acetilcolina α7 (nAChR), aumentando i livelli di IL-1b e TNFα nel cervello causando elevati livelli di infiammazione [172,177]; la subunità S1 è amiloidogenica [185]; disautonomia [96], mediante danno neuronale diretto o meccanismi immunomediati indiretti, ad esempio inibizione di α7 nAChR; anosmia causata sia dal vaccino che dalla malattia [44], anch’essa prodromica alla malattia di Parkinson.

Inoltre, gli autoanticorpi nel dominio C-terminale globulare possono causare la malattia di Creutzfeldt Jakob (CJD) [218], miR-146a è alterato in associazione con COVID-19 [222] e associato sia a infezioni virali che a malattie da prioni nel cervello, e È stato dimostrato che S1 induce senescenza nelle cellule trasfettate.

La quantità di possibili meccanismi di danno mediato dai picchi nel cervello è pari nella vita reale alla prevalenza di effetti avversi neurologici e neurodegenerativi e richiede urgentemente ulteriori ricerche.

Il cancro, anche se non è stato dimostrato con certezza che sia causato dai vaccini, sembra seguire da vicino la vaccinazione e abbiamo esaminato le possibili cause sotto forma di interazioni delle proteine
​​spike con fattori di trascrizione e geni soppressori del cancro.

Il vaccino doveva proteggere le persone di età superiore ai 60 anni con il maggior rischio di mortalità da COVID-19 [10], tuttavia un’analisi del rischio condotta da Dopp e Seneff (2022) [250] ha mostrato che la probabilità di morire a causa dell’iniezione è solo 0,13 % inferiore al rischio di morte per infezione nelle persone di età superiore a 80 anni.

Inoltre, l’invecchiamento naturale è accompagnato da cambiamenti nel sistema immunitario che compromettono la capacità di rispondere efficacemente ai nuovi antigeni. Similmente alle risposte ai virus stratificate per età, ciò significa che i vaccini diventano meno efficaci nell’indurre l’immunità negli anziani, con conseguente ridotta capacità di combattere nuove infezioni [251].

La vaccinazione con mRNA COVID-19 a due dosi ha conferito una risposta immunitaria adattativa limitata tra i topi anziani, rendendoli suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 [252]. Secondo uno studio di Vo et al., (2022) [253], il rischio di malattie gravi tra i veterani statunitensi dopo la vaccinazione è rimasto associato all’età. Questo rischio di infezioni intercorrenti era anche maggiore se erano presenti condizioni di immunocompromissione.

Infine, abbiamo esaminato le migliori serie di casi di autopsia attualmente disponibili, eseguite in Germania, che stabiliscono le connessioni tra spikeopatia e fallimenti multipli di organi, neuropatie e morte.

Conclusioni
In questa revisione narrativa, abbiamo stabilito il ruolo della proteina spike SARS-CoV-2, in particolare della subunità S1, come patogena. Ora è anche evidente che le proteine
​​spike ampiamente biodistribuite, prodotte dai codici genetici dell’mRNA e del DNA adenovettoriale, inducono un’ampia varietà di malattie. I meccanismi fisiopatologici e biochimici sottostanti sono in fase di chiarimento.

I trasportatori di nanoparticelle lipidiche per i vaccini mRNA e Novavax hanno anche proprietà proinfiammatorie patologiche. L’intera premessa dei vaccini basati sui geni che producono antigeni estranei nei tessuti umani è irta di rischi per disturbi autoimmuni e infiammatori, soprattutto quando la distribuzione non è altamente localizzata.

Le implicazioni cliniche che seguono sono che i medici in tutti i campi della medicina devono essere consapevoli delle varie possibili presentazioni della malattia correlata al vaccino COVID-19, sia acuta che cronica, e del peggioramento delle condizioni preesistenti.

Sosteniamo inoltre la sospensione dei vaccini COVID-19 basati sui geni e delle matrici portatrici di nanoparticelle lipidiche e di altri vaccini basati sulla tecnologia mRNA o DNA vettoriale virale. Una strada più sicura è quella di utilizzare vaccini con proteine ricombinanti ben testate, tecnologie virali attenuate o inattivate, di cui ora ce ne sono molti per la vaccinazione contro la SARS-CoV-2.

di Parry et al. – pubblicata in origine su Biomedicine

BIOMEDICINE – ‘Spikeopathy’: COVID-19 Spike Protein Is Pathogenic, from Both Virus and Vaccine mRN
A

 

 

14.09.23

Fondata nel 1945, Kaiser Permanente è riconosciuta come uno dei principali fornitori di assistenza sanitaria e piani sanitari senza scopo di lucro d’America. Attualmente opera in 8 stati (California del Nord, California del Sud, Colorado, Georgia, Hawaii, Virginia, Oregon, Washington) e nel Distretto di Columbia.

«La cura dei membri e dei pazienti si concentra sulla loro salute totale. I medici, gli specialisti e i team di operatori sanitari di Permanente Medical Group guidano tutte le cure. I nostri team medici possono avvalersi di tecnologie e strumenti leader del settore per la promozione della salute, la prevenzione delle malattie, l’erogazione delle cure e la gestione delle malattie croniche» spiega l’organizzazione medica.

«Abbiamo condotto uno studio di coorte retrospettivo su pazienti Kaiser Permanente Northwest (KPNW) di età pari o superiore a 18 anni che sono stati vaccinati con la formulazione Pfizer o Moderna del vaccino bivalente COVID19 tra il 1 settembre 2022 e il 1 marzo 2023. I pazienti sono stati inclusi nello studio studiare se fossero iscritti al KP al momento della vaccinazione e durante il periodo di follow-up di 21 giorni. Abbiamo replicato la metodologia di analisi del ciclo rapido Vaccine Safety Datalink (VSD) e cercato possibili casi di ictus ischemico o TIA nei 21 giorni successivi alla vaccinazione utilizzando i codici diagnostici ICD10CM sia nella posizione primaria che in qualsiasi posizione».

E’ quanto si legge nell’Abstract della ricerca intitolata “Rischio di ictus ischemico dopo la vaccinazione di richiamo bivalente COVID-19 in un sistema sanitario integrato (Risk of Ischemic Stroke after COVID-19 Bivalent Booster Vaccination in an Integrated Health System)”.«Abbiamo identificato un aumento del 50% nell’incidenza di ictus ischemico per 100.000 pazienti di età pari o superiore a 65 anni vaccinati con il vaccino bivalente Pfizer, rispetto ai dati presentati dal VSD. Il 79% dei casi di ictus ischemico sono stati ricoverati in ospedali che non sono di proprietà del sistema di consegna integrato e un ritardo nell’elaborazione delle richieste di risarcimento assicurative esterne all’ospedale è stato probabilmente responsabile della discrepanza nell’accertamento dei casi di ictus ischemico. ».

 

 

18.08.23

Il procuratore generale del Texas Ken Paxton ha cercato di fare luce sulla sicurezza dei vaccini Covid e sugli esperimenti americani Gain of Function (GOF) per il potenziamento dei virus SARS in laboratorio, condotti dal virologo Anthony Fauci tra gli USA (University of North Carolina) e il Wuhan Institute of Virology, ma è stato subito colpito da un impeachment (per altre ragioni politiche) che ha bloccato la sua inchiesta.

Ora quattro famiglie americane delle vittime Covid hanno presentato una formale denuncia per quelle pericolosissime ricerche prendendo di mira il famigerato zoologo di origini britanniche Peter Daszak, presidente della società EcoHealthAlliance di New York che fu finanziata dalla Bill & Melinda Gates Foundation e soprattutto dall’Istituto Nazionale Allergie e Malattie Infettive diretto da Fauci (fino al dicembre 2022) per i progetti di costruzione di coronavirus chimerici del ceppo SARS chimerici nel centro virologico cinese.

l dottor Zhou Yusen misteriosamente morto tre mesi dopo aver brevettato un vaccino contro il Covid-19 nel febbraio 2020 che, secondo gli investigatori americani, sarebbe morto misteriosamente proprio cadendo dal tetto del WIV di Wuhan.

Nel giugno 1998 durante il vertice sino-americano in Cina il presidente Bill Clinton siglò una “Convenzione sulla armi biologiche” con il presidente cinese Jiang Zemin,

Nell’aprile 2004 la Commissione Europea presieduta dall’italiano Romano Prodi e composta anche dal commissario Mario Monti diede il primo finanziamento di quasi 2milioni di euro al Wuhan Institute of Virology grazie al quale la direttrice del Centro di Malattie Infettive Shi Zengli, soprannominata bat-woman per i suoi esperimenti sui coronavirus dei pipistrelli cinesi a ferro di cavallo, creò il primo virus chimerico ricombinante potenziando un ceppo di SARS con plasmidi infettati dal virus HIV.

 

 

16.08.23

 l’instabilità del sistema colloidale di nanomateriali lipidici (e il conseguente maggior rischio tossicologico) della prima versione di Comirnaty sia sostanzialmente dovuta alla presenza, in quella formulazione, di fattori destabilizzanti, quali, appunto, i composti inorganici elettrolitici in eccesso, costituiti principalmente dai componenti del tampone pH PBS utilizzato da Pfizer-BioNTech».

Evidenzia il dottor Segalla illustrando le differenti caratteristiche della stabilizzazione del farmaco concorrente Spikevax di Moderna.

«A questo proposito, però, quanto riportato nel brevetto della stessa BioNTech (co- titolare, insieme a Pfizer, del vaccino Comirnaty) US 10,485,884 B2 RNA Formulation for Immunoterapy [Formulazioni a RNA per immunoterapia] del 26 novembre 2019, risulta ancor più esplicito al riguardo della “elevata tossicità” attribuita a “liposomi e lipoplexes” caricati positivamente».

«Ciò si riferisce a formulazioni a base di RNA incapsulato in nanoparticelle lipidiche cationiche – del tipo cioè di quelle usate nel Comirnaty – e denominate, in questo contesto, “lipoplexes”. Nella descrizione del brevetto, si spiega, fra l’altro, come le nanoparticelle cationiche contenenti RNA si formino soprattutto grazie a determinati rapporti di massa/carica tra i lipidi cationici (+) e le componenti anioniche (-) dell’ RNA, e come tali rapporti giochino un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda il passaggio delle nanoparticelle contenenti RNA attraverso la membrana cellulare e il conseguente trasferimento dell’RNA all’interno della cellula (trasfezione) per modificarne le caratteristiche funzionali:

Con una minore carica positiva in eccesso, l’efficacia della trasfezione scende drasticamente, andando praticamente a zero. Sfortunatamente, però, per liposomi e lipoplexes [nanoparticelle lipidiche] caricati positivamente è stata segnalata un’elevata tossicità, che può essere un problema per l’applicazione di tali preparati come prodotti farmaceutici. [corsivi aggiunti] (Figura 26)».

«Le ragioni per cui i tamponi pH del tipo PBS non vanno assolutamente bene in preparati a base di nanoparticelle cationiche inglobanti RNA sono spiegate molto chiaramente nella sezione del brevetto intitolata “Effects of Buffers/ Ions on Particle Sizes and PI of RNA Lipoplexes” [Effetti dei tamponi / composti ionici sulle dimensioni e Indice di polidispersione delle nanoparticelle lipidiche contenenti RNA] del suddetto brevetto di BioNTech US 10,485,884 B2, 44 (47-50), 45 (4-6), 45 (31- 33)».

In condizioni fisiologiche (cioè a pH 7,4; 2,2 mM Ca++), è imperativo assicurarsi che ci sia un rapporto di carica prevalentemente negativa, a causa dell’ instabilità delle nanoparticelle lipidiche neutre o caricate positivamente. [corsivi aggiunti] (Figura 27)

«In altre parole, sulla base di quanto scientificamente documentato e riportato in un brevetto della stessa BioNTech, in aggiunta a quanto già descritto riguardo alla pericolosità intrinseca delle nanoparticelle lipidiche caricate positivamente, apprendiamo che un sistema colloidale di nanoparticelle lipidiche cationiche inglobanti mRNA.

NON dovrebbe contenere nella propria formulazione un tampone ionico come il PBS, al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe contenere nella propria formulazione composti ionici (come ad es. cloruro di sodio), al fine di prevenire fenomeni di aggregazione, agglomerazione, flocculazione delle nanoparticelle lipidiche, con tutte le conseguenze di ordine tossicologico sopra descritte.
NON dovrebbe essere iniettato per via intramuscolare, a causa della sua instabilità quando viene a trovarsi nelle condizioni fisiologiche del distretto extracellulare (pH 7,4; 2,2 mM Ca++).
«Tutte e tre queste rigorose raccomandazioni, riportate nel succitato brevetto di BioNTech del 2019, sono spudoratamente disattese, o ignorate, nel 2020, sia da Pfizer-BioNTech sia dagli enti certificatori, sia nel merito della formulazione (ionico/ elettrolitico) sia in quello della destinazione d’uso (inoculazione intramuscolare) del preparato Comirnaty» rimarca il biochimico italiano segnalando che tali «criticità» sono «in palese contrasto con le specifiche e pertinenti raccomandazioni asserite dalla stessa BioNTech nel suo sopramenzionato brevetto US 10,485,884 B2»

 

14.08.23

«Per i suesposti motivi, questo giudicante ritiene non legittima e non conforme ai Principi Generali dell’Ordinamento e della Costituzione la normativa in materia di obbligo vaccinale, che pertanto va disapplicata. Con riguardo alle spese di giudizio sussistono giustificati motivi per compensarle, attesa la “particolarità” della materia trattata».

L’anonimo italiano over 50 che ha fatto ricorso al Giudice di Pace di Santa Maria Capua a Vetere contro l’imposizione della vaccinazione Covid e la conseguente multa da 100 euro emanata dall’Agenzia delle Entrate per conto del Ministero della Salute dovrà pagare solo una ventina di euro. Ovvero la metà dell’ammontare delle spese giudiziarie per ricorsi inferiori a 1.100 euro.

Non è il primo e non sarà l’ultimo pronunciamento giudiziario che contesta l’obbligatorietà dei sieri genici sperimentali. Il caso più famoso è ovviamente quello della giudice Susanna Zanda del Tribunale Civile di Firenze che, avendo osato anche segnalare i decessi per presunte reazioni avverse ai vaccini alla Procura della Repubblica di Roma, è finita nel fuoco incrociato della Procura Generale della Corte di Cassazione che ha aperto un procedimento disciplinare nei suoi confronti subito dopo le esternazioni politiche del Ministro della Giustizia Carlo Nordio.

«Ebbene, al di là delle pronunce del Consiglio d’Europa che ha avuto occasione di occuparsi della tematica della vaccinazione Covid (con la Risoluzione 2361 del 2021) e di decisioni, invece, contrarie, a parere di questo giudice, appaiono decisive le circostanze, ormai conclamate, che il non vaccinato — a prescindere dalle decisioni relative all’età — non ha determinato alcun rischio maggiore per la salute pubblica rispetto ai soggetti vaccinati provvisti di green pass, perché l’idoneità dei vaccini (quale strumento di prevenzione del contagio), non solo non è pari o vicina al 100 % ma si è di fatto rivelata prossima allo zero (Trib. Napoli marzo 2023)

«Il Tribunale del Lavoro di Catania, con la decisione del 14.03.2022, ribadisce che “sebbene non si ignori che l’impianto del D.D. 44/2021 sia ispirato alla finalità “di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” (art. 4, co. 1, D.L. 44/2021), nell’ambito di una situazione emergenziale e del tutto straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato — e che si sono irrigidite a seguito delle modifiche apportate all’originaria formulazione del decreto – appaiono tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell’ottica della necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti, tra cui, tra i primi, la dignità della persona, bene protetto da co. 2, 36,41 Cost. plurime previsioni della Carta: artt. 2, 3»

«Sebbene la legge possa prevedere l’obbligatorietà di determinati trattamenti sanitari, sono rarissimi, ed ancorati a precisi presupposti, ì casi in cui l’ordinamento consente la possibilità di eseguirli contro la volontà della persona (ad es., è il caso del TSO), valendo da sempre il principio che gli accertamenti ed i trattamenti obbligatori debbano essere ‘accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”…»

«E ciò a conferma della consapevolezza del legislatore che l’obbligo al trattamento sanitario costituisce pur sempre un’eccezione rispetto al principio, di cui è espressione l’art. 32 Cost., della libera determinazione dell’individuo in materia sanitaria».

In virtù di questi motivi ha accolto «il ricorso annullando il provvedimento opposto» dall’avvocato Alessandra De Rosa contro l’avviso di addebito di 100 euro al suo assistito.

 

08.08.23

Un manager della Pfizer in Oceania ha ammesso che agli impiegati australiani dell’azienda farmaceutica di New York sono somministrati dati lotti di vaccini differenti da quelli distribuiti al pubblico.

Lo ha dichiarato durante un’Audizione davanti al Senato Australiano che, a differenza dei politici dell’Unione Europea foraggiati dalle ONG di Bill Gates, ha già avviato un’inchiesta formale per indagare sulla natura dei sieri genici acquistati, sull’occultamento dei dati dei trials clinici e sui danni causati ai vaccinati.

L’ammissione è arrivata durante una rigorosa sessione di interrogatorio mercoledì, in cui il direttore medico nazionale di Pfizer Australia, il dott. Krishan Thiru, e il capo delle scienze normative, il dott. Brian Hewitt, hanno parlato davanti al “Comitato per la legislazione sull’istruzione e l’occupazione” del Senato australiano sui vaccini sperimentali contro il COVID-19, aggiunge Gateway Pundit

23.07.23

I vaccini Covid contengono proporzioni considerevoli di residui di DNA in grado di integrarsi permanentemente nel genoma umano, causando malattie croniche e tumori. Questo potrebbe anche spiegare l’eccesso di mortalità osservato dall’inizio delle campagne di vaccinazione.

L’ex banchiere svizzero Pascal Najadi e' l’autore di una denuncia penale per abuso di potere contro il presidente della Confederazione Alain Berset è vaccinato tre volte e altrettante volte si è costituito contro le autorità sanitarie da quando un’analisi del suo sangue gli ha rivelato che il suo organismo continua a produrre la proteina spike del vaccino più di 18 mesi dopo la sua ultima iniezione Pfizer/BioNTech.

Contattato, l’interessato ci ha fornito i risultati del laboratorio oltre ad una lettera del Prof. Sucharid Bhakdi confermando che “i risultati del test indicano chiaramente che il signor Najadi soffre di effetti irreparabili a lungo termine causati dal prodotto di mRNA iniettato fabbricato da PfizerBiontech.

L’ex banchiere aveva consultato l’Ufficio federale della sanità pubblica in Svizzera su questo argomento. Quest’ultimo non è stato in grado di dargli risposte, sostenendo che non poteva commentare un singolo caso. Pascal Najadi ne aveva dedotto che l’ufficio in realtà non controllava nulla riguardo a queste nuove tecnologie vaccinali.

La persistenza della presenza della proteina spike rilevata a Najadi e altri iniettati rimane ufficialmente inspiegabile ed è ben oltre i 14 giorni comunicati quando sono state lanciate le campagne di vaccinazione contro il Covid.

Tutti conoscono il DNA, rappresentato da una doppia elica e contenente il nostro codice genetico. L’RNA è costituito solo da un singolo filamento. La cellula lo produce secondo necessità leggendo parte del DNA che servirà poi come specifiche per la produzione di una proteina.

Una dose di “vaccino” Covid a RNA messaggero contiene miliardi di filamenti di RNA messaggero, che innescheranno la produzione di altrettante proteine
​​​​spike del virus SARS-CoV-2 nelle cellule che raggiungono. Queste proteine ​​spike attiveranno una risposta del sistema immunitario.

a proteina avanzata è stata anche presentata come sostanza innocua durante le campagne di vaccinazione quando è nota per essere tossica per l’organismo umano e causare la maggior parte delle complicanze del Covid, comprese le reazioni infiammatorie e allergiche.

Per comunicare, i batteri si scambiano importanti “messaggi” genetici con l’aiuto dei cosiddetti plasmidi. Ad esempio, se un batterio trova un nuovo meccanismo che aumenta la sua resistenza agli antibiotici, incapsula questa informazione in plasmidi, che verranno prodotti e ‘diffusi’ ad altri batteri.

Il processo di produzione dei filamenti di RNA dei vaccini Covid richiede appunto di passare attraverso la manipolazione genetica dei batteri mediante plasmidi, nei quali sarà stata precedentemente introdotta la sequenza di DNA corrispondente alla proteina spike di SARS-CoV-2.

Il plasmide viene propagato nei batteri e utilizzato come stampo per la produzione di massa di RNA messaggero che sarà in grado di innescare la produzione di proteine ​​spike nelle cellule vaccinate. Il DNA deve poi essere rimosso e l’RNA messaggero viene poi miscelato con i lipidi per produrre nanoparticelle in grado di portare l’mRNA nelle nostre cellule

Nell’ambito dell’autorizzazione all’immissione in commercio del vaccino Pfizer, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) si è quindi dovuta accontentare di consultare i dati forniti dal produttore. EMA ha espresso sorpresa al produttore per il fatto che il prodotto finale non fosse stato sequenziato geneticamente per garantire che contenesse solo RNA messaggero e nessun DNA o altri residui, apprende lo scienziato tedesco Florian Schilling in una presentazione

Pfizer ha risposto di aver rinunciato volontariamente al sequenziamento, ammettendo che non era certo ottimale, ma che era giustificato per ridurre i costi. Anche altri produttori hanno rinunciato a questo sequenziamento genetico come parte della loro garanzia di qualità.

Tra le tecniche alternative di valutazione del prodotto utilizzate da Pfizer c’è l’elettroforesi, che conta gli elementi presenti in una soluzione in base alla loro dimensione.

Nei documenti forniti da Pfizer alla WEA, l’RNA messaggero della proteina spike del vaccino è rappresentato da un alto picco centrale. L’anomalia sono le “pendenze” su entrambi i lati del picco, che rappresentano misteriosi “oggetti” genetici che non corrispondono alle dimensioni dell’RNA messaggero e non dovrebbero essere presenti in una soluzione purificata.

Anche l’EMA aveva voluto saperne di più e aveva richiesto i dati grezzi a Pfizer. Il produttore aveva accettato di fornirli ma ad oggi non sono ancora stati consegnati.

Un gruppo di ricercatori, preoccupato in particolare per le conseguenze delle iniezioni di Covid sui giovani, ha deciso all’inizio del 2023 di prendere in mano la situazione e mettere in sequenza lotti di “vaccini” di Pfizer e Moderna. Il loro intero approccio è spiegato in dettaglio in un primo articolo e nel suo supplemento scritto da Kevin McKernan, biologo molecolare, specialista in manipolazione genetica e sequenziamento, che ha partecipato all’analisi.

Le loro scoperte sono di natura inquietante:

Quantità di DNA anormalmente elevata – La presenza di plasmidi contenenti DNA proteico spike è stata confermata in proporzioni notevoli per i “vaccini” di Pfizer e Moderna: tra il 20 e il 35%, ben oltre i limiti di contaminazione fissati dall’EMA (0,033%) . Una singola dose contiene quindi diversi miliardi di questi plasmidi che servivano per produrre l’RNA messaggero e che poi avrebbero dovuto essere eliminati. Queste informazioni sono già prova della non conformità di questi prodotti alle normative vigenti.


Accelerazione della resistenza agli antibiotici – Fatto preoccupante, il DNA di questi plasmidi contiene geni che li rendono resistenti a due antibiotici: neomicina e kanamicina. L’introduzione di miliardi di geni di resistenza agli antibiotici in plasmidi altamente replicabili, consentendo la selezione di batteri resistenti a questi trattamenti nel microbioma, dovrebbe sollevare preoccupazioni sull’accelerazione della resistenza agli antibiotici su scala globale. Alcuni esperti stimavano già prima della crisi del Covid che entro il 2050 non avremmo più avuto antibiotici efficaci.
Elevato fattore di errore di copia – Gli scienziati affermano che la presenza di un nucleotide chiamato pseudouridina è molto preoccupante poiché è noto che ha un tasso di errore di copia di uno su 4000 nucleotidi, ovvero tra 5 e 8,5 milioni di possibili errori di copia per dose di vaccino. E nessuno può dire a cosa corrispondano questi errori poiché sono imprevedibili.


Integrazione permanente e transgenerazionale: i plasmidi vaccinali possono raggiungere un batterio o una cellula umana. Quest’ultimo caso è considerato problematico perché è possibile che il filamento di DNA contenuto nel plasmide sia permanentemente integrato nel codice genetico della cellula umana, permettendole in qualsiasi momento di produrre autonomamente la proteina spike del vaccino, per tutta la vita. Con ogni probabilità, questo è ciò che sta accadendo ai clienti di Pascal Najadi e Me Ulbrich in Germania. L’insegnante. Bhakdi ha ricordato a questo proposito che ogni divisione cellulare è un’opportunità per questo DNA importato di modificare il genoma dell’ospite. Se questa integrazione avviene in una cellula staminale, ovulo o spermatozoo, la modificazione genetica verrà trasmessa alle generazioni successive.

Questo è grave perché oggi la scienza non offre uno strumento per rimuovere un gene. Più incomprensibilmente, il DNA del plasmide utilizzato da Pfizer contiene una sequenza (SV 40) che gli permette di essere trasferito nel nucleo anche quando la cellula non si sta dividendo e quindi di influenzare le cellule. La sua presenza è comunque inutile per la produzione di RNA messaggero nei batteri. Questa sequenza è assente dai plasmidi utilizzati da Moderna.

l vaccino Covid di Johnson & Johnson presenta un rischio di integrazione ancora maggiore perché si basa su un virus a DNA e utilizza un promotore molto più potente dell’SV 40, chiamato CMV. Ciò comporta un rischio molto più elevato di oncogenesi e continua produzione di proteine ​​spike rispetto agli RNA messaggeri, afferma Marc Wathelet, biologo molecolare e specialista di coronavirus che abbiamo consultato (vedi intervista alla fine dell’articolo).

Poiché il DNA della proteina spike del plasmide prende di mira le cellule dei mammiferi, ci sono pochissime possibilità che si integri permanentemente nel genoma di un batterio intestinale. Non riuscendo a diventare fabbriche proteiche avanzate, questi batteri – che non sono cellule umane – potrebbero invece moltiplicare i plasmidi del vaccino e contribuire così ad aumentare il rischio di contaminazione con cellule umane, chiamato “bactofezione” o “trasfezione”.

Marc Wathelet conferma che se “il rischio di contaminazione dei batteri nel microbioma rimane basso, sono i rischi di infiammazione e soprattutto di tumori legati alla contaminazione delle cellule del corpo delle persone vaccinate da parte del DNA che sono più preoccupanti”.

L’esperto sottolinea che è “impossibile quantificare questo rischio”. Trova “un aumento di alcuni tumori, ma non è chiaro se sia dovuto a DNA, mRNA, un indebolimento del sistema immunitario, lipidi nelle nanoparticelle o una combinazione di questi fattori

 

21.07.23

Come risulta, la proteina spike e l’mRNA non sono gli unici rischi di queste iniezioni. Il team di McKernan ha anche scoperto i promotori del virus della simmia 40 (SV40) che, da decenni, sono sospettati di provocare il cancro negli esseri umani, compresi mesoteliomi, linfomi e tumori del cervello e delle ossa.3 I risultati4,5,6,7 sono stati pubblicati su OSF Preprints all’inizio di aprile 2023. Come spiegato nell’abstract:8

“Sono stati utilizzati diversi metodi per valutare la composizione degli acidi nucleici di quattro fiale scadute dei vaccini mRNA bivalenti Moderna e Pfizer. Sono stati valutati due flaconi di ciascun fornitore… Molteplici test supportano una contaminazione da DNA che supera i requisiti dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) di 330ng/mg e della FDA [Food and Drug Administration] di 10ng/dose…

Come riportato in una recensione del libro di Lancet “The Virus and the Vaccine: The True Story of a Cancer-Causing Monkey Virus, Contaminated Polio Vaccine and the Millions of Americans Exposed”:13

“Nel 1960, gli scienziati e i produttori di vaccini sapevano che i reni delle scimmie erano fogne di virus scimmieschi. Tale contaminazione spesso rovinava le colture, comprese quelle di una ricercatrice del NIH di nome Bernice Eddy, che lavorava sulla sicurezza dei vaccini… La sua scoperta… minacciava uno dei più importanti programmi di salute pubblica degli Stati Uniti…”.

Eddy cercò di informare i colleghi, ma fu imbavagliata e privata dei suoi compiti di regolamentazione dei vaccini e del suo laboratorio… [Due] ricercatori della Merck, Ben Sweet e Maurice Hilleman, identificarono presto il virus del rhesus, poi chiamato SV40, l’agente cancerogeno che era sfuggito a Eddy.

“Nel 1963, le autorità statunitensi decisero di passare alle scimmie verdi africane, che non sono ospiti naturali dell’SV40, per produrre il vaccino antipolio. A metà degli anni ’70, dopo studi epidemiologici limitati, le autorità conclusero che, sebbene l’SV40 causasse il cancro nei criceti, non sembrava farlo nelle persone.

“Arriviamo agli anni ’90: Michele Carbone, allora all’NIH [National Institutes of Health], stava lavorando sul modo in cui l’SV40 induce i tumori negli animali. Uno di questi era il mesotelioma, un raro tumore della pleura che nelle persone si pensa sia causato principalmente dall’amianto. L’ortodossia riteneva che l’SV40 non causasse tumori nell’uomo.

“Incoraggiato da un articolo del 1992 del NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il virus della scimmia era attivo e produceva proteine.

“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.

“Incoraggiato da un articolo del 1992 del NEJM [New England Journal of Medicine] che aveva trovato ‘impronte’ di DNA di SV40 nei tumori cerebrali infantili, Carbone ha analizzato biopsie di tumori umani di mesotelioma presso il National Cancer Institute: Il 60% conteneva DNA di SV40. Nella maggior parte di esse, il virus della scimmia era attivo e produceva proteine.

“Carbone pubblicò i suoi risultati su Oncogene nel maggio 1994, ma l’NIH rifiutò di renderli pubblici… Carbone… si trasferì alla Loyola University. Lì ha scoperto come l’SV40 disabilita i geni soppressori del tumore nel mesotelioma umano e ha pubblicato i suoi risultati su Nature Medicine nel luglio 1997. Anche studi in Italia, Germania e Stati Uniti hanno mostrato associazioni tra SV40 e tumori umani”.

 Torniamo alle scoperte di McKernan, che oltre al video in evidenza sono discusse anche nel podcast di Daniel Horowitz qui sopra. In breve, il suo team ha scoperto livelli elevati di plasmidi di DNA a doppio filamento, compresi i promotori SV40 (sequenza di DNA essenziale per l’espressione genica) che sono noti per innescare lo sviluppo del cancro quando incontrano un oncogene (un gene che ha il potenziale di causare il cancro).

Il livello di contaminazione varia a seconda della piattaforma utilizzata per la misurazione, ma indipendentemente dal metodo utilizzato, il livello di contaminazione del DNA è significativamente superiore ai limiti normativi sia in Europa che negli Stati Uniti, afferma McKernan. Il livello più alto di contaminazione del DNA riscontrato è stato del 30%, un dato piuttosto sorprendente.

Come spiegato da McKernan, quando si utilizza un tipico test PCR, si viene considerati positivi se il test rileva il virus SARS-CoV-2 utilizzando una soglia di ciclo (CT) di circa 40. In confronto, la contaminazione del DNA viene rilevata con TC inferiori a 20. Ciò significa che la contaminazione è di un milione di milioni di unità.

Ciò significa che la contaminazione è un milione di volte superiore alla quantità di virus che si dovrebbe avere per risultare positivi al test COVID-19. “Quindi, c’è un’enorme differenza per quanto riguarda la quantità di materiale presente”, afferma McKernan.

Nel suo articolo su Substack14 , McKernan sottolinea anche che chi sostiene che il DNA a doppio filamento e l’RNA virale siano una falsa equivalenza, perché l’RNA virale è in grado di replicarsi, si sbaglia.

“La maggior parte dell’sgRNA che state rilevando in un tampone nasale nel vostro naso NON È ADEGUATO ALLA REPLICAZIONE, come dimostrato da Jaafar et al.15 È solo un frammento di RNA che dovrebbe avere una longevità inferiore nelle vostre cellule rispetto ai frammenti contaminanti di dsDNA”, scrive.

Se si sequenzia il DNA, si scopre che corrisponde a quello che sembra essere un vettore di espressione usato per produrre l’RNA… Ogni volta che vediamo una contaminazione del DNA, come quella dei plasmidi, finire in un prodotto iniettabile, la prima cosa a cui si pensa è se sia presente l’endotossina dell’E. coli (Escherichia coli, ndr), perché crea anafilassi per chi viene iniettato.
 

Mentre i deceduti non vaccinati sono stati soltanto 304 e quelli vaccinati con ciclo incompleto (senza seconda dose) 25. Il periodo preso in considerazione dalla tabella ISS è quello che va dal 29 aprile al 29 maggio 2022.

 

La tabella del Bollettino Covid-19 pubblicato il 24 giugno scorso dall’Istituto Superiore della Sanità di Roma – link a fondo pagina

 

«Numerosi studi riportano l’insorgenza di reazioni autoimmuni a seguito della vaccinazione contro il COVID-19 (Gadi et al., 2021; Watad et al., 2021; Bril et al., 2021; Portoghese et al., 2021; Ghielmetti et al., 2021; Vuille – Lessard et al., 2021; Chamling et al., 2021; Clayton-Chubb et al., 2021; Minocha et al., 2021; Elrashdy et al., 2021; Garrido et al., 2021; Chen et al., 2022; Fatima et al., 2022; Mahroum et al., 2022; Finsterer, 2022; Garg & Paliwal, 2022; Kaulen et al., 2022; Kwon & Kim, 2022; Ruggeri, Giovanellla & Campennì, 2022). I dati istopatologici forniscono una prova indiscutibile che dimostra che i vaccini genetici presentano una distribuzione fuori bersaglio, provocando la sintesi della proteina spike e innescando così reazioni infiammatorie autoimmuni, anche in tessuti terminali differenziati».

Furono proprio gli esami patologici del medico tedesco Morz a rilevare l’anomala persistenza nel corpo umano della proteina Spike di cui un altro studio americano asseverato dalla virologa Jessica Rose spiegò la proliferazione attraverso i plasmidi di RNA.

«In generale, i potenziali rischi dei vaccini genetici che inducono le cellule umane a diventare bersagli per l’attacco autoimmune non possono essere valutati completamente, senza conoscere l’esatta distribuzione e cinetica di LNP e mRNA, nonché la produzione e la farmacocinetica della proteina spike».

Lo studio sottoscritto anche da Donzelli e Bellavite poi conclude:

«Poiché il corpo umano non è un sistema strettamente compartimentato, questo è motivo di seria preoccupazione per ogni vaccino genetico attuale o futuro che induca le cellule umane a sintetizzare antigeni non self. Infatti, per i tessuti terminalmente differenziati, la perdita di cellule determina un danno irreversibile con prognosi potenzialmente fatale. In conclusione, alla luce delle innegabili prove di distribuzione fuori bersaglio, la somministrazione di vaccini genetici contro COVID-19 dovrebbe essere interrotta fino a quando non saranno eseguiti accurati studi di farmacocinetica, farmacodinamica e genotossicità, oppure dovrebbero essere somministrati solo in circostanze quando i benefici superano di gran lunga i rischi».

L’invito a indagare sui danni da sieri genici e a fermarne l’inoculazione è giunto anche da una ricercatrice dell’Istituto Superiore della Sanità e dalla sentenza del Tribunale di Firenze che ha inviato gli atti alla Procura della Repubblica di Roma per un’accurata inchiesta.

 

di Peter McCullough – pubblicato in origine sul suo Substack

Mi viene spesso chiesto: perché tante persone che hanno assunto il vaccino COVID-19 stanno apparentemente bene, mentre altre subiscono danni al cuore, ictus, coaguli di sangue e finiscono per essere invalide o morte? Da molti mesi si sospetta che ci possano essere variazioni nei lotti o nelle partite di vaccino che potrebbero spiegare in parte queste osservazioni. In altre parole, non tutti ricevono la stessa dose di mRNA.

In base all’autorizzazione all’uso in emergenza, le aziende produttrici di vaccini e i loro subappaltatori non effettuano alcuna ispezione delle fiale finali riempite e finite. Si tratta di una situazione senza precedenti per un prodotto di largo uso di qualsiasi tipo.

È possibile che le nanoparticelle lipidiche si aggreghino in sospensione e quindi alcuni lotti potrebbero contenere più mRNA di altri. Allo stesso modo, poiché le dimensioni dei lotti sono variate nel tempo, è possibile che i contaminanti del processo di produzione si concentrino in alcuni lotti più piccoli rispetto a quelli più grandi.

Infine, il trasporto, la conservazione e l’uso del prodotto possono essere fattori che denaturano l’mRNA, tra cui il riscaldamento, l’aria iniettata nelle fiale e gli aghi multipli immersi nella sospensione.

Il problema della contaminazione è emerso quando il Giappone ha restituito milioni di dosi e sono stati riscontrati detriti visibili sul fondo delle fiale. Inoltre, poiché i contactor di biodifesa utilizzano sfere metalliche, è possibile che i lotti iniziali più piccoli avessero detriti magnetici che spiegavano il “magnetismo” nel braccio in cui veniva somministrata l’iniezione, come riportato all’inizio della campagna vaccinale.

Un rapporto di Schmeling e collaboratori sul vaccino Pfizer BNT162b2 mRNA COVID-19 ha rilevato che il 71% degli eventi avversi gravi proveniva dal 4,2% delle dosi (lotti ad alto rischio), mentre <1% di questi eventi proveniva dal 32,1% delle dosi (lotti a basso rischio). La variazione spiegata per i lotti ad alto e moderato rischio è stata rispettivamente del 78 e dell’89%. Pertanto, più dosi sono state somministrate da quelle fiale, maggiore è stato il numero di effetti collaterali segnalati. Ciò significa che la maggior parte del rischio risiede nell’iniezione e non nella persona che l’ha ricevuta.

Si tratta di risultati di importanza cruciale. Essi implicano che la debacle del vaccino COVID-19 è effettivamente un problema di prodotto e non è dovuta alla suscettibilità del paziente nella maggior parte delle circostanze. Inoltre, la mancanza di ispezioni ha portato a un disastro di sicurezza. Alcuni sfortunati pazienti ricevono una quantità eccessiva di mRNA, di contaminanti o di entrambi e sono quindi esposti a iniezioni dannose e, in alcuni casi, letali.

 

IN ITALIA

Il trait d’union tra questa nuova ricerca sponsorizzata dalla Commissione Europea e Rappuoli è proprio la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) che ha creato un park science accentratore di aziende operanti in campo sanitario medico, diagnostico e farmaceutico.

TOSCANA LIFE SCIENCES NEL BIOTECNOPOLO DI SIENA
TLS è anche deputata a diventare uno dei pilastri del progetto del Biotecnopolo di Siena, in fase di realizzazione nell’ex caserma in Viale Cavour, che riceverà una cospicua dotazione finanziaria dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNNR) così suddivisa: 9 milioni di euro per il 2022, 12 milioni per il 2023 e 16 milioni per il 2024. Ma la fetta più grossa spetta proprio all’hub antipandemico (Centro Nazionale Antipandemico – CNAP), che riceverà 340 milioni di euro da qui al 2026.

Una somma ingente in considerazione che le finalità sono praticamente analoghe a quelle del Fondazione Centro Nazionale di Ricerca “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA” che vede come capofila l’Università di Padova e come partner altri atenei italiani ma, soprattutto, le Big Pharma dei vaccini Pfizer, Biontech e AstraZeneca.

Dal canto suo la Fondazione Toscana Life Sciences (TLS) fin dall’agosto 2022 aveva subito accolto «con estremo favore la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (GU) della Repubblica Italiana dello Statuto della Fondazione Biotecnopolo, che avrà sede legale e operativa a Siena. Un passo molto atteso che include la partecipazione della Fondazione Toscana Life Sciences in qualità di “nuovo fondatore” attraverso la stipula di un atto convenzionale entro sessanta giorni dall’adozione dello Statuto stesso. Sono soci fondatori il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dello Sviluppo Economico, cui si aggiungerà la Fondazione TLS come “nuovo fondatore”

Esaote (che ha sede a Genova ma una filiale a Firenze) e TLS, nella primavera 2021, si trovarono insieme a un vertice convocato dalla Regione Toscana per costruire un eco-sistema per un vaccino anti Covid-19 made in Tuscany. All’incontro presero parte, oltre agli assessori Simone Bezzini (Sanità) e Leonardo Marras (Attività produttive), i rappresentanti del Gruppo farmaceutico Menarini, di Kedrion, Eli Lilly, Molteni Farmaceutici, Diesse Diagnostica, Aboca, Abiogen, e di Gsk Vaccines.

Ora il Biotecnopolo di Siena e Toscana Life Sciences si assumeranno l’onere di portare avanti questo obiettivo puntando sulla figura di Rappuoli.

La Fondazione Toscana Life Sciences è il soggetto operativo che coordina e gestisce le attività del Distretto Toscano Scienze della Vita, il cluster regionale che aggrega tutti i soggetti pubblici e privati che operano nei settori delle biotecnologie, del farmaceutico, dei dispositivi medici, della nutraceutica, della cosmeceutica e dell’Ict applicato alle life sciences.

E’ nata nel 2011 per iniziativa della Regione Toscana allora governata dal presidente Alberto Monaci, bancario e ex deputato della Democrazia Cristiana e poi del Partito Democratico, ed oggi rappresenta un ecosistema dell’innovazione che raggruppa oltre 32 Centri Ricerca e 14 Enti di Ricerca, incluse le Università toscane (Firenze, Pisa, Siena); le Scuole Superiori (Scuole di Alta Formazione Sant’Anna e Normale di Pisa e Istituto di Alti Studi Imt di Lucca); gli Istituti del CNR. Sono affiliate al Distretto oltre 200 aziende del settore pharma, medical devices, biotech, ICT for health, nutraceutica, servizi correlati, per oltre 6 miliardi di fatturato.

Tra queste spicca il nome della bio-farmaceutica Kedrion della famiglia Marcucci dell’ex senatore del PD Andrea Marcucci (non riconfermato alle elezioni del 2022) che attirò l’attenzione dei media per l’interessamento a gestire a livello industriale (con una società Israeliana del Gruppo della Big Pharma americana Moderna finanziata da Gates) le cure del Covid-19 col plasma del medico Giuseppe De Donno, primario di Pneumologia dell’ospedale Poma di Mantova, morto suicida in circostanze misteriose dopo che la sperimentazione fu sottratta dal governo al suo centro di ricerca e assegnata a quello di Pisa.

 

19.10.24

Un gruppo di scienziati argentini ha identificato 55 elementi chimici – non elencati nei foglietti illustrativi – nei vaccini COVID-19 di Pfizer, Moderna, AstraZeneca, CanSino, Sinopharm e Sputnik V, secondo uno studio pubblicato la scorsa settimana sull’International Journal of Vaccine Theory, Practice, and Research.

Gli elementi chimici includono 11 metalli pesanti – come cromo, arsenico, nichel, alluminio, cobalto e rame – che gli scienziati considerano tossici sistemici noti per essere cancerogeni e indurre danni agli organi, anche a bassi livelli di esposizione.

I campioni contenevano anche 11 dei 15 lantanidi, o elementi delle terre rare, che sono metalli più pesanti e argentei spesso utilizzati nella produzione. Questi elementi chimici, che comprendono lantanio, cerio e gadolinio, sono meno noti al grande pubblico rispetto ai metalli pesanti, ma hanno dimostrato di essere altamente tossici.

“Il rilevamento di più elementi tossici non dichiarati, tra cui metalli pesanti e lantanidi, nei vaccini COVID-19 solleva una duplice e molteplice preoccupazione per la salute umana”, ha dichiarato a The Defender James Lyons-Weiler, Ph.D., membro del comitato editoriale della rivista e non coinvolto nella ricerca. “Singolarmente, queste sostanze chimiche sono note per causare danni neurologici, cardiovascolari e immunologici”.

Per lo studio argentino, i ricercatori miravano a corroborare le precedenti scoperte di elementi non dichiarati e a rilevare e misurare eventuali elementi non identificati in quegli studi.

Hanno analizzato 13 fiale di diversi lotti di sei marche di vaccini COVID-19 presso un laboratorio dell’Università Nazionale di Córdoba. Hanno utilizzato una tecnica analitica altamente sensibile – la spettrometria di massa al plasma accoppiato induttivamente – che consente di misurare gli elementi a livelli di traccia nei fluidi biologici.

I ricercatori hanno analizzato almeno due fiale di ogni vaccino, ad eccezione di CanSino, un vaccino vettoriale virale prodotto in Cina, per il quale hanno analizzato solo una fiala.

Il loro documento include un lungo elenco di componenti del vaccino COVID-19 dichiarati dai produttori. I componenti variano a seconda del produttore del vaccino. I ricercatori hanno ottenuto gli elenchi attraverso richieste di informazioni pubbliche.

Ad eccezione di Sputnik V e Sinopharm, i produttori non dichiarano le quantità degli eccipienti nominati nei loro vaccini, cosa che i ricercatori hanno segnalato come una “omissione molto grave a livello normativo”.

I vaccini spesso includono eccipienti – additivi utilizzati come conservanti, coadiuvanti, stabilizzatori o per altri scopi. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), le sostanze utilizzate nella produzione di un vaccino, ma non elencate nel contenuto del prodotto finale, devono essere riportate nel foglietto illustrativo.

L’elenco degli eccipienti è importante, sostengono i ricercatori, perché gli eccipienti possono includere allergeni e altri “pericoli nascosti” per i destinatari dei vaccini.

OpenVAERS riferisce che il CDC ha reso le informazioni sugli eccipienti dei vaccini disponibili al pubblico “quasi impossibili da trovare”. OpenVAERS offre un elenco completo degli eccipienti dei vaccini per tipo e per vaccino.

Tuttavia, il sito OpenVAERS rileva anche che test indipendenti sulle fiale di vaccino hanno trovato “contaminanti che vanno ben oltre quelli resi pubblici dai produttori”, come identificato in questo studio.

Le tre fiale Pfizer contenevano rispettivamente 19, 16 e 21-23 elementi non dichiarati. Le fiale Moderna contenevano 21 e tra 16-29 elementi non dichiarati.

Tutti i metalli pesanti rilevati sono collegati a effetti tossici sulla salute umana, scrivono i ricercatori. Sebbene i metalli si presentassero con frequenze diverse, molti erano presenti in più campioni. “Ci sono elementi chimici non dichiarati in comune, come boro, calcio, titanio, alluminio, arsenico, nichel, cromo, rame, gallio, stronzio, niobio, molibdeno, bario e afnio in tutte le marche” di vaccini COVID-19, hanno scritto i ricercatori.

Altri elementi, come il cromo e l’arsenico, che aumentano il rischio di gravi tumori e malattie della pelle, erano presenti come elementi non dichiarati rispettivamente nel 100% e nell’82% dei campioni. I ricercatori hanno anche trovato il lantanide cerio, che può danneggiare il fegato e causare embolie polmonari, nel 76% dei campioni.

Questi elementi chimici sono solo alcuni esempi dei 62 elementi chimici non dichiarati identificati da questo studio e da studi precedenti messi insieme, scrivono i ricercatori. Essi hanno concluso che, data la “diversità e la notevole presenza in tutte le marche, insieme alle caratteristiche peculiari degli elementi trovati”, è improbabile che i risultati siano dovuti a contaminazione o adulterazione accidentale.

INOLTRE il lavoro, pubblicato il 18 luglio 2024 sul’International Journal of Vaccine Theory, Practice, and Research (IJVTPR con sede a Dallas, USA), conferma per l’ennesima volta la presenza di grafene nei sieri genici mRNA e ne certifica la presenza non solo in Pfizer ma pure nel prodotto farmacologico di Moderna, come peraltro già testimoniato dagli specifici brevetti della Big Pharma di Cambrdige (Massachusetts) .

Lo studio è stato condotto dalla dottoressa Young Mi Lee, medica specializzanda in Ostetricia e Ginecologia dell’Hanna Women’s Clinic di Jeju (Repubblica di Corea) che si occupa anche di ricerche sulla fertilità e ha prestato particolare attenzione anche sulla pericolosità di tali terapie geniche sul liquido seminale maschile.

E dal ricercatore Daniel Broudy, docente di Linguistica dell’Okinawa Christian University (Giappone) ma esperto anche nell’ambito elettromagnetico che gospa News aveva già citato in realzione agli studi sulle segnali Bluetooth riscontrati da un esperimento nei vaccinati.

A lui è toccato il compito di curare la redazione del testo finale ed analizzare le immagini e i dati raccolti dalla scienziata medica in una lunga e meticolosa analisi biochimica condotta con uno stereomicroscopio (specializzato per l’esame di campioni tridimensionali e dinamici ) potenziato da una camera di conteggio Makler (specializzata anche nel conteggio degli spermatozoi in spazi limitati per la valutazione della fertilità maschile).

«Questo rapporto sui nostri risultati è stato aiutato dalla ricerca indipendente di un gruppo noto come Korea Veritas Doctors (KoVeDoc) con il quale abbiamo condiviso gli iniettabili prodotti da Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Novavax».

Come si spiega nel paragrafo Materiali e metodi: «Nello studio sono stati utilizzati cinquantaquattro campioni: 50 fiale iniettabili residue (43 Pfizer, 7 Moderna) acquisite immediatamente dopo il loro utilizzo nella campagna di vaccinazione contro il COVID-19 e 4 fiale iniettabili nuove non aperte (2 Pfizer, 1 AstraZeneca, 1 Novavax)».

riportiamo integralmente l’Abstract della ricerca intitolata: “Autoassemblaggio in tempo reale di costruzioni artificiali visibili allo stereomicroscopio in campioni incubati di prodotti mRNA principalmente da Pfizer e Moderna: uno studio longitudinale completo– Real-Time Self-Assembly of Stereomicroscopically Visible Artificial Constructionsin Incubated Specimens of mRNA Products Mainly from Pfizer and Moderna: A Comprehensive Longitudinal Study”.

«Le lesioni osservabili in tempo reale a livello cellulare nei destinatari degli iniettabili COVID-19 “sicuri ed efficaci” sono documentate qui per la prima volta con la presentazione di una descrizione completa e un’analisi dei fenomeni osservati. La somministrazione globale di questi prodotti, spesso obbligatori, dalla fine del 2020 ha innescato una serie di studi di ricerca indipendenti sulle terapie geniche iniettabili con RNA modificato, in particolare quelle prodotte da Pfizer e Moderna. Le analisi qui riportate consistono in una precisa “scienza da banco” di laboratorio che mira a comprendere perché si sono verificati sempre più gravi infortuni debilitanti e prolungati (e molti decessi) senza alcun effetto protettivo misurabile da parte dei prodotti commercializzati in modo aggressivo. Il contenuto degli iniettabili COVID-19 è stato esaminato allo stereomicroscopio con un ingrandimento fino a 400X. I campioni accuratamente conservati sono stati coltivati in una gamma di terreni distinti per osservare le relazioni di causa-effetto immediate e a lungo termine tra le sostanze iniettabili e le cellule viventi in condizioni attentamente controllate».

«Da tale ricerca si possono trarre ragionevoli deduzioni sugli infortuni osservati in tutto il mondo che si sono verificati da quando le sostanze iniettabili sono state inoculate su miliardi di individui. Oltre alla tossicità cellulare, i nostri risultati rivelano numerose entità artificiali autoassemblanti visibili, nell’ordine di 3~4 x 106 per millilitro di iniettabile, che vanno da circa 1 a 100μm, o più, di molte forme diverse. C’erano entità animate simili a vermi, dischi, catene, spirali, tubi, strutture ad angolo retto contenenti altre entità artificiali al loro interno e così via. Tutti questi sono estremamente al di là di qualsiasi livello previsto e accettabile di contaminazione degli iniettabili COVID-19 e gli studi di incubazione hanno rivelato il progressivo autoassemblaggio di molte strutture artefatte. Con il passare del tempo durante l’incubazione, semplici strutture uni e bidimensionali nell’arco di due o tre settimane sono diventate più complesse nella forma e nelle dimensioni sviluppandosi in entità stereoscopicamente visibili in tre dimensioni. Assomigliavano a filamenti, nastri e nastri di nanotubi di carbonio, alcuni apparivano come membrane trasparenti, sottili e piatte, e altri come spirali tridimensionali e catene di perline. Alcuni di questi sembravano apparire e poi scomparire nel tempo. Le nostre osservazioni suggeriscono la presenza di qualche tipo di nanotecnologia negli iniettabili COVID-19».

«Sulla scia del programma di vaccinazione di massa, già nel marzo 2021 e nei mesi successivi, si sono verificati aumenti significativi di decessi in eccesso per cause “sconosciute” e gravi sequele: coaguli di sangue, emorragie inspiegabili, danni (e guasti) a più organi), picchi improvvisi (cardiotossine) nelle malattie cardiache, tumori del sangue tra cui leucemia e linfoma, una serie di altri tumori “turbo”, aborti spontanei, disturbi neurologici e autoimmuni, per citarne alcuni, sono comparsi nei pazienti (Nyström e Hammarström, 2022; Santiago & Oller, 2023 Perez et al., 2023»

«Degno di nota è stato il comportamento di ciascun tipo di cellule del sangue, che si mobilitano come in una battaglia in prima linea contro ciascuno degli iniettabili: globuli rossi contro Pfizer e AstraZeneca, globuli bianchi contro Moderna e piastrine contro Novavax. Nonostante il comportamento osservato, questi fenomeni specifici delle sostanze iniettabili potrebbero essere correlati alla loro caratteristica fisiopatologia diretta del sangue: stasi del flusso sanguigno e conseguente ipossiemia (affaticamento) dovuta al modello Rouleaux, soppressione immunitaria dovuta a danno dei globuli bianchi e formazione di coaguli di sangue (trombosi) o tendenza al sanguinamento da danno o aggregazione piastrinica».«Nell’analisi dei coaguli di sangue di persone vaccinate, sono state trovate alcune strutture filamentose attaccate a coaguli bianchi torbidi omogenei brunastri estratti dallo strato intermedio del sedimento di sangue intero. Quando si trovano in prossimità di un campo elettromagnetico, i filamenti potrebbero innescare la formazione di un coagulo e, quindi, disturbare il libero flusso sanguigno o linfatico. Date le loro dimensioni microscopiche e l’ampia distribuzione in tutto il corpo, se questi materiali estranei interagiscono con fonti di energia interne o esterne, come afferma la letteratura, potrebbero allungarsi, allargarsi e fungere da misteriose modalità di morbilità ed eventuale mortalità».

Scrivono Young MI Lee e Daniel Broudy tanto da sentirsi poi legittimati a fare delle ipotesi assai inquietanti che partono da quanto affermato (mai poi rimosso dopo l’inizio della produzione dei vaccini Covid) dal sito di Moderna sull’uso della «tecnologia mRNA è spesso commercializzata in termini di software come una sorta di sistema operativo o piattaforma tecnologica».

«La ricerca nell’ingegneria dei nanomateriali mostra che i robot magnetici bioibridi (Magnobot basati su microalghe) potrebbero essere prodotti e azionati in tutto il corpo da una varietà di fattori scatenanti: energia elettromagnetica, variazione dell’intervallo di pH, manipolazione dei livelli di glucosio e variazione degli spettri luminosi con l’obiettivo di colpire determinati tessuti (Li et al., 2023). Le osservazioni durante i nostri studi di incubazione suggeriscono la presenza di magnobot, soprattutto nel campione Pfizer».

 

 

NO AL NUCLEARE , SULL'H2-FOTOVOLTAICO  NON SI SPECULA

  1. IL RAZIONAMENTO ENERGETICO NON RISOLTO CON LE RINNOVABILI PUO' ESSERE USATO  PER  GIUSTIFICARE IL NUCLEARE CHE UCCIDE VEDI RUSSIA E GIAPPONE.
  2. CON LA SCUSA DEL NUCLEARE SI PUO' FAR PAGARE 10 QUELLO CHE VALE 1
  3. MENTRE LA FRANCIA INVESTE PER SANARE LO SFASCIO DEL NUCLEARE L'ITALIA CI VUOLE ENTRARE ?
  4. GLI INCIDENTI NUCLEARI IN RUSSIA E GIAPPONE NON CI HANNO INSEGNATTO NULLA ? NE VOGLIAMO UNO ANCHE IN ITALIA ?

 

LA CHIMERA MANGIA-SOLDI DELLA FUSIONE NUCLEARE       QUANTE RINNOVABILI SI POSSONO FARE ? IL CNR SPENDE PIU' PER IL FINTO NUCLEARE CHE PER LA BANCA DEL SEME AGRICOLO.

IL FUTURO H2 CHE NON SI VUOLE VEDERE

E' ASSURDO CONTINUARE A PENSARE DI GESTIRE A COSTI BASSI ECONOMICAMENTE VANTAGGIOSI LA FUSIONE NUCLEARE QUANDO ESISTONO ENERGIE RINNOVABILI MOLTO più CONTROLLABILI ED EFFICIENTI A COSTI più BASSI, COME DIMOSTRA IL : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_3131

 

           IL DOPPIO SACRILEGIO DELLA BESTEMMIA    

   RICETTA LIEVITO MADRE

RICAMBIO POLITICO BLOCCATO         

 

L'Ucraina in fiamme - Documentario di Igor Lopatonok Oliver Stone 2016 (sottotitoli italiano)

https://www.youtube.com/watch?v=2AKpsBF-bvo

"Abbiamo creato un archivio online per documentare i crimini di guerra della Russia". Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. "Le prove raccolte delle atrocità commesse dall'esercito russo in Ucraina garantiranno che questi criminali di guerra non sfuggano alla giustizia", aggiunge, con il link al sito in inglese

https://war.ukraine.ua/russia-war-crimes/

 

 

 

Cosa c’entra il climate change con l’incidente al ghiacciaio della Marmolada?

 

Temperature di 10°C a 3.300 metri di altezza da giorni, anomalie termiche pronunciate da maggio. Sono questi i fattori alla base del crollo del seracco che ha travolto due cordate di alpinisti domenica 3 luglio sotto Punta Penia

 

crediti: Local Team

Il ghiacciaio della Marmolada si sta ritirando di 6 metri l’anno

(Rinnovabili.it) – Almeno 10 morti, 9 feriti e un disperso. È il bilancio provvisorio dell’incidente che ha coinvolto il 3 luglio due cordate di alpinisti nella zona di Punta Rocca, proprio sotto il ghiacciaio della Marmolada. Una parte del ghiacciaio è collassata per le temperature elevate, scivolando rapidamente a valle in una enorme valanga di ghiaccio, pietre e acqua fusa.

La dinamica dellincidente

Verso le 14 del 3 luglio ha ceduto un seracco del ghiacciaio della Marmolada, la vetta più alta delle Dolomiti, tra Punta Rocca e Punta Penia a oltre 3000 metri di quota. La scarica che si è creata è stata imponente, alta 60 metri con un fronte largo circa 200, e ha investito un tratto della via normale per la cima di Punta Penia precipitando a 300 km/h.

Il punto di distacco del seracco è ben visibile in alto a destra. Crediti: Local Team.

Ogni ghiacciaio ha dei seracchi, blocchi di ghiaccio che assomigliano a dei pinnacoli e si formano con il movimento del corpo glaciale. Scorrendo verso il basso, il ghiacciaio incontra delle variazioni nella pendenza della montagna. Queste deformano il ghiacciaio e provocano la formazione di crepacci, che a loro volta danno luogo a delle “torri” di ghiaccio, i seracchi. Queste formazioni, seppur normali, sono per loro natura instabili. Tendono a cadere a valle, ricompattandosi con il resto del corpo glaciale, ed è difficile prevedere quando esattamente un evento del genere si può verificare.

Il climate change sul ghiacciaio della Marmolada

Il distacco del seracco dal ghiacciaio della Marmolada, con ogni probabilità, è stato facilitato e reso più rovinoso dal cambiamento climatico. Negli ultimi giorni, anche sulle cime di quel settore delle Dolomiti il termometro è salito regolarmente a 10°C. Ma è da maggio che si registrano anomalie termiche molto pronunciate.

Anomalie che investono tutto l’arco alpino. Sulla cima del monte Sonnblick, in Austria, 100 km più a nord-est, uno degli osservatori con le serie storiche più lunghe e affidabili della regione alpina ieri segnalava il quasi completo scioglimento del manto nevoso. Un dato che illustra molto bene quanto l’estate del 2022 sia eccezionale: lì la neve non si era mai sciolta prima del 13 agosto (capitò nel 1963 e nel caldissimo 2003).

Che legame c’è tra il crollo del seracco e le temperature elevate? Secondo la società meteorologica alpino-adriatica, “il ghiacciaio si è destabilizzato alla base a causa della grande disponibilità di acqua di fusione dopo settimane di temperature estremamente elevate e superiori alla media”. Il caldo ha accelerato lo scioglimento del ghiacciaio: “la lubrificazione dell’acqua alla base (o negli interstrati) e l’aumento della pressione nei crepacci pieni d’acqua sono probabilmente le cause principali di questo evento catastrofico”.

Normalmente, il ghiaccio sciolto – acqua di fusione – penetra fra gli strati di ghiaccio o direttamente sul fondo del ghiacciaio, incuneandosi tra massa glaciale e rocce sottostanti, per sgorgare poi al fondo della lingua glaciale. Questo processo “lubrifica” il ghiacciaio, accelerandone lo scivolamento, ma può anche creare delle “sacche” piene d’acqua che non trova uno sfogo e preme sul resto del ghiacciaio.

Come tutti gli altri ghiacciai alpini, anche il ghiacciaio della Marmolada è in veloce ritirata a causa del riscaldamento globale. L’ultima campagna di rilevazioni, condotta dal Comitato Glaciologico Italiano e da Arpa Veneto lo scorso agosto, ha segnalato un ritiro di 6 metri in appena 1 anno, mentre la perdita complessiva di volume raggiunge il 90% in 100 anni.

Il cambiamento climatico corre più veloce sulle Alpi che nel resto del pianeta, facendo delle terre alte uno dei settori più vulnerabili. Un aumento della temperatura globale di 1,5 gradi si traduce in un innalzamento, sulle montagne italiane, di 1,8 gradi (con un margine d’errore di ±0,72°C). Superare i 2 gradi a livello globale significa invece Alpi 2,51°C più calde (±0,73°C). Ma durante i mesi estivi, l’aumento di temperatura è ancora più pronunciato e può arrivare, rispettivamente, a 2,09°C ±1,24°C e a 2,81°C ±1,23°C.

 

 

https://www.rinnovabili.it/ambiente/impatti-ambientali-delle-guerre/

 

 

 

 

 

LA STRAGE DI USTICA

«Il 22 maggio 1988 il sommergibile Nautile esplora il Mar Tirreno alla ricerca del Dc9 Itavia. Alle 11,58 le telecamere inquadrano una forma particolare. Uno dei due operatori dell’Ifremer scandisce in francese la parola “misil”. Alle 13,53 s’intravede un’altra classica forma di missile. Le ricerche della società di Tolone vengono sospese tre giorni dopo. L’ingegner Jean Roux, dirigente della sezione recuperi dell’Ifremer, subisce uno stop inspiegabile dall’ingegner Massimo Blasi, capo della commissione dei periti del Tribunale di Roma» si legge ancora nell’articolo.

«I due missili non vengono raccolti neppure durante la seconda operazione di recupero affidata a una società inglese. Forse, perché la Stella di Davide è intoccabile? – si domanda Lannes – Trascorrono tre anni prima che i periti di parte abbiano la possibilità di visionare i nastri dell’operazione Ifremer. Secondo un primo tentativo di identificazione di tratta di un “Matra R 530 di fabbricazione francese” e di uno “Shafrir israeliano”. I dati tecnici parlano chiaro. Quel Matra è “lungo 3,28 metri, ha un diametro di 26 centimetri con ingombro alare di 110, pesa 110 chilogrammi: è munito di una testata a frammentazione e può colpire il bersaglio a 3 km di distanza con la guida a raggi infrarossi e a 15 km con la guida radar semiattiva”. L’altro missile è “lungo 2,5 metri, 16 centimetri di diametro e 52 di apertura alare, pesa 93 kg e ha una gittata di 5 km”. Entrambi i missili erano in dotazione ai caccia di Israele, in particolare: Mirage III, Kfir, F4, A4, F15, F16. Uno di quei missili è stato lanciato contro il Dc9».

Lannes ha aggiunto particolari agghiaccianti. «Qualche anno fa – accompagnato alla Procura della Repubblica di Roma da due poliziotti della scorta della Polizia di Stato – ho riferito, o meglio verbalizzato ai magistrati Amelio e Monteleone quanto avevo scoperto indagando per dieci anni sulla strage di Ustica. Ed ho indicato loro alcuni testimoni (ex militari) mai interrogati dall’autorità giudiziaria. Uno di essi (un ex ufficiale della Marina Militare) ha dichiarato che il 27 giugno 1980 era in corso un’imponente esercitazione aeronavale della NATO nel Mar Tirreno. E che l’unità su cui era imbarcato, la Vittorio Veneto non ha prestato alcun soccorso, pur essendo vicina al luogo di impatto del velivolo civile, ma ricevette l’ordine di far rientro a La Spezia. Due di questi ex militari, già appartenenti all’Aeronautica Militare sono stati minacciati, ed uno di essi ha subito addirittura un trattamento sanitario obbligatorio messo in atto dall’Arma Azzurra».

 

 

IL VERO OBBIETTIVO DELLA MAFIA ESSERE LEGITTIMATA A TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.

QUESTO LA HA FATTO LO GIURISPRUDENZA DELLA TRATTATIVA STATO MAFIA  CHE HA LEGITTIMATO DI FATTO LA MAFIA A TRATTARE ALLA PARI CON LO STATO.

LA RESPONSABILITA' DEI SERVIZI SEGRETI NELLA MORTE DI FALCONE E BORSELLINO , E PALESE.

I SERVIZI SEGRETI DIPENDONO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO


Dichiarazione di Giuliano AMATO

«Stragi del '92 con matrice oscura. Giusto l'intervento di Pisanu» - INTERVISTA

(02 luglio 2010) - fonte: Corriere della Sera - Giovanni Bianconi - inserita il 02 luglio 2010 da 31

«Certo che il nostro è uno strano Paese», esordisce Giuliano Amato, presidente del Consiglio nel 1992 insanguinato dalle stragi di mafia, e dunque testimone diretto di quella drammatica stagione rievocata nella relazione del presidente della commissione parlamentare antimafia Giuseppe Pisanu.

Perché, presidente?

«Perché quando un personaggio di primissimo rango come Giulio Andreotti esce indenne da un lungo processo si dice che questo capita se si confonde la responsabilità penale con quella politica, mentre quando un presidente dell`Antimafia come Pisanu si sforza di cercare responsabilità politiche laddove non ne sono state individuate di penali gli si risponde che bisogna lasciar lavorare i giudici. Ma allora che bisogna fare?».

Secondo lei?

«Secondo me il lavoro di Pisanu è legittimo e prezioso, perché può aiutare la politica a cercare delle chiavi di lettura che non possono sempre venire dalla magistratura. E a trovare finalmente il giusto modo di affrontare la questione mafiosa. Provando a capire che cosa è accaduto in passato si può affrontare meglio anche il presente».

Il passato, in questo caso, sono le stragi del 1992 e 1993. Lei divenne capo del governo dopo la morte di Giovanni Falcone e prima di quella di Borsellino. Ha avuto la sensazione di «qualcosa di simile a una trattativa», come dice Pisanu?

«Sinceramente no. L`ho detto anche ai procuratori di Caltanissetta quando mi hanno interrogato.
Io in quelle settimane ero molto impegnato ad affrontare l`emergenza economico-finanziaria, dovevamo fare una manovra da 30.000 miliardi di lire per il`92 e impostare quella del `93. La strage di via D`Amelio ci colse nel pieno dei vertici economici internazionali.
Ricordo però che dopo quel drammatico avvenimento ebbi quasi un ordine da Martelli, quello di far approvare subito il decreto-legge sul carcere duro per i mafiosi varato dopo l`eccidio di Capaci. Andai di sera dal presidente del Senato Spadolini, ed ottenni una calendarizzazione ad horas del provvedimento».

Dei contatti tra alcuni ufficiali del Ros dei carabinieri e l`ex sindaco mafioso di Palermo Ciancimino lei sapeva qualcosa, all`epoca?

«No, però voglio dire una cosa. Che ci sia stato un certo lavorio di qualche apparato a livello inferiore è possibile, ma pensare che dei contatti poco chiari potessero avere una sponda in Nicola Mancino che era stato appena nominato ministro dell`Interno è un ipotesi che considero offensiva, in primo luogo per lo stesso Mancino. Sulle ragioni della sua nomina è Arnaldo Forlani che può fare chiarezza».

Perché?

«Perché la Dc di cui allora era segretario decise, o fu spinta a decidere, che bisognava tagliare Gava dal governo. Ma a Gava bisognava comunque trovare una via d`uscita onorevole, individuata nella presidenza del gruppo al Senato che era di Mancino».

L`ex presidente del Consiglio Ciampi ha ripetuto che dopo le stragi del '93 lui, da Palazzo Chigi, ebbe timore di un colpo di Stato. Lei pensò qualcosa di simile, nello stesso posto, dopo le bombe del '92?

«No, ma del resto non ebbi timori di quel genere nemmeno dopo le stragi degli anni Settanta. All`indomani di via D`Amelio non ebbi allarmi particolari dal ministro dell`Interno, né dal capo della polizia Parisi o da quelli dei servizi segreti. Parisi lo trovai ai funerali di Borsellino, dove io e il presidente Scalfaro subimmo quasi un`aggressione e avemmo difficoltà ad entrare in chiesa.
Ma attribuimmo l`episodio alla rabbia contro lo Stato che non era riuscito ad evitare quella morte. Il problema che ancora oggi resta insoluto è la vera matrice di quelle stragi».

Che intende dire?

«Che per la mafia furono un pessimo affare. Non solo quella di via D`Amelio, dopo la quale Martelli applicò immediatamente il regime di carcere duro a centinaia di boss, ma anche quella di Capaci. Certo, Falcone era un nemico, ma in quel momento un`impresa economico-criminale come Cosa Nostra avrebbe avuto tutto l`interesse a stare lontana dai riflettori, anziché accenderli con quella manifestazione di violenza. Quali interessi vitali dell`organizzazione mafiosa stava mettendo in pericolo, Falcone?
La spiegazione che volevano eliminare un magistrato integerrimo, come lui o come Borsellino, è troppo semplice. In ogni caso potevano ucciderlo con modalità meno eclatanti, come hanno fatto in altre occasioni. Invece vollero colpire lui e insieme lo Stato, imponendo una devastante dimostrazione di potere».

Chi può esserci allora, oltre a Cosa nostra, dietro gli attentati che per la mafia furono controproducenti?

«Purtroppo non lo sappiamo, ma è questa la domanda-chiave a cui dovremmo trovare la risposta. Perché vede, per le stragi degli anni Settanta si sono trovate molte spiegazioni; compresa quella che sosteneva il prefetto Parisi, il quale immaginava un ruolo dei servizi segreti israeliani per punire la politica estera italiana sul versante palestinese. E per le stragi del 1993 io trovo abbastanza convincente la tesi di una ritorsione per il carcere duro affibbiato a tanti boss e soprattutto al loro capo, Riina, arrestato all`inizio dell`anno. Per quelle del`92, invece, non riesco a immaginare motivazioni mafiose sufficienti a superare le ripercussioni negative. E questo conferma l`ipotesi di qualche condizionamento esterno rispetto ai vertici di Cosa nostra.
Perciò ha ragione Pisanu a interrogarsi e chiedere di fare luce».

Anche laddove i magistrati non riescono ad arrivare?

«Ma certo. Noi siamo arrivati al limite del giuridicamente accettabile con il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che io condivido ma che faccio fatica a spiegare all`estero.
Al di là di quel reato, però, non ci sono solo i boy scout; possono esistere rapporti pericolosi, magari meno diretti o meno importanti, ma pur sempre rapporti. E di questi dovrebbe occuparsi la politica, prima dei magistrati».

Infatti Andreotti e Cossiga, agli ordini  di Henry Kissinger,  se ne interessarono con Delle Chiaie che rappresentava un estremismo di destra che teneva rapporti con la mafia di Rejna , secondo Lo Cicero.

 

 

 

CARO PIERO ANGELA UOMO DI STATO

 

 

 

ESPERIENZA STORICA DELL'ARROGANZA DELLA FIAT

https://www.rainews.it/tgr/piemonte/video/2022/07/watchfolder-tgr-piemonte-web-de-ponte-auto-elettrica-vl-tg1tgp2mxf-5f9b9ee5-2a7f-4d92-81c5-52a913e172bc.html

 

 

Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks

di Stefania Maurizi

PERCHE'  IL PRESIDENTE BIDEN NON GRAZIA ASSANGE dimostrando di essere migliore dei suoi predecessori ?

 

 FATTI NO BLA BLA BLA  DELLA STAMPA PER CONDIZIONARE LA VITA DELLE PERSONE CHE NON PENSANO PRIMA DI AGIRE

LE NON RISPOSTE DI DRAGHI E CINGOLANI DOCUMENTATE DA REPORT

 

QUALE E' LA VERITA' SUI MANDANTI DELLA MORTE DI FALCONE E BORSELLINO ?

Era il 23 maggio del 1992 quando Giovanni Falcone guidava la Fiat Croma della sua scorta che lo accompagnava dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo.

Assieme a lui c’erano la moglie Francesca Morvillo, e l’autista Giuseppe Costanza che quel giorno sedeva dietro.

Nel corteo delle auto che accompagnano il magistrato palermitano c’erano anche altre due auto, la Fiat Croma marrone sulla quale viaggiavano gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e la Fiat Croma azzurra sulla quale erano presenti gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

Alle 17:57 circa, secondo la ricostruzione della versione ufficiale, viene azionato da Giovanni Brusca il telecomando della bomba posta sotto il viadotto autostradale nel quale passava il giudice Falcone.

La prima auto, quella degli agenti Montinaro, Schifani e Dicillo viene sbalzata in un campo di ulivi che si trovava vicino alla carreggiata. Muoiono tutti sul colpo.

L’auto di Falcone e di sua moglie Francesca viene investita da una pioggia di detriti e l’impatto tremendo scaglia entrambi contro il parabrezza della macchina.

In quel momento sono ancora vivi, ma le ferite riportate sono molto gravi ed entrambi moriranno nelle ore successive all’ospedale.

L’autista Giuseppe Costanza sopravvive miracolosamente alla strage ed è ancora oggi vivo.

Mai in Italia la mafia era riuscita ad eseguire una operazione così clamorosa e così ben congegnata tale da far pensare ad un coinvolgimento di apparati terroristici e militari che andavano ben oltre le capacità di Cosa Nostra.

Capaci è una strage unica probabilmente anche a livello internazionale. Fu fatta saltare un’autostrada con 200 kg di esplosivo da cava. Appare impossibile pensare che furono soltanto uomini come Giovanni Brusca o piuttosto Totò Riina soprannominato Totò U Curtu potessero realizzare qualcosa del genere.

Impossibile anche che nessuno si sia accorto di come nei giorni precedenti sia stata portata una quantità considerevole di esplosivo sotto l’autostrada senza che nessuno notasse nulla.

È alquanto probabile che gli attentatori abbiano utilizzato dei mezzi pesanti per trasportare il tritolo e il T4 utilizzati per preparare l’ordigno.

Il via vai di mezzi deve essere stato frequente ed è difficile pensare che questo passaggio non sia stato notato da nessuno nelle aree circostanti.

Così come è impossibile che gli attentatori sapessero l’ora esatta in cui Falcone sarebbe sbarcato a Palermo senza avere una qualche fonte dall’interno che li informasse dei movimenti e degli spostamenti del magistrato.

Capaci per tutte le sue caratteristiche quindi è un evento che appare del tutto inattuabile senza il coinvolgimento di elementi infedeli presenti nelle istituzioni che diedero agli attentatori le informazioni necessarie per eseguire la strage.

Senza i primi, è impossibile sapere chi sono i veri mandanti occulti dell’eccidio che è costato la vita a 5 persone e che sconvolse l’Italia.

E per poter comprendere quali siano questi mandanti occulti è necessario guardare a cosa stava lavorando Falcone nelle sue ultime settimane di vita.

Senza posare lo sguardo su questo intervallo temporale, non possiamo comprendere nulla di quello che accadde in quei tragici giorni.

La stampa nostrana sono trent’anni che ci offre una ricostruzione edulcorata e distorta della strage di Capaci.

Ci vengono mostrate a ripetizione le immagini di Giovanni Brusca. Ci è stato detto tutto sulla teoria strampalata che vedrebbe Silvio Berlusconi tra i mandanti occulti dell’attentato, teoria che pare aver trovato una certa fortuna tra gli allievi liberali montanelliani, quali Peter Gomez e Marco Travaglio.

Non ci viene detto nulla però su ciò che stava facendo davvero Giovanni Falcone prima di morire.

L’indagine di Falcone sui fondi neri del PCI

All’epoca dei fatti, Falcone era direttore generale degli affari penali, incarico che aveva ricevuto dall’allora ministro della Giustizia, Claudio Martelli.

Nei mesi prima di Capaci, Falcone riceve una vera e propria richiesta di aiuto da parte di Francesco Cossiga, presidente della Repubblica.

Cossiga chiede a Falcone di fare luce sulla marea di fondi neri che erano piovuti da Mosca dal dopoguerra in poi nelle casse dell’ex partito comunista italiano.

Si parla di somme da capogiro pari a 989 miliardi di lire che sono transitati dalle casse del PCUS, il partito comunista dell’Unione Sovietica, a quelle del PCI.

La politica del PCUS era quella di finanziare e coordinare le attività dei partiti comunisti fratelli per diffondere ed espandere ovunque l’influenza del pensiero marxista e leninista e dell’URSS che si dichiarava custode di quella ideologia.

Questa storia è raccontata dettagliatamente in un avvincente libro intitolato "Il viaggio di Falcone a Mosca" firmato da Francesco Bigazzi e da Valentin Stepankov, il procuratore russo che stava collaborando con Falcone prima di essere ucciso.

Il sistema di finanziamento del PCUS era piuttosto complesso e spesso si rischia di perdersi in un fitto dedalo di passaggi e sottopassaggi nei quali è spesso difficile comprendere dove siano finiti effettivamente i fondi.

I finanziamenti erano erogati dal partito comunista sovietico agli altri suoi satelliti nel mondo e di questo c’è traccia nelle carte esaminate da Stepankov.

Ricevevano fondi il partito comunista francese e persino il partito comunista americano rappresentato da Gus Hall che a Mosca assicurava tutto il suo impegno contro l’imperialismo americano portato avanti da Ronald Reagan.

Il partito comunista italiano era però quello che riceveva la quantità di fondi più ingenti perché questo era il partito comunista più forte d’Occidente ed era necessario nell’ottica di Mosca assicurargli un costante sostegno per tenera aperta la possibilità di spostare l’Italia dall’orbita del patto Atlantico a quella del patto di Varsavia.

Una eventualità che se fosse mai avvenuta avrebbe provocato non solo la probabile fine della stessa NATO ma anche un probabile conflitto tra Washington e Mosca che si contendevano un Paese fondamentale, allora come oggi, per gli equilibri dell’Europa e del mondo.

Ed è in questa ottica che va vista la strategia della tensione ispirata e attuata da ambienti atlantici per impedire che Roma si avvicinasse troppo a Mosca.

Nell’ottica di questa strategia era necessario colpire la popolazione civile attraverso gruppi terroristici, ad esempio le Brigate Rosse, infiltrati da ambienti dell’intelligence americana per eseguire azioni clamorose, su tutte il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro.

Il sangue versato dall’Italia nel dopoguerra per volontà del cosiddetto stato profondo di Washington è stato versato per impedire all’Italia di intraprendere un cammino politico che avrebbe potuto allontanarla troppo dalla sfera di dominio Euro-Atlantica non tanto per approdare in quella sovietica, ma piuttosto, secondo la visione di Moro, nel campo dei Paesi non allineati né con un blocco né con l’altro.

Nel 1992 questo mondo era già crollato e non esisteva più la cosiddetta minaccia sovietica. A Mosca regnava il caos. Una epoca era finita e l’URSS era crollata non per via della sua struttura elefantiaca, come pretende di far credere una certa vulgata atlantista, ma semplicemente perché si era deciso di demolirla dall’interno.

La perestrojka, termine russo che sta per ristrutturazione, di cui l’ex segretario del PCUS, Gorbachev, fu un convinto sostenitore fu ciò che preparò il terreno alla caduta del blocco sovietico.

Gorbachev era ed è un personaggio molto vicino agli ambienti del globalismo che contano e fu uno dei primi sovietici ad essere elogiato e sostenuto dal gruppo Bilderberg che nel 1987 guarda con vivo interesse e ammirazione alla sua apertura al mondo Occidentale.

Al Bilderberg c’è il gotha della società mondiale in ogni sua derivazione politica, economica, finanziaria e ovviamente mediatica senza la quale sarebbe stato impossibile perseguire i piani di questa struttura paragovernativa internazionale.

Uno dei membri di spicco di questo club, David Rockefeller, ringraziò calorosamente alcuni anni dopo gli esponenti della stampa mondiale, soprattutto quella anglosassone, per aver taciuto le attività di questa società segreta che senza il silenzio dei media non sarebbe mai riuscita a portare avanti indisturbata i suoi piani.

Nella visione di questi ambienti, l’URSS, di cui, sia chiaro, non si ha nostalgia, era comunque diventata ingombrante e doveva essere rimossa.

Il segretario del partito comunista, Gorbachev, attraverso le sue “riforme” ebbe un ruolo del tutto fondamentale nell’ambito del raggiungimento di questo obbiettivo.

I signori del Bilderberg avevano deciso che gli anni 90 avrebbero dovuto essere gli anni della globalizzazione e della concentrazione di un potere mai visto nelle mani della NATO che per poter avvenire doveva passare dall’eliminazione del blocco opposto, quello dell’Unione Sovietica.

Il crollo dell’URSS ebbe un impatto devastante sulla società post-sovietica russa. Moltissimi dirigenti, 1746, si tolsero la vita. Un numero di morti per suicidio che non trova probabilmente emuli nella storia politica recente di nessun Paese.

Alcuni suicidi furono piuttosto anomali e si pensò che alcuni influenti notabili di Mosca in realtà siano stati suicidati per non far trapelare le verità scomode che sapevano riguardano ai finanziamenti del partito.

A Mosca era iniziato il grande saccheggio e le svendite di tutto quello che era il patrimonio pubblico dello Stato.

L’URSS era uscita dall’era della proprietà collettivizzata per entrare in quella del neoliberismo più feroce e selvaggio così come avvenne per gli altri Paesi dell’Europa Orientale che furono messi all’asta e comprati da corporation angloamericane.

Il procuratore russo Stepankov voleva far luce sulla enorme quantità di soldi che era uscita dalle casse del partito. Voleva capire dove fosse finito tutto questo denaro e come esso fosse stato speso.

Per fare questo, chiese assistenza all’Italia e il presidente Cossiga girò questa richiesta di aiuto all’allora direttore generale degli affari penali, Giovanni Falcone.

Falcone accettò con entusiasmo e ricevette a Roma nel suo ufficio il procuratore Stepankov per avviare quella collaborazione, inedita dal secondo dopoguerra in poi, tra l’Italia e la neonata federazione russa.

Al loro primo incontro, Falcone e Stepankov si piacciono subito. Entrambi si riconoscono una integrità e una determinazione indispensabili per degli inquirenti determinati a comprendere cosa fosse accaduto con quella enorme quantità di denaro che aveva lasciato Mosca per finire in Italia.

I fondi venivano stanziati in dollari e poi convertiti in lire ma per poter completare questo passaggio era necessaria l’assistenza di un’altra parte, che Falcone riteneva essere la mafia che in questo caso avrebbe agito in stretto contatto con l’ex PCI.

I legami tra PCI e mafia non sono stati nemmeno sfiorati dai media mainstream italiani. La sinistra progressista si è attribuita una sorta di primato morale nella lotta alla mafia quando questa storia e questa indagine rivelano invece una sua profonda contiguità con il fenomeno mafioso.

L’indagine di Falcone rischiava di mandare a monte il piano di Mani Pulite

Giovanni Falcone era determinato a fare luce su questi legami, ma non fece in tempo. Una volta iniziata la sua collaborazione con Stepankov la sua vita fu stroncata brutalmente nella strage di Capaci.

Era in programma un viaggio del magistrato nei primi giorni di giugno a Mosca per continuare la collaborazione con Stepankov.

Il giudice si stava avvicinando ad una verità scabrosa che avrebbe potuto travolgere l’allora PDS che aveva abbandonato la falce e martello del partito comunista due anni prima nella svolta della Bolognina inaugurata da Achille Occhetto.

Il PCI si stava tramutando in una versione del partito democratico liberal progressista molto simile a quella del partito democratico americano.

Il processo di conversione era già iniziato anni prima quando a Washington iniziò a recarsi sempre più spesso Giorgio Napolitano che divenne un interlocutore privilegiato degli ambienti che contano negli Stati Uniti, soprattutto quelli sionisti e atlantisti.

A Washington avevano già deciso probabilmente in quegli anni che doveva essere il nuovo partito post-comunista a trascinare l’Italia nel girone infernale della globalizzazione.

Il 1992 fu molto di più che l’anno della caccia alle streghe giudiziaria. Il 1992 fu una operazione internazionale decisa nei circoli del potere anglo-sionista che aveva deciso di liberarsi di una classe politica che, seppur con tutti i suoi limiti, aveva saputo in diverse occasioni contenere l’atlantismo esasperato e aveva saputo esercitare la sua sovranità come accaduto a Sigonella nel 1984 e come accaduto anche con l’omicidio di Aldo Moro, che pagò con la vita la decisione di voler rendere indipendente l’Italia dall’influenza di questi centri di potere transnazionali.

Il copione era quindi già scritto. Il pool di Mani Pulite agì come un cecchino. Tutti i partiti vennero travolti dalle inchieste giudiziarie e tutti finirono sotto la gogna mediatica della pioggia di avvisi di garanzia che in quel clima da linciaggio popolare equivalevano ad una condanna anticipata.

Il PSI di Craxi fu distrutto così come la DC di Andreotti. Tutti vennero colpiti ma le inchieste lasciarono, “casualmente”, intatto il PDS.

Eppure era abbastanza nota la corruzione delle cosiddette cooperative rosse, così come era nota la corruttela che c’era nel partito comunista italiano che riceveva fondi da una potenza straniera, allora nemica, e poi li riciclava attraverso la probabile assistenza di organizzazioni mafiose.

Questa era l’ipotesi investigativa alla quale stava lavorando Giovanni Falcone e questa era la stessa ipotesi che subito dopo raccolse Paolo Borsellino, suo fraterno amico e magistrato ucciso soltanto 55 giorni dopo a via d’Amelio.

Mai la mafia era giunta a tanto, e non era giunta a tanto perché non era nelle sue possibilità. C’è un unico filo rosso che lega queste due stragi e questo filo rosso porta fuori dai confini nazionali.

Porta direttamente in quei centri di potere che avevano deciso che tutta la ricchezza dell’industria pubblica italiana fosse smantellata per essere portata in dote alla finanza anglosionista.

Questi stessi centri di potere globali avevano deciso anche che dovesse essere il nuovo PDS a proseguire lo smantellamento dell’economia italiana attraverso la sua adesione alla moneta unica.

E fu effettivamente così, salvo la parentesi berlusconiana del 94. Il PDS portò l’Italia sul patibolo dell’euro e di Maastricht e privò della sovranità monetaria il Paese agganciandola alla palla al piede della moneta unica, arma della finanza internazionale.

E fu il turbare di questi equilibri che portò alla prematura morte dei magistrati Falcone e Borsellino. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avevano messo le mani sui fili dell’alta tensione. Quelli di un potere così forte che fa impallidire la mafia.

I due brillanti giudici sapevano che il fenomeno mafioso non poteva essere compreso se non si guardava al piano superiore, che era quello costituito dalla massoneria e dal potere finanziario.

Cosa Nostra e le altre organizzazioni sono solamente della manovalanza di un potere senza volto molto più potente.

È questa la verità che non viene raccontata agli italiani che ogni anno quando si celebrano queste stragi vengono sommersi da un fiume di retorica o da una scadente cinematografia di regime che mai sfiora la verità su quanto accaduto in quegli anni e mai sfiora il vero potere che eseguì il colpo di Stato del 1992 e che insanguinò l’Italia nello stesso anno.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono due figure che vanno ricordate non solo per il loro eroismo, ma per la loro ferma volontà e determinazione nel fare il loro mestiere, anche se questo voleva dire pagare con la propria vita.

Lo fecero fino in fondo sapendo di sfidare un potere enormemente più forte di loro. Sapevano che in gioco c’erano equilibri internazionali e destini decisi da uomini seduti nei consigli di amministrazione di banche e corporation che erano i veri registi della mafia.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno ricordati perché sono due eroi italiani che si sono opposti a ciò che il Nuovo Ordine Mondiale aveva deciso per l’Italia e pur di farlo non hanno esitato a sacrificare la loro vita.

Oggi, trent’anni dopo, sembra che stiano per chiudersi i conti con quanto accaduto nel 1992 e l’Italia sembra più vicina all’avvio di una nuova fase della sua storia, una nella quale potrebbe esserci la seria possibilità di avere una sovranità e una indipendenza come non la si è avuta dal 1945 in poi.

 

 

 

Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati
multe autovelox

La Cassazione ha confermato che anche gli autovelox posti sulle pattuglie delle varie forze dell’ordine devono essere adeguatamente segnalati.
Autovelox mobili: la multa non è valida se non sono segnalati

AUTOVELOX MOBILI - Subire una multa per eccesso di velocità non è certamente piacevole, soprattutto perché questo comporta la necessità di dover mettere mano al portafoglio per una spesa imprevista. Ci sono però delle situazioni in cui la sanzione può essere ritenuta non valida e quindi annullata, come indicata da una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione. Che ha così chiarito i dubbi su cosa può accadere nel caso in cui l’autovelox presente in un tratto di strada non sia opportunamente segnalato: l’obbligo è valido anche per gli autovelox mobili montati sulle auto della polizia.

UNA LUNGA TRAFILA LEGALE - La vicenda trae origine da un’automobilista di Feltre (Belluno) aveva subito sei anni fa una multa per eccesso di velocità dopo essere stato sorpreso a 85 km/h in un tratto di strada in cui il limite era invece di 70 m/h. Una pattuglia della polizia presente sul posto dotata di autovelox Scout Speed aveva provveduto a sanzionarlo. L’uomo era però convinto di avere subito un’ingiustizia e aveva così deciso di fare ricorso. Alla fine, nonostante la trafila sia stata particolarmente lunga, è stato proprio il conducente a vincere fino ad arrivare alla sentenza della Cassazione emessa pochi giorni fa.

LA SENTENZA - Nella quale si legge: "In attuazione del generale obbligo di preventiva e ben visibile segnalazione, contempla la possibilità di installare sulle autovetture dotate del dispositivo Scout Speed messaggi luminosi contenenti l'iscrizione “controllo velocità” o “rilevamento della velocità”, visibili sia frontalmente che da tergo. Molteplici possibilità di impiego e segnalazione sono correlate alle caratteristiche della postazione, fissa o mobile, sicché non può dedursi alcuna interferenza negativa che possa giustificare, avuto riguardo alle caratteristiche tecniche della strumentazione impiegata nella postazione di controllo mobile, l'esonero dall'obbligo della preventiva segnalazione".

 

  

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per non fare diventare l'ITALIA un'hotspot europeo dell'immigrazione in quanto bisogna resistere come italiani nel nostro paese dando agli immigrati un messaggio forte e chiaro : ogni paese puo' svilupparsi basta impegnarsi per farlo con le risorse disponibili e l'intelligenza , che significa adattamento nel superare le difficolta'.

Inventarsi un lavoro invece che fare l'elemosina.

Quanti miracoli ha fatto Maometto rispetto a Gesu' ?

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1) esame d'italiano e storia italiana per gli immigrati

2) lavori socialmente utili

3) pulizia e cucina autonoma

3 gennaio 1917, Suor Lucia nel Terzo segreto di Fatima: Il sangue dei martiri cristiani non smetterà mai di sgorgare per irrigare la terra e far germogliare il seme del Vangelo.  Scrive suor Lucia: “Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva grandi fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo intero; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “Qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della croce c’erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio”. interpretazione del Terzo segreto di Fatima era già stata offerta dalla stessa Suor Lucia in una lettera a Papa Wojtyla del 12 maggio 1982. In essa dice:  «La terza parte del segreto si riferisce alle parole di Nostra Signora: “Se no [si ascolteranno le mie richieste la Russia] spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte” (13-VII-1917). La terza parte del segreto è una rivelazione simbolica, che si riferisce a questa parte del Messaggio, condizionato dal fatto se accettiamo o no ciò che il Messaggio stesso ci chiede: “Se accetteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, etc.”. Dal momento che non abbiamo tenuto conto di questo appello del Messaggio, verifichiamo che esso si è compiuto, la Russia ha invaso il mondo con i suoi errori. E se non constatiamo ancora la consumazione completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati a poco a poco a larghi passi. Se non rinunciamo al cammino di peccato, di odio, di vendetta, di ingiustizia violando i diritti della persona umana, di immoralità e di violenza, etc. E non diciamo che è Dio che così ci castiga; al contrario sono gli uomini che da se stessi si preparano il castigo. Dio premurosamente ci avverte e chiama al buon cammino, rispettando la libertà che ci ha dato; perciò gli uomini sono responsabili».

Le storie degli immigrati occupanti che cercano di farsi mantenere insieme alle loro famiglie , non lavoro come gli immigrati italiani all'estero:

1)  Mi trovavo all'opedale per prenotare una visita delicata , mentre stato parlando con l'infermiera, una donna mi disse di sbrigarmi : era di colore.

2) Mi trovavo in C,vittorio ang V.CARLO ALBERTO a Torino, stavo dando dei soldi ad un bianco che suonava una fisarmonica accanto ai suoi pacchi, arriva un nero in bici e me li chiede

3) Ero su un bus turistico e' salito un nero ha spostato la roba che occupava i primi posti e si e' messo lui

4) Ero in un team di startup che doveva fare proposte a TIM usando strumenti della stessa la minoranza mussulmana ha imposto di prima vedere gli strumenti e poi fare le proposte: molto innovativo !

5) FINO A QUANDO I MUSSULMANI NON ACCETTANO LA PARITA' UOMO DONNA , ANCHE SE LO SCRIVE IL CORANO E' SBAGLIATO. E' INACCETTABILE QUESTO PRINCIPIO CHE CI PORTA INDIETRO.

6) perche' lITALIA deve accogliere tutti ? anche gli alberghi possono rifiutare clienti .

7) Immigrazione ed economia sono interconnesse in quanto spostano pil fuori dal paese.

8) Gli extracomunitari ti entrano in casa senza chiedere permesso. Non solo desiderano la roba d altri ma la prendono.
Forse il primo insegnamento sarebbe il rispetto della liberta' altrui.

 

09.01.19

Tutti i nulllafacenti immigrati Boeri dice che ne abbiamo bisogno : per cosa ? per mantenerli ?

04.02.17l

L'ISIS secondo me sta facendo delle prove di attentato con l'obiettivo del Vaticano con un attacco simultaneo da terra con la tecnica dei camion e dal cielo con aerei come a NY l'11.09.11.

Riforma sostenuta da una maggioranza trasversale: «Non razzismo, ma realismo» Case Atc agli immigrati La Regione Piemonte cambia le regole Gli attuali criteri per le assegnazioni penalizzano gli italiani .

Screening pagato dalla Regione e affidato alle Molinette Nel Centro di Settimo esami contro la Tbc “Controlli da marzo” Tra i profughi in arrivo aumentano i casi di scabbia In sei mesi sono state curate un migliaio di persone.

Il Piemonte è la quarta regione italiana per numero di richiedenti asilo. E gli arrivi sono destinati ad aumentare. L’assessora Cerutti: “Un sistema che da emergenza si sta trasformando in strutturale”. Coinvolgere maggiormente i Comuni.In Piemonte ci sono 14.080 migranti e il flusso non accenna ad arrestarsi: nel primo mese del 2017 sono già sbarcati in Italia 9.425 richiedenti asilo, in confronto ai 6030 dello scorso anno e ai 3.813 del 2015. Insomma, serve un piano. A illustrarlo è l’assessora all’Immigrazione della Regione Monica Cerutti, che spiega come la rete di accoglienza in questi anni sia radicalmente cambiata, trasformando il sistema «da emergenziale a strutturale».

La Regione punta su formazione e compensazioni mentre aumentano i riconoscimenti In Piemonte 14 mila migranti Solo 1200 nella rete dei Comuni A Una minoranza inserita in progetti di accoglienza gestiti dagli enti locali umentano i riconoscimenti delle commissioni prefettizie, meno rigide rispetto al passato prossimo: la tendenza si è invertita, le domande accolte sono il 60% rispetto al 40% dei rigetti. Non aumenta, invece, la disponibilità a progetti di accoglienza e di integrazione da parte dei Comuni. Stando ai dati aggiornati forniti dalla Regione, si rileva che rispetto ai 14 mila migranti oggi presenti in Piemonte quelli inseriti nel sistema Sprar - gestito direttamente dai Comuni - non superano i 1.200. Il resto lo troviamo nelle strutture temporanee sotto controllo dalle Prefetture. Per rendere l’idea, nella nostra regione i Comuni sono 1.2016. La trincea dei Comuni Un bilancio che impensierisce la Regione, alle prese con resistenze più o meno velate da parte degli enti locali: il termometro di un malumore, o semplicemente di indifferenza, che impone un lavoro capillare di convincimento. «Di accompagnamento, di compensazione e prima ancora di informazione contro la disinformazione e certe strumentalizzazioni politiche», - ha precisato l’assessora Monica Cerutti riepilogando le azioni previste nel piano per regionale per l’immigrazione. A stretto giro di posta è arrivata la risposta della Lega Nord nella persona del consigliere regionale Alessandro Benvenuto: «Non esistono paure da disinnescare ma necessità da soddisfare sia in termini di sicurezza e controllo del territorio, sia dal punto di vista degli investimenti. Il Piemonte ha di per sé ben poche risorse, che andrebbero utilizzate per creare lavoro e risolvere i problemi che attanagliano i piemontesi, prima di essere adoperate per far fare un salto di qualità all’accoglienza». Progetti di accoglienza Tre i progetti in campo: «Vesta» (ha come obiettivo il miglioramento dei servizi pubblici che si relazionano con i cittadini di Paesi terzi), “Petrarca” (si occupa di realizzare un piano regionale per la formazione civico linguistica), “Piemonte contro le discriminazioni” (percorsi di formazione e di inclusione volti a prevenire le discriminazioni). Inoltre la Regione ha attivato con il Viminale un progetto per favorire lo sviluppo delle economie locali sostenendo politiche pubbliche rivolte ai giovani ivoriani e senegalesi. Più riconoscimenti Come si premetteva, aumentano i riconoscimenti: 297 le domande accolte dalla Commissione di Torino nel periodo ottobre-dicembre 2016 (status di rifugiato, protezione sussidiaria e umanitaria); 210 i rigetti. In tutto i convocati erano mille: gli altri o attendono o non si sono presentati. I tempi della valutazione, invece, restano lunghi: un paio di anni, considerando anche i ricorsi. Sul fronte dell’assistenza sanitaria e della prevenzione, si pensa di replicare nel Centro di Castel D’Annone, in provincia di Asti, lo screening contro la tubercolosi che dal marzo sarà attivato al Centro Fenoglio di Settimo con il concorso di Regione, Croce Rossa e Centro di Radiologia Mobile delle Molinette.

INTANTO :«Non sono ipotizzabili anticipazioni di risorse» per l’asilo che Spina 3 attende dal 2009. La lunga attesa aveva fatto protestare molti residenti e c’era chi già stava perdendo le speranze. Ma in Circoscrizione 4, in risposta a un’interpellanza del consigliere della Lega Carlo Morando, il Comune ha messo nero su bianco che i fondi dei privati per permettere la costruzione dell’asilo non ci sono. Quella di via Verolengo resta una promessa non rispettata. Con la crisi immobiliare, la società Cinque Cerchi ha rinunciato a costruire una parte dei palazzi e gli oneri di urbanizzazione versati, spiegò mesi fa l’ex assessore Lorusso, erano andati per la costruzione del tunnel di corso Mortara. Ad ottobre c’è stata una nuova riunione. L’esito è stata la fumata nera da parte dei privati. «Sarà necessario che la progettazione e la realizzazione dell’opera vengano curate direttamente dalla Città di Torino», scrive il Comune nella sua risposta. Senza specificare come e dove verranno reperiti i fondi necessari, né quando si partirà.

 

Tunisia. Frattini: "Proporremo immigrazione circolare" - Il portale dell ...

www.stranieriinitalia.it/.../tunisia-frattini-qproporremo-immigrazione-circolareq.html

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20 gen 2011 - L'immigrazione "circolare" è quella in cui i migranti, dopo un certo periodo di lavoro all'estero, tornano nei loro Paesi d'origine. Un sistema più ...

Tutto è iniziato quando è stato chiuso il bar. I 60 stranieri che erano a bordo del traghetto Tirrenia diretto a Napoli volevano continuare a bere. L’obiettivo era sbronzarsi e far scoppiare il caos sulla nave. Lo hanno fatto ugualmente, trasformando il viaggio in un incubo anche per gli altri 200 passeggeri. In mezzo al mare, nel cuore della notte, è successo di tutto: litigi, urla, botte, un tentativo di assalto al bancone chiuso, molestie ai danni di alcuni viaggiatori e persino un’incursione tra le cuccette. La situazione è tornata alla calma soltanto all’alba, poco prima dell’ormeggio, quando i protagonisti di questa interminabile notte brava hanno visto che sulle banchine del porto di Napoli erano già schierate le pattuglie della polizia. Nella nave Janas partita da Cagliari lunedì sera dalla Sardegna era stato imbarcato un gruppo di nordafricani che nei giorni scorsi aveva ricevuto il decreto di espulsione. Una trentina di persone, alle quali si sono aggiunti anche altri immigrati nordafricani. E così a bordo è scoppiato il caos. Il personale di bordo ha provato a riportare la calma ma la situazione è subito degenerata. Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati. All’arrivo a Napoli, il traghetto è stato bloccato dagli agenti della Questura di Napoli che per tutta la giornata sono rimasti a bordo per identificare gli stranieri che hanno scatenato il caos in mezzo al mare e per ricostruire bene l’episodio. «Il viaggio del gruppo è stato effettuato secondo le procedure previste dalla legge, implementate dalle autorità di sicurezza di Cagliari – si limita a spiegare la Tirrenia - La compagnia, come sempre in questi casi, ha destinato ai passeggeri stranieri un’area della nave, a garanzia della sicurezza dei passeggeri, non essendo il gruppo accompagnato  dalle forze di polizia. Contrariamente a quanto avvenuto in passato, il gruppo ha creato problemi a bordo per tensioni al suo interno che poi si sono ripercosse sui passeggeri». A bordo del traghetto gli agenti della questura di Napoli hanno lavorato per quasi 12 ore e hanno acquisito anche le telecamere della videosorveglianza della nave. Nel frattempo sono scoppiate le polemiche. «I protagonisti di questo caos non sono da scambiare con i profughi richiedenti asilo - commenta il segretario del Sap di Cagliari, Luca Agati - La verità è che con gli sbarchi dal Nord Africa, a cui stiamo assistendo anche in questi giorni, arrivano poco di buono, giovani convinti di poter fare cio’ che vogliono una volta ottenuto il foglio di espulsione, che di fatto è un lasciapassare che garantisce loro la libertà di delinquere in Italia. Cosa deve accadere per far comprendere che va trovata una soluzione definitiva alla questione delle espulsioni?»  In ostaggio per ore Per ore la nave è stata in balia dei sessanta scatenati, che hanno trasformato il viaggio in un incubo per gli altri 200 passeggeri  21.02.17

Istituto comprensivo Regio Parco La crisi spegne la musica in classe Le famiglie non pagano la retta da 10 euro al mese: a rischio il progetto lanciato da Abbado, mentre la Regione Piemonte finanzia un progetto per insegnare ai bambini italiani la lingua degli immigrati non viceversa.

 Qui Foggia Gli sfollati di una palazzina crollata nel 1999 vivono in container di appena 24 mq Qui Messina Nei rioni Fondo Fucile e Camaro San Paolo le baracche aumentano di anno in anno Donne e bambini Nei rioni nati dopo il sisma le case sono coperte da tetti precari, spesso di Eternit Qui Lamezia Terme Oltre 400 calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica a cielo aperto  Qui Brescia Nelle casette di San Polino le decine di famiglie abitano prefabbricati fatiscenti Da Brescia a Foggia, da Lamezia a Messina. Oltre 50 mila italiani vivono in abitazioni di fortuna. Tra amianto, topi e rassegnazione Caterina ha 64 anni e tenacia da vendere. Con gli occhi liquidi guarda il tetto di amianto sopra la sua testa: «Sono stata operata due volte di tumore, è colpa di questo maledetto Eternit». Indossa una vestaglia a righe bianche e blu. «Vivo qui da vent’anni. D’estate si soffoca, d’inverno si gela, piove in casa e l’umidità bagna i vestiti nei cassetti. Il dottore mi ha detto di andare via. Ma dove?». In fondo alla strada abita Concetta, che tra topi e lamiere trova la forza di sorridere: «A ogni campagna elettorale i politici ci promettono case popolari, ma una volta eletti si dimenticano di noi. Sono certa che morirò senza aver realizzato il mio sogno: un balcone dove stendere la biancheria». Antonio invece no, lui non ride. Digrigna i denti rimasti: «Gli altri li ho persi per colpa della rabbia. In due anni qui sono diventato brutto, mi vergogno». Slum, favela, bidonville: Paese che vai, emarginazione che trovi. Un essere umano su sei, nel mondo, vive in una baraccopoli. In Italia sono almeno 53 mila le persone che, secondo l’Istat, abitano nei cosiddetti «alloggi di altro tipo», diversi dalle case. Cantine, roulotte, automobili e soprattutto baracche. Le storie di questi cittadini invisibili (e italianissimi) sono raccontate nel documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani, prodotto da Parallelozero, in onda domenica sera alle 21,15 su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Le baraccopoli sono non luoghi popolati da un’umanità sconfitta e spesso rassegnata. Donne, uomini, bambini, anziani. Vittime della crisi economica o di circostanze avverse. Vivono in stamberghe all’interno di moderni ghetti al confine con quella parte di città degna di questo nome. Di là dal muro la civiltà. Da questo lato fango, calcinacci, muffa, immondizia, fogne a cielo aperto. A Messina le abitazioni di fortuna risalgono ad oltre un secolo fa, quando il terremoto del 1908 rase al suolo la città. Qui l’emergenza è diventata quotidianità. Fondo Fucile, Giostra, Camaro San Paolo. Eccoli i rioni del girone infernale dei diseredati. Legambiente ha censito più di 3 mila baracche e altrettante famiglie. I topi, invece, sono ben di più. A Lamezia Terme oltre 400 calabresi di etnia rom vivono ai margini di una discarica. Tra loro c’è Cosimo, che vorrebbe andare via: «Non per me, ma per mio figlio, ha subìto un trapianto di fegato». A Foggia gli sfollati di una palazzina crollata nel 1999 vivono nei container di 24 mq. Andrea abita invece nelle casette di San Polino a Brescia, dove un prefabbricato fatiscente è diventato la sua dimora forzata: «Facevo l’autotrasportatore. Dopo due ictus ho perso patente e lavoro. I miei figli non sanno che abito qui. Non mi è rimasto nulla, nemmeno la dignità». Sognando un balcone «Il mio sogno? È un balcone dove stendere la biancheria», dice la signora Caterina nIl documentario «Baraccopolis» di Sergio Ramazzotti e Andrea Monzani, prodotto da Parallelozero, andrà in onda domani sera alle 21.15 su Sky Atlantic Hd per il ciclo «Il racconto del reale». Su Sky Atlantic Il documentario 3 domande a Sergio Ramazzotti registra e fotografo “Così ho immortalato la vita dentro quelle catapecchie” Chi sono gli abitanti delle baraccopoli? «Sono cittadini italiani, spesso finiti lì per caso. Magari dopo aver perso il lavoro o aver divorziato». Quali sono i tratti comuni? «Chi finisce in una baracca attraversa fasi simili a quelle dei malati di cancro. Prima lo stupore, poi la rabbia, il tentativo di scendere a patti con la realtà, la depressione, infine la rassegnazione». Cosa ci insegnano queste persone? «È destabilizzante raccontare donne e uomini caduti in disgrazia con tanta rapidità. Sono individui come noi. La verità è che può succedere a chiunque». Baraccopolid’Italia

01.03.17

GLI ITALIANI AIUTANO più FACILMENTE GLI EXTRACOMUNITARI RISPETTO AGLI ITALIANI.

https://twitter.com/i/status/1763518366122168632

 

 

 

 

SE VUOI SCRIVERTI UN BREVETTO CONSULTA dm.13.01.10 n33

13/01/2010 - Decreto ministeriale del 13 gennaio 2010, n. 33 - Uibm

 

 

 

CORRISPONDENZA sulla Xylella fastidiosa con la UE luglio 2018

XYLELLA\18-07-31-ARES 4037967.pdf

XYLELLA\18-07-31-ARES 4037967-cover.pdf

 

 

 

Mutui, la prova della truffa Via a rimborsi per 16 miliardi

Dopo tre anni ecco la sentenza Ue sull'Euribor truccato da banche estere. Ma si può far causa pure alle italiane

Giuseppe Marino - Sab, 19/11/2016 - 15:52

La Commissione europea, tre anni dopo aver condannato quattro tra le più grandi banche europee per aver truccato il tasso di interesse che incide sui mutui di milioni di cittadini europei, ha finalmente tolto il segreto al testo della sentenza. E quel documento di trenta pagine potrebbe valere, solo per gli italiani che hanno un mutuo sulle spalle, ben 16 miliardi di euro di rimborsi da chiedere alle banche.

La storia parte con la scoperta di un'intesa restrittiva della concorrenza, ovvero un cartello, tra le principali banche europee. Lo scopo, secondo l'Antitrust europeo, era di manipolare a proprio vantaggio il corso dell'Euribor, il tasso di interesse che funge da riferimento per un mercato di prodotti finanziari che vale 400mila miliardi di euro. Tra questi ci sono i mutui di 2,5 milioni di italiani, per un controvalore complessivo stimabile in oltre 200 miliardi. L'Euribor viene calcolato giorno per giorno con un sondaggio telefonico tra 44 grandi banche europee, che comunicano che tasso di interesse applicano in quel momento per i prestiti tra banche. Il risultato del sondaggio viene comunicato all'agenzia Thomson Reuters che poi comunica il valore dell'Euribor agli operatori e al pubblico. L'Antitrust ha scoperto che alcune grandi banche, tra il 2005 e il 2008, si erano messe d'accordo per falsare i valori comunicati e manipolare il valore del tasso secondo la propria convenienza. «Alcune volte, -recita la sentenza che il Giornale ha potuto visionare- certi trader (omissis...) comunicavano e/o ricevevano preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi valori Euribor. Queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie posizioni commerciali ed esposizioni»

Il risultato ovviamente si è riflettuto sui mutui degli ignari cittadini di tutta Europa, che però finora avevano le unghie spuntate. Un avvocato di Sassari, Andrea Sorgentone, legato all'associazione Sos Utenti, ha subissato la Commissione di ricorsi per farsi consegnare il testo della sentenza dell'Antitrust che condanna Deutsche Bank, Société Genéralé, Rbs e Barclay's a pagare in totale una multa di oltre un miliardo di euro.

La Ue ha sempre rifiutato adducendo problemi di riservatezza delle banche, ma alla fine l'avvocato ha ottenuto una copia della sentenza, seppur in parte «censurata». E ora il conto potrebbe salire. E non solo per quelle direttamente coinvolte, perché il tasso alterato veniva applicato ai mutui variabili da tutte le banche, anche le italiane, che ora potrebbero dover pagare il conto dei trucchi di tedesche, francesi e inglesi. Sorgentone si dice convinto di poter ottenere i risarcimenti: «Secondo le stime più attendibili -dice- i mutuatari italiani hanno pagato interessi per 30 miliardi, di cui 16 indebitamente. La sentenza europea è vincolante per i giudici italiani. Ora devono solo quantificare gli interessi che vanno restituiti in ogni rapporto mutuo, leasing, apertura di credito a tasso variabile che ha avuto corso dal 1 settembre 2005 al 31 marzo 2009».

27.01.17

 

 

Come creare un meeting su Zoom? In un periodo in cui è richiesto dalla società il distanziamento sociale, la nota app per le videoconferenze diventa uno strumento importante per molte aziende e privati. Se partecipare a un meeting è un processo estremamente semplice, che non richiede neppure la registrazione al servizio, discorso diverso vale per gli utenti che desiderano creare un meeting su Zoom.

Ecco dunque una semplice guida per semplificare la vita a coloro che hanno intenzione di approcciare alla piattaforma senza confondersi le idee.

Come si crea un meeting su Zoom

Dopo aver scaricato e installato Zoom, e aver effettuato la registrazione, si dovrà dunque effettuare l’accesso premendo Sign In (è possibile loggare direttamente con il proprio account Google o Facebook, comunque). A questo punto, bisogna procedere in questo modo:

  • Fare tap su New Meeting (pulsante arancione)
  • Scegliere se avviare il meeting con la fotocamera accesa o spenta, tramite il toggle Video On
  • Premere Start a Meeting

A questo punto è stata creata la videoconferenza, ma affinché venga avviata è necessario invitare i partecipanti. Per proseguire sarà necessario quindi:

  • Fare tap su Participants (nella parte in basso dello schermo)
  • Premere su Invite
  • Scegliere il mezzo attraverso cui inviare il link di partecipazione ai mittenti (tramite e-mail o messaggio, per esempio)

Una volta invitati gli utenti, chi ha creato il meeting avrà la possibilità di fare tap su ognuno di essi per utilizzare diverse funzioni: per esempio si potranno silenziare, piuttosto che chiedergli di attivare la fotocamera, eccetera.

Zoom, anche su dispositivi mobile

Zoom (immagine: Zoom).

Facendo tap sul pulsante Chats (in basso a sinistra dello schermo), inoltre, si potranno inviare messaggi di testo a tutti i partecipanti o solo a uno di essi. Una volta terminata la videoconferenza, la si potrà chiudere facendo tap sulla scritta rossa End in alto a destra: si potrà in ultimo scegliere se lasciare il meeting (Leave Meeting), permettendo agli altri di continuare a interagire, o se scollegare tutti (End Meeting).

 

 

Windows File Recovery recupera i file cancellati per sbaglio

È la prima app di questo tipo realizzata direttamente da Microsoft.

A tutti - beh, a quanti non hanno un backup efficiente - sarà capitato di cancellare per errore un file, non solo mettendolo nel Cestino, ma facendolo sparire apparentemente per sempre.

Recuperare i file cancellati ha tante più possibilità di riuscire quanto meno la zona occupata da quei file è stata sovrascritta, ed è un lavoro per software specializzati.

Fino a oggi, l'unica possibilità per i sistemi Windows era scegliere programmi di terze parti. Ora Microsoft ha rilasciato una piccola utility che si occupa proprio del recupero dei file.

Si chiama Windows File Recovery ed è disponibile gratuitamente sul Microsoft Store.

Si tratta di un programma privo di interfaccia grafica: per adoperarlo bisogna quindi superare la diffidenza per la linea di comando che alberga in molti utenti di Windows.

L'utility ha tre modalità base di funzionamento. Default, suggerita per i drive Ntfs, si rivolge alla Master File Table (MFT) per individuare i segmenti dei file. Segment fa a meno della MFT e si basa invece sul rilevamento dei segmenti (che contengono informazioni come il nome, la data, il tipo di file e via di seguito). Signature, infine, si basa sul tipo di file: non avendo a disposizione altre informazioni, cerca tutti i file di quel tipo (Microsoft consiglia questo sistema per le unità esterne come chiavette Usb e schede SD).

Windows File Recovery è in grado di tentare il recupero da diversi filesystem - quali Ntfs, exFat e ReFS - e per apprendere il suo utilizzo Microsoft ha messo a disposizione una pagina d'aiuto (in inglese) sul sito ufficiale.

Qui sotto, alcune schermate di Windows File Recovery.

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Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28141

 

Bloatbox ripulisce Windows 10 dalle app indesiderate

Bastano pochi clic per eliminare tutto il bloatware preinstallato.

Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28201

Non si può dire che Windows 10 sia un sistema operativo essenziale: ogni nuova installazione porta con sé, insieme al sistema vero e proprio, tutta una serie di applicazioni che per la maggior parte degli utenti si rivelano inutili, se non fastidiose, senza contare le aggiunte dei singoli produttori di Pc.

Rimuoverle a mano una a una è un compito tedioso, ma esiste una piccola applicazione che facilita l'intera operazione: Bloatbox.

Nata come estensione per Spydish, app utile per gestire le informazioni condivise con Microsoft da Windows 10 e più in generale le impostazioni del sistema che coinvolgono la privacy, è poi diventata un software a sé.

Il motivo è un po' la medesima ragione di vita di Bloatbox: non rendere Spydish troppo "grasso" (bloated), ossia ricco di funzioni che, per quanto utili, vadano a incidere sulla possibilità di avere un'applicazione compatta, efficiente e facile da usare.

Bloatbox si scarica da GitHub sotto forma di archivio .zip da estrarre sul Pc. Una volta compiuta questa operazione non resta altro da fare che cliccare due volte sul file Bloatbox.exe per avviare l'app.

La finestra principale mostra sulla sinistra una colonna in cui è presente la lista di tutte le app installate in Windows, tra cui anche quelle che normalmente non si possono disinstallare - come il Meteo, Microsoft News e via di seguito - e quelle installate dal produttore del computer.

Ciò che occorre fare è selezionare quelle app che si intende rimuovere e, quando si è soddisfatti, premere il pulsante , che le aggiungerà alla colonna di destra, dove si trovano tutte le app condannate alla cancellazione.

A questo punto si può premere il pulsante Uninstall, posto nella parte inferiore della colonna centrale, e il processo di disinstallazione inizierà.

L'ultima versione al momento in cui scriviamo mostra anche, nella colonna di destra di un pratico link per effettuare una "pulizia generale" di una nuova installazione di Windows 10, identificato dalla dicitura Start fresh if your Windows 10 is loaded with bloat....

Cliccandolo, verranno aggiunte all'elenco di eliminazione tutte le app preinstallate e considerate bloatware. Chiaramente l'elenco può essere personalizzato a piacere rimuovendo da esso le app che si intende tenere tramite il pulsante Remove selected.

 

 

 

 

Il sito che installa tutte le app essenziali per Windows 10

Bastano pochi clic per ottenere un Pc perfettamente attrezzato, senza dover scaricare ogni singolo software.

Reinstallare il sistema operativo è solo il primo passo, dopo un incidente al Pc che abbia causato la necessità di ripartire da capo, tra quelli necessari per arrivare a riavere un computer perfettamente configurato e utilizzabile.

A quel punto inizia infatti il processo di configurazione e di installazione di tutte quelle grandi e piccole applicazioni che svolgono i vari compiti ai quali il computer è dedicato. Si tratta di un'operazione che può essere lunga e tediosa e che sarebbe bello poter automatizzare.

Una delle alternative migliori da tempo esistente è Ninite, sito che permette di selezionare le app preferite e si occupa di scaricarle e installarle in autonomia.


Da quando però Microsoft ha lanciato un proprio gestore di pacchetti (Winget) sono spuntate delle alternative che a esso si appoggiano e, dato che funziona da linea di comando, dette alternative si occupano di fornire un'interfaccia grafica.

Una delle più interessanti è Winstall, che semplifica l'installazione delle app dai repository messi a disposizione da Microsoft.

Winstall è una Progressive Web Application (Pwa), ossia un sito da visitare con il proprio browser e che permette di scegliere le app da installare sul computer; in questo senso, dal punto di vista dell'uso è molto simile al già citato Ninite.

Diverso è però il funzionamento: se Ninite scarica i singoli installer dei vari programmi, Winstall si appoggia a Winget, che quindi deve essere preventivamente installato sul Pc.

Inoltre offre una propria funzionalità specifica, che il suo sviluppatore ha battezzato Featured Pack.

Si tratta di gruppi di applicazioni unite da un tema o una funzionalità comune (browser, strumenti di sviluppo, software per i giochi) che si possono selezionare tutte insieme; Winstall si occupa quindi di generare il codice da copiare nel Prompt dei Comandi per avviare l'installazione.

In alternativa si può scaricare un file .bat da eseguire, che si occupa di invocare Winget per portare a termine il compito.

I Featured Pack sono infine personalizzabili: gli utenti sono invitati a creare il proprio e a condividerlo.

Leggi l'articolo originale su ZEUS News - https://www.zeusnews.it/n.php?c=28369

 

 

Cos’è e a cosa serve la pasta madre

La pasta madre è un lievito naturale che permette di preparare un ottimo pane, ma anche pizze e focacce. Conosciuta anche come pasta acida, la pasta madre è un impasto che può essere realizzato in diversi modi. Ad esempio, la pasta madre si può ottenere prelevando un impasto del pane da conservare grazie ai “rinfreschi”, oppure preparando un semplice impasto di acqua e farina da lasciare a contatto con l’aria, così che si arricchisca dei lieviti responsabili dei processi fermentativi che consentono la lievitazione di pane e altri prodotti da forno.

Gli impasti preparati con la pasta madre hanno generalmente bisogno di lievitare per diverse ore, ma il risultato ripaga dell’attesa: pane, pizze e focacce risulteranno infatti più gonfi, più digeribili, conservabili più a lungo e con un sapore decisamente migliore.

La pasta madre, inoltre, accresce il valore nutrizionale del pane e di altri prodotti da forno. Negli impasti preparati con la pasta madre diverse importanti sostanze rimangono intatte e, grazie alla composizione chimica della pasta madre, il nostro organismo riesce ad assimilare meglio i sali minerali presenti nelle farine.

I lieviti della pasta madre, poi, favoriscono la crescita di batteri buoni nell’intestino, favorendo un buon equilibrio del microbiota e migliorando così la digestione. È importante anche notare che il pane preparato con lievito naturale possiede un indice glicemico inferiore rispetto al pane realizzato con altri lieviti. Questo significa che quando i carboidrati presenti nel pane vengono assimilati sotto forma di glucosio, questo si riversa più lentamente nel flusso sanguigno, evitando picchi glicemici.

Oltre a conferire al pane proprietà organolettiche e nutrizionali migliori, la pasta madre presenta altri vantaggi. Grazie ai rinfreschi, si può infatti avere a disposizione questo straordinario lievito naturale a lungo; in più, la pasta madre può essere preparata con vari tipi di farine, anche senza glutine.

La dieta senza glutine è l’unica terapia per le persone celiache e per chi presenta sensibilità verso le proteine del frumento e in altri cereali come orzo e farro. Inoltre, ridurre il consumo di glutine può migliorare alcuni disturbi intestinali ed è consigliato anche a chi vuole seguire un regime alimentare antinfiammatorio.

 

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